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1 Spunti per una riflessione "Unita nella diversità è il motto dell Unione europea. Esso sta ad indicare che, attraverso l'ue, gli europei operano unitamente per la pace e la prosperità e che le molte e diverse culture, tradizioni e lingue presenti in Europa costituiscono la ricchezza del continente. * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * L Unione Europea (UE) comprende attualmente 28 Paesi (tra parentesi l'anno di adesione): Austria (1995) Belgio (1952) Bulgaria (2007) Cipro (2004) Croazia (2013) Danimarca (1973) Estonia (2004) Finlandia (1995) Francia (1952) Germania (1952) Grecia (1981) Irlanda (1973) Italia (1952) Lettonia (2004) Lituania (2004) Lussemburgo (1952) Malta (2004) Paesi Bassi (1952) Polonia (2004) Portogallo (1986) Regno Unito (1973) Repubblica ceca (2004) Romania (2007) Slovacchia (2004) Slovenia (2004) Spagna (1986) Svezia (1995) Ungheria (2004)

2 Articolo del Prof. Luciano Venturini, Docente di Economia Politica allìuniversità Cattolica di Milano Se dovessimo uscire dall Euro, il giorno dopo, tutti i nostri problemi ce li ritroveremmo di fronte, del tutto invariati nella loro estrema serietà, se non aggravati, anzi molto probabilmente aggravati. L uscita dall Euro non modificherebbe di una virgola l inefficienza delle nostre pubbliche amministrazioni, la patologia dell evasione fiscale, il peso del crimine organizzato, le debolezze della nostra base produttiva, l incapacità di ampliarla e qualificarla in molte aree del Sud (e anche in alcune aree del Nord), per non parlare dei limiti del nostro sistema politico e della nostra non eccelsa qualità istituzionale. Tutto questo si traduce da anni in scarsa competitività e bassa crescita e tutto questo non sparirebbe d incanto con l uscita dall Euro. Attraverso la svalutazione della nuova moneta, le esportazioni riceverebbero più slancio ma solo momentaneamente, perché a fronte di questo effetto positivo dovremmo fare i conti con i contraccolpi negativi di una moneta debole sul costo delle importazioni, senza contare gli enormi rischi di instabilità finanziaria. Anche nell ipotesi di una uscita ordinata dall Euro, uno scenario tutt altro che scontato, è infatti estremamente improbabile che il recupero di sovranità monetaria consenta di evitare l innesco di una sequenza di svalutazione, inflazione e instabilità. Chi pensa che la cosa possa funzionare, ammesso che pensi, sembra dare per scontato che attraverso comportamenti infine molto virtuosi e la capacità di sagge decisioni di politica economica, il paese possa rafforzarsi e prosperare. Ma se questo è possibile, e certo dobbiamo sperarlo e impegnarci perché lo sia, allora tanto vale scommettere che l Italia ce la possa fare anche con e nell Euro. Non dobbiamo dimenticare che tutti i nostri problemi, errori e debolezze li abbiamo accumulati da soli, con la Lira. L Italia prima dell Euro non era certo un isola felice. Per ragioni che non è qui possibile richiamare, il nostro Paese ha interrotto il processo di convergenza verso il core dell Europa già intorno alla metà degli anni 60 e la spinta propulsiva che aveva garantito la convergenza nella prima fase del dopoguerra non è stata più recuperata. Tra la fine degli anni 70 e l inizio degli anni 90, mentre maturava la fine ingloriosa della prima repubblica, abbiamo accumulato il più grande stock di debito pubblico mai raggiunto da alcun paese in tempo di pace. I deficit di bilancio raggiungevano livelli incredibilmente elevati in quegli anni e il debito passava dal 60% al 120%. Naturalmente, tutto questo non è colpa dell Europa. Anzi, l Europa ha aiutato ad arginare e porre fine a tale andazzo. Non fosse stato per il vincolo esterno, se anche negli anni 90 i governi italiani avessero proseguito il trend degli anni 80, non si sa dove sarebbe potuto arrivare il debito. Soltanto la disciplina europea, la prospettiva dell entrata nell Euro e, va detto, la buona politica di Amato, Ciampi, Prodi e D Alema ha consentito di rivedere all opera in Italia una cultura di governo dei conti pubblici coerente con la stabilità macroeconomica. E, infatti, negli anni 90 il debito è diminuito passando dal 120% al 103%. Se questo impegno fosse continuato anche negli anni successivi, saremmo arrivati allo shock della crisi finanziaria del 2008 con una maggiore capacità fiscale, avremmo avuto più munizioni per mitigarne l impatto e forse evitare gli attacchi speculativi ai nostri titoli di stato. L uscita dell Italia dall Euro certificherebbe poi non semplicemente il nostro fallimento, ma potrebbe innescare reazioni e conseguenze rilevanti per lo stesso destino dell Unione Europea. Senza immaginare una drastica ridefinizione degli equilibri politici, chi disinvoltamente parla di uscita o fine dell Euro dovrebbe tenere ben presente il vero, profondo significato strategico della moneta unica. Gli argomenti economici a favore dell Euro non sono mai stati i soli e nemmeno i più rilevanti. La decisione di creare l Euro è stata dettata da ragioni essenzialmente politiche, dalla necessità, anche simbolica, di legare indissolubilmente Francia e Germania e definire stabilmente l assetto chiave dell Europa, all indomani della caduta del Muro di Berlino e del collasso del socialismo reale. Tutto bene, dunque? Per nulla. Chiaramente, abbiamo grossi problemi in Europa e una crisi evidente dell eurozona. A sei anni

3 dall esplodere della crisi finanziaria ed economica, e a quattro dall inizio di quella dei debiti sovrani nei Paesi europei più vulnerabili, dobbiamo purtroppo constatare che, nonostante alcuni timidi segnali di ripresa, la crisi dell eurozona è tutt altro che finita. Abbiamo troppe incertezze e fragilità in Europa e, a politiche invariate, ci attende uno scenario di sostanziale stagnazione, con bassi tassi di crescita e il permanere in molti, troppi, paesi di drammatiche difficoltà occupazionali, soprattutto per i giovani. Si tratta di una situazione inaccettabile che sta rapidamente erodendo la fiducia nell idea stessa di Europa e che diffonde sentimenti anti-europei sempre più difficili da contrastare. Come osserva Ilo Diamanti, rispetto alla vigilia dell introduzione dell Euro, in Italia la fiducia nell UE si è dimezzata passando dal 57% al 29% e quasi un terzo degli italiani sostiene che sarebbe meglio «uscire dall euro e tornare alla lira». Il problema è che l establishment europeo sembra avere da tempo sostanzialmente smarrito la visione, i valori e la capacità di leadership dei padri fondatori. Appare più che mai lontana l idea stessa di un modello europeo, di una economia sociale di mercato capace di coniugare la vitalità e le virtù di una economia di mercato con la consapevolezza di doverne correggere e mitigare i numerosi fallimenti. La migliore tradizione europea sapeva farlo, mettendo in campo al tempo stesso visione e pragmatismo, la capacità di ampliare e utilizzare gli spazi del mercato con la consapevolezza della necessità di una appropriata governance, evitando derive ideologiche e soluzioni estreme. Con l Euro, e nel contesto di una crisi che ha messo in evidenza le gravi debolezze strutturali della costruzione europea, un approccio equilibrato sarebbe stato ancor più necessario. Per miopia e rigidità ideologiche, abbiamo invece avuto risposte lente, parziali e sbagliate. Certo, la Banca Centrale Europea, se non altro, ha cominciato ad attrezzarsi e sembra ora in grado e più propensa a comportarsi da vera banca centrale, da prestatore di ultima istanza. Questo ha calmato i mercati, ridotto lo spread e salvato l Euro dal baratro, ma la crisi dell eurozona non è finita. E stata superata solo la fase acuta, quella degli spread crescenti e del rischio di un collasso dell eurozona. Finalmente, il Parlamento europeo ha varato l Unione bancaria, con un meccanismo unico per la gestione delle crisi bancarie che rafforza ulteriormente i poteri della BCE e anche della Commissione. Si tratta di un passo nella direzione di una maggiore integrazione, più coerente con l integrazione che ovviamente hanno già da tempo raggiunto i mercati finanziari. L accordo presenta tuttavia troppi limiti in quanto prevede procedure macchinose, risorse troppo limitate e una lenta entrata a regime. Ma la questione chiave, dove tutto resta da fare, è quella di avviare il continente su un percorso di buona e stabile crescita. Qui, la battaglia delle idee e lo scontro di interessi in Europa vede da troppi anni prevalere politiche estreme e sbagliate. Affrontare una crisi da domanda con strumenti che operano soltanto dal lato dell offerta e che colpiscono i vari Paesi in relazione inversa alle loro possibilità e potenzialità economiche è una politica perversa. Le politiche di austerità hanno come obiettivo quello di operare una svalutazione interna per ridurre i costi e aumentare la competitività. Naturalmente, in diversi casi esistono anche problemi dal lato dell offerta, costi di produzione troppo elevati e scarsa competitività di prezzo. Secondo alcune recenti stime, con l andamento attuale della domanda mondiale, il cambio che consente di mantenere la competitività complessiva dell'eurozona è di 1,37 dollari per un euro. Ma se la Germania riesce a rimanere competitiva anche con un cambio di 1,79, la Francia non regge un cambio sopra 1,24 mentre l'italia avrebbe bisogno di un cambio di 1,17 dollari per euro. Ma l idea di recuperare competitività in un contesto di stagnazione comporta tempi lunghi e costi altissimi. Una generalizzata politica di austerità nel bel mezzo di una crisi che per alcuni aspetti è anche più seria e insidiosa di quella del 29 è semplicemente assurda. Così, il quadro che ci troviamo di fronte è già gravissimo e, se qualcosa dovesse andare storto, e qualche altro shock negativo è sempre possibile vista la complessità del quadro geo-politico globale, il peso assunto dalla finanza globale, le difficoltà ed i limiti dei tentativi di adottare una appropriata

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7 25 MAGGIO, L EUROPA AL VOTO: IL CONTINENTE POLITICO CHE VORREMMO Le prossime elezioni europee arrivano a scadenza in una fase di forte crisi. All Europa vengono attribuite la lunga crisi economico finanziaria, la frammentazione politica, la debolezza delle istituzioni comunitarie. I cittadini sentono l Europa sempre più lontana. Il sogno europeo di pace e stabilità che ha saputo promuovere la costruzione di una grande comunità unita, va progressivamente riducendosi e il completamento del progetto di Unione Europea come Unione dei Popoli sembra indebolirsi giorno dopo giorno, ripiegandosi sui difetti e le carenze di un unione monetaria ed economica incompleta, messa a dura prova dalla crisi e dalle resistenze dei singoli stati membri nel cedere loro sovranità. L Unione Europea, nel suo percorso storico politico di unificazione e progressivo allargamento, ha saputo giocare un ruolo concreto nelle vite di tutti i suoi cittadini portando vantaggi politici, sociali ed economici rilevanti che, se oggigiorno paiono scontati per chi li vive, rappresentano speranza di futuro per chi è al di fuori dei confini comunitari. Le istituzioni europee sono chiamate a riconquistare la fiducia dei propri cittadini, colmando il vuoto che in questi anni si è venuto a creare. Lo devono fare recuperando l impegno per un cammino senza guerre anche e soprattutto ai propri confini e nelle proprie zone di influenza di cooperazione e di prosperità, incentrato sulla partecipazione e sulla democrazia. Oggi l Unione è chiamata ad un passo in più per rilanciare un modello sociale e di sviluppo condiviso che possa sostenere l economia, contrastare disoccupazione e povertà e che possa contrapporsi alle crescenti posizioni antieuropeiste che con atteggiamenti populisti ed ideologici alimentano il diffuso malcontento e la disaffezione verso l idea stessa di Unione,senza peraltro saper proporre alternative concretamente spendibili in un mondo globalizzato. Alle donne e agli uomini che entreranno nel Parlamento europeo che ci auguriamo siano persone preparate e competenti, adatte a ricoprire un incarico di tale importanza - chiediamo di adoperarsi per rilanciare il senso dell Europa, per rimettere al centro un progetto politico unitario. Chiediamo di pensare in termini nuovi al disegno che ci ha condotto fino a qui, proseguendo nell integrazione delle politiche economiche e monetariee nel completamento del mercato unico, ma affiancando a questo politiche effettive di sviluppo che sappiano coniugare tutela ambientale ed efficientamento energetico, lotta alle disuguaglianze e alle ingiustizie sociali, investimenti in capitale umano e sociale che promuovano occupazione e partecipazione. Insieme a molte altre organizzazioni della società civile (in Italia insieme alle associazioni dei Comuni, ai sindacati confederali e ad altre associazioni di promozione sociale), come corpi intermediche esercitano le proprie funzioni di sussidiarietà, sosteniamo e chiediamo a tutti di sottoscrivere - il progetto di una Iniziativa dei Cittadini Europei che possa avanzare la proposta di un Piano europeo straordinario di misure keynesiane. Proponiamo un grande NewDeal che permetta all Unione Europea di porre al centro forme di economia sociale di mercato orientate alla stabilità macro economica e all incremento dei posti di lavoro, anche attraverso l impiego di strumenti come la tassa sulle transazioni finanziarie o la carbon tax. Il 2014 sarà l'anno dell'italia alla guida dell Europa.Il semestre italiano di Presidenza dell'unione Europea prenderà avvio subito dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento. E un'occasione storica per rendere il nostro Paese protagonista nel disegnare un nuovo progetto di integrazione che sappia andare oltre le misure di austerità degli ultimi anni e fare decisi passi in avanti nella costruzione di istituzioni comunitarie più solide. Sosteniamo convintamente il percorso verso gli Stati Uniti d'europa, per la costruzione di un continente aperto e democratico che sappia parlare con una sola voce, rispettando la sua identità plurale e dinamica, e mostrando i principi cardine di accoglienza su cui si è evoluto. Nell'attuale fase di crisi è importante che l'unione rafforzi il proprio

8 impegno nella lotta a tutte le forme di xenofobia e di razzismo combattendo ogni forma di discriminazione legata all'origine nazionale, ai tratti somatici, alla lingua, alla religione, alle diversità culturali reali o presunte. Per questi motivi sollecitiamo nell ambito della campagna l Europa sono anch io - un mutamento degli indirizzi politici continentali in materia di immigrazione e asilo, auspichiamo il riconoscimento della cittadinanza europea peri cittadini stranieri stabilmente residenti e per i loro figli nati nei 28 Stati aderenti, sosteniamo il riconoscimento del diritto di voto amministrativo e per il Parlamento di Strasburgo per i cittadini stranieri non comunitari. Chiediamo che L Europa sia decisamente al fianco (attraverso scelte ed atti decisi e concreti) dei Paesi di confine nella corretta gestione degli ingressi e delle uscite dei cittadini non comunitari. Un impegno per più Europa, ed un Europa migliore, che prosegua verso gli obiettivi che stabilimmo come cristiani sotto la guida del Cardinal Martini 25 anni fa a Basilea, e che provi ad essere all altezza di ciò che diceva De Gasperi ne la nostra Patria Europa : «È la volontà politica unitaria che deve prevalere. È l imperativo categorico che bisogna fare l Europa per assicurare il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve anzitutto servirci da guida». Non esprimiamo un indicazione di voto, ma invitiamo ad andare a votare e a scegliere forze europeiste, sapendo cogliere, all interno di queste, formazioni e persone che provino ad essere all altezza delle sfide qui delineate. L offerta non sembra essere all altezza della domanda ma occorre scegliere e fare la propria parte di cittadinanza attiva per un futuro migliore. Documento approvato dal Consiglio Provinciale delle Acli milanesi del 5 maggio 2014 I Circoli di San Giorgio su Legnano e Canegrate, nel ringraziare tutti per aver raccolto l invito a questo momento di riflessione, desiderano ricordare che è solo attraverso la partecipazione che si possono promuovre e raggiungere i cambiamenti in ogni campo. Raccogliamo quindi le sfide che il presente ci impone per creare un futuro migliore per tutti. Fotocopoiato in proprio maggio 2014

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