Introduzione. Buoni e cattivi genitori?
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- Bruno Santoro
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1 Ruspini_stampa_XP6.qxd :46 Pagina 7 Introduzione. Buoni e cattivi genitori? Quali caratteristiche fanno di un genitore un buon genitore? Alcune sono ampiamente condivisibili: amore, rispetto, pazienza, attenzione, vicinanza, comprensione. Su altre, invece, è aperto un aspro dibattito a molteplici livelli: sociale, economico, giuridico, formativo, etico, religioso. Per essere una buona madre o un buon padre bisogna essere sposati? Ed esserlo stabilmente? Essere eterosessuali? O essere donne e uomini nati in corpi femminili (per le donne) e maschili (per gli uomini) e che non hanno mai messo in discussione (almeno pubblicamente) la relazione culturalmente approvata tra genere e sesso nel percorso di costruzione della propria identità? In altre parole, la capacità genitoriale è funzione diretta e crescente di un determinato stato civile, corpo sessuato o di un preciso orientamento sessuale? Queste domande, per noi cruciali, costituiscono il punto di partenza della riflessione e del confronto tra le due autrici (una sociologa e una psicologa, esperta in psicologia giuridica) che ha dato vita a questo volume. Esso si propone di mettere a fuoco alcune importanti dimensioni dei rapporti tra generazioni alla luce delle profonde trasformazioni subite dalla famiglia e dei crescenti intrecci e interscambi tra identità di genere e orientamento sessuale: monogenitorialità, omogenitorialità, transgenitorialità. Con monogenitorialità intendiamo l essere genitori soli, cioè famiglie consistenti di una madre o un padre non stabilmente conviventi con il partner/coniuge e di almeno un figlio dipendente. Chiaramente, i genitori soli possono essere portatori di differenti orientamenti sessuali (omosessualità, bisessualità, eterosessualità) o di inedite combinazioni tra essi. Tra le famiglie monogenitore, la figura della madre sola costituisce, ancora oggi, un elemento di sicura centralità. Ciò per ragioni sia storiche sia sociodemografiche, oggetto di riflessione nel capitolo 2. 7
2 Ruspini_stampa_XP6.qxd :46 Pagina 8 Alcune anticipazioni. Innanzitutto, la figura del genitore solo ha storicamente coinciso con quella di ragazza madre, madre nubile, donna sedotta e abbandonata. Non va inoltre dimenticata la considerevole sproporzione numerica tra madri e padri soli a favore delle prime, riconducibile a molteplici fattori: la tendenza ad affidare alle madri la custodia dei figli in caso di separazione o divorzio; il più elevato tasso di mortalità tra gli uomini; la più elevata propensione al secondo matrimonio da parte degli uomini divorziati rispetto alle donne; la tendenza presentata dai figli nati al di fuori del matrimonio a vivere con le madri. Anche i padri soli rappresentano una significativa sebbene scarsamente esplorata dimensione del mutamento che ha colpito identità di genere e genitorialità (Zajczyk, Ruspini, 2008). Poco (o nulla), infatti, si sa dei nuclei monogenitore a capofamiglia uomo, un fenomeno spesso definito marginale perché di scarsissima evidenza numerica ma in costante crescita: tra il 1998 e il 2003 i padri soli non vedovi sono cresciuti del 31%, passando da a (Rosina, Sabbadini, 2006) dal momento che, in seguito a separazione o divorzio, la madre è considerata, nella stragrande maggioranza dei casi, il genitore più adatto per l affidamento dei figli. Come è noto, l affidamento esclusivo alla madre è (ed era) molto diffuso e il diritto di visita da parte del padre è (ed era) solitamente limitato: la classica regolamentazione del regime di visita prevede un pomeriggio infrasettimanale e due week-end al mese a settimane alterne; metà delle vacanze natalizie e di quelle pasquali; 2-3 settimane anche non consecutive durante le vacanze estive. Tali decisioni (che riflettono evidenti stereotipi di genere e sulle funzioni materne e paterne), per lungo tempo non oggetto di discussione, cominciano invece a essere considerate potenziali generatrici di processi di esclusione sociale al maschile. In questo quadro culturale, è significativa la tendenza a livello europeo che si concretizza con il regolamento n. 2201/2003 del Consiglio dell Unione Europea del 27 novembre 2003 «relativo alla competenza, al riconoscimento e all esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale». Tale regolamento 8
3 Ruspini_stampa_XP6.qxd :46 Pagina 9 garantisce il diritto del minore di mantenere contatti diretti con i due genitori, dopo il divorzio, anche qualora questi vivano in Stati differenti: si tratta, dunque, di una legislazione sempre più attenta a garantire la parità dei ruoli genitoriali. In particolare, sulla base del principio della bigenitorialità, che attribuisce uguale importanza al ruolo paterno e materno come soluzione più idonea per la crescita del minore, si sta progressivamente diffondendo il modello di affidamento condiviso (un espressione che sottolinea il principio della condivisione di responsabilità tra i genitori per l educazione dei figli): anche in seguito alla cessazione del vincolo matrimoniale, le responsabilità di entrambi i genitori non vengono alterate, affiancando o addirittura sostituendo il modello in cui, in caso di separazione e divorzio, vi è un unico genitore affidatario, che nella maggior parte dei casi è la madre. Anche in Italia, almeno sul versante legislativo, alcuni passi importanti oggetto di intensa riflessione nei prossimi capitoli sono stati recentemente compiuti. Nell ultimo decennio un movimento esteso di padri separati (più raramente madri separate e genitori) ha posto all ordine del giorno l obiettivo dell affidamento condiviso. La richiesta principale delle varie associazioni di padri separati che ha assunto toni anche molto forti è stata proprio l affidamento condiviso sulla base della parità di diritti e doveri dei genitori, per combattere quella che è stata definita disparità di trattamento nelle cause di separazione e affido dei minori. È peraltro anche sulla spinta di tali rivendicazioni che ha visto la luce la legge 8 febbraio 2006, n. 54, Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli: intervenendo sulla normativa esistente nelle pratiche di affidamento dei figli in caso di separazione o divorzio dei genitori, essa cerca di privilegiare l affido condiviso tra i genitori, anziché quello in via esclusiva (che di norma vede come unica affidataria la madre), favorendo in tal modo il mantenimento di relazioni continuative e stabili con entrambi i genitori. Più spinosa, ma non per questo meno interessante e attuale, è la questione tutt oggi scarsamente dibattuta della relazione tra 9
4 Ruspini_stampa_XP6.qxd :46 Pagina 10 genitorialità, identità di genere e pluralità di orientamenti sessuali. La letteratura scientifica che si occupa delle diverse forme di genitorialità, tra cui quella espressa dalle persone omosessuali, bisessuali, transessuali, rimane ancora povera e circoscritta. Nel panorama italiano, in particolare, sono ancora molto scarsi gli studi centrati sul ruolo genitoriale, inteso come repertorio di funzioni e competenze suscettibile di assumere una specifica configurazione a prescindere dal genere sessuale di appartenenza (Luciani, 2008). Eppure, il fenomeno dell omogenitorialità un termine che generalmente designa tutte le famiglie nelle quali almeno un adulto, che si autodefinisce omosessuale, è il genitore di almeno un bambino (Gross, 2003) costituisce da qualche tempo una realtà emergente in molte società occidentali, soprattutto a seguito della crescente visibilità delle madri omosessuali che convivono con le loro partner e con i propri figli (cfr. cap. 3 per approfondimenti). L omogenitorialità deve essere osservata da più angolature. Infatti, non va considerato il solo desiderio di maternità e di paternità nei gay e nelle lesbiche, ma anche la responsabilità paterna e materna di tutti quegli omosessuali che nelle loro storie precedenti (anche eterosessuali, quindi) hanno procreato. L esperienza di essere genitori e avere relazioni con persone dello stesso sesso non è ovviamente nuova, ma ricerche realizzate soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna gettano luce su alcuni importanti cambiamenti (Mallon, 2004). Se nel passato i figli erano frutto generalmente di una precedente relazione eterosessuale, ora la scelta di diventare genitori è sempre più sganciata dall eterosessualità, con le possibilità aperte dalle tecniche di riproduzione assistita ma anche con l accesso all adozione (Shanley, 2002; Bertone, 2005). In Italia, però, i figli sono quasi sempre frutto di un unione eterosessuale: data l impossibilità dell adozione e la difficoltà di accesso a tecniche di riproduzione assistita, sono quindi molto limitate le possibilità per una coppia omosessuale di vivere crescendo un figlio. Altrettanto attuale e importante è la relazione tra genitorialità, transgenderismo e transessualità. Possiamo parlare di transgenito- 10
5 Ruspini_stampa_XP6.qxd :46 Pagina 11 rialità quando in una famiglia almeno un adulto, madre o padre di almeno un bambino, sta compiendo la transizione da un genere all altro, oppure l ha già conclusa. Anche in questo caso, non deve essere considerato solo il desiderio di maternità e di paternità nelle persone transgender o in transizione, ma anche la responsabilità paterna e materna di tutte quelle persone che nel loro passato hanno procreato. Generalmente si pensa che la transessualità di uno dei due genitori possa essere fonte di disagio e di malessere per i minori. Il principale timore è che il genitore transessuale, in ragione delle sue problematiche identitarie, possa ingenerare nel figlio confusioni, problemi di identificazione con il genere sessuale d appartenenza o disturbi dell identità di genere (Luciani, 2008). Molti genitori, dunque, si separano nella convinzione di porre rimedio alla questione, ignari del fatto che il progressivo allontanamento del padre o della madre che sta effettuando la transizione crea più problemi di quanti non ne risolva (per un approfondimento, cfr. cap. 4). Le coppie omosessuali e quelle composte da un genitore che ha sperimentato la transizione da un genere all altro (e quelle conviventi più in generale) sono oggi oggetto di palese discriminazione sul versante del diritto alla genitorialità. Se, ad esempio, sul fronte dell adozione nazionale e internazionale, è vero che, in linea teorica, la richiesta inoltrata da un genitore che abbia concluso l iter di rettificazione non ostacola l adozione (al pari di qualsiasi persona che faccia istanza in questo senso; la sua idoneità genitoriale dovrebbe essere infatti valutata in base a criteri standard unanimemente riconosciuti e applicati), la richiesta avanzata da una coppia regolarmente coniugata, in cui uno dei componenti abbia ottenuto la riconversione chirurgica e anagrafica, viene normalmente rigettata. Il rifiuto viene giustificato adducendo l assenza dei criteri che soddisfano la legge 4 maggio 1983, n. 184 (legge che disciplina l adozione e l affidamento dei minori) e le successive modifiche apportate dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante Disciplina dell adozione e dell affidamento dei minori, nonché al titolo viii del libro primo del codice civile), in virtù delle 11
6 Ruspini_stampa_XP6.qxd :46 Pagina 12 quali il minore ha diritto a crescere all interno di un contesto familiare che possa accompagnarne i percorsi di sviluppo, assolvere i corrispondenti compiti educativi e assumere precisi doveri genitoriali. Sono queste le ricche premesse che fanno da sfondo al percorso di riflessione delle autrici di questo lavoro. Il volume si apre con l esposizione di alcuni concetti necessari per la comprensione del processo di differenziazione delle convivenze e dell impatto di tale processo sul versante legislativo: in particolare, le definizioni di genitorialità, buona genitorialità, genitorialità meritevole e migliore interesse del minore anche alla luce della passata e presente normativa italiana. Nel secondo capitolo verranno prese in esame alcune caratteristiche e peculiarità delle famiglie monogenitore in Italia: madri e padri soli a confronto. Scopo dei capitoli terzo e quarto è fornire una guida per la riflessione in tema di omogenitorialità e transgenitorialità (e, più in generale, sulle forme di genitorialità lgbt, acronimo utilizzato per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Si tratta di fattori di rischio in età evolutiva o, invece, di occasioni per moltiplicare esponenzialmente le dinamiche affettive tra componenti della famiglia, una moltiplicazione necessaria per smussare tensioni, distorsioni e stereotipi di genere anche in termini di ostacoli culturali posti nei processi di transizione all età adulta di cui è portatrice la cultura familista italiana? E, magari, per aprire nuove strade di collaborazione e interscambio tra madri e padri? 12
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