Una guida a Basilea 2

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1 Una guida a Basilea 2 Direzione Risk Management Settembre 2003 Consulenza scientifica: Prof. Andrea Resti, Università di Bergamo

2 1. Guida alla lettura di questo manuale 1. Guida alla lettura di questo manuale Struttura del manuale Questo breve manuale contiene una presentazione, rivolta ad un pubblico di non esperti, del nuovo accordo di Basilea sul capitale, noto anche come Basilea 2. Il taglio è volutamente semplificato, e molti dei dettagli tecnici contenuti nella bozza del nuovo accordo sono stati omessi per costruire un documento che potesse essere letto e compreso in un paio d ore. Inoltre, anche se Basilea 2 fa sovente ricorso a concetti matematici e ad algoritmi di calcolo sofisticati, si è scelto di non utilizzare formule o passaggi algebrici, ma di cercare di spiegare al lettore solo le idee portanti che stanno dietro ai passaggi tecnici, utilizzando grafici e semplici esempi numerici. Chi vorrà conseguire una conoscenza più approfondita del nuovo accordo e delle tecniche di gestione del rischio di credito in esso indicate, potrà utilizzare i riferimenti bibliografici citati in fondo a questa nota (cfr. Per approfondire ). Chi invece non si occupa professionalmente di risk management e del calcolo dei requisiti patrimoniali avrà comunque acquisito, con un limitato investimento di tempo e fatica, un buon background di base sui contenuti reali della nuova normativa, sovente dati per scontati o riportati in modo impreciso e nebuloso dai commentatori e dalla stampa economica. Questa monografia muove da un rapido esame della normativa attuale ( Perché esiste? Come è strutturata? Quali sono i suoi limiti? ) per poi presentare la struttura generale di Basilea 2. Quindi entra nel dettaglio dei diversi approcci proposti dal nuovo accordo, distinguendo tra metodo standard (rivolto alle banche medio-piccole) e metodo dei rating interni (pensato per gli istituti maggiori). Fornisce infine alcune informazioni sul cosiddetto rischio operativo e sui nuovi strumenti di vigilanza ( secondo e terzo pilastro ) introdotti dalla riforma. Al termine del lavoro, una sezione di domande & risposte consente al lettore di consolidare le conoscenze apprese, e di integrarle con ulteriori approfondimenti e curiosità; un glossario gli permette di familiarizzare senza difficoltà con il cospicuo bagaglio di acronimi, sigle e neologismi portato in dote dalla nuova normativa. 2. Perché esiste una normativa sul patrimonio minimo? Tutela dei depositanti, effetti a catena, competizione internazionale In qualunque impresa, e non solo nelle banche, il patrimonio è il cuscinetto che tutela i terzi creditori dagli effetti di eventuali perdite o minusvalenze sugli attivi. Fatti salvi alcuni limiti minimali imposti dal codice civile per le società di capitale, la dimensione di questo cuscinetto viene solitamente lasciata all autonomia delle parti: da un lato i soci, desiderosi di limitare il proprio investimento e di sfruttare al massimo la leva finanziaria, tendono ad operare con livelli di capitalizzazione ridotti; dall altro i creditori, preoccupati per la solvibilità dell azienda, preferiscono una patrimonializzazione maggiore. Nel caso delle banche, invece, esiste una precisa normativa che specifica un livello minimo di capitale. Diverse ragioni giustificano questa eccezione. In primo luogo, i creditori di una banca non comprendono soltanto investitori professionali che sottoscrivono obbligazioni e grandi prestiti, ma anche il pubblico dei depositanti, che gli anglosassoni chiamano widows and orphans ( vedove e orfani ) per sottolineare che sono sprovvisti di una particolare cultura finanziaria e meritevoli di una speciale tutela. In secondo luogo, i debiti di una banca, o almeno la loro porzione più liquida rappresentata dai Andrea Resti 3

3 Basilea 2: una guida per non esperti Patrimonio = variabile strategica depositi, sono moneta per l economia nazionale: l insolvenza di un istituto di credito esercita dunque pericolosi effetti a catena sulla credibilità dell intero sistema dei pagamenti. Infine, un terzo aspetto delicato riguarda la possibile concorrenza sleale tra grandi banche internazionali: infatti, se le istituzioni creditizie di un determinato Paese potessero operare con livelli di patrimonio particolarmente esigui, esse finirebbero per concedere, con relativa facilità, grandi volumi di prestiti, anche ad imprese di Stati vicini. Ciò avrebbe un effetto destabilizzante sulle banche dei Paesi confinanti, che si vedrebbero anch esse costrette a offrire credito in modo aggressivo, pena la perdita di quote di mercato. Per questo motivo, la normativa sul patrimonio minimo viene concordata tra le Autorità dei diversi Paesi: è un organo consultivo internazionale (il Comitato di Basilea sulla Vigilanza Bancaria, istituito presso la Banca dei Regolamenti Internazionali) che si incarica di redigerla e di aggiornarla, perché possa poi essere tradotta in legge dai Parlamenti e dagli organi di controllo dei diversi Stati che decidono di adottarla. Prima di procedere, è importante notare che le regole in materia di capitalizzazione minima delle banche sono tutt altro che indolori : una minore leva finanziaria, infatti, comporta un maggior costo medio del passivo (perché il capitale è più caro del debito), dunque aumenta il tasso medio praticato sui finanziamenti erogati e riduce la redditività dell investimento per gli azionisti. Per questo, la struttura e le riforme dei requisiti minimi patrimoniali non sono solo materia per contabili e giuristi, ma coinvolgono in profondità l Alta Direzione di una banca, il suo management, i suoi clienti Basilea 1 e i suoi limiti Dagli attivi ai risk-weighted assets Basilea 1: limiti e effetti indesiderati Nel 1988, il Comitato di Basilea raggiunse un primo accordo, tuttora in vigore, sul patrimonio minimo delle banche. In base a tale accordo un gruppo bancario deve detenere capitale per almeno l otto per cento dei propri attivi. Poiché, tuttavia, la dimensione del cuscinetto deve essere in qualche misura collegata alla rischiosità degli investimenti posti in essere, il riferimento non è al valore contabile delle attività, bensì ai cosiddetti attivi ponderati per il rischio (risk-weighted assets). Ciò significa che l importo nominale di un prestito viene moltiplicato per un coefficiente compreso tra zero e uno, tanto maggiore quanto più elevata è la rischiosità della controparte. Per esempio, 100 euro pesano effettivamente per 100 se prestati ad un impresa o ad un privato, ma solo per 50 se erogati sotto forma di mutuo ipotecario sulla casa d abitazione, solo per 20 se affidati ad una banca con sede in un Paese aderente all Ocse, e addirittura per zero se investiti in titoli di Stato domestici 2. Questa griglia di ponderazioni rappresentava un criterio innovativo e raffinato quando l accordo (oggi noto come Basilea 1 ) entrò in vigore 15 anni fa. Col tempo, tuttavia, ha mostrato alcuni limiti, anche marcati. In particolare, è risultato sempre più irrealistico che tutti i prestiti a clientela venissero ponderati nello stesso modo (100%), indipendentemente dal merito creditizio della controparte. Tale approccio, oltre che palesemente errato, è suscettibile di sortire effetti indesiderati e paradossali. Infatti, se il consumo di capitale di un finanziamento a un cliente primario e affidabile è lo stesso associato a un erogazione a favore di clientela marginale e rischiosa, una 1 Anche il Piano d Impresa presentato dalla nuova Banca Intesa nel settembre 2002 fa più volte riferimento al concetto di risk-weighted assets (v. oltre) e al fabbisogno patrimoniale della banca calcolato secondo i coefficienti patrimoniali obbligatori contenuti nell accordo di Basilea. 2 Osserviamo che il meccanismo dei risk-weighted assets può determinare un requisito patrimoniale inferiore all 8%: per esempio, nel caso dei mutui ipotecari sulla prima casa un capitale minimo pari all 8% del 50% equivale al 4% dell importo nominale erogato. 4 Andrea Resti

4 4. Basilea 2 : struttura generale del nuovo accordo Cos è Basilea 2 banca potrebbe essere indotta a privilegiare la seconda tipologia di operazioni, visto che ad esse si accompagnano, di norma tassi attivi più elevati. Simmetricamente, un istituto di credito potrebbe trovare vantaggioso spogliarsi dei prestiti di qualità migliore, più facilmente cedibili sul mercato secondario (per esempio, attraverso una securitisation che converte i crediti in titoli collocabili presso gli investitori), conservando sui suoi libri soltanto i fidi meno appetibili. Dalle lacune del primo accordo prende le mosse il processo di revisione iniziato, a Basilea, alla fine degli anni 90, e culminato nella redazione di alcune bozze per discussione aperte alle osservazioni dei singoli Paesi, delle associazioni bancarie, degli studiosi. L ultima di queste bozze ( pacchetto per consultazione n. 3, o brevemente CP3, pubblicata nell aprile 2003) dovrebbe, in buona misura, formare il testo finale del nuovo accordo (in gergo: Basilea 2 ) la cui approvazione è attesa per la fine del 2003 (con piena validità solo dal 2007). E a questa bozza che si fa riferimento nei paragrafi seguenti, per delineare la struttura dei nuovi requisiti patrimoniali. 4. Basilea 2 : struttura generale del nuovo accordo Architettura della riforma: 3 pilastri Il nuovo accordo di Basilea viene descritto dai suoi estensori come un architettura basata su tre pilastri. 1. Il primo riguarda i criteri di calcolo dei requisiti patrimoniali minimi, e mira a riformare la regola dell 8%, rendendola più sensibile al rischio dei singoli prestiti e completandola con ulteriori aggiustamenti (relativi, in particolare, all effetto di garanzie reali e personali, oltre che del cosiddetto rischio operativo ). 2. Il secondo pilastro punta ad accrescere i poteri ispettivi e discrezionali delle singole autorità di Vigilanza, affiancando ai requisiti minimi basati su un puro calcolo algebrico un insieme di vincoli operativi e organizzativi sulle procedure poste in essere da una banca nella misura e nel governo dei propri rischi. 3. Il terzo pilastro è quello della disciplina di mercato, e parte da una constatazione molto semplice: il pubblico degli investitori ha un interesse forte ed immediato a monitorare la quantità di rischi insiti nel bilancio di una banca. L accordo obbliga dunque i gruppi creditizi a fornire più informazioni al mercato, confidando che esso provvederà punire le banche troppo rischiose chiedendo loro tassi più alti, o rifiutandosi di finanziarle. Andrea Resti 5

5 Basilea 2: una guida per non esperti Basilea 2 Primo pilastro: requisiti patrimoniali minimi sul rischio di credito sul rischio operativo. con rating esterni (approccio standard). con rating interni: approccio di base. approccio avanzato Secondo pilastro: controlli prudenziali. 7 Terzo pilastro: disciplina di mercato. 7 Figura 1: struttura di Basilea 2 (i numeri fanno riferimento ai paragrafi di questo manuale) I tre pilastri ora ricordati hanno un peso abbastanza diseguale nell economia del nuovo accordo. In particolare, risulta preponderante (cfr. figura 1) il ruolo del primo, che viene descritto in modo molto dettagliato e comporta numerose, sensibili innovazioni rispetto a Basilea 1. Coerentemente con questa impostazione, anche il seguito di questo manuale si concentra prevalentemente sul pillar 1 illustrandone, nei paragrafi che seguono, i principali contenuti. Ai restanti pilastri verrà dedicata un agile trattazione finale. 5. Il primo pilastro e i tre approcci al rischio di credito Chi assegna i rating? La banca o le agenzie esterne? Il nuovo requisito patrimoniale punta a discriminare meglio tra debitori di diversa qualità, conducendo a risultati molto più bassi o molto più alti del vecchio 8% a seconda del rating, cioè del voto assegnato al grado di affidabilità del prenditore. Sorge dunque un primo problema: a chi spetta il compito di assegnare un simile rating? L accordo prevede due possibili soluzioni. Le banche più piccole potranno fare riferimento a rating esterni, assegnati da agenzie specializzate come Moody s, Standard & Poor s o altri soggetti selezionati dalle Autorità di vigilanza; questa soluzione è detta approccio standard, e sarà la prima su cui ci soffermeremo tra poco. Le banche maggiori potranno invece costruire i propri rating in casa, nel rispetto di regole organizzative e metodologiche rigorose, certificate dalle Autorità. Questo approccio dei rating interni si compone, in realtà, di due diverse metodologie, in ordine crescente di sofisticazione: ad un approccio di base, pensato per le banche che hanno una limitata esperienza nel rating, si contrappone infatti l approccio avanzato, riservato a chi, nel tempo, saprà dimostrare alle Autorità di aver sviluppato strumenti di controllo del credito raffinati ed affidabili. Sempre all interno del primo pilastro vengono inoltre specificate le nuove regole per il trattamento delle garanzie e dei cosiddetti derivati creditizi (che l accordo chiama risk mitigants, cioè attenuatori del rischio ). Tali regole vengono enunciate all interno dell approccio standard, e modificate, ove necessario, per le banche che sviluppano sistemi di rating interni. Infine, accanto al rischio di credito viene introdotta una nuova tipologia di rischio: il rischio operativo, definito come il rischio derivante da eventi esterni o dal malfunzionamento di sistemi e procedure, o ancora da errori umani e frodi. 6 Andrea Resti

6 5. Il primo pilastro e i tre approcci al rischio di credito Esaminiamo ora con ordine questi argomenti, cercando di illustrare con semplicità i punti-cardine di una normativa che, per la verità, è abbastanza complessa. 5.1 L approccio standard e il trattamento dei risk mitigants Rating esterni: nuova griglia di pesi per calcolare i risk-weighted assets Si è detto che l approccio standard comporta l utilizzo di rating esterni, da parte della banca, per misurare il grado di affidabilità di diversi prenditori. Tali rating potranno essere forniti dalle agenzie di rating o da altri raters accettati dalle Autorità (per esempio, le agenzie di credito all esportazione). E importante precisare, comunque, che i fornitori di rating, per essere in regola con Basilea 2, dovranno soddisfare una serie di requisiti, riguardanti in particolare la trasparenza e l omogeneità dei criteri adottati. Una banca, inoltre, potrà attingere rating da più fonti, ma nel rispetto di un insieme di regole volte a prevenire comportamenti opportunistici (per esempio, non sarà possibile scegliere, per ogni cliente, l agenzia che gli assegna il rating più elevato, così da ridurre il requisito patrimoniale totale). A rating migliori corrispondono pesi più leggeri nel calcolo dei risk-weighted assets; coerentemente con l impostazione di Basilea 1, inoltre, i pesi sono diversi per diverse categorie di controparti (privati, Stati, banche, mutui prima casa, eccetera). La figura 2 (che utilizza a titolo d esempio la scala di rating di Standard & Poor s) offre un quadro sintetico dei nuovi coefficienti di calcolo degli attivi pesati per il rischio. AAA AAA- AA+ AA AA- A+ A A- BBB+ BBB BBB- BB+ BB BB- B+ B B- Inferiore Senza rating Scaduti Corporate (aziende) 20% 50% 100% 150% 100% 150% Stati sovrani 0% 20% 50% 100% 150% 100% Banche 20% 50% 100% 150% 50% Banche: paese d'orgine 20% 50% 100% 150% 150% 100% Retail (privati e PMI) 75% 150% Mutui residenziali 35% 100% Mutui commerciali da 100% a 50%, a scelta delle Autorità nazionali 150% Figura 2: coefficienti di ponderazione dell approccio standard La tavola può sembrare complessa, ma risulta in realtà di facile lettura. Sulle righe sono indicate le diverse tipologie di controparti e operazioni previste da Basilea 2: aziende ( corporate ), stati sovrani, banche, privati ( retail ), mutui residenziali, mutui commerciali. Sulle colonne, i possibili rating assegnati alla specifica controparte. Si evince così che, ad esempio, 100 euro prestati ad un azienda con rating AAA (cioè molto affidabile) equivarranno a 20 euro di risk-weighted assets, e condurranno dunque a un requisito patrimoniale di 20 x 8% = 1,6 euro (in pratica, l 1,6% dell esposizione nominale). Analogamente, un finanziamento di 100 euro ad uno stato sovrano con rating inferiore a B- (cioè molto rischioso) equivarrà, se pesato per il rischio, a 150 euro, e condurrà dunque a un fabbisogno patrimoniale di 150 x 8% = 12 euro (il 12% dell importo nominale). Andrea Resti 7

7 Basilea 2: una guida per non esperti Sconti per le piccole imprese e i privati Le ultime due colonne della tavola meritano qualche breve precisazione. La prima riguarda le esposizioni prive di rating, per le quali cioè risulti impossibile reperire un giudizio emesso da un agenzia abilitata: in tal caso, la ponderazione viene normalmente fissata al 100%, in linea con quanto richiesto, per la generalità dei prestiti a clientela, dall accordo attuale. Si noti che in questa categoria rientrerà la grande maggioranza dei finanziamenti emessi da banche italiane: alcuni di questi prestiti privi di rating avranno tuttavia diritto ad un trattamento migliore (come vedremo tra breve), se classificabili tra le esposizioni retail. La seconda precisazione riguarda i prestiti scaduti, per i quali cioè si registra un ritardo, in un qualsiasi pagamento, di almeno 90 giorni: essendo tale ritardo sintomatico di possibili difficoltà del debitore, la ponderazione viene di norma alzata al 150%, in linea con quanto accade per le classi di rating più rischiose. Qualche chiarimento si rende necessario anche per alcune righe della tabella. In primo luogo è opportuno chiarire che esistono due trattamenti dei prestiti a banche: è infatti possibile fare riferimento, alternativamente, al rating dell istituto bancario che riceve il prestito, oppure a quello del Paese dove l istituto ha la sede legale. Scegliendo questa seconda opzione, tutte le aziende di credito situate nel medesimo Stato ricevono la medesima ponderazione (per esempio 20%, se la nazione in cui hanno sede ha un rating pari almeno ad AA-). La scelta tra i due approcci viene rimessa alle Autorità di vigilanza nazionale: una volta selezionata una metodologia, questa dovrà essere applicata uniformemente da tutte le banche 3. In secondo luogo, il nuovo Accordo introduce una classe di esposizioni con clientela chiamata retail, cioè al dettaglio, riguardante i prestiti, di importo inferiore a un milione di euro, a privati e a piccole imprese. In tale classe ricadranno i crediti rotativi (per esempio, carte di credito e scoperti di conto), i prestiti personali, rateali e in leasing, più altre forme di credito (escluso l acquisto di titoli) a favore di piccole aziende, purché soddisfino il cosiddetto criterio del frazionamento (nessuna controparte, o gruppo, potrà incidere per più del 2 per mille sul totale del portafoglio retail). Per questo tipo di crediti (a privati e PMI) risulterebbe pressoché impossibile reperire un rating: essi sarebbero dunque soggetti alla ponderazione piena del 100%. Tuttavia, l accordo riconosce che tali esposizioni, di importo unitario modesto e dunque ragionevolmente diversificate, comportano un rischio minore rispetto ad un portafoglio composto di grandi crediti corporate a imprese di elevate dimensioni; conseguentemente, è previsto che ad esse si applichi, indipendentemente dall esistenza di un rating, una ponderazione ridotta al 75% (un prestito di 100 euro corrisponde dunque a risk-weighted assets per 75). E inoltre prevista, sulla falsariga di quanto previsto da Basilea 1, una pesatura ridotta per i mutui assistiti da ipoteca sulla prima casa d abitazione: l attuale coefficiente del 50% viene ulteriormente ridotto al 35%. Infine, le singole autorità nazionali avranno facoltà di introdurre una ponderazione agevolata (fino al 50%) anche per gli immobili non residenziali, purché ne venga dimostrata la limitata rischiosità. I pesi indicati nella figura 2 si applicano a esposizioni non garantite. Esiste tuttavia una serie di sconti sui requisiti patrimoniali quando intervengano garanzie personali (cui vengono sostanzialmente assimilati i derivati creditizi 4 ) o reali, come indicato in figura 3 e spiegato nel seguito. 3 La prima opzione prevede inoltre una ponderazione ridotta per i crediti con durata originaria non superiore a tre mesi. 4 I derivati creditizi, o credit derivatives, sono contratti con cui una parte (venditore di protezione) si obbliga nei confronti di un altra (compratore di protezione) a fornirle ristoro nel caso di perdite sulle obbligazioni contratte da un soggetto terzo (per esempio, rilevando i crediti verso il fallito al valore nominale). In cambio di questa copertura assicurativa, il compratore di protezione paga un premio, espresso solitamente in percentuale (punti base) dell importo garantito. 8 Andrea Resti

8 5. Il primo pilastro e i tre approcci al rischio di credito Personali (Stati, banche, società ad alto rating) Sostituzione del rating garante per garantito Garanzie Reali (titoli e altri strumenti finanziari) Approccio semplice (contanti, oro, azioni e obbligazioni qualificate, fondi) Approccio esaustivo (anche altre azioni quotate) Assets pesati con il rating della garanzia Nessun patrimonio sull importo garantito, sottoposto a haircut Figura 3: trattamento delle garanzie nell approccio standard Garanzie personali Garanzie reali (finanziarie): 2 approcci Le garanzie personali sono valide solo se redatte in una forma che ne renda certa l efficacia legale e se emesse da Stati (e altri enti pubblici assimilati), banche e altre istituzioni finanziarie vigilate, oppure società private con rating pari almeno ad A-. Esse comportano la cosiddetta sostituzione garante per garantito : il calcolo dei risk-weighted assets avviene cioè utilizzando il coefficiente associato non alla controparte originaria, ma a quella che ha emesso la garanzia. Ad esempio, un prestito di 100 euro ad un impresa con rating B (che di per sé comporterebbe una ponderazione al 150%), se assistito dalla fideiussione di una banca con rating AAA corrisponde a 20 euro di attivi ponderati per il rischio. L entità della garanzia viene tuttavia ridotta in due casi: se questa scade prima del credito garantito ( maturity mismatch ) o se è denominata in una valuta diversa ( currency mismatch ), e potrebbe dunque rivelarsi non pienamente capiente per effetto delle oscillazioni del cambio. La riduzione (chiamata in gergo haircut, letteralmente una spuntatina ai capelli ) dipende ovviamente dall entità del maturity mismatch, o dalla volatilità del cambio. L effetto delle garanzie reali può essere computato secondo due approcci, in ordine crescente di complessità. Il primo ( approccio semplice ) è applicabile alle garanzie in contanti, oro, titoli di debito e azionari qualificati (pensiamo, ad esempio, alle azioni facenti parte di un indice come il Mib30), fondi comuni che investano esclusivamente negli strumenti ora ricordati; il secondo ( approccio integrale ) si applica anche alle altre azioni quotate. In entrambi i casi, il valore di mercato delle garanzie deve essere aggiornato dalla banca almeno ogni 6 mesi. L approccio semplice comporta la sostituzione del risk-weight del debitore con quello dello strumento dato in garanzia (con un possibile pavimento minimo al 20%); ad esempio, il già citato prestito di 100 euro ad un impresa con rating B (che di per sé comporterebbe ponderazione al 150%), se assistito da un deposito di titoli di Stato con rating A corrisponde (cfr. ancora la figura 2) a soli 20 euro di risk-weighted assets. L approccio integrale prevede che sulla parte di prestito coperta dalla garanzia reale non venga computato alcun requisito patrimoniale. L importo della copertura, tuttavia, è pari al valore corrente della garanzia aggiustato verso il basso in base ad un haircut che dipende dalla volatilità di quest ultima. La ratio di tale previsione è che una garanzia pienamente capiente oggi (per esempio, un BTP di 100 euro a fronte di un credito di uguale importo) potrebbe non esserlo più in futuro per effetto delle oscillazioni dei corsi sul mercato secondario (dove il BTP potrebbe scendere a 95 o a 90 euro). Si prevedono dunque haircut più elevati per gli strumenti finanziari più rischiosi (come le azioni), più modesti per i titoli scarsamente soggetti al rischio di mercato (quali i buoni del Tesoro a breve termine). L ammontare di questi scarti prudenziali, inoltre, si riduce al crescere della frequenza con cui la banca rivaluta le garanzie ricevute e della periodicità con cui viene richiesto al debitore di adeguarle. Gli haircut vengono espressamente quantificati Andrea Resti 9

9 Basilea 2: una guida per non esperti nell accordo, ma le banche che dispongono di modelli avanzati per l analisi del rischio di mercato potranno essere autorizzate a utilizzare le proprie stime interne. 5.2 Gli approcci del rating interno Si è detto che le banche maggiori potranno costruire in casa i propri sistemi di rating. Le meno sofisticate, che adotteranno l approccio di base, si limiteranno (si fa per dire) a misurare il rischio di inadempienza delle loro controparti; le più raffinate saranno autorizzate anche a quantificare secondo meccanismi propri, più flessibili e precisi rispetto a quelli previsti dall approccio standard l effetto delle garanzie e di altri fattori di rischio Approccio di base e avanzato Il rischio di credito dipende da insolvenza, recupero, e esposizione Per comprendere a fondo la differenza tra approccio di base e avanzato, è utile ricordare che le possibili perdite future su un credito originano principalmente da tre fonti di rischio (cfr. figura 4): 1. il rischio di insolvenza, cioè il pericolo che il debitore risulti incapace o indisponibile ad onorare i propri impegni. Tale incapacità/indisponibilità può essere fatta coincidere con uno stato oggettivo del debitore (per esempio con la richiesta di ammissione ad una procedura concorsuale) o con una valutazione soggettiva della banca (come la classificazione del cliente in sofferenza ). L insolvenza rappresenta una variabile binaria (sussiste oppure non sussiste), ma la probabilità di assistere ad un default entro un certo orizzonte temporale (per esempio entro un anno) costituisce, una grandezza continua, compresa tra 0% e 100%, detta probabilità di default o PD. I rating di controparte emessi dalle agenzie specializzate, o dalle banche che costruiscono i propri sistemi di rating interni, non sono altro che un modo per misurare indirettamente questa probabilità, attraverso etichette e scale discrete (per esempio AAA, AA, A, BBB, e così via) maggiormente intuitive di quanto non sia un puro valore numerico. Perdite da insolvenza Perdite su un credito PD (rating) In che percentuale di casi il cliente, tra un anno, sarà inadempiente? Downgrading Di quanto si ridurrà il valore di un prestito a lungo termine se il cliente tra un anno resta solvibile ma peggiora il proprio rating? Dipende da LGD Se sarà inadempiente, quale percentuale del prestito andrà persa, al netto dei recuperi? EAD E quale sarà l importo effettivamente prestato al momento dell insolvenza? Rating attuale Più è elevato, e più può peggiorare Maturity o vita residua del prestito Altre perdite Figura 4: fattori di rischio alla base delle perdite su un credito 2. il rischio di recupero, ovvero l incertezza relativa all ammontare che verrà effettivamente recuperato dalla banca al termine delle procedure di contenzioso nei confronti dei debitori insolventi. A tale rischio fa riferimento il concetto di loss given default (percentuale di perdita in caso di default) o più brevemente LGD. 10 Andrea Resti

10 5. Il primo pilastro e i tre approcci al rischio di credito 3. il rischio di esposizione, relativo all effettivo ammontare del prestito al momento dell insolvenza. Si tratta di un rischio tipico delle linee di credito a valore aleatorio, dove l exposure at default (EAD) può differire, anche in modo sensibile, da quella corrente: si pensi ad esempio ad uno scoperto di conto corrente dove il cliente è libero di utilizzare in misura variabile il fido accordato. ma anche dalla vita residua del prestito Per i prestiti con più lunga scadenza, esiste inoltre un rischio di downgrading ( retrocessione ), diverso e ulteriore rispetto a quello di default. Per comprendere di che si tratta, immaginiamo un credito a 10 anni la cui affidabilità viene misurata da un rating (diciamo AA), che esprime la sua PD nei successivi 12 mesi. Trascorso un anno, il debitore non fallisce, ma risulta sensibilmente peggiorato, al punto che il suo rating viene retrocesso a B, un livello di rischio assai maggiore. E evidente che, se la banca fosse libera di rinegoziare le condizioni del prestito, richiederebbe ora uno spread di tasso più elevato, per compensare l accresciuta rischiosità; tuttavia non può farlo, perché il prestito è stato emesso a condizioni prefissate per dieci anni. Ne consegue che il valore economico del credito si è ridotto: questa minusvalenza, tanto più elevata quanto maggiore è la vita residua del prestito (cioè il numero di anni in cui l operazione resterà in piedi pagando uno spread inadeguato) rappresenta nei fatti una perdita, anche se non viene registrata su nessun mercato secondario. Il rischio di downgrading cresce dunque con la vita residua (maturity) del prestito, ed è maggiore per le esposizioni con rating elevato (quelle con rating medio-basso infatti, oltre a essere retrocesse potrebbero anche venire promosse in classi migliori). PD, LGD, EAD e maturity rappresentano i parametri fondamentali che un sistema di rating deve adeguatamente misurare. Basilea 2 stabilisce che le banche ammesse ad utilizzare l approccio di base possano stimare con proprie metodologie interne soltanto la PD delle controparti, e debbano invece fare riferimento a valori prefissati dalle Autorità per quanto riguarda LGD, EAD e maturity. Le banche autorizzate ad applicare l approccio avanzato sono invece libere di misurare con metodologie proprie (di cui dovranno comunque dimostrare l efficacia e la solidità) tutti e quattro i profili del rischio di credito ora ricordati, come indicato nella figura 5. Approccio di di base base Approccio avanzato PD PD Banca Banca Banca Banca LGD LGD Autorità, in in base base a forme forme tecniche e garanzie reali reali Banca Banca EAD EAD Autorità Banca Banca Maturity Autorità (fissa (fissa a 2,5 2,5 anni) anni) Banca Banca Approccio di base: solo la PD. Approccio avanzato: tutti i parametri Andrea Resti Figura 5: chi è responsabile per la stima dei diversi parametri nell approccio di base e in quello avanzato. Nel prossimo paragrafo esamineremo secondo quali regole questi profili di rischio debbano essere misurati dalle banche che adottano, rispettivamente, l approccio di base e quello avanzato. Nel paragrafo ancora successivo, invece, vedremo attraverso quali regole PD, LGD, EAD e maturity vengano 11

11 Basilea 2: una guida per non esperti trasformati, nell accordo di Basilea 2, in un requisito patrimoniale che ogni banca deve calcolare e rispettare I quattro profili del rischio di credito Affinché i sistemi di rating delle banche soggette all accordo di Basilea conducano a requisiti patrimoniali comparabili, è necessari che i quattro profili ora ricordati siano definiti e misurati in modo omogeneo. Il nuovo accordo precisa dunque come si debba procedere nella stima di PD, LGD, EAD e maturity; mentre per la PD le indicazioni sono comuni per tutte le banche che adottano un sistema di rating interno, per i restanti parametri Basilea 2 fornisce indicazioni separate per l approccio di base e per quello avanzato. Rating = misura della PD Il nuovo default è diverso dalla vecchia sofferenza LGD base del 45%, ma si abbatte con garanzie finanziarie, immobili, capitale fisico e effetti commerciali PD - Con riguardo alla stima della PD, Basilea 2 non entra nel merito di come debba essere costruito il sistema di rating di una banca. Non specifica quindi quali indicatori (per esempio quali indici di bilancio) debbano essere utilizzati nell assegnazione dei rating, e tanto meno obbliga le banche ad adottare sistemi automatici, basati su tecniche statistiche di scoring; ciò che chiede, piuttosto, è che i criteri di costruzione del rating, così come le basi di dati utilizzate, siano documentati e archiviati in modo trasparente, utilizzati con piena cognizione di causa e rivisti periodicamente in base alla loro efficacia passata. Alle diverse classi della scala di rating interna dovranno essere associati valori crescenti di PD in base all esperienza passata della banca (cioè alle frequenze di default empiricamente osservate, per le diverse classi, negli anni precedenti). In questo lavoro di collegamento tra classi di rating e valori di PD, le banche potranno aiutarsi anche con i risultati di modelli statistici (se presenti), o con le indicazioni (quando disponibili) provenienti da agenzie di rating esterne. La PD associata alle diverse classi di rating dovrà prendere a riferimento una definizione di default ben precisa, concordata a livello internazionale. In base a tale definizione si ha default del prenditore al ricorrere di almeno una tra due condizioni: la prima di tipo soggettivo (la banca ritiene improbabile che il debitore adempia in pieno alle sue obbligazioni) e la seconda di tipo oggettivo (sussiste un ritardo nei pagamenti di almeno 90 giorni). Mentre la prima condizione ricalca, a grandi linee, il concetto di sofferenza, largamente diffuso nella prassi e nella normativa italiana, la seconda risulta meno familiare per le nostre banche, e potrebbe introdurre una profonda discontinuità nelle statistiche relative al rischio di credito. Per attenuare tali discontinuità, le Autorità italiane pensano di prolungare da 90 a 180 giorni il ritardo minimo nei pagamenti oltre il quale un prestito verrà considerato in default; tale estensione avrà carattere temporaneo (5 anni dall entrata in vigore di Basilea 2) per i finanziamenti alle imprese, mentre potrà essere definitiva per i prestiti di tipo retail (sui quali si tornerà nel seguito) e agli stati sovrani. La probabilità di default andrà inoltre misurata su un orizzonte di un anno, non potrà mai scendere sotto lo 0,03% (tranne che per gli Stati sovrani) e dovrà rappresentare un valore medio di lungo periodo (a evitare che sistemi di rating costruiti durante una fase positiva del ciclo economico possano rivelarsi eccessivamente ottimistici nello stimare gli effetti di una recessione). LGD - La misura della LGD seguirà criteri diversi a seconda che la banca abbia adottato l approccio di base o avanzato. Nel primo caso, sarà necessario fare riferimento ad una griglia di valori prefissati, che varieranno in funzione delle garanzie reali associate ai singoli prestiti. In particolare, si partirà da un valore-base: il 45% (45 euro persi ogni 100 prestati) per tutti i generici prestiti non garantiti. Tale valore aumenterà al 75% per i prestiti subordinati (il cui rimborso, cioè, è subordinato alla 12 Andrea Resti

12 5. Il primo pilastro e i tre approcci al rischio di credito preventiva soddisfazione di tutti gli altri creditori del fallito); ma potrà anche ridursi, in presenza di strumenti finanziari ottenuti in garanzia, secondo il meccanismo dell approccio integrale (cioè degli haircut) già visto a proposito dell approccio standard. Inoltre, saranno ammissibili (e porteranno ad una riduzione della LGD) anche altre tipologie di garanzie reali, non ammesse nell approccio standard, e che per questo motivo prendono il nome di garanzie reali dei rating interni. Si tratta di proprietà immobiliari, capitale fisico e effetti rappresentativi di crediti commerciali. In particolare: - Per le proprietà immobiliari, la garanzia è considerata solo se pari almeno al 30% del valore prestato. Affinché possa essere considerata pienamente capiente essa dovrà essere pari almeno al 140% dell importo del prestito: in tal caso, la LGD sul prestito potrà ridursi al 35%. Nel caso il valore della garanzia sia superiore al 30%, ma inferiore al 140%, la riduzione della LGD dal 45% (valore generico) al 35% spetterà solo pro quota. - Anche nel caso del capitale fisico (impianti, macchinari, ecc.) valgono il limite minimo del 30% e quello massimo del 140%; la LGD non potrà comunque ridursi al di sotto del 40%. - Per i documenti rappresentativi di crediti commerciali (per esempio, fatture da scontare) non esiste un livello minimo di copertura, ma perché la garanzia sia ritenuta pienamente capiente (e la stima della LGD possa essere ridotta, dal 45% al 35%) essa dovrà ammontare almeno al 125% dell esposizione garantita. Valori inferiori consentiranno una riduzione parziale della LGD, su valori compresi tra il 35% e il 45%. Metodo avanzato: LGD stimata internamente Se deciderà di adottare l approccio avanzato ai rating interni, la banca sarà libera di costruirsi un proprio sistema di misura della loss given default, articolato secondo una scala di più gradini, cui corrisponderanno valori di LGD crescenti. Le diverse tipologie di operazioni potranno essere ricondotte ad un particolare gradino della scala sulla base di attributi come la forma tecnica (per esempio, ad uno sconto di effetti potrebbe essere associato un valore della LGD meno elevato che a un generico scoperto in conto corrente), l ammontare delle garanzie o altre variabili di cui la banca possa dimostrare, sulla base dei dati passati, la significatività. Le LGD associate alle diverse classi della scala dovranno essere stimate facendo riferimento all esperienza storica della banca, utilizzando valori medi di lungo periodo e tenendo conto del fatto che le LGD potrebbero essere più elevate della media proprio quando l economia è in recessione, e i default si fanno più frequenti. Inoltre, le LGD passate, da usare come stima delle perdite future, dovranno essere misurate facendo riferimento ad una definizione economica, e non meramente contabile, del recupero. Ciò significa che l importo recuperato dalla banca sulle partite in default emerse negli anni precedenti dovrà essere aggiustato verso il basso per tenere conto dei costi legali e amministrativi sostenuti, oltre che del valore finanziario del tempo intercorso tra il passaggio a default e l effettivo incasso del denaro. In generale, le banche che adotteranno l approccio avanzato saranno libere di indicare qualunque valore di LGD per i diversi prestiti (purché siano in grado di dimostrarne, dati alla mano, l attendibilità); l unica eccezione è rappresentata dai prestiti a privati garantiti da immobili residenziali, per i quali la LGD non potrà essere inferiore al 10%. EAD - Per quanto riguarda la misura della EAD (exposure at default) e del rischio di esposizione, l approccio di base prevede una serie di regole fisse, comuni anche all approccio standard. In particolare, il requisito patrimoniale dovrà essere calcolato prendendo a riferimento le esposizioni correntemente Andrea Resti 13

13 Basilea 2: una guida per non esperti Fattori di conversione per crediti di firma e margini disponibili utilizzate dal cliente (per cassa o per firma), ma anche i margini disponibili su linee di credito non prontamente revocabili. Per quanto riguarda le prime, andrà considerato l intero valore contabile delle esposizioni per cassa (al lordo di eventuali svalutazioni analitiche, che potranno tuttavia essere utilizzate come componente del patrimonio), mentre le esposizioni per firma andranno pesate per un fattore di conversione minore o uguale a uno. Esso sarà pari al 100% se il credito di firma è un diretto sostituto del credito (per esempio, una fideiussione utilizzata dal cliente per ottenere credito da un altra banca), al 50% per crediti di firma originati da transazioni commerciali e al 20% per lettere di credito commerciale a breve termine. Nel calcolo, come già detto, entreranno anche i margini disponibili su aperture di credito non prontamente revocabili, considerati per il 75% dell importo nominale; le linee di credito che non prevedono per la banca un impegno irrevocabile, invece, non saranno soggette ad alcun requisito patrimoniale, sempre che la banca sia in grado di dimostrare che essa effettua un monitoraggio attivo dell affidato, e che i suoi sistemi di controllo le permettono di revocare la linea non appena si manifesta un deterioramento della qualità creditizia. I meccanismi ora indicati possono essere riepilogati con un esempio (figura 6). Una linea di credito non revocabile per cassa pari a 100 euro, di cui 40 correntemente utilizzati, darà luogo a un EAD di 85 euro: il 100% dei 40 utilizzati, più il 75% del margine disponibile di 60. Se invece l apertura di credito fosse prontamente revocabile, l EAD sarebbe pari al solo utilizzo corrente, cioè a 40. Linea di credito Utilizzata oggi: EAD = Margine disponibile: x 75% = 45* 60 (*0 se incondizionatamente revocabile) Figura 6: calcolo dell EAD in presenza di margini disponibili non prontamente revocabili Le banche che saranno ammesse dalle Autorità ad utilizzare l approccio avanzato, potranno sviluppare in casa le proprie stime per la stima dei fattori di conversione associati ai margini disponibili e alle diverse forme di crediti di firma (sempre che tali forme non siano soggette ad un fattore di conversione del 100% nel metodo di base). Naturalmente, come già per la PD e la LGD, sarà necessario che i valori stimati dalla banca siano basati su un adeguata base di dati passati e su metodologie di analisi trasparenti, ampiamente documentate e periodicamente aggiornate. Maturity : bloccata a 2,5 anni per il base, vita residua media per l avanzato Maturity - Per le banche che adotteranno il metodo di base, la vita residua (maturity) di tutti prestiti sarà considerata fissa, e pari a 2,5 anni. Nell approccio avanzato, invece, la maturity di ogni credito andrà calcolata come media ponderata dei tempi mancanti ai diversi pagamenti contrattualmente previsti (ad esempio, i versamenti di interessi e il rimborso del capitale), ognuno ponderato per il relativo importo. La vita residua così 14 Andrea Resti

14 5. Il primo pilastro e i tre approcci al rischio di credito calcolata dovrà comunque essere compresa tra uno e cinque anni: durate minori saranno ammesse soltanto per particolari tipologie di transazioni (per esempio, le operazioni garantite legate a pronti contro termine o al regolamento di titoli) Dai profili di rischio al capitale: la funzione di pesatura Date PD, LGD, EAD e maturity si calcola il capitale: ma come? LGD e EAD: capitale direttamente proporzionale Maturity: correzione basata su prassi di grandi banche PD: necessaria una digressione sul ruolo del capitale Nel paragrafo precedente abbiamo visto in che modo le banche che adotteranno l approccio dei rating interni dovranno procedere nella misurazione di PD, LGD, EAD e maturity. L accordo di Basilea introduce queste grandezze, e impone alle banche precisi criteri per la loro misurazione, perché da esse scaturisce l ammontare di patrimonio minimo obbligatorio richiesto ad un istituto di credito. Nell approccio dei rating interni, purtroppo, il meccanismo di calcolo che trasforma PD, LGD, EAD e maturity in capitale è piuttosto complesso; soprattutto in confronto alla semplice regola (8% dei risk-weighted assets) utilizzata nell accordo attuale e nel nuovo approccio standard. In questo paragrafo, cercheremo di raccontarne con semplicità i tratti portanti, evitando di annoiare chi legge con inutili complicazioni matematiche. Cominciamo dunque proprio dagli aspetti più semplici, e cioè da LGD e EAD. Questi due parametri entrano nel calcolo del requisito patrimoniale in modo direttamente proporzionale. Questo significa che, ad esempio, un raddoppio dell esposizione (diciamo da 100 a 200 euro) comporta un analoga variazione del patrimonio minimo obbligatorio; e che, similmente, un prestito con LGD del 40% consuma la metà del capitale assorbito da un credito identico, ma con LGD del 80%. Il trattamento di maturity e PD, invece, non è così immediato. Per quantificare gli effetti della maturity (che, ricordiamo, influenza il rischio di retrocessione del prestito in una classe di rating peggiore), il comitato di Basilea ha svolto un sondaggio presso un campione di grandi banche internazionali; ha quindi elaborato una funzione matematica che rappresenta una sorta di via di mezzo tra le prassi seguite da queste grandi banche. Questa funzione (detta maturity adjustment) ritocca verso l alto il capitale associato a un prestito, in modo via via più sensibile quanto più: a) il prestito ha una vita residua elevata (se la maturity del prestito è pari a un anno, l effetto dell aggiustamento è nullo); b) il prestito si trova, oggi, in una classe di rating migliore, cioè con PD bassa (ricordiamo, infatti, che il rischio di downgrading è più pesante per i crediti che, oggi, risultano maggiormente affidabili) 6. Per spiegare come la PD di un prestito influenzi il requisito patrimoniale, è necessaria infine una digressione sul significato e sulle funzioni del patrimonio di una banca: solo se riusciamo a capire a cosa serve il capitale secondo gli estensori dell accordo, infatti, saremo in grado di capire come viene quantificato. Per Basilea 2, il capitale è un cuscinetto che serve a coprire perdite attese e inattese. Questa distinzione è essenziale, e vogliamo renderla chiara con un esempio. Immaginiamo una banca che abbia in essere un portafoglio composto da soli 100 crediti, ognuno di un euro (per semplicità, immaginiamo che l esposizione sia fissa), con PD pari a 1% e LGD pari al 100% (in altri termini, in caso di default non si recupera nulla). Chiediamoci ora: qual è il valore statisticamente normale delle perdite attese per l anno a venire? E semplice: dati 100 prestiti con PD del 1%, è ragionevole aspettarsi che, in 5 Anche nell approccio di base, le Autorità nazionali potrebbero autorizzare le banche all uso di stime interne della maturity, almeno per alcune categorie di crediti; d altra parte, sempre a scelta delle singole Autorità nazionali, è prevista la possibilità, anche per le banche che adottano l approccio avanzato, di lasciare fissa a 2,5 anni la maturity dei crediti a gruppi industriali domestici con fatturato inferiore ai 500 milioni di euro. 6 Ricordiamo, peraltro, che per tutte le banche che adotteranno l approccio di base, la maturity sarà bloccata a 2,5 anni per tutti i prestiti. Andrea Resti 15

15 Basilea 2: una guida per non esperti Il capitale deve coprire le possibili perdite nel 99,9% dei casi ma per quantificarlo è necessario sapere quanto diversificato è il portafoglio crediti media, un cliente su 100 fallirà, cagionando alla banca una perdita di un euro. Questo valore atteso (facilmente calcolabile come prodotto tra PD, LGD e EAD) non è, evidentemente, il solo valore possibile: i prestiti bancari, come il vino, conoscono annate buone e meno buone. In una fase di forte crescita economica è dunque possibile che nessun prenditore fallisca; in un anno di recessione, invece, potrebbero fallirne anche di più, diciamo sette, causando alla banca una perdita supplementare (inattesa) di sei euro oltre il livello normale. Se il capitale di una banca coprisse solo la perdita attesa, in un anno di recessione non vi sarebbero risorse per fare fronte alle minusvalenze iscritte in conto economico: e la banca potrebbe solo portare i libri in tribunale. E evidente che le Autorità di vigilanza non possono accettare un simile rischio: è quindi necessario che il patrimonio della banca venga dimensionato in modo tale da coprire le perdite attese più quelle inattese. Il ragionamento è chiaro, ma resta da capire come possa essere calcolato, nella realtà, il valore delle perdite inattese implicite in un certo portafoglio, date le sue caratteristiche di PD, EAD, LGD e maturity. Nell esempio precedente, tale valore veniva fissato a sei euro in modo arbitrario; nella realtà, esistono modelli matematici in grado di fornire indicazioni abbastanza accurate sull entità di perdita attesa e inattesa, e Basilea 2 utilizza proprio uno di questi modelli. In particolare, la perdita inattesa viene definita attraverso il concetto di perdita massima probabile associata ad un certo livello di sicurezza; per capire cosa ciò significhi, è utile tornare al nostro esempio numerico. La perdita di sette euro sperimentata in un anno di recessione non rappresenta, evidentemente, la massima perdita possibile per la banca: in effetti, la perdita corrispondente al caso in assoluto peggiore (fallimento di tutti i debitori) sarebbe pari a 100 euro. Ovviamente risulterebbe irragionevole costringere la banca a detenere 100 euro di capitale: il valore di sette euro, invece, viene scelto perché, pur non essendo il massimo assoluto, è sufficientemente elevato da coprire la maggior parte dei casi sfavorevoli (anche se non il 100%). Disponendo di un modello matematico, è possibile determinare il valore massimo probabile che copre una certa percentuale desiderata di casi (per esempio il 99%, lasciando scoperto soltanto un 1% di casi, i peggiori): questa percentuale è detta livello di sicurezza, o di confidenza. Volendo rendere la banca più sicura sarà necessario rivedere al rialzo il livello di confidenza (per esempio, aumentando al 99,5% la percentuale di casi coperti), dunque la massima perdita probabile, e di conseguenza accantonare più capitale a fronte delle possibili perdite. Basilea 2, volendo limitare allo 0,1% il rischio che il capitale non sia capiente rispetto alle perdite, fissa il livello di confidenza su un valore molto virtuoso: il 99,9%. Date le caratteristiche (PD, LGD, EAD, maturity) dei crediti inseriti nel portafoglio, e dato il livello di confidenza desiderato (99,9%) il modello matematico di misura dei rischi adottato dagli estensori del nuovo accordo per poter calcolare la massima perdita probabile, e dunque indicare quanto capitale va messo da parte ha bisogno di un ultima informazione. In effetti, la rischiosità di un portafoglio crediti dipende anche dal suo livello di diversificazione, cioè dall attitudine dei diversi prestiti che lo compongono a fallire insieme. Un portafoglio ben diversificato (composto da finanziamenti a imprese che risentono del ciclo economico in misura diversa e incorrelata) risulta infatti meno rischioso (a parità di PD, LGD, EAD, maturity dei prestiti) di un portafoglio costituito da imprese fortemente imparentate tra loro (ad esempio perché appartenenti allo stesso gruppo, al medesimo settore, ad un unica area geografica). Questo perché, se la correlazione tra debitori è modesta, le difficoltà di alcuni saranno, mediamente, compensate dalle fortune di altri, e le possibili perdite totali tenderanno a oscillare entro un range di valori abbastanza limitato; se invece tutte le imprese affidate risentono 16 Andrea Resti

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