Terzo settore: natura di ente non commerciale e riconoscimento delle agevolazioni fiscali

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1 Approfondimenti monografici di Luca Caramaschi Terzo settore: natura di ente non commerciale e riconoscimento delle agevolazioni fiscali Premessa Con alcuni recenti documenti di prassi, l Agenzia delle Entrate ha approfondito i criteri che debbono essere considerati al fine di valutare la sussistenza o meno della natura non commerciale di un dato operatore economico; ciò anche ai fini del successivo riconoscimento delle importanti agevolazioni fiscali previste per il settore del no profit. Prima ancora di valutare la sussistenza delle condizioni indispensabili per fruire delle agevolazioni di settore, infatti, chi si considera appartenente al mondo no profit deve chiedersi se, realmente, la natura del soggetto che si muove in tale ambito sia o meno di tipo commerciale. Questi aspetti, come meglio verrà precisato in seguito, sono stati presi in esame dalla R.M. n.141/e/09. Questo tipo di indagine appare oggi ancor più necessario, anche alla luce delle nuove disposizioni introdotte dall art.30, co.1, 2, 3 e 3-bis, del D.L. n.185/08, convertito, con modificazioni, dalla L. n.2/09. Tale nuova previsione normativa, oggetto di commento da parte dell Agenzia delle Entrate con la C.M. n.12/e/09, impone agli enti di tipo associativo l obbligo di comunicare all Agenzia delle Entrate dati e notizie rilevanti ai fini fiscali. E ciò al fine di consentire gli opportuni controlli circa il possesso dei requisiti qualificanti richiesti dalle norme fiscali per avvalersi delle disposizioni di favore previste dall art.148 Tuir e dall art.4 del DPR n.633/72. Ad oggi, il modello telematico che consente di assolvere a tale obbligo non è ancora stato approvato, ancorché la norma originaria ne prevedesse il termine di pubblicazione alla data del 31 gennaio Tuttavia, l attenzione degli operatori del settore relativamente a tale adempimento (dato per imminente) è oggi molto alta anche in considerazione delle aspettative di gettito legate ai controlli fiscali che seguiranno, per la verifica della veridicità dei dati comunicati dai soggetti obbligati all invio. La conferma di tutto ciò è stata ribadita con la successiva C.M. n.13/e/09, con la quale l Agenzia delle Entrate, nel dettare agli uffici periferici gli indirizzi operativi per l attività di prevenzione e contrasto all evasione per l anno 2009, ha riservato uno specifico paragrafo (il n.2.4) proprio ai controlli riguardanti gli enti non commerciali. Che vi sia, quindi, un particolare orientamento dei controlli alla verifica della corretta qualificazione degli enti, lo testimonia un passaggio delle citata circolare laddove si afferma che: L attività di controllo va, quindi, indirizzata nei confronti di quei soggetti per i quali le informazioni a disposizione degli Uffici evidenzino la possibile esistenza di vere e proprie imprese commerciali dissimulate sotto forma di associazioni culturali, sportive, di formazione e simili (spesso annoverate nella nozione di circoli privati ). 33

2 Una vota accertata la natura commerciale dell ente (prima valutazione necessaria) il successivo ed automatico passaggio dei controlli sarà quello di appurare la veridicità dei dati dichiarati nel modello telematico di prossima approvazione, relativi alla presenza delle condizioni (di tipo formale) necessarie per poter fruire delle agevolazioni fiscali. La natura di ente non commerciale La questione preliminare che caratterizza l esame dei soggetti apparenti al mondo del no profit è proprio la verifica della natura di ente non commerciale. È la stessa C.M. n.12/e/09, citata in precedenza, che testualmente afferma: presupposto di carattere generale per l applicazione sia delle disposizioni dell art.148 del Tuir, sia di quelle dell art.4, commi quarto e sesto, del DPR n.633, è la qualificazione dell ente associativo come ente non commerciale. Osserva, sempre l Agenzia delle Entrate con la recente R.M. n.141/e/09, che ai fini della qualificazione tributaria della natura commerciale o non commerciale dell ente: non incide la circostanza che lo stesso effettui soltanto le prestazioni individuate nello statuto; né assume rilievo che l ente svolga la propria attività esclusivamente a favore dei propri associati e non anche di soggetti terzi; né tantomeno la mancata realizzazione del profitto è condizione sufficiente ad escludere la natura commerciale dell ente. Ai fini della qualificazione tributaria di un ente commerciale o non commerciale rilevano, infatti, i criteri dettati dall art.73 Tuir, il quale dispone, fra l altro, che: un ente si considera come ente non commerciale quando, a prescindere dalle finalità perseguite e dall assenza del fine di lucro, l ente non ha come oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un attività commerciale. È quindi l oggetto esclusivo o principale che assume rilevanza, intendendosi per esso, come previsto dall art.73, co.4 Tuir, l attività essenziale svolta per realizzare direttamente gli scopi primari dell ente così come indicati dalla legge, dall atto costitutivo o dallo statuto. Pertanto, ai fini dell individuazione della natura tributaria dell ente rileva il carattere commerciale o non commerciale dell attività essenziale per realizzare gli scopi statutari; commercialità determinata in base a parametri oggettivi che prescindono dalle motivazioni del soggetto che la pone in essere. Tali parametri sono enunciati dalle disposizioni recate, agli effetti delle imposte sui redditi, dall art.55 Tuir ed agli effetti dell Iva, dall art.4, co.1, del DPR n.633/72. In forza delle predette norme, per esercizio di imprese si intende l esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva delle attività commerciali di cui all art.2195 c.c., anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell art.2195 c.c.. In sostanza, ribadiscono le Entrate, la qualificazione commerciale ai fini fiscali dell attività svolta deve essere operata verificando se l attività possa ricondursi fra quelle previste 34

3 dall art.2195 c.c. ovvero, qualora consista nella prestazione di servizi non riconducibili nel citato art.2195, se la stessa venga svolta con organizzazione in forma di impresa. Già con la R.M. n.286/e/07, viene affermato che il carattere commerciale delle attività non riconducibili tra quelle elencate nell art.2195 c.c., sussiste quando dette attività vengono svolte con i connotati tipici della professionalità, sistematicità e abitualità, potendo la stessa derivare concetto ribadito anche dalla Cassazione dal: compimento di un unico affare in considerazione della sua rilevanza economica e della complessità delle operazioni in cui si articola, implicanti la necessità del compimento di una serie coordinata di atti economici. Inoltre, con riferimento alla qualificazione dell ente quale associazione riconducibile in una specifica tipologia indicata nel co.3 dell'art.148 Tuir, la Corte costituzionale, con la sent. n.467/92, ha affermato che non è sufficiente per l ente auto qualificarsi associazione (politica, sindacale, sportiva, religiosa, culturale, ecc.) sulla sola base della definizione contenuta nello statuto. È, quindi, necessario operare una valutazione della reale natura dell'ente e dell'attività in concreto esercitata, alla stregua di obiettivi criteri desumibili dall'insieme delle norme dell'ordinamento. Nella sostanza, precisa l Amministrazione Finanziaria con la C.M. n.124/e/98, poiché la riconducibilità di un ente in una delle tipologie associative indicate nel co.3 dell'art.148 comporta la possibilità di fruire di un trattamento tributario di favore, al fine di evitare che sia l'associazione arbitra della propria tassabilità, va verificata la natura e la caratteristica della stessa, in mancanza di specifici e manifesti riconoscimenti, sulla base di criteri obiettivi che qualificano nell'ordinamento le finalità politiche, sportive, sindacali, di categoria, religiose, ecc. Le agevolazioni previste per gli enti di tipo associativo Nell ambito della disciplina fiscale degli enti non commerciali contenuta nel Tuir, è presente una disposizione specificatamente riferita agli enti di tipo associativo: si tratta dell art.148 inserito nel Capo III dedicato agli Enti non commerciali residenti (artt. da 143 a 150). Esso reca la disciplina degli enti non commerciali di tipo associativo, i quali sono destinatari di uno speciale regime tributario di favore sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Tali enti, in quanto costituiscono una specie del più ampio genere degli enti non commerciali, sono assoggettati in via generale alla disciplina propria degli enti non commerciali, ma relativamente alle attività rese all'interno della vita associativa fruiscono di un trattamento agevolato in presenza delle condizioni espressamente indicate a tale fine dalla legge. Come puntualizzato dall A.F. al par.5.2 della C.M. n.124/e/98: in materia di imposte sui redditi in materia di obblighi contabili si applicano agli enti associativi le disposizioni dettate dall'art.143 Tuir, ivi comprese quelle concernenti l'intassabilità dell occasionale raccolta di fondi e dei contributi pubblici corrisposti per attività svolte in regime di convenzione o di accreditamento; trovano, altresì, applicazione nei confronti di tali enti le norme recate dagli artt.144, 145 e 146 Tuir; agli enti non commerciali di tipo associativo si applicano le disposizioni dell'art.20 del DPR n.600/73. 35

4 Procedendo ad un esame sistematico delle varie disposizioni contenute nel citato art.148 Tuir, si evidenzieranno le peculiarità in relazione a particolari tipologie di enti di tipo associativo (associazioni sportive dilettantistiche, associazioni di promozione sociale, ecc.). Regola generale ed eccezioni 1. Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo. 2. Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'articolo 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità. Il primo comma dell'art.148 introduce una regola generale che sancisce l'esclusione dall'ambito della commercialità dell'attività svolta da associazioni, consorzi ed altri enti associativi nei confronti degli associati o partecipanti, sempre che la stessa sia esercitata in conformità alle finalità istituzionali e in assenza di una specifica corrispettività, e la conseguente intassabilità delle somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi. Il co.2 dello stesso art.148 conferma la natura commerciale delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese, ancorché in conformità alle finalità istituzionali, agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Le quote differenziate costituiscono, in sostanza, il corrispettivo dovuto in base ad un rapporto sinallagmatico instaurato tra soci ed ente. I corrispettivi specifici resi per cessioni di beni e prestazioni di servizi ad associati o partecipanti si considerano componenti del reddito d'impresa o redditi diversi, secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o occasionalità. È bene precisare che l'attività "esterna" degli enti associativi, quella cioè resa da tali enti nei confronti dei terzi, continua a restare, di regola, fuori dalla sfera di applicazione dell'art.148 del Tuir e, quindi, sempre rilevante ai fini fiscali. Casi di non commercialità 3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati. 36

5 Il co.3 dell art.148 introduce, in parziale deroga alla disposizione contenuta nel precedente co.2, delle ipotesi di attività decommercializzate con riferimento a particolari tipologie di enti associativi. Si tratta, in particolare, di: associazioni politiche; associazioni sindacali; associazioni di categoria; associazioni religiose; associazioni assistenziali; associazioni culturali; associazioni sportive dilettantistiche; associazioni di promozione sociale; associazioni di formazione extra-scolastica della persona. Le attività poste in essere da tali enti associativi non rivestono, quindi, carattere commerciale, qualora siano svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, ancorché verso pagamento di corrispettivi specifici. Tale regime agevolato, pertanto, si rende applicabile qualora sussistano congiuntamente i seguenti tre presupposti: le attività agevolate devono essere effettuate da particolari tipologie di associazioni (tra cui quelle sportive dilettantistiche); le stesse attività devono essere effettuate "in diretta attuazione degli scopi istituzionali". le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese agli associati; Con riferimento ai destinatari delle attività agevolate, la norma precisa che: le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali. Quale ultimo requisito richiesto per poter godere dei benefici fiscali previsti dal co.3 dell art.148, le attività devono essere svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali. Tale verifica deve essere compiuta, sempre secondo la C.M. n.124/98, seguendo le indicazioni fornite dalla citata sent. n.467/92 della Corte Costituzionale e, quindi, alla stregua di criteri obiettivamente riscontrabili e non sulla base di un'auto qualificazione risultante dalle sole indicazioni statutarie. Associazioni sportive dilettantistiche In ordine al primo dei requisiti sopra indicati, va segnalato che la dizione dilettantistica per le associazioni sportive è stata inserita con decorrenza 1 gennaio Pertanto, a partire da tale data, non tutte le associazioni sportive, ma solo le associazioni qualificate sportive dilettantistiche, possono godere dell agevolazione contenuta nel co.3 dell'art.148. Tale limitazione, intervenuta per finalità antielusive, ha inteso circoscrivere gli enti destinatari della previsione di non commercialità con gli enti associativi individuati dalla L. n.398/91. Richiamando la definizione contenuta nella circolare n.1/92 della 37

6 soppressa Direzione generale delle imposte dirette e del decreto del Ministro delle Finanze del 18 maggio 1995, sono definite tali: le associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti di promozione sportiva, riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche, intendendosi per tali le attività sportive esclusivamente dilettantistiche, come definite nell'ambito della normativa regolamentare dei predetti organismi cui l'associazione è affiliata. Con l art.7 della L. n.186/04 23, rubricato Disposizioni in materia di attività sportiva dilettantistica, è stata attribuita al Coni la qualifica di garante dell ordinamento sportivo nazionale e di unico organismo certificatore dell effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni sportive dilettantistiche, destinatarie del riconoscimento a fini sportivi rilasciato proprio da Coni (come disposto specificatamente dalla citata legge che di seguito si riporta). art.7 della L. n.186/04 1. In relazione alla necessità di confermare che il Coni è unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche, le disposizioni di cui ai commi 1, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 11 e 12 dell'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n.289, e successive modificazioni, si applicano alle società ed alle associazioni sportive dilettantistiche che sono in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal Coni, quale garante dell'unicità dell'ordinamento sportivo nazionale ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n.242, e successive modificazioni. 2. Il Coni trasmette annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia delle entrate, l'elenco delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi. Lo strumento attraverso il quale il Coni potrà adempiere all obbligo di trasmissione annuale all Agenzia delle Entrate dell elenco delle società ed associazioni sportive dilettantistiche riconosciute a fini sportivi è il Registro Nazionale, al quale andranno iscritte tutte le società e associazioni sportive dilettantistiche. Va, peraltro, osservato che: l iscrizione al registro non è la condizione diretta per usufruire delle agevolazioni fiscali, ma lo è il riconoscimento a fini sportivi 24. Associazioni di promozione sociale Con riferimento alla tipologia delle associazioni di promozione sociale, la C.M. n.124/e/98 ha precisato che si possono ritenere tali quelle associazioni che promuovono la solidarietà e il volontariato, nonché l'aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di attività culturali o sportive al fine di innalzare la qualità della vita, come ad esempio le Acli e l'arci. Successivamente all emanazione delle norme del Tuir, che già riconoscevano l esistenza delle associazioni di promozione sociale 25, è stata emanata la legge-quadro n.383/00, che ha disciplinato in modo compiuto tali tipologie di associazioni. A seguito dell introduzione della nuova disciplina, si sono di fatto create due tipologie di associazioni di promozione sociale: quelle menzionate dal D.Lgs. n.460/97 (richiamate nel Tuir); quelle che si rifanno alla L. n.383/ Pubblicata nel S.O. n.131 alla G.U. n.175/04. Ottenibile, però, solo con l iscrizione al Registro, come previsto dalla deliberazione del Consiglio Nazionale Coni n.1288/04. Il successivo quinto comma dell articolo in commento parla di associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno. 38

7 Tale dicotomia crea notevoli dubbi interpretativi in relazione all ambito di applicazione di talune agevolazioni previste sia dall una che dall altra disciplina. Condizioni per fruire delle agevolazioni In base a quanto previsto dal co.8 dell art.148, le agevolazioni prescritte dai precedenti co.3, 5, 6 e 7 a favore degli enti di tipo associativo possono essere godute solo se l'atto costitutivo o lo statuto: sono redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata; prevedono specifiche clausole dirette a garantire la non lucratività dell'associazione e ad evitare fenomeni elusivi. È opportuno precisare che tali vincoli statutari non si applicano agli enti associativi che, pur beneficiando della disposizione del co.1 dell'art.148, relativa alla non imponibilità delle quote associative, non si avvalgono del regime agevolato recato dai co.3, 5, 6 e 7 dello stesso articolo. Vincoli statutari 8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata: a. divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b. obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge; c. disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione; d. obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; e. eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale; f. intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa. In relazione alle specifiche clausole previste dal richiamato co.8, si riporta la seguente rappresentazione schematica. 39

8 Divieto di distribuzione utili Obbligo di devoluzione del patrimonio dell ente Disciplina uniforme del rapporto associativo Con riferimento alla clausola riguardante il divieto di distribuzione di utili, si rileva che la norma non fornisce alcuna indicazione in ordine alla nozione di distribuzione indiretta" di utili o di avanzi di gestione. La C.M. n.124/e/98 chiarisce, tuttavia, che ai fini dell interpretazione di tale nozione possono soccorrere i criteri stabiliti all'art.10, co.6, dello stesso D.Lgs. n.460/97. Tale norma, infatti, nell'individuare particolari fattispecie che costituiscono in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione, seppure inserita fra le disposizioni della Sezione II del D.Lgs. n.460 in esame relativa alla disciplina tributaria delle Onlus, può configurarsi come norma di riferimento anche per gli enti di tipo associativo. Sono, quindi, considerate in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione: le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità; l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale; la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal DPR n.645/94, e dal D.L. n.239/95 26, convertito dalla L. del 3/08/95 n.336, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del Collegio sindacale delle società per azioni; la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto; la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche. La norma, evidentemente, porta alla luce comportamenti che potrebbero avere lo scopo di eludere il divieto di distribuire utili. In relazione all obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, si individua almeno una duplice finalità: da un lato impedire che attraverso la liquidazione del patrimonio dell ente si realizzi una distribuzione indiretta di utili; dall altro, proprio prevedendo la devoluzione di tale patrimonio ad altri enti, di perseguire lo scopo mutualistico che in generale deve essere una delle finalità degli enti non commerciali. La clausola che richiede una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative persegue sia lo scopo di garantire che i diritti connessi alla qualifica di socio possano essere esercitati senza limitazioni di sorta, sia quello di sancire che gli associati maggiori di età hanno il diritto di voto in relazione agli atti più importanti della vita associativa, quali l approvazione o la modifica dello statuto e dei regolamenti di attuazione di specifiche disposizioni statutarie, nonché per la nomina degli organi direttivi. 26 Sono norme relative alla Tariffa dei Dottori Commercialisti. 40

9 Modalità di espressione del voto Obbligo di redazione del rendiconto annuale Altri requisiti statutari Con riferimento alle modalità di espressione del voto, va ricordato che nella relazione illustrativa del D.Lgs. n.460/97 è stato esplicitamente chiarito che: Non si è ritenuto di ammettere i soci ad esprimere per corrispondenza il proprio voto, così come proposto dalla Commissione parlamentare, sul rilievo che la ratio della norma, diretta a prevenire fattispecie elusive (articolo 3, co.187, lett.c della legge di delega), richiede la partecipazione reale e fisica dei soci alla vita dell'associazione. Si precisa, tuttavia, in proposito che per le organizzazioni complesse a carattere nazionale si deve tenere conto della pratica impossibilità di garantire la partecipazione reale e fisica dei soci alla vita dell'associazione nonché del principio di democrazia rappresentativa fondato sul mandato; pertanto per tali organizzazioni è consentita l'espressione del voto da parte degli associati mediante delega da conferire ad altri associati. Relativamente all obbligo di redigere e approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario riferito sia all'attività istituzionale sia a quella commerciale eventualmente esercitata, indipendentemente dal regime contabile, ordinario o semplificato, adottato dall'ente non commerciale, la C.M. n.124/98 chiarisce che la redazione del bilancio soddisfa tale obbligo. Il rendiconto annuale, redatto secondo le modalità stabilite dallo stesso ente nello statuto, deve riassumere le vicende economiche e finanziarie dell'ente in modo da costituire uno strumento di trasparenza e di controllo dell'intera gestione economica e finanziaria dell'associazione. Deve trattarsi di documento che evidenzia anche l'attività decommercializzata. La documentazione di supporto di tale documento, anche se non fiscale, deve essere conservata con le modalità previste dal DPR n.600/73, attesa la rilevanza attribuita allo stesso rendiconto annuale imposto da una norma tributaria quale specifico requisito per l'applicazione di un particolare trattamento di favore. La mancata redazione ed approvazione del rendiconto annuale, determina la non applicabilità delle disposizioni concernenti la non commercialità recate dai co.3, 5, 6 e 7 dell'art.148 Tuir. In merito ai requisiti richiesti dalla lettera e) del citato co.8, la norma afferma principi di democrazia interna, sancendo la libera eleggibilità di ogni socio nell ambito degli organi amministrativi dell associazione, oltre che l importante principio una testa - un voto ; in sostanza le modalità di espressione del voto sono basate sull assunto che ogni socio ha diritto ad un voto a prescindere dal valore della quota; è il principio, positivamente richiamato, di cui all art.2532 co.2 c.c. dettato in tema di cooperative. Sono, altresì, ribaditi altri elementi connessi al regolare funzionamento dell associazione, quali il fatto che l assemblea dei soci, associati o partecipanti è sovrana nelle deliberazioni concernenti la vita associativa, il fatto che devono essere esplicitamente individuati i criteri di ammissione ed esclusione dei soci o, ancora, il fatto che devono essere individuate idonee forme di pubblicità delle comunicazioni assembleari e delle relative deliberazioni nonché dei bilanci o rendiconti, il tutto nell ottica di rendere perfettamente esercitabile e, quindi, effettivo il rapporto associativo. In conclusione, relativamente alla intrasmissibilità (salvo per causa di morte) e alla non rivalutabilità della quota associativa si osserva che essa rappresenta il titolo che incorpora il diritto di socio e consente quindi la partecipazione alla vita dell ente; tale diritto è personale e non può essere ceduto per atto tra vivi, potendosi trasferire solo per causa di morte. La quota non è in ogni caso rivalutabile poiché, se così fosse, si aprirebbe il varco ad un elemento di commercialità. 41

10 Con l ultimo comma dell art.148 del Tuir viene disposta per soggetti per definiti l inapplicabilità di talune clausole statutarie: si tratta delle clausole riportate sotto le lett.c) ed e) del co.8 dell'art.148, relative alla disciplina del rapporto associativo e alla libera eleggibilità degli organi amministrativi. Per espressa previsione normativa, infatti, tali clausole non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria. Dopo aver analizzato l art.148 del Tuir, e quindi la disciplina ai fini delle imposte dirette, l analisi della correlata disposizione ai fini Iva risulta abbastanza facilitata, poiché le due norme hanno una struttura per molti versi simile. Preliminarmente, si può osservare che, a differenza di quanto accade nell ambito del Tuir, in ambito Iva non esistono norme dedicate specificamente agli enti non commerciali. La norma fondamentale di riferimento è l art.4 del DPR n.633/72, nell ambito del quale si dà la definizione di esercizio d impresa. Per maggiore precisione, si osserva che le norme relative agli enti non commerciali in generale e agli enti di tipo associativo in particolare sono contenute nel co.4 del predetto art.4. I controlli agli enti di tipo associativo Come già ricordato in precedenza, l attività di controllo nei confronti degli enti appartenenti al terzo settore (enti di tipo associativo in particolare) rivestirà per l anno in corso, una rilevanza superiore rispetto al passato. Ciò, ovviamente, anche in risposta a quanto previsto dall art.30 del D.L. n.185/08, che ha sancito l esigenza di un censimento sistematico dell ampia platea dei soggetti appartenenti al terzo settore, da realizzarsi mediante la fornitura di dati e notizie attraverso la comunicazione telematica imposta, con apposito modello in corso di approvazione, dal citato art.30. Oltre al modello, come precisato dalla C.M. n.13/e/09, il monitoraggio ai fini del controllo potrà avvalersi: sia di strumenti informativi in possesso degli Uffici (Banca dati Onlus, Interrogazioni selettive, ecc.); sia di strumenti esterni quali internet, registri gestiti da enti territoriali, informazioni desumibili da pubblicità commerciale diffusa. Elementi rilevanti ai fini dell indagine, inoltre, potranno essere chiesti alle autorità competenti al rilascio di autorizzazioni per l esercizio di specifiche attività 27. L attività istruttoria sarà condotta, di regola, anche mediante accessi mirati funzionali al riscontro dell effettiva sussistenza dei presupposti necessari per il riconoscimento dei benefici previsti in favore degli enti non commerciali. A tale riguardo, particolare attenzione sarà volta alla verifica: dell effettiva partecipazione dei soci alla vita associativa (regolare convocazione dei soci e svolgimento delle assemblee); della natura dei beni o servizi erogati agli associati (che potrebbe non essere compatibile con le finalità sociali); dell eventuale svolgimento di attività commerciali (che potrebbero eccedere quelle pur anche dichiarate); della redazione del rendiconto annuale; della devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento dell ente. Nei casi in cui sussistano indizi di abusi rilevanti, consistenti nell esercizio di attività economiche con alti giri d affari e redditività non assoggettate ad imposizione, precisa la C.M. n.13/e/09, l attività istruttoria dovrà sempre svilupparsi mediante verifiche approfondite. 27 Ad es., autorizzazioni sanitarie per l esercizio della somministrazione di alimenti e bevande. 42

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