L'impatto dei nuovi accordi di Basilea 2 sulle cooperative

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1 ASSOCIAZIONE GENERALE COOPERATIVE ITALIANE FEDERAZIONE REGIONALE EMILIA ROMAGNA L'impatto dei nuovi accordi di Basilea 2 sulle cooperative STUDIO REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA AI SENSI DELLA MISURA 2.2 AZIONE A (ART.2 L.R. 22/90)

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3 INDICE 1. INTRODUZIONE PAG ORIGINI ED EVOLUZIONE DEGLI ACCORDI DI BASILEA PAG SISTEMA IMPRENDITORIALE ITALIANO PAG I SOGGETTI INTERESSATI AL CAMBIAMENTO PAG CONSEGUENZE PER LE IMPRESE: IL RATING PAG DEFINIZIONE DI RATING DI UNA IMPRESA PAG I MODELLI IRB E LE PMI PAG LE PROBLEMATICHE DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE PAG IL RUOLO DEL BUSINESS PLAN PAG PERCORSI PROPEDEUTICI ALLA FORMULAZIONE DI UN MODELLO DI RATING AVANZATO PAG IMPLICAZIONI PER LE SOCIETA COOPERATIVE PAG PRINCIPALI SPECIFICITA DELLE SOCIETA COOPERATIVE PAG LE PRIORITA DELLE SOCIETA COOPERATIVE: IL RAFFORZAMENTO DEL SISTEMA DEI CONFIDI PAG L ESPERIENZA EMILIANO ROMAGNOLA, L ATTIVITA DI COOPERFIDI PAG CONCLUSIONI: UNA GRANDE OPPORTUNITA PER LE CENTRALI COOPERATIVE PAG. 75 3

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5 1. Introduzione Economisti, politici e addetti ai lavori discutono da anni sugli effetti che gli Accordi di Basilea 2 avranno sul sistema bancario italiano e sulla possibilità che si realizzino forme di razionamento del credito nei confronti delle piccole e medie imprese. E noto che il termine Basilea 2 identifica i lavori del Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria (organismo di consultazione e tecnico), finalizzati all aggiornamento della normativa internazionale concernente i requisiti patrimoniali di banche e imprese di investimento. L obiettivo ricercato di banche ed imprese di investimento è quello di accrescere la sensibilità al rischio, le capacità di gestirlo e di comunicare correttamente al mercato le informazioni sul proprio know how. La prima proposta in tal senso è stata formulata nel 1999 e, passando attraverso diversi documenti di consultazione, si è giunti oggi alla terza versione e, a tutt oggi, il dibattito su Basilea 2 non accenna ad esaurirsi. Il periodo di gestazione non è stato breve né la proposta risultante semplice ma, data la complessità della materia e dell obiettivo dichiarato ciò non sorprende. Siamo di fronte ad un evoluzione nei tecnicismi del sistema di fare banca: un forte cambiamento culturale che però non rappresenta un elemento di discontinuità. Infatti, il principio base di Basilea 1 (la prima 5

6 versione della normativa che risale al 1988) resta immutato: la banca deve detenere la quantità di patrimonio che non può scendere sotto un minimo determinato dalle regole di misurazione del rischio insito nell attivo. Basilea 1 prevedeva regole standard e assai semplificate per misurare il rischio; Basilea 2 propone un set di regole a complessità crescente (il cd. primo pilastro ), inserito in un ambito di rinnovato e attivo intervento della vigilanza ( secondo pilastro ) e di maggiore comunicazione, al fine di favorire la formazione di una consistente disciplina di mercato ( terzo pilastro ). Come tutti i cambiamenti di ampia portata, anche questo è accompagnato da tensioni applicative: rischi di cattiva o limitata interpretazione. Allo stesso tempo però presenta ampie possibilità di migliorare l attuale situazione e offrire maggiori opportunità al mercato del credito. Su tutti, l aspetto cruciale che più riserva incognite è rappresentato dalle conseguenze che l applicazione di tale accordo comporterà per il credito alle imprese, segnatamente quelle piccole e medie. Per la banca, infatti, l impresa è un cliente debitore, cioè è fonte di rischio creditizio. Il nodo da sciogliere pertanto è costituito dalle conseguenze che si ripercuoteranno sul sistema produttivo. Gli ultimi anni hanno visto fiorire accesi dibattiti spesso sfociati in critiche distruttive, talvolta alimentate da tensioni 6

7 riconducibili ad un quadro economico generale dai contorni negativi. È quindi evidente la necessità per le imprese (in particolare piccole e medie) di porre in essere fin da ora politiche gestionali e di bilancio che rafforzino la propria struttura e la propria immagine per affrontare nel modo più sereno possibile l esame dei rating bancari. E alla luce di queste premesse che si spiega la necessità di uno strumento di facile comprensione che possa predisporre l azienda all introduzione di Basilea 2. Aldilà degli aspetti tecnici è pertanto questo obiettivo che spinge alla redazione del presente documento. 7

8 2. Origini ed evoluzione degli Accordi di Basilea Il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria è un organismo di consultazione che si riunisce periodicamente presso la Banca dei Regolamenti Internazionali con sede a Basilea. Esso fu istituito nel 1974 dalle banche centrali dei paesi appartenenti al G10, a seguito di un avvenimento rimasto a lungo nella memoria del mercato: il fallimento della tedesca Bankhaus Herstatt. Fu proprio la gravità di quell avvenimento a condizionare sin dal principio i lavori del Comitato, deputato ad intervenire per supportare il buon funzionamento e la stabilità del sistema finanziario globale. La composizione del Comitato vede la presenza di rappresentanti delle autorità responsabili della regolamentazione per la vigilanza sul business bancario. Esso non ha potere legislativo o normativo, ma si limita a formulare proposte e linee guida orientate a due fondamentali obiettivi: Estendere la regolamentazione di vigilanza a tutte le istituzioni bancarie nel maggior numero possibile di paesi; Rendere sempre più efficace la regolamentazione di vigilanza bancaria al fine di assicurare stabilità al sistema complessivo. Numerosi sono i lavori che nel corso del tempo il Comitato ha portato avanti, ma fondamentale importanza riveste sicuramente 8

9 l insieme di regole da esso proposte nel Sono queste, infatti, che hanno dato origine alla normativa attualmente in vigore sull adeguatezza patrimoniale delle banche (Accordo di Basilea o Basilea 1). La normativa sull adeguatezza patrimoniale delle banche (altrimenti detta dei requisiti patrimoniali ) si fonda su un semplice e chiaro principio di base, il principio, appunto, dell adeguatezza patrimoniale. Ogni attività posta in essere dall impresa bancaria comporta l assunzione di un certo grado di rischio (convenzionalmente distinto in rischio di credito e rischio di mercato); tale rischio deve essere quantificato e supportato da capitale in misura adeguata, da cui evidentemente dipende il concetto di copertura. Sintetizzando, l impianto normativo sull adeguatezza patrimoniale sancisce il ruolo del capitale nella sua funzione fondamentale di copertura dei rischi assunti e, allo stesso tempo, di vincolo di espansione dell attività bancaria. In altri termini, il rischio riconducibile alle attività assunte, opportunamente misurato, deve sempre essere coerente con il vincolo rappresentato dalla dotazione patrimoniale della banca. Il rispetto di questo vincolo ovviamente ha delle ripercussioni piuttosto profonde e, qualora vi sia divergenza tra questi due valori, sorge l obbligo di intervenire. A fronte di un rischio maggiore della disponibilità patrimoniale la banca dovrebbe 9

10 aumentare quest ultima. Essendo il patrimonio una risorsa scarsa ed onerosa, appare logico come il rispetto del vincolo possa tradursi nella necessità di ridurre l attivo (che in quanto fruttifero genera reddito) oppure di ricomporlo a favore di attività meno rischiose. Queste brevi considerazioni di carattere tecnico sono necessarie per comprendere nel concreto la ratio che sta alla base di questo intervento. L Accordo infatti prese vita, nel 1988, dalla consapevolezza della necessità di introdurre dei correttivi in un ambiente competitivo che incitava certi istituti di credito ad una condotta per così dire aggressiva, forti anche di contesti normativi poco regolamentati. Si decise così di introdurre il requisito patrimoniale minimo, dapprima calcolato solo sul rischio creditizio. Gli anni ruggenti della finanza però mostrarono piuttosto in fretta i limiti di questa misura e fu così che si decise di introdurre un correttivo che permettesse di tenere in giusto conto anche il rischio di mercato. Le regole introdotte da Basilea 1 sono diventate norma vincolante in un gran numero di paesi al mondo e hanno avuto il merito di aver introdotto il requisito patrimoniale. Alla banca non è preclusa l assunzione del rischio, né potrebbe esserlo in quanto essendo essa un intermediario creditizio lo fa per mestiere. 10

11 Ciò che interessa all impianto metodologico di questo accordo è invece che la banca disponga di un patrimonio adeguato al rischio assunto: questo è lo spirito di Basilea 1, ed ecco perché si parla di adeguatezza patrimoniale. Tale parametro si evince dal rapporto tra patrimonio di vigilanza e attivo ponderato, e non può essere inferiore all 8%. Questo patrimonio è definito total capitalratio ed oggetto di comunicazione pubblica da parte delle banche attraverso il bilancio. Ma in particolar modo le società di rating sono interessate ad un altro parametro che meglio determina la solvibilità delle imprese ed è chiamato Tier1 capital ratio (che non può scendere al di sotto del 4%) che prende in considerazione la sola quota di patrimonio di base. Si tratta di una misura più conservativa che esclude gli strumenti ibridi di capitale. La misura dei due parametri dà una misura del grado di patrimonializzazione della banca ed è un approssimazione del livello di copertura del rischio assunto. È evidente la semplicità di tale impianto normativo e proprio questa caratteristica ne ha favorito la diffusione all interno del sistema. Il suo scopo originario era costituire una dotazione patrimoniale adeguata a fronteggiare il rischio di credito connesso con le esposizioni in e fuori bilancio. Nonostante fosse solamente legato al rischio di credito, il coefficiente minimo dell 8% fra patrimonio di vigilanza e 11

12 attività ponderate in base al rischio veniva ritenuto sufficiente ad offrire una copertura implicita anche nei confronti di altri rischi bancari: di mercato, operativo, di liquidità, legale e di reputazione. Ciò ha fatto sì che si ottenesse un aumento del livello complessivo di patrimonializzazione del sistema bancario ben oltre il minimo prescritto dall autorità. Resta il dubbio se questi risultati siano direttamente riconducibili all accordo di Basilea o non siano piuttosto il frutto di un accresciuta disciplina di mercato. Di certo l introduzione di standard metodologici ha determinato un incremento nella trasparenza rendendo così più efficaci le pressioni di persuasione morale del mercato sulle banche. In ogni caso dopo Basilea 1 la capitalizzazione del sistema bancario e con essa la copertura dei rischi, sono aumentate. Aldilà di questi benefici sul sistema, peraltro non trascurabili, restano tuttavia limiti che si sono sempre più evidenziati nel corso degli anni. Un primo punto critico può essere individuato nella eccessiva semplicità del sistema di ponderazioni che non consente di istituire una precisa correlazione tra il rischio di insolvenza specifico di una determinata controparte e la relativa copertura patrimoniale. Essa nella pratica ha finito per lasciare agli operatori margini tali da consentire i cosiddetti arbitraggi prudenziali, col risultato finale di determinare un 12

13 peggioramento della qualità media del portafoglio bancario. Un altro aspetto è il mancato riconoscimento del ruolo svolto dalla diversificazione di portafoglio come fattore correttivo del rischio. Come riconosciuto da numerose teorie di gestione di portafoglio, la diversificazione è in grado di ridurre il rischio complessivo del portafoglio e ciò è di particolare rilevanza per le banche che hanno impieghi correttamente diversificati come ad esempio le banche specializzate nel mercato retail e nelle piccole-medie imprese. Questa eccessiva semplicità inoltre implica misure di rischio troppo statiche, non tiene in debito conto la dimensione temporale del rischio (tende cioè a non distinguere la vita residua dell esposizione creditizia), ed infine non contempla affatto tutte le altre tipologie di rischio che sono insite nell attività bancaria. Bisogna però dare il giusto peso a questi limiti anche in considerazione degli obiettivi che l accordo del 1988 si prefiggeva e del vuoto assoluto che voleva iniziare a colmare. Queste ed altre considerazioni hanno spinto il Comitato, sul finire degli anni 90, ad una revisione dell accordo. Nel documento di consultazione del giugno 1999, il Comitato aveva già delineato gli obiettivi che si prefiggeva con l elaborazione di un approccio globale alla regolamentazione del patrimonio; attraverso consultazioni e collaborazioni con organismi di vigilanza e banche sono stati redatti diversi 13

14 documenti che presentavano graduali miglioramenti alla proposta iniziale. Tali migliorie sono state affiancate dai cosiddetti Studi di Impatto Quantitativo : un gruppo di banche, il cui numero è andato aumentando nel tempo, è stato invitato a verificare sulla propria situazione patrimoniale l applicazione delle regole via via proposte. I principi ispiratori dell accordo di Basilea 2 intendono essenzialmente colmare le lacune funzionali palesate dal precedente e si concretizzano nella promozione della sicurezza e della solidità del sistema finanziario; nel favorire la parità concorrenziale; nel contemplare criteri di adeguatezza patrimoniale opportunamente sensibili al rischio insito nelle posizioni e nelle operazioni di una banca; nell incentivare la ricerca di sistemi sempre più accurati nelle misurazioni del rischio; nel coinvolgere le banche che operano nel contesto internazionale, anche se i principi di base debbono potersi applicare a banche con diverse caratteristiche di complessità e sofisticatezza. A conferma di ciò la Commissione Europea ha manifestato la propria volontà di estendere l applicazione dell accordo all intero sistema bancario (solo l Unione Europea, infatti, può tradurre in norma giuridica le proposte del Comitato di Basilea). Questi principi ispiratori si concretizzano in tre parti specifiche (denominate pilastri) e costituiscono un corpo coerente ed omogeneo. Essenzialmente si incentrano sui requisiti 14

15 patrimoniali minimi, sul controllo prudenziale dell adeguatezza patrimoniale e sui requisiti della trasparenza delle informazioni. Va da sé che questa coerenza implica che tutti i punti trovino poi nella pratica piena applicazione perché poi sia raggiunto l obiettivo finale della sicurezza e solidità del sistema finanziario. La nuova regolamentazione intende stabilire una più stretta correlazione tra le valutazioni dell adeguatezza patrimoniale e i principali elementi di rischio insiti nell attività bancaria, oltre a fornire incentivi alle banche affinché potenzino le loro capacità di misurazione e gestione dei rischi predisponendo una sorta di sistema premiale. Lo stesso documento finale del 2004 indica come uno dei benefici più attesi è costituito dall ottenimento di pratiche di risk management più efficaci. E per questa stessa ragione il primo pilastro risulta essere il più consistente, essendo in esso contemplate una ricca e dettagliata serie di indicazioni metodologiche riguardanti il calcolo del rischio, cioè del capitale da detenere a fronte del rischio assunto per ogni operazione di impiego. Salta subito all occhio la misura in cui il nuovo accordo risulta essere maggiormente esteso e complesso rispetto a quello dell 88. Ciò evidentemente rispecchia gli sforzi del Comitato di elaborare una regolamentazione sensibile al rischio, che contempla una gamma di nuove opzioni per la misurazione sia 15

16 del rischio di credito, sia del rischio operativo, e offre nel contempo una maggiore flessibilità, dando la possibilità di scegliere tra approcci standard (semplici) e avanzati (complessi). La complessità della nuova regolamentazione è una naturale conseguenza delle innovazioni nel settore bancario: nel nuovo accordo, infatti, il Comitato pone l accento sul ruolo del processo di controllo prudenziale e della disciplina di mercato, in quanto complementi essenziali dei requisiti patrimoniali minimi. I tempi di attuazione non sono brevi, ma molto è il lavoro da fare. Per dare un idea dei tempi che l introduzione di questo nuovo sistema impone è opportuno considerare che l entrata in vigore della norma è stata definitivamente stabilita per il primo gennaio

17 3. Sistema imprenditoriale italiano Appare ormai chiaro come il rischio del credito rivesta un ruolo cruciale e come la diffusione dei sistemi di rating interno sia destinata a portare un evoluzione nelle tecniche di gestione dell affidamento bancario e quindi ne rapporti tra banca e impresa. Per comprendere appieno la portata di tale evoluzione è necessario anche esaminare la struttura tipica del tessuto imprenditoriale italiano. A giugno 2004 nel nostro paese risultavano attive quasi 5 milioni di imprese, costituite per il 55,3% da ditte individuali e forme giuridiche diverse dalle società di capitale e di persone (fonte Unioncamere). Su una popolazione di 57 milioni di abitanti, ciò significa circa un impresa ogni 11 abitanti. Questi dati ci dimostrano in maniera lampante come il nostro paese sia caratterizzato dalla prevalenza di imprese di piccole e piccolissime dimensioni. Le imprese di minori dimensioni hanno contribuito in misura rilevante ai fenomeni di nascita imprenditoriale; la quota maggiore di nuove imprese risulta non avere addetti, si tratta di imprese basate sul lavoro prevalente del titolare e dei familiari. Solo una quota pari allo 0,4% del totale di nuove imprese nel 2000 impiegava oltre 20 addetti. Ma questa non è una particolarità che caratterizza solo il nostro sistema economico. L Osservatorio sulle PMI europee fornisce un quadro costantemente aggiornato della situazione europea e 17

18 disegna una situazione analoga a quella più circoscritta del nostro paese. L importanza delle piccole e medie imprese è tanto alta che l Osservatorio definisce le PMI i veri giganti dell economia europea. Le microimprese danno lavoro, nel territorio dell Unione Europea a circa il 34% del totale degli occupati contro l 11% degli Stati Uniti. Tutta l Europa si caratterizza per la presenza significativa di imprese che hanno una dimensione assai inferiore a quella media degli Stati Uniti per dare un idea delle differenze dimensionali tra le due realtà basti pensare che la statunitense Small Business Administration non contempla la media impresa e che la soglia dimensionale stabilita per passare dalle piccole alle grandi è di 500 addetti, ed in certi casi tale soglia è innalzata a Per dare un idea di come sia diversa la situazione in Europa, si pensi che un impresa del vecchio continente includendo anche colossi come Nokia e Siemens offre occupazione a sei persone, media che scende a 4 per PMI. Ancora dati: nell aggregato europeo, considerata nella versione allargata a 19 paesi, le microimprese (non oltre i nove addetti) impiegano oltre un terzo degli occupati (34%), mentre negli USA ne assorbono solo l 11%; le piccole imprese (50/249 addetti) il 13%; le grandi imprese (oltre 250 addetti) assorbono il 34% dell intera popolazione lavorativa (industria e servizi). 18

19 Tutto ciò non fa che confermare l importanza delle PMI nel tessuto industriale e produttivo europeo, importanza accresciuta dal fatto che, nel periodo , mentre le grandi imprese hanno perso posti di lavoro, l occupazione tra le PMI è aumentata, evidenziando così una tendenza piuttosto consistente. La pianificazione e la programmazione aziendale rappresentano per molte piccole e medie imprese elementi non utilizzati in quanto ritenuti sovradimensionati rispetto alle dimensioni aziendali. Ma questo ragionamento ormai non è più idoneo a rispondere alle necessità di qualsivoglia azienda, soprattutto ora che le regole che disciplinano l accesso al credito si accingono a divenire assai più complesse. Non è più possibile che un imprenditore creda di gestire un azienda mediante mero intuito o semplici sensazioni; una gestione del genere è certamente destinata a fallire gli obiettivi primari che la ispirano, la massimizzazione del reddito a medio e lungo termine e il raggiungimento di un equilibrio finanziario globale. La complessità dell economia e i rapidi mutamenti che la contraddistinguono rendono necessario il possesso di informazioni riguardanti l andamento aziendale. Poiché la valutazione della capacità futura dell azienda di rimborsare il credito non può che essere valutata su dati prospettici, lo sforzo di definizione e di utilizzo di validi sistemi di pianificazione e controllo di gestione è condizione 19

20 imprescindibile per uno sviluppo aziendale che sia reale e duraturo, in quanto esprime la capacità di porsi obiettivi concreti, di perseguirli e di verificarne i risultati raggiunti. 20

21 4. I soggetti interessati al cambiamento I processi di cambiamento e il dibattito che ne deriva coinvolgono un numero sempre maggiore di soggetti differenti. Le novità, infatti, non interessano solo le banche ma tutto quanto il mercato creditizio. Da un lato quindi le banche in quanto intermediario creditizio che raccoglie fondi e li concede in prestito, dall altro il cliente che ricorre al prestito bancario. Si tratta di un mondo complesso, popolato da molti attori diversi l uno dall altro. In Italia sono presenti 788 banche che, tramite una rete di sportelli, erogano prestiti per miliardi; i clienti affidati dal sistema bancario (persone fisiche e giuridiche) sono , e di questi sono affidati per un importo superiore a Euro. Questi dati forniscono importanti informazioni sulle caratteristiche del mercato italiano che è caratterizzato da un elevato numero di imprese fortemente legato al circuito del credito bancario. Tali elementi rendono la proposta di Basilea 2 importante e al tempo stesso delicata, e sono alla base dei timori che essa suscita in quanto norma concernente le modalità di valutazione del credito. Per cogliere ancora più a fondo le peculiarità del mercato italiano basta osservare quello statunitense: in esso è maggiormente diffuso il ricorso da parte dell impresa a strumenti finanziari di raccolta diretta del debito e quindi proporzionalmente inferiore la dipendenza dal credito 21

22 bancario con conseguenti minori preoccupazioni circa i cambiamenti nell operatività delle banche. È altrettanto vero che la proposta del Comitato si affaccia al termine di una fase economica espansiva mentre il dibattito che ne consegue vede sullo sfondo un ciclo negativo certamente complice dei toni pessimistici assunti dal dibattito stesso. Va innanzitutto segnalato che alcuni dei timori emersi già nel corso del 2002 non hanno fondamento ed è altresì plausibile che i tempi di applicazione del nuovo impianto normativo, non brevi, consentiranno eventuali aggiustamenti atti a limitare gli inconvenienti di un applicazione lacunosa. Non è nemmeno da escludere un prolungamento del periodo di transizione verso l applicazione di una nuova normativa; l Associazione bancaria Britannica, nel 2003, è giunta addirittura a proporre una proroga dell entrata in vigore, peraltro seccamente rifiutata dalla Commissione Europea, al Tali problematiche comunque sono tenute in debita considerazione dal Parlamento Europeo, il quale ha funzione consultiva nei confronti del Consiglio: esso pur ribadendo l inevitabilità di un processo così importante nella sostanza da non poter essere fermato, fin dal 2003 ha accolto ed inserito in diverse relazioni le numerose osservazioni critiche volte a modificare gli aspetti più controversi dell accordo emerse nel corso dei dibattiti. Un ultima precisazione riguarda l ambito di applicazione: originariamente il Comitato era intenzionato ad 22

23 applicare il nuovo accordo limitatamente alle grandi banche internazionali, ma successivamente, sotto le insistenze in particolare della Commissione Europea, si è giunti alla decisione di coinvolgere l intero sistema. Ma tale discussione è ancora viva: gli Stati Uniti hanno dichiarato, in diverse occasioni, che intendono muoversi nel solco della proposta originaria, cioè applicare la norma solo alle grandi banche attive internazionalmente. La Commissione Europea ha auspicato che tale proposito sia rivisto, per adattarsi al fine europeo di applicazione uniforme a tutte le banche; è evidente che se ciò non accadesse, si creerebbero condizioni di disparità concorrenziale tra aree geografiche, persino contrarie alle intenzioni del Comitato, che mira a creare standard uniformi per i diversi paesi. 23

24 5. Conseguenze per le imprese: il rating Da quanto esposto emerge la constatazione che le banche, dovendo rispettare i nuovi requisiti patrimoniali imposti dagli accordi di Basilea 2 e, quindi, i nuovi parametri negli accantonamenti operati a copertura dei crediti, sono costrette, nella pratica, a classificare la loro clientela sulla base di rating più severi e, soprattutto, maggiormente complessi ed articolati. Secondo la definizione data dall ABI, per il sistema delle imprese italiane il rating si pone come un insieme strutturato e documentabile di metodologie e processi organizzativi che permettono la classificazione su scala ordinale del merito di credito di un soggetto e che quindi consentono la ripartizione della clientela in classi differenziate di rischiosità cui corrispondono diverse probabilità di insolvenza. In altri termini il rating consente una valutazione dell affidabilità dell impresa basata su elementi soggettivi, confrontabili, e tendente all eliminazione di ogni discrezionalità nell erogazione del credito. Per cogliere a fondo la portata della novità si ricordi che nel nuovo sistema tutte le imprese saranno assoggettate a rating per la stima del loro rischio di insolvenza. Ciascuna impresa pertanto, se ritenuta meritevole di attivazione del credito, verrà inserita in una classe di merito creditizio, cui corrisponderà un diverso grado di rischio di insolvenza e, conseguentemente, un diverso livello di condizioni economiche e di garanzie richieste. 24

25 Calcolabile secondo diversi criteri, questo nuovo indicatore permetterà di migliorare il costo del credito per le aziende più virtuose. Dal momento che il Nuovo Accordo introduce una diretta corrispondenza tra accantonamento a capitale e rischio del debitore, è evidente come si manifesta una tendenza a differenziare le imprese più solide da quelle con rischio di insolvenza più elevato. Inoltre, se è vera la premessa che l accantonamento a patrimonio di vigilanza si configura come un costo per la banca e che, come tale, diviene una delle componenti della definizione del pricing del credito, si può affermare che le imprese che presentano elevati livelli di rischio di insolvenza potranno subire effetti di contrazione del credito oppure eventuali aumenti di tassi e commissioni da parte delle banche per coprire i costi relativi all implementazione dei sistemi di rating, che senza dubbio rappresentano un onere per le banche sia per la loro creazione che per la formazione del personale che dovrà utilizzarli. Riassumendo, secondo le regole di Basilea 2 le esposizioni avranno ponderazioni molto differenziate ed articolate in funzione dei giudizi di merito creditizio assegnati alle singole controparti. 25

26 5.1 Definizione di rating di un impresa Il nuovo schema è complesso ma flessibile in quanto ad applicazione. Prevede, infatti, tre opzioni: Metodo standard (un po più complesso di quello in vigore); Metodo dei rating interni Foundation (metodo base); Metodo dei rating interni Advanced (metodo avanzato). L adozione di un sistema è discrezionale da parte della singola banca, anche se, di fatto, esistono circostanze che ne indirizzano la scelta. In ogni caso, ciò che è certo è che tali regole hanno un impatto immediato e forte su ciò che la banca può fare con il capitale e inducono un cambiamento rilevante che si inquadra nel differente approccio di rilevazione di capitale di vigilanza e capitale economico. È opportuno quindi approfondire i diversi approcci ammessi alla misurazione del rischio di credito, da quello standard a quello interno. Va subito precisato che, per la banca, si tratta di passare da uno stadio di complessità metodologica e procedurale semplice (attuale) ad uno più complesso; in generale si può dire che i modelli interni rappresentano un passaggio superiore rispetto a quello standard. Il Comitato ha inteso dare una forma flessibile al nuovo Accordo: nessuna banca potrà esimersi da una certa misura di cambiamento, ma avrà la facoltà di decidere se optare per la 26

27 sua forma più semplice, il cosiddetto metodo standard. In sostanza si può affermare che il nuovo metodo standard sostituisce l attuale. Si tratta di una versione riveduta di quanto previsto dall accordo del 1988 per il rischio del credito. Come già è stato detto in quella fase si decise di assegnare alle attività rischiose alcuni coefficienti di ponderazione del rischio; abbiamo anche già esposto i limiti insiti in tale approccio, caratterizzato da un eccessiva standardizzazione. Il metodo standard di Basilea 2 intende proprio superare questo limite, creando la via per conciliare la standardizzazione di un modello semplice ed uguale per tutti e l esigenza di rendere più sensibili al rischio effettivo le attività creditizie. Con il termine sistema di rating si intendono tutte le metodologie, le procedure, i controlli, la raccolta dati e i sistemi tecnologici utilizzati per la determinazione del rischio di credito, l attribuzione dei rating interni e la quantificazione delle stime di perdita. Il sistema deve fornire una valutazione distinta tra quella riferita al prenditore e quella concernente le caratteristiche dell operazione; deve inoltre consentire una significativa differenziazione del rischio. La banca deve possedere un minimo di 6-9 classi di rating per i crediti vivi e un minimo di due per i crediti anomali. Va precisato che per classe di rating si intende una valutazione del rischio del prenditore effettuata sulla base di una gamma di specifici e distinti criteri di valutazione. L assegnazione di un 27

28 rating a ciascun prestatore in un dato portafoglio dovrà avvenire prima dell erogazione del credito. Vediamo ora come si sviluppano i vari metodi nella proposta di Basilea 2. a) Metodo standard Diciamo subito che la novità sta nella comparsa, legittimata dall impianto normativo, del rating concesso dalle agenzie specializzate. Il rating non costituisce certo una novità, ma è la prima volta che un impianto normativo riconosce il rating come misura effettiva di rischio da utilizzarsi per determinare l assorbimento di capitale. In sostanza, le banche, per determinare le ponderazioni del rischio secondo questo metodo, potranno fare affidamento su valutazioni esterne del merito creditizio (rating). Il Comitato riconosce validi ai fini regolamentari i giudizi delle agenzie per la valutazione del merito creditizio che soddisfino i requisiti di obiettività, indipendenza, trasparenza e pubblicità delle informazioni, risorse e credibilità. Ha definito inoltre una serie di regole vincolanti per autorizzare il ricorso al rating: innanzitutto le banche dovranno attenersi a criteri di prudenza e coerenza nell utilizzo dei dati forniti dalle agenzie; qualora a diverse valutazioni da parte delle agenzie corrispondano differenti ponderazioni di rischio, 28

29 la banca dovrà utilizzare la valutazione peggiore, quella cioè che rappresenta la valutazione prudenziale. Nell ambito del metodo standard la riconduzione delle valutazioni delle agenzie alle varie classi di ponderazione dei rischi spetta all autorità di vigilanza: lo stesso Comitato propone a tal proposito proprie tabelle. Poste queste premesse sull utilizzo di rating già esistenti, le banche sono tenute ancora a suddividere le loro esposizioni creditizie in categorie basate sulle caratteristiche degli impieghi. L ambito che più ha fatto discutere dal momento che modifica profondamente la tabella dei coefficienti è quello delle esposizioni verso le imprese private. Da un unica percentuale del 100% si passa a cinque classi di ponderazioni, dal 20% al 150%. La ponderazione per i crediti privi di rating sarà del 100%. La revisione introdotta da Basilea 2 aggiunge, dunque, una classe di rischio del 50%, e procede ad una riformulazione delle ponderazioni applicate alle imprese che hanno una qualità creditizia più bassa. Le modifiche hanno origine da analisi addizionali effettuate sull incidenza delle perdite a fronte dei finanziamenti alle imprese. Il punto cruciale di questo approccio è proprio questo: il mantenimento del valore pari al 100% per le esposizioni riferite a soggetti privi di rating evidenzia che, in questo caso, l ammissione al riconoscimento del rating è quasi un fatto accessorio: se esso non è disponibile, tutto resta come prima. 29

30 Bisogna però precisare che la ponderazione del 100% per le imprese prive di rating rappresenta in realtà una soglia minima, poiché le autorità di vigilanza potranno maggiorare questa ponderazione standard, almeno nel caso in cui sia giustificato dal tasso di insolvenza medio rilevato nella propria giurisdizione. Ma il metodo standard prevede anche uno specifico trattamento per le esposizioni al dettaglio. Le ponderazioni per i mutui ipotecari su immobili di tipo residenziale abitati verranno ridotte rispetto all Accordo attuale passando da una ponderazione del 50% ad una del 35%. Si ribadisce invece la ponderazione al 100% per i crediti garantiti da ipoteche su immobili non residenziali. I crediti retail (esposizioni al dettaglio) riceveranno con Basilea 2 una ponderazione inferiore a quella prevista per le esposizioni verso imprese senza rating: infatti, dall attuale 100% si scenderà al 75%. I criteri per l appartenenza a questa classe sono previsti dall accordo stesso: criterio della destinazione: esposizioni nei confronti di persone fisiche o imprese di piccole dimensioni; criterio della tipologia: linee di credito di tipo rotativo (carte di credito, scoperti di conto corrente, ecc.), prestiti personali, crediti al consumo, leasing per acquisto di autoveicoli; 30

31 criterio del frazionamento: esposizione aggregata verso una controparte non superiore allo 0,2% del portafoglio retail complessivo; criterio dell esposizione unitaria massima consentita: deve essere inferiore a 1 milione di euro in valore assoluto. Lo Standard Approach non si discosta molto dal sistema attuale (Basilea 1), che prevede un accantonamento dell'8% a fronte di ogni impiego; tuttavia, viene introdotto un correttivo per legare maggiormente i requisiti patrimoniali al rischio derivante dagli impieghi; in pratica, alle varie attività dovranno essere assegnati dei coefficienti di ponderazione commisurati al rischio ed il Comitato propone di basare queste ponderazioni su valutazioni esterne della qualità creditizia (rating esterni forniti da Moody's, S&P, ecc.). Le ponderazioni consentiranno di ridurre gli accantonamenti di capitale per gli impieghi verso le aziende con rating molto buoni (AAA, AA, A, ecc.) e di maggiorare gli accantonamenti verso le imprese con i rating peggiori (CCC, D, ecc.), mentre per gli impieghi verso aziende con rating medi e verso aziende senza rating la ponderazione sarà neutrale (100%). Considerando il limitatissimo numero di aziende italiane che dispongono di un rating esterno, di fatto questo approccio non porterà particolari benefici alle banche, lasciandole sostanzialmente nella situazione attuale. Una ricerca di Unioncamere dell'ottobre 2003 ha effettuato una 31

32 simulazione, esaminando i bilanci dell'esercizio 2002 di imprese italiane. Il 65% si colloca nelle quattro classi centrali (BBB-, BB+, BB e BB-), parzialmente critiche. Il 14,99% ha una buona valutazione (singola A) e solo lo 0,02% può vantare la tripla A; oltre il 7% ha un rating peggiore (D). b) Metodo dei rating interni: base e avanzato Quanto ai metodi IRB, l'adozione dell'approccio avanzato (c.d. Advanced Approach) dovrebbe consentire i più rilevanti vantaggi sul piano regolamentare ed operativo, nonché i maggiori benefici patrimoniali. In realtà, sulle scelte delle singole banche sarà determinante il ruolo di Banca d'italia. Si è da più parti sottolineato che la Banca d'italia ha indicato di attendersi che tutti i gruppi bancari italiani con patrimonio tier 1 consolidato superiore a 3 miliardi di euro adottino gli approcci basati sui modelli interni. Anche se per il momento si tratta solo di ipotesi, è possibile pensare che i maggiori istituti punteranno fin dall'inizio al terzo livello e che le altre banche dovranno via via allinearsi almeno al secondo livello. 32

33 5.2 I modelli IRB e le Pmi Il Comitato di Basilea 2 ha fornito soprattutto un quadro di riferimento, non regole dettagliate, quindi il metodo di calcolo del rating interno da un istituto di credito potrà differire anche significativamente da quello adottato da un altro istituto, sia con riferimento agli elementi considerati, che al peso attribuito ad ognuno di essi. Secondo Torriero dell'abi, i modelli IRB possono essere definiti come «Un insieme strutturato e documentabile di metodologie e processi organizzativi che permettono la classificazione su scala ordinale del merito di credito di un soggetto e che quindi consentono la ripartizione di tutta la clientela in classi differenziate di rischiosità, a cui corrispondono cioè diverse probabilità di insolvenza». Le imprese saranno quindi valutate, con riferimento alla rischiosità, vale a dire alla probabilità di insolvenza, sulla base di una scala ordinale di merito ed attraverso l'utilizzo di metodologie e di processi organizzativi idonei (ed approvati da Banca d'italia). Secondo le indicazioni previste dall'accordo, per poter utilizzare i metodi IRB, le banche dovranno dimostrare di avere adottato l'uso interno dei modelli da almeno tre anni. Per questo, già nel 2003 si sono avuti almeno i primi tentativi di definizione di metodologie e processi. 33

34 Segnalata quindi l'ampia discrezionalità di cui godranno le banche per definire i propri metodi IRB, quali elementi di valutazione utilizzeranno in concreto le banche? Attualmente, è possibile identificare diverse classi di elementi: 1) Caratteristiche proprie dell'azienda, come la capacità storica e futura di generare liquidità, la struttura patrimoniale, la flessibilità finanziaria, la qualità dei ricavi, la qualità e la tempestività delle informazioni, del management, della posizione nel settore, ecc; 2) Caratteristiche ed andamento del settore in cui opera l'azienda; si tratta di informazioni legate al settore, al mercato in generale ed al mercato locale; 3) Andamento del rapporto "banca/azienda"; si tratta di tutti quegli elementi che la banca può desumere dal rapporto storico con l'azienda cliente (utilizzo degli affidamenti, sconfini, insoluti, ecc.); 4) Andamento del rapporto "azienda/sistema bancario" (dati desumibili dalla Centrale dei Rischi e da strumenti analoghi). Come si vede, le aziende hanno molti elementi su cui lavorare per evitare di giungere impreparate all'appuntamento con il rating. Non solo dovranno adoperarsi per migliorare la propria struttura finanziaria e patrimoniale, ma anche la quantità, la qualità e la tempestività delle informazioni verso l'esterno. 34

35 Le caratteristiche quali-quantitative sopra indicate saranno fondamentali per il processo di valutazione della clientela da parte degli istituti di credito. E' possibile affermare che gli aspetti quantitativi avranno un peso rilevante, in considerazione del fatto che essi sono più oggettivi e verificabili, specialmente per le Pmi. Gli aspetti qualitativi avranno un peso significativo nella valutazione di aziende molto piccole, ma saranno sempre in secondo piano rispetto ai "numeri" - ai fondamentali - dell'azienda (volendo azzardare l'attribuzione di un peso percentuale, è possibile affermare che gli aspetti quantitativi potrebbero pesare per il 75% circa, mentre quelli qualitativi per il 25% circa). 35

36 6. Le problematiche delle piccole e medie imprese Esaminata nelle sue parti principali la struttura della proposta di revisione normativa occorre ora chiedersi perché questo nuovo scenario coinvolga le imprese già da diversi anni e quindi con largo anticipo sull effettiva entrata in vigore del nuovo regime normativo prevista, giova ricordarlo, per il gennaio È chiaro che esso riguarda le banche che dovranno adeguare i loro sistemi e comportamenti; gli enti normativi nazionali ed internazionali avranno il compito di vigilare sulle banche e indirizzare le loro scelte di attuazione. Ma poiché la parte principale del nuovo corpo normativo (senz altro la più incisiva poi sul piano attuativo e pratico) attiene alla misurazione del rischio di credito, attività ordinaria per la banca tradizionale, ecco che viene coinvolta direttamente la controparte del prestito, tipicamente l impresa che attinge al debito per finanziare il proprio sviluppo. È certo che il mondo imprenditoriale, sulla base di un rapporto con la banca storicamente conflittuale, si vede in un certo senso minacciata dall introduzione del nuovo accordo; le imprese, in quanto generatori di rischio (ma anche di reddito) per la banca, sono tenute ovviamente a comprendere l impatto del nuovo scenario del credito e in una certa misura a predisporre la loro struttura all imminente cambiamento. È questa la ragione per la quale il dibattito si svolge su due differenti fronti. 36

37 Si può affermare che l aspetto più interessante del cambiamento non toccherà tanto la banca e l impresa come entità ben distinte, ma andrà assai più a fondo, instaurando tra questi due soggetti un nuovo e profondamente diverso rapporto tra essi. Da quanto detto emerge in modo evidente come l erogazione del credito sarà sempre più connessa a schemi di valutazione oggettivi e standardizzati ed il costo del finanziamento per l impresa sarà legato alla valutazione ad essa associata. Il rapporto banca-impresa sta dunque subendo una modifica sostanziale che le aziende italiane non possono ignorare. La dimensione imprenditoriale (sia delle banche che delle imprese) sta diventando un elemento determinante per l individuazione delle tipologie di rapporti. Nel caso estremo riguardante i rapporti tra grandi banche e grandi imprese, le dimensioni imprenditoriali ed organizzative dovrebbero giustificare l adozione di metodi di analisi del rischio più sofisticati, basati in parte su dati reperibili da documenti formali o di comune accesso (bilanci, analisi di settore, centrale rischi, andamento dei rapporti banca impresa, informazioni sulla struttura produttiva e commerciale), integrate da analisi condotte sul campo inerenti l approfondimento dei programmi di sviluppo, l esame dell andamento degli investimenti, la valutazione delle aspettative del management, la ricognizione sulla probabile evoluzione della struttura societaria. 37

38 Questo approccio, è evidente, richiede l istituzione di un rapporto tra banca e impresa nuovo, continuativo, alla pari, impostato su un clima di reciproca fiducia, imperniato sull incontro e sul rispetto delle professionalità messe in campo dalle parti e basato sulla reciproca convenienza imprenditoriale a fornire (da parte dell impresa) tutte le informazioni richieste e ad individuare (da parte della banca) le più idonee risposte in termini di servizi offerti. Ciò significa anche dire modificare profondamente abitudini ed approcci sia da parte delle banche che da parte delle imprese. Se da un lato, per banche ed imprese di dimensione mediogrande, Basilea 2 individua un percorso in parte innovativo (soprattutto perché istituzionalizzato) basato sull attribuzione di un livello di rating (interno o esterno che sia), più semplice, più approssimativo e più burocratico, dall altro la nuova normativa sollecita, pur in modo poco pressante, ad andare oltre questa logica. In questo contesto sono da inserire le piccole e le medie imprese di natura industriale e commerciale. C è da attendersi che nella maggior parte dei rapporti (in termini numerici), le banche adottino il metodo standard, mentre analisi più sofisticate saranno riservate ad un numero minore di rapporti, anche se di maggiore rilievo economico per 38

39 le banche e di maggiore importanza in termini di esposizione complessiva. Il metodo standard, per la sua relativa semplicità, permette, infatti, di ridurre ai minimi termini la ricerca di elementi più significativi atti a costruire la valutazione del rischio di credito, ma alla fine danneggia il rapporto con le piccole e medie imprese, permettendo alla banca di evitare di predisporre metodologie sofisticate che necessariamente necessitano di un certo periodo di sperimentazione pratica e, una volta a regime, seguite e mantenute con costanza ed assiduità. Questo atteggiamento favorisce quindi la dispersione dei rapporti che permettono di applicare prezzi penalizzanti, di richiedere garanzie sussidiarie spesso sproporzionate e di offrire un prodotto di bassa qualità e di costo elevato (favorendo almeno potenzialmente il moltiplicarsi di scoperti di conto perlopiù non controllati dal cliente). La logica di fondo di Basilea 2 si sintetizza nel fatto che più la banca si fa carico del rischio affidando un cliente, più capitale proprio deve essere impegnato per il fido di tale cliente. Bisogna dunque che le imprese prendano atto che la possibilità di una crescita basata sull indebitamento bancario sarà sempre più difficile da attuare ed inoltre che pongano attenzione particolare agli equilibri della gestione corrente. 39

40 Riguardo al sistema finanziario nel suo complesso, come abbiamo visto, l obiettivo di Basilea 2 sta nel preservare la stabilità dell intermediario per tutelare vari interessi collettivi tra i quali l interesse alla tutela del risparmio dei soci e dei finanziatori (obbligazionisti e correntisti per esempio) della banca, l interesse alla tutela delle altre aziende affidate, che potrebbero avere difficoltà a reperire nuovi fondi in caso di crisi di liquidità improvvisa della banca, e l interesse alla tutela del sistema finanziario nel suo complesso da un effetto domino che estenda l insolvenza alle altre banche e potenzialmente a grandi parti del sistema industriale. Appare evidente, quindi, come derivino conseguenze sia sulle banche che sulle imprese. Per quanto riguarda le banche, innanzitutto, il punto cruciale della questione è costituito dal rispetto dei requisiti patrimoniali minimi: esse cioè saranno costrette a rivedere l insieme dei crediti e la relativa rischiosità. Con il nuovo Accordo, infatti, si prevede una scala di pesi differenti, commisurati al grado di rischio di ogni singola impresa e calcolati dalla stessa banca, nel caso in cui venga seguito l approccio dei rating interni, oppure predefiniti dallo stesso Comitato nel caso in cui venga applicato l approccio standard. Da ciò discende che la banca sarà stimolata ad affinare le proprie tecniche di misurazione del rischio, ad attribuire la giusta enfasi anche ad elementi di natura qualitativa e a sviluppare al suo interno la professionalità del 40

41 personale di contatto con la clientela al fine di potenziare la capacità di analisi dei nuovi profili. Inoltre, il grado di patrimonializzazione della banca è correlato al rating dell impresa, il quale dipende dal rischio, poiché Basilea 2 chiede alle banche di garantire la copertura del rischio attraverso mezzi propri, le stesse, a loro volta, chiederanno alle imprese italiane una maggior presenza di capitale proprio e minor indebitamento. Precedentemente alle nuove implicazioni dell Accordo, gli istituti di credito avevano sempre dato importanza quasi esclusivamente alla rischiosità della specifica operazione di prestito, attribuendo una valutazione positiva in tutti quei casi in cui la stessa era adeguatamente garantita e subordinando la valutazione del soggetto richiedente il fido. A seguito dell introduzione dei nuovi principi, le banche dovranno effettuare una valutazione anche del soggetto che contrae il debito; si richiede, infatti, agli istituti di credito di considerare i propri clienti valutando separatamente due elementi: Il rischio del richiedente il fido Il rischio associato alla singola operazione I due profili di rischiosità, valutati congiuntamente, e la prospettiva di valutazione sarà pertanto spostata sul fatto che la principale garanzia del rimborso di un prestito è rappresentata 41

42 dalla capacità dell idea imprenditoriale finanziata di generare un flusso finanziario sufficiente al rimborso del credito, con le modalità e nel rispetto delle scadenze prefissate. Per ogni cliente sarà aperta un istruttoria, che avrà come obiettivo quello di raccogliere i dati che poi verranno utilizzati dalla banca per prendere delle decisioni relativamente alla concessione del credito. Nell istruttoria saranno tenuti in considerazione i dati che riassumono il comportamento tenuto dal cliente con il singolo istituto di credito e con il sistema creditizio nel suo complesso. Verrà analizzato il comportamento del cliente con ogni tipo di soggetto finanziatore specializzato, quindi anche società di leasing o di factoring ed eventuali anomalie verso tali soggetti saranno censite e comunicate a tutti gli operatori del sistema creditizio. L Accordo offre alle banche interessanti opportunità, tra cui la possibilità di gestire in maniera attiva il rischio del credito, con la conoscenza dei livelli di rischiosità di tutto il portafoglio impieghi ed il rafforzamento della capacità valutativa con conseguente miglioramento dell efficienza e della velocità nel processo di erogazione del credito. Le banche rafforzeranno la diffusione di una maggiore trasparenza nei rapporti banca impresa. Lo sviluppo della comunicazione tra banca ed impresa diviene fondamentale per 42

43 garantire solidità economica e finanziaria al sistema economico del nostro Paese. Si avrà, perciò, un duplice beneficio: da un lato, la banca venendo in possesso di tutte le informazioni necessarie, potrà valutare e consigliare il cliente e, dall altro, l impresa troverà così nella banca un nuovo partner di sviluppo a cui ormai non potrà più rinunciare. Tutte queste novità avranno ovviamente un forte impatto anche sulle imprese, imponendo loro nuove esigenze di trasparenza ed obbiettività. Alla base dell affidamento bancario, fino ad oggi, vi sono stati soprattutto il rapporto e la conoscenza dell imprenditore; in futuro la valutazione della banca avverrà sulla base di dati oggettivi riguardanti l impresa, con margini discrezionali molto ridotti. Ciò avverrà sia per una logica di rispetto formale dell Accordo, per cui il processo di affidamento dovrà essere trasparente perché potenzialmente oggetto di auditing da parte dell organo di sorveglianza, sia per motivi sostanziali, in quanto in base al rating varierà il costo per la banca in termini di requisiti di capitale assorbito dall operazione. Sarà perciò inevitabile l effetto di traslazione degli affidamenti verso la clientela con i migliori rating e di divaricazione del costo delle operazioni a vantaggio di queste stesse imprese. Di conseguenza, migliorare il proprio rating dovrà essere uno 43

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