UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E MANAGEMENT PROVA FINALE Il Fondo Mediolanum Flessibile Globale. Una risposta concreta alla nuova politica monetaria giapponese RELATORE: CH.MO PROF. Rocco Lorenzo LAUREANDO: Barone Carlo MATRICOLA N ANNO ACCADEMICO

2 Indice Introduzione PARTE PRIMA: INQUADRAMENTO TEORICO 1) I criteri Relative return e Absolute return ) Il criterio Relative return ) Il criterio Absolute return ) Il caso Giappone ) Abenomics: le tre frecce di Shinzo Abe... 7 PARTE SECONDA: IL CAMBIO DI PROSPETTIVA DI MEDIOLANUM 3) Il processo d'investimento nella gestione collettiva del risparmio ) Il Fondo Mediolanum Flessibile Globale: caratteristiche principali ) La gestione flessibile di portafoglio ) Politiche d investimento ) L approccio top down ) Una risposta concreta ai cambiamenti: l utilizzo dell approccio top down ) Analisi delle performance ) Considerazioni conclusive ) Relative return vs Absolute return: cosa scegliere? Riferimenti bibliografici

3 Introduzione La presente relazione, frutto di un intensa e ricca di stimoli esperienza di stage, si propone di mettere in evidenza le dinamiche sottese alla gestione di un fondo comune d investimento. La prima parte dell'elaborato si sostanzia in un inquadramento teorico, all'interno del quale verranno spiegati gli approcci Relative return e Absolute return e successivamente verrà analizzato un fatto di politica economica che ha suscitato grande interesse e che nell ambito dell esperienza di stage ha assunto notevole importanza: il nuovo programma di politica monetarie e fiscale intrapreso dal governo giapponese guidato dal Primo Ministro Shinzo Abe. La trattazione di tale tema, oltre che dalla lettura di articoli di riviste economiche quali The Economist e Il Sole 24 Ore, trae spunto dal dialogo con gestori e analisti finanziari che ho avuto potuto la possibilità di incontrare in diversi meetings tenutisi nel periodo in oggetto. Dopo aver presentato il programma giapponese ed evidenziato la sua conformità rispetto a quanto prescritto dalla teoria economica, la seconda parte della relazione si concentra sul cambio di prospettiva operato da Mediolanum; i primi capitoli si sostanziano nella presentazione del fondo preso in esame e nella descrizione del processo d investimento, passaggio necessario in quanto fornisce le linee guida seguite dai diversi attori nell ambito della gestione collettiva del risparmio, descrivendo inoltre le relazioni interfunzionali esistenti tra le varie strutture. I capitoli successivi, in particolare nella parte finale, assumono una connotazione più pratica, seppur supportata nella spiegazione delle varie tematiche affrontate da solide basi teoriche. Dopo aver illustrato il concetto di gestione flessibile di portafoglio ed analizzato le politiche gestionali adottate, l elaborato procede con una breve e semplicistica simulazione del processo tramite il quale è possibile modificare l allocazione degli assets a seguito dell evento giapponese preso in considerazione. L elaborato vuole quindi configurarsi come un percorso che il lettore dovrà affrontare: dopo aver analizzato gli approcci Relative return e Absolute return e compreso il funzionamento del processo dì investimento sotteso alla gestione di un fondo, il lettore potrà appurare quali siano le politiche gestionali adottate e da dove scaturiscano; infine, a seguito dell analisi di un rilevante evento di natura economica, potrà immedesimarsi nel processo di reazione del gestore a tale evento. A conclusione dell'elaborato, alcune considerazioni riguardo i pro e i contro dei due approcci inizialmente descritti. 2

4 PARTE PRIMA: Inquadramento teorico 1) I criteri Relative return e Absolute return L'industria del risparmio gestito, a seguito di notevoli cambiamenti intervenuti nella legislazione e nel contesto nel quale si trova ad operare, ha notevolmente arricchito l'offerta di prodotti che non possono più essere classificati semplicemente quali azionari, obbligazionari, bilanciati o monetari, facendo riferimento quindi ad uno specifico strumento/mercato di riferimento. Nello scenario attuale l'investitore trova prodotti che si distinguono per l'approccio all'investimento finanziario: si contrappongono così sul mercato prodotti che possono essere in via preliminare definiti "Relative return", caratterizzati da un benchmark, e prodotti che si dichiarano "Absolute return", privi di benchmark. I primi hanno rendimenti che devono sempre essere confrontati con l'andamento di un mercato o di una proxy di riferimento; i secondi hanno invece l'obiettivo di generare performance indipendentemente dall'andamento dei mercati tradizionali. Vediamo ora in maniera più approfondita le caratteristiche per le quali si differenziano i suddetti approcci. 1.1) I criteri Relative return Quando si parla di Relative return si riferimento a prodotti che nella loro gestione sono caratterizzati da un rapporto continuo e imprescindibile con un indice/mercato di riferimento. Nello specifico ci si riferisce a quei prodotti che sono caratterizzati da uno stile gestionale indicizzato di tipo passivo, in quanto quelli con un approccio più attivo tendono ad avvicinarsi maggiormente al concetto di gestione dinamica, seppure senza perdere il contatto con il mercato con cui si raffrontano. La strategia indicizzata passiva di portafoglio si pone come principale obiettivo replicare il più fedelmente possibile la performance di un benchmark/indice di riferimento; si sostanzia in un operatività molto limitata da parte del gestore, il quale cerca di minimizzare i costi di transazione e l'imposizione fiscale sui guadagni in conto capitale. Tale strategia si basa su due fondamentali assunzioni della teoria della finanza: - la teoria dei mercati efficienti in forma forte, formulata negli anni Sessanta del secolo corso da Eugene Fama, secondo la quale il prezzo di mercato di equilibrio riflette pienamente il set di informazioni disponibili (pubbliche e private) e perciò, secondo l'interpretazione più 3

5 diffusa, è impossibile "battere il mercato", ossia realizzare una performance migliore di quella del mercato nel suo complesso; - il problema agente/principale, che nasce dalla presenza di asimmetria informativa e dal divario di competenze; tale circostanza non permette all'investitore (principale) di monitorare adeguatamente l'attività del gestore a cui affida il proprio patrimonio (agente). Nella sua forma pura e semplice, tale strategia passiva di gestione determina l'acquisto di tutti i titoli azionari con pesi corrispondenti alla loro capitalizzazione percentuale di mercato nell'indice prescelto. Questo pone un importante vincolo all'efficacia di questa strategia: dato che le attività finanziarie non sono infinitamente divisibili, per replicare la composizione dell'indice è necessario disporre di un patrimonio assai elevato, per evitare che il diverso peso delle attività finanziarie imponga una replica non perfetta del portafoglio, generando uno scostamento dalla performance dell'indice considerato (misurabile, come nel caso di Exchange Traded Funds, attraverso la Tracking Error Volatility). Il gestore ha quindi una scarsa operatività, non potendo intervenire attivamente anticipando eventuali movimenti futuri di mercato e modificando la composizione del portafoglio; se così facesse infatti, aumenterebbe rischio e costi discostandosi dalla proxy di riferimento, inficiando così l'approccio adottato. Nel caso di un fondo indicizzato il cambiamento nella composizione di portafoglio sarà dovuto esclusivamente a delle operazioni a monte dell'indice: ne sono un esempio fusioni fra società, delisting, ecc... Uno dei principali vantaggi di tale tipologia gestionale è legato al minor numero di operazioni di compravendita di attività finanziarie eseguito dal gestore nell'unità di tempo. Questo riduce i costi di transazione e, nel caso di fondi comuni, fondi pensione e altri organismi collettivi di risparmio, permette di minimizzare le commissioni richieste ai sottoscrittori. In conseguenza, a parità di rendimento della gestione, la minore entità delle commissioni permette di avere una performance netta superiore. Un secondo vantaggio è legato al fatto che la minore frequenza delle compravendite permette, in alcuni casi e in alcuni regimi fiscali, di rinviare la tassazione dei guadagni in conto capitale, che vengono rilevati nel momento in cui le attività finanziarie sono cedute, come differenza fra il prezzo di acquisto e quello di vendita. 4

6 1.2) Il criterio Absolute return I cosiddetti Absolute return sono fondi a ritorno assoluto che puntano non a superare un benchmark ma ad avere performance positive in qualsiasi tipo di mercato; tale approccio gestionale conferisce quasi carta bianca al gestore a cui non viene richiesto di replicare un benchmark ma di attuare strategie flessibili adeguate al tipo di mercato, potendo spaziare magari da azionario a obbligazionario, dal rialzo al ribasso oppure decidere se utilizzare leva finanziaria e vendita allo scoperto. Il concetto di ritorno assoluto nasce nel mondo degli hedge funds e la generazione di tale performance avviene attraverso quelle che possono essere definite strategie alternative: si tratta di modalità non tradizionali di prendere posizione sui mercati, per esempio attraverso la vendita allo scoperto di titoli finanziari. In generale, però, può essere considerato un "alternative approach" all'investimento finanziario quello di non definire un portafoglio strategico di riferimento (un benchmark) ma di indicare un generico universo investibile, dando ampio spazio all'idea che la "capacità di gestione" o il talento del gestore costituisca un driver importante di performance corretta per il rischio. La suddetta tipologia di gestione si configura quindi come una strategia di investimento nella quale il fund manager prende una molteplicità di decisioni; caratteristica fondamentale è la centralità affidata alle risorse umane, nelle quali il management è caratterizzato da una serie di competenze esclusive, che vanno da quelle di natura organizzativa, inerenti l organizzazione delle strutture interne al fondo, a quella di natura analitico - previsionale, riguardanti le views di mercato. L obiettivo è quello di realizzare un valore aggiunto rispetto ad una gestione di tipo passivo, affidando tale compito all abilità delle risorse umane opportunamente scelte. Tale approccio, come lecito attendersi, si fonda su prescrizioni diverse e in parte contrapposte rispetto alla gestione passiva: - rifiuto dell ipotesi di efficienza forte dei mercati; si ritiene quindi che i mercati non incorporino tutte le informazioni disponibili e siano presenti dei disallineamenti tra le quotazioni e i valori intrinseci dei titoli; - sulla convinzione che capacità personali, intuito, esperienza nel settore possano permettere al gestore di prendere decisioni più efficaci in termini di rendimento e rischio. Le caratteristiche essenziali dei fondi Absolute return, contrapposti ai tradizionali Relative return, possono essere così sintetizzate: - forniscono ritorni che sono largamente indipendenti dai tradizionali fattori di rischio di mercato, quali rischio tasso, rischio credito e rischio azionario sistematico; 5

7 - i rendimenti attesi si configurano sistematicamente più alti di un investimento privo di rischio, fornendo al portafoglio un premio per il rischio; - sono caratterizzati da una de-correlazione o modesta correlazione con i fattori di rischio sistematico e la volatilità dei rendimenti è tendenzialmente molto contenuta rispetto a portafogli tradizionali (il che si traduce tecnicamente in valori di Beta di portafoglio largamente inferiori a uno). Bisogna però chiarire che, per la clientela retail (classico risparmiatore), l'accesso alle strategie alternative vere e proprie, caratteristiche degli hedge funds, è limitato. In Italia gli hedge funds rientrano tra i fondi speculativi che sono stati introdotti solo nel 1999 con un decreto del Ministero del Tesoro seguito a breve distanza da un provvedimento della Banca d Italia. La sintesi delle regole a cui sono sottoposti sono le seguenti: - ai fondi speculativi non possono partecipare più di 200 investitori; - le sottoscrizioni devono essere effettuate per un minimo di euro; - i fondi speculativi non possono essere oggetto di sollecitazione all'investimento. Volendo interpretare tali regole, possiamo notare come la legge si sia preoccupata di limitare la diffusione degli hedge funds ai soggetti che tradizionalmente sono stati interessati a questa tipologia di prodotti: gli investitori istituzionali e i privati che costituiscono la fascia più facoltosa della clientela. Ciò accade per tutelare i piccoli investitori, visto che la legge prevede che gli hedge funds deroghino alle normali limitazioni previste per gli investimenti. Tutto ciò, come lecito attendersi, ha però dei pro e dei contro. Ha dei pro perché impedisce al mondo del risparmio gestito di distribuire alla clientela retail prodotti più costosi e per loro natura più complicati. Ha dei contro perché fa sì che si confinino sempre gli strumenti finanziari più sofisticati al di fuori della portata dei comuni investitori. Ecco che allora, date le necessità della clientela di avere a disposizione prodotti maggiormente flessibili e inclini ad adattarsi in maniera dinamica alle mutevoli condizioni dei mercati, senza limitarsi alla replica di un indice che in taluni casi di incertezza nei mercato è caratterizzata da una notevole volatilità, si è avvertita nel mercato italiano la necessità di disporre di prodotti caratterizzati da una gestione attiva ma affine all'approccio di natura Absolute. Nel capitolo dedicato al caso Mediolanum vedremo quale sia stata la prospettiva adottata. 6

8 2) Il caso Giappone Questa seconda parte teorica dell elaborato trae spunto da uno straordinario cambiamento di politica economica avvenuto in Giappone a seguito dell elezione nel dicembre 2012 del Primo Ministro Shinzo Abe. Nel paragrafo 2.1 verrà analizzata la nuova politica economica giapponese, mentre nei paragrafi successivi, a seguito della presentazione del fondo Mediolanum preso in esame, verrà illustrato il procedimento tramite il quale un gestore può intervenire a seguito di un evento simile. 2.1) Abenomics: le tre frecce di Shinzo Abe in risposta alla spirale deflazionistica giapponese Sulla scia delle politiche di quantitative easing intraprese dalle banche centrali mondiali come tentativo estremo di risollevare le sorti dell economia, anche la Bank of Japan, attraverso il Governatore Kuroda, ha annunciato lo scorso 4 aprile (sebbene i primi rumors siano riconducibili all inizio di gennaio) il suo piano d intervento per far fronte agli annosi problemi che gravano sull economia giapponese da almeno vent anni: bassa crescita della produzione e spirale deflazionistica. Il programma rientra nella strategia di riforme strutturali, politica fiscale e monetaria espansiva (le cosiddette three arrows ) fortemente sostenuta dal Primo Ministro Shinzo Abe (eletto nel dicembre 2012), un piano audace e di notevoli dimensioni rispetto ai precedenti implementati da Federal Reserve, Banca Centrale Europea e Bank of England, tanto da meritare la coniazione di un nuovo termine, Abenomics. La prima freccia di questo programma, presentata il 4 aprile scorso, è rappresentata da un allentamento monetario "quantitativo e qualitativo", come definito dal giornalista de Il Sole 24 Ore Stefano Carrer, senza precedenti, finalizzato al raddoppio della base monetaria (che entro due anni dovrà raggiungere la cifra record di 270 trilioni di Yen), all acquisto di titoli di stato, oltre ad un incremento degli acquisti di assets di rischio come gli Exchange Traded Funds e i trust immobiliari (Reit). Una politica monetaria fortemente espansiva, dunque, che dovrebbe contribuire alla svalutazione della moneta domestica favorendo le esportazioni, e che si aggiunge ai tassi di finanziamento fissati a zero. Anziché tagliare la spesa e concentrare le proprie politiche economiche sulla riduzione del debito e del deficit come hanno fatto, per vincoli imposti dall appartenenza all EMU (come il cosiddetto Fiscal Compact) molti Paesi europei, il ministro Abe ha basato la sua seconda freccia su un pacchetto di stimoli fiscali e aumento della spesa pubblica di oltre 20 mila miliardi di yen, pari al 2% del Pil Giapponese. La terza ed ultima freccia si concentra invece su una strategia esplicitamente rivolta alla crescita e alla facilitazione degli investimenti: riforme dal lato dell offerta con l obiettivo di aumentare la competitività delle aziende del Paese, riforma del mercato del lavoro per aumentarne la flessibilità, 7

9 promozione del lavoro femminile ed esplicita deregulation in alcune zone economiche con l intento di attrarre capitali esteri. Come si può facilmente evincere si tratta di una politica economica notevolmente aggressiva, i cui obiettivi espliciti sono il raggiungimento di un inflazione core al 2% annuo e una crescita media del prodotto interno lordo reale del 2% e di quello nominale del 3% nel corso del prossimo decennio, rispetto a una crescita reale dello 0,89% e alla contrazione dello 0,46% del Pil nominale registrati nel decennio scorso. Nonostante l audacia dei programmi, i leaders della Bank of Japan enfatizzano un altro aspetto fondamentale della loro azione: la chiarezza e semplicità, sia dei programmi sia espositiva nei meetings tenuti; secondo il loro pensiero infatti, e coerentemente a quanto prescritto dalle teorie economiche, se le politiche economiche sono chiare i mercati finanziari e gli operatori internazionali sono molto più inclini a comprendere con facilità i messaggi e le intenzioni dei policy makers, creando quindi un effetto positivo sulle aspettative d inflazione che rivestono una notevole importanza per la riuscita del programma. Quanto visto fin'ora rappresenta quindi il tentativo, da parte delle autorità monetarie giapponesi, di sconfiggere il principale male di cui l economia del proprio Paese ha sofferto negli ultimi decenni: la trappola deflazionistica; il Giappone infatti, come ribadito da Akio Mikuni e Taggart Murphy (2002), soffre da quasi sempre di deflazione, ovvero un generalizzato calo dei prezzi, anziché un aumento come nel caso dell inflazione. Nel grafico 1 è possibile analizzare l andamento dell inflazione giapponese (misurata tramite l indicatore CPI) rispetto a quella US degli ultimi 22 anni, mentre nel grafico 2 viene riportato l andamento della sola inflazione giapponese negli ultimi 2 anni; nella tabella 1 vengono riportati alcuni tassi d inflazione mondiali al fine di comprendere al meglio la situazione giapponese 1. Grafico 1 14% 12% 10% 8% 6% 4% 2% 0% -2% -4% CPI Giappone CPI USA 1 Fonte: banca dati Bloomberg Professional 8

10 Grafico 2 0,6% 0,4% 0,2% 0,0% -0,2% -0,4% -0,6% CPI Giappone -0,8% -1,0% Tabella 1 Paesi/Regioni Inflazione Periodo CPI BE 1,18% mag-13 CPI JPN -0,70% apr-13 CPI NL 2,60% apr-13 CPI RU 7,22% apr-13 CPI US 1,06% apr-13 HICP BE 0,93% apr-13 HICP EUR 1,17% apr-13 HICP FR 0,79% apr-13 HICP DE 1,15% apr-13 Nonostante l idea di una riduzione dei prezzi possa sembrare attraente, la deflazione rappresenta una preoccupazione reale per svariati motivi: scoraggia la spesa e gli investimenti, poiché i consumatori, attendendo la caduta dei prezzi, ritardano gli acquisti preferendo, invece, risparmiare e aspettare prezzi ancor più ridotti. La diminuzione della spesa e dei consumi, a sua volta, riduce le vendite e i profitti delle imprese, incrementando la disoccupazione e portando alla chiusura delle attività economiche. Il problema con la deflazione, quindi, consiste nel fatto che si nutre di se stessa, generando una spirale che via via nel suo cammino distrugge l economia. Per dare un idea di come la cosiddetta deflation trap funzioni, è possibile utilizzare il modello a 3 equazioni IS-PC- MR illustrato in figura 1, dove troviamo il livello di produzione Y nell asse delle ascisse e quello del tasso di interesse reale r nelle ordinate. 9

11 Figura 1 r s = stabilizing interest rate Y e = equilibrium level of output in the long run IS = curva Investment-Savings VPC = Vertical Phillips Curve π = tasso d inflazione r = i π e Il punto A nel grafico rappresenta l equilibrio di lungo periodo nel quale la produzione (e quindi anche l occupazione) è pari al suo livello naturale e il tasso d interesse è quello necessario a stabilizzare l economia; si tratta quindi dell equilibrio che tutte le economie cercano di raggiungere. Il punto B rappresenta invece una situazione in cui l economia è in deflazione, con livello di produzione inferiore al livello di equilibrio. Il modo più semplice per vedere come una trappola deflazionistica possa operare è combinare il fatto che il tasso d interesse nominale i non può scendere sotto lo zero e il tasso d interesse reale r è dato dalla differenza tra il tasso d interesse nominale e l aspettativa d inflazione; detto questo, è intuitivo capire che il minimo tasso d interesse raggiungibile dall economia (ponendo i = 0) è r = - π. Dal momento che una deflation trap è per definizione caratterizzata da inflazione negativa (π < 0), il minimo tasso d interesse reale raggiungibile è positivo; il problema, in tal caso, sorge nel momento un cui r s necessario a stabilizzare la domanda e l economia è minore di min r, ossia il tasso raggiungibile con le correnti situazioni economiche. Ciò è descritto nell esempio in figura 2, nella quale anche fissando un tasso i=0, immaginando un tasso d inflazione pari a -1% (molto simile a quello giapponese), il tasso d interesse reale che può essere raggiunto è pari a +1%. Dato che questo tasso è maggiore di quello necessario a stabilizzare l economia (r s ), il livello di 10

12 produzione (Y o ) sarà inferiore a quello di lungo periodo (Y e ). Constatato che Y o < Y e, nel periodo successivo l inflazione sarà ancora minore, a causa della diminuzione di consumi ed investimenti, e quindi il livello minimo del tasso d interesse reale raggiungibile (linea blu ipotizzando π = -2% nel periodo succ.) sarà ancora più elevato, spingendo cosi la produzione ancora a ribasso. L economia si trova quindi in un circolo vizioso, una trappola da cui uscire richiede sforzi notevoli dal fronte delle politiche economiche e fiscali. Per uscire dalla spirale la teoria, in ossequio a quanto scritto da autori quali William Buiter (1989), prevede: - espansione della politica fiscale e recupero di investimenti e consumi anche attraverso l uso della politica monetaria e l aumento del reddito a disposizione dei cittadini (l intento è quello di spostare la curva IS verso destra); - creazione di aspettative positive sul futuro livello di inflazione, realizzabile attraverso una politica economica decisa, autorevole e soprattutto credibile. È quindi necessaria una stretta collaborazione tra politica monetaria e politica fiscale, realizzabile molto più facilmente da Paesi che abbiamo mantenuto la propria sovranità monetaria, da poter utilizzare congiuntamente alla politica fiscale. Analizzato quanto prescritto dalla teoria economica, il programma giapponese del primo ministro Shinzo Abe esposto in precedenza sembra quindi essere nella direzione ottimale; la politica monetaria qualitativa e quantitativa è stata affiancata da una politica di stimoli fiscali e aumento della spesa pubblica, senza dimenticare le riforme strutturali che hanno l obiettivo di creare stabilità nel lungo periodo. Al momento non è possibile prevedere quali potranno essere le conseguenze, in quanto l azione intrapresa (che entrerà in vigore a partire da gennaio 2014) non ha precedenti in termini di dimensioni; allo stato attuale però, le prime conseguenze date dalle aspettative, in particolare il rally dei mercati finanziari e l aumento degli investimenti sembrano incoraggianti, senza dimenticare l approvazione (fondamentale) degli operatori internazionali e dei membri del G20. 11

13 PARTE SECONDA: Il cambio di prospettiva di Mediolanum 3) Il processo d investimento nella gestione collettiva del risparmio Preliminarmente all'analisi del Fondo in oggetto e delle politiche gestionali adottate risulta di fondamentale importanza la presentazione del processo d'investimento, il quale descrive l interazione tra i vari soggetti che, con distinti ruoli e competenze, intervengono nell attività di gestione collettiva del risparmio, focalizzati sull obiettivo di creare un valore aggiunto per la clientela nel rispetto dei limiti di carattere normativo esterno (art. 40 del Testo Unico della Finanza) e contrattuale (limiti da prospetto inerenti la rischiosità dell investimento). Gli attori che a diverso titolo collaborano in tale processo possono essere distinti tra: Organi collegiali - Consiglio di Amministrazione della società (CdA) - Comitato Investimenti Mobiliari (CdI) Strutture/Attori di gestione - Direttore Investimenti Mobiliari - Senior Fund Managers (tra i quali il Responsabile della Gestione Investimenti Azionari e quello della Gestione Investimenti Obbligazionari) e Junior Fund Managers Strutture amministrative e di controllo - Operations - Risk Management - Compliance e Risk Control Fra i soggetti sopra elencati, il ruolo di primaria importanza è riservato al Consiglio di Amministrazione della Società, a cui spettano le decisioni riguardo le principali strategie di investimento da adottare nel periodo in esame ed il riscontro della corretta implementazione di quanto deliberato. Via via tali indicazioni fluiscono alle unità di livello inferiore, in primis al CdI, al quale spetta la fondamentale funzione di coordinare l attività gestionale, assumendo decisioni in merito alle politiche allocative e alle scelte strategiche e tattiche di gestione, rivestendo inoltre un ruolo dialettico e di confronto nei confronti del CdA e dei singoli Fund Managers, ai quali spetta il compito di operare nei mercati di riferimento,ovviamente supportati dalla altre unità aziendali, incaricate di verificare la corretta esecuzione delle operazioni e la loro adeguatezza in termini di rischio e rispetto delle norme contrattuali. 12

14 Analizzando tale struttura organizzativa non bisogna commettere l errore di immaginarla come una rigida piramide, alla base della quale i gestori operano pedissequamente in base alle indicazioni ricevute dall alto; la struttura è invece dinamica, più simile ad una cerchio, ad una tavola rotonda nelle quale i vari attori hanno un rapporto dialettico e di scambio di flussi informativi continuo. Coerentemente con la dinamica menzionata e con l obiettivo di incrementare il valore aggiunto per la propria clientela, il management societario ha preferito non attribuire una generale responsabilità per un dato prodotto (fondo) ad un singolo e specifico Fund Manager; nella relazione prodotto/gestore è stato infatti privilegiato il team working, che prevede una costante collaborazione e interazione fra i diversi gestori con l obiettivo di amministrare più fondi/portafogli appartenenti ad aree geografiche e settoriali differenti. Al fine di favorire questa modalità operativa è stato inoltre istituito l importante momento di confronto denominato market meeting, appuntamento settimanale nel quale i gestori e i responsabili della gestione condividono informazioni, analisi sviluppate personalmente o grazie alla collaborazione con analisti di società esterne, esaminano la situazione macroeconomica e le eventuali mutazioni avvenute nel contesto di riferimento, siano esse di natura economica, politica, sociale, con l eventuale finalità di modificare le scelte allocative. A queste riunioni partecipano anche le strutture deputate al controllo, le quali forniscono opportune analisi e verifiche delle operazioni precedentemente effettuate e delle strutture di portafoglio, in particolare in termini di calcolo del rischio (Value at Risk e Tracking Error Volatility). Le fasi in cui generalmente si articola il processo d investimento possono essere riassunte in quattro principali punti: Analisi e definizione degli scenari: analisi approfondita dello scenario macroeconomico di riferimento e delle mutazioni intervenute, con puntuale definizione degli scenari caratterizzanti le diverse aree geografiche nelle quali sono posizionate gli investimenti dei fondi; Proposte e decisioni: il Consiglio di Amministrazione, una volta esaminate tutte le documentazioni e motivazioni addotte alle strategie da implementare nel periodo successivo a cura dell Amministratore Delegato e del Direttore Investimenti Mobiliari, assume le opportune delibere, fissando alcuni limiti strategici all interno dei quali dovrà poi muoversi la gestione di ogni singolo prodotto. Sono un esempio i limiti di rischio (misurato in termini di Value-at-Risk) ex-ante, di massima esposizione azionaria o valutaria del fondo. Implementazione delle decisioni: il Responsabile Investimenti Mobiliari, ricevute le indicazioni strategiche dal CdA opportunamente corredate dalle analisi effettuate in sede di Comitato d Investimento, approva gli scenari e le generali indicazioni riguardanti l allocazione tattica. Tali indicazioni verranno poi comunicate ai singoli Fund Managers componenti il team, i 13

15 quali potranno in autonomia operare le scelte allocative e di selezioni di singoli titoli, settori, strumenti. Preliminare alle singole scelte vi è in ogni caso la verifica del rispetto dei limiti normativi e contrattuali, soprattutto in termini di rischio.. Controllo: con l obiettivo di assicurare il pieno allineamento tra le generali strategie d investimento deliberate dagli Organi e le politiche gestionali effettivamente implementate, nonché il rispetto dei limiti normativi, contrattuali, di rischio ed operativi, sono previsti controlli di primo (controlli di linea) e secondo livello. I primi sono effettuati, oltre che da Responsabili e Fund Manager, dalle unità Operations e Risk Management, le quali hanno il compito di verificare (ex-post) le operazioni implementate e fornire simulazioni di rischio-rendimento. Per quanto attiene invece ai controlli di secondo livello (Compliance e Risk Control), affidati al Settore Risk Control di Banca Mediolanum in virtù di un apposito contratto di outsourcing, rinveniamo la verifica (autonoma) della correttezza della gestione in relazione al rapporto rischio-rendimento di vari OICR, del rispetto dei limiti normativi e dei limiti-vincoli preventivamente definiti. 4) Il Fondo Mediolanum Flessibile Globale: caratteristiche principali Prima di procedere all analisi delle politiche gestionali adottate e degli esempi pratici inerenti scelte allocative intervenute nel periodo, risulta necessaria una generale descrizione del fondo preso in esame. Il Fondo Mediolanum Flessibile Globale, alla nascita denominato Ribi ( Risparmio Italia e Borse Internazionali ) è un fondo di diritto italiano, armonizzato alla Direttiva 2009/65/CE, istituto da Mediolanum Gestione Fondi SGR p.a., società di gestione del risparmio italiana appartenente al Gruppo Bancario Mediolanum. Operativo dal 1985, il fondo nasce dal processo di fusione dei vecchi fondi Mediolanum, avvenuto in seguito al mutamento del contesto competitivo e di riferimento nel quale si trovava ad operare. Caratterizzato da un elevato livello di rischio, l orizzonte temporale di riferimento per l investitore è il lungo periodo; tale rischiosità è figlia di una delle caratteristiche peculiari del Fondo, ossia la facoltà di detenere titoli azionari anche stabilmente fino al 100% del portafoglio. Gli strumenti finanziari di emittenti societari, sovrani e sovranazionali nei quali il Fondo investe principalmente sono: - Strumenti finanziari di natura azionaria, obbligazionaria e monetaria denominati neuro e/o altre valute; 14

16 - Oicr di altre società o di società collegate (in misura contenuta); - Depositi bancari, anche se in percentuale residua. Gli investimenti del Fondo sono orientati sia verso i Paesi Industrializzati sia verso i Paesi Emergenti, con la possibilità di diversificare in tutti i settori merceologici e in tutte le economie mondiali. Nel Grafico 3 viene riportata l attuale esposizione geografica 2. Grafico 3 Composizione geografica portafoglio Mercati Emergenti 6% Ex-EMU 12% Liquidità 8% Nord America 35% Pacifico 25% EMU 14% 4.1) La gestione flessibile di portafoglio Sulla base dell esperienza maturata negli anni e con l intento di creare un valore aggiunto per la proprio clientela, desiderosa di avere a disposizione un prodotto maggiormente dinamico e flessibile, Mediolanum ha creato la propria svolta: il passaggio, non solo di natura tecnica ma di impostazione mentale e culturale, da una strategia di gestione indicizzata ad una di tipo flessibile. Tale strategia permette di concentrare o suddividere opportunamente gli investimenti in base alle aspettative del gestore sull andamento nel medio/lungo periodo dei mercati dei titoli, variando la suddivisione tra aree geografiche/settori di riferimento nonché la ripartizione tra la componente obbligazionaria e la componente azionaria, nel rispetto dei limiti tattici e strategici preliminarmente definiti, in particolare per quanto riguarda il rischio al quale il fondo ha la possibilità di esporsi. Si sostanzia quindi in un ampia libertà di iniziativa lasciata ai gestori, con l intento di sfruttare le abilità professionali e l esperienza, grazie all utilizzo di tutte le leve gestionali a disposizione; le 2 Fonte dati: ufficio Patrimoni Finanziari della Clientela di Banca Mediolanum. Dati aggiornati al 28/05/

17 capacità dei gestori non si sostanziano quindi solamente nell abilità di operare nei mercati e formulare accurate previsioni riguardanti i futuri sviluppi, ma anche nella competenza di saper controllare l investimento e la posizione assunta. Come è possibile constatare, le ipotesi sulle quali si basa tale strategia di gestione sono molto simili a quelle di una gestione attiva, in particolare per quanto concerne il rifiuto della teoria di efficienza forte dei mercati, stressando però la centralità affidata alle risorse manageriali interne. Ciò che risulta interessante evidenziare però, è il fatto che tale tipologia gestionale si sostanzia in un evoluzione, uno sganciamento dal concetto di strategia indicizzata, il cui principale scopo rimane battere un benchmark di riferimento, indipendentemente dalla performance raggiunta da esso. In uno scenario di andamenti fortemente negativi dei mercati, in cui il proprio benchmark ottiene (per esempio) una performance del -30%, nell ottica di una strategia indicizzata batterlo significa ottenere una performance anche del -28%; nel confronto con la proxy tale risultato può essere valutato positivamente, ma in un ottica assoluta e di rapporto con la clientela tale performance non può che essere valutata ampiamente negativa. Ed è proprio qui che si inserisce il progresso di uno stile gestionale flessibile, interpretabile come un'evoluzione del concetto Absolute Return puro(come visto in nel capitolo 1 solitamente proprio degli hedge funds e non distribuibile alla clientela al dettaglio) e lontano da quello di Relative Return parametrato ad un indice; i gestori che adottano tale strategia cercano quindi di ottenere performance positive in qualsiasi condizione di mercato, siano esse positive o ampiamente negative, non puntando al mero superamento di un benchmark, ma perseguendo una molteplicità di obiettivi, dalla ricerca di extra rendimento, a obiettivi in termini di VaR, al rispetto dei limiti normativi interni ed esterni. Tale strategia di ritorno assoluto si pone in particolare obiettivi di massimizzazione della performance del portafoglio corretta per il rischio, in un contesto dove il rischio è preferibilmente definito in modo asimmetrico. L asimmetria si sostanzia nel fatto che la volatilità può essere scomposta in due parti: la volatilità che possiamo definire positiva, ossia la variabilità delle performance maggiori del risk free o comunque maggiori di zero (rischio buono da non evitare), e la volatilità negativa, ossia la variabilità delle performance negative o inferiori al tasso d interesse privo di rischio. Ed è proprio quest ultima la volatilità che la gestione vuole evitare, anche a costo di ridurre la performance complessiva del portafoglio, ma con il preciso intento di migliorare la performance corretta per il rischio negativo. A tal proposito, l indice più utilizzato al fine di calcolare tale performance è quello di Sortino; l indice, sviluppato dall economista Frank A. Sortino, è un indicatore di risk-adjusted performance che misura l extra rendimento per unità di rischio del portafoglio rispetto al tasso di rendimento 16

18 minimo accettabile o al tasso risk free, solitamente rappresentato dal tasso d interesse dei titoli governativi (questa prassi andrebbe rivista nel contesto attuale dove il concetto di risk free rate, a seguito della crisi dei debiti sovrani, è pressoché scomparso nel lessico degli operatori finanziari). Ciò che lo contraddistingue dal più comune indice di Sharpe è la definizione di rischio, che viene inteso come possibilità di conseguire una differenza negativa rispetto al tasso risk free, mentre non si considerano i casi in cui l extra rendimento realizzato è positivo (non si tiene quindi in considerazione la cosiddetta volatilità positiva ). La formula utilizzata per il calcolo dell indice è: dove R p rappresenta il rendimento medio del portafoglio in gestione, R f il rendimento medio di un attività priva di rischio e DSR il Downside Risk, che a sua volta è calcolato come: Il DSR risulta essere una misura di rischio molto simile alla deviazione standard (sd), ma come esplicato precedentemente si concentra sulla volatilità negativa dell investimento; rispetto alla sd il valore di riferimento preso in considerazione non è la media dei rendimenti, ma il rendimento minimo che l investitore è disposto ad accettare. Risulta quindi una misura di calcolo delle performance coerente con la tipologia di gestione flessibile prescelta, che pone molta attenzione alla minimizzazione delle performance negative che più spaventano gli investitori, soprattutto in un contesto di incertezza come l'attuale. All'interno di un approccio dinamico e flessibile come quello appena descritto, una menzione speciale merita anche il calcolo del rischio; data la tipologia di gestione prescelta, caratterizzata dalla mancanza di un parametro di riferimento a cui rapportarsi, fondamentale importanza assume la definizione di un livello di rischio massimo al quale il Fondo in questione ha la possibilità di esporsi; tale elemento non va considerato come un ostacolo all operatività dei fund managers, bensì come uno strumento di tutela nei confronti degli investitori, in ossequio alle norme in tema di adeguatezza (TUF) e appropriatezza degli strumenti detenuti. Assume quindi una notevole importanza il calcolo del rischio ex-ante ed ex-post (in particolare per analisi di backtesting volte a determinar l accuratezza del modello che calcola il rischio ex-ante), in quanto le stesse analisi di rischio, in un approccio flessibile come quello adottato dal fondo, si traducono in comportamenti gestionali; ne sono un esempio gli interventi volti a diminuire la rischiosità del portafoglio (misurata 17

19 in termini di Value-at-Risk), per esempio diminuendo una data esposizione azionaria e aumentando quella verso una divisa, possibilmente decorrelata dall andamento del mercato in questione. Analizzando gli aspetti fin ora elencati, emerge quindi come il concetto di flessibilità si sostanzi in un evoluzione non solo tecnica riguardante le modalità di gestione, ma di carattere mentale, culturale, che per il corretto svolgimento della gestione deve insinuarsi in tutti gli attori afferenti il processo di investimento, dal Consiglio di Amministrazione a cascata fino ai singoli fund e risk managers; nonostante a primo impatto possa sembrare una scelta dettata dalla volontà del management di sganciarsi da un oggettivo parametro di riferimento quale il benchmark, la volontà di Mediolanum è stata quella di soddisfare le esigenze e le mancanze presenti nel mercato del risparmio gestito italiano, nel quale si è avvertita, soprattutto negli ultimi anni caratterizzati da un'elevata incertezza, la necessità di prodotti dinamici e flessibili, in grado di reagire attivamente alle mutevoli condizioni di mercati decisamente volatili. 4.2) Politiche d investimento La strategia gestionale adottata dal fondo, appurata grazie al contatto continuo con i gestori e analizzando le diverse scelte operate, prevede un utilizzo dei diversi stili di investimento in un mix funzionale alla flessibilità e al raggiungimento degli obiettivi in termini di rischio e rendimento. Viene adottato un approccio gestionale prevalentemente di tipo top-down, supportato dall utilizzo di tecniche quali stock picking, analisi dei multipli di valutazione, analisi tecnica, senza dimenticare il fondamentale apporto fornito dalla diversificazione, con l obiettivo di realizzare la migliore asset allocation. L idea fondamentale alla base di tutto ciò è il fatto che la coesistenza di diversi investment style possa rendere l allocazione del patrimonio in gestione più equilibrata, consentendo di poter cogliere al meglio le opportunità che derivano dall alternarsi delle diverse fasi di espansione e contrazione in un contesto di mercati sempre più globalizzati ) L approccio top-down Nella gestione di un fondo flessibile un approccio di tipo top-down ha l obiettivo di costruire un portafoglio finale sulla base di una selezione che potremmo definire a cascata. L idea alla base di questa strategia è fondata sulla convinzione che il rischio di un portafoglio dipenda essenzialmente dal mercato e dal Paese in cui si investe, ed è quindi necessario concentrare le risorse manageriali in 18

20 modo tale da ottenere il giusto mix di mercati e aree geografiche. Il punto di riferimento dell approccio è il peso assegnato a ciascun Paese nel mercato dell equity e, in minor parte data la natura prevalentemente azionaria del fondo in questione, delle obbligazioni; gli eventuali scostamenti, che possono sostanziarsi in overweight o underweight in determinati settori/economie, trovano giustificazione nelle aspettative e nelle views sui futuri sviluppi del mercato formulate dai gestori. La prima fase del processo analizza il contesto macroeconomico in cui si trovano le diverse aree economiche o geografiche, con l obiettivo di evidenziare il ciclo economico che l economia sta attraversando, senza trascurare l aspetto valutario; si tratta quindi di analizzare l andamento di variabili reali e finanziarie dei Paesi presi in considerazione, quali evoluzione del Prodotto interno lordo, la dinamica dell occupazione, il costo del lavoro, i prezzi al consumo e alla produzione, l evoluzione dei tassi di cambio, ecc, senza dimenticare l importanza delle variabili appartenenti alla sfera politica, che possono influenzare notevolmente la performance di una data economia. Come si è potuto appurare ne "Il caso Giappone", un cambio alla guida del governo di un Paese può comportare sostanziali modifiche nelle politiche economiche, causando quindi mutamenti nelle aspettative degli operatori del mercato. La fase finale di questo primo step si sostanzia nella decisione riguardo la convenienza o meno a investire in un determinato Paese, basandosi per lo più sulle aspettative di crescita. Selezionata l economia di riferimento, le scelte allocative discendono a cascata verso i livelli inferiori, passando alla selezione dei settori nei quali sovra/sotto pesare e successivamente focalizzandosi sui titoli con il maggior potenziale di crescita. Per la realizzazione di questa seconda fase, i gestori svolgono analisi dei multipli di mercato per settore, attraverso l utilizzo di piattaforme e tool quantitativi; molto frequente è l analisi delle forze relative, la quale permette di individuare quali settori, in un periodo di tempo predeterminato e prescelto dal gestore, abbiano realizzato una performance maggiore e/o acquisito maggior forza nei confronti di altri. Si possono per esempio confrontare gli andamenti dei settori tecnologico-automobilistico-materie prime per poi trarre considerazioni in merito a eventuali sottovalutazioni rispetto a quello che potremmo definire il fair-value del settore. Per quanto riguarda lo stock picking, la selezione dei titoli avviene attraverso l analisi di multipli economico-reddituali e patrimoniali raffrontati a livello settoriale, con l obiettivo di individuare quali titoli siano sottovalutati ed eventualmente più convenienti in termini di ratios quali P/E, P/Book Value; notevole importanza viene data inoltre all analisi delle strategie di sviluppo adottate dalle singole società e alla qualità del management (quando possibile anche attraverso confronti diretti). L allocazione ottimale deve quindi tendere alla massimizzazione del rendimento atteso investendo in settori profittevoli e titoli undervalued, senza dimenticare i benefici forniti dalla diversificazione in termini di riduzione del rischio. Ciò che ne deriva è quindi un approccio gestionale molto 19

21 flessibile che utilizza svariate tecniche, affidando grande discrezionalità al gestore, puntando sulle sue considerazioni e visioni prospettiche riguardo al futuro andamento dei mercati. L approccio gestionale descritto si differenzia dal bottom-up approach, il quale invece presuppone la scelta dei migliori titoli a livello nazionale e internazionale, senza tenere conto delle condizioni economiche e politiche del Paese al quale appartengono. La selezione dei titoli risulta quindi molto più importante rispetto alla selezione di mercati e specifiche economie. Il problema di questo strategia allocativa può però sostanziarsi in un livello di rischio di portafoglio superiore; con l intento di ridurre questo rischio, è stato quindi preferito un approccio di tipo top-down. Viene riportato di seguito (Figura 2) uno schema che ripropone gli approcci top-down e bottom-up con brevi esempi chiarificatori. Figura 2 TOP UP Economic-Currency allocation (per es. Europa) Country allocation (per es. Italia) Sector allocation (per es. settore bancario-finanziario) Stock / Bond picking (per es. Unicredit) Sector allocation (per es. settore bancario-finanziario) Stock / Bond picking (per es. Unicredit) DOWN BOTTOM 20

22 4.3) Una risposta concreta ai cambiamenti: l utilizzo dell approccio top-down Dopo aver analizzato l importante cambiamento avvenuto nella politica monetaria giapponese e descritto la strategia e la politica di gestione adottata dal fondo, è giunto il momento di portare a compimento il percorso compiuto; nelle prossime pagine verranno illustrate (in maniera sintetica) le modalità con le quali un gestore interviene a seguito di un evento di tale importanza. La volontà è quella di dare un risvolto pratico a quanto fino ad ora visto per lo più solo dal punto di vista teorico. Per rendere realistica la simulazione, ipotizziamo di essere a fine gennaio, momento in cui le indiscrezioni riguardo il programma di Abe trovano conferma, e quindi il meccanismo delle aspettative comincia ad entrare in azione: i titoli del mercato giapponese e la valuta di riferimento cominciano ad incorporare le aspettative di una futura crescita dell economia giapponese, dei consumi e degli investimenti, e di conseguenza degli utili societari e delle loro quotazioni Grafico 4 Ex-EMU 10% Mercati Emergenti 10% Composizione geografica portafoglio Liquidità 20% Pacifico 10% EMU 18% Nord America 32% borsistiche. Il punto di partenza, in ossequio a quanto previsto dall approccio top down, sono delle considerazioni di carattere macroeconomico; le rinnovate prospettive di crescita dell economia giapponese rappresentano un opportunità di investimento: un gestore dinamico e flessibile in grado di cogliere l opportunità che gli si prospetta sarà quindi in grado di riformare le proprie views e modificare la propria allocazione aumentando l esposizione verso il mercato azionario giapponese, a discapito di investimenti verso mercati più maturi che offrono minori prospettive di crescita. In tal caso, immaginando un iniziale allocazione degli assets come quella riportata nel grafico 4 (che non rappresenta altro che l allocazione del fondo prima dei cambiamenti giapponesi 3 ), il gestore può operare un sovrappeso sul mercato nipponico arrivando ad un esposizione (come l attuale vista nel Grafico 1) nell ordine dei 25 punti percentuali, a discapito di liquidità, EMU e Mercati Emergenti. Chiaramente, anche se la tentazione sarebbe quella di aumentare ulteriormente tale peso, un gestore flessibile che opera in un ottica di "Absolute return" e contenimento della volatilità, non andrà mai ad inficiare i benefici derivanti da un accorta diversificazione concentrando il rischio in un solo mercato; da non 3 Fonte dati: ufficio Patrimoni Finanziari della Clientela di Banca Mediolanum. Dati aggiornati al 28/05/

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