polimeri organici termoplastici polimeri poco reticolati

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1 Viscoelasticità Il comportamento caratteristico di polimeri organici termoplastici o polimeri poco reticolati intermedio tra il comportamento elastico ed il comportamento di un fluido. Anche materiali metallici e ceramici si comportano in modo viscoelastico ad "alta temperatura".

2 deformazione istantanea e x (a) materiale elastico (b) fluido viscoso (c) materiale viscoelastico Risposta ad una deformazione istantanea a gradino : (a) materiale elastico, (b) fluido viscoso e (c) materiale viscoelastico; è la viscosità del fluido e (t) un impulso di Dirac.

3 Modi di deformazione Rilassamento degli sforzi Variazione del carico nel tempo quando al materiale si impone una deformazione costante. Scorrimento (Creep) Variazione della deformazione nel tempo per azione di un carico costante. OSSERVAZIONE! I modi di deformazione (ad es. rilassamento e scorrimento) dipendono dal tempo, mentre i tipi di deformazione (ad es. estensione monoassiale, taglio semplice, compressione uniforme) dipendono dallo sforzo applicato: si può applicare qualunque modo di deformazione a qualunque tipo di deformazione.

4 rilassamento degli sforzi scorrimento (creep) Due modi di deformazione in viscoelasticità: (a) rilassamento degli sforzi, (b) scorrimento.

5 Qual è l origine del comportamento viscoelastico?

6 Nel caso dei polimeri il comportamento viscoelastico origina dalla contemporanea presenza di forze intermolecolari deboli (tra le catene) e intramolecolari forti (delle catene stesse). Quando si applica uno sforzo meccanico le catene non possono spostarsi liberamente nelle nuove posizioni di equilibrio, le proprieta' meccaniche sono quindi funzione del tempo.

7 Modulo di rilassamento Nel caso di una estensione monoassiale costante e x (t)=e x,0 : E r t t e 0 Predisposizione allo scorrimento o cedevolezza Se si applica una tensione monoassiale costante x (t)= x,0 J c t et 0

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9 Durezza e Prova di durezza (a) Durometro (b) Sequenza per la misura della durezza con un penetratore conico di diamante; la profondità t è inversamente correlata alla durezza del materiale: quanto minore è t, tanto più il materiale è duro.

10 Durezza (Hardness) Misura della resistenza di un materiale alla deformazione plastica localizzata. La misura di durezza si esegue mediante uno strumento detto durometro e consiste nel premere un indentatore di determinata forma e dimensione contro la superficie del pezzo di cui si vuole determinare la durezza, applicando una forza nota in direzione perpendicolare alla superficie. Si mantiene il carico per un tempo determinato, lo si rimuove e, allontanato il penetratore, si misura la dimensione dell'impronta ottenuta oppure la profondità di penetrazione. Il valore della durezza si legge direttamente sullo strumento o si ricava facendo uso di opportune tabelle di conversione. La durezza viene espressa mediante numeri che fanno riferimento a scale convenzionali, non correlabili tra di loro se non per mezzo di tabelle di conversione empiriche. Esse devono essere ricavate per ogni materiale. Sono note per gli acciai.

11 Dato che il valore di durezza è in relazione con la deformazione plastica della zona del materiale nell intorno del punto di contatto tra superficie del materiale ed indentatore, è stata ricavata una relazione empirica tra la durezza (H) ed il carico di snervamento ( s ) H = k s, in cui k è una costante che dipende dal tipo di materiale, all incirca pari a 3.

12 Prove di durezza Parametri relativi alle principali prove di durezza

13 Durezza Brinell Simbolo: Indentatore: HB sfera di acciaio duro (o carburo di tungsteno) D = 10 mm carico: kg Misura: diametro dell'impronta (d ) Unita' di misura BHN = rapporto tra carico applicato e superficie dell'impronta (kg/mm 2 )

14 Durezza Vickers Simbolo: HV Indentatore: piramide di diamante a base quadrata con angolo di 136 carico variabile (1-120 kg) Misura: diagonale dell'impronta (d ) Unita' di misura VHN = rapporto tra carico applicato e superficie dell'impronta (kg/mm 2 )

15 Durezza Knoop Simbolo: HK Indentatore: piramide di diamante rombica (rapporto tra le diagonali di 7:1) carico variabile Misura: diagonale maggiore Unita' di misura HKN = rapporto tra carico applicato e superficie dell'impronta (kg/mm 2 )

16 Durezza Rockwell Simbolo: HR (seguito dalla lettera che distingue le diverse scale da A a G) Indentatore: cono di diamante (scale A-C-D) con angolo 120 sfera 1/16 pollice (scale BFG) sfera 1/8 pollice (scala E) carico Kg Misura: profondità di penetrazione Unita' di misura: HR =

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18 Considerazioni generali A differenza della prova di trazione, che richiede l uso di una provetta che viene portata a rottura, la prova di durezza può essere considerata non distruttiva, in quanto l impronta lasciata dal penetratore normalmente non danneggia il pezzo. La prova di durezza trova quindi largo impiego come rapido controllo di qualità negli stabilimenti di produzione, sia per verificare che la durezza corrisponda a quanto richiesto dalla normativa applicabile, sia come misura approssimata del s.

19 Frattura Una struttura può arrivare a frattura anche in presenza di carichi inferiori al limite di snervamento!!!!!!!????? (a) causa presenza nel materiale di difetti di volume (intagli, pori, cricche) (b) meccanismo insorgenza di condizioni di instabilità propagazione catastrofica del difetto

20 Frattura f f x 2x sin 2x f E 2 a0 a 0 E σ f : sforzo teorico di frattura λ: lunghezza rappresentativa del raggio di azione delle forze atomiche

21 Frattura La resistenza a rottura di un solido dipende dalle forze di legame fra gli atomi. Sulle basi teoriche si stima che in un solido fragile elastico presenti una resistenza a rottura =E/10, con E modulo elastico. In realtà si osservano valori sperimentali di da 10 a 1000 volte inferiori è ciò a causa della presenza di difetti microscopici o microcricche presenti all interno o sulla superficie del pezzo (Griffith, 1920 Irwin, 1957).

22 Frattura (a) concetti fondamentali 1. definizione di frattura separazione in due o più parti di un corpo solido in seguito alla applicazione di un carico di trazione, compressione, flessione o torsione. 2. modalità di frattura frattura fragile frattura duttile

23 (a) frattura duttile deformazione plastica elevata della frattura elevato assorbimento energetico (b) frattura fragile deformazione plastica non apprezzabile della frattura basso assorbimento energetico

24 (b) cause di frattura 1.progettazione 2. materiale 3. processo

25 (c) meccanismo In risposta ad una sollecitazione meccanica prima.la formazione di cricche poi la propagazione delle cricche La modalità di frattura dipende dal meccanismo di propagazione del difetto.

26 La modalità di frattura caratteristica di un dato materiale dipende da: (a) temperatura (b) velocità di deformazione polimeri (T maggiore o minore di Tg), (c) stato di sforzo metalli ( bassa T < Tm, alta T > Tm) ceramici ( bassa T < Tm, alta T > Tm)

27 Frattura duttile (a) estesa deformazione plastica in prossimità della cricca in propagazione (b) cricca stabile se non viene aumentato il carico, il difetto avanza a velocità di propagazione controllata (1) possibilità di applicare misure preventive (2) caratteristica di materiali ad elevata tenacità tipica di metalli e polimeri termoplastici semicristallini

28 Frattura duttile

29 Frattura duttile

30 Frattura fragile (a) scarsa deformazione plastica in prossimità della cricca in propagazione (b) cricca instabile avanzamento rapido e spontaneo (1) frattura improvvisa e catastrofica (2) caratteristica di materiali a bassa tenacità tipica di ceramici, polimeri termoplastici amorfi e polimeri termoindurenti

31 Esempio: Zinco EC monocristallino Frattura fragile

32 Frattura fragile

33 Frattura fragile Frattura Transgranulare Frattura Intergranulare

34 Frattura Duttile e Fragile Frattura duttile Frattura fragile

35 Quando si propaga un difetto? La propagazione di un difetto all'interno di un materiale comporta: (a) rilascio di energia elastica (U el ) immagazzinata dal materiale (b) formazione di nuove superfici a cui è associata energia superficiale (U s ) Il difetto si propaga quindi se è verificata la condizione: dw du el du s ( dw = lavoro eseguito dallo sforzo)

36 Difetto

37 TENACITA (G c ) du s G tda c t = spessore da = avanzamento della cricca di dimensione iniziale a t da = incremento di area di cricca G c = energia assorbita per unità di area di cricca (J m -2 ) Gc è una caratteristica intrinseca del materiale G c elevato: propagazione cricca richiede molta energia. materiale tenace G c basso: la propagazione cricca richiede poca energia.. materiale è fragile

38 I concetti su espressi possono essere impiegati per calcolare l'adesione di un nastro adesivo. Misura dell adesione di un nastro adesivo

39 Trascurando il termine relativo all'energia elastica, l'equazione precedente diventa: dw G tda Mgda G tda c c G c Mg t (Gc 500 Jm -2 ) Gc = adesione t = larghezza del nastro (2 cm) Mg = forza peso (1 kg) da = lunghezza di nastro distaccato dal peso Mg

40 F da spessore (t) a F Propagazione di una cricca esterna di lunghezza a in una piastra vincolata (dw=0).

41 Nel caso in cui la struttura sia sottoposta a vincoli che ne impediscono la deformazione si ha: dw 0 e quindi, du el G tda c (l'energia elastica è ceduta, quindi - L energia elastica per unita' di volume (U el ) è data da: du el è positivo) 2 U el 1 e 2 2E

42 da s a 2 1 U el e 2 2E e Rilascio di energia elastica, immagazzinata in fase di deformazione, durante la propagazione della cricca.

43 Per una cricca esterna di lunghezza a, l energia elastica è: U el 2 2E a 2 2 t La propagazione della cricca di da provoca quindi un rilascio di energia elastica pari a: du el du da el da 2 2E atda

44 Condizione critica di propagazione del della cricca : 2 2E atda G tda c 2 a G c 2E Considerando la reale distribuzione degli sforzi intorno all'apice della cricca si ottiene: 2 a G c E

45 L'equazione precedente, che descrive la condizione di frattura, viene più convenientemente messa nella forma: a EG c a rappresenta la condizione di sforzo, viene indicato con il simbolo K (MNm -3/2 ), fattore di intensità degli sforzi EG c proprietà intrinseca del materiale che viene indicata con il simbolo Kc (MNm -3/2 ),, fattore di intensità degli sforzi critico (TENACITA A FRATTURA)

46 Quando si verifica la frattura? K K c

47 A seconda della direzione di propagazione della cricca rispetto alla direzione di applicazione dello sforzo, per il fattore di intensità degli sforzi K si usano i simboli K I K II K III

48 Teoria di Griffith In forma più generale la condizione di frattura di un materiale fragile si ricava nel modo seguente. Assumendo la presenza di un difetto interno di dimensione 2a e profondità t =1 U el E 2 a 2 U s 22a 4 a U U s U el 2 4a a E 2 Variazione totale di energia necessaria alla propagazione della cricca

49 U U s U el 2 4a a E 2 Condizione critica massima energia totale du du s du el 0 da da da

50 du du s du el 0 da da da du da d da 2 4 a da 2 4 a a 2E E d E 2 a 2 0 equazione di Griffith (per materiali fragili) 2 E a

51 energia superficiale U s =4γa energia totale U=U s +U el a critica lunghezza cricca (a) U el = -σ 2 πa 2 E energia elastica Variazione dell energia superficiale, dell energia di deformazione elastica e dell energia totale in funzione della lunghezza della cricca.

52 2G c = 4γ du s da 4 du da el 2 2 a 2G E c a critica lunghezza cricca (a) La condizione critica, in condizioni di sforzo piano ( t<<a<< altre dimensioni) per materiali idealmente fragili è quindi G c = 2γ

53 stabile critico instabile Variazione del volume di rilascio di energia in funzione della propagazione di una cricca durante una deformazione a trazione: (a) cricca stabile per < c,ovvero l < lc; (b) (b) cricca critica, = c oppure l = lc; (c) barretta rotta l > lc; la zona in grigio rappresenta il volume interessato da rilascio di energia elastica.

54 TENACITA : lunghezza critica del difetto L energia somma ha un massimo in corrispondenza al valore l c della cricca. 1. l < l c cricca stabile, ovvero la cricca non si propaga spontaneamente 2. l > l c cricca instabile, ovvero la propagazione della cricca è accompagnata dalla diminuzione dell energia del sistema e la cricca si propaga spontaneamente provocando la frattura rovinosa del sistema.

55 Nel caso di materiali fragili in condizioni di deformazione piana (es. lamiere spesse) : a 2 E 1 2 coefficiente di Poisson

56 Nel caso di materiali duttili per i quali interviene una deformazione plastica all'apice della cricca E 2 a p energia di deformazione plastica per unità di superficie

57 In base alla equazione di Griffith si può dire che per un dato sforzo (o per una data dimensione di cricca) esiste una dimensione critica della cricca (o sforzo) che comporta la rottura catastrofica. Materiali a comportamento fragile G c 2 ( ) Materiali a comportamento duttile Gc 2 p 10 p

58 Le condizioni critiche di frattura pertanto diventano: Modulo di Young (a) in condizione di sforzo piano tenacità a G E c, dove K c G c E (b) in condizione di deformazione piana a 1 2 G E fattore di intensità degli sforzi critico (TENACITA A FRATTURA) c, dove c 2 c K G E 1

59 Come si misura la tenacità (G c )? Dato provino di geometria definita: (1) si crea una cricca di dimensione nota a (2) si applica uno sforzo crescente fino a rottura. In questo modo si misura Kc, da cui noto E si ricava Gc a G E c

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61 Meccanismi di propagazione di difetti cricca ellittica (semiassi b ed a) contenuta in una lastra sottile sottoposta a carico di trazione I difetti di volume (intagli, cricche ecc.) presenti nei materiali provocano una concentrazione degli sforzi al loro apice. Applicando uno sforzo nominale s in presenza di una cricca ellittica di diametro maggiore 2a e diametro minore 2b, lo sforzo effettivo raggiunge un valore massimo σ m in corrispondenza dell apice della cricca, calcolabile per mezzo dell'equazione: 1 2 m a b se b << a a m 2 b

62 L azione di concentrazione degli sforzi diventa minima per difetti sferici (poro): 3 m Se si tiene conto del raggio di curvatura r all'apice del difetto: b 2 a si ha: 1 2 m a se ρ << a m 2 a

63 Lo sforzo nella zona antistante il difetto (fronte della cricca ) varia con la distanza dall'apice della cricca (x): Per ρ molto piccolo vale la relazione: loc 1 a 2x Per x molto grande (grande distanza dall apice) loc Per x molto piccolo (in prossimità dell apice) loc m

64 Ad una distanza x s dall'apice della cricca si può verificare che lo sforzo raggiunga il valore del carico di snervamento σ s x s 2 a K s s Se si raggiunge la condizione K K c x s 2 a K 2 c s s x s = profondità della zona deformata plasticamente

65 Principi di meccanica della frattura: fattore di concentrazione dello sforzo Per una cricca ellittica di lunghezza 2a e raggio di curvatura t lo sforzo massimo ( m ) all apice della cricca è, se l asse maggiore è ortogonale alla direzione di applicazione del carico ( 0 ): a 1/ 2 m 2 0 ( ) m 1/ 2 t K t 0 a 2( ) t Fattore di concentrazione dello sforzo

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67 L effetto di intensificazione degli sforzi è più significativo nei materiali fragili vs a quelli duttili. Nei materiali duttili, infatti la deformazione plastica porta ad una maggiore distribuzione degli sforzi all apice della cricca e, quindi, ad un valore di K t minore di quello teorico, cosa che non accade nei materiali fragili nei quali il fattore è vicino a quello teorico. Griffith ipotizzò che tutti i materiali fragili contengono una popolazione di microcricche con varie geometrie ed orientazioni.

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70 K I Tenacità a frattura ( ) c o Fattore di intensità degli sforzi critico KI c E2 ay Fattore geometrico numero puro che dipende dalla geometria del pezzo Proprietà intrinseche del materiale E (modulo di Young), (energia sup. specifica) Condizioni al contorno dimensioni della cricca (a) carico applicato ()

71 Tenacità a frattura ( K I ) c B 2.5 K IC y 2

72 (a) Frattura fragile zona di deformazione plastica estremamente ridotta K c basso σ s alto (che impedisce la plasticizzazione all apice della cricca ed il suo arrotondamento) superficie di rottura liscia (per effetto della scarsa o assente deformazione plastica) (b) Frattura duttile ampia zona di deformazione plastica G c e K c elevato σ s basso superficie di rottura rugosa (per effetto della elevata deformazione plastica)

73 Meccanismo di frattura in materiali duttili 1. deformazione plastica 2. formazione di microvuoti 3. coalescenza dei microvuoti 4. arrotondamento dell'apice della cricca 5. riduzione dell'effetto di concentrazione degli sforzi Meccanismo ad elevato costo energetico per la deformazione plastica: Gc elevato Kc elevato

74 plasticizzazione all apice della cricca coalescenza di microvuoti arrotondamento all apice della cricca riduzione dell effetto di concentrazione dello sforzo

75 Teoria di Griffith della frattura fragile Condizione perché si verifichi la frattura: rilascio energia elastica = energia necessaria a creare due nuove superfici Si dimostra così che in un materiale fragile lo sforzo critico ( s ) richiesto per la propagazione di una cricca di lunghezza a è dato da: E (modulo di Young) s (sforzo critico) a (lunghezza cricca) s energia superficiale specifica c 2 E s a 1/ 2

76 nel caso di materiali duttili... Si aggiunge all energia superficiale specifica ( s ) il fattore ( p ) che tiene conto anche della deformazione plastica associata alla propagazione di una cricca di lunghezza a. La formula diventa quindi: E (modulo di Young) s (sforzo critico) a (lunghezza cricca) s energia superficiale specifica p energia superficiale specifica relativa alla cricca plasticizzata c 2 E ( s a p ) 1 / 2

77 Materiali duttili Materiali fragili tenacità a frattura (K Ic ) elevata tenacità a frattura (K Ic ) bassa

78 Transizione duttile-fragile Alcuni materiali duttili a temperatura ambiente presentano comportamento fragile al di sotto di una certa temperatura. Essi sono caratterizzati da una temperatura di transizione duttile-fragile Nel caso dei materiali metallici, la ridotta agitazione termica rende più difficile il movimento delle dislocazioni, innalzando il limite di snervamento.

79 Schema dei meccanismi di frattura all apice di una cricca: (a) aspetto macroscopico, nel caso di un materiale a frattura fragile (ceramica), duttile con zone di deformazione plastica (metallo) e duttile per microfessurazioni (polimero termoplastico); (b) aspetto microscopico, rappresentazione schematica della forma della zona di deformazione plastica assente nel materiale fragile dovuta al movimento delle dislocazioni nei metalli, e risultante da estensione e da rottura delle catene nei polimeri.

80 RESILIENZA Capacità del materiale a resistere a sforzi dinamici PROVA DI RESILIENZA Tipi di prove: CHARPY e IZOD Esecuzione della prova: Un pendolo con all'estremità un martello di forma opportuna viene fatto cadere da una data altezza, urta una provetta provvista di intaglio, e risale fino ad una certa altezza. L'energia utilizzata per rompere la provetta è calcolata dalla differenza tra l'altezza iniziale del martello e quella di risalita, dopo impatto con la provetta. Le provette possono avere intaglio a V o ad U. Misura La misura dall energia necessaria per rompere il provino per urto è la resilienza.

81 Le modalità di esecuzione della prova esaltano il comportamento fragile del materiale (1) presenza dell'intaglio = concentrazione degli sforzi e distribuzione triassiale dello sforzo (2) applicazione dinamica dello sforzo = ridotta possibilità di movimento delle dislocazioni Effettuando prove a diverse temperature si può trovare la temperatura di transizione duttile fragile

82 dimensioni tipiche dei provini h 0 provino hf Charpy provino Izod

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84 Risultati della prova d urto per diverse leghe in funzione della temperatura di prova.

85 Comportamento a fatica Applicazione ripetuta o ciclica dello sforzo che può causare la rottura del materiale per valori della sollecitazione anche inferiori al limite di snervamento. La frattura è di tipo fragile anche nei metalli duttili!!! (i.e. ad essa è cioè associata scarsa o nulla deformazione plastica) Il processo procede attraverso la formazione e successiva propagazione di cricche Responsabile del 90 % delle fratture di componenti realizzati in materiale metallico. Importante anche per ceramici e polimeri. Esempi di strutture soggette a rottura per fatica: Valvole cardiache, protesi, articolari, impianti dentali, ponti, aerei, componenti di macchine

86 Sollecitazione alternata, pulsatoria, casuale Tipici andamenti della sollecitazione a fatica in funzione dei cicli. (a) ciclo alternato simmetrico con max e min uguali in valore assoluto, (b) ciclo pulsatorio con max e min disuguali, (c) ciclo casuale.

87 Parametri relativi allo sforzo max min max min m max min 2 a max min 2 R min max

88 Prova di fatica Si eseguono applicando ad una provetta di geometria e dimensioni standard uno sforzo ciclico (trazione-compressione, flessione rotante, piegamento alternato) e costruendo dei diagrammi nei quali si riporta lo sforzo ( a ) in funzione del numero di cicli a rottura (N).

89 Prova di fatica a flessione rotante

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91 Dalla prova di fatica si osservano due comportamenti diversi per diversi materiali: (a) materiali caratterizzati da limite di fatica Esiste uno sforzo al di sotto del quale non avviene rottura per fatica, qualunque sia il numero di cicli. Il limite di fatica rappresenta il valore di carico massimo applicabile per evitare la rottura a fatica per un numero infinito di cicli (b) materiali senza limite di fatica Il numero di cicli a rottura aumenta progressivamente al diminuire del carico.

92 acciai e leghe di titanio leghe non ferrose alluminio, rame, magnesio... Risultati di prove di fatica in un diagramma sforzo applicato-cicli a rottura (-N).

93 Si può distinguere tra: (a) fatica in presenza di difetti (componenti precriccati) (b1) fatica ad alto numero di cicli (componenti non precriccati) (b2) fatica a basso numero di cicli (componenti non precriccati)

94 (a) COMPORTAMENTO A FATICA DI COMPONENTI PRECRICCATI Parametri relativi allo sforzo K min Y min a K max Y max a K K max K min Y ( max min ) a Y a K m K K max min 2 K a K K max min 2 R K K min max

95 Crescita di una cricca da fatica in componenti pre-criccati.

96 In queste condizioni la propagazione della cricca di fatica In base al numero di ciclo è regolata dalla: legge di Paris da dn A m A, m: costanti del materiale 2.5 m 6

97 σ2> σ1

98 da dn A m Velocità di avanzamento di cricche di fatica per componenti precriccati

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101 Velocità di avanzamento della cricca e' data da: da dt da dn dn dt da dn f f = frequenza La variazione della frequenza non modifica la legge di avanzamento della cricca ed il numero di cicli a rottura. Ciò permette l'esecuzione di prove di fatica accelerate.

102 MECCANISMI DI FATICA L'avanzamento di una cricca di fatica è sempre legato alla plasticizzazione del fronte della cricca. Meccanismo di crescita di cricche da fatica.

103 (b1) Fatica a basso numero di cicli (σ> σ s ): La cricca di fatica si innesca in seguito alla formazione di microcricche lungo i piani di scorrimento (a 45 con la direzione di applicazione del carico) generate dalla plasticizzazione generale del materiale. Meccanismo di innesco di cricche nel caso di fatica a basso numero di cicli. Una volta innescata la cricca si accresce con il meccanismo descritto nella figura precedente.

104 (b2) Fatica ad alto numero di cicli (σ < σ s ): La cricca si innesca in seguito a plasticizzazione in un punto in cui si ha una concentrazione degli sforzi in grado di rendere localmente σ>σ s. Innesco di una cricca nel caso di fatica ad alto numero di cicli.

105 Fattori che influiscono sulla vita a fatica (1) Sforzo medio

106 Fattori che influiscono sulla vita a fatica (2) fattori di progetto Effetti superficiali trattamenti superficiali pallinatura cementazione

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