Ministero della Sanità RC-Mod. 2A

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1 PROGRAMMA 2011 Razionale ed Obiettivi: Caratterizzazione del danno vascolare renale in nuove linee animali per lo stroke. Il danno vascolare renale precede l insorgenza di quello cerebrovascolare nel modello del ratto spontaneamente iperteso e prono allo stroke (SHRsp) durante esposizione ad una dieta ricca di sale e povera di potassio. In particolare, e stato dimostrato che l evento cerebrovascolare e preceduto da una maggiore escrezione di proteine infiammatorie nelle urine, associata ad una maggiore concentrazione delle stesse nel siero. Tale osservazione suggerisce che il danno vascolare e sistemico ed e di tipo infiammatorio. Va sottolineato inoltre che il ceppo SHR-stroke resistant non presenta questo tratto fenotipico. Precedenti studi del nostro gruppo hanno dimostrato che esiste una modulazione genetica del danno renale, cosi come di quello cerebrale, nel modello animale del ratto prono allo stroke. In particolare, una specifica area del cromosoma 1 contiene un determinante genetico per il danno renale, ed e diversa da quella che, nello stesso cromosoma, modula la predisposizione al danno cerebrovascolare. Nel corso degli ultimi anni nel nostro laboratorio sono state prodotte delle nuove linee animali, derivate dal ceppo SHRsp e dal suo stretto controllo SHR-stroke resistant, all interno delle quali e stata isolata un area cromosomica di linkage con lo stroke contenuta nel cromosoma 1 di ratto. Tale area cromosomica contiene un determinante genetico di stroke che contribuisce per il 20% allo sviluppo di accidente cerebrovascolare. Attraverso la caratterizzazione fenotipica di queste nuove linee animali abbiamo gia ottenuto conferma del ruolo contributorio del gene del cromosoma 1 alla predisposizione allo stroke. Infatti, le linee animali contenenti l area in forma malata (stroke-prone) all interno del background opposto (stroke resistente) hanno mostrato una certa incidenza di eventi cerebrovascolari. Al contrario, le linee animali contenenti l area in forma resistente allo stroke all interno del background opposto (stroke-prone) hanno mostrato una significativa resistenza allo sviluppo di stroke. Lo scopo del presente studio e quello di caratterizzare 1) i livelli di escrezione di proteine infiammatorie nelle linee congeniche rispetto a quelle parentali e, pertanto, di ottenere informazioni sulla modulazione genetica di tale fenotipo; 2) caratterizzare il danno renale attraverso analisi istologica. A tale scopo, le sei linee congeniche animali da noi messe a punto e i due ceppi parentali (SHRsp e SHR-stroke resistant) verranno sottoposti ad una dieta favorente lo stroke (ricca di sodio e povera di potassio) a partire dalle sei settimane di vita. Il trattamento dietetico verra proseguito fino alla comparsa dello stroke. Al tempo basale e ogni due settimane i ratti verranno mantenuti in gabbia metabolica per la raccolta delle urine delle 24 hr, e verra inoltre eseguito un prelievo di sangue dalla coda. Il campione di sangue e quello delle urine verranno quindi utilizzati per la

2 caratterizzazione delle proteine infiammatorie con metodica Western e utilizzo di gel elettroretico bidimensionale. I risultati verranno confrontati ai vari tempi sperimentali tra le varie linee animali. Inoltre, al termine dello studio verranno prelevati i reni per l analisi istologica. Referenze. Volpe M, Camargo MJ, Mueller FB. et al. Relation of plasma renin to end organ damage and to protection of K + feeding in stroke-prone hypertensive rats. Hypertension 1990; 16: Gigante B, Rubattu S, Stanzione R. et al. Contribution of genetic factors to renal lesions in the stroke-prone spontaneously hypertensive rat. Hypertension 2003; 42: Rubattu S, Hubner N, Ganten U, Evangelista A, Stanzione R, Di Angelantonio E, Plehm R, Langanki R, Gianazza E, Sironi L, D Amati G, Volpe M. Reciprocal congenic lines for a major stroke QTL on rat chromosome 1. Physiol. Genom. 2006; 27: Malattia aterosclerotica coronarica e carotidea in relazione alle conformazioni alleliche e genotipiche dei geni codificanti i peptidi natriuretici Il fattore natriuretico atriale (ANP) svolge un ruolo importante nel controllo dell equilibrio idroelettrolitico e dell omeostasi pressoria attraverso le sue note funzioni di vasodilatazione, promozione della diuresi e della natriuresi. Inoltre, esso e significativamente coinvolto nei processi di rimodellamento cardiovascolare. Recenti evidenze sperimentali, fisiopatologiche ed epidemiologiche hanno evidenziato un ruolo significativo dell ANP nella predizione di rischio cardiovascolare in soggetti apparentemente sani (popolazione americana di Framingham), nella determinazione di eventi cerebrovascolari, nella modulazione di ipertrofia ventricolare sinistra, e nella maggiore suscettibilita allo sviluppo di ipertensione arteriosa nell uomo. Modelli animali geneticamente manipolati di knock out e di iperespressione del gene ANP supportano le evidenze ottenute nell uomo. In particolare, dalle evidenze epidemiologiche e sperimentali emerge un ruolo etiopatogenetico delle concentrazioni del peptide circolante. Infatti, elevate concentrazioni aumentano il rischio di malattie cardiovascolari quali lo stroke e l infarto del miocardio, mentre basse concentrazioni aumentano il rischio di ipertensione arteriosa e di ipetrofia ventricolare sinistra. Infatti, in un nostro precedente studio una variante del promotore del gene ANP, associata ad una riduzione dei livelli circolanti del peptide, era significativamente associata ad ipertrofia ventricolare sinistra in soggetti con ipertensione arteriosa essenziale. Accanto al ruolo delle concentrazioni circolanti, e stato sottolineato piu di recente anche quello delle alterazioni strutturali del peptide, responsabili a loro volta di alterazioni funzionali. In particolare, in nostri precedenti studi abbiamo ottenuto evidenza che mutazioni strutturali del gene codificante l ANP sono significativamente associate ad un maggior rischio di sviluppare eventi cerebrovascolari sia in un modello animale che nell uomo. In relazione al gene umano, abbiamo caratterizzato due mutazioni codificanti: una localizzata all interno dell esone 1, corrispondente ad

3 una sostituzione aminoacidica Val/Met nel prosegmento del peptide finale; ed una seconda corrispondente ad una mutazione dello stop codon all interno dell esone 3 e responsabile di un allungamento di due aminoacidi del peptide finale. Studi in vitro in cellule endoteliali ci hanno consentito di dimostrare un effetto pro-ossidante della mutazione dell esone 3 con azione antiproliferativa ed antiangiogenetica. Allo stesso modo, il blocco della formazione di radicali liberi dell ossigeno ha ripristinato le normali capacita proliferative ed angiogenetiche delle cellule endoteliali. Sulla base di queste evidenze ci proponiamo di investigare il ruolo delle varianti molecolari del gene ANP (variante del promotore e dell esone 3) e del gene BNP (variante del promotore) nel favorire lo sviluppo di aterosclerosi coronarica e carotidea e quindi gli eventi cardiovascolari correlati (stroke ed infarto del miocardio). A tale scopo, verra presa in considerazione una casistica di pazienti affetti da cardiopatia ischemica (angina o infarto del miocardio con malattia coronarica di uno o piu rami arteriosi). I pazienti verranno selezionati presso la struttura di Cardiologia dell Universita Sapienza di Roma, Ospedale S. Andrea. In tutti i soggetti verra eseguita una accurata caratterizzazione dei parametri fisiologici, clinici e strumentali, e di tutti i fattori di rischio cardiovascolare. Ciascun soggetto verra sottoposto, dopo consenso informato, ad un prelievo di sangue per analisi genetica e dosaggio plasmatico dei livelli di NT-proANP e NT-proBNP con metodica ELISA. La caratterizzazione della presenza/ assenza della variante del promotore e della variante dell esone 3 per il gene ANP e della variante del promotore per il gene BNP verra eseguita con metodica di PCR e successiva digestione con enzima di restrizione. Potremo quindi correlare i livelli di NT-proANP e NT-proBNP con la severita della malattia coronarica e, soprattutto, potremo stabilire il ruolo delle varianti molecolari nel favorire l aterosclerosi coronarica e carotidea, la severita della malattia e l eventuale incidenza di eventi cardiovascolari acuti. Bibliografia 1. Wang TJ, Larson MG, Levy D, Benjamin EJ, Leip EP, Omland T, Wolf PA, Vasan RS. Plasma natriuretic peptide levels and the risk of cardiovascular events and death. N. Engl. J. Med. 2004; 350: Rubattu S., Stanzione R., Di Angelantonio E., Zanda B., Evangelista A., Tarasi D., Gigante B., Pirisi A., Brunetti E., Volpe M. Atrial natriuretic peptide gene polymorphisms and the risk of ischemic stroke in humans. Stroke, 2004; 35: Rubattu S., Bigatti G., Evangelista A., Lanzani C., Stanzione R., Zagato L., Manunta P., Marchitti S., Venturelli V., Bianchi G., Volpe M., Stella P. Association of atrial natriuretic and type-a natriuretic peptide receptor gene polymorphisms with left ventricular mass in human essential hypertension. JACC 2006; 48; Rubattu S, Sciarretta S, Ciavarella GM, Venturelli V, De Paolis P, Tocci G, De Biase L, Ferrucci A, Volpe M. Reduced levels of pro-atrial natriuretic peptide in hypertensive patients with metabolic syndrome and their relationship with LVH. J. Hypertens. 2007; 25:

4 5. Rubattu S, Evangelista A, Barbato D, Barba G, Stanzione R, Iacone R, Volpe M, Strazzullo P. Atrial natriuretic peptide (ANP) gene promoter variant and increased susceptibility to early development of hypertension in humans. J. Human Hypertens., 2007; 21: Rubattu S, Sciarretta S, Valenti V, Stanzione R, Volpe M. Natriuretic peptides: an update on bioactivity, potential therapeutic use and implication in cardiovascular diseases. Am. J. Hypertens. 2008; 21: Rubattu S, Barbato A, Marchitti S, Icone R, Di Castro S, Evangelista A, Stanzione R, Ippolito R, Sciarretta S, Calmieri L, Volpe M, Strazzullo P. Determinants of N-terminal pro atrial natriuretic peptide plasma levels in a survey of adult male population from Southern Italy. J. Hypertens in press. Analisi di geni candidati per lo stroke in un modello animale di stroke. Lo stroke ha un etiopatogenesi multifattoriale. Tra i classici fattori di rischio, l ipertensione arteriosa gioca certamente un ruolo determinante. Tuttavia, nel corso dell ultimo decennio e' stato riconosciuto il ruolo di alcuni determinanti genetici, che possono condizionare la predisposizione individuale allo stroke. La comprensione dei meccanismi di malattia innescati da tali fattori potrebbe aprire nuove strade per sviluppare nuove strategie preventive e terapeutiche mirate a ridurre i rischi ed i costi di questa comune patologia. Il nostro gruppo ha sviluppato negli ultimi anni un progetto di ricerca volto alla identificazione delle basi genetiche dello stroke attraverso lo studio di un modello animale, il ratto spontaneamente iperteso e prono allo stroke (SHRsp). Nel ratto SHRsp, che condivide con l uomo la suscettibilita all ipertensione arteriosa e ad una dieta ricca di sodio e povera di potassio, abbiamo dimostrato in precedenza l esistenza di un area del cromosoma 1 che contiene un gene con effetto contributorio pari al 20% nella predisposizione allo stroke. Allo scopo di isolare il gene responsabile di stroke all interno del cromosoma 1, abbiamo sviluppato delle linee animali congeniche. Esse contengono l area cromosomica di linkage, per esteso oppure in parte, in una configurazione genetica prona allo stroke o resistente allo stroke all interno del background genetico opposto. La successiva caratterizzazione fenotipica ha mostrato che le linee animali contenenti l intera area e la porzione inferiore dell area di linkage in forma stroke-resistente all interno del background stroke-prone possiedono una maggiore resistenza allo stroke. Per converso, le linee congeniche reciproche hanno mostrato un incidenza di stroke del 20% dopo tre mesi di trattamento dietetico, contro lo 0% osservato nel ceppo parentale stroke-resistente a tutti i tempi di dieta. Non sono state rilevate differenze di pressione arteriosa, misurata con metodica non invasiva, tra le varie linee animali, cosi come non sono mai state evidenziate tra i 2 ceppi parentali, durante l esposizione alla dieta stile giapponese. Pertanto, questa analisi supporta ulteriormente il ruolo contributorio allo stroke della componente genetica contenuta all interno dell area del cromosoma 1. Grazie alla recente decodificazione del genoma di ratto disponiamo attualmente di una mappa genica molto piu precisa della nostra area cromosomica ed, in particolare, sappiamo che entro i 10 cm dal picco di LodScore dell area di linkage (corrispondente al marker anonimo D1Mit3) mappano alcune sequenze geniche che codificano per proteine coinvolte in funzioni cellulari che

5 potrebbero essere correlate, quando compromesse, ad un meccanismo di danno vascolare ed al conseguente evento clinico. Con il presente progetto di ricerca ci proponiamo, sulla base delle evidenze di sopra riportate, di caratterizzare alcuni geni che mappano esattamente in corrispondenza del picco di Lod score dell area cromosomica di linkage del cromosoma 1. Cio avverra attraverso una accurata analisi comparativa dei seguenti geni candidati (che mappano entro i 10 cm del picco di LodScore): - Ucp2 (uncoupling protein 2, mitochondrial, proton carrier) - Ndufc2 (NADH dehydrogenase ubiquinone- 1) - Aquaporin 11 - Aquaporin 8 - Cib 1 (calmyrin, calcium and integrin binding 1) - Slco2b1 (solute carrier organic anion transporter family) - Slco3a1 (solute carrier organic anion transporter family) - Stim1 (stromal interaction molecule 1) - Scnn1b (epithelial sodium channel, non voltage-gated 1 beta - Scnn1g (epithelial sodium channel, non voltage-gated 1 gamma Questi geni svolgono importanti funzioni nei processi di trasporto degli elettroliti e dell acqua attraverso la membrana cellulare e nei fenomeni di respirazione cellulare a livello mitocondriale e di produzione di stress ossidativo. Pertanto, nel primo anno della ricerca, ci si propone innanzitutto di eseguire l analisi sequenziale comparativa di queste sequenze. Tale procedura verra eseguita tra il genoma del ceppo prono allo stroke e quello del ceppo resistente. Secondo anno della ricerca. L identificazione di specifiche alterazioni strutturali nel gene/i colpevole/i verra seguita dalla caratterizzazione in vitro della loro possibile rilevanza funzionale attraverso l utilizzo di modelli cellulari cardiovascolari (cellule endoteliali e muscolari lisce della parete vascolare). Verranno inoltre eseguiti studi di caratterizzazione dei livelli di espressione genica e proteica delle sequenze sopra menzionate nel tessuto cerebrale di ratti proni allo stroke e resistenti allo stroke sottoposti a dieta normale o a dieta favorente lo stroke. Successivamente, nel corso del terzo anno (2011) della ricerca, la sequenza umana del gene/i che dimostrera differenze rilevanti nel ceppo di ratto prono allo stroke verra a sua volta analizzata allo scopo di identificare variazioni strutturali (markers genetici), e quindi alleliche, da utilizzare per l analisi della loro possibile rilevanza nelle popolazioni umane disponibili selezionate per stroke presso il nostro centro. Esse includono una popolazione di pazienti affetti da ictus giovanile ed una popolazione di pazienti anziani affetti da stroke ischemico selezionati in Sardegna (territorio che rappresenta un isolato genetico). Pertanto le distribuzioni alleliche e genotipiche dei markers genetici identificati verranno confrontate tra i casi ed i controlli delle suddette popolazioni e l eventuale presenza di associazione con lo stroke verra valutata attraverso l analisi con uno specifico programma statistico (SPSS).

6 Bibliografia -Rubattu S., Gigante B., Stanzione R., De Paolis P., Tarasi D., Volpe M. In the search for stroke genes: a long and winding road. Am. J. Hypertens. 2004; 17: Rubattu S., Volpe M., Kreutz R., Ganten U., Ganten D., Lindpaintner K. Chromosomal mapping of quantitative trait loci contributing to stroke in a rat model of complex human disease. Nature Genetics 1996; 13: Rubattu S., Hubner N., Ganten U., Evangelista A., Stanzione R., Di Angelantonio E., Plehm R., Langanki R., Gianazza E., Sironi L., D Amati G., Volpe M. Reciprocal congenic lines for a major stroke-qtl on rat chromosome 1. Physiol. Genomics 2006; 27: Rubattu S., Lee MA., De Paolis P., Giliberti R., Lombardi A., Gigante B., Volpe M., Lindpaintner K. Altered structure, regulation and function of the gene encoding atrial natriuretic peptide in the stroke-prone spontaneously hypertensive rat. Circ. Res. 1999; 85: De Paolis P., Nobili V., Lombardi A., Tarasi D., Barbato D., Ganten U., Brunetti E., Volpe M., Rubattu S. Role of a molecular variant of the rat atrial natriuretic peptide gene on vascular remodeling. Ann. Clin. Lab. Sci. 2007; 37: Rubattu S., Ridker PM., Meir S., Volpe M., Hennekens CH., Lindpaintner K. The gene encoding atrial natriuretic peptide and the risk of human stroke. Circulation 1999; 100: Rubattu S., Stanzione R., Di Angelantonio E., Zanda B., Evangelista A., Tarasi D., Gigante B., Pirisi A., Brunetti E., Volpe M. Atrial natriuretic peptide gene polymorphisms and risk of ischemic stroke in humans. Stroke 2004; 35: Analisi della regolazione dei meccanismi di ipertrofia ventricolare da parte del fattore natriuretico atriale. Il fattore natriuretico atriale (ANP) e stato a lungo considerato come un marker di ipertrofia ventricolare cardiaca, dato che viene sintetizzato dai miocardiociti ventricolari, oltre che da quelli atriali. In realta, studi piu recenti condotti in modelli sperimentali e nell uomo hanno chiaramente evidenziato un ruolo attivo dell ANP nella modulazione di ipertrofia cardiaca. In particolare, e stato osservato che il knock out del gene ANP nel mouse determina lo sviluppo di una massa cardiaca maggiore e che l iperespressione del gene ANP induce una riduzione della massa cardiaca, indipendentemente dai valori di pressione arteriosa. Gli stessi effetti vengono ottenuti con la soppressione e con l iperespressione, rispettivamente, del gene NPRA, che codifica per il recettore di membrana dell ANP. Nostri studi hanno dimostrato che livelli circolanti ridotti di ANP, siano essi la conseguenza di una mutazione del gene che cade all interno del promotore, o l effetto di fattori metabolici come nella sindrome metabolica, si associano sempre ad un maggior sviluppo di massa cardiaca nella malattia ipertensiva dell uomo. Questo avviene indipendentemente dalla pressione arteriosa e da tutti i parametri antropometrici. Pertanto, l ANP svolge non un ruolo passivo di marker di ipertrofia ventricolare, bensi un ruolo attivo come agente antipertrofico, capace di contrapporsi all azione ipertrofica di altri meccanismi.

7 Infatti, e stata di recente introdotta la definizione di sistema ANP/NPRA come di un sistema amico all interno del cuore. Il meccanismo di azione intracellulare dell ANP e mediato, dopo il suo legame con l NPRA, dalla produzione di cgmp. Quest ultimo puo : 1)stimolare MKP-1, che agendo su c-fos inibisce la crescita cellulare; 2)inibire ERK1/2 e quindi la crescita cellulare; 3)stimolare PKG e la conseguente attivazione della NADPH ossidasi che media i processi di ipertrofia. Primo anno della ricerca. L esatto meccanismo attraverso il quale l ANP media il suo effetto antipertrofico a livello cardiaco non e ancora ben noto. Allo stesso tempo, l effetto delle varianti molecolari di questo peptide sulla modulazione della massa cardiaca non e conosciuto. Pertanto, il nostro programma di ricerca si propone di analizzare la regolazione dei meccanismi che mediano l ipertrofia cardiaca da parte dell ANP in miocardiociti (linea HL-1) in coltura. Tale effetto verra valutato con l ANP normale e con due varianti mutate, corrispondenti ad una mutazione dell esone 1 all interno del LANP (long acting natriuretic peptide) e ad una mutazione dell esone 3 in corrispondenza dello stop codon. A tale scopo, miocardiociti in cultura verranno esposti per hr ad una concentrazione fisiologica di ANP normale (10-11 M) e ad una concentrazione piu elevata (10-6 M). Le due varianti molecolari verranno testate alle stesse dosi. Al termine dell esposizione, i miocardiociti verranno estratti per proteine e si procedera con metodica Western alla determinazione dei livelli di c-fos, MKP-1, ERK1 ed ERK2, NADPH ossidasi. Nel secondo anno della ricerca (2011)ci proponiamo di esplorare su piu larga scala gli effetti sulla modulazione dell espressione genica in miocardiociti esposti a concentrazioni normali o elevate di ANP normale e mutato. A tale scopo, i miocardiociti verranno, al termine dell esposizione ad ANP, estratti per RNA, quindi convertito a crna ed ibridato con cdna di macroarray (Gene-array) predisposti all analisi di sequenze coinvolte nei processi di proliferazione, apoptosi ed angiogenesi. Bibliografia -John SW, Krege JH, Oliver PM et al. Genetic decreases in atrial natriuretic peptide and salt sensitive hypertension. Science 1995; 267: Steinhelper ME, Cochrane KL, Field LJ. Hypotension in transgenic mice expressing atrial natriuretic factor fusion genes. Hypertension 1990; 16: Rubattu S, Bigatti G, Evangelista A et al. Association of atrial natriuretic peptide and type-a natriuretic peptide receptor gene polymorphisms with left ventricular mass in human essential hypertension. JACC 2006; 48: Rubattu S, Sciarretta S, Ciavarella GM. et al. -Reduced levels of NT-proatrial natriuretic peptide in hypertensive patients with metabolic syndrome and their relationship with LVM. J. Hypertens in press. -Molkentin JD. A friend within the heart: natriuretic peptide receptor signaling.

8 J. Clin. Invest. 2003; 111: Valutazione dell efficacia di Aliskiren, inibitore della renina, in pazienti con diabete mellito di tipo 2. Il sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone (RAAS) è iperattivato in numerose condizioni patologiche che colpiscono l apparato cardiovascolare. Per questo motivo, il RAAS costituisce il bersaglio farmacologico contro cui sono state sviluppate diverse classi di farmaci oggi molto usati per contrastare le patologie cardiovascolari: ACE-inibitori (che riducono la foprmazione di angiotensina), sartani (diretti contro il recettore AT1 dell angiotensina), ed antagonisti dell aldosterone. Fino a poco tempo fa, non esistevano in commercio farmaci diretti contro la renina, l ormone che inizia l intero meccanismo del RAAS, inducendo la formazione dei peptidi angiotensinici. Sviluppato negli ultimi anni, Aliskiren è il primo inibitore diretto della renina a raggiungere il mercato. In studi clinici condotti su un totale di più di pazienti, la somministrazione di Aliskiren ha indotto una sostanziale diminuzione della pressione arteriosa, con una tollerabilità simile al placebo. Inoltre, Aliskiren si è dimostrato sicuro e ben tollerato in pazienti con diabete mellito di tipo 2. Aliskiren, agendo sulla renina, ha anche un effetto renoprotettivo, come dimostrato in diversi modelli animali e in studi condotti nell uomo. L inibizione del RAAS ha mostrato di rallentare la progressione della malattia renale nei pazienti diabetici, e si può supporre che una più completa inibizione del RAAS, partendo dalla renina, possa produrre ulteriori miglioramenti. Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta un problema per la salute pubblica e gli effetti a lungo termine delle sue complicanze sono allarmanti. Il diabete colpisce oltre 180 milioni di persone al mondo, di cui l 80-95% soffre di diabete di tipo 2. I pazienti affetti da questa patologia presentano un rischio elevato di sviluppare complicanze cardiovascolari e renali. Diversi studi epidemiologici, studi clinici ed analisi retrospettive su larga scala hanno mostrato il coinvolgimento di diversi fattori in questo aumento di rischio associato al diabete. Tra questi, l ipertensione arteriosa, il fumo, l obesità e la proteinuria rappresentano i fattori modificabili più importanti. Il blocco del RAAS porta ad una riduzione del rischio aggiuntiva rispetto alla terapia antiipertensiva convenzionale in riferimento alla protezione renale e cardiovascolare in pazienti con diabete mellito di tipo 2. Tale riduzione del rischio è ulteriormente aumentata con l associazione di più farmaci bloccanti il RAAS, e quindi con un blocco più completo di questo sistema. I farmaci bloccanti il RAAS hanno mostrato di rallentare la velocità di progressione della nefropatia in pazienti con diabete mellito di tipo 2, nefropatia diabetica e storia di ipertensione arteriosa. Tuttavia, hanno mostrato limiti nel ridurre la morbilità e la mortalità cardiovascolare in questa popolazione di pazienti. Inoltre, non vi sono al momento evidenze che indichino un effetto favorevole dei farmaci che bloccano il RAAS in pazienti con nefropatia diabetica caratterizzata da una bassa velocità di filtrazione glomerulare (GFR). Pertanto, è stato disegnato uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco allo scopo di stabilire l efficacia di Aliskiren, aggiunto alla terapia convenzionale, in questi pazienti

9 (ALTITUDE). In questo studio saranno arruolati circa 8600 pazienti affetti da diabete mellito, con alterazioni renali valutate come macroalbuminuria persistente e/o elevata GFR. In particolare, la nostra Unità si prefigge di arruolare circa 35 pazienti. I pazienti, già in trattamento con altri farmaci bloccanti il RAAS, saranno divisi in due bracci sperimentali, nei quali sarà aggiunto Aliskiren o placebo. L efficacia del farmaco sarà valutata su obiettivi clinicamente rilevanti, quali il decesso cardiovascolare, la morte improvvisa, l infarto miocardico non fatale,l ictus non fatale, il ricovero per insufficienza cardiaca e l esordio di malattia renale all ultimo stadio o morte renale. Inoltre, saranno valutati alcuni obiettivi secondari, come la creatininemia, la rivascolarizzazione arteriosa, la fibrillazione atriale, la variazione dell albuminuria e del GFR, ed alcuni indicatori biologici di rischio. Sviluppo di una nuova metodologia per verificare gli effetti clinici di terapie antiaterosclerotiche. L aterosclerosi costituisce uno dei principali fattori di rischio per eventi cardio- e cerebro-vascolari maggiori. In particolare, le arterie carotidee costituiscono una sede preferenziale per la formazione di placche aterosclerotiche, data la loro conformazione anatomica, con biforcazioni in cui è facile rilevare alterazioni del flusso ematico. Inoltre, data la posizione delle arterie carotidee e la loro importanza per il flusso cerebrale, l aterosclerosi carotidea costituisce un particolare fattore di rischio per le patologie cerebrovascolari. Pertanto, numerosi studi sottolineano il vantaggio clinico del trattamento con farmaci antiaterosclerotici per la prevenzione di eventi clinicamente rilevanti. Studi clinici che abbiano come obiettivo primario la prevenzione degli eventi cardiovascolari richiedono un numero elevato di pazienti da analizzare, ed un tempo di follow-up prolungato perchè si verifichino un numero di eventi statisticamente analizzabile. Per questo motivo, numerosi studi clinici condotti per verificare l efficacia di terapie antiaterosclerotiche utilizzano obiettivi che corrispondono semplicemente a marcatori della patologia. In questo senso, il marcatore più utilizzato in questi studi clinici è costituito dai livelli ematici di lipidi come il colesterolo, sia totale che LDL ed HDL, ed i trigliceridi. Questi obiettivi rappresentano però marcatori parziali, non sempre strettamente correlati con la progressione della patologia aterosclerotica. Studi preclinici hanno dimostrato che una maggiore rilevanza per prevedere la probabilità di un evento cardio- e cerebro-vascolare è dato da marcatori biologici presenti sulla placca aterosclerotica. L effetto di farmaci antiaterosclerotici su questi marcatori presenti sulla placca non è mai stato analizzato. L obiettivo di questo studio è costituito dallo sviluppo di una nuova metodologia per verificare gli effetti clinici di una terapia antiaterosclerotica, basata sull analisi di marcatori bioumorali direttamente sulla placca aterosclerotica nelle arterie carotidee, che possano essere ottimi predittori di futuri eevnti cardio- e cerebro-vascolari. Lo sviluppo di questa metodica potrà costituire un notevole avanzamento nell analisi della probabilità di successo clinico di nuovi trattamenti diretti a contrastare l evoluzione dell aterosclerosi. Questa metodologia potrà anche facilitare lo sviluppo di terapie antiinfiammatorie in grado di modificare profondamente la placca aterosclerotica pur senza alterare il profilo lipidico in maniera misurabile. Questa metodologia sarà considerata adeguata allo

10 scopo se riuscirà a rilevare una differenza in marcatori bioumorali presenti sulla placca aterosclerotica carotidea in seguito al trattamento con due terapie di cui è nota l efficacia clinica, come l atorvastatina, un farmaco ipocolesterolemizzante, e la niacina, una vitamina efficace nel modificare positivamente il profilo lipidico, in pazienti sottoposti ad endarterectomia carotidea. Dato il rischio cardiovascolare presente in questi pazienti, l effetto di questi trattamenti non sarà paragonato a quello del placebo, ma di un farmaco che costituisce lo standard nella terapia di questa categoria di pazienti, ovvero l atorvastatina a basso dosaggio. I biomarcatori rilevanti per prevedere eventi cardiovascolari clinici includono la presenza e l attivazione di macrofagi nella placca, il numero di cellule muscolari lisce ed il contenuto lipidico della placca. Infatti, la rilevanza biologica e clinica di questi biomarcatori è stata ampiamente dimostrata in numerosi modelli preclinici. Questo è uno studio multicentrico randomizzato a gruppi paralleli ed a doppio cieco. I pazienti da reclutare saranno affetti da aterosclerosi carotidea e che saranno sottoposti ad endarterectomia carotidea unilaterale non urgente. Lo studio non modificherà la data prevista per l operazione chirurgica, ma si adatterà ad essa. Infatti, il trattamento inizierà da 4 a 12 settimane prima dell operazione, con una compressa al giorno del farmaco in studio da prendersi la sera, e l ultima dose sarà assunta la sera prima dell operazione. L intera placca ottenuta all endarterectomia sarà posta in un mezzo di trasporto ed inviata al laboratorio, che eseguirà le analisi sui marcatori bioumorali previste. E previsto che lo studio sarà condotto da un totale di 80 pazienti. Essi saranno divisi in pazienti con stenosi carotidea sintomatica, ovvero associata con la presenza di sintomi neurologici quali un attacco ischemico transitorio, un ictus ischemico o un occlusione transitoria dell arteria retinica, e pazienti con stenosi carotidea asintomatica. Valuteremo quindi l effetto della terapia sui marcatori bioumorali presenti nella placca aterosclerotica. Valutazione dell efficacia di Aliskiren, inibitore della renina, in pazienti con insufficienza cardiaca. Il sistema Renina-Angiotensina-Aldosterone (RAAS) è iperattivato in numerose condizioni patologiche che colpiscono l apparato cardiovascolare. Per questo motivo, il RAAS costituisce il bersaglio farmacologico contro cui sono state sviluppate diverse classi di farmaci oggi molto usati per contrastare le patologie cardiovascolari: ACE-inibitori (che riducono la foprmazione di angiotensina), sartani (diretti contro il recettore AT1 dell angiotensina), ed antagonisti dell aldosterone. Fino a poco tempo fa, non esistevano in commercio farmaci diretti contro la renina, l ormone che inizia l intero meccanismo del RAAS, inducendo la formazione dei peptidi angiotensinici. Sviluppato negli ultimi anni, Aliskiren è il primo inibitore diretto della renina a raggiungere il mercato. Aliskiren è stato testato in diversi studi clinici in pazienti con ipertensione arteriosa e patologie correlate, come il diabete mellito. In questi studi, Aliskiren ha dimostrato una buona efficacia ed una buona tollerabilità. Nessuno studio è stato finora condotto per valutare l efficacia di Aliskiren nel ridurre mortalità e morbidità causati dalla patologia cardiovascolare associata alla maggiore

11 mortalità, l insufficienza cardiaca. Infatti, solo due studi finora hanno valutato Aliskiren in pazienti con insufficienza cardiaca, ed entrambi questi studi hanno considerato solo end-point secondari. Uno studio aperto di fase II (1) ha valutato l attivazione neuro-ormonale in risposta ad Aliskiren, paragonato ad un ACE-inibitore, il ramipril. Questo studio ha dimostrato che Aliskiren riduce maggiormenete l attività plasmatica della renina, con effetti simili su altri ormoni ed un incidenza simile di eventi avversi. Successivamente, uno studio multicentrico in doppio cieco ha valutato solo la tollerabilità di Aliskiren usato come terapia coadiuvante in pazienti con insufficienza cardiaca (2). Pur non essendo il suo scopo, questo studio ha dimostrato l efficacia di Aliskiren su diversi marcatori patologici. Pertanto, è stato disegnato un nuovo studio multicentrico randomizzato in doppio cieco allo scopo di stabilire se Aliskiren, usato in monoterapia o come terapia di combinazione, permetta una protezione superiore rispetto ad un trattamento standard contro la mortalità e la morbidità cardiovascolare associata all insuffiicenza cardiaca: l ATMOSPHERE. I soggetti in studio saranno pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica (classi NIHA II-IV) con frazione di eiezione al di sotto del 35%, e quindi con alto rischio cardiovascolare. Come farmaco di confronto è stato scelto l enalapril, considerato il miglior ACE-inibitore nel trattamento dell insufficienza cardiaca. Saranno arruolati circa 7000 pazienti, ed il trattamento sarà somministrato per 2 anni. L end-point primario dello studio consiste nella mortalità cardiovascolare e nell ospedalizzazione per insufficienza cardiaca. Bibliografia 1. Seed A et al. Neurohumoral effects of the new orally active renin inhibitor, aliskiren, in chronic heart failure. Eur J Heart Fail 2007; 9: Mc Murray JJV et al. Effects of the oral direct renin inhibitor aliskiren in patients with symptomatic heart failure. Circulation: Heart Failure 2008; 1:17. Terapia genica con melusina Lo scompenso cardiaco rappresenta un problema clinico solo in parte mitigato dalla terapia farmacologica attuale. Al contrario delle patologie coronariche, in cui si osserva una mortalità sempre minore, i decessi per scompenso cardiaco sono più che raddoppiati nell ultimo ventennio. Il principale problema della terapia farmacologica attuale dello scompenso cardiaco è che essa è basata su farmaci che riducono il sovraccarico cui è soggetto il cuore scompensato, mentre non esistono farmaci che combattano il deterioramento del muscolo cardiaco che è alla base dello scompenso attraverso la modulazione di definite vie di segnalazione molecolari che guidano la progressione della malattia. L evoluzione verso lo scompenso cardiaco è accompagnato da diverse modificazioni strutturali e funzionali. Dal punto di vista strutturale, patologie quali l ipertensione arteriosa o l infarto del miocardio determinano un iniziale rimodellamento ipertrofico adattativo che consente al cuore di adattarsi alle mutate condizioni emodinamiche. Tuttavia, il perdurare delle condizioni patologiche

12 causa ulteriori modificazioni fisiopatologiche che portano ad apoptosi del cardiomiocita, aumentata fibrosi e dilatazione della camera ventricolare. Allo stesso modo, dal punto di vista funzionale, la contrattilità cardiaca è conservata nelle prime fasi del rimodellamento, ma decade decisamente nel periodo successivo, con l instaurarsi della condizione di insufficienza cardiaca. Una strategia terapeutica innovativa nei confronti dello scompenso cardiaco potrebbe consistere nell iperesprimere nei cardiomiociti proteine di segnalazione intracellulare che mediano segnali protettivi che favoriscono l ipertrofia adattativa e contrastino la transizione verso l insufficienza. I meccanismi molecolari che condizionano le diverse componenti del processo di evoluzione verso lo scompenso cardiaco sono oggetto negli ultimi anni di studi estensivi, condotti soprattutto in topi modificati geneticamente, che hanno permesso di riconoscere numerose molecole coinvolte nella funzione cardiaca e nel rimodellamento ipertrofico. Una tra le principali molecole di segnalazione protettive è melusina. Melusina è una nuova proteina selettivamente espressa nel muscolo scheletrico e cardiaco (Brancaccio, 1999) coinvolta nella traduzione dello stress biomeccanico subito dal miocardio in condizioni di sovraccarico pressorio in segnalazione intracellulare che condiziona il rimodellamento ipertrofico in senso adattativo (Brancaccio, 2003; De Acetis, 2006). Infatti, melusina viene overespressa in condizioni di sovraccarico pressorio cronico. In tali condizioni, topi in cui melusina è stata ablata presentano una dilatazione precoce del ventricolo sinistro, senza comparsa dell iniziale ipertrofia di tipo concentrico; mentre topi in cui melusina è stata iperespressa specificatamente nel miocardio sono protetti dalla dilatazione successiva all ipertrofia iniziale anche dopo un lungo periodo di sovraccarico pressorio. La strategia terapeutica da noi proposta sarà attuata attraverso un approccio genico. In particolare, si useranno vettori virali adenoassociati (AAV). Più precisamente, saranno utilizzati gli AAV di serotipo 9, che in esperimenti da noi condotti negli anni passati si sono dimostrati miocardiospecifici. In questo modo, si può ottenere una discreeta iperspressione di melusina nel muscolo cardiaco, dove la sua azione si prospetta benefica. In questo secondo anno di ricerca, analizzeremo in modelli animali di patologia miocardica, ed in particolare di insufficienza cardiaca, le conseguenze dell iperespressione di melusina tramite approccio genico. Bibliografia 1. Brancaccio M, Guazzone S, Menini N, Sibona E, Hirsch E, De Andrea M, Rocchi M, Altruda F, Tarone G, Silengo L Melusin is a new muscle-specific interactor for beta(1) integrin cytoplasmic domain. J Biol Chem. 274: Brancaccio M, Fratta L, Notte A, Hirsch E, Poulet R, Guazzone S, De Acetis M, Vecchione C, Marino G, Altruda F, Silengo L, Tarone G, Lembo G Melusin, a muscle-specific integrin beta1-interacting protein, is required to prevent cardiac failure in response to chronic pressure overload. Nat Med 9(1): De Acetis M, Notte A, Accornero F, Selvetella G, Brancaccio M, Vecchione C, Sbroggio M, Collino F, Pacchioni B, Lanfranchi G, Aretini A, Ferretti R, Maffei A, Altruda F, Silengo L, Tarone G, Lembo G Cardiac Overexpression of Melusin Protects From Dilated Cardiomyopathy Due to Long-Standing Pressure Overload. Circ Res 96:

13 Studio di polimorfismi di desmogleina2 nella displasia aritmogena del ventricolo destro. La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è la causa principale di morte improvvisa negli atleti, la cui frequenza è stimata intorno a 1/ Essa è una patologia primaria cardiaca caratterizzata da morte dei cardiomiociti per necrosi o apoptosi, con conseguente rimpiazzamento di tessuto adiposo e fibroso. Questo processo riguarda principalmente il ventricolo destro e può avere una distribuzione focale o diffusa, con progressiva dilatazione della camera e ispessimento del setto. Studi di linkage hanno dimostrato che la displasia ventricolare destra aritmogenica è una patologia genetica, e al momento sono stati individuati sei geni coinvolti nella patologia: quattro di questi codificano le maggiori proteine del desmosoma, fatto che indica che la displasia ventricolare aritmogenica destra possa essere una patologia dell adesione cellulare (1). In particolare, nove mutazioni del gene che codifica per la proteina desmosomiale desmogleina2 sono state riscontrate in pazienti affetti dalla patologia (2). Tuttavia, a differenza di altri geni coinvolti nella displasia aritmogena del ventricolo destro, non è stato possibile effettuare studi in modelli animali che potessero inequivocabilmente legare queste anomalie genetiche alla patologia. Infatti, non esistono topi con ablazione genica per desmogleina2, perché la perdita di questa proteina produce letalità embrionale (3). L Università di Padova ha sviluppato diversi modelli murini che iperesprimono la desmogelina2 con mutazioni corrispondenti a quelle osservate nei pazienti con displasia aritmogena del ventricolo destro. Scopo di questo progetto di ricerca è di verificare se la sola presenza di una proteina Desmogleina2 mutata è in grado di indurre il fenotipo di cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro. Pertanto, i topi recanti le singole mutazioni saranno analizzati per quanto riguarda la funzione e la struttura cardiaca, tramite analisi elettrocardiografiche, ecocardiografiche ed istologiche. I topi con mutazioni in grado di indurre il fenotipo patologico saranno ulteriormente studiati per identificare i meccanismi molecolari alla base delle anomalie strutturali e funzionali. 1. Fatkin D, Graham RM. Molecular mechanisms of inherited cardiomyopathies. Physiol. Rev. 2002; 82: Pilichou K, Nava A, Basso C, Beffagna G, Bauce B, Lorenzon A, Frigo G, Vettori A, Valente M, Towbin J, Thiene G, Danieli GA, Rampazzo A.. Mutations in Desmoglein-2 gene are associated to arrhythmogenic right ventricular cardiomyopathy. Circulation 2006;113: Eshkind L, Tian Q, Schmidt A, Franke WW, Windoffer R, Leube RE. Loss of desmoglein 2 suggests essential functions for early embryonic development and proliferation of embryonal stem cells. Eur J Cell Biol. 2002;81: Ruolo della neuro-infiammazione nell associazione tra ipertensione arteriosa e morbo di Alzheimer L ipertensione arteriosa, una delle più comuni condizioni morbose nei paesi industrializzati, è non solo un fattore di rischio importantissimo per eventi cerebrovascolari maggiori, come l ictus o l emorragia cerebrale; essa è anche associata a forme di demenza quali la demenza vascolare ed il

14 morbo di Alzheimer. Infatti, nonostante il morbo di Alzheimer sia stato considerato per molti anni di origine non-vascolare, un crescente numero di studi epidemiologici hanno mostrato che pazienti con ipertensione arteriosa hanno un rischio aumentato di sviluppare la malattia (1). L infiammazione a livello cerebrale (neuro-infiammazione) potrebbe costituire il legame tra l ipertensione arteriosa ed il morbo di Alzheimer. Infatti, le modifiche nell emodinamica cerebrale indotte dall ipertensione arteriosa possono essere avvertite dalla barriera emato-encefalica, che è in grado di promuovere il reclutamento e l attivazione della microglia, i macrofagi residenti nel cervello. La risposta neuro infiammatoria può poi condurre a danno cerebrale, come dimostrato da numerosi studi (2). Per esplorare la possibile relazione causale tra ipertensione arteriosa, infiammazione e morbo di Alzheimer, utilizzeremo un modello di ipertensione arteriosa ottenuta tramite la coartazione dell arco aortico (TAC). Abbiamo dimostrato che in questo modello si osserva una notevole deposizione di beta-amiloide, tipica caratteristica del morbo di Alzheimer (3). Per questo progetto, analizzeremo per prima cosa se l ipertensione arteriosa induce anche deterioramento della funzione cognitiva, la caratteristica più importante del morbo di Alzheimer. In particolare, valuteremo le capacità di apprendimento e di memoria sottomettendo i topi a test neurologici complessi quali il labirinto d acqua. Allo stesso tempo, valuteremo meglio le modifiche emodinamiche e metaboliche indotte dall ipertensione arteriosa a livello cerebrale. In particolare, valuteremo il flusso ematico attraverso esame ecodoppler ed analizzeremo l espressione dei trasportatori di glucosio GLUT-1 e GLUT-3 e dell indice di per ossidazione lipidica F2-isoprostano. Successivamente, investigheremo l induzione di neuro-infiammazione in seguito allo stimolo ipertensivo. In particolare, analizzando l attivazione della microglia ed il profilo di espressione di tipici geni pro infiammatori ed antiinfiammatori. Infine, esploreremo se la modulazione dei processi neuro-infiammatori può influire sullo sviluppo del morbo di Alzheimer. In particolare, l infiammazione sarà indotta tramite somministrazione della tossina batterica LPS nei topi con ipertensione cerebrale, e valuteremo come questo modifichi la deposizione di beta-amiloide e la funzione cognitiva. 1. Iadecola C, Davisson RL. Hypertension and cerebrovascular dysfunction. Cell Metab Jun; 7(6): Wyss-Coray T. Inflammation in Alzheimer disease: driving force, bystander or beneficial response? Nat Med Sep;12(9): Gentile MT, Poulet R, Di Pardo A, Cifelli G, Maffei A, Vecchione C, Passarelli, Landolfi A, Carullo P, Lembo G. Beta-amyloid deposition in brain is enhanced in mouse models of arterial hypertension. Neurobiol Aging Feb;30(2): Effetti sulla pressione arteriosa di inibitori farmacologici di PI3Kgamma Le fosfoinositidi 3-chinasi (PI3K) sono una famiglia di enzimi che partecipano alla segnalazione intracellulare attraverso diversi meccanismi (1), il principale dei quali consiste nella fosforilazione

15 di un lipide di membrana, PIP3, che agisce come secondo messaggero verso diversi bersagli molecolari. Abbiamo recentemente dimostrato che topi con ablazione genica per l enzima fosfoinositide 3-chinasi gamma (PI3Kgamma -/- ) sono protetti contro l ipertensione arteriosa indotta dalla somministrazione cronica di Angiotensina II (2). Abbiamo osservato che PI3Kgamma esplica la sua azione attraverso la modulazione di almeno due meccanismi importanti per il tono vascolare: lo stress ossidativo (mediato da Rac1 e NADPH ossidasi) ed il rilascio di calcio (mediato da Akt e canali del calcio di tipo L). Questi dati suggeriscono che l inibizione farmacologica di PI3Kgamma potrebbe essere sfruttata per migliorare l armamentario terapeutico contro l ipertensione arteriosa. L attuazione di una simile strategia terapeutica è facilitata dalla presenza di inibitori farmacologici di PI3Kgamma già sintetizzati. Infatti, questo enzima è stato considerato un bersaglio per combattere alcune malattie infiammatorie, e pertanto inibitori sono stati sviluppati dall industria farmaceutica e testati contro queste patologie (3). A questo proposito, la possibilità di ottenere una duplice azione antiinfiammatoria ed antiipertensiva con lo stesso farmaco è da considerarsi di massima importanza, dato che la terapia con i classici farmaci antiinfiammatori non steroidea può interferire con diversi farmaci antiipertensivi, mentre gli antiinfiammatori più recenti, i Coxib, possono causare effetti collaterali a livello cardiovascolare. Pertanto, scopo di questo progetto è valutare se inibitori farmacologici di PI3Kgamma sono in grado di ridurre i livelli di pressione arteriosa. Per questo, si utilizzerà un inibitore disponibile commercialmente (AS605240) e si valuterà la sua efficacia antiipertensiva in diversi modelli animali, ovvero sia in topi che in ratti. Inoltre, per valutare se il suo effetto sia dovuto al blocco dell attività di PI3Kgamma e non ad eventuali azioni su altri bersagli molecolari, l effetto antiipertensivo di questo farmaco sarà valutato anche in topi PI3Kgamma -/-. Inoltre, per verificare se l effetto antiipertensivo è dovuto ad un azione vascolare e/o cardiaca, la gittata cardiaca e le resistenze periferiche saranno valutate. In base al risultato di quest ultimo esperimento, si condurranno studi sugli organi interessati dall azione farmacologica per cercare di determinare i meccanismi d azione. Infine, per verificare che questa azione farmacologica non sia circoscritta ad un singolo farmaco o ad una singola classe farmacologica, un nuovo inibitore farmacologico di PI3Kgamma sarà sintetizzato in collaborazione con l Università di Napoli. Gli studi sopra descritti saranno ripetuti con quest altro farmaco. 1. Patrucco E, Notte A, Barberis L, Selvetella G, Maffei A, Brancaccio M, Marengo S, Russo G, Azzolino O, Rybalkin SD, Silengo L, Altruda F, Wetzker R, Wymann MP, Lembo G, Hirsch E. PI3Kgamma modulates the cardiac response to chronic pressure overload by distinct kinasedependent and -independent effects. Cell Aug 6;118(3): Vecchione C, Patrucco E, Marino G, Barberis L, Poulet R, Aretini A, Maffei A, Gentile MT, Storto M, Azzolino O, Brancaccio M, Colussi GL, Bettarini U, Altruda F, Silengo L, Tarone G, Wymann MP, Hirsch E, Lembo G. Protection from angiotensin II-mediated vasculotoxic and hypertensive response in mice lacking PI3Kgamma. J Exp Med Apr 18;201(8): Barber DF, Bartolome A, Hernandez C, Flores JM, Redondo C, Fernandez-Arias C, Camps M, Ruckle T, Schwarz MK, Rodriguez S, Martinez AC, Balomenos D, Rommel C, Carrera AC.

16 PI3Kgamma inhibition blocks glomerulonephritis and extends lifespan in a mouse model of systemic lupus. Nat Med. 2005;11: Attività di PI3Kgamma nello scompenso cardiaco: interazione con il camp. Nel cuore, la stimolazione dei recettori beta-adrenergici (b-ar) da parte delle catecolamine stimola due vie di segnalazione, coinvolgenti i secondi messaggeri intracellulari AMP ciclico (camp) e fosfatidil-inositol(3,4,5)-trifosfato (PIP3). Il camp è generato dall adenilil ciclasi, e porta all attivazione della protein chinasi A (PKA), che a sua volta controlla la contrattilità miocardica (1). Il PIP3 è generato dalle fasfatidil-inositol-3-chinasi (PI3K), le cui isoforme più importanti a livello cardiaco sono la beta e la gamma (2). I segnali che procedono attraverso PKA e PI3Kgamma nel cuore sono strettamente accoppiati, con la presenza di siti intracellulari che consentono l interazione tra gli enzimi che rispondono a queste vie di segnalazione. Per esempio, PI3Kgamma collabora con beta-ark1 per ridurre la segnalazione da camp attraverso una maggiore desensitizzazione e down regolazione dei recettori b-ar. Questo meccanismo contribuisce alla diminuzione patologica della densità e della funzionalità dei recettori b-ar durante la storia naturale dello scompenso cardiaco. PI3Kgamma attenua la via di segnalazione del camp nel cuore anche attraverso l attivazione delle fosfodiesterasi (PDE) 3B e 4, che idrolizzano il camp a 5 -AMP (3). Abbiamo dimostrato che la regolazione di ella PDE3B da parte di PI3Kgamma è operata all interno di un complesso macromolecolare che include sia la subunità catalizzatrice (p110gamma) sia la subunità regolatrice (p84/87) di PI3Kgamma (3). E importante notare come l interazione funzionale tra p110gamma e PDE3B non coinvolge l attività chinasica di questa subunità, che agisce invece come scaffold per PDE3B. Conseguentemente, topi geneticamente modificati che mancano di p110gamma mostrano ridotta attività miocardica di PDE3B ed aumentati livelli di camp, mentre la funzione di PDE3B ed i livelli di camp risultano normali in topi che esprimono una p110gamma mutata che perde la sua attività chinasica. Quando sottoposti a sovraccarico pressorio cronico, i topi senza PI3Kgamma, ma non quelli con perdita della sola attività chinasica dell enzima, i livelli di camp crescono incontrollati fino a provocare cardiomiopatia e scompenso cardiaco (3,4). Quindi, PI3Kgamma connette le vie di segnalazione di camp e PIP3 nei cardiomiociti. Tuttavia, i meccanismi molecolari alla base di questa connessione rimangono poco chiari. Scopo di questo progetto è di approfondire tali meccanismi molecolari grazie ad una maggiore caratterizzazione dell interazione tra PI3Kgamma e PDE3B, e delle conseguenze molecolari e fisiopatologiche di tale interazione. 1. Chu G, Lester JW, Young KB, Luo W, Zhai J, Kranias EG. (2000). A single site (Ser16) phosphorylation in phospholamban is sufficient in mediating its maximal cardiac responses to beta -agonists. The Journal of biological chemistry 275, Guillermet-Guibert J, Bjorklof K, Salpekar A, Gonella C, Ramadani F, Bilancio A, Meek S, Smith AJ, Okkenhaug K, Vanhaesebroeck B. (2008). The p110beta isoform of phosphoinositide

17 3-kinase signals downstream of G protein-coupled receptors and is functionally redundant with p110gamma. Proc Natl Acad Sci U S A 105, Patrucco E, Notte A, Barberis L, Selvetella G, Maffei A, Brancaccio M, Marengo S, Russo G, Azzolino O, Rybalkin SD, Silengo L, Altruda F, Wetzker R, Wymann MP, Lembo G, Hirsch E. (2004). PI3Kgamma modulates the cardiac response to chronic pressure overload by distinct kinase-dependent and -independent effects. Cell 118, Crackower MA, Oudit GY, Kozieradzki I, Sarao R, Sun H, Sasaki T, Hirsch E, Suzuki A, Shioi T, Irie-Sasaki J, Sah R, Cheng HY, Rybin VO, Lembo G, Fratta L, Oliveira-dos-Santos AJ, Benovic JL, Kahn CR, Izumo S, Steinberg SF, Wymann MP, Backx PH, Penninger JM. (2002). Regulation of myocardial contractility and cell size by distinct PI3K-PTEN signaling pathways. Cell 110, Caratterizzazione istochimica della dissecazione aortica nell uomo. La dissecazione aortica è una grave condizione clinica in cui avviene una separazione degli strati della parete vascolare aortica, così che la tonaca intima e gli strati interni della media sono separati dagli strati esterni della media e dall avventizia in modo da creare un falso lume. La dissecazione aortica rappresenta la condizione di emergenza acuta dell aorta più comune, ed è associata ad elevata mortalità (1). La prognosi è determinata da vari parametri, quali il tipo e le dimensioni della dissecazione, il tempo trascorso dall insorgenza e la presenza di complicazioni. Pertanto, diversi sistemi di classificazione sono stati sviluppati per definire la possibile prognosi e di conseguenza le linee di intervento terapeutico. Il sistema preferito dai medici come guida per comprendere se è necessario un intervento chirurgico è il sistema Stanford (2), che divide le dissecazioni in tipo A, in cui è colpita l aorta ascendente ed in cui l intervento è obbligatorio, ed in tipo B. Tuttavia, lo stesso intervento chirurgico comporta una mortalità intraospedaliera del 24%. Pertanto, è lecito chiedersi se il sistema utilizzato sinora sia del tutto affidabile. Presso il Dipartimento di Biotecnologia e Scienze Medico-chirurgiche dell Università Sapienza di Roma, col quale collaboriamo per questa linea di ricerca, afferiscono diversi pazienti affetti da dissecazione aortica. Come enunziato sopra, purtroppo alcuni di loro non sopravvivono all intervento chirurgico. Questa ricerca è mirata a caratterizzare da un punto di vista istopatologico e biomolecolare le aorte dissecate espiantate da pazienti che non sono sopravvissuti all intervento, per cercare di comprendere meglio i meccanismi molecolari e morfofunzionali della dissecazione aortica, allo scopo di migliorare l intervento terapeutico diretto a questa gravissima condizione.

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