IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE

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1 C O N S E N S O INTERNAZIONALE IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE revisione di un gruppo di lavoro specializzato

2 REDATTORE: Suzie Calne EDITORE: Kathy Day DIRETTORE: : Jason Beckford-Ball STAMPATO DA: Printwells PUBBLICATO DA: Wounds International Enterprise House 1 2 Hatfields London SE1 9PG, UK Tel: + 44 (0) Fax: +44 (0) info@woundsinternational.com Wounds International 2011 Con un contributo incondizionato a scopi educativi di Systagenix. Le opinioni espresse in questo documento sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente quelle di Systagenix. Per citare il documento: Consenso internazionale Il ruolo delle proteasi nella diagnostica delle ferite Revisione di un gruppo di lavoro specializzato. Londra: Wounds International, PREFAZIONE Nel febbraio 2011 un gruppo di esperti internazionali si è riunito a Città del Capo, Sudafrica, per portare avanti i lavori sulla base del documento di consenso La diagnostica e le ferite 1, pubblicato nel 2008 dalla World Union of Wound Healing Societies (WUWHS), con l obiettivo di studiare l importanza dell attività delle proteasi nel processo di guarigione delle ferite e raggiungere un accordo circa l utilità di disporre di un test point-of-care per le proteasi nella prassi clinica. Affinché un test di questo tipo si affermi, è indispensabile che i medici dispongano di chiare informazioni circa il momento, il modo e i motivi del suo impiego. Nell opinione di consenso degli esperti partecipanti alla riunione è stato ribadito che l aumento dell attività proteasica rimane il migliore indicatore attualmente disponibile per quanto riguarda la difficoltà di guarigione di una ferita, una volta escluse altre cause, e che l uso efficiente di un kit diagnostico point-of-care per le proteasi potrebbe rivoluzionare la cura delle ferite in tutto il mondo. Prof. Keith Harding GRUPPO DI LAVORO SPECIALIZZATO Keith Harding, School of Medicine, Cardiff University (UK) David G Armstrong, Southern Arizona Limb Salvage Alliance (SALSA), University of Arizona (USA) Simon Barrett, Humber NHS Foundation Trust (UK) Hanna Kaufman, Wound Healing Unit, Maccabi Healthcare Services, Haifa (Israel) Jose Luis Lázaro-Martínez, Diabetic Foot Unit, Universidad Complutense, Madrid (Spain) Dieter Mayer, Clinic for Cardiovascular Surgery, University Hospital of Zurich (Switzerland) Zena Moore, Royal College of Surgeons in Ireland, Dublin (Ireland) Marco Romanelli, Wound Healing Unit, University of Pisa (Italy) Douglas Queen, Department of Dermatology & Wound Healing, Cardiff University (UK) Greg Schultz, University of Florida, Gainesville, Florida (USA) Thomas Serena, Pennsylvania North Centers for Advanced Wound Care, Pennsylvania (USA) Gary Sibbald, University of Toronto (Canada) Robert Snyder, Wound Healing Center, University Hospital, Florida (USA) Robert Strohal, Federal University Teaching Hospital of Feldkirch (Austria) Kathryn Vowden, University of Bradford and Bradford Teaching Hospitals NHS Foundation Trust (UK) Peter Vowden, University of Bradford and Bradford Teaching Hospitals NHS Foundation Trust (UK) Paolo Zamboni, University of Ferrara (Italy)

3 Che cosa sono le proteasi? Le proteasi (anche chiamate proteinasi) hanno un ruolo fondamentale nel normale processo di guarigione delle ferite 2 (Tabella 1). Si tratta di enzimi che agiscono sulle proteine, scomponendole in peptidi ed aminoacidi. Nel processo di guarigione delle ferite, le proteasi più importanti sono le metalloproteasi di matrice (MMP) e le proteasi seriniche come l elastasi. In genere le varie proteasi coinvolte nella guarigione delle ferite agiscono su proteine differenti, fra cui la matrice extracellulare (MEC) e le proteine del tessuto connettivo come collagene, gelatina, protoglicani ed elastina. Nel normale processo di guarigione delle ferite, le proteasi scompongono le proteine danneggiate della MEC e le materie estranee, in modo da rendere possibile la neoformazione di tessuto e una chiusura regolare della ferita. Tuttavia un livello troppo elevato di attività proteasica altera il delicato equilibrio fra scomposizione e riparazione tessutale. La presenza di un eccesso di proteasi nella ferita porta alla degradazione della matrice extracellulare neo-formata e di altre proteine, come fattori di crescita e recettori. Di conseguenza la guarigione risulta compromessa in seguito al danno subito dalla MEC e all anormale prolungamento dello stadio infiammatorio, che impedisce alla ferita di passare alla fase proliferativa 2. L attività delle proteasi è una componente essenziale della guarigione delle ferite 3. Tuttavia, con un attività incontrollata ed incontrastata le proteasi presenti nelle ferite possono danneggiare matrice extracellulare, fattori di crescita e recettori in modo tale da compromettere la guarigione e distruggere il tessuto sano FONTI DI PROTEASI Oltre ad essere secrete dalle cellule coinvolte nel processo di riparazione, come fibroblasti e cellule endoteliali, le proteasi vengono prodotte da cellule immunitarie stimolate da un processo infiammatorio o da un infezione. Ad esempio, l elastasi neutrofila umana (HNE) è prodotta dai neutrofili ed è all origine della degradazione della fibronectina nelle ferite che non guariscono. Che cosa sono le proteasi? Le proteasi sono enzimi che scompongono le proteine in peptidi ed aminoacidi. Nel processo di guarigione delle ferite, le proteasi più importanti sono le metalloproteasi di matrice (MMP) e le proteasi seriniche come l elastasi. In genere le varie proteasi coinvolte nella guarigione delle ferite agiscono su proteine differenti, fra cui la matrice extracellulare (MEC) e le proteine del tessuto connettivo come collagene, gelatina, proteoglicani ed elastina. Questo è un aspetto importante perché i prodotti di degradazione della fibronectina stimolano un ulteriore rilascio di MMP 4,5. Nelle ferite difficili la fibronectina intatta (necessaria all'adesività cellulare e per la segnalazione dei fattori di crescita) è assente, ma sembra ricomparire nel fondo della ferita non appena il processo di guarigione riprende 6. È stato suggerito che un ulteriore stimolo alla sovraespressione di MMP possa essere costituito dall aumento del livello di ferro nei tessuti nella malattia venosa cronica, dovuto allo stravaso di eritrociti. Inoltre, i pazienti affetti da malattia venosa cronica che presentano anche una mutazione del gene dell emocromatosi (C282Y), responsabile di un anomalia nel metabolismo del ferro, vedono aumentare significativamente il rischio di sviluppare un ulcera venosa agli arti inferiori 8. In futuro la ricerca delle varianti genetiche potrebbe entrare a far parte del processo di screening volto alla valutazione del rischio di ulcere e delle probabilità di guarigione. Tabella 1 Principali compiti delle proteasi nel normale processo di guarigione delle ferite 2 Fase della guarigione n Infiammazione n Proliferazione n Rimodellamento Compito delle proteasi n Eliminazione della MEC danneggiata (favorisce il debridement autolitico) n Degradazione della membrana capillare per l angiogenesi n Contributo al distacco e alla migrazione delle cellule n Contrazione della MEC cicatriziale n Rimodellazione della MEC cicatriziale IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE 2

4 I batteri sono un ulteriore fonte di proteasi nelle ferite. Infatti, oltre a stimolarne la produzione tramite l attivazione del sistema immunitario, alcuni batteri presenti nella ferita possono essi stessi secernere proteasi. Rimane però ancora da stabilire in che modo le proteasi di derivazione batterica influiscano sulla guarigione delle ferite e in che misura partecipino all attività proteasica totale della ferita. Attualmente si dispone di maggiori informazioni sulle proteasi che su qualunque altro marker biologico coinvolto nella guarigione delle ferite AUMENTO DELL'ATTIVITÀ PROTEASICA COME MARKER DI MANCATA GUARIGIONE Esiste un ampio corpo di evidenze proveniente da studi su animali e sull uomo indicante che l attività delle proteasi (in particolare le MMP e l elastasi neutrofila umana [HNE]) è più elevata nelle ferite che non si avviano alla guarigione Nel corso di un normale processo di guarigione si osserva un rapido aumento iniziale dei livelli di proteasi 21,22, che raggiungono il picco circa il terzo giorno ed iniziano a calare intorno al quinto giorno (Figura 1). Nelle ferite difficili, tuttavia, non solo le proteasi raggiungono livelli superiori che nelle ferite in corso di guarigione, ma persistono molto più a lungo. Di conseguenza nella ferita si crea un ambiente altamente distruttivo. Sebbene in linea di massima la relazione fra proteasi, infiammazione e guarigione delle ferite sia chiara, esistono altri marker associati all infiammazione (come il TNF alfa) di cui sarebbe opportuno esaminare più a fondo l idoneità per test diagnostici 23. I dati disponibili finora sembrano però indicare che le proteasi potrebbero rappresentare i biomarker più promettenti per valutare la guarigione delle ferite a livello biochimico. Non sono ancora dal tutto chiare le ragioni dello squilibrio fra l aumento nella produzione e l assenza di inibizione delle proteasi nelle ferite difficili o croniche, ma un monitoraggio regolare dell attività proteasica durante il trattamento potrebbe contribuire alla scelta della gestione appropriata Figura 1 Modifiche dell attività proteasica nelle ferite Attività infiammatoria delle proteasi Guarigione normale Ferita difficile Tempo 3 CONSENSO INTERNAZIONALE

5 Capire il ruolo delle proteasi Nell informare i medici a proposito delle proteasi, è importante sottolineare il concetto di equilibrio e squilibrio nel processo di guarigione, vale a dire l equilibrio fra la sintesi e la degradazione della matrice extracellulare. I principali punti di apprendimento sono: Le proteasi sono importanti ai fini dell organizzazione e della rimodellazione della MEC neo-formata. All inizio del processo di guarigione di una ferita acuta si verifica un violento aumento dell attività proteasica. Nelle ferite che guariscono normalmente questa attività raggiunge il picco durante i primi due giorni per poi regredire lentamente fino a livelli molto bassi dopo una settimana 21 Fra gli stimoli che possono mantenere l attività proteasica a livelli alti vi è la presenza di tessuto lesionato, materia estranea, batteri e biofilm Se la loro attività è eccessivamente elevata, le proteasi iniziano a degradare e distruggere la MEC, danneggiando il tessuto neo-formato e il fondo della ferita e ritardando la guarigione Gli interventi volti a ridurre le proteasi nocive e a correggere lo squilibrio possono promuovere la guarigione 24. Riquadro 1: Terminologia usata per le ferite con problemi di guarigione (adattato da 25 ) Cronica A guarigione ritardata Difficile da guarire Stagnante Recalcitrante Difficile Complessa Che non risponde Per ulteriori pareri nella discussione sulle ferite difficili, consultare Chronic Wound Debate nella rivista Wounds International, Vol. 1, Numero 2 (www. woundsinternational.com) PREVEDERE LE DIFFICOLTÀ DI GUARIGIONE Le ferite che guariscono con difficoltà sono spesso chiamate croniche. Questa denominazione però potrebbe essere di scarsa utilità, perché il termine cronico presuppone una lunga durata e la necessità di attendere per stabilire se una ferita guarisce con lentezza. È invece ben noto che le ferite che insorgono in presenza di determinate comorbilità (p. es. diabete mellito) o in concomitanza con l assunzione di determinati farmaci (p. es. steroidi) possono essere considerate sin dall insorgenza come difficili da guarire. Inoltre il termine cronico sembra escludere le ferite acute (p. es. ferite chirurgiche) che presentano difficoltà di guarigione. Per questa ragione si usano vari termini per designare le ferite a guarigione lenta o difficile (v. riquadro 1, a sinistra). Oltre alla durata, esistono numerosi altri fattori che influiscono sulla capacità di una ferita di guarire. L esame iniziale di qualsiasi ferita deve perciò comprendere la valutazione di tali fattori (Tabella 2). Il regime terapeutico applicato a pazienti con ferite di qualsiasi tipo deve perciò comprendere la gestione di ogni fattore passibile di correzione. L individuazione tempestiva dei fattori modificabili offre l opportunità di istituire terapie capaci di accelerare la guarigione. È però altrettanto importante che i medici siano in grado di riconoscere quando le probabilità di guarigione di una ferita sono praticamente nulle, ad esempio in pazienti con tumori maligni o malattie avanzate, riceventi chemioterapia o steroidi ad alte dosi. ELEMENTI PER L APPLICAZIONE PRATICA L importanza dell attività proteasica n L elevata attività proteasica è il marker biochimico più affidabile attualmente disponibile per prognosticare una guarigione difficile di ferite sia acute che croniche. n Se l attività e i tassi di proteasi presenti nella ferita corrispondono allo stadio di guarigione, quest ultima avrà luogo in modo più uniforme e in tempi normali n Sono necessarie ricerche per individuare e determinare: - quali sono i livelli di attività proteasica appropriati durante il debridement autolitico - per quale ragione e a quale stadio specifico del processo di guarigione si può verificare uno squilibrio nell attività proteasica - qual è il livello di attività proteasica che caratterizza ferite stagnanti e ferite in corso di guarigione per i vari tipi di ferita, p. es. ulcere da pressione, lesioni vasculitiche - in che modo i fattori legati al paziente, come età, livelli ormonali e comorbilità, influenzano l attività proteasica - le relazioni sinergiche e cronologiche fra le varie proteasi, cioè in che modo le varie MMP ed elastasi collaborano alla degradazione delle proteine della MEC - l impatto della partecipazione batterica all attività delle proteasi n La creazione di un registro che raccolga dati sull attività delle proteasi nei differenti tipi di ferite a vari stadi di guarigione potrebbe fornire dati utili sulla prognosi di guarigione delle ferite IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE 4

6 LA RIDUZIONE DELLA SUPERFICIE DELLA FERITA COME PREDITTORE DI GUARIGIONE Le ricerche hanno indicato che una riduzione della superficie della ferita fra la seconda e la quarta settimana costituisce un predittore affidabile della capacità della ferita stessa di guarire entro la 12 settimana. Per le ulcere venose agli arti inferiori, una riduzione del 20 40% della superficie lesionale entro un periodo da due a quattro settimane è risultata predittiva di guarigione 27, mentre per le ulcere del piede diabetico il predittore di guarigione è una riduzione della superficie lesionale di >50% alla quarta settimana Logicamente, perciò, le ferite che non raggiungono tali livelli di guarigione entro le scadenze indicate devono indurre al riesame e alla rivalutazione del regime terapeutico. Tuttavia, invece di attendere fino alla loro insorgenza, sarebbe ovviamente molto più vantaggioso essere in grado di identificare i problemi con ancora maggiore anticipo, quando interventi avanzati potrebbero promuovere la guarigione. La misurazione di marker di guarigione, come l attività proteasica, può essere un valido aiuto per prevedere quali ferite andranno incontro a problemi 2. Alcune ferite non riescono a guarire neanche quando l assistenza prestata al paziente ed alla ferita stessa è ottimale, ed è stata esclusa la presenza di infezioni. Queste ferite potrebbero presentare un infiammazione persistente con attività proteasica elevata, che impedisce il passaggio allo stadio proliferativo Tabella 2 Fattori che possono influenzare la capacità di guarigione di una ferita 26 Ambito n Paziente n Ferita n Assistenza erogata Fattori n Eziologia n Comorbilità, p. es. diabete, malattia autoimmune n Allergie n Farmaci, p. es. steroidi n Condizioni psicosociali n Dolore n Compliance n Durata n Dimensioni n Condizione del letto della ferita n Ischemia n Infiammazione/infezione n Ubicazione anatomica n Risposta al trattamento n Abilità e competenza dei medici n Sistema sanitario (disponibilità, costi/rimborsi) 5 CONSENSO INTERNAZIONALE

7 Determinazione dell attività proteasica METODI ATTUALMENTE USATI PER LA DETERMINAZIONE DELL ATTIVITÀ PROTEASICA Analisi di laboratorio Attualmente è molto difficile determinare il livello delle proteasi nelle ferite. Studi di ricerca hanno analizzato tipi, livelli e attività delle proteasi su campioni di liquido essudativo proveniente da biopsie eseguite i condizioni di laboratorio. Tali studi si sono serviti di numerose tecniche differenti, p. es. zimografia su gelatina, prevalentemente per la rilevazione di MMP-2 e MMP-9, test ELISA che misurano i livelli di proteasi tramite anticorpi, e dosaggi che misurano l attività enzimatica delle proteasi. Nei risultati di questi studi è emerso un trend costante: le ferite acute in guarigione presentano bassi livelli di proteasi, mentre ferite stagnanti o con guarigione faticosa mostrano livelli di proteasi elevati, che diminuiscono non appena la ferita inizia a guarire 10,17. La maggior parte dei medici non ha però la possibilità di ricorrere ad un esame di laboratorio dell attività proteasica. Valutazione clinica Se la guarigione non procede come previsto, si può sospettare un eccesso di attività proteasica nelle ferite che non hanno risposto al trattamento o che sono entrate in stagnazione dopo una iniziale risposta al trattamento purché: sia stato fornito un trattamento completo, comprendente la rimozione delle cause soggiacenti (p.es. la compressione in caso di stasi venosa), la gestione dei problemi del paziente (p.es. il dolore) e una terapia topica ottimale della ferita (debridement e creazione di un ambiente umido), e non si sospetti o si sia potuta escludere un infezione. I segni clinici di infiammazione che potrebbero essere indicativi di elevata attività proteasica possono essere difficili da distinguere da quelli di un infezione, e comprendono: arrossamento del fondo della ferita, granulazione scarsa o assente che sanguina facilmente al contatto, aumento dell essudato e dolore più intenso. Tuttavia, sebbene la maggioranza delle ferite difficili non infette presentino un eccesso di proteasi, per un certo numero di esse questo non sarà il caso. Di conseguenza si potrebbe erroneamente supporre che una ferita difficile, con infiammazione cronica ma esente da infezione e trattata in modo appropriato con gestione delle cause soggiacenti, presenti un attività proteasica elevata. Da uno studio in corso comprendente oltre 100 ferite acute e croniche è emerso che neanche medici competenti e specializzati sono stati in grado di prevedere con accuratezza quali ferite presentassero un elevata attività proteasica sulla base dei criteri clinici per la diagnosi di infiammazione cronica. In effetti le uniche ferite che hanno presentato una correlazione fra attività proteasica ed esame clinico sono state le ulcere vasculitiche 31. La Figura 2 (voltare pagina) illustra la difficoltà di prevedere un elevata attività proteasica sulla base del solo esame clinico. I segni clinici non sono sempre predittivi della presenza di elevata attività proteasica. Con un accurata rilevazione dell aumento dell attività proteasica risulterebbe più facile impiegare i trattamenti appropriati volti a modularla, ed evitare l uso improprio di medicazioni avanzate per la cura delle ferite Rilevanza dei livelli di proteasi per la guarigione Dagli studi è emerso un trend uniforme: bassi livelli di proteasi nelle ferite acute in via di guarigione, e in ferite stagnanti o con guarigione faticosa livelli di proteasi elevati che regrediscono non appena la ferita inizia a guarire 10,17. La maggior parte dei medici non ha però la possibilità di ricorrere ad un esame di laboratorio dell attività proteasica, ed è necessario un esame clinico. IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE 6

8 Figura 2 L osservazione clinica non è in grado di rilevare l aumento dell attività proteasica. Le ferite qui raffigurate hanno un attività proteasica elevata o bassa? (Le risposte sono in fondo alla pagina Foto per gentile concessione di Tom Serena) A: Uomo di 52 anni, non diabetico, con ulcera venosa agli arti inferiori di vecchia data, essudato minimo dopo il trattamento con agente topico a base di argento. Di recente si è passati al trattamento con collagenasi e bendaggio compressivo. Il dolore è minimo. B: Donna di 40 anni, non diabetica, con ulcera venosa a ghetta laterale cronica su entrambi gli arti inferiori, attualmente in trattamento con alginato topico e compressione. L ulcera della gamba destra (in alto a sinistra) presenta un fondo granuleggiante pulito, mentre quella della gamba sinistra ha ripetutamente sviluppato una patina giallastra di fibrina che ha richiesto curettage. C: Ulcera da pressione di stadio III, trattata con ORC-argento/collagene. D: Paziente non diabetica con ferita acuta sul dorso della mano in seguito ad infiltrazione da linea endovenosa. La ferita è in via di guarigione. E: Paziente con vasculite confermata dell'arto inferiore. F: Ulcera diabetica plantare neuropatica trattata con alginato d argento ed ossigeno iperbarico. Risposte Test positivo per elevata attività proteasica: A, D, E Test negativo per elevata attività proteasica: B (entrambe le gambe), C, F 7 CONSENSO INTERNAZIONALE

9 Gestione di attività proteasica elevata Le ferite che non guariscono malgrado l eliminazione delle cause soggiacenti, l assenza accertata di infezione e una cura ottimale potrebbero trovarsi bloccate in uno stato di infiammazione permanente accompagnato da attività proteasica elevata. Il trattamento di queste ferite richiede un approccio sistematico, spesso interdisciplinare, che si focalizzi sulla correzione della causa soggiacente dell infezione. Il trattamento prestato deve seguire protocolli locali adeguati che applichino i principi basilari di buona gestione delle ferite. L uso di un test diagnostico point-of-care per la determinazione dell attività proteasica capace di indicare chiaramente quali trattamenti sono adeguati e quali no, e quale sia il momento più indicato per iniziare o sospendere il trattamento, può essere di aiuto nell applicazione di terapie avanzate Principi Per ridurre l attività proteasica di una ferita sono disponibili vari interventi. I tre principi basilari da seguire nel trattamento di una ferita in cui si sospetta un attività proteasica eccessiva sono: trattare la causa soggiacente ed eliminare qualsiasi altro fattore che possa aggravare lo stato della ferita, p. es. compressione, pressione, ischemia e malnutrizione ottimizzare il letto della ferita e lo stato del paziente, p. es. preparazione del fondo della ferita (debridement compreso), terapia a pressione negativa (NPTW), modulazione della carica batterica modulare l attività proteasica, p. es. con medicazioni apposite. L uso di equivalenti cutanei/dermici per ferite difficili e complesse con elevata attività proteasica richiede cautela, perché è probabile che si verifichi degrado della matrice COME RIDURRE UN ATTIVITÀ PROTEASICA ECCESSIVA Le seguenti tecniche possono ridurre l attività proteasica nelle ferite: Pulizia: la pulizia della ferita ad intervalli regolari può contribuire a ridurre l attività proteasica, eliminando i detriti superficiali che potrebbero costituire uno stimolo infiammatorio, e rimuovendo il liquido essudativo contenente proteasi. Si è in attesa di studi che esaminino l effetto della pulizia sull attività proteasica Debridement: la rimozione della fibrina ad ogni cambio di medicazione o un debridement chirurgico eseguito ad intervalli adatti possono contribuire a ridurre l eccesso di attività proteasica, eliminando il tessuto necrotico e riducendo la carica batterica che può fungere da stimolo dell infiammazione. Anche in questo caso si è in attesa di studi che esaminino l effetto del debridement sull attività proteasica Inattivatori delle proteasi: medicazioni per la modulazione delle proteasi (p. es. collagene/ cellulosa ossidata rigenerata [ORC]) che si legano alle proteasi (MMP ed elastasi) inattivandole 32,33 Medicazioni antisettiche (p. es. iodio o argento): riducendo i livelli batterici e di conseguenza la produzione di proteasi da parte di ospite e batteri si può ottenere un calo dell attività proteasica 34. Si è ipotizzato che anche l argento, sostituendo lo ione zinco catalitico delle MMP, possa ridurre l attività delle MMP 35 Antiflogistici: la doxiciclina, sia per uso orale che topico, è un potente agente antinfiammatorio ed antimicrobico che inibisce l attività proteasica 36 la terapia a base di steroidi svolge un azione antiflogistica grazie alla sovraregolazione delle proteine antinfiammatorie e alla sottoregolazione dell espressione di proteine pro-infiammatorie. Finora le esperienze fatte con questi trattamenti riguardano soprattutto il trattamento delle lesioni vasculitiche e del pioderma gangrenoso. Si attendono studi sull impiego di tali trattamenti per altri tipi di ferite e sul loro possibile uso in terapie combinate Medicazioni e dispositivi per assorbire/rimuovere l essudato: medicazioni e materiali assorbenti potrebbero ridurre l attività delle proteasi eliminando il liquido essudativo che le contiene 37, anche se ciò resta ancora da dimostrare in contesto clinico. Un effetto di stimolo alla guarigione della terapia a pressione negativa (NPWT) potrebbe consistere nella riduzione dell attività proteasica 38,39. IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE 8

10 Quando si usano terapie avanzate, come medicazioni per la modulazione delle proteasi o prodotti per il controllo delle infezioni, un test point-of-care per misurare le variazioni dell attività proteasica può essere utile per monitorare l efficacia della terapia e determinare se sia necessario modificarla MEDICAZIONI PER LA MODULAZIONE DELLE PROTEASI Come avviene per tutte le medicazioni avanzate per la cura delle ferite, anche le medicazioni per la modulazione delle proteasi devono essere attentamente integrate al piano terapeutico complessivo, che va adattato allo stato del fondo della ferita, alla carica batterica e al livello di essudato. In genere le medicazioni per la modulazione delle proteasi, come ORC/collagene, trovano impiego per brevi cure di due-quattro settimane, trascorse le quali si procede ad una rivalutazione completa dell efficacia del trattamento. Talvolta si ricorre anche al trattamento intermittente o pulsato, ad esempio due settimane con medicazioni per la modulazione delle proteasi seguite da due settimane senza. Una medicazione collagene/orc ha dimostrato di ridurre l attività proteasica e di influenzare positivamente la guarigione di una gamma di ferite difficili 24,33,40. L uso di medicazioni per la modulazione delle proteasi deve costituire un intervento programmato con precisione: ciò significa che la durata di trattamento prevista deve essere chiaramente definita ed accompagnata da una data fissata per la rivalutazione. È indispensabile che durante il trattamento si effettuino controlli periodici del progresso della guarigione, p. es. esaminando margine e fondo della ferita e cute perilesionale. Per quanto riguarda le ulcere venose agli arti inferiori, un indicatore di buona probabilità di guarigione è rappresentato da una riduzione del 20 40% della superficie lesionale dopo quattro settimane 27. L avvento di un test point-of-care per determinare un attività proteasica eccessiva consentirebbe di ridurla con un uso più mirato dei modulatori delle proteasi. Un test di attività proteasica potrebbe inoltre costituire un opportunità di prendere in esame altri potenziali benefici ottenibili proseguendo l uso di modulatori anche dopo aver raggiunto il controllo delle proteasi. L attuale stato delle conoscenze circa il ruolo delle proteasi nel ritardare la guarigione sembra indicare che un test point-of-care per l attività proteasica può essere indicato per qualsiasi ferita non infetta stagnante o lenta a guarire in pazienti adeguatamente diagnosticati e trattati 9 CONSENSO INTERNAZIONALE

11 Il ruolo di un test point-of-care delle proteasi Idealmente un nuovo strumento diagnostico in campo vulnologico dovrebbe poter individuare le specifiche modifiche da apportare alla prassi o al trattamento per avviare la ferita verso la guarigione 1. Un test point-of-care per le proteasi rappresenterebbe un innovazione nel campo della cura delle ferite, e si prevede che sarà usato per determinare se l attività proteasica è elevata in ferite che non guariscono come previsto. USO DI UN TEST PER LE PROTEASI Un test point-of-care per le proteasi potrebbe aiutare i medici a decidere in modo informato e costo-efficace quale trattamento sia appropriato. Ad esempio, per una ferita a bassa attività proteasica non sarebbe opportuno usare una medicazione per la modulazione delle proteasi, mentre prodotti di ingegneria tissutale, scaffold e innesti cutanei sarebbero inadatti per una ferita con attività proteasica elevata. Guidando la terapia su queste basi si potrebbero ottenere dei vantaggi, fra cui: cambi di medicazione meno frequenti, evitamento di interventi non necessari, riduzione del tempo di assistenza, minor numero di visite in ospedale, abbreviamento della durata complessiva del trattamento, individuazione e prevenzione anticipate delle complicanze, miglioramento della qualità di vita, guarigione e ripresa dell attività lavorativa più rapide. Questi potenziali vantaggi potrebbero indurre in futuro le autorità regolatorie ad esigere il test prima dell impiego di determinati trattamenti. Il monitoraggio delle proteasi, effettuato ad esempio tramite test settimanali, potrebbe consentire ai medici di stabilire se la terapia si dimostra efficace nel ridurre l attività proteasica e di conseguenza se l approccio terapeutico attualmente seguito è adeguato. Si è ipotizzato inoltre che i risultati di un test point-of-care per le proteasi potrebbero in futuro essere utilizzati per individuare il trattamento con maggiori probabilità di successo, e diventare una misura di esito alternativa della guarigione. I test point-of-care per le proteasi potrebbero dimostrare di avere una potenziale capacità di identificare precocemente le possibili ferite di guarigione difficile, evitando così i ritardi ed i rischi associati allo stare a vedere prima di classificare una ferita come difficile. Ciò consentirebbe anche di evitare test diagnostici più costosi, ad esempio test invasivi come la biopsia, e potrebbe servire come ausilio diagnostico per la conferma di patologie infiammatorie come la vasculite. Un test point-of-care per le proteasi di facile impiego potrebbe offrire la possibilità di gestire una ferita a distanza: medici e pazienti sarebbero così in grado di eseguire un test per determinare un eventuale aumento dell attività proteasica nella ferita, e sulla base del risultato richiedere una consulenza o decidere un invio allo specialista. Ad esempio, un medico con meno esperienza in questo campo potrebbe considerare il test come un segnale per decidere se ricorrere ad uno specialista o meno, a seconda dei risultati. Affinché il test point-of-care per le proteasi sia ben accolto, gli enti pagatori dovranno avere prova della sua efficacia economica, sarà necessario che esso sia adottato su vasta scala dai principali leader di opinione e che i benefici siano chiaramente evidenti. Perché un test point-of-care diventi parte integrante della prassi saranno necessari dati che ne dimostrino la validità per una gamma di tipi di ferite nella pratica clinica. Una domanda fondamentale che ancora non ha avuto risposta è come affrontare le ferite con proteasi elevate che raggiungono la guarigione senza complicazioni e quelle con proteasi basse che invece non riescono a guarire IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE 10

12 Possibile protocollo per l uso di un test point-of-care delle proteasi L uso di un test point-of-care per le proteasi in ferite che non rispondono al trattamento deve inserirsi nel quadro di costanti riesami ed ottimizzazione della cura, in conformità con le politiche e prassi di assistenza vigenti a livello locale in tema di ferite. La Figura 3 e la Tabella 3 illustrano in che modo un test di questo tipo potrebbe essere impiegato nella prassi dopo la sua introduzione. Saranno necessarie comunque ulteriori ricerche per determinare con precisione le caratteristiche richieste da un test point-of-care per le proteasi da impiegare nella prassi clinica Figura 3 Possibile protocollo per l uso di un test point-ofcare delle proteasi La ferita non risponde alla terapia standard oppure è entrata in stagnazione dopo una risposta inizale*? No Rivalutare Proseguire il trattamento in corso con controlli periodici Sì No La ferita è stata diagnosticata con precisione, nonché valutata e trattata in modo appropriato? Sì Sì Riesaminare il paziente e la ferita Rivalutare il trattamento e modificarlo se necessario Un eventuale infezione è stata trattata o esclusa? Sì No Escludere la presenza di infezione o, se presente, trattarla La guarigione procede in modo soddisfacente? Ripetere il test point-ofcare per livelli elevati di proteasi: se i livelli di proteasi sono diminuiti, valutare se il proseguimento della terapia è giustificato, vale a dire se è probabile che i benefici superino gli svantaggi se i livelli di proteasi rimangono elevati, proseguire la terapia per la modulazione delle proteasi e ripetere l esame, in particolare alla ricerca di infezioni (v. Tabella 3 alla pagina seguente) No Rivalutare Sì Test point-of-care per livelli elevati di proteasi I livelli di proteasi sono elevati? Gestione topica/sistemica dei livelli di proteasi (v. pag. 8) Controllo dopo 2-4 settimane La guarigione procede in modo soddisfacente? Rivalutare * Valutare il grado di guarigione con esami tempestivi e completi, prendendo anche in considerazione ed eventualmente correggendo la causa della ferita Le difficoltà di guarigione hanno maggiori probabilità di insorgere in pazienti con stato di salute compromesso o comorbilità come diabete o tumori maligni. Sì No No Ripetere il test point-ofcare per livelli elevati di proteasi: se i livelli di proteasi sono diminuiti, effettuare un riesame approfondito del paziente, dell anamnesi della ferita e del regime terapeutico se i livelli di proteasi rimangono elevati, riesaminare il paziente, in particolare alla ricerca di infezioni, e se necessario modificare il regime terapeutico (v. Tabella 3 alla pagina seguente) 11 CONSENSO INTERNAZIONALE

13 Tabella 3 Relazione esistente fra attività proteasica, batteri/infezione e modalità di trattamento CONTAMINAZIONE BATTERICA BASSA CONTAMINAZIONE BATTERICA ELEVATA SEGNI E SINTOMI DI INFEZIONE Nessun segno di infezione Infezione superficiale Tre di questi: Mancata guarigione Essudato Dolore Ferita arrossata e fragile Detriti, cattivo odore Infezione sistemica profonda Tre di questi: Dimensioni Temperatura Dolore Fistola/osso esposto Ferite nuove o secondarie Eritema/edema Cattivo odore Aumento delle proteine di fase acuta ATTIVITÀ PROTEASICA Bassa attività proteasica Medicazione per mantenimento di ambiente umido Medicazione antimicrobica Antibiotici sistemici ELEMENTI PER L APPLICAZIONE PRATICA Uso di un test point-of-care per le proteasi Attività proteasica elevata Protease-modulating dressing Medicazione per la modulazione delle proteasi con azione antimicrobica +/- antibiotico sistemico Antibiotici sistemici Antinfiammatori sistemici Medicazione antimicrobica Medicazione per la modulazione delle proteasi con azione antimicrobica È probabile che gli organismi pagatori saranno lieti di disporre di una misura obiettiva che possa guidare il trattamento se ciò consente di raggiungere la guarigione iniziando il trattamento in anticipo e facendolo durare di meno e se il test può dimostrare di ridurre i costi complessivi n Usare un test point-of-care per le proteasi solo nel caso in cui i risultati possano influire sulle scelte cliniche riguardanti la terapia topica della ferita n Evitare di provocare risultati falsi positivi e falsi negativi seguendo attentamente le istruzioni n Essere a conoscenza di come il test contraddistingue i risultati falsi positivi e falsi negativi n Capire che cosa significano i risultati e che cosa comportano in termini di cura n Sapere se effettuare il test prima o dopo il debridement o la pulizia n Se è necessario procedere ad una pulizia prima del test, sapere quale o quali soluzioni possono essere utilizzate ed in che modo esse possono influire sui risultati del test n Sapere quale tipo di liquido essudativo va usato per il test e qual è la quantità necessaria n Sapere come prelevare il liquido essudativo n Sapere dopo quanto tempo al massimo dopo il prelievo si deve eseguire il test n Sapere se la presenza di sangue o tessuto necrotico può influire sui risultati del test ed in che modo n Sapere cosa fare se il liquido essudativo è difficile da prelevare o assente n Sapere perché, quando e con quale frequenza ripetere il test n Essere a conoscenza della validità del test nei vari tipi di ferite, cioè con quale accuratezza il test misura l attività proteasica nei vari tipi di ferite n Capire la sensibilità e la specificità del test, ed in che modo esse possano influire sull interpretazione del test, ovvero con quale frequenza il test indica risultati veri positivi (cioè segnala attività proteasica elevata quando essa lo è effettivamente) e veri negativi (cioè segnala attività proteasica bassa quando essa lo è effettivamente) IL RUOLO DELLE PROTEASI NELLA DIAGNOSTICA DELLE FERITE 12

14 BIBILIOGRAFIA 1. World Union of Wound Healing Societies (WUWHS). Principles of best practice: Diagnostics and wounds. A consensus document. London: MEP Ltd, Gibson D, Cullen B, Legerstee R, et al. MMPs Made Easy. Wounds International 2009; 1(1): Disponibile da: woundsinternational.com 3. Agren MS, Mirastschijski U, Karlsmark T, Saarialho-Kere UK. Topical synthetic inhibitor of matrix metalloproteinases delays epidermal regeneration of human wounds. Exp Dermatol 2001; 10(5): Grinnell F, Zhu M. Fibronectin degradation in chronic wounds depends on relative levels of elastase, a1 proteinase inhibitor and a 2 macroglobulin. J Invest Dermatol 1996; 106: Grinnell F, Zhu M. Identification of neutrophil elastase as the proteinase in burn wound fluid responsible for the degradation of fibronectin. J Invest Dermatol 1994; 103(2): Herrick SE, Sloan P, McGurk M, et al. Sequential changes in histologic pattern and extracellular matrix deposition during the healing of chronic venous ulcers. 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