in questo numero Notiziario del gruppo Valdinievole anno XXIII n. 1_2013

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1 Quale futuro...

2 in questo numero Notiziario del gruppo Valdinievole anno XXIII n. 1_2013 Sommario Editoriale Droga: un problema che... di Libero Palombo 3 Attualità Intervista al vice segretario generale dell ONU... 5 Vita in comunità Non ti auguro un dono qualsiasi Il pensiero di Alverio 9 Parola ai genitori benedetta comunità.. 11 L ultimo approdo Attualità Sentivo un pò la mancanza del posto di Amir Hamrelain 15 Tutte le mie energie erano concentrate li di Maila De Poli 17 La naturale conseguenza... di Giampaolo Minati 19 Fidarsi è bene... ma non fidarsi è peggio! di Fabio Aiello 23 Nuove droghe Intervista al Dott. Marco Cali di Lorenzo Innocenti 26 Il dizionario delle nuove droghe 29 Sport Australian Open, trionfo Errani-Vinci! Battute Barty-Dellacqua, è il 3 Slam a cura della Redazione 32 Arte e cultura L abito non fa il monaco di Don Amleto Spicciani 34 Ricette - Spalla d agnello farcita alla toscana 35 Ricette - Torta Pasqualina al formaggio 36...il vino giusto 37 Nuvole di china 38 Notiziario del Gruppo Valdinievole anno XXIII n Responsabile Editoriale Marco vom Bruck hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Libero Palombo Lorenzo Innocenti Amir Hamrelain Maila De Poli Giampaolo Minati Fabio Aiello Lorenzo Innocenti Don Amleto Spicciani i ragazzi e le ragazze del Gruppo Valdinievole e Alverio

3 editoriale 3 Droga: un problema che... di Libero Palombo... negli ultimi anni abbiamo perso di vista, inseguendo, troppo spesso, teorie dannose per i nostri ragazzi e le loro famiglie. L a mia prima reazione pensando al problema droga è di grande amarezza che deriva dal constatare e vedere come ancora una volta la società non lotta per il bene ma si accontenta di gestire il male; non si propone il bene maggiore ma si limita alla riduzione del danno (proposte di somministrazione controllata di eroina, depenalizzazione dell uso di alcune droghe, considerarne alcune leggere, mentre in realtà non lo sono ). Ci confermiamo nella convinzione che non soltanto la battaglia contro la droga è ormai persa, ma che non la si vuole neanche combattere, rassegnati alla sconfitta, desiderosi ufficialmente di limitare i danni, ma in realtà rifiutando gli impegni esigenti di politiche sociali e cambiamenti culturali da cui solo si possono sperare risultati più umani per tutti. La droga consegna il ragazzo alla dipendenza, imprigionandolo in essa, sottraendolo alle relazioni familiari e alla partecipazione civile e sociale e lo avvia a morte lenta. La droga è un male, fa sempre, direttamente e solo male sul piano fisico, psicologico, familiare, sociale, lavorativo, culturale. Il suo uso mina la qualità della vita a tutti i livelli. Le cause vanno cercate nella crisi e disgregazione della famiglia, nel disagio giovanile, nell individualismo e indifferenza, nella mancanza di lavoro e di opportunità per i giovani, in una certa cultura permissiva I rimedi sono serie politiche sociali, progetti per adolescenti e giovani, promuovere la cultura della vita, della persona, della famiglia, cercare e creare nuovi percorsi pedagogici iniziando dalle scuole Bisogna liberare la persona, proporre valori e non disvalori, preservare e promuovere la salute nel senso più ampio del termine, la dignità dei cittadini, aiutare e favorire la riflessione personale e sociale su questi temi perché siano partecipati e condivisi. Ma c è un pericolo che viene dall ignoranza, dalla superficialità e dall egoismo che impedisce di capire che la minaccia alla nostra stessa vita e a quella dei nostri figli è un certo modo di pensare. È la mentalità egocentrica che si nutre di privatismi e liberismi, individualismi, consumi, permissivismi, vuoti esistenziali, solitudini, preoccupazione delle cose e assenza di relazioni, cadute di valori, ingiustizia, indifferenza, evasione, corruzione, affermazione più o meno selvaggia di disvalori contrabbandati per valori. In questo senso la droga è frutto di ipocrisia sociale perché è un male di cui la stessa società semina i bacilli, con la sua cultura di vuoto, di maschere e di idoli. E questi bacilli li lascia cadere nell indifeso mondo affettivo dei ragazzi, anziché nutrirli

4 4 editoriale secondo criteri di sobrietà e di solidarietà che garantirebbero livelli di vita più umani per tutti. La droga dunque è frutto di miopia sociale perché ha radici nell irresponsabile assenza di progettualità politica e culturale ed è paradossale, scandaloso ed immorale che ceda a giochi di interesse e di potere non riuscendo o non volendo, per esempio, condannare efficacemente ed esemplarmente corrotti e corruttori. Il problema e la minaccia costituiti dal tossicodipendente sono appena una virgola rispetto al paginone di problemi e di minacce contenuti nell organizzazione della vita individuale e sociale dominata dalla cultura del privato, dei soldi e del mercato, dei comodi e dei piaceri, del successo e dell affermazione o prevaricazione individuale e corporativa eretti a criteri così diffusi da costituire non solo la vera causa dei grandi e piccoli mali sociali, ma la più grave fonte di inquinamento per la psiche dei ragazzi e dei giovani debilitando, rendendo malata e corrompendo la mentalità generale, il modo di vedere e pensare la realtà, il senso stesso della vita. È la qualità della vita che bisogna rivedere; è il modello di sviluppo che bisogna correggere, giacché, a livello locale, nazionale ed internazionale, è fatto dai grandi e dai forti per sé stessi, il proprio profitto e la propria supremazia, anche a costo di produrre, occultare, escludere una massa di piccoli, deboli, poveri. La società non si salverà nè dal male della droga nè dai mali più gravi di cui la droga è espressione senza una rivoluzione culturale globale e permanente. Insieme dobbiamo lottare pet per cambiarla a vantaggio di tutti, ripartendo dagli ultimi; senso della persona e sostegno e difesa della famiglia; educazione civile, impegno etico, passione per il bene comune; impresa sociale, cooperazione, imprenditorialità giovanile; politica che non si limiti a gestire l esistente, ma sappia progettare e costruire il futuro. In conclusione è necessario combattere le droghe-sostanze combattendo e sconfiggendo la droga-mentalità, cambiare la qualità della vita, organizzare e realizzare la speranza comune.

5 attualità 5 Intervista al vice segretario generale dell ONU... L Osservatorio Droga.it ha intervistato il Vice segretario generale dell ONU e Direttore dell ufficio contro la droga e il crimine UNODC su alcuni degli aspetti di più scottante attualità sulla diffusione mondiale degli stupefacenti. D Oggi è innegabile un maggiore coinvolgimento dell opinione pubblica nel processo decisionale delle Nazioni Unite su come affrontare le tossicodipendenze nel Terzo Millennio. Pensa di aver raggiunto così uno dei suoi obiettivi? R. Beh ritengo che l obiettivo non sia stato ancora raggiunto però si stanno facendo progressi, perlomeno nel comprendere il fatto fondamentale che il problema della droga è un problema culturale, un problema sociale e ovviamente un problema individuale, fatto anche di scelte di modelli di vita, ma è anche un problema sanitario. In quanto tale il ruolo della autorità pubblica è fondamentale però il ruolo della società nel suo complesso è altrettanto importante. L analogia è che io faccio spesso è quella che riguarda quanto la società nel suo complesso sta facendo nella lotta contro il tabagismo. Ricordo anni addietro quando i primi decreti amministrativi che da allora impediscono ai fumatori di praticare la loro abitudine in vari ambienti chiusi la decisione venne presa (io ero a New York) per quanto riguarda il bandire il fumo negli ascensori: una cosa ovviamente banale tutto sommato ma mi ricordo le critiche all epoca: allora bisognerà mettere un poliziotto in ascensore, assolutamente sbagliato, perchè i non fumatori che erano già una maggioranza consistente, 50-55%, sono stati più efficaci dei poliziotti, nel senso che hanno scoraggiato la pessima abitudine di fumare nei locali chiusi. Io non vedo ancora questa attitudine nella lotta contro la droga, e mi piacerebbe proprio che ciascuno di noi e cioè la maggioranza enorme di coloro che non prendono droghe e non sono tossicodipendenti, diventassero un poco così delle persone che incoraggino i consumatori di droga a smettere di farlo, perciò il coinvolgimento della società civile è fondamentale, al di sopra, al di là e in aggiunta a quello dell autorità pubblica. D. Ci sono alcune nazioni, tra cui quella italiana, che indipendentemente dal succedersi dei vari governi ancora non hanno avviato un piano nazionale di interventi. C è molta attenzione alla lotta al tabagismo ma non un analogo impegno verso la tossicodipendenza. Secondo lei quale è il motivo? R. Questa osservazione indubbiamente è corretta io vedo che ormai da tanti e tanti anni non c è una politica nazionale antidroga in Italia. E chiaro che dal punto di vista dell applicazione dello stato di diritto dell applicazione della legge i Governi stanno facendo molto però

6 6 attualità non si può fermare il problema della droga, ridurlo, e iniziare la riconquista dei nostri giovani semplicemente attraverso forme di intervento di polizia. Bisogna che di nuovo le scuole si impegnino, gli ambienti religiosi, gli ambienti sportivi, gli attori, i cantanti, soprattutto tutti coloro che introducono questi concetti di stili di vita adeguati all epoca moderna. I governi si sono succeduti direi anche con politiche controverse, con politiche diverse. Questo io non lo capisco perché da tempo noi stiamo sottolineando anche all ufficio contro la droga e il crimine alle Nazione Unite che la tossicodipendenza è uno stile di vita ma è anche fondamentalmente una malattia psicologica dell individuo che afferisce i centri decisionali dell individuo. E se è una malattia allora dobbiamo trattarla come una malattia. Mentre non ci sono differenze tra governi di destra o di sinistra di centro o di qualsiasi corrente politica per quanto riguarda il trattamento della tubercolosi, del diabete o del tumore non vedo perché nel caso della malattia tossicodipendenza ci debbano essere delle differenze politiche prodotte da maggioranze diverse. D. Nell ambito della prevenzione, visto che esiste un aspetto morale della droga, nel senso che c è un adesione più o meno avverita dell individuo nell assunzione, sarebbe auspicabile un maggiore coinvolgimento anche della Chiesa in questo processo, un coinvolgimento concreto intendo? R. Essendo la tossicodipendenza una malattia, perlomeno questa è l interpretazione che ne diamo sulla base di dati scientifici, accademici e sanitari, la terapia è perciò il rimedio sul campo a proposito dell individuo colpito detto tossicodipendente, questa deve essere fatta dalla struttura sanitaria e nella struttura di recupero. Ma per quel che riguarda la prevenzione cioè la disseminazione nella società delle informazioni che sono necessarie affinché i giovani siano preparati, educati, culturalmente pronti a intraprendere la vita, inclusi i rischi provenienti dalla droga, io ritengo che tutti gli agglomerati sociali che noi abbiamo e cioé le organizzazioni religiose indubbiamente. ma non solo. anche quelle sportive e quelle ludiche e soprattutto la scuola, siano un aiuto fondamentale. Noi qualche mese addietro abbiamo iniziato a lavorare su diversi temi e su diverse aree geografiche dove importanti risultati positivi sono stati ottenuti nella lotta alla droga o comunque nel contenimento del problema. Uno dei primi paesi, sui quali abbiamo concentrato l attenzione è stata la Svezia che è caratterizzata da tassi di incidenza della tossicodipendenza molto più bassi che nel resto d Europa avendo avuto una crisi abbastanza seria alla fine degli anni 50 e inizio 60. Se noi guardiamo le statistiche per quanto riguarda i giovani e la e le opinioni che i giovani hanno a proposito dalla droga ciò che lei vede è che i ragazzi dai 12 ai 16 anni che frequentano la scuola hanno risposto positivamente l 82% sì, noi sappiamo che la droga è una sostanza dannosa per la salute -, il risultato di questa percezione sulla gravità e sulla dannosità dell uso di droga è che la tossicodipendenza è molto bassa in Svezia. Se noi poniamo la stessa domanda così come viene posta in altri paesi europei, in particolare l Italia, si vede che solo il 24% dei giovani dicono: sappiamo che la droga fa male, il risultato è che abbiamo un tasso di tossicodipendenza molto più alto. L individuo non è un suicida, uno sa che attraversando la strada ad occhi bendati rischia di farsi ammazzare, uno sa che a saltare da una finestra

7 attualità 7 c è il rischio di farsi male se non si è al primo piano o pochi metri, il giovane non è un suicida anche se talvolta è baldanzoso irrequieto, ama un po il rischio, ma la stragrande maggioranza dei giovani non è affatto stupida, ma se non è informata i risultati sono quelli che sappiamo. D. Riguardo il traffico internazionale, l enormità della produzione dell eroina in Afghanistan in mano ai Talebani e che arriva in occidente a prezzi popolari, può far pensare alla droga usato come strumento di eversione terroristica, una straordinaria arma chimica? R. Negli anni 90 diverse relazioni mostrano che i talebani hanno effettivamente denunciato più di una volta la diabolicità della cultura occidentale e hanno detto che la droga era una delle tante armi a loro disposizione per minare la nostra società. Non so in quale misura questo prevalga, però a proposito della constatazione che lei ha fatto io vorrei porla in termini abbastanza espliciti anche se magari un po stilizzati: no, non è vero che tutto il commercio di droga è in mano a ambienti terroristici o comunque legati a violenza motivata politicamente. Però è senz altro vero che in quasi tutti i teatri del mondo, là dove c è violenza politica, questa violenza politica è, a volte, in gran parte finanziata con i proventi della droga. Viene finanziata con atti di criminalità: estorsioni, rapine in banca, furti e così via, che sono ovviamente anche importanti fonti di risorse dalla diaspora politica o religiosa che sostiene una certa causa, però in gran parte a partire dall Eta, o a partire dall Ira: il movimento irlandese ora fortunatamente terminato, senz altro le tigri Tamil, senz altro i Talebani in Afghanistan, senz altro le Farc e in una certa misura l Autodefencia in Colombia, e anche i movimenti insurrezionali del Sud-est asiatico in larga misura chi più chi meno questi movimenti hanno sempre beneficiato del traffico di droga come fonte di proventi e di finanziamento della loro attività. D. Un ultima domanda: lei ha studiato all università di Berkley nel periodo proprio più caldo in cui tante tesi sulle droghe si sono definite. Ha un ricordo particolare di questo periodo? R. Si, io provengo da un ambiente diciamo piuttosto conservatore e cattolico impegnato e non ero pronto ovviamente alla situazione che poi ho verificato: mi ricordo per esempio di un invito fattomi da un amico all epoca che studiava con me che mi ha invitato un sabato sera a fare un viaggio, un trip, e io sono andato con il mio zaino e il mio spazzolino dei denti e lui si è messo a ridere. Il viaggio a cui si riferiva era ovviamente di tutt altro tipo e questo dimostra l inesperienza totale di questo ragazzino della provincia come ero io all epoca Io la droga non l ho mai toccata, ero stato per così dire vaccinato all interno della mia famiglia: non toccare mai cose che non sai!. Lo posso dire onestamente non perché sono sotto registrazione, ma perchè non l ho mai fatto. Però io ricordo tanti tanti casi di ragazzi la cui vita era distrutta e là si era veramente all inizio. Comunque evidentemente la società non ha appreso, anche se negli ultimi anni negli Stati Uniti abbiamo notato in questi ultimi anni un forte calo della tossicodipendenza anche grazie a una politica a volte direi fin troppo energica per quanto riguarda la detenzione e le pene, ma c è un grosso sforzo anche scolare ed educativo di testing nelle scuole ecc. e la tossicodipendenza di giovani diciamo dalle medie fino alla scuola superiore è scesa del 24% negli ultimi quattro anni. Ovviamente ci sono altre forme di dipendenza che si stanno sviluppando, dall alcol all abuso di medicine e di prodotti legali. Il problema vero tornando al primo punto che lei aveva avanzato è che, al di là delle sostanze, è tutta una questione anche di stili di vita. (OsservatorioDroga.it)

8 IL COMUNE DI MONTECATINI CONTRO LA DROGA. UN IMPEGNO NON COMUNE Il Comune di Montecatini Terme affronta in maniera decisa il problema della droga, sostenendo l Associazione Famiglie Gruppo Valdinievole impegnata nel recupero dei tossicodipendenti. Un impegno concreto, che richiede la sensibilità di tutti i cittadini per un problema che nessuno può non considerare anche suo

9 poesia 9 Non ti auguro un dono qualsiasi Non ti auguro un dono qualsiasi Ti auguro soltanto quello che i più non hanno. Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere; se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa. Ti auguro tempo, per il tuo Fare e il tuo Pensare, non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri. Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre, ma tempo per essere contento. Ti auguro tempo, non solo per trascorrerlo, ti auguro tempo perché te ne resti: tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guardarlo sull orologio. Ti auguro tempo, per toccare le stelle e tempo per crescere, per maturare. Ti auguro tempo, per sperare nuovamente e per amare. Non ha più senso rimandare. Ti auguro tempo, per trovare te stesso, per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono. Ti auguro tempo anche per perdonare. Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita. Il pensiero di Alverio Abbiamo ricevuto una telefonta da Alverio, che ci ha comunicato, che data la situazione di degrado che abbiamo in Italia, ha preferito non scrivere il suo pensiero che abitualmente ci comunica...

10 A cura dell Amministrazione Comunale - Piazza Mazzini, PESCIA Tel serv.socialipescia@interfree.it Servizi Sociali - Tel

11 la parola ai genitori 11 benedetta comunità... eh si.. proprio benedetta comunità, perché quando tutto sembra perduto, le forze vengono meno, e le conoscenze di ognuno di noi si esauriscono nel combattere il problema della droga nei confronti dei propri figli; ti rendi conto che da solo non ce la puoi fare e la disperazione ti attanaglia, ecco d incanto, come fosse un disegno voluto da qualcuno più in alto di noi che conosci persone fantastiche che possono darti nuovamente speranza. Parlo naturalmente dei responsabili del Gruppo Valdinievole, fra l altro conosciuti quasi per caso, nel senso che pur abitando vicino, non conoscevo l esistenza di tale struttura. In un anno circa di rapporti, abbastanza frequenti, avuti in seguito alla mia esperienza, avendo un figlio nella comunità, ho avuto modo di conoscerli più da vicino e vedere tutta la loro competenza, la loro determinazione, le idee chiare nel portare a termine il loro compito, ma nello stesso momento ho visto tantissima umanità e sensibilità. Il loro lavoro ( per me non è proprio un vero lavoro ma qualcosa di più ; una missione) è talmente complicato e faticoso mentalmente, che a volte penso : ne vale veramente la pena continuare a farlo?. Ma poi rifletto, e mi dico che se non ci fossero persone cosi, in grado di aiutare i nostri ragazzi ed anche noi genitori, il disegno di cui parlavo prima non sarebbe completo. Tutto questo ci dà la forza per andare avanti e non sentirsi soli nell affrontare le varie problematiche che tutte ciò comporta. un grazie sentito. un genitore

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13 la parola ai genitori 13 L ultimo approdo... a cura di D. Chiti C è forse dolore più grande di questo? No! Nessun altro dolore è paragonabile. Un figlio che si uccide giorno dopo giorno in una lacerante disperazione è la condanna più dura per una madre, dura e ingestibile. Riesce difficile persino metterli insieme certi percorsi che non conoscono date, ed arduo è, tentare di fermare quelle stagioni diventate di pece dove l aria non è più respirabile ma un nauseante fetore di tormentose attese fatte di paura e solitudine. Quello sgomento e quell impotenza attaccati alla pelle come vestiti sconosciuti che vorresti strapparti di dosso, e quei miliardi di squilli nella notte...presagi di tempesta per loro, e per te! Passavano spietatamente quegli anni algidi e colmi d afflizione che non trovava sosta, i tentativi in cantiere o quelli effettuati, li vidi volar via attonita e sgomenta. Fu un tempo crudele, un vento cattivo che portò via tanto e tanti, mettendoci per ultimi quegli esseri dalla miglior sorte della tua che senza umanità, riuscirono coi loro pregiudizi e tanta ignoranza a provocare ferite insanabili. E così che si cancellano i sorrisi, si smette sempre di sorridere quando la solitudine comanda; al loro posto nacquero ghigni torbi mai spariti del tutto, ma come maschere risultarono utili al mio isolamento. Campane a lutto arrivarono mentre gridavo a Dio di esserci! Inebetita guardavo i brandelli della mia anima correre verso il cielo quasi a volersi riprendere quel figlio che mi aveva lasciato. Mi ripetevo con ossessione -che la regola non era quella, che sono i vecchi ad andarsene per primi, non era giusto che per me accadesse l inverso!- Ma la mia vita non era fatta di regole cosa pretendevo? Infatti, non feci neanche in tempo ad elaborare che un altro grande dolore prese a bussare violentemente alla porta e corsi da mia figlia, finita nell ennesimo disastro. Poi arrivò la mia malattia, un arcigna silenziosa e profonda depressione che finì di sconvolgermi. Ancora oggi non so bene come accadde, ma riuscii ad uscire da quel labirinto. Non ho il numero preciso delle Comunità conosciute per tentare di riportare alla vita mia figlia, ma sono tante. Nessuna ebbe un seguito e una dopo l altra svanirono come bolle di sapone! Ripresi così ad impazzire ad ogni squillo di telefono( questo terrore purtroppo mi è rimasto) sia che arrivasse da una Comunità o da un ospedale, o da qualsiasi altro luogo quel suono prese ad accompagnare le mie ore anche quando taceva. Qualcuno mi suggerì di non rispondere più, per la tua salute dicevano, e così feci per un lungo periodo Cambiai comportamento: misi da parte la voglia di lei, di vederla, di toccarla, di viverla... E imparai a dire no! Tanti no a raffica come prima non avevo mai fatto sbagliando clamorosamente! Le vicissitudini si erano talmente abituate a vivere con me, che continuarono per lungo tempo ancora. Ed eccoci al viaggio fa-

14 14 la parola ai genitori tidico, quello che da Roma ci portava al Gruppo Valdinievole; luogo che già conosceva avendolo tentato, si fa per dire, in una toccata e fuga che se durò un ora è grasso che cola! Alla fine del colloquio che ebbi con Clelia, in un estremo rantolo di speranza mi ritrovai a porle una particolare richiesta: Rendimi mia figlia sana, mi è rimasta solo lei. Mi rispose così: Ce la metterò tutta, ma lo dovrà volere anche lei: Intanto dal Gruppo Valdinievole arrivavano notizie allarmanti e assai spiacevoli, lì non ci voleva proprio stare, e cominciò a prendere contatti col Sert richiedendo una nuova destinazione. Al primo appuntamento che le fu dato dopo la sua richiesta, chiese altro tempo per decidere. Nel frattempo ricevevo una sua lettera, molto bella e profonda devo dire,in cui mi chiedeva consiglio sul da farsi. Ritenni positiva questa suo rivolgersi a me, pensai che forse un pochina di fiducia nei miei confronti stava arrivando, chissà...le risposi quello che mi disse il cuore, anche se averla più vicina sarebbe stato molto più comodo per me vista la lontananza. Ed eccoci arrivati al secondo appuntamento, alla solita domanda che sapeva già di ricevere, era andata lì per quello: Allora l hai presa la tua decisione? Si ho deciso, rimango al Gruppo Valdinievole! Sono passati tanti anni, venticinque per l esattezza dall inizio di questa nostra amara storia, ma la speranza c è ancora, è quella speranza dettata dall amore di una mamma niente di che quindi è un fattore naturale, certo intanto gli anni sono volati, questo lungo volo ha portato con sè le forze giovani si capisce, anche questo è un fatto naturale, ma l amore non è fatto di forza? Allora andiamo avanti, chissà che tutto questo amore non s inventi un miracolo con tutti i colori dell arcobaleno! A questo punto, ringrazio quanti hanno reso possibile questa opportunità, un grazie assai sentito alla Clelia per l attenzione prestatami, un altro grazie ancora a Camilla per la sua cortesia,e non ultimo un grazie immenso a mia figlia per la forza e determinazione che sta mettendo nel donarmi questa speranza!

15 vita in comunità 15 Sentivo un pò la mancanza del posto di Amir Hamrelain L a mia storia con le sostanze inizia molto presto, e dura a lungo, come del resto la maggior parte dei ragazzi, che hanno avuto problemi di tossicodipendenza. Non avevo ancora quattordici anni, quando iniziai a fumare gli spinelli, all inizio per non rimanere fuori dal gruppo e dopo qualche tempo solamente per cercare lo sballo. Col tempo lo sballo del fumo non bastava più, per cancellare il malessere esistenziale che mi opprimeva continuamente. Dopo qualche anno incominciai a fare uso di LSD, Anfetamine e Cocaina, per cercare soprattutto di essere diverso da come mi vedevo senza sostanze, infatti non riuscivo ad accettarmi per quello che ero. La situazione precipitò e mi ritrovai a fare per molti anni un uso smisurato di Cocaina e di Eroina, persi lavoro, le persone a me care, ma che in quel periodo per me inesistenti. Arrivò ad un certo punto un momento di lucidità, nel quale mi resi conto che c era qualcosa che non andava dentro me. Non né potevo più di quella vita. Decisi allora a trent anni di entrare in Comunità, chiedendo aiuto al Ser.T il quale mi indirizzò al presidente dell Associazione La Fenice, Sergio Bovo, che mi permise di entrare in Comunità dopo pochissimo tempo. Entrai nel Gruppo Valdinievole nel novembre 2009, la Comunità per me era un posto nuovo, il contatto con moltissimi ragazzi ventiquattro ore su ventiquattro mi provocò un impatto stravolgente. I primi mesi sono stati difficili e faticosi, non essendoci abituato, le cose da fare erano molte sia in struttura che in Cooperativa. Avevo grosse difficoltà ad accettare e capire le decisioni e le regole inposte dai Responsabili della Comunità. Dopo otto/ nove mesi incominciai a vedere un po di luce in fondo al tunnel, la mia autostima cresceva e mi sentivo un po gratificato, quindi mi veniva sempre più facile raccontare la mia storia e le mie difficoltà agli altri. Allo stesso tempo riuscire da ascoltare i consigli dei responsabili. Il rapporto divenne sempre più confidenziale e rispettoso. Le decisioni che prendevano e le regole della Comunità cominciarono a tornarmi, ma non del tutto infatti a poco più di metà del percorso, dopo un lungo periodo di crisi, non accettai più il progetto di reinserimento e decisi impulsivamente di abbandonare il programma anche contro il volere della mia famiglia. In quei giorni ebbi anche il tempo di riflettere a lungo, e capì che non ero ancora pronto per affrontare la vita di fuori. Tornai in Comunità dopo otto giorni, cosciente che dovevo portare a termine il programma e risolvere alcune cose rimaste in sospeso, cercando questa volta di affidarmi totalmente ai responsabili. L ultimo anno di programma fu molto intenso, riuscii ad esternare ai Responsabili e successi-

16 16 vita in comunità vamente ai miei familiari, tutto il mio passato, affrontai le mie cose più intime, scontrandomi con le mie paure e insicurezze, mi misi in discussione portando avanti delle responsabilità che prima mai avevo fatto. Ebbi delle grandi soddisfazioni, aiutando i ragazzi appena entrati e non, mi resi conto sempre di più, che bisognava dare agli altri sia quello che avevi avuto con l esperienza negativa fuori dalla Comunità e con l esperienza positiva nel programma. Presi il fine programma a Marzo 2012, e dopo le feste di Pasqua tornai a casa definitivamente, ma le cose da fare erano ancora tante.. Arrivato a casa, trovai un ambiente molto tranquillo e sentivo tanta fiducia nei miei confronti, perché evidentemente me l ero guadagnata nelle ultime verifiche prima della mia uscita, ma sicuramente hanno contribuito le parole dei Responsabili che hanno fatto capire alla mia famiglia che ero pronto per tornare e ripartire fuori. Ci sono stati dei momenti nei quali sentivo un po la mancanza del posto che un tempo odiavo, dove ho condiviso tanti momenti importanti positivi e negativi, dove mi sono riconquistato la stima, la fiducia e il rispetto di me stesso. Ormai è quasi un anno che sono fuori e che sto bene e anche se la situazione economico-sociale non è delle migliori continuo tutt ora a pormi sempre degli obbiettivi, tra questi soprattutto mantenere come ho fatto fino ad oggi un contatto frequente con il Gruppo Valdinievole, sentirmi con gli altri ragazzi che hanno finito il programma e con quelli che lo stanno per finire. Anche al di fuori della Comunità, porto avanti quello che ho imparato e che ho fatto durante il mio cammino, cioè aiutare i ragazzi che hanno il problema che in passato ho avuto io stesso, aiutando attivamente anche la stessa associazione che ha aiutato me. Con questo ringrazio la mia famiglia, L associazione La Fenice e il suo Presidente Sergio Bovo, i ragazzi che sono stati in programma con me e il Gruppo Valdinievole che oltre ad essere per me la mia seconda famiglia, mi ha ridato la vita. Il Comune di Buggiano con il Gruppo Valdinievole contro la droga

17 vita in comunità 17 Tutte le mie energie erano concentrate lì di Maila De Poli C iao Mi chiamo Maila e voglio semplicemente raccontarvi un po dei miei ventidue anni di vita. Sono nata a Padova e fin da piccola sono sempre stata un po ribelle nei confronti della famiglia, a scuola o in qualsiasi posto dove mi imponevano delle regole, regole che non sono mai stata abituata a rispettare. A dodici anni iniziai a fumare le prime sigarette di nascosto e questo molto probabilmente mi faceva sentire grande e padrona di me stessa, ma in realtà ora capisco che forse stavo solo seguendo una moda, e il gusto di trasgredire mi piaceva parecchio. Ho sempre frequentato ragazzi più grandi di me e questo mi ha aiutato molto a bruciare le tappe. A tredici quattordici anni iniziai a fumare le canne e a quindici mi ritrovai a rubare per potermi sballare, andavo a feste illegali e non avevo nessun freno nell assunzione di qualsiasi cosa: Acidi, Ketamina, MD, Cocaina, Alcol.. Mi sentivo invincibile, quello era il mio mondo, e mi sapevo muovere bene.. che stupida, mi dico oggi, ero una ragazza sola senza passioni, senza obbiettivi, vivevo alla giornata incazzata con il mondo e con la convinzione di non avere nulla da perdere. Ma stavo perdendo me stessa. A casa le cose non sono mai andate bene, ma si sa che la famiglia del Mulino Bianco non esiste, tutto sta a non sdrammatizzare su noi stessi, cosa che io invece facevo. Quando i miei finalmente si separarono, non vidi mia madre per circa due anni e mio padre ha sempre lavorato dalla mattina alla mattina dopo. Eravamo io e mia sorella, quasi coetanee, a gestire le nostre giornate. Credo che probabilmente la prima cosa che mi direbbe un quindicenne oggi, sarebbe: Cavolo, che culo, magari potessi io, non avere i miei col fiato sul collo 24 ore su 24, una casa dove posso fare quello che voglio, senza orari, limiti o imposizioni. Ma un treno senza freni, che non corre sui binari non può far altro che danni. Così a diciotto anni mi ritrovai per strada e qui conobbi il mio unico grande amore, l eroina, un amore che da li a poco avrebbe preso i fili della mia vita e io che credevo di poterla gestire, di essere più forte, ma ero solo inconsapevole, dei livelli di dipendenza a cui pote-

18 18 vita in comunità vo e sono arrivata. Inizialmente la fumavo, ma ben presto arrivai al buco, perché non mi bastava più, non bastava mai ed era la mia unica ragione di vita. Passavo giorno e notte a trovare il modo combinare, il modo per averla ad ogni ora, perché altrimenti non andavo da nessuna parte. Ebbene dopo aver conosciuto il Flash, conobbi l astinenza, il dolore fisico, oltre allo sbandamento mentale, che lei lascia in sua assenza. Dopo pochi mesi mi presentai al Ser.T e incominciai a prendere il Metadone, così riuscivo a non stare male, ma non smisi di farmi anzi, ogni tanto aggiungevo psicofarmaci. Ero allo sbando più completo, ormai pesavo circa una quarantina di chili, passavo le mie giornate tra la stazione di Padova e il Ser.T. Tutte le mie energie erano concentrate lì e in poco tempo persi tutto famiglia, lavoro, macchina e patente. Un paio di volte provai a smettere da sola, ma furono tentativi vani, una volta che ritornavo in piazza. Pensavo che tolta la sostanza il problema si sarebbe risolto, non sapevo di avere bisogno di un percorso più lungo e difficile. Provai anche con la Comunità, ma solo al 4 tentativo sono arrivata alla consapevolezza di voler provare a cambiare qualcosa. Sono al Gruppo Valdinievole da nove mesi e sono stati molto intensi, mi sono trovata a dovermi confrontare con me stessa nella piena lucidità e di conseguenza con sensazioni, emozioni e lati del mio carattere che non ho mai conosciuto, ma allo stesso tempo sto cercando di modificare un modo di pensare e di vedere le cose che mi ero costruita fuori di qui. In comunità imparo a rispettare le regole o se faccio diversamente, a pagarne le conseguenze che una volta mi hanno sempre portata a scappare, scappare per non prendersi la responsabilità di quello che facevo e così ho sempre evitato i problemi, o meglio, alcuni forse gli ho rimandati, perché oggi come oggi mi sento obbligata a doverli risolvere. Ogni giorno è una battaglia con una parte di me stessa, ma ad ogni piccola vittoria la parte più debole, quella che vorrebbe provare a fare una vita diversa da quella precedente, si rafforza e come si dice, forse, dopo tante piccole battaglie vincerò la guerra. Dopo tutto la mia fortuna è quella di aver solo assaggiato il mondo dell eroina e i danni che ho fatto sono proporzionali al tempo. Ma quest ultimo è un arma a doppio taglio, perché quando un bimbo incosciente scopre di poter riuscire correre fino a scuola in bici, poi vorrà spingersi oltre, solo per il gusto che ci trova nel pedalare non sentendo il dolore che gli provocano le ginocchia sbucciate. Penso di avere trovato il posto giusto dove poter provare a darmi una possibilità diversa, ma solo il tempo e la mia voglia di vivere, possono portarmi al mio obbiettivo finale e magari un giorno, mi troverò a scrivere un articolo per raccontare la mia esperienza di fotografa chissà. L unica cosa che vorrei riuscire a trasmettere è che non sempre bisogna sbatterci la testa nelle cose per avere la certezza che non portano a nulla di buono. A volte bisognerebbe fidarsi che quello che ci viene detto, è per il nostro bene e ribellarsi facendo il contrario farà del male in primis a noi stessi.

19 vita in comunità 19 La naturale conseguenza... di Giampaolo Minati E ccoci qua questo sembra proprio il giorno adatto per scrivere il mio articolo visto che fuori dalla nostra porta ci sono 50cm di neve fresca e abbiamo saggiamente deciso di starcene in casa. Sono Giampaolo è ho 25 anni e sono al Gruppo Valdinievole da quasi due anni, in questo articolo cercherò di descrivere la mia storia al meglio senza cadere nel moralismo né tantomeno nella presunzione di dare lezioni di vita, piuttosto cercherò di farvi capire come un percorso come quello che sto facendo io, possa far maturare anche uno come me. Fin da piccolo mostravo i primi segni di ribellione, quelle caratteristiche tipiche che ad oggi rivedendole nei bambini che incontro mi fanno sorridere. Nella scuola (nota dolente che ancora mi porto dietro) per esempio il poco impegno e la voglia di divertirmi hanno fatto venire i capelli bianchi a mia mare già dalla IV a Elementare. Col passare del tempo maturai una certa arroganza nei confronti della mia famiglia, dovuta probabilmente alla voglia di indipendenza. Quest ultima causò un distacco che finì col diventare incolmabile. Mi circondavo di persone più grandi di me, forse per cercare di imparare è perché mi sembravano più libere di quanto non fossi io, così quando avevo undici anni uscivo con i ragazzi di quattordici e quindi avevo le loro stesse abitudini orari ecc. Sono sempre stato affascinato dalle sostanze, i momenti trascorsi con gli amici in giro, senza regole né preoccupazioni accompagnati dal profumo di qualche canna erano qualcosa di magico e non desideravo altro, pur considerandoli piuttosto normali. Ovviamente dietro a questi momenti si crea un sistema pericoloso; mi spiego se per un comune quattordicenne le canne sono accettabili automaticamente diviene accettabile il fatto di doversi preoccupare di Carabinieri e di Polizia utilizzando stratagemmi piuttosto banali che diventano con il tempo consuetudini, perciò a quattordici anni ero assolutamente parte di un mondo che non ero in grado di capire. Smisi presto di andare a Scuola ma comunque le mie giornate erano piene di impegni e situazioni. Prendevo il motorino al mattino e tornavo in piena notte. Sono sempre stato presuntuoso, caratteristica che ho ancora oggi, perciò l utilizzo delle sostanze era sempre giu-

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21 vita in comunità 21 stificato da qualche passione, così crescendo mi avvicinai alla cultura della Beat Generation, passando attraverso musica arte - letteratura che non fece altro che rafforzare il mio desiderio di oltrepassare il limite, spingendomi in un uso sconsiderato di sostanze chimiche come anfetamine allucinogeni in genere per qualche anno, questo periodo fu deleterio perché entrai in uno stato mentale che sempre più mi allontanava dalla realtà, lasciandomi però nella convinzione di aver capito che quello era il sistema per affrontare la vita. La naturale conseguenza di uno stato prolungato di alterazione è la perdita di emozioni, di stimoli e soprattutto di rispetto, sia per se stessi che per tutte le cose che ci circondano, cosi quei pochissimi tabù che ancora conservavo ben presto caddero e cocaina ed eroina trovarono terreno fertile per infiltrarsi. La prima riusciva ancora a farmi sentire padrone della situazione, mentre la seconda mi imponeva uno stato di apatia e menefreghismo che finirono col distruggermi. In questo stato non potevo fare molta strada e fui arrestato, passai i primi mesi addossando colpe a chiunque, dallo Stato alla Società, alla mia famiglia e agli amici infatti continuando a guardarmi intorno ho perso di vista la mia parte interiore. Con il passare dei mesi, scalai tutta la terapia sostitutiva e tornai lucido. Fu davvero un brutto colpo, man mano che realizzavo quanto fossi caduto in basso cominciavano a risuonarmi in testa tutte le raccomandazioni e i consigli che invano, le persone che mi stavano vicino cercavano di darmi. In quel periodo, nacque in me un senso di autocritica che non avevo mai avuto prima (spesso manca ancora) questo mi fece rendere conto che avevo definitivamente perso la mia personalissima guerra con la vita!. In tutta onestà, devo dire che non avevo mai pensato alla Comunità come una soluzione al problema, visto che credevo di non avere alcun problema, perciò per dare una raddrizzata alla mia situazione mi misi in contatto con una assistente sociale; la Professoressa Ferrari, infatti colgo l occasione per ringraziarla e salutarla calorosamente, la quale dopo una prima conoscenza epistolare, mi diede l indirizzo del Gruppo Valdinievole, valutando che questo era il posto adatto alle mie caratteristiche. Di lì a poco ricevetti la disponibilità d ingresso, quindi espletate le formalità, fui scarcerato e entrai in Comunità. Il primo impatto fu molto forte visto che venivo da un ambiente molto ristretto, tutta quella gente e il caos del capannone mi infastidivano, perciò incominciai con un contrasto che divenne una disputa serrata nei confronti delle regole non comprendevo, e le attività a me non congeniali. Ovviamen-

22 22 vita in comunità te una struttura come questa sa bene come gestire casi come il mio, quindi volente o nolente, pian piano mi dovetti adattare e lentamente cominciai a vedere del sereno. A questo punto il passato bussò nuovamente alla mia porta sotto forma di 3 Carabinieri, uno dei quali stringeva in mano un foglio, che stabiliva che sarei dovuto immediatamente ritornare in carcere, così tra lo stupore generale, fui accompagnato presso la Casa Circondariale di Pistoia. Un altro duro colpo, cominciai subito le prassi per ottenere l affidamento e con l aiuto del Gruppo Valdinievole dopo qualche mese di attesa rientrai in struttura era Febbraio Al mio rientro notai subito che qualcosa era cambiato, molti ragazzi che facevano parte del mio gruppo sovversivo, di colpo erano cambiati, avevano fatto passi in avanti ed erano soddisfatti, sembravano maturati. Rimasi colpito da questa visione e decisi di impegnarmi per raggiungere quell obbiettivo che quasi allora invidiavo Quest ultimo anno è stato davvero massiccio, ogni giorno mi sono scontrato con la mia ostentazione mi sono misurato e ho cercato di accettare i consigli che man mano mi sono stati dati. Talvolta a denti stretti, talvolta per sfinimento ed in alcuni casi ho capito l importanza e la validità degli stessi. Non saprei dare una esatta definizione di quello che sto facendo, questo è un percorso davvero duro, ma ho imparato che per raggiungere grandi obbiettivi è necessario grande impegno, con piccoli passi e tanta determinazione. Pertanto non posso fare altro che rimboccarmi le maniche e andare avanti, sperando che nonostante la grossa preoccupazione per il mio futuro tutto si risolva per il meglio. Colgo l occasione per ringraziare il Gruppo Vadinievole tutto, a partire dai ragazzi per sopportarmi e sostenermi tutti i giorni e a quelle figure di riferimento che ogni giorno mi guidano. Un grazie speciale, và alla mia famiglia che nonostante tutte le delusioni non ha smesso di crederci e mi sta vicino.

23 vita in comunità 23 Fidarsi è bene... ma non fidarsi è peggio! di Fabio Aiello Q uesta frase la sento mia, visto il mio carattere un po chiuso, verso gli obbligati dovuti al posto; poi col tempo ho capito che dovevo fidarmi e cercare di lasciarmi andare per farmi conoscere e farmi dare una mano per tornare a rip rendere la mia vita in mano e dare un senso a ogni cosa che può essere importante e significativa! Sono entrato al Gruppo Valdinievole circa sei mesi fa, dopo un anno e nove mesi di carcere; di comunità volevo saperne zero, difatti sono stato convinto a prendere questa decisione dalla mia ex- convivente, che mi è stata e mi è vicina insieme alla mia famiglia. Dico così perché in passato sono stato a San Patrignano, che devo dire, è un po diverso da dove sono adesso, e dopo anni stando bene, sono ricaduto nelle sostanze in primis la Cocaina dove in un primo momento pensavo fosse gestibile, ma che dopo, conoscendomi, e conoscendola, mi sono ridotto a paranoie assurde fino ad arrivare all arresto. La mia storia inizia (con le droghe pese) a circa quindici anni quando in compagnia si inizio a provare, per divertimento, sempre lei, la famosa bonza, (così viene chiamata a Genova), così iniziando per divertimento ho fatto diciamo un giro generale, nel corso degli anni naturalmente di tutti i tipi di sostanze possibili e immaginabili, ma la mia fede era sempre per Lei, che poi purtroppo lo è stato

24 24 vita in comunità anche fino a qualche mese fa. Indossando le mie maschere tra casa, lavoro, carcere, locali, gentaglia e Genova bene, ho avuto due convivenze importanti. Una di sette anni, l altra con la donna sopraelencata, a cui devo molto, visto che è stata lei in parte, a farmi capire che dovevo rientrare in una struttura per fermarmi e riflettere un attimo, visto i ritmi frenetici dovuti al mio carattere e stile di vita. Devo inoltre dire che ho sempre avuto vicino la mia famiglia, cioè mia madre, e mio fratello a cui devo tantissimo, mentre mio padre non lo sento da anni, sempre per colpa mia naturalmente, e questo è molto importante perché secondo me, stare soli o essere soli, sono due cose bruttissime, forse essere soli. Ma non scendiamo troppo nei particolari, se no ci vorrebbe un libro. A San Patrignano, come ho già detto il sistema era diverso, programmi lunghissimi, (pochi contatti con la famiglia o almeno dopo un anno, niente reinserimento, un po in una campana di vetro). Qui invece ho notato che con le riunioni ogni tre mesi, hai modo di riallacciare i contatti con le persone care, hai contatti telefonici dopo poco, ci sono varie fasi e vieni messo alla prova tutti i giorni con turni lavorativi e sforzi non indifferenti sia fisici che psicologici, poi il programma e il resto, secondo me, varia in base alle persone, al loro vissuto, all esperienza, e tutto il resto, non ci può essere una linea per tutti! Ritornando al discorso Riunione, e persone care, nell ultima di Dicembre, mi sono commosso nel vedere ragazzi/e che come me raccontavano il loro vissuto, sod-

25 vita in comunità 25 disfatti dei loro passaggi di fase e fine programma, con gli occhi lucidi e pieni di speranza. Io ad esempio, quando ho rivisto Nicoletta e la mia famiglia, in un primo momento avevo il cuore a mille; prima che arrivassero giravo per quei saloni dell Hotel Croce di Malta, come un anima in pena, poi una volta rotto il ghiaccio dell impatto con loro, mi sono finalmente lasciato andare, facendomi coccolare ed abbracciare come un bimbo, con lacrimoni che scendevano lungo il mio viso dandomi un senso di benessere ed appagamento. Tutto questo mi faceva stare bene, perché ho visto che dopo tanto tempo ero di nuovo me stesso, con le mie paure, sensazioni ed incertezze, così guardando negli occhi mia madre, che a ogni sguardo mi dona quell energia vitale, ho capito che nonostante la fatica sto ottenendo qualcosa d importante. Ma per me adesso l importante è stato fidarmi, e ora ho iniziato a farlo! Non è facile mettersi in gioco e accettare, soprattutto per gente come noi.., come noi popolo della notte, con la nostra doppia o tripla vita sempre pronti in prima linea, senza mai tirarsi indietro e fuori degli schemi. Ma sarebbe ora di farlo e io sto iniziando, con i miei sbalzi d umore e tutto il resto. Ah! Mi sono dimenticato di presentarmi e di salutarvi. Ciao a tutti!!!!!! Mi chiamo Fabio, sono di Genova, sono entrato al Gruppo Valdinievole l otto settembre scorso, segni particolari grande tifoso della Sampdoria e spero di non avervi annoiato! Un abbraccio a tutti e. Comunque solo soddisfazioni! Ciao

26 26 nuove droghe Intervista al Dott. Marco Cali Capo Squadra Mobile di Padova di Lorenzo Innocenti A questa breve introduzione segue un intervista concessa da Marco Calì, Capo della squadra mobile di Padova. Calì ha avuto modo di coordinare diverse azioni anti droga nel corso degli ultimi anni, in un territorio, quello del Nord Est, particolarmente sensibile al problema del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, compreso com è tra grossi centri di smistamento dei carichi come Milano, Bologna, Venezia e sottoposto a importanti spinte migratorie provenienti da Africa, Balcani ed Est Europa. Vorrei accennare rapidamente alle impressioni che la sua persona mi ha suscitato: dalle sue parole ho intuito un alto senso morale, unito a una sorprendente pacatezza. Mi è parso, e ad esser sincero non me lo aspettavo, che Calì riesca a scorgere nel suo lavoro le possibilità, piuttosto che le difficoltà e che l obiettivo che si ponga sia quello massimo: ossia il debellamento della piaga della dipendenza. Il confine tra virtù e ingenuità in questo caso è sottile, ma Calì riesce a non oltrepassarlo. Qual è la situazione padovana, in particolare, e quella italiana, in generale, in merito al traffico degli stupefacenti più diffusi, ossia eroina, cocaina, hashish? Dunque, la situazione padovana riflette in maniera piuttosto fedele quella generale del Paese. Questo per diverse ragioni. Innanzi tutto la posizione geografica: Padova è vicina a Venezia e Milano e ai loro aeroporti, a Bologna, altro importante crocevia della droga, alla Slovenia. Inoltre è un importante polo economico, è industrialmente avanzata, ha una tradizione criminale che si è radicata profondamente sin dagli anni di Piombo. Insomma nel suo piccolo è possibile riscontrare grossa parte degli elementi che si ritrovano poi a livello nazionale. Ossia? Ossia un livello più basso, diciamo la bassa manovalanza, che è di appannaggio quasi esclusivo di stranieri, diciamo il novanta percento. Si tratta principalmente di africani, spesso clandestini, spacciatori al dettaglio, di strada.

27 nuove droghe 27 A un livello più alto troviamo gli albanesi, che si occupano principalmente di eroina e marjuana. Questo perché l Albania ha gruppi criminali molto sviluppati e un clima, specie nell entroterra, che favorisce la coltivazione del papavero e della pianta di marjuana. La cocaina invece è affare quasi esclusivo dei nigeriani, anche grazie alla tecnica dell internacorporis. Cos è l internacorporis? È una pratica che consiste nell ingerire ovuli di cocaina avvolti da cellophane per poi espellerli per via rettale una volta a destinazione. È praticata esclusivamente da nigeriani, che noi sappiamo, a parte un caso che ci è capitato di un italiana che aveva ingerito ovuli di hashish, ma si è trattato di un accadimento isolato. È praticato da nigeriani, dicevo, sia perché rappresenta una loro specifica tradizione criminale, sia perché gli individui che provengono da questa zona sono molto dotati fisicamente e hanno una capacità toracica superiore alla norma. Neanche a dirlo, è estremamente pericoloso, ma i corrieri sono disposti a rischiare la vita per mille euro a carico. Si tenga conto che si tratta di cocaina con un principio attivo molto alto e che dunque, una volta tagliata, può generare un indotto altissimo. Queste persone viaggiano in aereo naturalmente e rilevare il carico che hanno nello stomaco è molto difficile. Che rotte effettuano? I corrieri tendono a cambiare rotte molto frequentemente. Fanno diversi scali, per sviare i controlli. Giungono in Europa, in Asia, in America. E gli italiani? Restano gli italiani, sì. Si tratta di vecchi pregiudicati prevalentemente e si occupano per lo più di cocaina. Ci sono anche i cinesi, poi, ma nel loro caso lo spaccio è ristretto alla cerchia dei connazionali e limitato alle droghe sintetiche. Gli spacciatori stranieri sono stanziali o tendono a tornare in Patria? Quelli che spacciano al dettaglio, molto spesso nordafricani, provengono in genere da situazioni difficili, scappano dai loro Paesi e dunque non tornano in-

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