QUALE PSICOPATOLOGIA PER LA PREVENZIONE DELL ABUSO DI

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1 QUALE PSICOPATOLOGIA PER LA PREVENZIONE DELL ABUSO DI ARMI DA FUOCO LEGALI? Carlo Alfredo Clerici*, Angelo de' Micheli, Laura Veneroni*, Cesare Albasi^ * Sezione di Psicologia, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Facoltà di Medicina, Università degli Studi di Milano Cattedra di Criminologia Clinica, Facoltà di Medicina, Università degli Studi di Milano ^ Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Psicologia, Università degli Studi di Torino Pubblicato in Abilitazione e Riabilitazione, N 2, 2008, pag Riassunto. Nell opinione comune il fenomeno dei suicidi e degli omicidi commessi mediante armi da fuoco legalmente detenute è attribuito all'effetto di un improvviso scompenso psichico. La letteratura scientifica ha però ancora scarsamente indagato i legami fra abuso di armi e aspetti psichici. In questo lavoro è illustrata la necessità di approfondire l efficacia preventiva dell utilizzo di sistemi diagnostici che integrino la prospettiva categoriale con una più ampia osservazione sul funzionamento mentale dell individuo. E illustrato un costrutto clinico diagnostico denominato WAR ( Weapons Risk Assessment ) per definire il rischio di abuso di armi, attualmente in corso di sviluppo nell ambito di in una collaborazione multidisciplinare psichiatrica, psicologica e criminologica. 1. Introduzione L abuso di armi da fuoco legalmente detenute per commettere omicidi o suicidi è fra le prime cause di morte in tutti i paesi industrializzati. Considerata la pericolosità intrinseca delle armi è evidente la necessità di tutelare l incolumità dei singoli e della collettività, accertando che i soggetti che le maneggiano possiedano i requisiti di salute mentale e di stabilità emotiva indispensabili. 1

2 In Italia, escludendo il personale delle Forze Armate e dei corpi di pubblica sicurezza, circa 4 milioni e 800 mila persone detengono armi o le utilizzano per scopi ricreativi, sportivi o professionali, per un totale stimato di milioni di armi da fuoco. Ogni cittadino di sufficiente salute psicofisica, non pregiudicato od obiettore di coscienza, ha la possibilità di ottenere un autorizzazione per acquistare armi e portarle con sé, se munito di una licenza di porto d armi. La Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee 18 giugno 1991, n. 91/477/CEE, pubblicata nella G.U.C.E. 13 settembre 1991, n. L 256, recepita con D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 527 prevede all articolo 5 che l acquisizione e la detenzione di armi da fuoco sia permessa soltanto a persone che non possano verosimilmente costituire un pericolo per se stesse, per l ordine pubblico o la pubblica sicurezza. I criteri per la verifica di tale condizione sono affidati alle normative degli stati membri dell Unione Europea. In Italia la valutazione dell idoneità sanitaria al maneggio delle armi da parte dei civili è regolamentata dal D.M. 28 aprile 1998, Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell'autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d armi per uso di difesa personale. Per effetto di questa normativa si trovano ad esprimere pareri sull idoneità psicofisica al maneggio delle armi molti medici civili e militari, non specialisti nell ambito della salute mentale. In questo lavoro è presentato un riesame critico delle attuali procedure di valutazione, alla luce delle evidenze provenienti dalla letteratura scientifica sull argomento. 2. Materiali e metodi E stata eseguita una raccolta della letteratura scientifica internazionale degli ultimi 30 anni sul fenomeno dell abuso di armi legali e la sua prevenzione, attraverso le banche dati on-line 2

3 Medline e PsychINFO. La ricerca è stata integrata dalla consultazione di libri, articoli e repertori bibliografici cartacei. La letteratura disponibile è stata suddivisa in tre ambiti principali di riferimento: studi sull epidemiologia dei fenomeni di abuso, studi sul ruolo dei fattori situazionali e ricerche sul ruolo di condizioni psicopatologiche. 3. Risultati 3.1. Aspetti epidemiologici I suicidi commessi con armi da fuoco sono una primaria causa di morte nella maggior parte delle nazioni. Nei primi anni Novanta negli Stati Uniti il tasso di omicidi, suicidi e morti accidentali collegati ad armi da fuoco era superiore a quello delle altre 25 nazioni sviluppate di cui erano disponibili dati epidemiologici (Krug, 1998). Sebbene infatti i decessi provocati da armi da fuoco siano diminuzione dal 1993, nel 2000 rimanevano comunque la seconda causa di eventi traumatici mortali (Miniño, 2002). Si è calcolata una media di 79 decessi al giorno legati ad armi da fuoco, con un totale di morti, di cui (il 57.9%) erano suicidi, (37.7%) omicidi, 776 (2.7%) incidenti, e 500 (1.7%) erano avvenuti in seguito ad interventi delle forze dell ordine oppure non erano stati determinati. Nonostante i dati siano allarmanti, è da sottolineare come sia molto problematico provare una correlazione fra numero di armi legali detenute nella popolazione ed eventi violenti compiuti con questi mezzi. Diversi studi su questo tema (Killias, 1993; Bridges, 2004; Ajdacic-Gros, 2006) presentano infatti rilevanti limiti metodologici. La differente situazione normativa e la diversità di definizione di arma nelle diverse legislazioni (e quindi nelle diverse casistiche) rendono difficile il confronto dei dati epidemiologici. Inoltre, le raccolte di dati epidemiologici generalmente non fanno una distinzione tra eventi colposi e quelli dolosi e non si specifica se le armi con cui omicidi e suicidi sono stati perpetrati erano detenute legalmente o illegalmente. 3

4 Anche la differenziazione tra armi corte ed armi lunghe spesso non è riportata, mentre sarebbe necessaria per distinguere ad esempio l uso di armi da caccia in azioni violente. Un altro aspetto critico riguarda la ridotta validità delle rilevazioni epidemiologiche. Tra i vari motivi ci può essere ad esempio il riserbo delle famiglie che possono insistere per l'omissione della dizione suicidio nelle cartelle cliniche; oppure è possibile che molti suicidi siano classificati più o meno intenzionalmente come morti accidentali, soprattutto nel caso in cui non siano anticipati da segnali premonitori o psicopatologie conclamate. Rispetto alla specifica situazione italiana, un ulteriore limite riguarda il fatto che esistono due procedure di rilevazione statistica sui suicidi, che portano a dati non omogenei. Le fonti sono infatti l'annuario Statistico Italiano, che raccoglie dati dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri, e l annuario delle Statistiche Sanitarie, che raccoglie dati dei certificati di morte provenienti dai Comuni. Le classificazioni ufficiali (ISTAT, 2002) suddividono i diversi moventi dei suicidi in motivi affettivi, motivi d onore, motivi economici, motivi ignoti o non indicati. Non sono però disponibili altri dettagli relativi ai suicidi compiuti con armi da fuoco ed è intuibile la difficoltà di ridurre le complesse motivazioni di questo comportamento a sole sei categorie. Sempre in Italia solo recentemente sono reperibili statistiche sull'epidemiologia degli omicidi commessi con armi da fuoco legalmente detenute per effetto di disturbi psichici (Eurispes, 2005). 3.2 Ruolo dei fattori situazionali Diversi studi hanno analizzato il legame fra abuso di armi da fuoco legali ed eventi vitali stressanti, come per esempio la rottura di relazioni affettive, depressione, perdita del lavoro o difficoltà economiche. Le difficoltà finanziarie sembrano avere un incidenza rilevante fra gli autori di omicidi con armi legali, come risulta da una review di 15 studi (Bailey, 1997) e dallo studio Dansys (1992) che ha rilevato tali difficoltà nel 48% degli accusati di omicidi domestici. 4

5 Moyer e Carrington (1992) hanno descritto però un incidenza di suicidi maggiore nei soggetti che lavorano rispetto ai disoccupati, ai pensionati e ai titolari di pensione d invalidità (38% contro il 24%). Tuttavia il dato non deve essere considerato come un assoluto perché, ad esempio, i lavoratori possono trovarsi esposti a situazioni critiche di stress, rischi di licenziamento e fallimento economico. Alcuni studi segnalano come significativa la relazione fra omicidi domestici e precedenti episodi di violenza. Nello studio Dansys (1992) è descritto che nei 2/3 degli omicidi domestici considerati vittime e accusati erano stati coinvolti in precedenti litigi violenti noti ad amici e conoscenti della vittima. Nella metà dei casi di uxoricidio la vittima e l uccisore erano impegnati in una trattativa di separazione e nel 40% dei casi si era verificato un recente allontanamento dal tetto coniugale. Moyer e Carrington (1992) hanno indagato la relazione tra una selezione di otto eventi vitali potenzialmente stressanti e ruolo delle armi da fuoco nei suicidi in un campione nella regione dell Ontario. Gli eventi indagati sono: morte di un membro della famiglia, cambiamenti nella composizione della famiglia (divorzio, separazione, nascita di figli), trasferimenti, problemi lavorativi ed economici, problemi legali come recenti accuse penali, malattie fisiche, perdita di relazioni significative ed altri eventi. Gli autori non rilevano alcuna correlazione statisticamente significativa tra suicidi ed eventi vitali stressanti; segnalano tuttavia come i suicidi con uno o più eventi stressanti gravi in anamnesi abbiano utilizzato armi da fuoco. La considerazione finale degli autori, rilevante per il tema qui affrontato, è che vi sia un evidenza troppo tenue per giustificare un'approfondita indagine sugli eventi stressanti in ogni richiedente una licenza di porto o detenzione di armi da fuoco. Nello studio Dansys (1992) sono stati esaminati omicidi domestici con l uso di armi da fuoco accaduti fra il 1989 e il Metà di questi erano uxoricidi; il 15% erano omicidio del marito da parte della moglie, mentre la percentuale rimanente riguardava altri membri della famiglia, di cui per il 6% l omicidio di un genitore da parte di un figlio. 5

6 Lo studio riportava un certo numero di eventi vitali stressanti negli accusati di questi omicidi: il 47% aveva precedenti penali, il 39% era disoccupato, il 25% era stato licenziato di recente, il 24% aveva avuto un fallimento della propria attività o aveva debiti, il 18% era coinvolto in una situazione d infedeltà amorosa, il 14% era in attesa di processo, il 6% era infine in libertà vigilata o sottoposto a pene alternative alla carcerazione. Rispetto agli omicidi domestici lo studio Dansys (1992) riportava che in due terzi degli omicidi la vittima e l accusato erano stati precedentemente coinvolti in litigi violenti noti ai conoscenti della vittima, con una percentuale persino più elevata per gli uxoricidi. Lo stesso dato è stato descritto anche in altri studi come quelli di Bailey (1997), di Crawford (1997) e di Campbell (1994). Tutty (1999) ha esaminato gli episodi di violenza domestica con l impiego di armi da fuoco e risultato non letale attraverso interviste qualitative con le vittime ed i soccorritori (agenti di polizia e assistenti sociali). Nella ricerca ha evidenziato violenze domestiche continue e ripetute come fattore di rischio. A carico di più di metà degli aggressori di sesso maschile si sono rilevati precedenti penali per crimini violenti (escluse violenze sulla compagna). Più di metà delle donne sopravvissute valutava giudicava che il partner avesse gravi problemi di abuso di sostanze e circa un terzo degli uomini era stato sottoposto ad accertamenti psichiatrici o terapie. Circa metà degli uomini era descritta sotto l effetto di alcool o droghe nel corso delle azioni violente. Dall analisi della letteratura è quindi possibile evincere che gli eventi vitali stressanti e precedenti condotte violente sono elementi significativi per la valutazione dell idoneità, anche se probabilmente non sempre sono noti al medico o possono essere da lui indagabili Il ruolo di condizioni psicopatologiche Nell opinione pubblica è diffusa la percezione che l abuso di armi da fuoco avvenga per effetto di un improvviso scompenso psichico, il cosiddetto raptus, che in realtà risulta essere un evento difficilmente riconducibile a una precisa entità della nosografia psichiatrica. Il raptus 6

7 non è una definizione clinica, ma un termine generico che spesso può indicare l assenza di conoscenze più specifiche. Un filone di ricerca ha indagato la relazione fra omicidi o suicidi compiuti con armi da fuoco e alcune forme di psicopatologia, fra cui le più rilevanti sono i disturbi di personalità antisociale e narcisistico, il disturbo delirante, la depressione maggiore e l'abuso di sostanze. Un articolo di Casiano (2008) ha indagato il legame fra condizioni psicopatologiche classificate secondo il DSM-IV ed atti aggressivi compiuti mediante armi da fuoco. Tale ricerca costituisce un contributo al problema della definizione dei criteri su cui fondare empiricamente le valutazioni psichiche nei soggetti che richiedono licenze in materia di armi. Nell ultima casistica italiana disponibile, riferita al 2003 (ISTAT, 2005), le malattie psichiche erano registrate come movente in 1652 casi su 3361 suicidi condotti con ogni tipo di metodo (non solo con armi da fuoco). Questo potrebbe significare che la dinamica alla base dei suicidi possa in parte essere ricondotta alla disponibilità di un arma da fuoco e alla contemporanea presenza di patologia mentale. Di fatto però la patologia mentale non è sempre associata al suicidio e le caratteristiche del fenomeno sono incerte per i controversi criteri di raccolta e l attendibilità dei dati di fonte giudiziaria. Nelle ricerche la valutazione del rilievo della malattia psichica come fattore di rischio è inoltre influenzata dall orientamento teorico degli autori e dalla definizione stessa di disagio psichico. Sarebbe opportuno disporre di criteri condivisi per definire le condizioni psicopatologiche di rilascio, che comprendano i diversi aspetti del funzionamento mentale, della personalità e del comportamento, oltre ai contesti relazionali e alle situazioni ambientali in cui l individuo vive, si esprime e realizza o meno le sue potenzialità. La psicopatologia e le relative diagnosi hanno tuttavia un basso grado di consenso anche fra gli specialisti e ciò ha contribuito fino ad ora a limitare lo sviluppo di valutazioni empiricamente fondate. 7

8 Numerosi studi hanno sottolineato il rilievo dell abuso di alcool e di altre sostanze nelle condotte omicidarie e suicidare con armi da fuoco (Crawford, 1997; Sigurdson, 1994; Dansys, 1992; Peruzzi, 2000; Bailey, 1997; Moyer, 1992). Nella letteratura scientifica alcune ricerche evidenziano il ruolo di franche condizioni psicopatologiche come causa dell abuso di armi (Dudley, 1996; Sigurdson, 1994; Peruzzi, 2000), senza però che esistano dati empirici sul ruolo di condizioni diverse dai gravi disturbi di asse I del DSM-IV. 4. Discussione In seguito alla revisione della letteratura si riscontra un assoluta carenza di studi italiani sia, in generale, sul tema del rischio armi, sia, nello specifico, sugli aspetti dell efficacia delle procedure e delle normative. Nel nostro Paese il procedimento di verifica del possesso dei requisiti psicofisici minimi è articolato in due fasi in cui il ruolo del medico è centrale. La prima fase prevede che l interessato che accede al suddetto accertamento debba all uopo presentare un certificato anamnestico rilasciato dal medico di fiducia di cui all art. 25 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, di data non anteriore a tre mesi. La seconda fase prevede che l accertamento dei requisiti psicofisici sia effettuato da un ufficiale sanitario della ASL, o da un ufficiale medico militare oppure da un medico della Polizia di Stato. Il momento della certificazione anamnestica da parte del medico di medicina generale costituisce la prima presa di contatto tra l interessato e le strutture pubbliche preposte a vagliarne i requisiti. Si tratta di una fase particolarmente delicata perché, se l acquisizione della certificazione anamnestica non esaurisce le verifiche, le sue risultanze sono comunque in grado di orientare il corso delle successive valutazioni (Clerici, 2006). Periodicamente sono state discusse proposte di riforma delle normative in materia di armi e dei criteri di valutazione psichica. 8

9 4.1. Le possibilità di valutazione La già ricordata normativa in vigore in Italia stabilisce che l idoneità psichica in materia di armi sia caratterizzata da assenza di disturbi mentali, di personalità o comportamentali e che in particolare non debba riscontrarsi dipendenza da sostanze stupefacenti, psicotrope e da alcool. E stabilito anche che costituisce causa di non idoneità l assunzione anche occasionale di sostanze stupefacenti e l abuso di alcool e/o psicofarmaci. La tendenza a considerare l omicidio o il suicidio con armi da fuoco come sintomo di psicopatologia appare però riduttiva ed è opportuno sottolineare l esigenza di non restringere la lettura di questi fenomeni entro parametri esclusivamente medici o psichiatrici. La maggior parte degli studi considerati indica però che gli episodi di abuso di armi sono il risultato dell interazione fra fattori diversi, non solo psicopatologici, ma anche situazionali ed ambientali (Clerici, 2006). In ogni caso un elemento critico ancora da approfondire riguarda proprio quale approccio psicopatologico sia da utilizzare per la prevenzione del rischio di abusi di armi. Un'efficace valutazione comprende idealmente sia aspetti diagnostici di condizioni psicopatologiche in atto, sia implicitamente una previsione sul rischio di comportamenti autolesivi ed eterolesivi anche a lungo termine. E evidente come un giudizio di tale genere implichi valutazioni ancora più complesse di quelle richieste nella comune attività clinica. Risulta però difficile, sia dal punto di vista teorico sia nell esperienza clinica, pensare che l abuso di armi da fuoco sia associato in modo estrinseco e casuale ad una sindrome clinica. Risulta clinicamente più utile avere ipotesi che cerchino di comprendere e spiegare come un individuo giunga ad abusare di armi da fuoco. Le armi e il loro utilizzo acquistano significati peculiari e soggettivi che si inseriscono nell organizzazione più ampia della personalità e del funzionamento mentale. Queste due dimensioni non emergono dagli studi clinici ed empirici basati su diagnosi nosografiche e invece possono essere centrali per la comprensione del fenomeno. Esse infatti possono offrire 9

10 elementi per comprendere come un individuo abusi di armi. È per esempio possibile valutare gli stili difensivi che caratterizzano la personalità (proiettivi, oppure basati sul controllo, o sul potere, o sul piacere di manipolare, o sul diniego e più in generale che distorcono la realtà) e che pur rimanendo al di sotto delle soglie cut-off per formulare diagnosi nosografiche di disturbi di personalità possono invece essere di interesse clinico rilevante per avere dei criteri di valutazione del rischio. Questi diversi livelli possono incontrarsi efficacemente soltanto se sarà disponibile un costrutto clinico, come ad esempio il WAR (acronimo per Weapons Assessment Risk Rischio di abuso di armi) che stiamo sviluppando nell ambito di una collaborazione attualmente in corso fra studiosi di discipline psichiatriche, psicologiche e criminologiche. Se il rischio di abuso di armi non è riconducibile esclusivamente ad una sindrome (a una malattia definibile in senso nosografico) la sua prevenzione deve comprendere anche dimensioni differenti. Altri aspetti clinicamente rilevanti per questo ambito sono quindi le dimensioni del funzionamento mentale come: l impatto di regole e ideali morali, flessibili, non rigidi o internamente persecutori, nella regolazione del comportamento; le capacità di ragionamento astratto e di pensiero simbolico al servizio dell ambito delle relazioni interpersonali (le cosiddette capacità di mentalizzazione) che permettono di identificarsi e comprendere la mente propria e altrui (intenzioni, affetti, desideri, pensieri ecc.) e che se invece sono deficitari (ed esistono scale per misurare questi deficit) portano un individuo ad una sorta di incapacità ad immaginarsi le conseguenze dei propri atti per gli altri e per se stesso (anche in termini di dolore, gioia, e nei casi più gravi di vita o morte); le capacità di integrare e differenziare mentalmente la fantasia e la realtà, il passato, il presente e il futuro, i desideri e il tempo; la capacità di regolare i propri impulsi; ecc. Sono quindi necessari modelli che studino il modo in cui si organizza il funzionamento di un soggetto in modo tale per cui lo scompenso della sua organizzazione psichica possa coinvolgere l abuso di armi. Sono oggi a disposizione dei clinici strumenti diagnostici come il PDM - 10

11 Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM Task Force, 2006) che invitano a valutare dimensionali come quelle sopra ipotizzate. È in corso anche lo sviluppo di strumenti empirici clinicamente rilevanti, come il QFM-27 (Questionario sul Funzionamento Mentale) per facilitare la diagnosi attraverso questo manuale. Sviluppi futuri nel campo della prevenzione potrebbero riguardare la conoscenza dei legami fra queste variabili e il rischio di abuso. In attesa di un approfondimento di tale costrutto nella realtà è necessario che le valutazioni comprendano una raccolta delle informazioni descrittive e anamnestiche su: funzionamento psichico e presenza di condizioni psicopatologiche; contesto nel quale l individuo vive o si è sviluppato, e delle sue singolari e soggettive percezioni delle situazioni in cui sperimenta un senso di minaccia del suo sé; quindi una approfondita anamnesi; rischio di suicidio; pregressi episodi di violenza verso di sé o altri; preoccupazioni espresse da familiari e amici. Una nostra proposta di riorganizzazione delle attuali procedure di valutazione che tenga conto delle informazioni sopra citate è stata pubblicata proprio nelle ultime settimane (Clerici, 2008) 5. Conclusioni Il tema delle armi suscita sempre atteggiamenti contrastanti e questo non ha probabilmente giovato alla conoscenza scientifica del fenomeno e delle possibilità di prevenzione. In Italia la ricerca è stata ostacolata anche dalla mancanza di dati fondamentali quali il numero di armi legalmente detenute nei diversi anni dai cittadini. Una speranza è che i sistemi informatici in materia di armi, come il progetto «Space», realizzato in Italia grazie a un finanziamento della Comunità Europea, possano offrire finalmente dati anche per una conoscenza scientifica più precisa. E probabile comunque che il problema della valutazione psichica in materia di armi resti rilevante anche nei prossimi anni. 11

12 La scelta politica di limitare o meno la detenzione legale di armi è gravata da incertezze sull efficacia; se è vero che mentre varie ricerche (Kapusta, 2007; Mann, 2005; Brent, 2001) evidenziano una diminuzione di omicidi e suicidi dopo l introduzione di leggi restrittive sulle armi, lo stesso effetto non è stato riscontrato in altri contesti (Dandurand, 1998). Oltre a ciò la crescente richiesta di sicurezza, che motiva molti cittadini a disporre di armi da fuoco, e il gran numero di persone che pratica legittimamente attività sportive e ricreative che prevedono l uso di armi, quali la caccia e il tiro sportivo rendono poco probabili nel nostro paese modifiche della legislazione in senso restrittivo. Migliorare i metodi di prevenzione senza comportare inutili aggravi al Sistema Sanitario Nazionale ed ai cittadini è quindi una priorità. Il Medico di Medicina Generale in particolare è un indispensabile fonte di notizie su passato e presente dei soggetti ed eventuali nuove procedure di valutazione dovranno continuare a prevedere un suo coinvolgimento. Dovrà essere migliorata in ogni caso la formazione del personale sanitario sul problema della prevenzione di condotte violente con armi legali, prevedendo anche strumenti dedicati quali la possibilità di conoscere se un paziente detenga armi e la possibilità di riferire informalmente all autorità di polizia, in presenza di sospetti di turbe psichiche o comportamentali. Un passo ulteriore per ottenere valutazioni sempre più attendibili e valide nell ambito del WAR richiederà di attuare una formazione specifica per chi deve occuparsi di questo problema di grande rilevanza sociale e clinica. Sono già state sottolineate le ragioni dell inadeguatezza di manuali diagnostici psichiatrici esclusivamente fondati su un modello nosografico-descrittivo. La formazione dovrà essere realizzata con percorsi curriculari ad hoc, con l obiettivo di formare competenze cliniche specifiche sulla valutazione del rischio di abuso di armi. Questa valutazione non consiste in un mero processo di inclusione di un soggetto in una classe psichiatrica nota, ma proprio un percorso conoscitivo sulla soggettività della persona, quindi un punto di arrivo, una conoscenza che il clinico deve raggiungere utilizzando degli strumenti 12

13 specifici per il WAR (manuali, ricerche empiriche, test, colloqui ecc.) che non potrà prescindere da una valutazione del "caso", cioè la situazione singolare e irripetibile che il clinico deve affrontare e conoscere. Mentre da un lato ci troviamo di fronte a un costrutto clinico da precisare e cominciare ad applicare più sistematicamente, dall altro è necessario pensare al clinico che si trova di fronte al problema del WAR come uno specialista che ha competenze specifiche in questo settore, che utilizza strumenti protocollari di cui sa però valutare la "rilevanza clinica" caso per caso, nel rispetto della libertà ma anche della sicurezza di tutti. Bibliografia Ajdacic-Gross V., Killias M., Hepp U., Gadola E., Bopp M., Lauber C. et al. (2006), Changing times: a longitudinal analysis of international firearm suicide data. American Journal of Public Health, 96 (10), Bailey J., Kelleremann A., Somes G., Banton J., Rivara F., Rushforth N. (1997), Risk factors for violent death of women in the home. Archives of Internal Medicine, 157 (7), Brent D.A. (2001), Firearms and suicide. Annals of the New York Accademy of Science, 932, Bridges F.S., Kunselman J.C. (2004), Gun availability and use of guns for suicide, homicide, and murder in Canada. Perceptual and Motor Skills, 98(2), Campbell J.C. (1994), Domestic homicide: risk assessment and professional duty to warn. Maryland Medical Journal, 43 (10), Casiano H., Belik S.L., Cox BJ, Waldman J.C., Sareen J. (2008), Mental disorder and threats made by noninstitutionalized people with weapons in the national comorbidity survey replication. The Journal of Nervous and Mental Disease, 196(6),

14 Clerici C.A., Veneroni L., Invernizzi R. (2006), La valutazione dell idoneità psichica e dei fattori di rischio nella detenzione e il porto di armi da fuoco; una revisione della letteratura e osservazioni sull attuale situazione italiana. Psichiatria e Psicoterapia, 25 (3), Clerici C.A., de Micheli A., Veneroni L., Pirro V., Albasi C. (2008), Rischio di abuso di armi da fuoco: rassegna della letteratura e proposte di procedure mediche di prevenzione. Recenti Progressi in Medicina, 99(10), Crawford M., Gartner R., Dawson M (1997). Intimate femicide in Ontario, Ontario Women's Directorate, 2 (3), Dandurand Y. (1998), Firearms, accidental deaths, suicides and violent crime: an updated review of the literature with special referente to the canadian situation. Ottawa: Canadian Firearms Centre, Department of Justice. Dansys Consultants Inc. (1992), Domestic homicides involving the use of firearms. Working document, Research and development directorate. Ottawa: Departement of justice Canada. Dudley M., Cantor C., Moore G. (1996), Jumping the gun: firearms and the mental health of Australians. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 30 (3), Eurispes. L omicidio volontario in Italia. Rapporto Istituto Nazionale di Statistica. (2005), Statistiche giudiziarie penali. Anno Roma: ISTAT Istituto Nazionale di Statistica. (2004), Cause di morte (anno 2002). Roma: ISTAT. Kapusta N.D., Etzersdorfer E., Krall C., Sonnek G. (2007), Firearm legislation reform in the European Union: impact on firearm availability, firearm suicide and homicide rates in Austria. The British Journal of Psychiatry, 191, Killias M. (1993), International correlations between gun ownership and rates of homicide and suicide. Canadian Medical Association Journal, 148(10),

15 Krug E.G., Powell K.E., Dahlberg L.L. (1998), Firearm-related deaths in the United States and 35 other high- and upper-middle-income countries. American Journal of Epidemiology, 27(2), Mann J.J., Apter A., Bertolote J., Beautrais A., Currier D., Haas A., et al. (2005), Suicide prevention strategies: a systematic review. JAMA, 294, Miniño A.M., Arias E., Kochanek K.D., Murphy S.L., Smith B.L. (2002), Deaths: final data for Hyattsville, MD: US Department of Health and Human Services, CDC, National Center for Health Statistics. National vital statistics reports, 50(15), Moyer S., Carrington P.J. (1992), Gun availability and firearms suicide. Prepared for the Department of Justice. PDM Task Force. (2008), Manuale Diagnostico Psicodinamico. Milano: Raffaello Cortina. Peruzzi N. (2000), Eighth factors found critical in assessing suicide risk. Monitor on Psychology, 31, Sigurdson E., Staley D., Matas M., Hildahl K., Squair K. (1994), A five year review of youth suicide in Manitoba. The Canadian Journal of Psychiatry, 39 (8), Tutty L.M. (1999). Domestic violence involving firearms in Alberta: case studies of women and children. Prepared for the Canadian Firearms Centre. 15

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