I NODI DELLA MODA PERSONE, LUOGHI E STORIE CHE FANNO GRANDE LA FILIERA ITALIANA

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1 INTRODUZIONE di PAOLA CHESSA PIETROBONI e FLAVIO MERLO I NODI DELLA MODA PERSONE, LUOGHI E STORIE CHE FANNO GRANDE LA FILIERA ITALIANA «Spesso ce lo dimentichiamo ma quello che vediamo come tessuto, come prodotto, nasce da un grande impegno e, molte volte, da un grande sacrificio individuale. È mortificante quando vediamo nei negozi le persone che guardano un capo e dicono "Sì, beh, carino!", dietro c'è una storia.» 1 Cercando documentazione sulle aziende italiane della moda, abbiamo constatato che mancano informazioni dettagliate su uno specifico versante: quello della storia delle idee messe in campo, delle intuizioni e delle iniziative che hanno permesso a molti marchi di durare nel tempo e di affermarsi, fino a diventare non di rado leader mondiali nel settore in cui operano. Si tratta di aziende che producono moda, intesa in senso lato, che hanno a che fare cioè con il bello : tessuti, abbigliamento, accessori, ma anche arredi o oggetti di design. Dunque imprese esposte, più di altre, ai cambiamenti determinati dalle rivoluzioni del gusto e degli stili di vita, alle conseguenze della globalizzazione, agli scossoni legati al cambio di leadership che, in questo comparto, deve necessariamente essere dotata non solo di spirito di iniziativa e di competenza tecnica ma anche di creatività, quando non addirittura di una particolare vocazione artistica. Visto che il materiale di documentazione consultabile non era sufficiente ad appagare la nostra curiosità, abbiamo provato a raccogliere notizie e testimonianze dirette. Le difficoltà con cui abbiamo dovuto fare i conti sono state soprattutto due: la mancanza di un finanziamento che sostenesse la ricerca, e il ritmo incalzante di lavoro 1 brano tratto da un intervista ad un operatore del sistema moda. 1

2 degli imprenditori, che ne limita il tempo spendibile su altri fronti. Noi avevamo bisogno invece sia della loro disponibilità a raccontarsi sia di un sostegno economico che ci consentisse di lavorare a questa iniziativa nell ambito del Centro per lo studio della moda e della produzione culturale dell Università Cattolica, di cui siamo collaboratori: una sponsorizzazione culturale che, invece di ricorrere alla promozione di eventi esterni, artistici o umanitari, rimanesse tutta interna al settore. Siamo grati agli imprenditori che hanno aderito all iniziativa. Ci sembra un esempio interessante di sinergia tra aziende e università, con investimenti privati a sostegno di un attività di ricerca che può produrre per le imprese risultati utilizzabili nel campo per esempio della formazione o, come in questo caso, della comunicazione. 1. Le biografie aziendali Per raggiungere il nostro scopo abbiamo chiesto a una dozzina di imprenditori 2 di raccontare la storia delle loro aziende: dal materiale raccolto, che comprende i contributi dei collaboratori storici o dei personaggi chiave delle diverse imprese, abbiamo ricavato una serie di biografie aziendali particolari, in cui hanno avuto spazio soprattutto le testimonianze relative alla parte creativa, progettuale, ai momenti di svolta. Prese ad una ad una sono semplicemente belle storie, con una trama articolata e interessante: nascita e crescita avventurose, colpi di scena, momenti di crisi e successi. Abbiamo messo a fuoco un mondo complesso, fatto di passione e competenza tecnica, di valorizzazione dei saperi tradizionali e di slancio innovativo, di abilità organizzativa, di coraggio nell affrontare sempre nuove sfide. Belle storie che meritano di essere raccontate anche perché, pur conoscendo nomi, marchi, facce della moda (in questi anni uno dei settori più esposti all attenzione dei media), il pubblico dei non addetti ai lavori sa molto poco del passato e del presente di imprese che pure rappresentano un pezzo non irrilevante della realtà produttiva del Paese. Ma in più, messe in fila una dopo l altra, queste biografie aziendali costituiscono una raccolta di spunti per la riflessione, in un momento difficile per il made in Italy, che sperimenta un rallentamento del processo sia di espansione nel mercato nazionale sia di esportazione all estero dei suoi prodotti, compresi quelli di punta, tra i quali l abbigliamento, gli occhiali, il tessile, la maglieria. Questo nonostante le nostre aziende siano percepite in tutto il mondo come speciali, perché sostenute dalla forza, consolidata nei secoli, del brand Italia: un Paese 2 Alviero Martini (stilista, Milano), Barberini (divise,torino), Eugenio Marinella (cravatte, Napoli), Framis (chimicotessile, Milano), Gattinoni (stilista, Roma), I Pinco Pallino (abbigliamento bambini, Bergamo), Lanfranchi (chiusure lampo, Brescia), Limonta (tessuti, Como), Mantero (accessori in seta, Como), Marzorati Ronchetti (arredi negozi di moda, Cantù), Nannini (accessori in pelle, Firenze), Raffaella Curiel (stilista, Milano). 2

3 universalmente decantato per la ricchezza dei suoi molteplici capolavori, a cui si riconosce uno spiccato e diffuso senso estetico e una creatività contigua alla capacità artistica. Siamo percepiti come cultori di un vitalismo gaudente che, a dispetto delle tante difficoltà che cronicamente ci affliggono, si manifesta anche in una non comune sensibilità alla bellezza in ogni sua forma e in una altrettanto non comune capacità di rappresentarla e oggettivarla. Molti osservatori, analisti economici e sociologi, vedono in queste attitudini un importante valore aggiunto per il made in Italy: mettere sul mercato la bellezza, produrre beni che veicolano in modo concreto la qualità del vivere e vedersi riconosciuto questo talento non è cosa da poco. Ma non sufficiente a bilanciare del tutto le difficoltà che nascono, come vedremo, da fattori come la piccola dimensione della maggior parte delle aziende del comparto o la debolezza delle reti istituzionali e associative di sostegno. 2. La storia di dodici aziende tipicamente italiane Si tratta per lo più di storie molto lunghe. Che hanno superato due guerre mondiali, diversi cambi generazionali, radicali trasformazioni economiche e sociali 3. Le definiamo tipicamente italiane in base a tre elementi: la scelta di una produzione a forte vocazione estetica; il radicamento a un territorio ricco di fattori ambientali favorevoli (la presenza della filiera, di cui parleremo più avanti, e la facile reperibilità di molteplici e notevoli competenze professionali); la particolare declinazione del concetto di cultura (cultura di prodotto, cultura aziendale e cultura in generale) che orienta la loro attività. Per quanto riguarda i primi due punti (la forte vocazione estetica e il radicamento al territorio), è la storia stessa dell Italia, sede di imperi, regni, corti di vario potere e ricchezza, che spiega sia l assuefazione alla contiguità con il lusso e la bellezza, sia la presenza diffusa di antichi saperi e di competenze artigianali, legati alle professioni della moda: un tempo anche luogo di produzione di materie prime di pregio, come la seta e la lana, qui si sono formati i migliori sarti, pellettieri, decoratori del mondo. La cultura del prodotto e la conoscenza del processo produttivo sono quindi eccellenti, soprattutto tra gli operatori, ma in parte anche tra i consumatori. Non abbiamo, in questo senso e su scala mondiale, molti concorrenti alla nostra altezza. 3 Soltanto tre delle nostre aziende sono state fondate dai titolari attuali: la Alviero Martini, guidata dall omonimo stilista, I Pinco Pallino, l impresa di una coppia (fantasia creativa lui, spirito manageriale lei) che realizza moda per bambini, la Framis, un azienda atipica, insieme tessile e metalmeccanica. Nelle ultime due è già operativa anche la seconda generazione. 3

4 La conservazione e la valorizzazione delle competenze consente, e nello stesso tempo costringe, le aziende a lavorare per nicchie di mercato di alta qualità. Per quanto riguarda la cultura aziendale, l Italia condivide un modello di stampo europeo che, come sottolineano diverse ricerche sociologiche e antropologiche, si differenzia da quello americano in quanto non fa riferimento ad un universo omogeneo, cementato da comuni rituali, ma a un sistema articolato, risultato di interazioni complesse, che si sviluppano tra i diversi attori sociali che partecipano alla vita dell impresa. La cultura aziendale: «È contemporaneamente il riflesso della cultura circostante e una nuova produzione che si elabora all interno dell impresa attraverso la molteplicità di interazioni che esistono a tutti i livelli tra coloro che appartengono alla stessa organizzazione.» 4 In Italia la cultura aziendale è dunque negoziata e articolata. Si innesta nel lungo processo di accumulazione dei saperi a cui abbiamo già fatto riferimento e si sostanzia anche in un attività particolare, praticabile solo da chi ha alle spalle una lunga storia e una ricca tradizione: ci riferiamo alla discreta frequenza con cui da noi si creano archivi o si organizzano musei aziendali, pur se spesso in modo un po approssimativo. Conservare la memoria del passato non è solo arricchente sul piano della conoscenza ma è anche utile per impostare strategie produttive vincenti, come emerge dalle testimonianze dei nostri intervistati. La cultura aziendale infine è incardinata nel sistema economico, politico, sociale al quale appartiene. Deve dunque rappresentare anche l area di sperimentazione e applicazione di efficaci strumenti di conoscenza del sistema stesso. Il successo imprenditoriale non può che fondarsi su questa lucida lettura del contesto e, di riflesso, sulla percezione dei bisogni presenti e, in certa misura, futuri dei consumatori. Se questa empatia con le richieste del mercato è buona, l azienda si afferma e produce beni, nel nostro caso, tessuti, vestiti, accessori, che sono la rappresentazione, i costumi di scena (la moda ) del tempo; non meri oggetti d uso ma, secondo la definizione di Griswold (1997, p.26), «significati condivisi incorporati in una forma.» Siamo arrivati così al concetto generale di cultura come complesso articolato di simboli, negoziato ed espresso nella forma dei prodotti culturali. È la cultura materiale, o documentata, che domina una grande quantità di espressioni della nostra vita quotidiana e che rimanda appunto ai luoghi della produzione e del consumo 5. 4 Denys Cuche, La nozione di cultura nelle scienze sociali, ed. Il Mulino, 2003, p D. Crane, La produzione culturale il Mulino,

5 In questo senso le aziende della moda producono cultura, tanto più dotata di senso quanto più fondata su un acuta e lungimirante lettura del contesto sociale. Il successo delle aziende italiane della moda è allora l indicatore della loro capacità di individuare l area dei significati condivisi e della loro competenza nell oggettivarla. Mi sembra interessante a questo proposito citare il sociologo francese Pierre Bourdieu (1980) che, quando parla di cultura in senso antropologico, ricorre al concetto di habitus che opera come la materializzazione della memoria collettiva, riproducendo nelle generazioni successive l esperienza acquisita dalle generazioni precedenti. 3. Il ragionar di filiera Le storie raccontate in questo libro sono anche, o forse soprattutto, la testimonianza di cosa sia la filiera italiana della moda. O del comparto tessile/abbigliamento, come sarebbe più corretto dire. Qui, accanto alla firma affermata in tutto il mondo, troviamo il produttore di accessori funzionali al vestire, accanto all organizzazione che fattura milioni di euro troviamo la piccola realtà dalle dimensioni quasi artigianali, accanto a chi investe in comunicazione per il consumatore finale troviamo chi dialoga solo con altri soggetti della filiera perché il consumatore finale è troppo mediato, lontano. Però il dato importante è che tutte insieme fanno sistema e hanno reso, fino ad oggi, la produzione del tessile/abbigliamento italiano un punto di forza dell intera economia nazionale. Le avventure imprenditoriali di cui parliamo mettono l accento sulla straordinaria combinazione tra storie apparentemente piccole e risultati realmente grandi, su una capacità di governo intesa come flessibilità e inventiva (o vera attitudine innovativa, quando è praticabile), e sul valore esemplare dei casi trattati. Tutto questo è ben riassunto nella frase citata all inizio dell introduzione, un brano tratto da un intervista ad un operatore del sistema moda: si afferma con chiarezza che dietro (ma sarebbe meglio dire dentro ) un tessuto, un accessorio o un vestito, c è una lunga storia fatta di assiduo impegno personale, investimenti nella ricerca, creatività e comunicazione. Forse non esiste alcun settore produttivo capace di sintetizzare tante competenze come la moda, un ambito dove capacità di far business, creatività e cultura si intrecciano; forse è proprio in questo intreccio che si sviluppa la forza del tessile/abbigliamento italiano, quando riesce a far sistema. Parlare oggi di moda, significa affrontare in modo globale ed analitico non solo i livelli più a valle della filiera, ma anche i livelli precedenti, quelli a monte, a partire dai luoghi dove nasce la materia prima. Questo permette non solo di ricostruire gli step 5

6 produttivi, ma anche di individuare quale cultura e quale comunicazione accompagnano e attraversano l intero processo: dalla fibra o dalla pelle fino al capo o all accessorio finito. Allora il ragionar di moda diventa naturalmente un ragionar di filiera, un modo assolutamente nuovo di guardare al prodotto finito, perché capace di includere tutti i soggetti che, con il loro lavoro, contribuiscono alla sua definizione. Così facendo, diventa importante utilizzare parole nuove, termini poco di moda parlando di moda, oppure, molto di moda ma non sempre usati in modo corretto. Non si tratta solo di termini tecnici legati a lavorazioni particolari, ma anche di nuovi concetti e strategie, che richiedono un supplemento di riflessione teorica da parte di ambiti disciplinari eterogenei. Ancora una volta è la testimonianza di un protagonista della filiera più nascosta (quella a monte) a fornire una spiegazione a questi concetti: «Pensiamo al comfort e alla protezione per l uso quotidiano, al concetto di multiuso, riflettiamo su viaggio, lavoro, tempo libero. Con i nostri prodotti desideriamo proteggere, per esempio da un acquazzone, anche le persone normali, ecco perché tutti i tessuti di questo gruppo sono trattati con particolari finissaggi, idrorepellenti e traspiranti. Protezione non è un concetto che vale solo per gli sportivi, diventa valido per ognuno di noi, grazie alla capacità di questi tessuti di esprimere insieme tecnicismo e fascino». Il concetto di filiera però merita di essere analizzato con cura. Sovente la rappresentazione della filiera è di tipo lineare, un succedersi di operazioni sequenziali che procedono verso il prodotto finito. Di fatto, le storie che abbiamo raccolto descrivono una realtà più complessa, in cui la linearità lascia il posto alla complessità di un sistema che assomiglia più alla rete che alla retta, più al grappolo che alla collana. Ciascuna delle storie raccontate affronta la filiera a partire da una posizione relativa, un angolatura speciale da cui si osserva e si partecipa all intera rete. Infatti, se le confrontiamo, non emerge una vera sequenzialità; nessuno cioè riesce a collocarsi con precisione lineare in un punto della retta. Naturalmente chi produce chiusure lampo si posizionerà più a monte rispetto a chi confeziona il capo finito e lo distribuisce con il suo marchio, eppure il ruolo di entrambi è quello di dare insieme output e input sia a chi li segue sia a chi li precede nella filiera. All interno della rete filiera, output e input si susseguono e il gioco dei feed-back impedisce qualsiasi determinismo ed esalta la ricerca e l innovazione sia nel gusto sia nella qualità. Si afferma in questo modo il concetto di creatività diffusa inteso come «il prodotto collettivo delle continue interazioni e negoziazioni tra i vari soggetti che occupano qualche posizione lungo l intero arco del processo di produzione degli oggetti di moda» (Volontè 2003, p.16) 6

7 È fondamentale notare che questo sistema non è il frutto di un operazione a tavolino, di un intervento pre-ordinato, ma la ricchezza spontanea e tradizionale del sistema tessile/abbigliamento italiano. La nostra filiera, infatti, si presenta come articolata e completa 6 allo stesso tempo, il che le ha consentito fin qui di soddisfare esigenze differenziate mantenendo standard qualitativi elevati. Queste caratteristiche le hanno permesso di agire con rapidità e di reagire in modo adeguato alle richieste che provenivano dalla valle della filiera, laddove si opera con ritmi stagionali e il fattore tempo gioca un ruolo decisivo. La tempestività è favorita da una triade di elementi: la vicinanza fisica, il linguaggio comune e la dimensione aziendale. In una realtà globalizzata, dove le distanze sono virtualmente ridotte e i trasporti veloci e frequenti di materie prime e semi-lavorati sono fondamentali, la possibilità di avere i propri partner fisicamente prossimi agevola la logistica, favorisce il confronto e permette la ridefinizione in itinere del prodotto. Ma a tutto questo si aggiunge un valore non facilmente quantificabile: la vicinanza culturale tra chi chiede e chi realizza, tra cliente e fornitore. Non si tratta solo di parlare la stessa lingua, si tratta di molto di più: è avere lo stesso gusto, è condividere lo stesso progetto globale per sé e per il sistema. Il terzo elemento da considerare è la dimensione aziendale dei soggetti coinvolti: realtà produttive che assicurano altissimi livelli di qualità attraverso lavorazioni quasi artigianali. Una frammentazione che comporta un ampia serie di problemi che oggi devono trovare soluzioni adeguate. In parte già si rimedia integrandosi in economie di scala territoriali che permettono la costituzione di reti di imprese capaci di superare lo scoglio di una disponibilità di risorse oggettivamente limitata sul fronte degli investimenti. Questo consente di preservare e sviluppare un valore aggiunto, la citata variabile culturale, che si esplicita e si realizza con e attraverso gli uomini, persone preparate le cui competenze convergono nel prodotto. «in Italia le aziende industriali hanno saputo mantenere viva al proprio interno la cultura artigianale tipica della nostra tradizione manifatturiera che, al contrario, è stata smarrita dai principali concorrenti stranieri» (Testa 2003, p. 711). Vicinanza fisica, linguaggio comune e scala aziendale assumono in Italia la forma tipica del distretto. Questo è il modello, come affermano autorevoli economisti (Quadrio Curzio - Fortis 2000 e 2002), che ha sostenuto lo sviluppo del Paese, questo è lo stile da continuare a coltivare, aggiornandolo, per vincere la battaglia della competitività e dell innovazione. Perseverare in questa strategia politica ed economica significa confermare livelli di eccellenza e di qualità che la delocalizzazione globale non 6 anche se oggi la pressione della concorrenza internazionale impone di allungare le filiere produttive, investendo di più per esempio nella logistica, nel marketing, nella ricerca. 7

8 garantisce: l outsorcing a basso costo di mano d opera può essere praticato solo con i beni low profile, in cui il valore aggiunto tecnico e professionale è pressoché nullo. Per garantire la qualità e interloquire con le fasce medio-alte e alte del mercato occorre tenere sotto controllo tutte le fasi della produzione e ciò è possibile solo in un sistema territorialmente localizzato. Le storie raccontate in questo libro sono perfette dimostrazioni di questo assunto: solitamente nascono all interno di distretti tradizionali, spesso generano imprese simili per vocazione e metodologie operative, talvolta incidono sugli indirizzi formativi del contesto territoriale. Ma il distretto del terzo millennio, se da un lato conserva la dimensione produttiva, dall altro può soddisfare nuove esigenze. La sfida della concorrenza internazionale impone per esempio di investire in modo più consistente nel marketing e nella promozione del marchio. Se un tempo il distretto produttivo trovava la sua massima espressione commerciale nell evento fieristico, nelle esposizioni permanenti del mobile o dei tessuti, oggi la rete di aziende territorialmente localizzate si attiva per comunicare e promuovere i beni in una prospettiva internazionale, che cerca di attingere nuove risorse in ambiti diversi, un tempo percepiti come lontani dalle piccole realtà produttive. Non si tratta di tradire le origini industriali del distretto, bensì di accogliere nello stesso territorio l intera filiera di un prodotto in conseguenza della presa d atto che il bene non si afferma se non viene comunicato, promosso e distribuito. E qui si arriva al cuore delle questioni culturali (ma le ricadute non sono solo culturali) dei prodotti di moda, parlando dei quali diventa assai difficile tracciare un netto confine tra le fasi della produzione e quelle del consumo; oggi, assai più che in passato, questi due momenti sembrano porsi senza soluzione di continuità, parti di un processo in cui il produrre sfuma nel consumare e viceversa. Non si tratta solo di un fatto tecnico o di mercato, ma di un incontro tra soggetti che sono portatori di culture diverse, soggetti che attribuiscono a quell oggetto una costellazione di significati e di attese che attraversa e ridefinisce i bisogni da soddisfare (Ruggerone 2001). Tutto questo trova alimento e sostegno nella comunicazione, che costituisce la manifestazione più autentica della circolarità tra produzione e consumo, dove forma e sostanza si fanno una cosa sola nell immagine, icona e promessa del valore simbolico di un oggetto (Barthes 1970). 8

9 4. Governare e innovare C è un tratto, un sottile filo rosso che unisce le storie di queste imprese: padri e figli che guidano la stessa azienda, marito e moglie che realizzano un idea vincente, reti parentali che operano sinergicamente, generazioni di imprenditori che, anche attraverso fusioni, trasformazioni e ridimensionamenti, non hanno mai lasciato il timone della navigazione. In Italia prevale ancora un modello di gestione delle imprese di stampo familiare, con annessi limiti e vantaggi. Tra i limiti, si rileva per esempio che spesso questo modello «rallenta l articolazione delle gestione aziendale per funzioni (l attenzione è concentrata quasi esclusivamente sulla produzione mentre vengono meno seguite le funzioni accessorie come la gestione delle risorse umane, la finanza, la ricerca e l innovazione ecc.)» 7. Tra i vantaggi invece, emerge la forza della persona inserita nelle sue reti primarie, e il legame individuale e familiare con un tessuto socio-culturale che non è solo un background, ma un vero e proprio modo di leggere la realtà in genere e la professionalità in particolare. Si tratta, per quanto riguarda le persone intervistate in questo lavoro, di imprenditori che operano in ambiti così particolari ed eterogenei che applicare in modo acritico il concetto di intermediari di cultura (Bourdieu 1983) sarebbe una forzatura. Eppure nelle loro storie si osserva un tratto tipico degli intermediari: creatività, business e comunicazione sono resi possibili da uno stile di vita a volte poco di moda, eppure denso, ricco di spunti e di provocazioni. Uno stile di vita che li rende capaci di manipolare significati attraverso una produzione mai banale e omologata, ma espressione della loro esperienza personale ed aziendale. Leggendo le storie delle imprese raccolte qui, è possibile individuare due segmenti: da un lato, le aziende più a valle, che hanno un legame diretto con il consumatore finale, nel quale si riflette soprattutto l aspetto comunicativo e simbolico, dall altro, i soggetti più a monte, in cui svolge un ruolo fondamentale il frame-work territoriale. In questo secondo segmento, un posto di rilievo è occupato dal legame con il territorio all interno del quale l impresa ha preso forma: nella maggioranza delle nostre storie tale dimensione, coerentemente con la centralità delle reti primarie sopra descritte, è irriducibile; in alcuni casi è talmente forte che non si riesce nemmeno ad immaginare una collocazione imprenditoriale differente. Restare in una certa zona non è solo conseguenza di un legame affettivo, ma risponde a robuste motivazioni connesse sia al reclutamento delle risorse umane, sia alla dimensione distrettuale esplicita o implicita precedentemente descritta. 7 P.Bersani- E. Letta, Viaggio nell economia italiana, Donzelli, 2004, p. 55 9

10 Laddove l impresa si colloca più a valle del sistema, e quindi il suo rapporto con il consumatore finale diventa più stringente e ricco di connotazioni simboliche, gli elementi culturali originari assumono un significato forte, quasi identitario. E qui ritornano gli intermediari culturali di Bourdieu (1983) che sono veicolo del gusto tipico delle classi superiori, il cosiddetto buon gusto, in quanto membri di una piccola borghesia dedita alla manipolazione dei significati perché portatrice di un capitale culturale distintivo fatto non di scuola, ma di vicende personali, incontri fondamentali, suggestioni molteplici e sempre nuove. L oggetto che viene prodotto e distribuito è un tassello, e insieme la sintesi, dello stile di vita che si vuole proporre, un icona e una promessa che ha in sé il valore della tradizione e della consuetudine, come racconta in modo esemplare un imprenditore di una grande casa di moda: «La vasta gamma di prodotti che realizziamo dimostra che il marchio propone un vero e proprio stile di vita, non oggetti fine a se stessi, che non si integrano fra loro. Questo è il nostro messaggio al consumatore». Ma c è un altro filo rosso che merita di essere analizzato: il governo delle imprese attinge forza sia dal carisma di chi le guida, sia dalla razionalità dell organizzazione. Abbiamo già detto che queste imprese hanno fatto della flessibilità una risorsa fondamentale, la chiave di volta del loro successo. Eppure ciò non basterebbe se non ci fosse la continuità della leadership, la cinghia di trasmissione di una rete di relazioni che fissa con precisione l identità culturale dell azienda. In questo modo, tanto il processo produttivo quanto i prodotti che ne derivano non smettono di incarnare lo spirito del fondatore, la sua mission istituzionale, la sua visione del mercato e del consumatore. In questi argini, le forme giuridiche assunte nel corso del tempo, gli investimenti nella ricerca e le razionalizzazioni organizzative diventano trasformazioni nella continuità, occasioni per una nuova auto-coscienza, segni di un attenzione costante ad una realtà in continuo mutamento. Nella storia del sistema moda italiano, sono individuabili alcune fasi caratterizzate da un eterogeneità di focus: la centralità della produzione, il mercato come criterio operativo e, siamo ai giorni nostri, l orientamento al consumatore finale. Complessivamente, si può affermare che il sistema tessile/abbigliamento si è progressivamente spostato verso le fasce più alte del mercato arrivando a coniugare tradizione e innovazione, quotazioni in borsa e lavorazioni artigianali. Ne deriva un sistema proteiforme, ancora in evoluzione, fatto di contraddizioni e paradossi, che nonostante siano da affrontare e risolvere con urgenza, raccontano di una realtà oggettivamente unica. 10

11 Le storie raccolte nel volume rappresentano in modo fedele questo sistema proteiforme. Da un lato, testimoniano le grandi capacità strategiche di tante realtà imprenditoriali che hanno fatto della flessibilità una risorsa e non un semplice rischio; dall altro indicano quali strade percorrere sia a livello del singolo soggetto sia a livello di sistema. Gli ingredienti fondamentali per ottenere e conservare il successo del sistema tessile/abbigliamento in senso lato sembrano essere tre: il gusto del bello, l eccellenza del servizio e la gestione della tempistica. Parleremo poi dell investimento in ricerca e sviluppo. In Italia, come si è detto, si è sempre fatto molto affidamento sulla creatività e il senso estetico, dei quali siamo convinti di essere geneticamente dotati e che ci vengono effettivamente riconosciuti come pregi nazionali. Il gusto del bello può apparire un dato astratto, talmente soggettivo da non avere significato; eppure non è così. Il bello è la ricercatezza dei materiali, l accuratezza delle rifiniture, la capacità di offrire prestazioni e non soltanto emozioni. Adesso si sta facendo un altro passo in avanti: molti imprenditori hanno puntato su una nuova sinergia tra originalità stilistica, abilità produttiva ed eccellenza del servizio per restare competitivi sui mercati mondiali. L eccellenza del servizio consiste nella capacità di offrire un pacchetto-prodotto che non si esaurisce nella realizzazione del bene ma, partendo da una progettazione condivisa, e da un esecuzione controllata in ciascuna delle sue fasi, culmina in un assistenza responsabile che accompagna l oggetto dal momento dell ideazione fino al consumo finale. Il vero imprenditore non declina le sue responsabilità, bensì se le assume in pieno e fino in fondo, al fine di garantire il massimo delle prestazioni e della qualità erogata e percepita. Si tratta di un orientamento all offerta di un servizio, fatto di riconoscibilità stilistica, personalizzazione, attenzione alla distribuzione, puntualità di consegna. Un riferimento per finire alla gestione della tempistica, intesa come rispetto dei tempi, sia in fase di realizzazione sia in fase di consegna del prodotto finito. In un settore come quello della moda sottoposto a forti pressioni legate alla stagionalità delle collezioni, il rispetto dei tempi è un vero e proprio valore aggiunto, un elemento imprescindibile a cui far riferimento per individuare il partner migliore. Si può andare sul mercato con una collezione nuova capace di fare tendenza solo se, un anno e mezzo prima, si sono pianificati in modo corretto i tempi, le responsabilità e gli obbiettivi a breve, medio e lungo termine. L alternativa è perdere fatturato ed essere messi fuori gioco da competitor che, magari ad un costo più elevato, rispettano le 11

12 consegne e sono in grado di far incontrare domanda e offerta nel momento giusto e nel modo più efficacie. I tre fattori appena descritti, insieme alla flessibilità come risorsa aziendale strategica e al distretto come luogo delle sinergie economiche e culturali, possono rappresentare, se inserite in un contesto favorevole, come vedremo più avanti, le carte vincenti della filiera del tessile/abbigliamento; la combinazione di questi elementi permette alla frammentazione di farsi sistema, alla molteplicità delle imprese di farsi rete, all irrazionalità della moda di farsi organizzazione razionale, alla tradizione di rendersi presente. 7. Ostacoli e dissonanze Non mancano. Abbiamo accennato alla crisi delle piccole e medie imprese e del sistema dell artigianato, alla trasformazione in atto nel modello distrettuale, ai problemi legati alla natura familiare del tipo di gestione dell impresa. Ancora, e soprattutto, emerge dalle nostre interviste il tema, che è indispensabile affrontare e risolvere, degli investimenti in formazione, ricerca e sviluppo: nel settore tessile/abbigliamento, come abbiamo visto, molte aziende sono piccole o medie e non possono permettersi di investire in queste direzioni risorse sufficienti per competere nel mercato globalizzato. Diversi nostri imprenditori hanno sottolineato l importanza dell innovazione di prodotto e di processo. Ma se per innovazione intendiamo il risultato di scoperte scientifiche o sperimentazioni tecnologiche, facciamo riferimento a pratiche che richiedono investimenti tanto consistenti da risultare proibitivi per le piccole imprese. Più facile cogliere nuovi bisogni o desideri del consumatore, aspirazioni a cui il mercato non ha ancora dato risposta, combinare in modo originale tecnologia e forma. Oppure, con una forma estrema di creatività, mescolare applicazioni scientifiche differenti e fin lì sperimentate in altri ambiti produttivi. Le innovazione di secondo e terzo tipo sono ampiamente praticate dai nostri imprenditori, quella del primo solo da un esigua minoranza, che però vede in questa scelta una mossa vincente per indurre all acquisto il consumatore, in un mercato saturo di offerte di tutti i tipi. Una efficace giustificazione al consumo. In un momento in cui, per diffusi motivi economici, si è ridimensionata la voglia di fare shopping, i capi di abbigliamento ad alto contenuto tecnico sembra per esempio siano particolarmente appetibili. Ma per fare innovazione in questo senso, bisogna trovare la strada che permetta alle aziende di investire in ricerca (consorziandosi, per esempio) o di trovare canali di collaborazione con centri di 12

13 ricerca esterni, come i laboratori delle Università o i Centri di innovazione e trasferimento tecnologico. L internazionalizzazione dell economia, la globalizzazione dei mercati e l integrazione produttiva hanno diffuso, su scala mondiale, abiti, mode e stili di vita. Tutto questo da un lato amplifica ma dall altro rende più omogenee le opportunità di scelta del consumatore. Le aziende allora, non ultime quelle del settore tessile/abbigliamento, per stimolare i consumi, hanno introdotto, come correttivo a questo generale appiattimento, delle tecniche per la personalizzazione del prodotto, adattando alle esigenze individuali non solo la pubblicità o il sistema dei prezzi e dei servizi ma anche i singoli prodotti. Questa nuova produzione personalizzata, fino a pochi anni fa considerata uno status symbol riservato alla fascia più alta dei consumatori, è però molto impegnativa per le aziende che devono studiare mosse sempre più efficaci per massimizzare i vantaggi e minimizzare i costi dell orientamento al cliente. È ancora insufficiente la promozione internazionale dei prodotti italiani, promozione che potrebbe essere aiutata anche dalla creazione di marchi di qualità. Le certificazioni di prodotto costituiscono un esempio significativo di cosa significhi fare sistema; la compatibilità ambientale, il valore aggiunto naturale, i benefici che un prodotto tessile può dare a chi lo porta sono solo alcuni tra i possibili esempi di una filiera che, superando i confini della autoreferenzialità, attinge da ambiti diversi per fornire al consumatore finale un duplice valore aggiunto: materiale e simbolico. Materiale, perché il bene deriva da una serie di materie prime e di lavorazioni successive tenute sotto controllo, simbolico, perché un simile bene esprime ed è intrinsecamente garanzia di qualità, sinonimo di fiducia ed affidabilità. Un altra difficoltà è quella che riguarda il personale e soprattutto il suo periodico rinnovamento. In tutti i casi che abbiamo preso in esame al personale è richiesta una spiccatissima competenza che il sistema formativo esistente nel Paese non sempre è in grado di garantire, soprattutto per quanto concerne le nuove specializzazioni richieste dal mercato o il trasferimento delle tradizionali abilità artigianali che in passato venivano tramandate da una generazione all altra in bottega. Apporti esterni indispensabili, e necessariamente preliminari a quella fase di perfezionamento interno che le aziende ritengono cruciale per far assorbire da dipendenti e collaboratori quella che potremmo chiamare la filosofia aziendale specifica. È anche importante, per molti degli imprenditori intervistati, che il personale abbia una certa elasticità, la capacità di acquisire nuove competenze per realizzare nuovi prodotti. Va dunque migliorato tutto il processo di accumulazione e trasferimento delle conoscenze. 13

14 Concludiamo accennando al problema delle necessarie ma tuttora lacunose relazioni tra istituzioni, mondo delle imprese e sistema formativo. Tutti i nostri imprenditori si sono lamentati dello scarso apporto fornito dalle associazioni di categoria in termini di servizi erogati e di una insufficiente attenzione del settore pubblico ai problemi di contesto che incidono sulla loro operatività. In alcune aree del Paese sono ancora insufficienti le infrastrutture di base, in tutte non sono adeguati i sistemi di accesso al credito piuttosto che le normative che permettono di combattere il fenomeno della contraffazione, particolarmente penalizzante per i settori dell abbigliamento e delle calzature. Anche il rapporto tra aziende e università potrebbe intensificarsi, con un attiva collaborazione nel campo della ricerca, che superi le reciproche diffidenze, o con la creazione, in ambito universitario, di osservatori di settore. Questo lavoro, per quel tanto che è riuscito a far dialogare accademia e impresa, ci sembra un piccolissimo passo fatto nella giusta direzione. 14

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