BASILEA 2, ACCORDO PER LA TUTELA DELL'ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE LA DISCIPLINA E I RIFLESSI SULLE IMPRESE

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1 BASILEA 2, ACCORDO PER LA TUTELA DELL'ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE LA DISCIPLINA E I RIFLESSI SULLE IMPRESE L IMPORTANZA DEL CAPITALE Basilea 2 è il nuovo Accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche. In base ad esso le banche dei paesi aderenti dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti. Negli ultimi anni il capitale ha assunto un importanza centrale nelle politiche del sistema creditizio, nazionale ed internazionale. I rischi bancari, e le crisi che ne seguono, sono infatti sempre più diffusi e compito del capitale è proprio quello di ammortizzare future perdite che potrebbero minacciare l esistenza stessa delle banche. Ciò ha indotto le autorità di vigilanza ad individuare nuove soluzioni per la regolamentazione del capitale, al fine di evitare che istituti distratti o azzardati mettano in pericolo la propria sopravvivenza in assenza della dovuta considerazione degli interessi degli stakeholders. La disponibilità di capitale, inoltre, è fondamentale non solo per far fronte a eventuali crisi, ma anche per fornire alle banche un certo livello di flessibilità finanziaria ed una conseguente capacità di cogliere eventuali opportunità di crescita. Un sistema bancario adeguatamente capitalizzato è capace di fornire credito alle imprese e di finanziare opportunità d investimento con notevoli implicazioni positive per la crescita, l aumento dell occupazione e per un generale aumento della solidità dell economia. BASILEA 1 Nel luglio 1988, dopo un processo di consultazione che ha interessato anche le autorità di vigilanza dei paesi non appartenenti al G-10, il Comitato di Basilea (1) sulla Vigilanza Bancaria ha proposto l adozione di un sistema di requisiti di capitale uniformi per le banche attive a livello internazionale, il cosiddetto Accordo di Basilea. Gli obiettivi del Comitato erano principalmente due: a)rafforzare la solidità e solvibilità del sistema bancario internazionale (attraverso l introduzione di requisiti minimi di capitale correlati al rischio); b)fornire ai partecipanti al mercato del denaro DI VINCENZO SARDONE RESPONSABILE AREA RISCHI DEL GRUPPO BANCA LOMBARDA E PIEMONTESE In base al nuovo accordo internazionale, le banche dei paesi aderenti dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti. Un sistema bancario adeguatamente capitalizzato è in grado di fornire credito alle imprese e di finanziare opportunità di investimento, con vantaggi per l intera economia. La nuova regolamentazione non comporterà rincari indiscriminati del credito alle piccole e medie imprese. (che dopo il fallimento degli accordi di Bretton Woods, si stava sempre più connotando come una commodity le cui oscillazioni di prezzo erano diventate impossibili da controllare anche per la più grande economia mondiale) un quadro di riferimento comune che favorisse la concorrenza tra i singoli istituti garantendo la parità di trattamento (attraverso l introduzione di regole prudenziali comuni). Entrambi gli obiettivi perseguivano un unico fine: ridurre il verificarsi di crisi bancarie senza minare la concorrenza internazionale all interno del settore bancario. L Accordo di Basilea del 1988 ha introdotto il rispetto, su base consolidata, di un requisito patrimoniale minimo obbligatorio pari all 8% delle operazioni attive in bilancio e fuori bilancio ponderate per un fattore di rischiosità potenziale. Al fine di meglio comprendere com è stato raggiunto questo scopo, bisogna ricordare che un istituto bancario, in quanto intermediatore di denaro, potrebbe teoricamente funzionare a leva infinita, utilizzando cioè solo il capitale di terzi (clienti e controparti). Il Comitato ha istituito, nella sua prima versione de1988, la cosiddetta regola dell 8% che costringe le banche a detenere, per ogni euro di impiego, 8 centesimi di Patrimonio di Vigilanza. Esso costituisce una grandezza ritenuta in grado di permettere al sistema bancario di far fronte alle perdite attese ed inattese insite nell attività creditizia. L Accordo sul Capitale del 1988 è probabilmente il traguardo più significativo raggiunto dal Comitato di Basilea dal momento della sua costituzione, avvenuta alla fine del Il bilancio dei risultati ottenuti in oltre dieci anni di applicazione è ampiamente positivo: esso ha promosso il rafforzamento della solidità e della stabilità del sistema bancario internazionale, determinando un sensibile miglioramento del grado di solvibilità delle banche, in particolare negli anni immediatamente successivi alla sua definizione. Nel corso del tempo, i suoi principi sono stati presi a modello per la regolamentazione bancaria di oltre centoquaranta Paesi. Nel corso dell ultimo decennio il Comitato ha 1 4 RASSEGNA N. 20 INVERNO

2 1) IL Comitato di Basilea è formato dai rappresentati delle banche centrali e delle autorità di vigilanza dei paesi del G-10 (Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Svezia, Regno unito e Stati Uniti) nonché della Svizzera e del Lussemburgo. È opportuno ricordare che il Comitato, ospitato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS), non ha potere vincolante sugli stati membri ma offre solo delle raccomandazioni alle autorità di vigilanza; in Europa, il recepimento dell Accordo di Basilea è avvenuto tramite le direttive comunitarie n. 89/299/CE e N. 89/647/CE, relative rispettivamente ai fondi propri e al coefficiente di solvibilità degli enti creditizi; in Italia, tali direttive sono state recepite con i decreti legislativi del 10 settembre seguito con costante attenzione l evoluzione dei mercati finanziari, intervenendo su alcuni aspetti dell Accordo del 1988 per aggiornarne il contenuto. Tuttavia, dieci anni di rapida innovazione finanziaria e di progressi nelle metodologie statistiche di misurazione dei rischi di intermediazione hanno messo in luce taluni limiti impliciti nella definizione dei requisiti patrimoniali, tanto che il Comitato ritiene che determinati profili dell Accordo originale non ne assicurano una corretta determinazione. In particolare, è stato osservato che: 1) la diversità del merito creditizio delle controparti all interno delle varie categorie non è considerata in modo adeguato, attribuendo un eguale ponderazione a banche, imprese, o stati sovrani con diversa rischiosità; 2) la struttura per scadenza del credito non viene considerata, ossia il maggior grado di rischio connesso alle esposizioni caratterizzate da maggior vita residua; infatti, a parità di altre condizioni, queste ultime presentano un assorbimento di capitale economico maggiore, perché maggiore è la probabilità di insolvenza, di migrazione verso classi di merito creditizio peggiori e di diminuzione del tasso di recupero; 3) il riconoscimento del principio della diversificazione del portafoglio appare non adeguato, per cui lo stesso requisito patrimoniale viene imposto a banche che, a parità di altre condizioni, presentano un portafoglio di esposizioni creditizie più o meno concentrato. Tale schema di adeguatezza patrimoniale non fornisce alcun incentivo per le banche alla diversificazione geografica, settoriale, o secondo altre variabili, del proprio portafoglio di attività (il capitale necessario a fronte di 100 crediti da un milione, infatti, è lo stesso richiesto per 1 credito da 100 milioni); 4) non tiene conto dei nuovi prodotti finanziari sviluppatisi di recente, quali i derivati su crediti e le operazioni di cartolarizzazione; 5) la misura del capitale pari all 8% è arbitraria, statica e indipendente dalla pratica gestionale della banca e dal contesto economico-produttivo, per cui i requisiti patrimoniali potrebbero rivelarsi eccessivi in periodi di stabilità e insufficienti in quelli di instabilità. Conseguentemente, da più parti è pervenuta l accusa di estraneità dei requisiti di capitale fissati al rischio effettivamente sopportato dall istituzione finanziaria, anche in riferimento agli svariati dissesti degli anni 90. L inadeguatezza dei coefficienti fissati può inoltre generare fenomeni di Risk Capital Arbitrage (RCA), cioè di arbitraggio sui requisiti minimi di capitale realizzando risultati ben diversi da quelli per cui tali vincoli erano stati introdotti. DA BASILEA 1 A BASILEA 2 La rilevanza assunta nel corso del tempo da alcune debolezze dell Accordo sul Capitale dal momento della sua emanazione, unitamente all evoluzione delle gestioni bancarie negli ultimi dieci anni e, in particolare, dei rischi di credito che le banche fronteggiano, ha indotto il Comitato di Basilea a rivedere l Accordo attuale. Inizialmente, nel giugno 1999, è stato pubblicato un documento a fini di consultazione in cui si riportano i punti chiave per una revisione dell Accordo del Successivamente, nel gennaio 2001, i Governatori del Gruppo dei Dieci (G10) hanno approvato la proposta di nuova regolamentazione dell adeguatezza patrimoniale delle banche elaborata dal Comitato di Basilea (The New Basel Capital Accord), un secondo documento consultivo nel quale è descritta una versione semidefinitiva del nuovo Accordo. Il documento tiene conto dei commenti ricevuti dal Comitato sulla prima proposta, del giugno 1999, e delle indicazioni scaturite dall intenso dibattito svoltosi, sull argomento, fra operatori e autorità di vigilanza di tutto il mondo. Il testo definitivo è stato pubblicato nel giugno 2004, al termine di una seconda consultazione con le banche. L entrata in vigore della nuova regolamentazione è prevista per il La normativa è destinata principalmente alle banche con operatività internazionale; il Comitato, tuttavia, ha interessato all elabo- 1 5 RASSEGNA N. 20 INVERNO

3 razione del progetto le autorità di Vigilanza di tutto il mondo con l intento di consentire l applicazione della regolamentazione a un insieme più ampio di intermediari rispetto alle grandi banche internazionali del Gruppo dei Dieci. A questo proposito il nuovo sistema sui requisiti patrimoniali è stato ideato con lo scopo di: rafforzare il legame tra capitale e rischi sottostanti; riconoscere tutti gli sviluppi nella misurazione e gestione dei rischi bancari. La progettata revisione discende, quindi, soprattutto dall esigenza di ripristinare l originaria capacità dell Accordo di corrispondere pienamente ai suoi due obiettivi principali - tutela della stabilità del sistema finanziario; equo trattamento competitivo dei partecipanti al mercato - dando priorità al primo di essi. Questo nuovo sistema poggia essenzialmente su tre pilastri (pillars): requisiti patrimoniali minimi ossia regole quantitative basate su modalità di calcolo dei rischi sempre più precise, utilizzando ai fini prudenziali gli stessi meccanismi aziendali di gestione dei rischi; attività di supervisione sull adeguatezza del capitale delle banche e sul relativo processo interno di valutazione del capitale; efficace utilizzo della disciplina di mercato quale strumento per rafforzare la trasparenza e incoraggiare pratiche di gestioni bancarie sicure e solide. IL PRIMO PILASTRO In questa sede trattiamo del primo pilastro che assume fondamentale importanza ai fini dell individuazione dei requisiti patrimoniali minimi (patrimonio di vigilanza) necessari allo svolgimento dell attività di concessione del credito. Il Nuovo Accordo sul Capitale pur mantenendo la definizione di patrimonio di vigilanza e i requisiti patrimoniali minimi previsti nel precedente Accordo per lo svolgimento dell attività di concessione del credito (8%), introduce la possibilità di calcolare più puntualmente le attività ponderate per il rischio, utilizzando diversi e più precisi sistemi di misurazione dei rischi di credito, del rischio di mercato e del rischio operativo. In questo modo si ottiene un valore delle attività ponderate per il rischio più sensibile rispetto alle componenti di aleatorietà. Per la determinazione dei requisiti di capitale per il rischio di credito, il Comitato propone due possibili approcci: il metodo Standard e il metodo basato sui Rating Interni. I due metodi si differenziano tra loro per complessità, natura del rating assegnato e numero di variabili calcolate. Per il metodo Standard le innovazioni prese in considerazione riguardano i seguenti aspetti: a) una revisione del sistema di ponderazioni, che si basa a sua volta su - un maggior numero di classi di rischio - un metodo di classificazione maggiormente sensibile all effettiva rischiosità, in quanto si affiancano al criterio della tipologia di controparte quello dei rating esterni e altri parametri di rischiosità effettiva; viene introdotta una maggior ponderazione per alcune categorie di attività individuate come più rischiose per le loro caratteristiche intrinseche, principalmente crediti ad andamento irregolare. b) uno specifico trattamento prudenziale per le operazioni di cartolarizzazione; 1 6 RASSEGNA N. 20 INVERNO

4 c) una revisione del trattamento prudenziale relativo alle tecniche di immunizzazione dal rischio di credito. L aspetto di maggiore novità consiste nella riforma del sistema di ponderazioni e, in particolare, nel riconoscimento dei rating esterni come parametro per una migliore valutazione del rischio creditizio. L attuale regolamentazione prevede un peso indifferenziato per i crediti concessi alle varie classi di impresa, indipendentemente dal loro rating. La proposta di revisione prevede, invece, una differenziazione del peso a seconda della qualità dell impresa affidata, con possibili vantaggi per le corporate con rating da AAA a AA. Il metodo basato sui rating interni si divide a sua volta nel metodo Foundation e nel metodo Advanced. Per comprendere a fondo la differenza tra approccio di base e avanzato, è utile ricordare che le possibili perdite future su un credito originano principalmente da quattro fonti di rischio (2) : 1. il rischio di insolvenza, è il pericolo che il debitore risulti incapace - o indisponibile - ad onorare i propri impegni. Tale incapacità/ indisponibilità può essere fatta coincidere con uno stato oggettivo del debitore (per esempio con la richiesta di ammissione ad una procedura concorsuale) o con una valutazione soggettiva della banca (come la classificazione del cliente in sofferenza ). L insolvenza rappresenta una variabile binaria (sussiste oppure non sussiste), ma la probabilità di assistere ad un default entro un certo orizzonte temporale (per esempio entro un anno) costituisce una grandezza continua, compresa tra 0% e 100%, detta probabilità di default o PD. I rating di controparte emessi dalle agenzie specializzate, o dalle banche che costruiscono i propri sistemi di rating interni, non sono altro che un modo per misurare indirettamente questa probabilità, attraverso etichette e scale discrete (per esempio AAA, AA, A, BBB, e così via) maggiormente intuitive di quanto non sia un puro valore numerico. 2. Il rischio di recupero, è l incertezza relativa all ammontare che verrà effettivamente recuperato dalla banca al termine delle procedure di contenzioso nei confronti dei debitori insolventi. A tale rischio fa riferimento il concetto di loss given default (percentuale di perdita in caso di default) o più brevemente LGD. 3. Il rischio di esposizione è relativo all effettivo ammontare del prestito al momento dell insolvenza. Si tratta di un rischio tipico delle linee di credito a valore aleatorio, dove l exposure at default (EAD) può differire, anche in modo sensibile, da quella corrente: si pensi ad esempio ad uno scoperto di conto corrente dove il cliente è libero di utilizzare in misura variabile il fido accordato. 4. Per i prestiti con più lunga scadenza, esiste inoltre un rischio di downgrading ( retrocessione ), diverso e ulteriore rispetto a quello di default. Per comprendere di che si tratta, immaginiamo un credito a 10 anni la cui rischiosità viene misurata da un rating (diciamo AA), che esprime la sua PD nei successivi 12 mesi. Trascorso un anno, il debitore non fallisce, ma il suo merito creditizio risulta sensibilmente peggiorato, al punto che il suo rating viene retrocesso a B, un livello di rischio assai maggiore. E evidente che, se la banca fosse libera di rinegoziare le condizioni del prestito, richiederebbe ora uno spread di tasso più elevato, per compensare l accresciuta rischiosità; tuttavia non può farlo, perché il prestito è stato emesso a condizioni prefissate per dieci anni. Ne consegue che il valore economico del 2) Cfr A. Resti, Una guida a Basilea 2, RASSEGNA N. 20 INVERNO

5 credito si è ridotto: questa minusvalenza, tanto più elevata quanto maggiore è la vita residua del prestito (cioè il numero di anni in cui l operazione resterà in piedi pagando uno spread inadeguato) rappresenta nei fatti una perdita, anche se non viene registrata su nessun mercato secondario. Il rischio di downgrading cresce dunque con la vita residua (maturity) del prestito, ed è maggiore per le esposizioni con rating elevato (quelle con rating medio-basso infatti, oltre a essere retrocesse potrebbero anche venire promosse in classi migliori). PD, LGD, EAD e maturity rappresentano i parametri fondamentali che un sistema di rating deve adeguatamente misurare. Basilea 2 stabilisce che le banche ammesse ad utilizzare l approccio IRB Foundation possano stimare con proprie metodologie interne soltanto la PD delle controparti, e debbano invece fare riferimento a valori prefissati dalle Autorità per quanto riguarda LGD, EAD e maturity. Le banche autorizzate ad applicare l approccio IRB Advanced sono invece libere di misurare con metodologie proprie (di cui dovranno comunque dimostrare l efficacia e la solidità) tutti e quattro i profili del rischio di credito ora ricordati. Affinché i sistemi di rating delle banche soggette all Accordo di Basilea conducano a requisiti patrimoniali comparabili, è necessario che i quattro profili ora ricordati siano definiti e misurati in modo omogeneo. Il Nuovo Accordo precisa dunque come si debba procedere nella stima di PD, LGD, EAD e maturity; mentre per la PD le indicazioni sono comuni per tutte le banche che adottano un sistema di rating interno, per i restanti parametri Basilea 2 fornisce indicazioni separate per l approccio di base e per quello avanzato. LA PROBABILITA DI DEFAULT Con riguardo alla stima della PD, Basilea 2 non entra nel merito di come debba essere costruito il sistema di rating di una banca. Non specifica quindi quali indicatori (per esempio quali indici di bilancio) debbano essere utilizzati nell assegnazione dei rating, e tanto meno obbliga le banche ad adottare sistemi automatici, basati su tecniche statistiche di scoring; ciò che chiede, piuttosto, è che i criteri di costruzione del rating, così come le basi di dati utilizzate, siano documentati e archiviati in modo trasparente, utilizzati con piena cognizione di causa e rivisti periodicamente in base alla loro efficacia passata. Alle diverse classi della scala di rating interna dovranno essere associati valori crescenti di PD in base all esperienza passata della banca (cioè alle frequenze di default empiricamente osservate, per le diverse classi, negli anni precedenti). In questo lavoro di collegamento tra classi di rating e valori di PD, le banche potranno aiutarsi anche con i risultati di modelli statistici (se presenti), o con le indicazioni (quando disponibili) provenienti da agenzie di rating esterne. La PD associata alle diverse classi di rating dovrà prendere a riferimento una definizione di default ben precisa, concordata a livello internazionale. In base a tale definizione si ha default del prenditore al ricorrere di almeno una tra due condizioni: la prima di tipo soggettivo (la banca ritiene improbabile che il debitore adempia in pieno alle sue obbligazioni) e la seconda di tipo oggettivo (sussiste un ritardo nei pagamenti di almeno 90 giorni). Mentre la prima condizione ricalca, a grandi linee, il concetto di sofferenza, largamente diffuso nella prassi e nella normativa italiana, la seconda risulta meno familiare per le nostre banche, e potrebbe introdurre una profonda discontinuità nelle statistiche relative al rischio di credito. Per attenuare tali discontinuità, le Autorità italiane hanno ottenuto di prolungare da 90 a 180 giorni il ritardo minimo nei pagamenti oltre il quale un prestito verrà considerato in default; tale estensione avrà carattere temporaneo (5 anni dall entrata in vigore di Basilea 2). La probabilità di default andrà inoltre misurata su un orizzonte di un anno, non potrà mai scendere sotto lo 0,03% (tranne che per gli Stati sovrani) e dovrà rappresentare un valore medio di lungo periodo (a evitare che sistemi di rating costruiti durante una fase positiva del ciclo economico possano rivelarsi eccessivamente ottimistici nello stimare gli effetti di una recessione). 1 8 RASSEGNA N. 20 INVERNO

6 LA LOSS GIVEN DEFAULT La misura della LGD seguirà criteri diversi a seconda che la banca abbia adottato l approccio di base o avanzato. Nel primo caso, sarà necessario fare riferimento ad una griglia di valori prefissati, che varieranno in funzione delle garanzie reali associate ai singoli prestiti. In particolare, si partirà da un valore-base: il 45% (45 euro persi ogni 100 prestati) per tutti i generici prestiti non garantiti. Tale valore aumenterà al 75% per i prestiti subordinati (il cui rimborso, cioè, è subordinato alla preventiva soddisfazione di tutti gli altri creditori del fallito); ma potrà anche ridursi, in presenza di strumenti finanziari ottenuti in garanzia. Se deciderà di adottare l approccio avanzato ai rating interni, la banca sarà libera di costruirsi un proprio sistema di misura della loss given default, articolato secondo una scala di più gradini, cui corrisponderanno valori di LGD crescenti. Le diverse tipologie di operazioni potranno essere ricondotte ad un particolare gradino della scala sulla base di attributi come la forma tecnica (per esempio, ad uno sconto di effetti potrebbe essere associato un valore della LGD meno elevato che a un generico scoperto in conto corrente), l ammontare delle garanzie o altre variabili di cui la banca possa dimostrare, sulla base dei dati passati, la significatività. Le LGD associate alle diverse classi della scala dovranno essere stimate facendo riferimento all esperienza storica della banca, utilizzando valori medi di lungo periodo e tenendo conto del fatto che le LGD potrebbero essere più elevate della media proprio quando l economia è in recessione, e i default si fanno più frequenti. Inoltre, le LGD passate, da usare come stima delle perdite future, dovranno essere misurate facendo riferimento ad una definizione economica, e non meramente contabile, del recupero. Ciò significa che l importo recuperato dalla banca sulle partite in default emerse negli anni precedenti dovrà essere aggiustato verso il basso per tenere conto dei costi legali e amministrativi sostenuti, oltre che del valore finanziario del tempo intercorso tra il passaggio a default e l effettivo incasso del denaro. L EXPOSURE AT DEFAULT Per quanto riguarda la misura della EAD (exposure at default), l approccio di base prevede una serie di regole fisse, comuni anche all approccio standard. In particolare, il requisito patrimoniale dovrà essere calcolato prendendo a riferimento le esposizioni correntemente utilizzate dal cliente (per cassa o per firma), ma anche i margini disponibili su linee di credito non prontamente revocabili. LA PERDITA ATTESA E LA PERDITA INATTESA L Accordo di Basilea introduce queste grandezze, e impone alle banche precisi criteri per la loro misurazione, perché da esse scaturisce l ammontare di patrimonio minimo obbligatorio richiesto ad un istituto di credito. Nell approccio dei rating interni, purtroppo, il meccanismo di calcolo che trasforma PD, LGD, EAD e maturity in capitale è piuttosto complesso; soprattutto in confronto alla semplice regola (8% dei risk-weighted assets) utilizzata nell Accordo attuale e nel nuovo approccio standard. Per Basilea 2, il capitale è un cuscinetto che serve a coprire esclusivamente le perdite inattese ( perdita massima probabile associata ad un certo livello di sicurezza) mentre saranno gli accantonamenti effettuati a dover coprire interamente le perdite attese (valore statisticamente normale delle perdite attese per l anno a venire). Date le caratteristiche (PD, LGD, EAD, maturity) dei crediti inseriti nel portafoglio e dato il livello di confidenza desiderato, il modello matematico di misura dei rischi adottato dagli estensori del Nuovo Accordo - per poter calcolare la massima perdita probabile, e dunque indicare quanto capitale va messo da parte - ha bisogno di un ultima informazione. In effetti, la rischiosità di un portafoglio crediti dipende anche dal suo livello di diversificazione, cioè dall attitudine dei diversi prestiti che lo compongono a fallire insieme. Un portafoglio ben diversificato (composto da finanziamenti a imprese che risentono del ciclo economico in misura diversa e incorrelata) risulta infatti meno rischioso (a parità di PD, 1 9 RASSEGNA N. 20 INVERNO

7 LGD, EAD, maturity dei prestiti) di un portafoglio costituito da imprese fortemente imparentate tra loro (ad esempio perché appartenenti allo stesso gruppo, al medesimo settore, ad un unica area geografica). Per questo motivo, a parità di livello di confidenza prescelto, la massima perdita probabile (e dunque il capitale richiesto da Basilea 2), può assumere valori più (meno) elevati se i singoli prestiti sono più (meno) correlati tra loro. A questo proposito, Basilea 2 - non potendo entrare nel merito della composizione dei portafogli di prestiti delle singole banche - adotta alcune ipotesi semplificatrici, e fissa valori di correlazione costanti per alcune grandi famiglie di prestiti. Per ognuno di questi valori di correlazione, il modello utilizzato dagli estensori di Basilea 2 è finalmente in grado di determinare (attraverso una formula matematica che è riportata nel testo dell Accordo), quanto capitale sia necessario per coprire la massima perdita probabile (perdite inattese) generata da un prestito di un euro, con LGD unitaria, data la sua PD. Questo valore viene aggiustato moltiplicandolo per la vera EAD del prestito (così da generalizzare il risultato a crediti di valore diverso da un euro) e per la sua effettiva LGD (per tener conto della possibilità che parte del contenzioso possa essere recuperato); il risultato viene infine corretto per il maturity adjustment. BASILEA 2 E LE PICCOLE/MEDIE IMPRESE La bozza emessa dal Comitato di Basilea ai fini di consultazione nel 2001, proponeva un requisito di capitale funzione esclusivamente dei rating (interni o esterni) studiata per economie in cui esistevano entità commerciali e industriali di notevoli dimensioni caratterizzate da una bassa Expected Loss ma da una Unexpected Loss molto elevata. Sono aziende con un buon rating che possono fallire soprattutto a causa di problemi congiunturali di tipo macroeconomico, che colpiscono dunque contemporaneamente tutte le imprese. E da rilevare - tuttavia - che alcuni sistemi economici (tra cui quello italiano e tedesco) si caratterizzano per la netta presenza di imprese di piccole e medie dimensioni per le quali si ritiene che il default si origini non solo da fattori macroeconomici ma anche - e soprattutto da difficoltà e inadeguatezze gestionali proprie del singolo imprenditore, dunque incorrelate dall andamento delle altre aziende. Proprio la minore correlazione tra le stesse giustifica a parità di Expected Loss una Unexpected Loss inferiore rispetto alle grandi aziende. Tale criticità è stata rilevata dalle banche italiane e tedesche, che hanno così avviato una intensa attività dimostrando l efficienza anche di sistemi caratterizzati da una netta prevalenza di imprese di limitate dimensioni. Gli sforzi delle banche hanno Total Capital Requirement (EL+UL) 2 0 RASSEGNA N. 20 INVERNO

8 perciò indotto il Comitato di Basilea a rivedere le funzioni di ponderazione previste (e le relative correlazioni implicite), riconoscendo un trattamento di favore per le imprese Corporate di minori dimensioni. La versione definitiva di Basilea 2 contiene, pertanto, meccanismi in grado di premiare le piccole e medie imprese, riconoscendo loro, a parità di altre caratteristiche, un requisito patrimoniale più basso. Naturalmente, nella realtà, un prestito a una piccola impresa può non ricevere lo stesso rating assegnato alle aziende maggiori, sovente considerate (a torto o a ragione) più affidabili. Con Basilea 2, dunque, le piccole imprese potrebbero avere PD mediamente più elevate, ma verrebbero valutate (ai fini del computo del capitale minimo obbligatorio) con una funzione di ponderazione meno severa. Le funzioni di ponderazione definitivamente previste dal Comitato di Basilea per la copertura della perdita inattesa fanno riferimento alle seguenti categorie di crediti: portafoglio Corporate, composto da prestiti a grandi imprese con fatturato superiore ai 50 milioni di Euro. A questi prestiti sono assimilate (viene dunque utilizzata la medesima funzione di ponderazione) anche le esposizioni verso banche e stati sovrani; portafoglio Sme Corporate, composto da imprese con fatturato inferiore ai 50 milioni di euro. Si tratta di controparti meno correlate tra loro rispetto alle grandi imprese, e che perciò hanno diritto ad una funzione di ponderazione meno severa. Lo sconto è tanto più sensibile quanto più basso è il relativo fatturato; portafoglio Retail, composto da prestiti a privati e piccole imprese. Si tratta di controparti ancor meno correlate fra di loro, per le quali il requisito patrimoniale sarà ancora meno severo che nei casi precedenti. I valori di correlazione adottati variano comunque a seconda della forma tecnica in cui è emesso il prestito (carte di credito e altri finanziamenti rotativi, mutui prima casa e altro retail). Le piccole imprese possono essere incluse nel portafoglio Retail (SME Retail) se i relativi prestiti vengono gestiti come crediti al dettaglio e se l esposizione totale del gruppo bancario nei confronti della singola impresa non supera il milione di Euro. Da uno studio della commissione europea sui dati del QIS 3 (Quantitative Impact Study) si nota che le esposizioni verso le piccole/ medie imprese dovrebbero godere di consistenti risparmi di capitale con il Nuovo Accordo; si può quindi concludere che la nuova regolamentazione non dovrebbe comportare rincari indiscriminati del credito alle pmi. 2 1 RASSEGNA N. 20 INVERNO

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