Mezzogiorno : Documento della Commissione Mezzogiorno di Confindustria

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1 Mezzogiorno : Documento della Commissione Mezzogiorno di Confindustria Maggio

2 Mezzogiorno Executive Summary Per affrontare la malattia della bassa crescita, che interessa tutto il Paese, è opportuno disegnare una rinnovata politica di sviluppo per il Sud, cogliendo lo spunto dal percorso di definizione della programmazione Il successo di tale politica, che guarda al Sud ma va a beneficio dell interno Paese, dipende dalla sinergia di azione pubblica e protagonismo degli attori privati. Per quanto riguarda le prime, è necessario ripristinare un corretto rapporto tra spesa ordinaria e aggiuntiva, che deve aggiungersi e riqualificare la spesa ordinaria, non sostituirsi ad essa: per questo, vanno proseguiti gli sforzi per l incremento delle spese per investimenti, anche al fine di riequilibrare il livello di spesa pubblica rispetto al Centro Nord. E necessario definire una strategia unitaria per tutto il Mezzogiorno, capace di fissare obiettivi di miglioramento delle politiche ordinarie, che possa contare su una forte fonte finanziaria aggiuntiva nazionale, che sfrutti il sistema di regole dei fondi strutturali per promuovere la riqualificazione della spesa e rafforzare l intervento sui punti di maggiore rilevanza strategica, che risolva in maniera strutturale la questione del Patto di Stabilità interno. Tale strategia unitaria dovrà avere obiettivi unificanti sovra regionali, validi per tutto il Mezzogiorno, con una sede permanente di indirizzo strategico con il coinvolgimento di Governo, Regioni e partenariato economico e sociale. Andranno affrontate le principali criticità dei precedenti cicli di programmazione (frammentazione, tempi, qualità progettuale, semplicità attuativa, efficienza dell amministrazione) attraverso idonei obiettivi programmatici ed innovazioni metodologiche. Impresa, lavoro, infrastrutturazione del territorio ed efficienza amministrativa dovranno essere gli elementi centrali della strategia. In considerazione del forte rischio di desertificazione produttiva è necessaria, innanzitutto una politica industriale per il Mezzogiorno mirata alle esigenze del tessuto produttivo meridionale, che valorizzi i suoi punti forza e affronti le sue criticità e sia dotata delle necessarie risorse. Denominatore comune di tutti gli interessi dovrà essere lo spostamento progressivo delle imprese verso produzioni più efficienti/ad alto valore aggiunto. Tale politica dovrà mirare a cinque principali risultati attesi: una nuova stagione di industrializzazione basata sulla innovazione diffusa; l attrazione degli investimenti dall esterno; il consolidamento degli addensamenti produttivi e il consolidamento/ricomposizione delle filiere produttive; il miglioramento strutturale dell accesso al credito, da avviare subito in funzione anticongiunturale; la prevenzione e la soluzione delle crisi aziendali. Potranno essere utilizzati strumenti diversi in funzione di obiettivi differenziati, garantendo adeguata copertura finanziaria, sia con riferimento ai fondi strutturali, sia con riferimento alle risorse aggiuntive nazionali. Il rilancio degli investimenti infrastrutturali dovrà recuperare una sana capacità di programmazione degli interventi, capace di enfatizzarne il ruolo determinante per la crescita. Occorrerà individuare programmi equilibrati tra grandi, medie e piccole opere, con priorità per l accessibilità e la messa in sicurezza del territorio, valorizzando il lavoro di progettazione e istruttoria già condotto sui progetti di grande dimensione. Fonti finanziarie differenti dovranno sinergicamente contribuire a tali programmi, anche all interno di strumenti di attuazione dedicati. Ai programmi andrà affiancato uno specifico piano di potenziamento dell efficienza amministrativa, eventualmente supportato da un provvedimento normativo ad hoc e da una Agenzia per la Coesione a cui assegnare poteri sostitutivi in caso di gravi inadempienze. In coerenza con le novità metodologiche della nuova programmazione, andrà adeguatamente valorizzato il ruolo attivo del partenariato economico e sociale, anche con regole dedicate. 2

3 1. L Italia, il Mezzogiorno e la malattia della bassa crescita Negli ultimi 12 anni la crescita dell economia italiana (+ 5.6 % nel periodo ) è stata di gran lunga inferiore a quella delle grandi economie emergenti, ma anche significativamente più bassa dei principali partner dell area euro. Per effetto della grande recessione internazionale la posizione del nostro Paese nel confronto internazionale si è ulteriormente deteriorata. Se nel 2000 il reddito pro capite italiano era superiore di 15 punti alla media europea, nel 2012 è di 2 punti al di sotto media stessa, 25 punti in meno del reddito tedesco, 12 in meno dei paesi dell eurozona. Il cattivo andamento dell economia ha riguardato tutti i territori italiani, indipendentemente dai livelli di sviluppo e dalla composizione dell economia. L effetto paese è stato superiore, nell insieme, a specifiche dinamiche territoriali: i divari e le differenze di sviluppo interne non hanno conosciuto sostanziali modificazioni. Sono, così, rimaste sostanzialmente inalterate le caratteristiche dell integrazione economica fra le regioni italiane, e in particolare fra Centro-Nord e Sud, ma con differenze sostanziali: mentre al Nord sono cresciute sia l occupazione (grazie alla componente dell immigrazione), sia la popolazione (almeno fino al 2010), sia l andamento aggregato del prodotto, nel Mezzogiorno il prodotto nel 2010 è ancora pari a quello di 10 anni prima, mentre la crescita della popolazione si è fermata (con conseguente, drammatico invecchiamento), anche per effetto di un flusso migratorio in uscita costante per tutto il decennio, ed un flusso migratorio in entrata più basso e caratterizzato da minore qualificazione. Una chiave di lettura dell arretramento del Centro Nord è perciò dato anche dal mancato sviluppo del Mezzogiorno. Se è vero, come mostra la Banca d Italia (Fonte: L integrazione economica fra il Mezzogiorno e il Centro Nord, n.9, dicembre 2011), che in termini di flussi di beni e di servizi all interno del Paese, il Mezzogiorno è un importatore netto nei confronti di tutte le aree del Centro Nord, e che 100 euro spesi per prodotti del Mezzogiorno determinano una domanda aggiuntiva per le imprese del Centro Nord pari a 40 euro, se si ferma la crescita del Mezzogiorno si ferma, inevitabilmente, anche quella del Centro Nord. La mancata crescita nel Mezzogiorno mantiene inalterati i divari esistenti. E vero, infatti, che tutte le regioni italiane perdono fortemente terreno nel confronto con quelle europee. Fra il 1995 e il 2008, misurato a parità di potere d acquisto, il reddito procapite del Centro-Nord è passato dal 145% al 122% della media dell UE a 27; quello del Sud dal 79% al 69%. L arretramento è proseguito nell ultimo biennio. Tuttavia, secondo l indice di competitività contenuto nella V Relazione sulla coesione economica e sociale della Commissione Europea, che sintetizza ben 69 indicatori economici, sociali e di qualità della vita in Europa, rispetto ad un valore massimo del 100%, il Centro Nord mostra valori compresi tra il 50 ed il 70%, il Mezzogiorno valori sempre inferiori al 40%. Ciò significa che sia dal punto di vista della capacità di competere, sia dal punto di vista della qualità della vita, le regioni italiane fanno registrare divari più ampi di quelli correlati al solo livello della ricchezza: a loro volta, le regioni meridionali presentano situazioni ancor più gravi ed allarmanti. Cosicché, non deve stupire se quelle meridionali sono tra le regioni europee più lontane dai target previsti da Europa 2020, strategia per la crescita basata sulla conoscenza, inclusiva e sostenibile: 6 delle 10 regioni con il più basso tasso di occupazione europeo sono del Sud Italia, così come sono meridionali 4 delle prime 10 a maggior rischio povertà, ed ancora il Mezzogiorno è agli ultimi posti per spese in ricerca e sviluppo e negli investimenti ambientali. Le regioni europee in ritardo di sviluppo, e tra di esse il Mezzogiorno, sono dunque fondamentali per raggiungere i target fissati dalla strategia Europa 2020 (tasso di occupazione al 75%; 3% del PIL dell UE investito in ricerca; 40% di laureati, 20 milioni di persone a rischio povertà in meno, minori emissioni e più energia prodotta da fonti rinnovabili): se davvero vuole raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi strategici, su di loro l Unione Europea deve concentrare la sua azione. 3

4 In sintesi: - la malattia della bassa crescita riguarda l intero Paese; - il Mezzogiorno continua a presentare i maggiori divari, ma anche le maggiori opportunità; - una politica di sviluppo per il Mezzogiorno è nell interesse dell intero Paese; - una politica di sviluppo per il Mezzogiorno è essenziale per l Europa. 2. Effetti della crisi economica sull economia e sul tessuto produttivo del Mezzogiorno L immagine di un Mezzogiorno come area in difficoltà di un Paese in difficoltà è confermata dai recenti lavori della Banca d Italia sull industria meridionale (fonte: L industria meridionale e la crisi ). Il settore manifatturiero è infatti, insieme al quello delle costruzioni, il più provato dalla crisi, ma anche quello del quale qualunque tessuto economico non può prescindere. La manifattura è, infatti, il settore che spende di più in R&S, innova di più e alimenta il terziario innovativo; è quello che ha maggiore produttività, attiva domanda e diffonde tecnologie, supera i vincoli del mercato locale e di consumi interni calanti. Ed è, anche, il settore che può assicurare le migliori, più stabili, più tecnologicamente avanzate prospettive occupazionali. Negli ultimi anni, il valore aggiunto industriale delle regioni meridionali si è ridotto di oltre il 16% (contro una riduzione del 10% nel Centro Nord), risentendo maggiormente della più elevata dipendenza verso la domanda interna. Analogamente, la riduzione dell occupazione industriale è stata più che doppia rispetto a quella del Centro Nord. Tra il 2007 ed il 2011, gli investimenti fissi lordi nel settore industriale hanno conosciuto un vero e proprio crollo, riducendosi tra il 2007 ed il 2011 del 27,8%. Valori ancora più pesanti ha fatto registrare il settore delle costruzioni, nel quale gli investimenti fissi lordi al Sud, tra il 2007 ed il 2011, hanno fatto registrare un calo del 42,5%. Tab. 1 Andamento degli investimenti fissi lordi tra il 2007 ed il 2011, valori concatenati, anno base 2000 (milioni di euro) Var % 2011 su 2007 Centro-Nord ,9-3,9 Mezzogiorno ,5 0,0 Italia ,5-2,1 Mezzogiorno Agricoltura, Silvicoltura e Pesca ,3 2,5 Industria in senso stretto ,8-4,9 Var % 2011 su 2010 Costruzioni ,5-12,5 Servizi ,5 1,4 Fonte: Check up Mezzogiorno dicembre 2012, Elaborazione Confindustria e SRM su dati Svimez Sono state principalmente le imprese più piccole, quelle più orientate alla domanda interna, a fare registrare la peggiore dinamica del fatturato, mentre le grandi imprese hanno mostrato una maggiore capacità di reazione. L indebolimento del tessuto produttivo meridionale è stato ulteriormente aggravato dalla difficoltà ad attrarre investimenti dall esterno. Gli investitori esteri rimangono infatti limitati, e il 4

5 divario si è, anzi, ulteriormente ampliato nel , periodo nel quale si è potuto verificare un interesse rinnovato di investitori esteri verso le imprese italiane, ma non verso quelle meridionali. Un importante, ulteriore, elemento di criticità è costituito dal tema del credito. Le imprese meridionali sono, infatti, gravate da tassi di interesse più elevati rispetto alle imprese del Centro Nord, e hanno dovuto soffrire un più intenso irrigidimento dell offerta di credito verso l industria meridionale che si è accentuata negli ultimi anni. La maggiore rischiosità (il tasso di sofferenza ha raggiunto il 10,38%, il doppio del Centro Nord), ma soprattutto le più gravi diseconomie ambientali (come l inefficienza della giustizia civile e la presenza della criminalità) contribuiscono a spiegare il divario dei tassi di interesse, di circa 1 punto e mezzo più alti di quelli medi italiani. La ridotta dimensione delle imprese, il peso minore dei settori ad alta tecnologia, l insufficiente apertura internazionale, costituiscono altrettanti elementi di criticità che sebbene presenti anche nel resto del Paese, si presentano rafforzati nel Mezzogiorno. Seppure in difficoltà, la presenza del manifatturiero nel Mezzogiorno rimane tuttavia molto significativa, con numerosi punti di forza. Solo per citarne alcuni, è opportuno ricordare che: nel settore aeronautico, in sole due regioni (Campania e Puglia) del Mezzogiorno si concentra il 31% del fatturato nazionale; al Sud si genera ¼ del fatturato del settore automotive, con 475 unità locali e addetti; quasi il 40% del fatturato delle imprese del cluster marittimo è riferibile al Sud; in campo energetico, si concentra al Sud il 60% della capacità di raffinazione nazionale; dalla Basilicata (74%) e dalla Sicilia (9%) viene la gran parte del petrolio estratto in Italia; nel Mezzogiorno è localizzato il secondo impianto siderurgico d Europa, che assume importanza strategica per l intero settore manifatturiero italiano; sono presenti al Sud diversi distretti con chiari segnali di vitalità, come, ad esempio, i distretti dell abbigliamento di Napoli e Bari, o quelli del comparto alimentare (Napoli, Bari, Salerno, Palermo). Va peraltro sottolineato che parte significativa delle performances del manifatturiero meridionale non trova adeguata rappresentazione statistica perché i dati sono ascritti a società la cui sede legale è altrove, in Italia o all estero. Con la crisi è aumentata anche la diversità dei risultati delle imprese: è andato meglio chi ha avuto le spalle più larghe, chi ha continuato ad innovare, ad espandere la produzione, a internazionalizzarsi e a collaborare con altre imprese e con il suo territorio di riferimento. Secondo la Banca d Italia, soprattutto grazie a questi agglomerati, di grandi e piccole imprese, esistono nel Mezzogiorno aree che mostrano chiari segnali di vitalità. (in particolare con riferimento all export ed alla produttività). Analoghi segnali di vitalità riguardano le imprese che hanno investito di più in ricerca e sviluppo e quelle più innovative, che hanno risentito di meno dell impatto della recessione: nel 2011 avevano un numero di occupati simile al 2007, mentre nelle altre l occupazione è stata inferiore del 5%. In sintesi: - il settore manifatturiero meridionale ha più sofferto gli effetti della crisi; - è forte il rischio di desertificazione produttiva; - una efficace politica di sviluppo deve puntare a rafforzare prima di tutto il settore manifatturiero; 5

6 - nel Mezzogiorno, ciò significa da un lato contrastare le maggiori criticità, dall altro, puntare sugli elementi di forza esistenti, anche seguendo l esempio di chi ha fatto registrare i migliori risultati contro la crisi. 3. Il rigore finanziario e il Mezzogiorno Secondo la Banca dati dei Conti Pubblici territoriali, il 29,64% della totalità della spesa della Pubblica Amministrazione Italiana, cioè 225,1 miliardi di euro su un totale di circa 759,3 (valori 2011) è destinato nel Mezzogiorno (a fronte di una popolazione del 34,7%). Tale quota risulta grosso modo stabile nel tempo, e anzi fa registrare sia in termini percentuali (-0,4%) sia in valore assoluto (-0,5 miliardi di euro) una piccola riduzione rispetto al 2010, a fronte di un aumento nelle regioni del Centro Nord, dove la spesa complessiva aumenta, tra il 2010 ed il 2011, di quasi 8 miliardi di euro. A crescere è soprattutto la spesa corrente nel Centro Nord, con un incremento di poco superiore ai 10 miliardi di euro, a fronte di una riduzione di circa 1 miliardo di euro nel Mezzogiorno dove aumenta, invece, sia pure di poco la spesa in conto capitale (+0,6 miliardi) grazie soprattutto alla componente perequativa nazionale e comunitaria, mentre la spesa in conto capitale è in calo vistoso nel Centro Nord (oltre 2 miliardi di euro in meno). Tab. 2 Spesa in conto capitale e spesa corrente per ripartizione (anno 2011) Spesa in Conto Capitale Spesa Corrente Spesa Totale % Popolazione su Italia % su Italia Pro capite (euro) % su Italia Pro capite (euro) % su Italia Pro capite (euro) Mezzogiorno 34,70 32, ,41 29, ,52 29, ,93 Centro-Nord 65,30 67, ,76 70, ,43 70, ,19 ITALIA , , ,90 Fonte: DPS, Conti pubblici territoriali 2011, Roma, aprile 2013 Si può dunque osservare, nel Mezzogiorno un primo timido tentativo di intraprendere un percorso virtuoso di incremento della spesa per investimenti, ma tale percorso appare molto diversificato. Obiettivi strategici come l istruzione, la R&S, la cultura, la sanità, le telecomunicazioni, l agricoltura e l energia, sono tutti settori nei quali la spesa in conto capitale è considerevolmente inferiore rispetto alla quota percentuale di popolazione residente nell area, valore assunto come punto di riferimento per valutare il livello di spesa. Al contrario, i settori nei quali si registra una spesa percentualmente più elevata (superiore al 50%) rappresentano altrettante criticità nella fornitura di servizi di base (acqua, rifiuti, fognature, ecc ), a testimonianza della persistenza di consistenti divari. E della concentrazione su questi settori della spesa aggiuntiva. Non va peraltro dimenticato che i tagli alla spesa pubblica, decisi a livello nazionale, hanno contribuito a generare un ulteriore inasprimento della tassazione locale (IRPEF, IRAP, IMU), con riflessi pesanti su imprese e cittadini. Nonostante la componente perequativa, la spesa in conto capitale pro capite resta comunque squilibrata. Per ogni cittadino del Centro Nord, lo Stato spende, infatti, euro l anno (26 euro in meno rispetto all anno precedente), mentre ne spende per ogni cittadino del Mezzogiorno. Si tratta di un dato in aumento, ma non (come si è visto) per un incremento forte 6

7 della spesa, quanto, soprattutto, per una riduzione consistente della popolazione, diminuita di oltre unità in un solo anno. In questo quadro, la spesa in conto capitale sembra invece aver perso completamente il ruolo di strumento di riequilibrio rispetto alla persistenza degli squilibri territoriali. E interessante notare che, nonostante il peso della componente aggiuntiva comunitaria e nazionale (che dovrebbe essere addizionale), il valore della spesa in conto capitale nel Mezzogiorno è più basso di oltre 2 punti percentuali rispetto al peso della popolazione. Inoltre, essa appare pressoché integralmente costituita da risorse aggiuntive nazionali e comunitarie (43,2%), cosicché molto ridotta è risultata l addizionalità effettiva dei fondi aggiuntivi: secondo il Rapporto DPS 2012, la spesa pubblica nazionale ammissibile media durante il periodo è stata rivista al ribasso, da ,6 milioni di euro (prezzi 2006) a ,3 milioni di euro (prezzi 2006), quasi 5 miliardi l anno al di sotto delle previsioni ex ante. Ciò significa che, in costanza di erogazioni per la politica aggiuntiva, ciò che si è fortemente ridotta è la spesa ordinaria. Questa riduzione, secondo il Rapporto DPS 2012, è prevalentemente imputabile ad una fortissima riduzione dei trasferimenti ad imprese e famiglie (-31% nel Mezzogiorno), più pesante di quella media nazionale (-18%). Di questa riduzione fa parte il forte calo degli incentivi alle imprese, in particolare nel Mezzogiorno, che dagli 8,5 miliardi concessi nel 2006 è sceso a 1,2 nel 2011, poco più di 1/3 di quanto concesso nel Centro Nord. Si tratta peraltro di un problema nazionale più complessivo: è opportuno ricordare, infatti, che l Italia è al quartultimo posto in Europa per sostegni al suo sistema produttivo, al quale destina lo 0,2% del PIL contro lo 0,5% medio europeo. Grafico 2 Aiuti complessivi in valore percentuale del PIL (escluso il settore ferroviario) UNGHERIA MALTA FINLANDIA LETTONIA PORTOGALLO IRLANDA DANIMARCA SVEZIA SLOVENIA POLONIA REP. CECA CIPRO GRECIA AUSTRIA FRANCIA ROMANIA GERMANIA EU - 27 LITUANIA BELGIO SLOVACCHIA SPAGNA BULGARIA OLANDA ITALIA Di cui: Mezzogiorno ESTONIA REGNO UNITO LUSSEMBURGO 0 0,5 1 1,5 2 2,5 Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico, Relazione degli interventi di sostegno alle attività economiche produttive

8 Qualunque politica aggiuntiva, dunque, per poter essere efficace, deve essere contenuta, dal punto di vista finanziario oltreché strategico, in una più generale politica ordinaria. Da questo punto di vista, non può non suscitare preoccupazioni un approccio, come quello del documento Metodi e Obiettivi secondo il quale occorre prendere atto che di fatto, ed almeno fino a metà del periodo di programmazione , i fondi strutturali sostanzialmente compenseranno la carenza di fondi ordinari, sebbene sulla base di un patto con partenariato e cittadini che fissi gli obiettivi finanziari. E necessario ribadire con forza che le risorse aggiuntive devono aggiungersi a quelle ordinarie, rafforzandone e qualificandone gli interventi, non sostituirsi ad esse. In sintesi: - la spesa pubblica tra Sud e Centro Nord continua ad essere sperequata; - sono in calo in particolare i trasferimenti a famiglie ed imprese, soprattutto per incentivi agli investimenti; - si registrano accenni di virtuosità nell articolazione della spesa del Mezzogiorno ma la spesa in conto capitale resta bassa; - i miglioramenti della spesa pro capite in conto capitale dipendono soprattutto dalla riduzione della popolazione, realizzando una convergenza non virtuosa ; - va ripristinato un corretto rapporto tra spesa ordinaria e spesa aggiuntiva, che deve aggiungersi e riqualificare la spesa ordinaria, non sostituirla. 4. Patto di stabilità interno e spesa in conto capitale Uno dei principali ostacoli al pieno assorbimento delle risorse comunitarie nel Mezzogiorno riguarda il Patto di Stabilità Interno (PSI), che nasce dall'esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri della UE verso specifici parametri, comuni a tutti, e condivisi a livello europeo in seno al Patto di stabilità e crescita e specificamente nel Trattato di Maastricht. Nel corso degli anni, ciascuno dei Paesi membri della UE ha implementato internamente il Patto di Stabilità e Crescita seguendo criteri e regole proprie, in accordo con la normativa interna inerente la gestione delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. In particolare, per quanto riguarda le Regioni, ogni anno viene fissato da un decreto del Ministro dell Economia il limite massimo del complesso delle spese finali che ciascuna regione può sostenere. All interno di tale limite massimo, va ricompresa non solo la spesa di parte corrente, ma anche la spesa in conto capitale, ed in particolare quella aggiuntiva del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e quella del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali. La commistione entro tale limite massimo di tutte le tipologie di spesa è stata spesso causa di rallentamento nei pagamenti anche dei programmi cofinanziati, in quanto spesso le regioni, non riuscendo a comprimere la spesa corrente, spesso per non sforare la soglia, si vedono costrette a bloccare la spesa per investimenti, con conseguente (paradossale) rischio di perdita delle risorse comunitarie. Senza dimenticare che un vincolo troppo stretto del Patto di Stabilità è causa non ultima dei notevoli ritardi nei pagamenti alle aziende creditrici della PA per beni e servizi. Tale rischio è più alto nel Mezzogiorno, per effetto della maggiore quantità di risorse a disposizione. Per cercare di ovviare, almeno in parte a tale criticità, sono state studiate soluzioni tampone. L ultima in ordine di tempo è quella prevista dai commi 7 e 8 dell articolo 2 del DL sul pagamento dei debiti della PA, che prevede una deroga al patto di stabilità interno relativa al cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali comunitari. 8

9 In particolare il comma 7 incrementa una deroga già presente nella disciplina del patto di stabilità, quella prevista dalla lettera n-bis (articolo 3, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011), che esclude le spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari, nel limite di milioni di euro per gli anni 2012, 2013 e Con il recente DL il limite viene incrementato per il solo 2013, da a milioni di euro. La Relazione tecnica al disegno di legge di conversione sottolinea come l'integrazione di 800 milioni per il 2013 sia necessaria per consentire alle amministrazioni titolari dei programmi comunitari 2007/2013 di conseguire gli obiettivi posti dai target di spesa al 31 dicembre 2013 al fine di evitare la perdita delle risorse non utilizzate, secondo la regola del disimpegno automatico delle risorse. La relazione sottolinea, peraltro, che l ammontare complessivo, pari a milioni di euro, risulta inferiore alla cifra di 2 miliardi necessari per evitare la perdita di risorse comunitarie al 31 dicembre Non va inoltre dimenticato che il Comitato Nazionale per l attuazione del QSN , nella sua riunione del 9 aprile scorso, ha previsto un ulteriore innalzamento dei target di spesa dei programmi europei per il 2013, modifica che ha fatto salire la spesa complessiva per il cofinanziamento a 2,2 miliardi di euro. Insomma, anche con le misure tampone, il problema del Patto di Stabilità Interno non viene risolto in maniera strutturale. In sintesi: - è necessario risolvere in maniera strutturale la questione del cofinanziamento; -occorre rivedere il meccanismo di calcolo del Patto di stabilità interno, separando spesa corrente e spesa per investimenti; - come soluzione provvisoria, va almeno riproposta, in prima battuta, la deroga anche per il 2014 ed il 2015, in particolare per gli interventi di natura anticongiunturale (cfr. ultra), e la creazione di spazi finanziari attraverso la verticalizzazione del Patto. 5. Il Fondo Sviluppo e Coesione nella strategia per lo sviluppo del Mezzogiorno Nato per dare unità e coerenza agli interventi in favore delle aree in ritardo, ma non solo, e per affiancare in maniera virtuosa la programmazione dei fondi strutturali europei, il FSC ha rappresentato, forse più di tutti gli altri strumenti finanziari, il simbolo delle difficoltà della politica di coesione in Italia, ed in particolare nel Mezzogiorno. Innanzitutto per i tempi: le ultime Delibere CIPE (pubblicate solo nei mesi scorsi), con le quali il processo di programmazione della quota regionale del Fondo si completa, portano la data del 3 agosto 2012, oltre 5 anni e mezzo dopo l avvio effettivo del ciclo dei fondi europei a cui doveva essere collegato. In secondo luogo, per l ammontare finanziario: per effetto dei ripetuti interventi di Governo e Parlamento, la dotazione complessiva del Fondo si è ridotta di oltre 30 miliardi di euro (il 42% del totale, in gran parte per risorse destinate al Sud) e quella assegnata direttamente alle regioni del Mezzogiorno di quasi 2,6 miliardi di euro (quasi il 15%). Nell attuale ciclo di programmazione lo stanziamento dei fondi strutturali più cofinanziamento avrebbe dovuto ammontare a 43,6 miliardi di euro, a cui avrebbero dovuto sommarsi 54 miliardi del FAS per un totale di circa 97 miliardi di euro. Allo stato attuale, il totale ammonta a 67 miliardi di euro di cui, dopo la riprogrammazione attuata con il Piano d Azione Coesione, una buona della spesa parte viene spostata ben più avanti della scadenza naturale del

10 In terzo luogo, per le continue modifiche del quadro programmatorio, che hanno dapprima orientato le Regioni ad una programmazione coerente (e complementare) con quella dei fondi strutturali (articolata in veri e propri programmi), poi verso settori prioritari individuati in un complesso percorso di negoziazione tra il centro e la periferia, infine verso un completamento della programmazione legato soprattutto alla effettiva disponibilità e qualità progettuale. In quarto luogo, per l utilizzo sovente difforme delle risorse rispetto alla finalità originaria: tipico è il caso dell utilizzo del FSC a copertura del disavanzo del Servizio Sanitario Nazionale nelle regioni commissariate (Abruzzo, Campania, Molise, Sicilia). Infine, per la difficoltà, dopo un processo così travagliato e frammentato, di intravedere nell assetto finale della programmazione i contorni di una politica effettivamente orientata allo sviluppo dei territori meridionali. Prova ne sia, complice l orientamento programmatico della politica di coesione , la quasi irrilevanza (nell articolazione delle priorità di intervento) di un forte e qualificato sostegno all apparato produttivo del Mezzogiorno, nonostante gli effetti pesanti e tuttora persistenti di una durissima crisi economica. Grafico 2 Distribuzione delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione nelle Regioni del Mezzogiorno (valori percentuali) Altro 18% Residuo al netto dell'ultima assegnazione 3% Disavanzo SSN 10% Interventi strategici e ambiente 21% Depurazione delle acque e bonifica delle discariche Dissesto 5% idrogeologico 2% Università e ricerca 4% Infrastrutture 37% Fonte: Confindustria, studi e documenti, Quaderno n.81 Fondo Sviluppo e Coesione : delibere CIPE e priorità delle regioni meridionali, elaborazione Confindustria su dati CIPE, Roma dicembre 2012 In ogni caso, la programmazione si presenta in forte ritardo. A fronte delle decisioni assunte, alla fine del 2012 sono stati adottati i provvedimenti di messa a disposizione delle risorse, attivando i processi di trasferimento delle quote di anticipazione. Nel complesso, però, nel 2012 sono stati trasferiti alle Regioni 2,5 miliardi di euro. Di queste, circa 1 miliardo di euro riguarda le anticipazioni a Regioni del Mezzogiorno. I ritardi ed i tagli della programmazione FSC/FAS, unitamente alle riduzioni del cofinanziamento operate con il Piano d Azione Coesione, hanno fortemente modificato la capacità di impatto effettivo della programmazione Una gamba nazionale della politica aggiuntiva appare comunque fondamentale, al fine di integrare la tipologia di interventi, che non possono essere finanziati dai fondi strutturali, di rafforzare l efficacia degli interventi di riequilibrio, soprattutto nelle infrastrutture, di trovare risposta a specifiche situazioni di divario, di poter effettivamente configurare una strategia unitaria di intervento. 10

11 In sintesi: - nell ambito di una politica di coesione rinnovata è necessario prevedere una forte gamba finanziaria nazionale aggiuntiva, che mantenga una attenzione prioritaria per le Regioni del Mezzogiorno; - è necessario definire una strategia unitaria per l utilizzo di tutti i fondi della politica di coesione, ed in particolare quelli del FSC; - dovrà essere garantita la certezza e la stabilità finanziaria degli interventi; - dovrà essere garantito il rispetto dei tempi; - è necessario che anche tale fonte finanziaria tenga maggiormente conto delle esigenze del tessuto produttivo, in particolare di quello meridionale. 6. Principali criticità dei precedenti cicli di programmazione dei fondi strutturali L approccio programmatorio del periodo appare in sostanziale continuità con quello dei passati cicli di programmazione dei fondi strutturali: pur provando a correggere alcuni dei principali problemi, si è trovato a doverne condividere anche le principali criticità, sia di merito sia di metodo, in particolare nel Mezzogiorno dove, soprattutto, ha scontato la sostanziale assenza di una strategia unitaria, dotata di obiettivi unificanti per tutto il Sud, con una capacità di pensare e realizzare interventi sovraregionali. La programmazione si è sostanzialmente risolta in una somma di interventi regionali, senza un reale nesso tra loro. Ulteriori questioni specifiche hanno aggravato il quadro di criticità. - la mancata addizionalità. Per i motivi indicati nell andamento della spesa pubblica, la programmazione dei fondi strutturali è stata sostanzialmente sostitutiva e non aggiuntiva rispetto alle risorse ordinarie; - la grande frammentazione. Il 30,7% dei Comuni italiano è beneficiario di almeno un progetto finanziato da un POR FESR. Nelle Regioni della Convergenza il fenomeno si presenta molto più accentuato. Il 62,3% delle Amministrazioni comunali è titolare di almeno un intervento, e tale percentuale sale al 93,1% per la Basilicata e al 96,3% per la Calabria (Fonte: IFEL). Gli oltre 500 mila progetti censiti sul sito Open Coesione, al di là della loro qualità, ci dicono che in Italia, e soprattutto nel Mezzogiorno, è più facile fare tanti progetti piccoli piuttosto che pochi progetti grandi, con il risultato che per le vere priorità è più difficile trovare le risorse, anche perché è più difficile realizzare grandi interventi nei tempi previsti dalle regole comunitarie; - una elevata complessità procedurale. Secondo fonti ministeriali, ci vogliono in media quasi 5 anni per realizzare, al Sud un progetto di piccola dimensione (tra 500mila e 1 milione), e più di 9 anni per uno oltre 50 milioni di : sono tempi poco compatibili con la programmazione comunitaria; - una ridotta qualità progettuale. Per molto tempo, sono stati probabilmente selezionati progetti non adatti, o non sufficienti, a migliorare la qualità dei servizi erogati al Sud, l innovazione delle imprese, l offerta di capitale umano, il contesto produttivo. Prova ne sia il fatto che la maggior parte degli indicatori di impatto degli interventi, al pari delle cd. variabili di rottura della programmazione non fanno registrare avanzamenti significativi tali da ridurre il divario con il Centro Nord. Qualche miglioramento in più si è riscontrato per i servizi al cittadino, mentre scarsi sono stati gli avanzamenti nel settore dei trasporti. In ogni caso, l attenzione sulle modalità con le quali rafforzare la capacità di progettazione, nelle amministrazioni a tutti i livelli, continua ad essere insufficiente, e non risultano essere state assunte misure per dotare i vari programmi di una progettualità diffusa nei vari settori; 11

12 - i ritardi sono stati diffusi in tutte le fasi della messa in opera dei programmi, sia nella fase di programmazione, sia in quella di attuazione, nonché (ed è una novità negativa) in quella di sorveglianza e di monitoraggio: è vero che l attuale periodo si è dovuto confrontare con una prosecuzione più lunga del previsto della fase di programmazione , e con una riorganizzazione della programmazione FAS che ha messo in discussione buona parte dell impianto di programmazione unitaria, tuttavia i ritardi accumulati sono tali da mettere in discussione il raggiungimento dei target di spesa previsti e la stessa struttura dei programmi operativi. L assenza, per molti progetti, di un grado sufficiente di progettazione tale da renderli cantierabili ha contribuito ad aggravare tali ritardi; - l architettura istituzionale e di governance dei programmi si è, se possibile, ulteriormente complicata, rispetto al periodo dovendosi peraltro confrontare con un rapporto Stato Regioni progressivamente deterioratosi, e con il fenomeno della sovrapposizione normativa tra livelli amministrativi: dall altro, il livello di adeguatezza dell amministrazione pubblica, a tutti i suoi livelli, di supportare il processo di programmazione - progettazione gestione degli interventi cofinanziati non mostra sensibili miglioramenti. La pubblica amministrazione che deve gestire il complesso della programmazione, continua ad essere percepita dalle imprese più come un ostacolo che come un servizio. Nel complesso, al di là degli oggettivi ritardi e delle visibili complessità procedurali, il problema principale del precedente ciclo di programmazione, ovvero quello di essere non solo inefficace, ma soprattutto percepito come tale, si è puntualmente riproposto nella programmazione La recente accelerazione della spesa, che ha consentito di raggiungere una percentuale di pagamenti del 34% a fine 2012, anche grazie alla riprogrammazione imposta con il Piano d Azione Coesione, sebbene vada salutata positivamente, non mette al riparo dal rischio della perdita delle risorse e della inefficacia della spesa se le cause dei ritardi e delle inefficienze, anche grazie alle novità metodologiche proposte, non verranno strutturalmente superate. In sintesi: - le novità metodologiche proposte per il ciclo (risultati attesi, programmazione per azioni, tempi certi e sorvegliati, trasparenza e partenariato) saranno valutate sulla base della loro capacità di affrontare le criticità della attuale e delle precedenti esperienze di programmazione; - è necessario pensare ad una strategia unitaria per il Mezzogiorno, con obiettivi sovra regionali, e con una capacità strategica di governarne l attuazione (Cabina di Regia permanente Governo Regioni Partenariato); - i nuovi programmi dovranno essere caratterizzati da minore frammentazione, maggiore capacità di indicazione strategica, migliore capacità di rispettare i tempi, migliore qualità progettuale, da maggiore semplicità attuativa, per le amministrazioni e soprattutto per gli attori privati. 7. Una strategia per lo sviluppo del Mezzogiorno Ultima in ordine di tempo, ma non di importanza, anche secondo la relazione presentata dai Saggi al Presidente della Repubblica per le linee d azione del nuovo governo, il rilancio della crescita economica in Italia deve oggi poggiare su un forte sviluppo del Sud, area ad elevato potenziale economico e sociale, in cui è significativo (data la situazione economica esistente) il ruolo che può essere svolto dall attore pubblico. Per questo motivo, nell ambito di una possibile azione di governo, particolare attenzione deve essere dedicata al tema della spesa pubblica. 12

13 Secondo i dati più recenti, infatti, il problema della spesa al Sud non è costituito tanto dal volume complessivo della spesa pubblica che pure andrebbe, come si è visto, riequilibrato, ma soprattutto dal suo squilibrio sulla parte corrente e, in particolare, sulla sua insufficienza in relazione alla spesa per investimenti e sulla qualità di quest ultima. In sostanza, il principale problema della spesa pubblica nel Mezzogiorno riguarda la sua inefficacia: a parità di spesa, infatti, un euro impiegato al Sud produce risultati, in termini di qualità e servizi pubblici offerti, decisamente inferiori rispetto al Centro-Nord. E, dunque, prioritaria la riqualificazione del complesso della spesa pubblica al Sud, in tutti gli ambiti economici e sociali, a partire dalle grandi politiche nazionali, che devono tenere conto exante dei potenziali divari di applicazione, offrendo eguaglianza di opportunità in tutte le aree del Paese. Ciò significa che tutte le politiche pubbliche devono, pertanto, tendere alla riduzione dei divari economici e sociali, e che, in maniera funzionale a tale orientamento e al fine di rafforzare, migliorare, riqualificare l intervento pubblico, si potrà prevedere su alcune questioni un maggior impiego di risorse al Sud, in particolare in materia di sviluppo, sfruttando le opportunità offerte dai Fondi europei. Il ruolo delle risorse europee dovrà, dunque, essere mirato e concentrato. In virtù della trasversalità di tali temi nell impianto della nuova programmazione, particolare attenzione dovrà essere posta sui profili della riqualificazione urbana (soprattutto in favore delle Città metropolitane) e delle aree interne nel Mezzogiorno. In entrambi i contesti, dovrà essere valorizzato il ruolo dell impresa e degli attori privati. In particolare, in ambito urbano dovrà essere promossa una progettazione capace di andare oltre la tradizionale prevalenza di interventi infrastrutturali, promuovendo attività economiche capaci di sfruttare al meglio le sinergie di servizi e infrastrutture presenti in ambito urbano. Per quanto riguarda le aree interne, la via maestra per evitare lo spopolamento è la creazione di opportunità d impresa: inclusione, servizi, tutela del territorio, infrastrutture, hanno senso solo se collegati allo sviluppo di opportunità di impresa, anche per garantirne la sostenibilità nel tempo. E essenziale, dunque, ribadire che l obiettivo primario di una politica aggiuntiva deve essere non quello di supplire ad una sempre minore capacità della spesa ordinaria di soddisfare le esigenze di servizi della popolazione, quanto quello di rafforzare gli elementi di qualità degli interventi pubblici, migliorando la competititivà dei territori e, con ciò, la loro ricchezza e la sostenibilità dei servizi che si intende fornire. Impresa, lavoro, infrastrutture e efficienza amministrativa devono essere gli elementi centrali di questa strategia. In primo luogo, l impresa. Il processo di selezione in corso rischia di condurre ad un significativo depauperamento della base produttiva meridionale: è necessario intervenire con decisione, sia sul versante pubblico sia su quello privato, per favorire la ripresa degli investimenti, il superamento della limitazione dimensionale, l orientamento all export, la capacità creditizia, l innovazione delle imprese del Mezzogiorno, così come va ampliato il numero stesso delle imprese, sostenendo soprattutto i giovani nell avvio di nuove attività imprenditoriali innovative e capaci di esaltare caratteristiche e potenzialità del territorio. In particolare, Confindustria ritiene che il perno del rilancio debba essere la logica industriale centrata sul manifatturiero: in linea con l obiettivo europeo, la quota italiana di PIL derivante da questo settore dovrebbe puntare al 20% del totale, partendo dal 16,7% del Per il Mezzogiorno, ciò significa ritornare al valore precrisi, attorno al 12,5%. In secondo luogo, il lavoro. L aumento rilevante del ricorso agli ammortizzatori sociali, la riduzione del potere d acquisto, la perdita vera e propria di centinaia di migliaia di posti di lavoro, l assenza 13

14 di opportunità occupazionali, soprattutto per giovani e donne, impongono alle imprese, alle organizzazioni di rappresentanza degli interessi, alle amministrazioni centrali e locali l adozione di misure urgenti per frenare l emorragia e porre le basi di una struttura economica e di una disponibilità di capitale umano più capace di rispondere nel lungo periodo alle sfide del mercato. In terzo luogo, le condizioni di vita dei cittadini del Mezzogiorno. Gli effetti congiunti di una lunga crisi e di politiche di bilancio sempre più restrittive stanno peggiorando il livello di benessere del Sud: il processo di costruzione delle condizioni di contesto, prima di tutto infrastrutturali, affinché nel Mezzogiorno si possa restare e vivere bene, e vi possano di conseguenza essere attratte imprese e persone, traffici e turisti, va rafforzato al più presto. A sua volta, una politica fiscale convergente, volta ad eliminare progressivamente il costo del lavoro dalla base imponibile IRAP, potrà sostenere tale strategia, incrementando le attuali deduzioni forfettarie dalla base imponibile, rafforzando, quindi, la deduzione maggiorata al Sud (già oggi doppia: rispetto a ). Analogamente, va proseguita ed estesa al più generale problema della corruzione amministrativa, l azione per la sicurezza del territorio e la legalità, primaria condizione di attrazione degli investimenti soprattutto in presenza di risorse scarse: con strumenti come il rating di legalità e le white list prefettizie, a cui va data rapida attuazione, le associazioni imprenditoriali possono contribuire a migliorare la percezione di legalità del territorio, rafforzando a loro volta la strategia di sviluppo. Una rinnovata efficienza amministrativa rappresenta, infine, la principale precondizione per qualunque processo di sviluppo. In sintesi: - è necessaria una strategia unica di intervento per il Mezzogiorno, che parla di riqualificazione della spesa ordinaria e che sia rafforzata ed integrata (e non sostituita) dalla spesa aggiuntiva; - impresa, lavoro, infrastrutturazione del territorio ed efficienza amministrativa devono essere gli elementi centrali della strategia; - tale strategia dovrà prestare particolare attenzione a città ed aree interne del Mezzogiorno, profili trasversali del nuovo ciclo di programmazione. 8. Una politica industriale per il Sud In primo luogo, è necessaria, dunque, una politica industriale mirata alle esigenze del tessuto produttivo meridionale, che sia capace di scegliere, che premi i fattori di competitività come l internazionalizzazione, l innovazione, la capacità di stare in rete, le aggregazioni produttive, la crescita dimensionale, la nuova imprenditorialità (soprattutto giovanile), l uso diffuso della leva della ricerca; che favorisca la creazione di nuove e buone occasioni di lavoro, prima di tutto per i giovani qualificati; che faccia crescere il tessuto produttivo non solo con gli incentivi ma anche con una domanda pubblica consapevole di ciò che è utile a far progredire il Paese e di ciò che non lo è; che sia capace di attrarre investimenti dall estero. Che sappia affrontare in termini propositivi anche le situazioni di crisi che interessano ciascun territorio. Che si occupi anche delle necessarie precondizioni per lo sviluppo, migliorando il sistema delle relazioni industriali utilizzando tutte le strumentazioni contrattuali, nazionali e decentrate, sul modello dell accordo interconfederale del Particolare attenzione dovrà essere posta sulla riduzione delle diseconomie esterne, particolarmente forti nel meridione, non solo attraverso un lungimirante piano di infrastrutturazione, ma altresì con un robusto miglioramento dell efficienza della Pubblica Amministrazione e dei tempi di pagamento della P.A., e continuando la battaglia per la legalità. 14

15 Per tutti questi obiettivi, e soprattutto per il sostegno diretto alle imprese, non esiste un unico strumento. Già il documento Metodi ed obiettivi prevede la possibilità di mettere in campo misure universali, rivolte alla gran parte del tessuto produttivo meridionale, e misure mirate a specifici target / territori. Partendo da questa differenziazione, è possibile individuare alcuni obiettivi prioritari e risultati attesi, rispetto ai quali è opportuno prevedere una cassetta degli attrezzi differenziata e mirata. Tutti gli strumenti dovrebbero comunque avere un denominatore comune: la capacità di spostare progressivamente l attività di impresa (in alcuni casi di più, in altri casi di meno) verso produzioni più efficienti ed a più alto valore aggiunto, favorendo iniziative imprenditoriali sane e capaci di stare sul mercato e rendendo meno dipendente il settore industriale dal ruolo di sub fornitura delle principali industrie. Un adeguato ed efficace coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza delle imprese nella identificazione dei meccanismi e dei criteri di selezione (secondo quanto auspicato dal Codice Europeo di Condotta per il Partenariato) può significativamente migliorare l efficacia di tali strumenti. Da questo punto di vista, particolare attenzione dovrà avere la proiezione verso mercati esteri. Una forte politica di sostegno alle esportazioni e alla internazionalizzazione, soprattutto delle PMI (anche attraverso semplici incentivi economici a sportello, come partecipazioni a fiere specialistiche, preparazione ed effettuazione missioni, sostegno alla start up di una sede estera) autoselezionerebbe i suoi beneficiari, favorendo anche l attrazione degli investimenti. Soprattutto un aspetto appare necessario. La politica industriale è prima di tutto una politica di coordinamento, caratterizzata cioè dalla capacità di collegare velocemente ed intelligentemente incentivi e sostegno alle esigenze delle imprese. Ciò richiama la necessità di un ruolo attivo delle associazioni di rappresentanza, in particolare di collegamento tra amministrazioni e singole imprese, anche al fine di individuare soluzioni e strumenti specifici. Appare necessaria dunque una attività di regia dei key stakeholders che potrebbe funzionare anche nella creazione e nel consolidamento di filiere sovra regionali con imprese del Centro Nord, imprese intermedie del Mezzogiorno, rappresentanze locali. Per una efficace attuazione degli interventi, alla politica dovranno essere garantite risorse adeguate alla dimensione dei problemi da affrontare e degli obiettivi da raggiungere. Difficilmente, infatti, potranno essere raggiunti risultati significativi se il livello di risorse per politiche di incentivazione continuerà nel trend di riduzione che ha portato l Italia, nel suo complesso, al quartultimo posto in Europa per incentivi concessi rispetto al PIL, e il Mezzogiorno a ricevere meno della metà degli incentivi del Centro Nord. Tabella 3 - Interventi agevolativi complessivi per ripartizione territoriale (in mln di euro) Agevolazioni concesse Centro Nord 2783,3 2481,2 3179,9 3290,2 2954,2 3303,8 Mezzogiorno 8488,5 1237,4 5546,9 1062,6 1182,5 1244,7 Regione non classificabile 128,4 18,3 902,9 978,9 499,3 70,4 Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico Relazione degli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive 2012 In particolare, guardando al più efficace coordinamento degli interventi nella logica declinata dal documento Metodi e obiettivi, cinque appaiono i principali risultati attesi a cui tale rinnovata politica industriale dovrebbe mirare: riavviare una nuova stagione di industrializzazione del Mezzogiorno basata sull innalzamento diffuso del livello di innovazione delle imprese meridionali; 15

16 rafforzare la capacità di attrarre investimenti dall estero al Mezzogiorno, favorendo il consolidamento di addensamenti produttivi a livello locale; promuovere il consolidamento/ricomposizione di filiere produttive; migliorare in maniera strutturale la capacità di accesso al credito delle imprese meridionali; individuare strumenti e processi per la prevenzione e la soluzione di crisi industriali. Per quanto riguarda il primo punto, di primaria importanza è il rilancio alla propensione agli investimenti del sistema produttivo, da perseguire attraverso interventi di natura universale, caratterizzati da estrema semplicità e rapidità di utilizzo, per investimenti in macchinari, impianti e beni intangibili, in particolare nell adozione delle cosiddette tecnologie abilitanti ; a ciò vanno aggiunte misure di accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, e interventi per la nascita e lo sviluppo di imprese con incentivi diretti, anche di natura fiscale. Per quanto riguarda l attrazione degli investimenti, particolarmente utile potrà rivelarsi l adozione di misure mirate/discrezionali riprendendo e migliorando, (ad es. prevedendo una soglia minima in base al settore di attività per evitare la dispersione degli interventi) lo strumento del contratto di sviluppo anche per sviluppare collaborazioni virtuose con le imprese del territorio. Tali misure andranno rivolte al consolidamento, riqualificazione e diversificazione dei sistemi produttivi territoriali, attraverso il sostegno al riposizionamento competitivo e alla riqualificazione produttiva dei sistemi imprenditoriali, per rendere le aree di vitalità/densità imprenditoriale più attrattive (procedimenti di tipo negoziale concordati a livello d area tra amministrazioni competenti e soggetti portatori di interessi a livello locale). A ciò vanno aggiunti gli interventi per il miglioramento della competitività del territorio rurale (previsti nella strategia per le Aree interne) attraverso la promozione e la valorizzazione delle risorse locali presenti. Per quanto riguarda il consolidamento di filiere e addensamenti produttivi, le misure discrezionali dovranno portare al loro completamento con quelle figure d impresa intermedie che permettono di valorizzare l ampio tessuto di piccole imprese esistenti, favorendo la crescita dell impresa leader o l attrazione di imprese dall esterno, selezionando con estrema cura un numero limitato di aggregazioni per ciascuna regione, Con l obiettivo primario di rafforzare la proiezione internazionale, andranno sostenute (anche tramite incentivi fiscali) Reti d impresa e sinergie tra filiere produttive, mediante rapporti di collaborazione e integrazione (accordi industriali, trasferimento tecnologico, reti distributive), anche nel settore del turismo e dei beni culturali. Per quanto riguarda il miglioramento strutturale dell accesso al credito, da avviare fin da subito in funzione delle difficoltà dell attuale fase del ciclo, appare opportuno il rifinanziamento e l ammodernamento delle regole del Fondo centrale di garanzia, anche tramite controgaranzia, e il rafforzamento patrimoniale dei Confidi, favorendone la crescita e l evoluzione verso modelli più efficienti. Per ultimo, dovrà essere perseguito l obiettivo dello sviluppo occupazionale e produttivo nelle aree territoriali colpite da crisi industriale che siano in grado di presentare un progetto unitario di rilancio. Gli interventi dovranno puntare, in forma integrata, sulla promozione di interventi produttivi, anche di carattere innovativo, sulla riqualificazione delle aree interessate, sulla formazione del capitale umano, sulla riconversione di aree industriali dismesse, sul recupero ambientale, sull efficientamento energetico dei siti, sulla realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi. Potrà inoltre essere sperimentata la creazione di uno strumento finanziario per le ristrutturazioni aziendali. Una adeguata offerta di opportunità localizzative per insediamenti produttivi, capace di migliorare la dotazione e la fornitura di servizi moderni ed efficienti nelle aree industriali (e più in generale la 16

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