Banche e assicurazioni nella finanza globale: il ruolo della supervisione

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1 Montepaschi Vita Annual Forum Banche e assicurazioni nella finanza globale: il ruolo della supervisione Scaletta dell intervento di Fabrizio Saccomanni Direttore Generale della Banca d Italia Roma, 12 ottobre 2007

2 1. BANCHE E ASSICURAZIONI: ANALOGIE E DIFFERENZE Il lavoro dei Professori Beltratti e Corvino mette bene in luce il tema delle analogie e delle differenze tra banche e assicurazioni. Da un lato, è innegabile che i profondi cambiamenti che, soprattutto dall inizio degli anni novanta, hanno interessato l assetto dei sistemi finanziari internazionali abbiano contribuito a una significativa integrazione tra settori creditizio, mobiliare e assicurativo. I prodotti finanziari tipici dei tre settori si sono parimenti sviluppati, rendendo meno netto il confine tra i bisogni che essi intendono soddisfare. L evoluzione della vigilanza da un modello basato sulla natura dei soggetti regolati a uno incentrato sulle finalità da perseguire appare la naturale conseguenza di tale integrazione. Nel modello per finalità ciascuna autorità è responsabile di una specifica tipologia di controlli nei confronti di tutti gli intermediari finanziari (indipendentemente dal settore in cui essi operano). Le tipologie di controlli corrispondono, a loro volta, alle finalità stabilità dei singoli intermediari e del sistema bancario nel suo complesso e trasparenza e correttezza dei loro comportamenti che la regolamentazione intende perseguire. Con la rilevante eccezione del settore assicurativo e di quello dei fondi pensione, l architettura della vigilanza nel nostro Paese è, di fatto, un modello per finalità. Il perseguimento della stabilità è affidato alla responsabilità della Banca d Italia; quello della trasparenza è attribuito alla Commissione nazionale per le società e la borsa. Sono all esame del Parlamento riflessioni sulle modalità con cui rendere maggiormente esplicite nel nostro sistema finanziario le caratteristiche tipiche del modello per finalità. Dall altro lato, come ben sottolineano i Professori Beltratti e Corvino, pur avendole rese meno nette, i processi di cambiamento in atto nei sistemi finanziari non sono stati tali da eliminare le specificità che ancora contraddistinguono, soprattutto con riferimento alla natura dei rischi assunti, le 2/14

3 attività nei diversi comparti dell intermediazione. In particolare, la diversa natura dei rischi bancari e assicurativi rappresenta la maggiore difficoltà che, nonostante i progressi compiuti, i sistemi di misurazione congiunta e le tecniche di gestione integrata dei diversi profili di rischiosità di fatto ancora incontrano. Tra i vari fattori alla base di questa difficoltà, due mi paiono particolarmente rilevanti. In primo luogo, ciascun rischio finanziario può essere quantificato solo sulla base di precise ipotesi sull orizzonte temporale rilevante, da intendersi come il tempo necessario perché l operatore possa modificare la propria posizione di rischio. Poiché tale parametro varia significativamente con il tipo di rischio da misurare (si va da uno o alcuni giorni per i rischi di mercato, a un anno per il rischio di credito, a vari anni per il rischio assicurativo delle polizze-vita), la quantificazione dell entità delle perdite associate al complesso di questi rischi presuppone una scelta in qualche modo arbitraria, che può determinare un elevato grado di approssimazione nella misurazione integrata dei rischi. In secondo luogo, risulta particolarmente difficile misurare con precisione la correlazione fra i diversi rischi. Ad esempio, l assenza di serie storiche sufficientemente lunghe relative a eventi connessi con il manifestarsi congiunto del rischio di credito e di quello assicurativo non consente di valutare con accuratezza i possibili benefici derivanti dalla presenza contemporanea di un operatore nei due settori di attività ( benefici da diversificazione ). Le diversità che caratterizzano l attività, i rischi assunti e la misurazione degli stessi nei diversi comparti finanziari trovano riflesso nell approccio alla regolamentazione prudenziale adottata dalle autorità di Vigilanza, sia a livello internazionale sia a livello di singolo paese. Le differenze che caratterizzano gli impianti prudenziali spaziano dalle regole contabili alla stessa definizione di patrimonio, al ruolo assunto dal capitale, dagli accantonamenti e dalle riserve tecniche. 3/14

4 2. LA REGOLAMENTAZIONE DEI CONGLOMERATI IN EUROPA La bancassicurazione si è sviluppata in Europa già nel corso degli anni ottanta. Attualmente, molte tra le principali banche e compagnie di assicurazione hanno una rilevante attività inter-settoriale e si configurano come conglomerati finanziari ai sensi della direttiva 2002/87/CE, sulla quale tornerò tra breve. I conglomerati, spesso con ampia articolazione cross-border, hanno orientamento prevalentemente bancario, con un valore mediano della quota delle attività bancarie su quelle totali pari a quasi il 90 per cento. Non mancano peraltro i conglomerati di matrice assicurativa. Nei conglomerati finanziari i rischi tipici dei diversi settori si combinano, rendendo più difficile la valutazione dell adeguatezza patrimoniale; strutture di gruppo più complesse pongono sfide all efficacia della regolamentazione e della vigilanza condotta sulle singole componenti. Riflessioni sulle modalità per rafforzare la supervisione su operatori finanziari diversificati sono da tempo condotte dalle autorità di vigilanza. In sede internazionale, fin dall inizio degli anni novanta, sono state compiute valutazioni sugli strumenti più adeguati per vigilare sui conglomerati, riducendo il rischio di arbitraggio regolamentare. I lavori hanno tratto impulso con la costituzione, nel 1996, del Joint Forum, un organismo formato da rappresentanti delle autorità di vigilanza delle banche, delle assicurazioni e dei valori mobiliari. In tale ambito i fattori che rendono necessario un approccio organico alla vigilanza sui conglomerati sono stati individuati nel rischio che il patrimonio subisca diluizioni a causa dell utilizzo degli stessi elementi patrimoniali per fronteggiare rischi in parti diverse del medesimo gruppo (double gearing), nella possibile maggiore concentrazione dei rischi e nel rischio di contagio. Il Joint Forum ha nel tempo proposto una serie di soluzioni regolamentari e strumenti di vigilanza utilizzabili per valutare l adeguatezza patrimoniale del conglomerato e per garantire che le autorità di vigilanza dispongano di una 4/14

5 visione unitaria della sua esposizione ai rischi. In Europa le indicazioni del Joint Forum sono alla base della definizione della direttiva relativa alla vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari. La normativa comunitaria in materia di conglomerati ha integrato le norme settoriali con specifiche previsioni sull adeguatezza patrimoniale, la concentrazione dei rischi e le operazioni intra-gruppo dei conglomerati; essa ha definito, inoltre, le modalità con cui le autorità incaricate della vigilanza sulle componenti del conglomerato devono coordinarsi e scambiarsi informazioni. I lavori di predisposizione della proposta di direttiva conglomerati e il negoziato per la sua approvazione hanno consentito l avvio, anche in Europa, di un confronto fra gli impianti regolamentari e di vigilanza in vigore nei principali settori dell intermediazione finanziaria. Allo stesso tempo, l avvio del processo di revisione delle procedure per l elaborazione della legislazione comunitaria (il cosiddetto processo Lamfalussy) ha permesso che tale confronto potesse avvenire nell ambito delle strutture che avrebbero coadiuvato l elaborazione normativa della Commissione europea in materia finanziaria. In particolare, in seguito alla creazione, nel 2004, del Committee of European Securities Regulators (CESR), del Committee of European Banking Supervisors (CEBS) e del Committee of European Insurance and Occupational Pension Supervisors (CEIOPS), alcune tematiche di interesse comune ai tre settori (quali, ad esempio, la rappresentazione contabile delle attività vigilate, la regolamentazione sull outsourcing di alcune attività connesse e la regolamentazione relativa ai controlli interni degli intermediari finanziari) hanno potuto essere trattate con regolarità in riunioni periodiche fra i presidenti dei tre Comitati. Più recentemente, in relazione alla necessità di affrontare le numerose questioni relative all applicazione negli Stati membri della direttiva conglomerati, i Comitati settoriali hanno costituito nell aprile 2006 l Interim Working Committee on Financial Conglomerates (IWCFC). 5/14

6 3. I CONGLOMERATI IN ITALIA Le norme della direttiva sui conglomerati sono state recepite in Italia dal Decreto Legislativo n. 142 del 30 maggio Esso, come ha fatto la direttiva a livello comunitario, ha imposto che l attuazione della vigilanza supplementare avvenisse attraverso un confronto fra le autorità di vigilanza settoriali, alle quali è stato richiesto di definire specifici accordi per l applicazione della normativa nazionale. A tale scopo nel settembre del 2005 è stata formalizzata, con l ISVAP e successivamente con la CONSOB, la costituzione di una sede di confronto sistematico sui problemi dei conglomerati (il Tavolo Tecnico Conglomerati (TTC)). Come primo adempimento, il tavolo tecnico ha elaborato un primo Accordo di Coordinamento, sottoscritto dalle tre autorità il 16 marzo Le tre autorità hanno proseguito i propri lavori al fine di definire i criteri di calcolo dei requisiti patrimoniali supplementari per i conglomerati e i contenuti degli altri istituti prudenziali previsti dalla direttiva. La Banca d Italia e l ISVAP hanno, inoltre, avviato un confronto con gli intermediari bancari e assicurativi con riferimento alla loro identificazione come conglomerati finanziari, alle disposizioni applicative delle metodologie di calcolo dell adeguatezza patrimoniale dei conglomerati, nonché alla definizione della disciplina relativa agli altri istituti di vigilanza supplementare. Le riunioni con i conglomerati a prevalenza bancaria hanno reso evidente che tali gruppi rappresentano una realtà variegata, con livelli di integrazione che dipendono dal disegno strategico e dal ruolo attribuito al business assicurativo. 6/14

7 4. LA PROPOSTA SOLVENCY 2 Lo scorso luglio la Commissione europea ha adottato una proposta di direttiva sul nuovo regime di vigilanza prudenziale delle compagnie di assicurazione e riassicurazione (Solvency 2). Uno degli obiettivi di Solvency 2 è quello di istituire un sistema di solvibilità che tenga conto in modo più accurato, rispetto al sistema vigente, dei rischi effettivamente assunti dalle singole imprese. Si tratta di un provvedimento importante, perché avvicina il linguaggio utilizzato dalle autorità di vigilanza assicurative a quello delle autorità bancarie. Al pari della direttiva sui requisiti per le banche e le imprese di investimento (Capital Requirements Directive, CRD), Solvency 2 sarà caratterizzata da tre diversi strumenti di controllo (o pilastri). Il primo riguarda i requisiti quantitativi e prevede un nuovo approccio per il calcolo dei livelli minimi di capitale che le imprese devono detenere. Questi potranno essere determinati utilizzando delle formule standard o sulla base dei modelli interni sviluppati dalle imprese di assicurazione, previa autorizzazione delle autorità di vigilanza. A questo primo livello di controllo ne sono affiancati altri due, nella consapevolezza che i requisiti minimi, ancorché quantificati con metodologie più avanzate e accurate, non sono di per sé sufficienti a garantire la solidità dell intermediario. Il secondo pilastro, oltre a definire i requisiti qualitativi (meccanismi di governance, sistemi di controllo interno, presidi per la gestione dei rischi) richiede alle imprese assicurative, analogamente a quanto previsto per le banche, di condurre regolarmente una propria valutazione dei rischi e dell adeguatezza patrimoniale. In tale ambito, le autorità di vigilanza svolgeranno un processo di revisione e valutazione circa l adeguatezza delle strategie, dei processi e delle procedure di reporting adottati dall impresa. 7/14

8 Infine, il terzo pilastro mira a rafforzare, con specifici requisiti di trasparenza, l effetto disciplinante che il mercato può esercitare sugli intermediari. Un ulteriore elemento di novità per il settore assicurativo che anch esso avvicina le regole prudenziali assicurative a quelle bancarie riguarda l ambito di applicazione, prevalentemente a livello di gruppo, di Solvency 2. Se tale impostazione sarà mantenuta, la supervisione delle imprese di assicurazione, attualmente centrata sulle singole imprese (solo supervision), risulterà radicalmente modificata. La vigilanza a livello di gruppo pone, per gli operatori con rilevante articolazione cross-border, problemi peculiari di ripartizione di compiti e di responsabilità tra autorità del paese di origine della capogruppo (home) e quelle dei paesi ospitanti le filiazioni (host). Ai fini dell esercizio della vigilanza, la proposta Solvency 2 introduce il concetto di autorità responsabile della supervisione sul gruppo assicurativo (group supervisor, il consolidated supervisor nella terminologia della CRD), alla quale sono assegnati specifici compiti di coordinamento e poteri decisionali su aspetti chiave della vigilanza di gruppo, ivi compresa la possibilità di far prevalere la propria decisione circa l autorizzazione all utilizzo dei modelli interni adottati dall impresa ai fini prudenziali. Sotto tale profilo, la proposta della Commissione prevede una procedura simile a quella contenuta nell art. 129 della CRD per le banche. Rispetto alla disciplina bancaria, il ruolo dell autorità responsabile della vigilanza a livello consolidato diverrebbe particolarmente incisivo nel caso in cui al gruppo assicurativo cross-border sia applicato il cosiddetto dispensation regime, che si realizza quando la capogruppo si impegna attraverso una dichiarazione scritta, legalmente vincolante e resa pubblica a trasferire fondi propri a favore della filiazione estera nel caso in cui ciò sia necessario, ossia in situazione di insolvenza di quest ultima (group support). In tal caso, l autorità host perde la competenza in materia di rispetto di requisiti patrimoniali, non potendo più adottare misure correttive al livello della filiazione. 8/14

9 È certamente prematuro fornire una valutazione complessiva circa il grado di convergenza tra discipline bancaria e assicurativa che deriverà dalla piena attuazione di Solvency 2. La proposta è infatti ancora oggetto di negoziazione presso il Parlamento europeo e il Consiglio. Esistono certamente, e sono chiari fin da ora, alcuni profili sui quali non sarà possibile pervenire a soluzioni omogenee. Alcune scelte tecniche, quali ad esempio quelle riguardanti la misurazione della correlazione tra i rischi e dei benefici della diversificazione, continueranno a riflettere le differenze tra attività assicurativa e bancaria e le caratteristiche dei rischi ai quali le due categorie di intermediari sono esposti. Tuttavia, è indiscutibile che essa segnali la volontà di migliorare il dialogo, anche a livello regolamentare, tra il mondo assicurativo e quello bancario. La scelta di sposare un approccio di vigilanza basato sui rischi e di fare affidamento sulle migliori pratiche diffuse presso gli intermediari anche nell azione di controllo prudenziale rende la filosofia sottostante le due discipline più vicina che in passato. 5. LE RECENTI TURBOLENZE SUI MERCATI FINANZIARI: ALCUNE RIFLESSIONI Sebbene l impatto della crisi del mercato americano dei mutui subprime sugli intermediari italiani (banche, assicurazioni e imprese d investimento) possa considerarsi contenuto nel confronto internazionale, le implicazioni delle turbolenze innescate dalla crisi assumono rilevanza anche per il nostro sistema finanziario. Occorre far sì che dall esperienza recente si traggano indicazioni utili per gli sviluppi futuri, sia nel campo dei meccanismi di funzionamento del mercato finanziario sia in quello dell intervento regolamentare volto a contenere le conseguenze di eventuali fallimenti del mercato. Come noto, le perdite stimate derivanti dal deterioramento dei mutui subprime alle famiglie americane si aggirerebbero intorno a 100 miliardi di dollari. Se 9/14

10 così fosse, si tratterebbe di un ammontare pari a circa l 8 per cento del mercato dei mutui subprime e a circa l 1 per cento del complesso dei mutui alle famiglie americane. Sebbene si tratti di perdite significative in valore assoluto, esse risultano tutto sommato relativamente contenute in proporzione alla dimensione del mercato statunitense dei mutui alle famiglie. Diversi sono i fattori che, tuttavia, hanno fatto sì che la prospettiva di perdite relativamente contenute provocasse di fatto sui mercati finanziari mondiali una ampia serie di effetti a catena di rilevante portata, che hanno finito per estendersi anche al mercato interbancario, richiedendo l intervento delle banche centrali. Tre di questi fattori risultano a mio avviso determinanti nello spiegare la dinamica della crisi. Il primo fattore è connesso con il progressivo affermarsi di un modello di intermediazione di tipo originate and distribute rispetto al precedente modello di tipo buy and hold. Nel modello originate and distribute, come noto, i rischi di credito tendono a essere distribuiti al di fuori del bilancio dell intermediario che ha inizialmente erogato il prestito, facendo ricorso alle cartolarizzazioni e ad altri strumenti di trasferimento del rischio, come i derivati di credito. La dinamica della crisi ha mostrato come questo modello di intermediazione, i cui vantaggi in termini di diffusione e diversificazione dei rischi sono certamente significativi, possa essere soggetto a problemi nella struttura degli incentivi, sia nella fase di origination che in quella di distribution. Incentivi perversi nella fase di origination, infatti, hanno determinato un abbassamento degli standard di erogazione dei mutui e un conseguente decadimento della qualità dei prestiti, proprio a causa della prospettiva degli originator di trasferire ad altri il relativo rischio. D altro canto, incentivi perversi nella fase di distribution hanno contribuito, anche per effetto della crescente domanda di strumenti caratterizzati da un elevato profilo rischio-rendimento, alla diffusione di prodotti di credito strutturati altamente complessi, per i quali il controllo dell evoluzione dei rischi 10/14

11 sottostanti risulta, di fatto, oltremodo problematico. È un fatto che alcuni tra i maggiori investitori in prodotti di credito strutturati sono state proprio highly leveraged institutions, come gli hedge funds, che richiedono questi strumenti per mantenere elevato il livello dei rendimenti. Alcuni incentivi tipici della fase di distribution, inoltre, sono stati, almeno in parte, influenzati dalle agenzie di rating, sul cui ruolo si sta attualmente riflettendo. In questo contesto, la difficoltà di quantificare in che misura la performance di alcuni di questi prodotti risenta del deterioramento dei mutui subprime sottostanti ha provocato un vero e proprio prosciugamento della liquidità sul mercato secondario. In un clima di elevata incertezza, le condizioni di illiquidità si sono estese all intero mercato delle asset backed securities (ABS), indipendentemente dal fatto che le attività sottostanti fossero o meno legate al segmento subprime. Il secondo fattore deriva dal progressivo incremento, registrato nel corso degli ultimi anni, della leva finanziaria con cui si è investito nei prodotti di credito strutturati. L utilizzo di una elevata leva finanziaria, infatti, fa sì che perdite cash relativamente contenute possano risultare di fatto significativamente ampliate, e incidere in misura elevata, pertanto, sulla propensione degli operatori a negoziare sul mercato secondario. Il terzo fattore è connesso con le relazioni tra le banche e alcuni speciali veicoli (conduit e structured investment vehicles, SIV) che investono, tra l altro, in prodotti di credito strutturati. Le difficoltà interpretative delle regole contabili sul consolidamento delle cosiddette special purpose entities (SPE), che hanno a volte consentito che i veicoli fossero off-balance, e il meccanismo di funzionamento di alcune regole prudenziali presenti in Basilea 1 possono talvolta aver indotto le banche a investire in ABS e altri prodotti di credito strutturati proprio attraverso i veicoli off-balance anziché direttamente. Come sappiamo, l incertezza in merito alla effettiva valutazione dei prodotti strutturati detenuti nei portafogli dei veicoli ha provocato tensioni sul mercato della carta commerciale a breve termine (sul quale i veicoli si finanziano) e ha richiesto 11/14

12 l effettivo utilizzo delle linee di liquidità offerte dalle banche sponsor. Ne sono quindi derivate tensioni fin sul mercato interbancario. Ritengo sia utile ricordare, inoltre, che i tre fattori che ho brevemente richiamato (l affermazione di un modello originate and distribute, l incremento della leva finanziaria e le relazioni tra banche e conduit) hanno operato in un contesto regolamentare di transizione, nel quale si sono via via definite le nuove regole prudenziali che entreranno effettivamente in vigore a partire dal prossimo anno (Basilea 2). 6. POSSIBILI LINEE DI AZIONE La cesura tra Basilea 1 e Basilea 2 è significativa. Il nuovo approccio prudenziale è maggiormente in linea, rispetto al passato, con le prassi di gestione del rischio adottate dagli operatori sul mercato. Da questo punto di vista, e nonostante le specificità che ancora contraddistinguono l operatività e i rischi delle banche rispetto a quelli delle compagnie assicurative, la prospettiva di adozione di Solvency 2 si colloca lungo un solco analogo, che bilancia le esigenze di sviluppo e innovazione dei mercati con quelle di intervento pubblico nel caso di fallimento degli stessi. Ogni regolamentazione è per sua natura perfettibile, e Basilea 2 non rappresenta certamente una eccezione. Il Comitato ha già da tempo avviato una serie di riflessioni su argomenti specifici (come ad esempio la gestione del rischio di liquidità da parte delle banche e il trattamento prudenziale degli strumenti finanziari detenuti nel trading book). Le riflessioni potranno condurre, anche nella stessa fase di effettiva implementazione delle nuove regole, ad azioni di fine tuning, in grado di accrescere l efficacia dei requisiti prudenziali previsti dall Accordo. Al più efficace perseguimento della stabilità finanziaria internazionale contribuirà, in Europa, il processo di verifica del funzionamento dell assetto complessivo dell architettura regolamentare. La normativa europea che ha 12/14

13 introdotto la procedura Lamfalussy relativa al funzionamento delle strutture di regolamentazione e vigilanza sul sistema finanziario nell UE richiede infatti che la procedura sia sottoposta a revisione entro la fine di quest anno. La revisione delle strutture Lamfalussy dovrebbe essere volta a consolidare il ruolo dei Comitati settoriali nell orientare le prassi di vigilanza delle autorità dei Paesi membri. Il rafforzamento dello status giuridico e del mandato dei Comitati, unitamente al miglioramento dei meccanismi decisionali al loro interno, contribuiranno a rendere più spedito il processo di convergenza e più efficace l attività di vigilanza sugli intermediari con rilevante articolazione cross-border. Nonostante la discussione sia ancora in corso, è da attendersi che, al termine della revisione, il dialogo e il coordinamento tra le autorità settoriali risultino ulteriormente rafforzati. È ancora presto per trarre dalle esperienze vissute nell estate chiare indicazioni di policy, e in materia sono in corso riflessioni e analisi approfondite sia a livello europeo (Ecofin, BCE) sia a livello internazionale nell ambito del G7 e del Financial Stability Forum, presieduto dal Governatore della Banca d Italia, Mario Draghi. In questi contesti occorrerà certamente riflettere sul grado di trasparenza del comparto della finanza strutturata, soprattutto con riferimento alla specifica allocazione dei rischi; sull adeguatezza dei sistemi di gestione del rischio di liquidità da parte delle banche, anche alla luce delle interconnessioni tra i rischi di market liquidity e funding liquidity; sui meccanismi di valutazione e di pricing dei prodotti di credito strutturati, nonché sui modelli utilizzati dalle agenzie di rating nel processo di assegnazione dei loro giudizi. In ogni caso, al di là della necessità di disegnare regole prudenziali che, nel rispetto dei meccanismi di mercato, risultino sempre più efficaci, l esperienza delle recenti turbolenze mostra chiaramente l importanza della reputazione e della fiducia nei mercati finanziari. Crisi di fiducia, come abbiamo visto, possono ostacolare l efficiente funzionamento di importanti comparti del 13/14

14 mercato finanziario, come quello interbancario; fattori reputazionali possono far sì che il modello originate and distribute si dimostri, in caso di difficoltà, del tutto inefficace, costringendo le banche ad affrontare e sostenere l impatto di rischi che pensavano di aver trasferito. È importante che tanto gli intermediari quanto le autorità di controllo tornino a riflettere anche su questi fattori. 14/14

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