In FormAzione. Indicazioni in materia di comunicazione sociale sui Disturbi del Comportamento Alimentare e dell Immagine Corporea

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1 In FormAzione Indicazioni in materia di comunicazione sociale sui Disturbi del Comportamento Alimentare e dell Immagine Corporea

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4 INDICE INTRODUZIONE di Maria Barbuto LA COMUNICAZIONE SOCIALMENTE UTILE di Fabiola De Clercq e Marco Riva.. 11 I DISTURBI ALIMENTARI: COSA SONO? di Dora Aliprandi.. 17 DCA ED ETA DELLO SVILUPPO di Valentina Calcaterra TUTTO O NIENTE. LE DUE PASSIONI DELL ANORESSIA-BULIMIA CONTEMPORANEA di Maria Barbuto.. 33 I SITI WEB PRO ANORESSIA di Isabella Usardi ANORESSIA-BULIMIA AL MASCHILE 4

5 di Francesco Bergamin IL RUOLO DELLA FAMIGLIA NELLE PATOLOGIE ALIMENTARI di Elena Bruzzone SUL FRONTE DEL CORPO di Luisa Stagi...65 BIBLIOGRAFIA.71 5

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7 AUTORI Maria Barbuto Psicoterapeuta, Psicoanalista. Membro della Direzione Scientifica dell ABA e Responsabile centro ABA di Milano. Docente presso L Istituto per la Clinica dei Legami Sociali (ICLES). Tutor presso la Facoltà di Psicologia dell Università Cattolica di Milano. Fabiola De Clercq Fondatrice e Presidente dell ABA, Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia, la bulimia e i disordini alimentari, dal Direttore Responsabile di ABA News. Direttore di collana edita da Franco Angeli. Marco Riva Laureato in medicina e specialista in psichiatria e psicoterapia. Coordinatore del Centro per la ricerca e la terapia dell ansia e della depressione e dell Ambulatorio di Psiconcologia dell Ospedale Fatebenefratelli di Milano. Psichiatra e Psicoterapeuta presso lo Studio 12 e l ABA di Milano. Dora Aliprandi Psicologa clinica presso l ABA di Milano. Specializzanda in Psicoanalisi della Relazione (SIPRE). Master di Secondo Livello in Mediazione conseguito presso l Università Cattolica di Milano. Valentina Calcaterra Psicologa Clinica presso l ABA di Milano. Specializzanda presso l Istituto di Ricerca di Psicoanalisi Applicata (IRPA). Isabella Usardi Laureata in Psicologia Clinico-Dinamica con la tesi dal titolo: Corpo, mass media e disturbi del comportamento alimentare: una prospettiva psico-sociale. Attività di tirocinio presso la Sede ABA di Milano e di Verona. Francesco Bergamin Psicologo Clinico. Psicoterapeuta presso l ABA e l ANFFAS di Milano. Specializzato in Psicoterapia Breve Integrata dell adolescente e dell adulto presso l ISERDIP del prof. Zapparoli. Elena Bruzzone Psicologa. Specializzazione a indirizzo Clinico e di Comunità presso l Università degli studi Bicocca di Milano. Attività di tirocinio presso la Sede ABA di Milano. Luisa Stagi Docente di Sociologia dei processi culturali e Ricercatrice presso la Facoltà di Scienze della formazione dell Università degli Studi di Genova. Attività di ricerca sociale e valutativa, in particolare di metodologia della ricerca e di problematiche giovanili. 7

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9 INTRODUZIONE di Maria Barbuto 9

10 I disturbi alimentari, spesso accompagnati da disturbi dell immagine corporea, quali la dismorfofobia (fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un'eccessiva preoccupazione per l immagine del corpo), sono un sintomo sociale 1, espressione radicalizzata di un disagio specifico, prodotto in primis nelle società del benessere, ma anche un problema politico nel senso più ampio ed alto del termine. Queste patologie hanno in comune fattori di rischio modificabili e di diffusione fortemente influenzata e condizionata dal contesto sociale, dai condizionamenti del mercato e dalle politiche commerciali, oltre che dai comportamenti individuali 2. I disturbi alimentari riguardano tutte le fasce d età. L informazione e la comunicazione (commerciale e non) su tali disagi, veicolate attraverso i mezzi di informazione on e off line, non rispondono sempre ai requisiti minimi di Comunicazione Sociale che consistono nel poggiare le proprie scelte comunicative su basi tecnico-comunicazionali e scientifiche, in special modo riguardo a tematiche come quelle dei disturbi alimentari che toccano aree inerenti la salute e la prevenzione 3. La comunicazione socialmente responsabile è tale se efficace e la misura dell efficacia è data dal contributo reale alla risoluzione dei problemi che assumono una forte rilevanza sociale, come nel caso dei disturbi alimentari. Dall analisi dei contenuti di articoli di stampa e internet emerge un uso improprio di immagini, concetti e termini, dovuta alla difficoltà di accedere a fonti informative autorevoli. Esiste uno scollamento tra il mondo della comunicazione e chi si occupa professionalmente di studio, ricerca e cura sui disturbi alimentari. Inoltre, dalle Rassegne Stampa emerge che la popolazione italiana è passata da una totale disinformazione da parte dei Mass Media, che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni, ad un massiccio bombardamento allarmistico, scioccante, sui disturbi alimentari. Sono per lo più le pagine di cronaca nera a parlarne, propagandando i casi di morte dovuti all anoressia. La componente culturale, estetica e mediatica è una con-causa ambientale di un disagio clinico- psichiatrico che affonda le sue radici nella storia individuale delle persone che soffrono di disturbi alimentari. Le informazioni, i contenuti, le immagini che riguardano i disturbi alimentari e dell immagine corporea, veicolati attraverso i mezzi di comunicazione on e off line rappresentano un fattore di rischio, ovvero un fattore in grado di aumentare la probabilità che questa sindrome si verifichi e si moltiplichi. 1 Protocollo d Intesa Ministero della Salute e Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, 19/09/ Manifesto Nazionale di autoregolamentazione della Moda italiana contro l anoressia. Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, Camera Nazionale della Moda Italiana, Alta Roma 22/12/ Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale44ª edizione, in vigore dal 21 gennaio

11 La riduzione del fattore di rischio, attraverso un aggiornamento della comunicazione mediatica, può influenzare e condizionare in positivo il contesto sociale e, di conseguenza, anche i comportamenti individuali. I Media rappresentano uno strumento fondamentale per elevare il livello di informazione sui disturbi alimentari in tutto il territorio italiano, con particolare riferimento ad internet quale strumento prediletto dai giovanissimi. La maggior parte delle persone che contattano strutture specializzate per avere informazioni hanno effettuato ricerche su internet, molte di queste denunciano le difficoltà di accedere facilmente alle informazioni ricercate e denunciano la facilità con cui si incappa in siti pro ana 4 durante la navigazione finalizzata alla raccolta di dati e di suggerimenti. Per questo motivo, oltre alla scuola e alla famiglia, occorre rivolgere attività di informazione e di sensibilizzazione ad operatori del settore della comunicazione, cioè i giornalisti (TV, Stampa, Internet, Radio), affinché siano culturalmente ben orientati a trattare contenuti e problematiche inerenti ai disordini alimentari e dell immagine corporea. Questo lavoro è stato realizzato nell'ambito del Progetto Nazionale Le buone pratiche di cura e la prevenzione sociale nei Disturbi del comportamento alimentare promosso dal Ministero della Salute, del Lavoro e delle Politiche sociali e dal Ministro della Gioventù nell ambito del Protocollo di intesa Guadagnare Salute. Lo scopo specifico di questa dispensa informativa è quello di offrire alcune indicazioni utili a coinvolgere gli operatori del settore della Comunicazione non solo con lo scopo di ridurre i fattori di rischio e la probabilità di diffusione della malattia, ma anche con l intento di trasformare gli stessi fattori di rischio in fattori preventivi, poiché soltanto favorendo una comunicazione socialmente responsabile si contribuisce a ridurre un problema di rilevanza sociale. L obiettivo è, dunque, quello di informare e sensibilizzare gli operatori dell informazione sul tema dei DCA e fornire loro indicazioni e conoscenze corrette e appropriate in modo da aiutarli a veicolare messaggi più adeguati. In questo compito, il lavoro del clinico - orientato scientificamente - incontra quello del comunicatore proprio nell intento di promuovere, attraverso il valore della responsabilità etica, una buona qualità delle informazioni. Nell intento di fornire una lettura di questi disagi che tenga conto delle implicazioni relazionali e affettivo-emotive, con lo scopo di promuovere un approccio integrato e flessibile, abbiamo ritenuto opportuno articolare i contenuti secondo i seguenti parametri: - Mostrare la rilevanza dei dati statistici che riguardano i DCA. 4 Ricerca sul fenomeno pro ana, svolta dal PASM2 dell Asl di Reggio Emilia con la supervisione del prof. Umberto Zizzoli di Giovannini Agostino, ricercatore presso Asl Reggio Emilia. 11

12 - Focalizzare alcune aree di competenza e alcuni concetti chiave su cui si basa la logica di tali disturbi. - Fornire una definizione generale del quadro dei DCA nelle loro varie forme: anoressia, bulimia e obesità psicogena. - Mettere in relazione il disturbo alimentare con altre forme di dipendenza contemporanee. - Valutare l incidenza dei DCA nelle diverse fasce di età (infanzia, adolescenza, età adulta) e nell ambito della diversa identità sessuale. - Sottolineare l importanza e l influenza del ruolo e del trattamento della famiglia. - Mostrare la rilevanza clinica dei DCA nel suo legame con il discorso sociale e il mondo dei media. - Riportare alcuni dati sui siti pro-anoressia e pro-bulimia con lo scopo di evidenziare la portata, gli effetti, i rischi che questi siti possono avere sui visitatori. - Valorizzare il contributo della sociologia per una lettura aggiornata e integrata dei DCA. 12

13 LA COMUNICAZIONE SOCIALMENTE UTILE di Fabiola De Clercq e Marco Riva 13

14 La comunicazione socialmente utile tratta temi di pubblica utilità con l obiettivo di modificare, disincentivare comportamenti negativi o dannosi per la collettività o per se stessi, nonché per diffondere benessere ed eventualmente proporre soluzioni a disagi sociali. L uso che se ne fa è considerato uno strumento di un processo etico efficace per l evoluzione della capacità di scegliere, ossia di ragionare. La comunicazione odierna, strumento per la diffusione capillare delle informazioni, occupa infatti un ruolo rilevante nelle nostre scelte personali come nella gestione dei rapporti interpersonali. Il suo ruolo ha esiti pragmatici: è in grado di guidarci nei nostri comportamenti, nei pensieri e nelle vicende sociali ed economiche, arrivando a volte a modificare realmente gli atteggiamenti degli utenti. In quest ottica, risulta estremamente delicato elaborare informazioni su temi delicati quali i disturbi del comportamento alimentare: l anoressia e la bulimia sono malattie gravi, che hanno radici profonde nella vita delle persone. Malattie dell amore si può dire, che richiedono un trattamento lungo e specialistico. Nelle cause di questo disagio troviamo traumi, lutti, abusi sessuali. L esordio consiste spesso in una banale dieta, una restrizione alimentare che si trasforma in altro, per vite intere. Il controllo alimentare diventa ingovernabile, riduce gli affetti: nella solitudine e nella diffidenza nei confronti della vita stessa queste persone si isolano negando la patologia e il bisogno di cure. Sono ormai anche i bambini, gli uomini e donne mature a esserne le vittime. Il professionista della comunicazione deve pertanto mostrare estrema prudenza e cautela nel trattamento di tali concetti, considerando come utente anche chi è coinvolto direttamente in questi disagi. Egli deve innanzitutto conoscere le cause e gli effetti delle questioni trattate, comprendere quali siano le informazioni prioritarie da diffondere, analizzare i segmenti di pubblico a cui si rivolge, e solo in seguito produrre un informazione che sia chiara ma attenta. Allo stesso modo la pubblicità sociale dovrà adattarsi ad un codice di comunicazione specifico a seconda del suo contenuto e del suo target. Una comunicazione disattenta, superficiale può infatti essere nel migliore dei casi ignorata piuttosto che affrontata, ma anche produrre effetti negativi. Le informazioni, i contenuti, le immagini che riguardano i disturbi alimentari e l immagine corporea da essi colpita, veicolati attraverso i mezzi di comunicazione off e on-line rappresentano un fattore di rischio in quanto possono essere in grado di aumentare la probabilità che un determinato evento-malattia si verifichi realmente. La comunicazione che a tutti i costi vuole stupire invece che informare costruttivamente si dimostra indifferente alle conseguenze che può 14

15 realmente comportare. E ignora forse che stupire e stupidus condividono la stessa radice. Il rischio che l informazione non si assume ma crea è quello di produrre e diffondere modelli negativi ma perversamente seduttivi fruibili dal lettore adolescente o fragile e privo di una critica specifica ed evoluta. Per questo motivo gli operatori del settore della comunicazione devono essere culturalmente attrezzati. Se, infatti, il mezzo di informazione è il messaggio stesso, la comunicazione è il comunicatore. Le parole dette durante una trasmissione radio, televisiva, scritte su un giornale o via internet possono infatti promuovere dinamiche ignote e incontrollabili anche senza volerlo. Pertanto, ogni comunicatore si deve ritenere responsabile del messaggio che invia, soprattutto in relazione a argomenti complessi quali i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). I canali che diffondono l informazione oggi sono molteplici (la radio, la televisione, internet con strumenti come facebook, ecc..), così come sono molteplici i target di riferimento. L utente odierno riceve l informazione e la accoglie come una legge, usandola spesso come un farmaco senza prendersi la cura di leggere le istruzioni. In questa logica di lettura senza filtri risulta quindi ancora più delicato e complesso veicolare la comunicazione off e on-line. L anoressia-bulimia è una malattia mentale, ma spesso viene intesa più che altro come un capriccio nei confronti del cibo, una questione estetica. Nonostante l estrema diffusione di disturbi legati al comportamento alimentare nella società moderna, questo tipo di malattia non viene ancora sufficientemente inquadrata nell immaginario collettivo, né percepita come grave. E necessario avere la consapevolezza del disagio psicologico implicito, di cui anoressia e bulimia sono l effetto, la punta dell iceberg. L anoressia e la bulimia sono i sintomi di un disagio psicologico che oggi si declinano sotto la definizione delle dipendenze. E l elaborazione delle cause che permetterà una guarigione. Se ci fosse una migliore cultura della malattia psicologica si avrebbe lo stesso pudore che si ha nei confronti di malattie socialmente riconosciute e accettate quali il cancro o l Alzheimer. Questo tipo di disturbi, infatti, sono ad oggi ancora oggetto di esibizionismo mediatico. Il soggetto stesso colpito da queste patologie non è ancora totalmente consapevole del fatto che si tratti di qualcosa di davvero grave, e continua nel suo comportamento ignaro dei rischi che corre. Le immagini che vengono proposte dai vari strumenti di comunicazione sono anch esse focus potenti. Linguaggi universali che mostrano realtà spesso crude, senza veli, che ispirano chi li guarda in misura più virulenta rispetto all uso delle parole. 15

16 Tutto ciò che è immagine è informazione e alcuni tipi di immagini possono innescare delle devastazioni personali. Sarebbe forse necessaria una più forte monitorizzazione degli spot tv e delle campagne pubblicitarie, ciò che spesso vediamo sullo schermo, è un inno a standard di bellezza e magrezza non sani. E possibile, attraverso queste forme di comunicazione, consigliare implicitamente l uso di forme non convenzionali e patologiche per raggiungere tali modelli. La disinformazione spettacolarizzata e brutale, come ad esempio la campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani No Anorexia per Nolita, rischia di appagare semplicemente una curiosità spesso morbosa per poi suscitare una passeggera repulsione. Allontanando il lettore che non si sente coinvolto poiché non toccato personalmente o direttamente dalla notizia/immagine. Senza parlare del desiderio di immedesimazione nel soggetto della campagna da parte di chi soffre di anoressia. La pornografia del dolore può essere utile a un azienda che cavalca la tigre dell argomento dell anno, ma non alla prevenzione, meno che mai all invito per chi soffre a chiedere aiuto. Declinare l informazione in una lista sensazionalistica di quello che mangiano o non mangiano le anoressiche-bulimiche, delle calorie, delle forme di digiuno, delle modalità che vengono usate nel vomito autoindotto (vedi articolo del Corriere della Sera Magazine del 29 gennaio 2009), non fa altro che mettere in mano un manuale d istruzioni per l anoressia-bulimia a chi soffre di disturbi alimentari, senza neanche dover cercare materiale utile allo scopo. E indispensabile un informazione che non suggerisca le modalità per mettere in atto un progetto mortifero colludendo con il soggetto. L informatore dovrebbe essere informato in prima persona per non promuovere gravi risposte patologiche nel lettore spesso psicologicamente fragile e alla ricerca di soluzioni che escludano una vera e propria cura. La gente, infatti, spesso preferisce poter guidare senza avere la patente di guida, raggiungere il risultato senza faticare e senza analizzare in maniera profonda ciò che sta dietro al sintomo, poiché questo processo spaventa. Ecco che si sceglie una delle numerose diete proposte dai media piuttosto che capire quale possa essere il disagio psicologico che sta alla base di un complicato rapporto con il cibo. Le diete vengono proposte senza troppo pensare ai lettori e alle loro reali domande, senza capire ciò che può stare dietro a chi si rivolge a una cura dimagrante. In mancanza di filtri e consapevolezza, da una dieta non concepita per il singolo soggetto richiedente, si può cadere in un grave disturbo alimentare, spesso in concomitanza di una percezione di limite nei confronti degli standard sociali. In questo modo l interlocutore, spesso adolescente o privo di un pensiero critico si ispira, sceglie, va oltre, applica quello che prende come istruzioni per l uso e le mette in atto: passa dalla lettura all atto. E si ammala. 16

17 Molte persone si sono ispirate a interviste o fotografie che esibiscono un corpo ossuto, scarnificato, precedute da titoli come magre da morire : queste presentazioni fortemente evocative finiscono infatti per diventare un modello da raggiungere pena la banalità e l indifferenza di una società che sembra chiedere il sacrificio della propria salute, della vita dei soggetti. Danni permanenti come osteoporosi, esofagite, calcolosi renali, ictus, arresto cardiaco, blocco renale, decalcificazione dei denti, amenorrea Morire per vivere, morire per essere visti, morire per avere una identità che altrimenti la società non concede. Si muore applicando la logica del kamikaze per colpire con il proprio corpobomba le figure genitoriali o altre che apparentemente non hanno saputo dare l ascolto e lo spazio d amore che una figlia o un figlio chiede. E così che la cultura dell horror entra nelle vite di persone fragili e rivendicative passando attraverso le parole dei giornali e degli shows che spietatamente ignorano o dimenticano a chi si rivolgono. Non è importante colpire, angosciare, scandalizzare, quanto capire quale sia l obiettivo e quali possano essere gli effetti della comunicazione desiderata. La diffusione del malessere di questa società colpisce i più deboli, i bambini e gli adolescenti; questo deve renderci prudenti nella scelta delle parole e delle immagini. L informazione implica capire, prendere atto delle realtà sociali, evitare la superficialità, interrogarsi, in altre parole, informarsi. Questa presa di coscienza significa aggiornarsi per non rischiare di promuovere proprio l opposto di quello che si vuole diffondere in nome di una informazione corretta. La fragilità psicologica esiste, la malattia psichica esiste, non è un invenzione dei creativi; è tra noi, spesso in noi. Questo dicono gli atti che ci lasciano attoniti quando ascoltiamo le notizie televisive o leggiamo la cronaca, quella nera in particolare. La mente dell uomo può essere segnata da eventi traumatici, da perdite affettive e non saper trovare modi di organizzare la propria vita di sopravissuto. Questa situazione va quindi rispettata perché è proprio qui che si rischia di fare delle vittime della cattiva informazione. In assenza di modelli parentali e per molteplici altre ragioni, le donne e gli uomini cercano nell ideale della magrezza un identità perduta o agognata come status symbol che oggi si declina attraverso la devastazione dell anoressia e della bulimia e di altre condotte patologiche come abuso di alcool, droghe e sessualità sregolata. 17

18 Il redattore e il caporedattore, il fotografo e il direttore di testata hanno una responsabilità alla quale non devono sottrarsi. La responsabilità riguarda i lettori che non devono essere ingannati, ma anche gli effetti che produce una comunicazione senza regole etiche. E necessario rendersi conto che le nostre parole lasciano un segno, esistono per dire e per battezzare le cose, tutte le cose della vita. Non renderci complici delle conseguenze della nostra informazione è pericoloso per l integrità degli interlocutori. La questione di una comunicazione socialmente utile si deve pertanto porre non solo in termini di ottimizzazione di un informazione esistente, cioè di ulteriori e più scientifiche informazioni sull anoressia e sulla bulimia, ma anche in termini di trasparenza. Nel mondo dei disturbi alimentari un aspetto di criticità è rappresentato paradossalmente da una chiarezza così eccessiva da essere accecante. Chiarezza dogmatica degli esperti, degli psicoterapeuti, degli psicofarmacologi e di tutti gli addetti ai lavori che credono di essere in possesso di risposte definitive sino a far la guerra tra loro in nome della più sorda assertività scientifica. Ma come scrive il medico e filosofo della scienza Giorgio Cosmacini, la medicina non è una scienza, è un arte. Con queste parole che sono ben altro che un claim o un titolo, Cosmacini invoca la nascita di un nuovo umanesimo nella torre d avorio della scienza, una nuova e urgente sensibilità da parte dei suoi operatori. 18

19 I DISTURBI ALIMENTARI: COSA SONO? di Dora Aliprandi 19

20 La dipendenza dal cibo Il corpo è teatro della mente: esperienze profonde ed emotive trovano spesso nel corpo una manifestazione esterna e visibile. E esperienza diffusa il provare mal di stomaco o soffrire di cefalea quando si è tristi o arrabbiati; avere tachicardia quando si è ansiosi; sentire le farfalle nello stomaco quando si è innamorati. Questo accade anche nei disturbi alimentari: ciò che è interno, un disagio profondo, trova nel corpo uno strumento per comunicare e manifestare il dolore. Al centro di queste patologie accanto al corpo è l oggetto cibo, da cui si dipende. Il cibo: quell oggetto tanto amato e tanto odiato Il cibo è un oggetto complesso: non costituisce semplicemente quella benzina necessaria per far muovere la macchina corpo, ma assume un profondo significato simbolico. Non ha solo un importante valore nutritivo, costituisce qualcosa di complesso e multisfaccettato. Il cibo entra e media le nostre relazioni: basti pensare al primo contatto tra madre e bambino che avviene attraverso l allattamento, durante il quale con il cibo si passa anche l accudimento e l affetto. Il pranzo o la cena sono generalmente momenti in cui ci si riunisce con la propria famiglia o momenti di incontro con le proprie relazioni significative. Il rapporto con il cibo, inoltre, è spesso espressione delle nostre emozioni: quando si è nervosi, per esempio, alcuni mangiano di più, mentre ad altri si chiude lo stomaco. Il cibo è anche un oggetto sempre presente, disponibile: gli spacciatori sono ovunque e può essere comprato o raggiunto in qualsiasi momento della giornata. Per tutte queste complesse cause il cibo si presta a diventare l oggetto tanto amato e tanto odiato nei disturbi alimentari: oggetto da cui si dipende, sia negandoselo come nell anoressia sia abusandone come nella bulimia e nel disturbo d alimentazione incontrollata (DAI). In Italia circa 3 milioni di persone, pari al 5% della popolazione, si trovano a fare i conti con i disturbi del comportamento alimentare (DCA): l 8-10% delle ragazze e l 0,5-1% dei ragazzi soffrono di anoressia-bulimia. Il 95% sono donne, anche se sempre più numerosi sono gli uomini che manifestano questi sintomi e si rivolgono a strutture specializzate. Queste patologie si manifestano prevalentemente tra i 12 e i 25 anni: negli ultimi tempi emerge un preoccupante allargamento delle fasce d età che riguarda in particolare le bambine prepuberi e le donne in età di menopausa 5. Si tratta di patologie prevalentemente declinate al femminile: la ragione va ricercata nel rapporto particolare e problematico con il proprio corpo, la propria identità e autostima. Cosa NON sono i disturbi alimentari I nomi di tali disturbi sono ormai noti: anoressia, bulimia e disturbo d alimentazione incontrollata. Attualmente si sta assistendo ad una complessificazione e diversificazione delle manifestazioni del sintomo: spesso si osservano da un lato forme diverse da quelle classicamente 5 Dati Osservatorio ABA e ISTAT. 20

21 intese è il caso per esempio della vigoressia o dell ortoressia ; dall altro sempre più persone soffrono di polidipendenze come dipendenze da alcol, droga o farmaci accanto al sintomo alimentare. Può sembrare una domanda paradossale, ma prima di cercare di tracciare un quadro e descrivere le diverse modalità di espressione di questo dolore è importate sgombrare il campo da fraintendimenti. Non si tratta di malattie dell appetito: non c è nulla nel meccanismo biologico della fame che non vada. Non si tratta nemmeno di patologie da imitazione : spesso, infatti, si sentono frasi come è tutta colpa della società ; è tutta colpa della moda ; è per assomigliare alla velina che mia figlia si è ridotta così etc. Non si intende misconoscere l importanza del sociale in queste malattie sempre più diffuse: il contesto offre un sintomo prêt-à-porter, una via già tracciata attraverso la quale manifestare un dolore che nasce ed è frutto di una storia soggettiva. L importanza di una buona ed etica comunicazione in questo campo non è in discussione: indicativo per esempio è il dato per cui molte ragazze o ragazzi, nati e cresciuti in paesi non occidentali, sviluppano a contatto con la nostra società un sintomo alimentare, espressione di una difficoltà soggettiva di crescita e integrazione. Il contesto traccia la strada, il soggetto si imbatte in essa e la percorre come unico modo per poter esprimere e trattare una sofferenza profonda. Anoressia: non mangio, dunque sono Il DSM IV (Manuale Diagnostico per i Disordini Mentali) distingue i disturbi alimentari in tre categorie: anoressia, bulimia e DCA non altrimenti specificati. L anoressia è definita come rifiuto a mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo per età e statura. E caratterizzata da un intensa paura ad acquistare peso o diventare grassi: il modo in cui la persona vive il peso e la forma del corpo è patologicamente alterato. Esso influisce eccessivamente sui livelli di autostima, c è un rifiuto a prendere atto di una grave situazione di sottopeso. Nelle donne fertili è caratterizzato da amenorrea (assenza di ciclo mestruale) per almeno tre mesi consecutivi. Di solito tutto ciò comincia con una dieta dimagrante: quello che si desidera, apparentemente, è migliorare la propria immagine. In realtà poi la dieta si trasforma in un imperativo interiore di nutrirsi di quantità di cibo sempre più irrisorie: la persona anoressica persegue un ideale di magrezza irraggiungibile, rispetto al quale si sente sempre inadeguata. Nonostante la magrezza estrema, il corpo viene percepito sempre grasso. L anoressia quindi si manifesta con una riduzione drastica dell alimentazione e del peso corporeo: la fame viene negata, viene effettuato un calcolo ossessivo delle calorie, un controllo 21

22 spasmodico giornaliero del peso. La bilancia determina l umore della giornata: quando il numero che appare sul display diminuisce, l umore è euforico, il progetto di una magrezza irraggiungibile si sta realizzando; quando il numero sul display è in aumento, anche solo di qualche grammo, si cade in una disperazione profonda e inesorabile. L anoressia è una patologia del controllo: dietro questa negazione tenace della fame c è una disperata bramosia, non solo di cibo. La persona anoressica ha fame di tutto: di relazioni, di affetti ed emozioni. Per questa ragione, paradossalmente, rifiuta ogni cosa. E nel rifiuto che cerca un illusoria autonomia da ogni bisogno e desiderio. Il concedersi di provare fame incute nella persona anoressica il terrore di perdere il controllo: è per arginare il contatto con le emozioni e le relazioni che non si riescono a controllare, che l equilibrio si istalla su un illusorio controllo del corpo-cibo-peso. Si vive nell illusione che, cambiando il proprio corpo, si possa cambiare la propria vita, diventandone padroni assoluti, senza aver bisogno di nessuno. Il corpo diventa palcoscenico di un dramma straziante: un corpo ridotto alla fame, scheletrico, che evoca l immagine della morte e provoca angoscia, anche negli stessi curanti. E il non mangio, quindi esisto, che può assumere molti significati: un modo per affermare se stessi nella propria vita, a seguito di profondi dolori e sofferenze esperite nel rapporto con gli altri; un modo per trovare una propria identità; un illusoria autonomia dal nutrimento delle relazioni; un modo per diventare visibili rendendosi fisicamente invisibili. Anche se il sintomo si manifesta in modi molto simili, porta impresse le impronte digitali di ciascuno: il significato che esso assume è soggettivo e particolare, così come soggettivi e particolari sono i tempi e le modalità della cura. E raro che una persona anoressica chieda aiuto: ha trovato nel rifiuto del cibo la sua forza e attua in questo modo il suo controllo. Ciò che la spinge a chiedere aiuto spesso sono i famigliari, il rischio della vita o il suo scivolare nella bulimia, non essendo più sostenibile il progetto di mangiare niente. Bulimia: mangio tutto, per mangiare niente Il DSM IV descrive fenomenologicamente la bulimia come caratterizzata da ricorrenti abbuffate, durante le quali si ingerisce una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nelle stesse circostanze e nello stesso tempo: la sensazione prevalente che accompagna gli episodi è la perdita di controllo. A seguito delle abbuffate vengono attuate inappropriate condotte compensatorie per prevenire l aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o 22

23 esercizio fisico eccessivo. I livelli di autostima sono fortemente influenzati da questi episodi che si verificano almeno due volte la settimana. Come descritto dai criteri diagnostici del DSM, la persona bulimica ingerisce enormi quantità di cibo che espelle subito dopo attraverso il vomito autoindotto o l utilizzo di lassativi: si tratta di un rituale, quello dell abbuffata, che si ripete anche più volte al giorno. Il cibo, che viene letteralmente ingurgitato, non ha gusto o sapore per la persona: si ingeriscono anche cibi che non piacciono, dolci e salati, crudi e surgelati. Si arriva a rubare al supermercato per avere cibo, o rubare soldi per poter comprare del cibo. Dopo aver mangiato, però, si è vittima di un senso di colpa devastante: l unica soluzione sembra essere quella di tornare indietro, rifiutare ciò che è stato assunto. Inizia in questo modo il calvario del vomito autoindotto, che segue le abbuffate, spesso fatte in segreto, quando si è da soli o di notte. La bulimia ha tutte le caratteristiche della patologia da dipendenza: l oggetto da cui si dipende è il cibo. Mentre nell anoressia si mangia tutto il giorno con la mente la persona pensa costantemente al cibo che rifiuta nella realtà, nella bulimia la persona cerca di riempirsi di quanto più cibo possibile, per poi vomitarlo. La sensazione soggettiva è quella di un pozzo buio e profondo da riempire : si tratta di un vuoto soggettivo incolmabile, disperato, che si cerca di riempire attraverso un assunzione di quantità eccessive di cibo. La persona vive nel momento dell abbuffata una totale perdita di controllo. Si vorrebbe rifiutare tutto, come nell anoressia, riprendere il controllo totale, senza però riuscirci. Si mangia e si vomita tutto e tutti : questo può durare anni, e viene spesso accompagnato da una caduta dell autostima. Il vissuto che accompagna più frequentemente la bulimia è infatti la vergogna. Ci si ripromette di smettere da un momento all altro: da domani, da Natale, dal mio compleanno etc. smetto. Quello che manca non è la forza di volontà: non semplicemente imponendosi di non farlo si può smettere, ma solo capendo ed elaborando le cause profonde che hanno portato la persona a sviluppare questa patologia. Gravi sono gli effetti della bulimia sul corpo: il corpo viene maltrattato con accanimento. Possono verificarsi pericolose conseguenze che interessano l apparato digerente, l esofago, i denti e i capelli. A differenza dell anoressia, dove il corpo urla il proprio dolore e angoscia l altro, la bulimia non è così visibile: la persona è spesso normopeso. Questa aspetto accentua ancora di più il vissuto di vergogna: un terribile segreto da nascondere, uno schifo che deve essere tenuto sepolto e deve rimanere invisibile a tutti. Anche la bulimia, come l anoressia, porta le impronte digitali della persona, quindi assume significati soggettivi e peculiari: può essere un modo per vomitare la propria rabbia o dar voce attraverso il cibo a emozioni esperite ma non espresse; un modo per dar voce illusoriamente a se 23

24 stessi e trovare una propria identità; un modo per ritagliare un proprio spazio di fronte ad una profonda sofferenza nelle relazioni ed un male di vivere. La bulimia può essere considerata l altra faccia dell anoressia: è sempre più raro che capitino in forma pura. La persona di solito attraversa fasi anoressiche e bulimiche: quando il controllo sul corpo-cibo-peso non riesce più a reggere si scivola nella bulimia. Spesso ciò che chiede una persona bulimica è quella di diventare o tornare ad essere anoressica: vorrebbe riprendere il controllo della situazione. Attraverso un percorso di cura può trovare un suo modo soggettivo e peculiare di gestire il vuoto personale, le emozioni e le relazioni, che non sia il ripristino dell anoressia o l abbuffata. Disturbo d Alimentazione Incontrollata: una soluzione per non esserci Il DSM IV inserisce il Disturbo d Alimentazione Incontrollata (DAI) tra i disturbi d alimentazione non altrimenti specificati: viene diagnosticato quando la persona vive ricorrenti episodi di abbuffate in assenza di condotte compensatorie. Quando si parla di DAI è importante distinguerlo dall obesità cosiddetta semplice, conseguenza principalmente di disfunzioni metaboliche, e per tanto non annoverata tra i disturbi dell alimentazione. La persona che soffre di DAI assume grandi quantità di cibo, non lo vomita, e spesso lo sceglie con cura. La ruminazione anoressica attraverso la mente diventa una ruminazione reale: la persona sviluppa una vera e propria dipendenza dal cibo, a cui pensa in ogni momento e che assume costantemente, con modalità diverse rispetto alla bulimia. Il cibo ha in questo caso talvolta sapore e gusto: il cibo viene selezionato e assunto fino ad aumentare di peso in modo sproporzionato. Spesso si sente parlare di binge eating come un allarmante fenomeno in diffusione: in effetti si tratta di una vera e propria malattia sociale, che interessa un numero sempre maggiore di persone, anche in fascia pediatrica e adolescenziale. Da qui i tentativi di soluzione da parte del contesto: un esempio è costituito dalla proposta di riduzione delle porzioni al ristorante o maggiore attività fisica. In realtà anche il DAI, come gli altri sintomi alimentari, porta il peso della storia individuale: l adipe in molti casi costituisce una sorta di barriera che sembra proteggere dalle emozioni e dalle relazioni. Il cibo diventa un anestetico al dolore di vivere, una soluzione magica alle difficoltà. In realtà sembra innescarsi un circuito che cortocircuita : il cibo è la soluzione, la persona ne assume a dismisura, ingrassa e ciò influisce negativamente sulla propria autostima, creando depressione che, a sua volta, porta ad un sempre maggior ricorso al cibo. 24

25 E difficile per le persone che soffrono di DAI poter chiedere aiuto: spesso si fraintende il disturbo come golosità smodata o debolezza. C è vergogna, si ha paura della derisione sociale. Si ricorre più facilmente ad interventi sul corpo come il bendaggio gastrico, che si dimostrano ben poco risolutivi del problema, il quale si ripresenta puntualmente dopo l intervento. Solo l accoglimento del dolore può consentire alla persona di evitare il ricorso al cibo come modalità di trattare la sofferenza. Le nuove patologie dell alimentazione Si assiste oggi ad una diversificazione delle manifestazioni del sintomo: il trinomio corpocibo-peso si declina in molti modi diversi, non più inquadrabili con una definizione classica di disturbi alimentari. Nella diversità delle modalità di espressione, vale qui ciò che è stato affermato prima: ogni sintomo porta le impronte digitali del suo portatore. E frutto di una storia individuale, di vissuti ed emozioni soggettive, di un modo peculiare di vivere e sentire le relazioni con l altro. Due esempi della diversificazione nella manifestazione dei sintomi alimentari sono la vigoressia e l ortoressia. La Vigoressia è l ossessione per la perfezione del corpo, riguarda prevalentemente i maschi che si percepiscono sempre come troppo magri e poco muscolosi. Un ruolo importante è giocato dai modelli culturali di bellezza e prestazione fisica e, nei contesti sportivi, dalle pressioni alla competizione da parte di compagni e allenatori. Alla base ci sono spesso un senso di inadeguatezza e la paura di fallire. L Ortoressia si riferisce all ossessione maniacale per i cibi sani. Scatta quando si passa da un semplice interesse per l argomento a non poter più toccare una pietanza sulla cui provenienza non si abbiano certezze, modificando la propria alimentazione al punto da non avere quasi altro pensiero. Controllare ciò che si mangia può essere l espressione di un disagio più profondo come la paura di affrontare gli altri. I disturbi alimentari e il campo delle dipendenze Si assiste oggi ad una complessificazione del quadro clinico nel campo dei disturbi alimentari: è sempre più frequente osservare accanto al sintomo l associarsi di uso e abuso di alcolici e di droga, in particolare di cocaina. La sostanza, qualsiasi essa sia, diventa la soluzione illusoria per trattare tematiche troppo angoscianti per la persona, per riempire il proprio vuoto interiore, per rincorrere un illusoria autonomia da tutti, dipendendo solo dall oggetto. Le sostanze diventano quindi l auto-cura: sono dei farmaci che servono per lenire il proprio dolore e perseguire una soddisfazione e un godimento autistico, in cui vive una passione cieca per l oggetto escludendo tutte le relazioni. 25

26 E importante a questo punto effettuare un chiarimento sull uso della parola dipendenza: questo termine viene generalmente associato nel senso comune a dei mostri come la droga, l alcol o il gioco d azzardo; richiama delle paure profonde, di perdita di controllo del sé e della propria vita a causa dell abuso di una sostanza. In realtà non tutte le dipendenze sono patologiche: gli esseri umani, a partire dalla loro nascita e soprattutto nei primi anni di vita, sono dipendenti dal loro contesto. Anche durante la vita adulta l individuo è legato al sostegno affettivo degli altri: ci realizziamo e affermiamo noi stessi attraverso le relazioni con i nostri simili. Tutto ciò non ha un significato negativo, anzi è la trama che caratterizza le nostre esistenze. La dipendenza diventa patologica nel momento in cui ciò che regna è una seduzione totale che la sostanza esercita sull individuo: è un oggetto o una serie di oggetti di cui non si può più fare a meno. Si tratta di oggetti di cui la persona si fa per disfarsi degli altri, del legame che viene percepito come pericoloso e rischioso, che non si riesce a gestire. Si tratta di un modo per risolvere la propria sofferenza: per questo motivo le persone che soffrono di polidipendenze difficilmente chiedono aiuto, proprio perché la sostanza è la soluzione, non il problema. Certo la soluzione si rivela illusoria e altamente nociva, spingendo l individuo verso gravi rischi di intossicazione e di danni all organismo di vario genere. L essenziale è invisibile agli occhi rivela la volpe al Piccolo Principe. Allo stesso modo i comportamenti alterati del cibo e dell uso di sostanze sono solo ciò che appare e nascondono l essenza del problema: un disagio profondo, una sofferenza interiore. Le cause delle patologie alimentari sono molteplici e vanno rintracciate nella storia della persona e nelle dinamiche relazionali. Spesso ciò che si osserva è che il cibo o la sostanza costituiscono da un lato una soluzione per la gestione di problematiche emotive, dall altro una risposta prevalente ai bisogni di cura e affetto. Il pensiero ossessivo della sostanza sembra una soluzione, un auto-cura per non pensare, per riuscire ad affrontare le difficoltà esistenziali. Spesso si riscontrano nella vita di chi soffre di disturbi alimentari perdite affettive importanti, abbandoni e traumi. E stimato che ci sia un elevatissima incidenza, in chi soffre di disturbi alimentari, di abusi subiti in età infantile e non elaborati. La sostanza si pone quindi come una sorta di anestetico che impedisce di avvertire il dolore, ma toglie così la possibilità di avvertire qualsiasi altra emozione di fronte alla quale ci si sente fragili e vulnerabili. La scommessa nel percorso di cura è quello di trovare una soluzione alternativa alla dipendenza, che consenta al soggetto di uscire dall autismo della sostanza per entrare in relazione con l altro e mettere parola alla sofferenza, prima espressa solo con l uso smodato dell oggetto. 26

27 27

28 DCA ED ETA DELLO SVILUPPO di Valentina Calcaterra 28

29 DCA e infanzia : no alla pappa!!! L incontro con il cibo per il bambino è sempre anche un incontro con l amore perché l esperienza del soddisfacimento del bisogno primordiale della fame accade all interno di una relazione con un altro che si prende cura di lui. Quindi il cibo ha sin dall inizio anche una dimensione psicologica, dimensione che rimanda al rapporto tra il bambino e i genitori, in primis la madre. L atto nutritivo non è caratterizzato solo dal piano del bisogno ma si lega indissolubilmente al piano della domanda d amore. Il bambino, infatti, non si nutre solo del cibo che soddisfa la sua fame fisiologica, ma anche di un altro particolare tipo di cibo, quello che risponde alla sua domanda d amore. L elemento in più che l essere umano esige dall altro e senza il quale non c è crescita è, infatti, il desiderio. Mentre il bisogno si soddisfa in maniera unilaterale attraverso il consumo dell oggetto, in questo caso il cibo, il desiderio implica qualcosa in più, implica il sentirsi desiderati e riconosciuti dall altro il quale ci attribuisce un valore affettivo e non semplicemente un accudimento generico. Il valore del cibo come luogo simbolico in cui convergono vissuti, esperienze ed emozioni perdura per tutta la vita. Alla luce di ciò emerge come il cibo e il comportamento alimentare siano da sempre immersi all interno di una scambio relazionale e abbiamo legami diretti e importanti con le dinamiche affettive che li caratterizzano. Mangiare diviene, quindi, un atto che implica molteplici significati: dire sì o no al cibo diviene un modo per accettare e rifiutare la relazione all interno della quale lo scambio alimentare è immerso. Per questo il bambino, che è ancora incapace di servirsi del linguaggio per comunicare ciò che prova, può servirsi del cibo come mezzo per comunicare un disagio, una sofferenza che fatica a mettere in parole. Il cibo si sostituisce al pianto e alla parola e il bambino comunica con il rifiuto o con la divorazione le emozioni che lo attraversano. Il disfunzionamento del comportamento alimentare assume, dunque, il valore di messaggio rivolto all Altro, proprio in quanto mette in luce la discontinuità esistente tra il piano del bisogno e il piano della domanda. Ma quando la risposta della madre valorizza esclusivamente il piano del bisogno, il bambino può arrivare fino al rifiuto delle cure e del nutrimento materno. I disturbi alimentari nell infanzia vanno considerati come risposte sintomatiche che toccano il cuore dei legami affettivi con le figure di riferimento che sono significative per il bambino. A volte sono delle fasi di inappetenza o di voracità di tipo transitorio, altre volte assumono la caratteristica di un vero e proprio disturbo del comportamento alimentare. 29

30 Secondo B. Brusset è importante differenziare tra l anoressia da svezzamento e l anoressia fantasma o pseudo anoressia. Nell anoressia da svezzamento la separazione tra madre e figlio, che l avvento dello svezzamento necessariamente introduce, si configura come centrale. Lo svezzamento implica, infatti una rottura della diade madre-bambino che può portare, da parte del bambino, al rifiuto del cibo proprio nella fase di passaggio dai cibi liquidi ai cibi solidi. Nell anoressia fantasma il disturbo esiste esclusivamente nella mente dei genitori che sviluppano un idea errata del reale fabbisogno nutritivo del figlio, dimenticandosi che esistono, in un bambino, variazioni fisiologiche dell appetito. Spesso le preoccupazioni dei genitori possono essere talmente eccessive che inducono il bambino a sviluppare un anoressia da opposizione, volta ad opporsi ai loro persistenti tentativi di ingozzamento. L. Kreiser distingue le anoressie mentali semplici da quelle complesse. Le anoressie mentali semplici rappresentano le forme più diffuse. Si tratta di una condotta di rifiuto del cibo isolata che è direttamente collegata con un atteggiamento inadeguato della madre di fronte al rifiuto espresso dal figlio. Quest ultimo può essere dovuto ad una brusca modificazione del regime alimentare, ad una malattia, alla nascita di un nuovo figlio, ecc In genere, se la madre è in grado di comprendere come il suo comportamento incida sulla condotta alimentare del figlio e riesce a modificarlo, il disturbo si risolve in breve tempo. Le anoressie mentali gravi hanno un inizio simile a quelle precedenti ma con un quadro psicopatologico che peggiora rapidamente associandosi a ulteriori disturbi quali quelli del sonno, del comportamento, della relazione. Nonostante si provi a modificare sotto vari aspetti il comportamento e l ambiente circostante, il bambino persiste nel suo rifiuto verso il cibo mostrando un totale disinteresse. Tale quadro clinico può arricchirsi progressivamente e in alcuni casi portare ad un contesto psicopatologico che può sfociare in situazioni di grave denutrizione che comportano il dover ricorrere a misure terapeutiche di emergenza, quali l ospedalizzazione. DCA e adolescenza: il dramma del gambero L adolescenza è la fase di passaggio che divide l infanzia dall età adulta ed è un processo di costruzione dell identità che si realizza affrontando e in qualche modo risolvendo specifici compiti di sviluppo che trovano nel contesto e nella cultura di appartenenza del singolo adolescente la loro concreta esplicitazione. Essa ha come momento centrale la pubertà, la dimensione corporea dell adolescenza. L aspetto, le forme, il corpo, si modificano. I cambiamenti corporei, per quanto attesi, colgono di sorpresa l adolescente che per molti aspetti è ancora legato ad una rappresentazione di sé infantile. 30

31 La sensazione spesso è che qualcosa stia sfuggendo di mano e si assiste ad una difficoltà ad affrontare un processo di revisione di sé e della propria immagine corporea. Nell adolescenza ci si costruisce un immagine ideale di sé, basata spesso sui criteri del gruppo, e ci si sente belli o brutti, adeguati o non adeguati nella misura in cui ci si avvicina o meno a tale immagine ideale. Tutto questo è complicato dal fatto che spesso i messaggi veicolati dai mass-media attribuiscono una centralità fondamentale al corpo e ne propongono un immagine come luogo che dovrebbe rispecchiare l identità della persona, definire i suoi valori, le sue appartenenze sociali e le sue dimensioni interne. I cambiamenti fisici e corporei, inoltre, implicano l acquisizione di un identità sessuale e il lavoro di ridefinizione della propria identificazione, maschile o femminile. Il corpo puberale mette in evidenza nuove sensazioni e nuovi desideri con i quali è necessario, per la prima volta, confrontarsi. Per l adolescente tutto questo implica, quindi, entrare in rapporto con il proprio desiderio, un rapporto che non potrà più essere strutturato sulla base delle precedenti identificazioni infantili ma che deve essere finalmente soggettivato e assunto in prima persona. L adolescente, inoltre, è chiamato ad operare un processo di individuazione-separazione nei confronti della famiglia d origine, con l obiettivo di emanciparsi e raggiungere una completa indipendenza. Tale processo implica continui cambiamenti di rotta, dovuti all ambivalenza e alla difficoltà che accompagnano ogni processo di separazione. D altro canto, i genitori devono essere disposti a operare profonde trasformazioni del loro ruolo per promuovere l autonomia dei figli, sapendo che sia da parte loro che da parte dell adolescente c è una profonda impreparazione di fronte a questo cambiamento. L adolescenza, quindi, è come una seconda nascita che si realizzerà in tappe progressive: é necessario abbandonare a poco a poco il guscio familiare protettivo proprio come un tempo si è abbandonato il ventre materno. Lasciare l infanzia, cancellare il bambino che c è in noi, è una mutazione profonda, veloce, in alcuni casi troppo veloce. Talvolta si ha l impressione di morire, bisogna sopravvivere e non si è sempre preparati: si sa che cosa muore, ma ancora non si vede che cosa stia nascendo, verso quale direzione si stia procedendo. Qualcosa si è incrinato, ma non si sa bene né come né perché, si sa solo che nulla è come prima, ma si tratta di uno stato indefinibile. C è insicurezza nell aria, c è il desiderio di venirne fuori ma anche la mancanza di fiducia in se stessi. Per capire la fragilità e la vulnerabilità dell adolescente F. Dolto ricorre all immagine dei gamberi: essi cambiano il guscio e si trovano a perdere quello vecchio, restando senza difese durante il tempo necessario per fabbricarne uno nuovo. Ed è proprio in questo periodo che sono esposti ad un grave pericolo, così si nascondono sotto le rocce fino a quando non hanno costruito un nuovo rivestimento che li difenda. Ma, se durante il periodo in cui sono vulnerabili, verranno 31

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