Il nuovo accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali

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1 Il nuovo accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali L accordo per i requisiti patrimoniali delle banche ha modificato il rapporto tra imprese e mondo finanziario. L accordo si articola in tre punti fondamentali: i requisiti minimi patrimoniali; il controllo prudenziale dell adeguatezza patrimoniale; i requisiti di trasparenza delle informazioni. Il sistema di misurazione del capitale Nel 1988 il Comitato di Basilea ha introdotto un sistema di misurazione del capitale (comunemente chiamato «primo» Accordo di Basilea sul Capitale), al quale hanno aderito fino ad oggi le autorità centrali di oltre 100 paesi; tra le varie cose, ha stabilito anche l'obbligo, per le banche, di accantonare capitale nella misura dell'8% del capitale erogato, allo scopo di garantire solidità alla attività creditizia e preservarne l integrità patrimoniale a tutela dei propri depositanti. Questa regola presenta intrinsecamente dei limiti di particolare rilevanza, poiché la percentuale dell '8% di accantonamento può essere ritenuta elevata per una controparte «tranquilla», ma insufficiente per un impiego giudicato rischioso. Allo stesso tempo, questo tipo di valutazione non tiene conto di varianti di rischio quali le truffe od i rischi derivanti dal mercato, che in questi anni hanno influenzato notevolmente la solidità patrimoniale delle banche. Di conseguenza, la quantità di capitale assorbito è, dopo anni di esperienza e nonostante l introduzione di una serie di correttivi, ormai giudicata universalmente troppo poco sensibile al rischio. Anche per questo motivo, all inizio del 2001 il Comitato di Basilea ha pubblicato «The New Basel Capital Accord», un documento di consultazione che ha accompagnato, con un processo valutativo e consultativo, il sistema bancario internazionale alla definizione di una nuova regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche. Nei mesi che sono succeduti si è avviato un processo di lavoro, che sotto il coordinamento del Comitato ha portato a raccogliere numerosissimi contributi (forniti dalle banche che hanno preso parte ai suoi «studi di impatto»). Tali studi si prefiggevano di raccogliere informazioni dalle organizzazioni bancarie di tutto il mondo relativamente all impatto delle proposte avanzate in materia di adeguatezza patrimoniale sui loro portafogli esistenti. Sono state coinvolte oltre 350 banche di varia dimensione e complessità

2 appartenenti a più di 40 paesi che hanno partecipato all ultimo studio quantitativo, noto come «QIS 3». Questo processo ha portato nell aprile dello scorso anno alla diffusione di un documento di lavoro il cosiddetto «CP3», di circa 200 pagine e oltre 700 punti - in relazione al quale nei mesi successivi sono state presentate oltre cinquanta note di commento dalle banche centrali e dagli organismi finanziari dei paesi coinvolti (per l Italia, ricordiamo l ABI e l ASSILEA). Successivamente a questo percorso consultativo e di discussione, in occasione dell incontro del Comitato avvenuto lo scorso 11 ottobre a Madrid, è stato stabilito che entro il 2004 sarà pubblicato il documento conclusivo che porterà all'attuazione dell'accordo, prevista, salvo slittamenti, per la fine del È però ipotizzabile che fino alla data di questa pubblicazione continueranno ad essere proposti degli aggiustamenti, visto il fermento in corso sull argomento all interno del mondo finanziario. New Basel Capital Accord Il «New Basel Capital Accord» articola le proprie argomentazioni su tre «pilastri», costituiti dai Requisiti patrimoniali minimi, dal controllo prudenziale dell adeguatezza patrimoniale e dai requisiti di trasparenza delle informazioni. Requisiti patrimoniali minimi La definizione dei Requisiti patrimoniali minimi costituisce il primo pilastro e riveste un ruolo fondamentale nell insieme delle argomentazioni di assuefazione dei rischi (commerciali, di mercato ed operativo) che vanno ad impattare con la richiesta di credito delle imprese. La loro quantificazione discende, dice il Documento, dalla definizione del patrimonio di vigilanza, dalla attuazione di attività ponderate in base al rischio e dal coefficiente minimo di capitale in rapporto alle attività ponderate per il rischio. Una serie di elementi sono ripresi dall Accordo del 1988, come la definizione di coefficiente patrimoniale in cui il numeratore rappresenta l ammontare di capitale a disposizione di una banca e il denominatore una misura dei rischi cui questa è esposta (e, come tale, coincide con la definizione di attività ponderate per il rischio). Il coefficiente patrimoniale che ne risulta non può essere inferiore all 8%, in questa maniera, le regole che definiscono il patrimonio a fini di vigilanza restano invariate. I cambiamenti intervengono invece in ciò che attiene alla definizione di attività ponderate per il rischio, ovvero nelle metodologie impiegate per misurare i rischi in cui incorrono le banche. I nuovi metodi per il calcolo delle attività ponderate sono volti, come si diceva, a migliorare la valutazione della rischiosità da parte delle istituzioni bancarie e, pertanto, a rendere

3 più realistici i coefficienti patrimoniali che da quella derivano. La principale innovazione del «secondo» Accordo consiste appunto nell introduzione di tre distinte opzioni di calcolo per il rischio di credito e di altre tre opzioni per il rischio operativo, mentre per il rischio di mercato si convalida quanto già previsto nel Si è infatti raggiunta la convinzione che non sia auspicabile perseverare in un unico approccio per misurare queste due tipologie di rischio, ma, sia per il rischio di credito che per quello operativo (frodi, caduta dei sistemi, ecc.) vengono previsti tre metodi (Tavola 1) con crescente sensibilità al rischio, proprio per consentire a banche ed autorità di vigilanza di scegliere quello o quelli ritenuti più appropriati allo stadio di sviluppo dell operatività bancaria e dell infrastruttura di mercato. TAVOLA 1: DIFFERENTI METODI DI VALUTAZIONE PER TIPOLOGIA DI RISCHIO Rischio di credito Rischio operativo Metodo standard Metodo dell indicatore semplice («Basic Indicator Approach» - BIA) Metodo IRB di base Metodo standard Metodo IRB avanzato Metodi avanzati di misurazione («Advanced Measurement Approaches» AMA) Il metodo standard per il rischio di credito E simile a quello dell Accordo attuale: le banche sono tenute a suddividere le loro esposizioni creditizie in categorie prudenziali basate sulle caratteristiche evidenti degli impieghi (crediti verso imprese, mutui su immobili residenziali, ecc.), e vengono stabilite ponderazioni fisse di rischio, corrispondenti a ciascuna categoria prudenziale, per le quali ci si può avvalere di valutazioni esterne di «rating» al fine di rafforzare la sensibilità al rischio. L uso di rating esterni per la valutazione delle esposizioni verso imprese è ritenuto un elemento accessorio dello schema: per le esposizioni che ne sono prive, il metodo standard prescrive nella maggior parte dei casi l applicazione di una ponderazione di rischio del 100% che implica un requisito patrimoniale pari all 8% così come

4 nell Accordo ora vigente. In tali eventualità spetta agli organi di vigilanza assicurarsi che il requisito patrimoniale sia adeguato, alla luce delle inadempienze rilevate in passato, per il tipo di esposizione in questione. Un importante innovazione del metodo standard è la prescrizione secondo cui i prestiti considerati in mora dovranno essere ponderati al 150% (quindi con un requisito patrimoniale del 12%), a meno che la banca non abbia già iscritto a fronte di tali crediti accantonamenti specifici pari a una soglia prestabilita. Altro importante passo in avanti è l accresciuta gamma di garanzie reali, personali e derivati su crediti - definiti «strumenti di mitigazione del rischio di credito» - che le banche utilizzando questo metodo hanno la facoltà di riconoscere. Questo metodo, secondo quanto stabilisce il «Secondo Accordo», prevede un trattamento specifico per i crediti «retail»: ad esempio, le ponderazioni di rischio per i mutui ipotecari su immobili residenziali verranno ridotte rispetto all Accordo attuale, così come alcuni prestiti nei confronti di piccole e medie imprese potranno beneficiare del trattamento riservato ai crediti al dettaglio, a condizione che soddisfino speciali criteri, assicurando un trattamento migliore rispetto alle altre tipologie di credito sprovviste di «rating esterni». Proprio allo scopo di assistere banche e autorità nazionali di vigilanza nei casi in cui le circostanze non consentano il ricorso a un ampia gamma di opzioni, il Comitato ha elaborato un «metodo standard semplificato». In alternativa a questo primo approccio, ne viene presentato un secondo, realmente innovativo per le finalità dell Accordo, il metodo IRB («internal ratings-based approaches») attuabile con due varianti: una versione di base ed una avanzata. A fungere da input primari per il computo del patrimonio sono le valutazioni delle determinanti chiave del rischio, effettuate dalle banche al loro interno. Per questo motivo, sussiste un considerevole potenziale per ottenere requisiti patrimoniali più sensibili al rischio, perchè le ponderazioni di rischio e, di conseguenza, i requisiti di capitale, vengono ricavati dalla combinazione di input quantitativi forniti dalle banche e di formule indicate dal Comitato di Basilea. Queste formule di ponderazione del rischio, basate su moderne tecniche di gestione del rischio, implicano una valutazione statistica (quantitativa) della rischiosità, e convertono l input di una banca in uno specifico requisito patrimoniale. Nella «sperimentazione» di questi mesi è stato confermato come l uso del metodo IRB rappresenti un progresso nell elaborazione di significative stime del rischio per coprire un ampia gamma di tipologia di esposizioni. Molto brevemente, esso si fonda su quattro input quantitativi: 1) la probabilità di inadempienza «probability of default» PD misura la probabilità che il mutuatario si renda inadempiente nell arco di un dato orizzonte temporale;

5 2) la perdita in caso di inadempienza «loss given default» LGD rileva la parte dell esposizione che andrà perduta all eventuale verificarsi dell inadempienza; 3) l esposizione in caso di inadempienza «exposure at default» EAD che, per gli impegni di prestito, stima l ammontare della linea creditizia accordata destinato ad essere utilizzato in caso di inadempienza; 4) la durata «maturity» M, che esprime la scadenza economica residua dell esposizione. Stabilito un valore per ciascuno di questi quattro inputs, la funzione di ponderazione del rischio IRB per i crediti verso imprese, genera uno specifico requisito patrimoniale per ogni esposizione; per i crediti nei confronti delle imprese con fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro (l assoluta maggioranza di quelle operanti in Italia), è stabilito che le banche possano operare un aggiustamento in funzione della dimensione aziendale nella relativa formula IRB di ponderazione del rischio. I metodi IRB di base e avanzato (Tavola 2) differiscono soprattutto in termini di input forniti dalla banca in base alle proprie stime e di quelli specificati dall autorità di vigilanza. TAVOLA 2: APPROCCIO DIFFERENTE A SECONDA DEL METODO IRB PRESCELTO Input IRB di base IRB avanzato Probability of default (PD) Loss given default (LGD) Exposure at default (EAD) Maturity (M) Fornito dalla banca in base alle Fornito dalla banca in base proprie stime alle proprie stime Valori prudenziali fissati dal Comitato Fornito dalla banca in base alle proprie stime Valori prudenziali fissati dal Comitato Fornito dalla banca in base alle proprie stime Valori prudenziali fissati dal Comitato Fornito dalla banca in base ovvero a discrezione delle autorità alle proprie stime (talune nazionali di vigilanza, fornito dalla esposizioni potranno essere banca in base alle proprie stime portate in detrazione) (talune esposizioni potranno essere portate in detrazione) In considerazione del fatto che le funzioni di ponderazione del rischio poggiano sugli input generati dalle banche al proprio interno, appare possibile che si verifichino asimmetrie nel modo in cui i metodi IRB verranno applicati. Proprio per assicurare una significativa comparabilità delle informazioni tra le banche, sono stati previsti criteri minimi di idoneità all utilizzo di tali metodologie, volti ad accertare in termini di esaustività e di integrità, le capacità degli istituti di credito nel valutare in maniera endogena il rischio di credito. Infatti, se da un lato le istituzioni che utilizzano il metodo avanzato disporranno

6 di una flessibilità maggiore rispetto a quelle che impiegano il metodo di base, dall altro esse dovranno altresì conformarsi a una serie più rigorosa di criteri minimi: in poche parole, i sistemi di rating interni delle banche dovranno operare accurate e coerenti differenziazioni fra i vari gradi di rischio. Solidi meccanismi di controllo rappresentano un altro fattore importante per assicurare il corretto funzionamento di tali sistemi e l accuratezza dei relativi risultati. Va da sé che la validità di un sistema di rating interni è pari a quella degli input impiegati per costruirlo. I requisiti minimi fissati nel Basilea 2 conferiscono alle banche flessibilità nell utilizzo sia dei dati tratti dalla loro stessa esperienza, sia di quelli provenienti da fonte esterna, nella misura in cui esse potranno dimostrare la significatività di tali informazioni per i portafogli in loro possesso. In altri termini, è auspicabile che le banche dispongano di processi che, nel corso del tempo, consentano loro di raccogliere, archiviare e utilizzare in maniera affidabile i dati di perdita. Per quanto riguarda il rischio di perdite derivanti dell utilizzo di processi, personale e sistemi interni inadeguati o carenti, oppure dovute ad eventi esogeni (il «Rischio Operativo»), l Accordo lo considera un importante fattore di pericolo per le banche, dal quale cautelarsi con una opportuna dotazione di capitale. Analogamente al rischio di credito, il Comitato ha tenuto presente il rapido sviluppo delle tecniche interne di valutazione presso le organizzazioni bancarie, cercando di fornire loro incentivi a migliorare in futuro tali dispositivi, nonché, più in generale, l intera gestione del rischio operativo. La relativa imprecisione di queste valutazioni, ha reso necessario escludere, in questa fase, dal Nuovo Accordo la presenza di un coefficiente patrimoniale minimo specifico per questa tipologia di rischio: sarà quindi concessa alle banche una eccezionale flessibilità nell elaborazione di una metodologia di calcolo del patrimonio a fronte del rischio operativo. Sono previste due modalità di approccio: il metodo dell indicatore semplice («basic indicator approach») ed il metodo standard, entrambi finalizzati alle banche con esposizioni meno significative a tale tipologia di rischio. In linea generale, i due approcci correlano il rischio operativo a una dotazione di capitale espressa come percentuale fissa di una specifica misura del rischio stesso. Nel metodo dell indicatore semplice, tale misura corrisponde alla media del reddito lordo annuo della banca calcolata nei tre esercizi precedenti. Il coefficiente patrimoniale è dato dal prodotto di questa media per un fattore fisso stabilito dal Comitato (pari a 0,15). Per ciò che concerne il calcolo del patrimonio di vigilanza, il Nuovo Accordo non fissa criteri specifici per l impiego del metodo dell indicatore semplice. Nonostante ciò, le banche che ricorrono a tale approccio sono invitate a conformarsi alle linee guida in materia di prassi corrette per la gestione e il controllo del rischio operativo, pubblicate dal Comitato di Basilea nel febbraio 2003.

7 Anche il metodo standard si avvale del reddito lordo come indicatore di massima per la scala dimensionale dell attività operativa della banca e, quindi, della probabile entità della connessa esposizione al rischio operativo per una data linea di attività. Peraltro, anziché calcolare il patrimonio a livello di intera azienda, come previsto dall approccio dell indicatore semplice, le banche devono procedere in questo caso al computo del requisito di capitale per ciascuna linea operativa. Questo viene determinato moltiplicando il reddito lordo per specifici fattori prudenziali decisi dal Comitato. Il coefficiente patrimoniale complessivo a fronte del rischio operativo per ogni banca sarà dato dalla sommatoria dei singoli coefficienti patrimoniali riferiti ad ogni singola linea operativa. Il Comitato ha infine ritenuto auspicabile che le istituzioni attive a livello internazionale e quelle che presentano una significativa esposizione al rischio operativo (ad esempio, le banche a operatività specifica) provvedano col tempo ad adottare approcci avanzati di misurazione («Advanced Measurement Approaches»), più sensibili all attenuazione del rischio operativo. Controllo prudenziale dell adeguatezza patrimoniale Il secondo pilastro del Nuovo Accordo riguarda il funzionamento di un sistema efficace di vigilanza per il controllo prudenziale dell adeguatezza patrimoniale; esso si riassume con una serie di principi guida destinati alla valutazione da parte delle banche dell adeguatezza patrimoniale in rapporto ai rischi complessivi, e sulla attestazione di un ruolo efficace da parte delle autorità di vigilanza. Sia i contributi forniti dagli operatori che il lavoro svolto dal Comitato di Basilea hanno posto l accento sull importanza del processo di controllo prudenziale. Tenendo conto delle strategie aziendali in materia di patrimonializzazione e di assunzione di rischi, le Banche Centrali avranno di conseguenza una maggiore discrezionalità nel valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche. Obblighi di trasparenza Scopo del terzo pilastro invece è quello di integrare i requisiti patrimoniali minimi stabiliti nel primo pilastro e il processo di controllo prudenziale affrontato dal secondo. Il Comitato si è adoperato per incoraggiare la disciplina di mercato mediante l elaborazione di una serie di obblighi di trasparenza che consentano agli operatori di valutare le informazioni cruciali sul profilo di rischio e sui livelli di capitalizzazione di una banca. Conclusioni

8 Nonostante manchino meno di tre anni alla concreta applicazione dell Accordo di Basilea e siano state apportate diverse modifiche al documento originario, permangono ancora numerose critiche e preoccupazioni che dovrebbero trovare soluzione entro quest anno. Le principali, espresse in questi mesi in differenti occasioni di discussione sono state: la penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese (PMI) indotto dal sistema dei rating interni, che andrà a generare un legame di corrispondenza diretta tra grado di rischio dell impresa da finanziare e «pricing» (proprio per fare fronte a necessità di accantonamento di alte percentuali di patrimonio), fino al rischio di portare determinate aziende ad essere emarginate nell accesso al credito; la discriminazione tra le banche grandi e quelle piccole, per il fatto che sulla base dell attuale impostazione, quelle piccole non potranno utilizzare le metodologie più avanzate di valutazione ed attenuazione dei rischi, e pertanto subiranno un onere patrimoniale maggiore rispetto a quelle di grandi dimensioni; il problema della prociclicità finanziaria, che potrebbe portare, nei periodi di rallentamento economico, le banche a ridurre gli impieghi, causa il crescere del rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi stessa. Sarà quindi probabile che gli ultimi aggiustamenti previsti per la fine di questo anno tengano conto di queste indicazioni; allo stato attuale vi sono una serie di gruppi bancari che, per ambire al riconoscimento dell Advanced Approach a partire da fine 2005, ed avere di conseguenza i più rilevanti vantaggi sul piano regolamentare ed operativo, nonché i maggiori benefici patrimoniali, hanno già introdotto ed anticipato le indicazioni del «New Basel Capital Accord». Per essere operative da subito, con i massimi benefici in termini di contenimento del patrimonio di vigilanza, questa banche dovranno dimostrare di rispettare da almeno tre anni la conformità operativa, strumentale ed organizzativa: la Banca d Italia ha indicato di attendersi che tutti i gruppi bancari italiani con patrimonio «TIER 1»consolidato superiore a.3/mld. adottino gli approcci basati sui modelli interni. Quali potranno essere a questo punto gli scenari ci aiuta a capirlo una recente indagine svolta da Unioncamere, che dalle interviste ad un campione rappresentativo di imprese italiane (7860 piccole e medie imprese, su un campo di osservazione di 149mila imprese, selezionate in base al numero dei dipendenti, alla dislocazione geografica e ai settori di

9 attività), che prevedevano fra l altro l analisi e la simulazione dei loro bilanci, e la loro valutazione di rating secondo i parametri utilizzati da una delle principali agenzie di rating (Moody's), ha ricavato indicazioni importanti. Sulla totalità del campione, ben il 65% delle imprese si colloca su classi di merito valutate critiche (quelle che vanno da BB+ a BBB-), mentre il 17,5% avrebbe ottenuto rating mediamente positivi (BBB e BBB+), e meno dell uno per cento riuscirebbe ad ottenere nella classe di merito A. Preoccupante il fatto che ben il 16% del campione otterrebbe un rating negativo (da B a CCC), che nella simulazione vorrebbe dire avere grosse difficoltà nell accesso al credito. Se si guarda lo stesso campione considerando i livelli di fatturato, superiori o inferiori a 5 milioni in base alla classificazione di Basilea 2, emerge poi che le aziende con volumi maggiori tendono a spostarsi verso rating più alti (BBB), mentre quelle con dimensioni più basse si concentrano tra BB+ e BB e sono dunque più svantaggiate nell'accesso al credito Sempre all interno dell indagine Unioncamere, segmentato il campione in 32 categorie di imprese per livello di rating, è stato valutato che ben 20 categorie, dall introduzione degli accordi di «Basilea 2» potrebbero avere miglioramenti sensibili sul piano delle condizioni economiche applicate, mentre un peggioramento molto importante potrebbe interessare le rimanenti categorie - in alcuni casi anche del 90%.

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