Giovani e secondo welfare Il social cohousing, una risposta innovativa alle incertezze presenti e future

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1 Giovani e secondo welfare Il social cohousing, una risposta innovativa alle incertezze presenti e future di Fiorenza Deriu Giovanni Bucco Paper for the Espanet Conference Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa Milano, 29 Settembre 1 Ottobre 2011 Fiorenza Deriu Ricercatrice del Dipartimento di Scienze Statistiche della Facoltà di Ingegneria dell Informazione, Informatica e Statistica - Università di Roma La Sapienza Viale Regina Elena, Roma 06/ oppure fiorenza.deriu@uniroma1.it Giovanni Bucco, Architetto Dottorando in "Riqualificazione e recupero insediativo" presso la Facoltà di Architettura Valle Giulia, dell'università "la Sapienza" di Roma Via A. Gramsci 53, Roma cell. 349/ giovanni.bucco@uniroma1.it

2 Introduzione 1 Le profonde trasformazioni che caratterizzano il tessuto socio-economico del nostro Paese pongono i giovani di fronte a nuovi rischi, difficili da fronteggiare con le misure di policy offerte da un welfare debole a forte connotazione familistica. Di fronte ad un mercato del lavoro altamente deregolamentato, che ha prodotto generazioni di precari dalle carriere lavorative frammentate e dai redditi instabili; a un mercato locativo inaccessibile ai più; a una cronica carenza di servizi a favore del work-life balance; alla preoccupante prospettiva di un futuro previdenziale che ad alcune categorie di lavoratori non sarà in grado di assicurare neanche il 30% del reddito attuale (F. R. Pizzuti, M. Raitano, 2011); ebbene, di fronte a questi rischi, tra loro strettamente interconnessi, i giovani hanno reagito allungando ulteriormente i tempi della loro permanenza in famiglia, posticipando le scelte familiari e di unione (F. Deriu, M. Mamolo 2008); nonché quelle legate al primo figlio (M. Mamolo, P. Di Giulio, L. Bernardi 2008). Di fronte a questi scenari occorre pensare a soluzioni di policy innovative, capaci di offrire ai giovani concrete opportunità di sviluppo di una progettualità che tenga conto dell intero corso di vita. In questa cornice le politiche abitative possono concretamente costituire un campo di azione privilegiato su cui investire, per innescare processi virtuosi di sostegno e promozione delle nuove generazioni, su cui puntare per la crescita e lo sviluppo futuro del nostro Paese. Politiche abitative da ri-pensare, da ri-formulare secondo logiche e paradigmi apparentemente distanti da quelli fino ad oggi adottati, ma che cominciano anche in Italia a suscitare curiosità e attenzione da parte dei cittadini e delle pubbliche amministrazioni. Una sfida, quella dell innovazione, da raccogliere e da giocare su due livelli: quello della realizzazione di soluzioni abitative non convenzionali, idonee a rispondere alle esigenze di autonomia e indipendenza dei giovani che non dispongono dei mezzi sufficienti ad accedere al mercato immobiliare o delle locazioni, valorizzando al contempo la loro maggiore disponibilità alla socializzazione e alla condivisione di beni e spazi comuni (cohousing); quello della sperimentazione di nuove forme di partnership sociali tra soggetti pubblici, imprese profit, non profit e fondazioni d impresa al fine di potenziare le opportunità di investimento in opere di rilevanza sociale, dando così nuova linfa alle politiche di housing sociale dirette ai giovani single, in coppia, con o senza figli. In questo saggio, dopo una breve introduzione al cohousing, se ne illustrano le principali forme di realizzazione e di rapporto con le amministrazioni pubbliche in Europa e oltreoceano, nonché i più recenti sviluppi registrati in Italia. Nel terzo paragrafo, nel mettere a fuoco le possibili 1 Fiorenza Deriu ha curato la redazione dell introduzione e dei paragrafi 1, 2, 3, 4. Le conclusioni sono state redatte insieme a Giovanni Bucco, autore anche del paragrafo 4. 1

3 configurazioni delle partnership sociali che potrebbero favorire lo sviluppo del social cohousing a favore delle giovani generazioni, si formula la proposta di un modello teorico di partnership pubblico-privato, le cui tre principali direttrici di attuazione sono presentate, tenendo conto della normativa attualmente vigente nel nostro Paese, nel paragrafo 5. Nel paragrafo 4, cambiando la prospettiva, sono presentati alcuni dati di un sondaggio di opinione, condotto su un campione di giovani-adulti tra i 25 e i 44 anni residenti in Italia, per esplorare il grado di conoscenza e di interesse verso questa soluzione abitativa da parte dei potenziali beneficiari. Nelle conclusioni sono riassunti i punti di forza e di criticità della proposta avanzata nel paper. 1. Il cohousing: origini e dimensioni caratterizzanti L idea del cohousing prende forma per la prima volta nel 1964 in Danimarca ad opera di un gruppo di amici, guidati dall architetto Gudmand-Hoyer, mossi dal comune intento di discutere sulle condizioni abitative del tessuto urbano di Copenhagen (D. Milman, 2011). Una città in cui trovava ampia rappresentazione il disagio di vivere nelle periferie urbane tipiche delle società postindustriali, dove l individualismo e lo sfaldamento della coesione sociale accrescevano il senso di solitudine e di insicurezza degli individui (M. Lietaert, 2011). Dalla comune insoddisfazione verso un abitare impersonale e alienante, in grandi edifici in cui risultava impossibile stabilire qualsiasi forma di relazione con i propri vicini e in cui gli spazi comuni condominiali non solo erano ridotti al minimo indispensabile ma, laddove presenti, erano del tutto inutilizzati e abbandonati, nasce il progetto di cohousing di Gudmand-Hoyer. Una soluzione abitativa in cui ogni residente avrebbe disposto sia di un proprio appartamento privato sia di una serie di spazi e beni comuni, dalla cui condivisione sarebbero derivati risparmi economici e vantaggi in termini di solidarietà e cooperazione. Il progetto incontrò numerosi ostacoli sul suo cammino, sia per ragioni culturali sia politiche ma, alla fine, nel 1973 i lavori furono ultimati e nacque il primo Bofællesskaber (cohousing in danese) chiamato Skraplanet. 2. Allo stesso anno risale il completamento di Saettedammen, un altro cohousing, ispirato ad un articolo della giornalista danese Bodil Graae dal titolo Children should have one hundred parents. L articolo suscitò tale interesse da favorire l incontro di un gruppo di circa 50 famiglie che avviarono il progetto di Saettedammen. Da allora i cohousing realizzati in Danimarca, e non solo, hanno assunto forme diverse, declinando in vario modo il mix di elementi caratterizzanti. Nel 1976, in seguito ad un concorso indetto a livello nazionale dal Danish Building Research Institute, è stato costruito da un impresa non-profit il primo 2 Letteralmente brutta china 2

4 cohousing con alloggi in affitto (Tinggarden), su disegno dello studio di architettura Vandkunsten, vincitore della competizione (D. Milman, 2011). Nel corso degli anni Ottanta grazie all incessante pressione della società civile il cohousing si è guadagnato la fiducia del Governo danese e delle istituzioni locali, tanto da ottenerne il supporto con la promulgazione della Cooperative Housing Association Law, che ne ha semplificato e reso meno onerose le modalità di finanziamento. Oggi in Danimarca i cohousing possono essere realizzati in forma cooperativa con mutui finanziati dal governo e una decina di comunità prevedono alloggi in affitto. Anche le imprese private e le banche hanno iniziato a guardare con interesse al cohousing; queste ultime in particolare per la rapidità e l anticipo col quale le unità immobiliari dei cohousing vengono acquistate, prima ancora di essere completate. Negli anni Ottanta il cohousing ha iniziato a diffondersi in Olanda mentre in Svezia già esisteva fin dai primissimi anni Trenta, quando furono realizzati otto cohousing a Stoccolma, uno a Gothenburg e uno a Örebro (D.Urban Vestbro, 2008). Tuttavia solo negli anni Ottanta in Svezia il cohousing ha iniziato ad essere riconosciuto e sostenuto dagli enti pubblici (M.Lietaert, 2011). Successivamente ha avuto ampia diffusione anche in Paesi come gli Stati Uniti, ove è stato introdotto grazie agli studi dei due architetti Charles Durrett e Kathryn McCamant (1994; 2011); il Canada, l Inghilterra, l Australia e il Giappone. In Europa ha avuto diffusione, ma in epoca più recente, in Germania, in Francia e in Italia, anche se con declinazioni piuttosto differenziate, come sarà meglio illustrato nei paragrafi successivi. Sempre all architetto americano Charles Durrett si deve il primo tentativo di definizione del cohousing. Fino ai primi anni Novanta, infatti, il principale obiettivo dei co-housers era stato quello di realizzare concretamente tale soluzione abitativa piuttosto che individuarne le caratteristiche fondanti. Durrett, che aveva a lungo studiato e visitato numerosi cohousing in Europa, ha successivamente diffuso questa idea innovativa negli Stati Uniti, formalizzandone alcuni tratti caratteristici, riassumibili come segue: a) vicinato elettivo: i futuri vicini di casa si scelgono vicendevolmente. Tuttavia, questo tratto non va interpretato rigidamente, nel senso cioè che il cohousing si realizza solo tra amici o parenti. Ciò che anima il vicinato elettivo è la condivisione di un determinato stile di vita che pone al centro il valore fondante dell apertura al dialogo e alla socialità, la cooperazione, il rispetto per l ambiente. Da non ultimo il risparmio, al quale si giunge attraverso la condivisione di spazi, beni e servizi (saving by sharing); b) progettazione partecipata: il processo di realizzazione del cohousing è seguito congiuntamente da tutti i futuri co-housers. Ciò implica la condivisione delle scelte relative al luogo in cui andare a risiedere, alla progettazione dell immobile, dunque alla 3

5 distribuzione degli spazi privati e di quelli comuni, scegliendo insieme quali ambienti prevedere. L architettura si pone dunque a servizio della socialità (Chiodelli, 2010); c) strutture e servizi comuni: il cohousing privilegia la destinazione degli spazi all uso comune a fronte del sacrificio di alcuni spazi privati. In genere gli appartamenti privati sono più piccoli a confronto con appartamenti standard dello stesso taglio, ma ciò avviene a fronte del vantaggio di poter usufruire di ampi spazi e servizi comuni quali: una biblioteca; una sala soggiorno-pranzo; una cucina; una lavanderia; una palestra; un ambulatorio; un appartamento per gli ospiti etc d) gestione diretta da parte dei co-housers: la gestione della struttura avviene ad opera dei residenti che, riunendosi periodicamente prendono le decisioni necessarie alla conduzione ordinaria e straordinaria del cohousing; e) assenza di gerarchie: all interno del cohousing non esistono leader, ma possono essere eletti democraticamente dei rappresentanti o dei responsabili di alcune attività; f) redditi individuali, separati: i co-housers dispongono di proprie risorse economiche per la conduzione del loro vivere quotidiano. Tuttavia, avviene sempre più spesso che i cohousing si aprano al territorio circostante, offrendo a basso prezzo spazi e servizi, con i cui proventi la comunità può decidere di investire nell acquisto di beni collettivi. Tuttavia, tali caratteristiche non sono necessariamente sempre e ovunque presenti negli oltre 1500 cohousing ad oggi realizzati nel mondo. Esistono innumerevoli modi in cui declinare il cohousing, in cui di volta in volta i co-housers scelgono su cosa puntare prioritariamente. È così possibile incontrare cohousing che si distinguono per le specifiche finalità che li animano, come nel caso di quelli a matrice ecologica o improntati all acquisto solidale; per il genere dei co-housers, come nel caso dei cohousing formati da sole donne; per la fascia di età dei membri che vi fanno parte, per cui si va da quelli per sole famiglie a quelli per soli giovani, per soli anziani (senior cohousing per over-55) o, meno frequentemente, a quelli misti in cui convivono anziani e giovani coppie con figli (cohousing intergenerazionali). Questa plasticità degli elementi caratterizzanti i cohousing, li rende, a parere di chi scrive, una soluzione abitativa particolarmente idonea a rispondere, da una parte, ad alcune criticità con cui i giovani-adulti di oggi si trovano a dover fare i conti; dall altra a incoraggiare la loro propensione alla socialità. La difficoltà a entrare stabilmente nel mercato del lavoro e con redditi sufficienti ad affrontare i costi di un affitto in alcune grandi città del tutto insostenibili per un giovane precario rende, infatti, sempre più difficile l uscita dei giovani dalla famiglia di origine e il loro avvio ad una vita autonoma e indipendente. 4

6 D altra parte i cohousing rappresentano il luogo privilegiato in cui sperimentare un modo di vivere improntato alla socialità, alla partecipazione e alla collaborazione. I cohousing, se inseriti in un più ampio disegno di politiche pubbliche, dirette a fornire alloggi a canone agevolato a giovani sotto i 35 anni, potrebbero risultare estremamente vantaggiosi sia per l ente locale che per i cittadini. Il primo, perché potrebbe sia recuperare, riqualificandoli, edifici degradati ormai in disuso, sia cedere ad uso gratuito, ma per finalità sociali, terreni demaniali che altrimenti resterebbero inutilizzati, restituendo così parte del patrimonio demaniale ad un uso civico all interno di una strategia di ripensamento del tessuto urbano di più ampio respiro. I secondi, perché potrebbe usufruire di una preziosa opportunità per avviare un progetto di vita indipendente. Tuttavia c è un terzo ordine di soggetti che potrebbe giocare un ruolo pivot in questo quadro: le imprese non-profit e le realtà imprenditoriali del mondo profit (grandi compagnie e fondazioni d impresa). Soggetti, sempre più spesso collegati a una o più business corporation operanti in settori economici diversi (banche, assicurazioni, farmaceutica, informatica e telecomunicazioni), e che oggi vanno sempre più sensibilizzandosi all adozione di strategie di welfare aziendale o di investimento sociale (vedi alcune importanti fondazioni d impresa come la Vodafone e la General Motors foundations). La partnership sociale, dunque, pubblico-privato non profit o pubblicoprivato-privato diverrebbe asset strategico per l implementazione di soluzioni innovative nelle politiche abitative. 2. Cohousing e politiche pubbliche in Europa e oltreoceano Nel tempo il cohousing si è sviluppato in modo diverso nei contesti socio-culturali e politici in cui si è realizzato. È possibile individuare tre fasi di sviluppo del cohousing in Europa e nel mondo. La prima, che va dagli anni Settanta agli anni Ottanta, è caratterizzata da un rapido sviluppo nel Nord Europa, dalla Danimarca alla Svezia e l Olanda; la seconda, che ha le sue origini negli anni Novanta, è segnata dal rapido sviluppo che il cohousing ha avuto nel mondo anglosassone, a partire dagli Stati Uniti, per poi proseguire in Australia, Nuova Zelanda e in Inghilterra; la terza, che risale ad epoche più recenti, interessa i Paesi dell Europa continentale (Francia e Germania) e mediterranea (Italia). In ognuno di questi Paesi i soggetti interessati alla realizzazione di queste soluzioni abitative hanno trovato modalità diverse di coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni e degli enti locali, ma anche di sponsor privati disposti a investire nel sociale. In questo paragrafo si cercherà di evidenziare come il cohousing sia penetrato nelle politiche pubbliche dei paesi in cui si sta diffondendo più rapidamente. 5

7 In Danimarca, ad esempio, dove ha visto i suoi natali, e negli Stati Uniti, dove è stato importato da Durrett, questa soluzione abitativa comunitaria ha mantenuto nel tempo la sua dimensione prevalentemente privatistica. Nella maggior parte dei casi, infatti, i cohousing sono promossi da gruppi di individui che si scelgono elettivamente e che avviano un processo di progettazione comune. Naturalmente, in forme giuridiche idonee a favorire il processo di co-progettazione e realizzazione (associazioni e cooperative di cohousers, gruppi di autocostruzione etc..). Tuttavia, anche in questi Paesi capita sempre più spesso che lo Stato intervenga, sostenendo i progetti di alcune fasce deboli della popolazione, per favorire l accesso a questa soluzione abitativa anche da parte di chi non dispone di mezzi sufficienti (C. Durante, 2011). Non solo. In molti casi il soggetto promotore del cohousing stipula accordi con gli enti locali per la gestione di spazi e servizi pubblici. In genere l ente pubblico fornisce gratuitamente, o a costi contenuti, il terreno su cui edificare la struttura abitativa a condizione però che al suo interno vengano previsti e realizzati spazi e servizi da destinare anche alla popolazione del territorio esterna alla comunità dei co-housers. Questa soluzione aiuta a evitare che i cohousing si trasformino in gated communities (E. J. Blakely et al., 1997) o fortified enclaves (Caldeira, 1999), comunità contrattuali caratterizzate dall esclusività dell insediamento abitativo che determina chi ammettere all accesso o meno dell area, che viene rigidamente controllata e protetta al fine di assicurare ampi margini di sicurezza ai residenti; dalla definizione di un codice etico da rispettare. I cohousing sono invece delle comunità aperte al territorio, anzi possono essere propriamente considerate un volano generatore di capitale sociale, perché costruiscono relazioni sociali all interno di reti di rapporti più ampi. L apertura del cohousing al territorio circostante, specie quando la sua realizzazione avviene nel tessuto urbano della città, può favorire processi di coesione sociale, stimolando la partecipazione attiva dei cittadini alla vita del territorio. In Svezia e Olanda il cohousing ha avuto tutt altro sviluppo nel rapporto con gli enti pubblici, che si sono fatti soggetto promotore di questa soluzione abitativa, divenuta parte integrante di piani di azione locale nell ambito dell edilizia pubblica (C. Durante, 2011). In Svezia l edilizia sociale pubblica ha sempre avuto ampia diffusione tanto che il patrimonio residenziale in affitto è prevalentemente di proprietà degli enti pubblici locali. In questo Paese soluzioni abitative comunitarie erano presenti fin dai primissimi anni Trenta, ma è possibile datare al 1905 la prima Hemgården Central Kitchen, ovvero un edificio con 60 appartamenti, i cui residenti potevano usufruire di una cucina comune e di un montavivande che portava in ciascun appartamento i pasti richiesti tramite una rete telefonica interna (D. U. Vestbro, 2008). Tuttavia, dopo le pionieristiche esperienze di cohousing dei primi anni Trenta, nel ventennio successivo tali soluzioni abitative non hanno trovato né il sostegno pubblico del governo social democratico, né 6

8 delle numerose organizzazioni cooperative per l edilizia. Fu, invece, un costruttore privato Olle Engkvist che, ispirandosi al cohousing di John Ericsongatan 6 (1935) 3, e facendo propria l idea del cohousing, ne realizzò ben sei nella sola Stoccolma nei venti anni successivi (Vestrbro D. U., 2008). Fino agli anni Cinquanta, dunque, il governo svedese, nonostante fosse fortemente impegnato sul fronte dell edilizia sociale, non è stato favorevole a soluzioni di cohousing, anche perché dominava la convinzione che i bambini dovessero essere cresciuti e accuditi dalle madri. L iniziativa è dunque rimasta essenzialmente privata. Si deve, invece, alle associazioni di donne e al movimento femminista se il cohousing è riuscito, fin dai primi anni Sessanta, a superare tale scetticismo. In quegli anni, infatti, è andata affermandosi la convinzione della necessità che le donne continuassero a lavorare anche quando avessero avuto dei figli. Ciò avrebbe consentito loro di partecipare più attivamente alla vita sociale e politica del Paese e di farsi protagoniste delle scelte di policy: in particolare quelle sull housing. Portare avanti la causa del cohousing, come parte integrante delle politiche sociali, avrebbe offerto un opportunità in più di aiuto alle donne lavoratrici per far fronte ai molteplici problemi della vita quotidiana (cura dei figli, della casa etc..). In base ad un censimento condotto nel 2006 dall associazione nazionale Kollektivhus NU in Svezia esistono 52 cohousing, in gran parte di proprietà delle amministrazioni locali che hanno creduto nell importanza di orientare le risorse pubbliche verso questa forma di investimento sociale. Le unità di cohousing (cui corrispondono complessivamente 2000 appartamenti) rappresentano lo 0,05% dell ammontare totale di abitazioni disponibili; un valore solo apparentemente esiguo. Nella sola comunità di Stoplyckan vivono oltre 400 persone in un cohousing in cui i residenti versano un canone ad affitto agevolato al comune. La peculiarità di questo cohousing sta nel fatto che durante il giorno alcuni spazi comuni della struttura, come la palestra e la mensa, sono utilizzati da enti pubblici per lo svolgimento di attività a favore di persone anziane o disabili, mentre di sera sono ad uso esclusivo dei cohousers. Stoplickan rappresenta un eccellente esempio di social cohousing, di una soluzione abitativa parte integrante delle politiche di housing sociale. In Olanda il cohousing si è affermato, fin dai primi anni Settanta, ad opera prevalentemente del movimento degli squatters che reclamavano risposte adeguate al loro diritto di abitare e a quello giovanile degli anni Sessanta in cui si proponevano nuovi modelli sociali incentrati sulla persona e i diritti umani (M. Lietaert, 2011). Anche in questo caso, come in quello svedese, l apertura del governo olandese nei confronti del cohousing ha seguito un processo bottom up; un 3 Si tratta di un cohousing composto di 54 piccoli appartamenti con montavivande dal ristorante ai piani; un piccolo negozio e il primo asilo nido basato sui principi pedagogici di Alva Myrdal. Inoltre il montavivande fungeva anche da scivolo per la biancheria da lavare, che giungeva così direttamente dall appartamento alla lavanderia. Questa soluzione abitativa si riproponeva di sollevare le donne da tutte le preoccupazioni derivanti dalla gestione della casa: preparazione pasti, lavaggio biancheria etc Questo cohousing andò avanti per 30 anni ma poi fu chiuso, perché eccessivamente oneroso. 7

9 processo che ha portato a un adattamento delle politiche pubbliche alle esigenze espresse dal basso (C. Durante, 2011). L incorporamento dell idea di cohousing nelle politiche di housing sociale ha portato all individuazione di soluzioni innovative sia nella costruzione sia nella gestione di queste strutture, nonché alla definizione di molteplici forme di cooperazione tra soggetti pubblici, comunità locali e territorio. In alcuni Paesi dell Europa continentale e mediterranea il cohousing ha iniziato a farsi strada solo di recente. Tuttavia, nelle sue diverse declinazioni, presenta peculiarità di estremo interesse ai fini della tesi che si intende sostenere in questo paper. In Francia, ad esempio, i cohousing stanno diventando un nuovo modello abitativo specificamente diretto a giovani famiglie con o senza figli, proprio per i vantaggi economici che possono derivare da una soluzione abitativa a canone agevolato, ma anche per la possibilità di usufruire di servizi che favoriscono la conciliazione lavoro-famiglia per donne e uomini. Anche in Italia si sta diffondendo la conoscenza di questa soluzione abitativa tanto che sono sorte diverse associazioni che promuovono e sostengono la creazione di gruppi di futuri cohousers. In Italia possono individuarsi due modelli attuativi prevalenti: il primo, sulla falsariga di quello americano, si realizza attraverso équipe di esperti che offrono servizi di consulenza, assistenza e accompagnamento ai futuri cohousers in tutte le fasi di sviluppo del progetto; il secondo, più vicino all esperienza danese, lascia completamente al privato la responsabilità di seguire l intero percorso di realizzazione del cohousing, comprendendo in alcuni casi l autocostruzione della struttura. Quest ultimo modello è comunque di più difficile realizzazione e richiede tempi più lunghi di attesa per l ultimazione dell opera. Tuttavia, si stanno diffondendo sempre più esperienze in cui pubblico e privato interagiscono e cooperano per la realizzazione di questi progetti, sostenendosi reciprocamente. Come sarà illustrato nel prossimo paragrafo si contano ormai alcune interessanti buone prassi di partnership publico-privato in cui il cohousing trova attuazione a livello delle politiche per edilizia sociale. Enti locali e associazioni di cittadini, nonché imprese non profit o cooperative per l edilizia, concordano forme di cooperazione per la realizzazione di cohousing secondo formule che vanno dal sostegno all autocostruzione alla riqualificazione e riconversione di edifici degradati, alla cessione di terreni, sempreché le costruzioni rispettino la finalità sociale di realizzare alloggi a canone agevolato per fasce di popolazione specifiche (giovani, anziani etc..). 3. Nuove geometrie nella partnership pubblico-privato. Un esempio di buone prassi: il cohousing per giovani di Via del Porto 15 a Bologna. In tale scenario s impone la necessità di una riflessione su come innovare le politiche di edilizia sociale, iniziando a considerare questo settore come un ambito strategico di investimento sociale. Il 8

10 concetto di investimento sociale richiede un chiarimento, per sgomberare il campo dal dubbio che possa celare intenti speculativi. Occorre, infatti, diffondere l idea che l edilizia sociale, e in particolare il cohousing, possa rappresentare un buon investimento sociale per il pubblico e per il privato con importanti ricadute sulla collettività, per una serie di ragioni che esulano dal profitto inteso quale surplus destinato esclusivamente all accumulazione di capitale, e riguardano invece la possibilità di potenziare la capacità di risposta delle istituzioni locali alle domande dei cittadini. È dunque essenziale fare chiarezza sui seguenti punti: a) l individuazione degli interessi specifici di ciascun soggetto, pubblico e privato, nella scelta di investire nel social cohousing; b) l introduzione di geometrie flessibili di partnership sociali tra gli attori, istituzionali e non, coinvolti nell investimento di social cohousing. Per i soggetti pubblici (Comuni, Regioni, Asl etc..) investire in social cohousing presenta dei vantaggi perché, nonostante la costante riduzione delle risorse economico-finanziarie disponibili, consente loro di realizzare opere importanti in risposta ai bisogni specifici di ampie fasce di popolazione a partire dalla valorizzazione di ciò che l ente possiede. È il caso in cui l ente locale (il Comune e non solo) decide di mettere a disposizione vecchi edifici in disuso o degradati, ovvero di cedere terreni inutilizzati a soggetti terzi disposti a realizzare opere di rilevanza sociale. Una scelta che consente al pubblico di ricevere un ritorno economico dalla realizzazione di tali opere, da utilizzare per la manutenzione o per investire in innovazione. Senza contare che la realizzazione di tali opere consente di fornire risposte con un impatto sociale che supera la mera risposta ad uno specifico bisogno/diritto (la casa), in quanto favoriscono la promozione di fasce di popolazione con un enorme potenziale inespresso (i giovani, ad esempio). Inoltre, il cohousing favorisce la coesione sociale e contribuisce a costruire un sistema di relazioni che si inseriscono nel territorio, potenziandone il capitale sociale che diventa ricchezza di e per tutta la collettività. Una comunità coesa è anche più motivata all esercizio di una cittadinanza attiva, divenendo protagonista di una democrazia partecipativa. Per i soggetti privati occorre fare un discorso diverso a seconda che si tratti di imprese non profit, profit o fondazioni d impresa. La difficoltà che attualmente incontrano le imprese non profit a reperire fondi per la realizzazione dei loro progetti ha portato allo studio di nuovi possibili canali di finanziamento, individuati opportunamente nelle imprese profit e nelle fondazioni di impresa (M. Grumo, 2010). Il discorso si potrebbe estendere anche ad altri soggetti giuridici come le cooperative sociali o il mondo associativo, in cui sempre più spesso si organizzano i possibili cohousers, anch essi in affanno nella ricerca delle risorse economiche necessarie alla realizzazione del loro progetto di housing. 9

11 È facilmente riscontrabile in letteratura (L. Tayart de Borms 2000; 2005; I. Lenzi, C. Raffaelli e S. Ratti 2005) l espansione e la crescita della realtà delle fondazioni d impresa grant-making e delle imprese profit quali soggetti finanziatori di progetti di rilevanza sociale promossi da imprese non profit. Ulteriori analisi confermano la centralità sia dei giving model (sistemi di controllo) sia degli strumenti di valutazione adottati dalle fondazioni nell efficacia e la durata del loro rapporto con le imprese non profit (M. Grumo, 2010). E questo sembra valere anche con riferimento a soggetti finanziatori pubblici e privati. Ma ciò che più conta è che tra le linee di tendenza internazionali, e in parte nazionali, sono stati riscontrati numerosi casi di partnership in cui al grant making della fondazione d impresa si aggiunge un suo (o anche dell impresa fondatrice) investimento diretto in strutture immobiliari, quando economicamente convenienti e socialmente meritevoli ovvero donazioni d immobili da parte dell impresa fondatrice ovvero l adozione da parte di gruppi stabili di donatori di progetti di interesse sociale. Occorre, infatti, superare lo stereotipo per cui i progetti sociali non interessano al mondo profit. Al contrario, un buon progetto, se ben comunicato e costruito può suscitare ampio interesse in una compagnia di rilievo. A tal fine è essenziale introdurre un altro fattore discriminante: l innovazione. Le partnership durevoli sono quelle che si fondano su idee innovative che richiedono un coinvolgimento continuativo del soggetto finanziatore che però deve ricevere dei benefici da tale investimento (M. Grumo, 2010). Nel tentativo di costruire un modello di partnership tra pubblico, privato (profit e non profit) è necessario dunque tener presenti i benefici derivanti dalla realizzazione di una proposta di social cohousing. La collaborazione col pubblico e il non profit porta, infatti, all impresa profit vantaggi in termini di visibilità e reputazione, di apertura di nuovi mercati, di individuazione di nuovi prodotti, nonché di significativi vantaggi fiscali. Nella realtà italiana e internazionale è possibile rintracciare tali forme di partnership negli investimenti immobiliari a valenza sociale: il che significa che le imprese effettuano, con capitale proprio, investimenti immobiliari o in infrastrutture vantaggiose dal punto di vista economico e a forte impatto e rilevanza sociale. Talora l impresa può preferire mettere a disposizione propri locali o strutture per la promozione di progetti sociali. Non solo. L esperienza potrebbe anche inscriversi nell ambito delle politiche di welfare aziendale d impresa: infatti, esistono già numerose esperienze di partnership tra privato e pubblico nella creazione di asili aziendali aperti per accogliere in via privilegiata, ma non necessariamente esclusiva, i figli dei dipendenti dell azienda. Ne è un esempio il nido aziendale Nanna Bella della Selex Sistemi Integrati, azienda leader nell elettronica della difesa che conta circa 1700 dipendenti nella sola area romana, operativo dall ottobre del 2006, aperto non solo ai dipendenti dell azienda ma per un 20% anche ai bambini provenienti dalle liste del V Municipio. Perché allora non pensare ad un offerta di 10

12 soluzioni abitative che rafforzino la capacità di fornire servizi di conciliazione lavoro-famiglia, oltre ad accrescere il valore reale del reddito familiare? La partnership potrebbe configurarsi in linea teorica come nel diagramma 1. Il soggetto pubblico partecipa alla partnership a costo zero, poiché investe essenzialmente attraverso il recupero dell esistente degradato o in disuso ovvero cedendo gratuitamente aree su cui non sarebbe in grado di realizzare nessuna opera. Il privato non profit è il motore dell innovazione: fucina di idee, potrebbe farsi soggetto promotore di progetti di cohousing per giovani, individuando previamente spazi e/o aree del Comune da recuperare al tessuto urbano, prevedendo servizi flessibili a sostegno del work-life balance. Diagramma 1 Modello di partnership pubblico-privato a geometrie variabili PUBBLICO Cessione gratuita terreno Riqualificazione edifici degradati PRIVATO NON PROFIT Professionalità Idee innovative Progetto Riconversione edifici in disuso Finanziamento Disponibilità spazi e strutture Investimento immobiliare PRIVATO PROFIT (Fondazioni d impresa grant making o imprese fondatrici) Il privato profit costituisce il soggetto finanziatore che può manifestare interesse in investimenti di rilevanza sociale, che potrebbero al contempo giovare anche ai dipendenti stessi dell impresa fondatrice e alle loro famiglie. Ma perché il privato dovrebbe scegliere di investire in social cohousing? Perché potrebbero derivarne vantaggi diretti per i dipendenti, sostenendone la motivazione e la fidelizzazione all azienda; perché rafforzerebbe la sua immagine nella comunità, dal momento che il cohousing si aprirebbe alla popolazione del territorio, offrendo servizi utili alle giovani coppie; potenzierebbe la credibilità del suo marchio e l immagine presso la clientela; otterrebbe un ritorno economico dall investimento fatto. 11

13 Il modello potrebbe apparire ambizioso ed astratto, ma non è così, se si guarda all esperienza di riqualificazione avviata a Via del Porto 15 a Bologna in buona parte inquadrabile nel quadro teorico sopra descritto. Il progetto prevede il recupero di un immobile di 4 piani, in stato di grave degrado, di proprietà dell ASP IRIDeS, allo scopo di farne un cohousing per giovani fino ai 35 anni di età. L edificio si colloca in un area che è considerata interna alla città storica, dove si trovano numerosi centri di attrazione per giovani, tra cui il polo culturale e il Palazzo dello Sport. La struttura consentirà di ottenere circa 40 posti letto in un numero di unità abitative di vario taglio. Ogni piano disporrà di spazi abitativi comuni che andranno dalla sala soggiorno-pranzo con cucina, lavanderie con area stiro, spazi per il tempo libero e l ospitalità, un deposito per le biciclette. Non solo. L edificio sarà dotato di sistemi per il risparmio energetico. Il progetto è stato cofinanziato dal Dipartimento della Gioventù della Presidenza del Consiglio dei Ministri e si propone di agevolare l accesso alla casa da parte dei giovani attraverso la sperimentazione di forme di abitare innovative. Il finanziamento ottenuto è stato di ,00 euro a cui si aggiunge la partecipazione economica ed operativa del Comune e dei due partner di progetto: il sindacato inquilini SUNIA e l ASP IRIDes. Per mostrare in tutte le sue potenzialità il modello sopra proposto, nel paragrafo 5 si cercherà di argomentare da un punto di vista operativo la fattibilità di tre possibili direttrici attuative che potrebbero derivare da tale schema teorico. 4. Il punto di vista dei giovani Prima di procedere alla presentazione delle direttrici operative per l implementazione del modello teorico di partnership sociale sopra descritto, per la realizzazione di un social cohousing per giovani under-35, ci si è chiesti quale fosse, nel nostro Paese, l opinione dei possibili beneficiari nei confronti di questa soluzione abitativa. E soprattutto se fossero a conoscenza della sua esistenza! A tal fine si è ricorsi ai dati raccolti nel corso di un sondaggio di opinione, condotto nel 2011 dal Dipartimento di Scienze Statistiche dell Università La Sapienza di Roma 4 su un campione di 200 giovani-adulti di età compresa tra i 25 e i 44 anni residenti in Italia, nell ambito di una ricerca di respiro più ampio diretta allo studio del senior cohousing. Nonostante la ricerca avesse come obiettivo prioritario il senior cohousing, si è voluta sondare anche l opinione dei più giovani nei confronti di questa soluzione abitativa. 4 Il sondaggio si inserisce nell ambito delle attività di una ricerca più ampia, finanziata dalla Federazione Nazionale Pensionati della Cisl. In realtà sono stati condotti due sondaggi di opinione, per confrontare l atteggiamento di un campione di intervistati di età compresa tra i 60 e i 70 anni e quello di un campione di giovani-adulti di età

14 Nonostante tutte le cautele dovute al fatto che si tratta di un mero sondaggio di opinione, condotto su un campione esiguo di intervistati, i dati sembrerebbero confermare il positivo atteggiamento di questa fascia di popolazione nei confronti del cohousing. In verità, alla domanda di apertura, nella quale si chiedeva agli intervistati se fossero a conoscenza dell esistenza di questa soluzione abitativa, solo un esiguo 8% dichiarava di averne sentito parlare o di aver letto qualcosa sui giornali. Tuttavia, dopo aver spiegato in cosa consistesse il cohousing, ben il 48% del campione mostrava interesse verso questa proposta abitativa. A questi si potrebbe aggiungere un 11% di indecisi. Ci si è, dunque, chiesti quali caratteristiche avesse quel 48% di giovani-adulti interessati e disposti a vivere in cohousing. Come si rileva in tabella 1, tra i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni la percentuale di intervistati disposti ad affrontare l esperienza di cohousing è circa 10 punti percentuali più alta che tra gli adulti (52,8% contro il 43,2%). Non solo. Tab. 1 Lei cosa ne pensa? Sarebbe disposto a vivere in questo modo? per classi di età classi di età Totale Si val. ass val.% 52,8% 43,2% 47,5% No val. ass val.% 36,0% 45,9% 41,5% Non so val. ass val.% 11,2% 10,8% 11,0% Totale val. ass val.% 100,0% 100,0% 100,0% Sono i celibi e le nubili a mostrare maggior interesse verso tale soluzione rispetto a chi vive in coppia con o senza figli, anche se la differenza è meno marcata (6 p.p.). Il livello di istruzione sembra giocare un ruolo piuttosto importante. A livelli di istruzione più alti corrisponde un atteggiamento più favorevole nei confronti dell esperienza di cohousing (si passa dal 33,3% nei livelli bassi al 58,1 in quelli più alti). Passando poi alla condizione occupazionale e lavorativa degli intervistati emerge come tra i disoccupati l interesse verso questo tipo di proposta sia più alto rispetto a quello mostrato dagli occupati o dagli inattivi, nonostante le differenze non siano ragguardevoli (circa 7 p.p.). Tuttavia è interessante osservare che tra gli occupati, a differenza di quanto ipotizzato, il cohousing sembrerebbe rappresentare una soluzione appetibile anche per coloro che hanno contratti di lavoro standard e non solo per gli atipici, come ci si sarebbe potuti attendere. Naturalmente, il dato richiederebbe ulteriori verifiche ed approfondimenti, ma se fosse confermato, potrebbe significare 13

15 che il cohousing può costituire una risposta trasversale alle esigenze di un target di popolazione ancora più ampio. Tab. 2 Lei cosa ne pensa? Sarebbe disposto a vivere in questo modo? per livello di istruzione Livello di istruzione basso medio alto Totale Si val. ass val. % 33,3% 43,4% 58,1% 47,5% No val. ass val. % 51,9% 45,5% 32,4% 41,5% Non so val. ass val. % 14,8% 11,1% 9,5% 11,0% Totale val. ass val. % 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% Coerentemente, invece, all ipotesi di partenza, si conferma il dato relativo ai giovani che vivono ancora in famiglia. Tra costoro, infatti, la percentuali di quelli che vedrebbero nel cohousing una soluzione idonea per avviare una vita autonoma e indipendente sono il 57% contro il 42% di chi vive da solo o in coppia. Un altro dato che vale la pena evidenziare è che, dopo aver somministrato una serie di altre domande relative alle attività e alle diverse forme di collaborazione e di condivisione della vita in cohousing, alla domanda se gli intervistati avrebbero preso in seria considerazione l idea di presentare domanda al Comune per abitare in un cohousing nel caso fosse stato emesso un bando apposito, ben il 70,5% ha risposto affermativamente (tab. 3). Tab. 3 Se una soluzione di questo tipo fosse disponibile in tempi brevi nella sua città, pensa che la prenderebbe in considerazione? per classi di età Classi di età Totale Si val. ass val. % 78,7% 62,5% 70,5% No, mai val. ass val. % 6,4% 18,8% 12,6% Non so val. ass val. % 14,9% 18,8% 16,8% val. ass val. % 100,0% 100,0% 100,0% 14

16 L intervista ha quindi fornito indirettamente una serie di elementi di conoscenza che hanno consentito agli indecisi, ma anche a una parte dei contrari, di modificare la propria opinione. Siamo, dunque, andati a vedere che caratteristiche avesse questo nuovo collettivo di rispondenti. I dati confermano quanto sopra già descritto, aggiungendo, qualche elemento di novità. Innanzitutto, il cohousing si conferma una soluzione appetibile per i giovani under 35 (tab. 3); in particolare per coloro che vivono ancora in famiglia, ma anche i single e le coppie mostrano uno spiccato interesse verso questa forma di abitare. L istruzione si conferma come il fattore chiave nella disponibilità a scegliere una vita di condivisione e collaborazione. Disoccupati e inattivi appaiono particolarmente propensi ad una scelta comunitaria; tra gli occupati, i lavoratori standard confermano il loro interesse. 5. La proposta di un modello di partnership pubblico-privato per la realizzazione di socialcohousing Dopo aver verificato che la soluzione che si intende proporre per la realizzazione di cohousing per giovani under-35 non poggia su considerazioni astratte e va incontro ad una potenziale esigenza di questa fascia di popolazione, si prosegue in questo paragrafo con la presentazione di un modello che individua i soggetti e gli strumenti che concorrono a realizzare edifici residenziali in cohousing a canone calmierato, con al loro interno servizi aperti alla comunità e al quartiere circostante. Un modello da realizzare con avvisi pubblici finalizzati alla realizzazione di edifici residenziali di cohousing, di nuova costruzione o da ristrutturare, rivolti a giovani in precarie condizioni economiche e di lavoro. Giovani lavoratori che desiderano avviare una vita autonoma e indipendente dalla famiglia d origine, ma che non dispongono dei mezzi necessari per compiere questo passo. La descrizione operativa del modello è articolata in modo tale da poter costituire un punto di partenza per l elaborazione di un bando da parte delle pubbliche amministrazioni. Per questa ragione è sviluppata in paragrafi descrittivi dei singoli aspetti chiave che sono alla base di una partnership pubblico-privata finalizzata alla realizzazione di alloggi per giovani lavoratori. A sostegno della fattibilità del modello proposto sono riportati, nel corso del testo, le norme di riferimento e i bandi assimilabili, già pubblicati da amministrazioni comunali e regionali, presi ad esempio per l individuazione delle informazioni e dei criteri da inserire nelle linee guida del nostro modello. Il bando è istruito e redatto dagli uffici dell amministrazione comunale per sollecitare o recepire proposte di intervento da parte di soggetti pubblici e/o privati, tese al conseguimento di obiettivi di interesse generale articolati secondo i seguenti assi strategici: 15

17 - supporto alla stabilizzazione abitativa dei giovani lavoratori, anche dipendenti dei soggetti coinvolti; - implementazione del sistema di welfare aziendale mediante la disposizione di fringe benefit ; - riqualificazione di aree degradate e/o recupero di fabbricati dismessi non più utilizzabili per l attività produttiva, da destinare al mercato degli affitti a canone concordato (in conformità con la Legge 431/98), con conseguente modifica della destinazione d uso in Residenziale. Le opere saranno finanziate da partner privati disposti ad investire in ambito sociale ed interessati al potenziamento della propria offerta di welfare aziendale. I lavoratori cui è rivolta l iniziativa dovranno appartenere a categorie specifiche, i cui requisiti saranno in parte generali (ad es. avere un contratto di lavoro precario ed un certo limite di reddito) ed in parte definiti in maniera puntuale in sede di accordo con la pubblica amministrazione. 5.1 Soggetti proponenti Il modello ipotizzato si rivolge a realtà imprenditoriali appartenenti sia alle amministrazioni pubbliche (ASL, Università, ecc..) che alla sfera privata (società, cooperative, aziende, fondazioni, imprese ecc..), interessate ad investire parte del proprio capitale sui loro dipendenti più giovani incardinati con contratti non standard. Migliorare le condizioni di vita dei dipendenti significa dare un incentivo alla loro produttività offrendo loro delle prospettive che spesso la realtà lavorativa non permette di mettere a fuoco a pieno. (A. Murgia, 2007; AA.VV. Multiplicity.lab, 2007). La finalità dell iniziativa non è speculativa ma diretta alla realizzazione di un investimento che, a fronte di un moderato rendimento, costituisca un opportunità per i giovani di vedere soddisfatta la loro esigenza di stabilità abitativa. Per i proponenti si tratta, comunque, di un operazione con una prospettiva di profitto sia in termini prettamente economici che di produttività dei propri dipendenti. Spesso, infatti, i lavoratori ricevono oltre allo stipendio dei benefit e, in alcuni casi, tra questi è previsto l alloggio. Il vantaggio del proponente potrebbe consistere nell offrire ai propri dipendenti una parte degli alloggi realizzati, potenziando così il pacchetto dei fringe benefit. Il tutto ad un costo più basso di quello che si avrebbe rivolgendosi ad una struttura esterna e con un risultato qualitativamente più elevato (G. Dan, 2010). Aziende e compagnie di grandi dimensioni sono i proponenti che più facilmente si immagina possano essere interessati ad un iniziativa di questo genere, ma ciò non preclude in alcun modo la partecipazione di realtà più piccole quali cooperative di abitanti, piccole e medie imprese consociate tra loro o enti pubblici come ministeri e università. 16

18 Nell eventualità che più soggetti intendano presentare una proposta unitaria, potranno dichiarare un impegno a costituirsi in consorzio in caso di accoglimento della proposta. Tra i requisiti fondamentali ed imprescindibili alla buona riuscita dell iniziativa vi è la collaborazione tra proponente ed amministrazioni locali per l individuazione della collocazione più idonea ad un intervento simile e per la corretta stipula degli accordi di programma e della convenzione necessari per la realizzazione e la gestione della struttura nel tempo. Le proposte avanzate, che saranno oggetto di concertazione qualora l Amministrazione intenda migliorarne la qualità complessiva, sempre nei limiti dell equilibrio economico del progetto, se confermate nei contenuti esposti in prima istanza, devono considerarsi vincolanti per i soggetti proponenti, a pena di esclusione dalla graduatoria. 5.2 Soggetti beneficiari Il modello si rivolge a giovani con non più di 35 anni, che vivono ancora nella famiglia di origine, da soli o in coppia, con o senza figli. Sono queste le tipologie di utenza più deboli e che necessitano di uno stimolo a crescere con la serenità di aver almeno un punto di riferimento certo: la casa. I richiedenti dovranno essere lavoratori con contratto atipico 5. Tuttavia, oltre al criterio della instabilità lavorativa occorrerà prendere in considerazione la capacità degli utenti di inserirsi sul mercato immobiliare degli affitti e degli acquisti. A garanzia dei giovani con maggiori difficoltà economiche, sarà cura delle Regioni stabilire, sulla base delle statistiche territoriali, delle soglie di reddito che definiscano il posizionamento dei richiedenti nelle graduatorie e l eventuale esclusione dalla partecipazione al bando. Tra le ragioni di esclusione dalla graduatoria vi sono la proprietà di un immobile residenziale nel raggio di 30 km dal Comune in cui ha sede il proprio posto di lavoro e la proprietà di più di un alloggio sul territorio nazionale. Sono ammessi a fare domanda tutti i giovani lavoratori atipici con le caratteristiche indicate nel bando, inclusi i dipendenti dell azienda o dell ente partner dell iniziativa, che hanno diritto 5 Appartengono a questa categoria tutti i lavori dipendenti senza stabilità del rapporto di lavoro con diritti previdenziali interi (come ad esempio il lavoro interinale full-time e part-time con corresponsione o meno di indennità nei periodi di inattività, i contratti di solidarietà esterna, i contratti di formazioni full-time e part-time, il contratto a tempo determinato full-time e part-time); i lavori dipendenti con diritti previdenziali ridotti (come ad esempio gli stages full-time e parttime, i contratti di apprendistato e di inserimento full-time e part-time, i lavori socialmente utili, i lavori di pubblica utilità) ed i lavori autonomi eterodiretti e parasubordinati (come i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e occasionale) (ISTAT, 2002). 17

19 prioritario su un numero definito di alloggi, in funzione degli accordi intercorsi tra le aziende e le amministrazioni locali. I dipendenti delle aziende partner godono, inoltre, di alcune agevolazioni sui criteri di accesso alla graduatoria, tra cui l estensione del limite di età anagrafica (fino a 44 anni) e di quello di reddito, in misura definita concordemente con le indicazioni disposte dalla Regione e dai soggetti coinvolti. Resta fermo, invece, il requisito imprescindibile di precarietà lavorativa del richiedente. Ottenuto il diritto all accesso alle residenze, il richiedente resta in possesso del titolo per tutta la durata della convenzione alla base dell iniziativa. L eventuale mutamento delle condizioni contrattuali, del tipo di contratto, o del datore di lavoro non hanno alcun effetto sul diritto alla permanenza nell alloggio, alle condizioni inizialmente pattuite. Qualora l affittuario si dimostrasse inadempiente, il contratto si riterrà automaticamente estinto al termine del terzo mese continuativo di mancato pagamento della locazione. Decorso tale periodo l appartamento verrà nuovamente messo a diposizione dei richiedenti, secondo la graduatoria inizialmente predisposta, previa verifica del rispetto dei requisiti stabiliti dal bando. L iniziativa costituisce un incentivo sia alla conquista di una vita autonoma e indipendente da parte di giovani che vivono ancora nella famiglia di origine, sia alla stabilizzazione delle giovani coppie che non hanno potuto avere accesso al mercato immobiliare a causa delle precarie condizioni economiche e di lavoro di uno od entrambi i membri del nucleo familiare. Si cerca di sopperire ad una delle principali conseguenze della mancata stabilità lavorativa, ovvero la difficoltà a ottenere un mutuo per l acquisto della prima casa (D. Catania, C. M. Vaccaro, G. Zucca, 2004). Coloro che risultano vincitori del bando, ed acquisiscono il diritto di abitare in uno di questi immobili, possono scegliere se abitarvi in affitto per un determinato periodo di tempo o rimanervi fino al termine della convenzione, in modo da acquisire il diritto di prelazione, per acquistarlo e diventare proprietari della propria abitazione. 5.3 Rilevanza delle proposte Le proposte devono essere dotate di rilevanza sociale e imprenditoriale tali da giustificare il coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche. Il progetto deve avere una ricaduta sull intero sistema insediativo territoriale con il coinvolgimento degli abitanti del quartiere, del maggior numero di impiegati dell azienda partner e dei giovani lavoratori delle aziende limitrofe. Tale rilevanza può essere conseguita anche mediante il coordinamento e l integrazione di più interventi, attuati da diversi soggetti, ma riuniti all interno di una proposta unitaria. I servizi comuni presenti all interno del cohousing potranno dunque essere aperti anche ai residenti non dipendenti, in fasce orarie definite e a tariffe agevolate. 18

20 5.4 Articolazione degli obiettivi a. Supporto alla stabilizzazione abitativa dei giovani lavoratori, anche dipendenti dei soggetti finanziatori. Le proposte devono essere finalizzate a favorire la condizione alloggiativa dei giovani lavoratori con particolare attenzione al contenimento dei costi di gestione degli alloggi, al comfort abitativo ed alla incentivazione dei rapporti sociali tra i residenti. Gli alloggi realizzati saranno destinati all affitto a canone agevolato per un periodo di tempo da concordare in sede di convenzione, ma non inferiore ai 20 anni. Al termine di questo periodo i contratti di affitto si intenderanno risolti e gli immobili torneranno di proprietà del partner privato e dell amministrazione secondo le percentuali inizialmente pattuite. I proprietari potranno decidere liberamente come immettere nuovamente gli immobili sul mercato, se in affitto o in vendita. Resta inteso il diritto di prelazione del precedente inquilino sull affitto e sulla vendita del singolo immobile in condizione di pari offerta economica. b. Implementazione del sistema di welfare aziendale mediante la disposizione di fringe benefit. Parte dell offerta alloggiativa è destinata a dipendenti dei soggetti proponenti. In quest ottica l iniziativa assume i connotati propri dell offerta di welfare aziendale ed è a discrezione dei proponenti studiare soluzioni migliorative la qualità della vita dei lavoratori da integrare all alloggio. Locali con destinazione d uso collettiva, veicoli aziendali (automobili, motocicli, biciclette) a disposizione dei residenti sul modello del car-sharing, sono alcuni esempi di soluzioni migliorative. c. Riqualificazione di aree degradate e/o il recupero di fabbricati dismessi non più utilizzabili per l attività produttiva, da destinare al mercato degli affitti a canone concordato. Le proposte devono riguardare la riqualificazione di aree inedificate, in stato di abbandono ed inutilizzabili a fini agricoli o il risanamento ed il recupero di fabbricati dismessi. Di quest ultima categoria fanno parte anche opifici, magazzini e gli ex edifici industriali, anche in condizioni di dissesto statico o con elevato livello di fatiscenza. Sono escluse dalla trasformazione serre, tettoie e volumetrie realizzate in assenza di titolo abilitativo. Verranno valutati positivamente tutti i casi in cui la valenza sociale e la qualità architettonica dell iniziativa costituiscono un occasione di rilancio delle aree oggetto di intervento. 5.5 Istruttoria delle proposte e formazione della graduatoria 19

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