Funzioni reali di 2 variabili reali
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- Leopoldo Alberti
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1 Funzioni reali di 2 variabili reali Sono funzioni del tipo: f :domf R 2 R Ad ogni punto P =(x, y) di un sottoinsieme dom f P =(x, y) f (P )=f (x, y) di R 2 associano un numero reale f (P )=f (x, y). Se f (x, y) è un espressione in x, y, salvo diversa indicazione si conviene che: dom f = {(x, y) R 2 : f (x, y) esiste in R}. Si chiama immagine di f il sottoinsieme di R deivaloriassuntidaf, cioè l insieme im f := {f (x, y) R :(x, y) dom f}. Grafico di una f :domf R 2 R È il sottoinsieme di R 3 definito da G f = {(x, y, f (x, y)) R 3 :(x, y) dom f} = luogo dei punti (x, y, z) di equazione z = f (x, y). Proiezione ortogonale di G f sul piano xy =domf. Proiezione ortogonale di G f sull asse z =imf. Esempio. Il grafico di f (x, y) =ax + by èilpianoz = ax + by (non verticale, ortogonale a N =(a, b, 1)).
2 Insiemidilivellodiunaf :domf R 2 R Sono i sottoinsiemi di dom f definiti da L f,c = {(x, y) dom f : f (x, y) =c},cr = l insieme dei punti su cui f ècostanteevalec. Esempio. Gli insiemi L f,c di f (x, y) =ax + by (a, b non entrambi nulli) sono L f,c : f (x, y) =c, cioè le rette ax + by = c del piano xy. Ovviamente L f,c = se e solo se c im f. L f,c èlaproiezionesulpianoxy dell intersezione tra il grafico z = f (x, y) ed il piano z = c. Gli insiemi di livello danno una rappresentazione bidimensionale dell andamento di f, alternativa a quella tridimensionale data dal grafico. Insiemi di livello della funzione f (x, y) = x2 1 esuografico x 2 +y 2 Rappresentadole per valori equidistanziati di c, si visualizzano anche informazioni sulla velocità di variazione dei valori di f.
3 Continuità Definizione. Sia f :domf R 2 R. Sidiceche: f è continuainunpuntop 0 dom f se: > 0, > 0 tale che P dom f B (P 0 ) = f (P ) f (P 0 ) < ; cioè f (P ) I (f (P 0 )) f è continua (o continua ovunque) se è continua in tutti i punti di dom f; f è continuasuuninsiemea dom f se la restrizione f A è continua. L insieme delle funzioni reali continue su A si indica con C (A) o C 0 (A). Per stabilire la continuità di una funzione di più variabili, sono di solito sucienti i risultati seguenti. Ogni funzione continua di una variabile è anche continua come funzione di più variabili. Esempio. (y) =logy continua su dom =(0, +) = f (x, y) =logy continua su dom f = {(x, y) :y>0} = R (0, +). Combinazioni lineari, prodotti, rapporti e composizioni di funzioni continue risultano funzioni continue. Esempio. f (x, y) = y e x ècontinuasudom f = {(x, y) :y e x },perché f (x, y) = (g (x, y)) con (t) = t e g (x, y) =y e x sono continue (dove g ècontinuasudom g = R 2 perché c.l. di funzioni continue).
4 Segue che le funzioni polinomiali (cioè i polinomi in x, y) sono continue su tutto R 2 e le funzioni razionali (cioè i rapporti di polinomi in x, y) sono continue in tutti i punti in cui sono definite (cioè i punti di R 2 in cui il denominatore non si annulla). Sia f :domf R 2 R. Valgono i seguenti teoremi: Teorema(dellapermanenzadelsegno).Se f ècontinuainp 0 ed f (P 0 ) = 0, allora esiste un intorno B r (P 0 ) in cui f ha lo stesso segno di f (P 0 ). Teorema (dei valori intermedi). Se f è continua e dom f è connesso, allora im f è un intervallo. Teorema (di Weierstrass). Se f è continua e dom f è compatto, allora f ammette massimo e minimo assoluti (cioè li ammette im f): A, B dom f tali che f (A) = max f (P ) e f (B) = min f (P ). P dom f P dom f In particolare, f è limitata (cioè lo è im f): a, b R tali che P dom f : a f (P ) b.
5 Limiti Definizione. Siano f :domf R 2 R e P 0 =(x 0,y 0 ) un punto di accumulazione per dom f. Si dice che f (P ) tende al limite (finito o infinito) per P che tende a P 0 esiscrive lim f (P )= o lim f (x, y) = P P 0 (x,y)(x 0,y 0 ) se 2 per ogni intorno I () esiste > 0 tale che P dom f B (P 0) f (P ) I (). Limiti e continuità. f :domf R 2 R ècontinuainp 0 dom f se e solo se: P 0 è punto di accumulazione per dom f P 0 è un punto isolato di dom f oppure lim f (P )=f(p 0 ). P P 0 Per un approfondimento sul calcolo di limiti in 2 variabili, si veda il file apposito. 2 Ricordiamo che I () =(, + ) se R, mentrei (+) =(a, +) e I () =(,b). Inoltre poniamo B (P 0):=B (P 0 ) \{P 0 }. Derivate parziali e gradiente Definizione. Siano f :domf R 2 R e P 0 =(x 0,y 0 ) un punto interno a dom f. Si dice che f è derivabile parzialmente nel punto P 0 rispetto alla variabile x se la funzione f (x, y 0 ) della sola variabile x è derivabile in x = x 0, cioè esiste la derivata d dx f (x, y 0) f (x 0 + h, y 0 ) f (x 0,y 0 ) =lim. h0 x=x0 h In tal caso, tale derivata è indicata con f x (x 0,y 0 ) o f x (x 0,y 0 ) o D x f (x 0,y 0 ) ed è detta derivata parziale di f rispetto ad x nel punto P 0. f (x, y 0 ) è definita almeno in (x 0 r, x 0 + r)
6 Analogamente per la derivata parziale rispetto ad y: f y (x 0,y 0 ):= d dy f (x 0,y) f (x 0,y 0 + h) f (x 0,y 0 ) = lim. h0 y=y0 h Definizione. Siano f :domf R 2 R e P 0 un punto interno a dom f. Se f è derivabile in P 0 rispetto ad entrambe le sue variabili, si chiama gradiente di f in P 0 il vettore f f (P 0 ):= x (P 0), f y (P 0) R 2. Esempio. Siaf (x, y) =x y 2 + xy. dom f = {(x, y) :xy 0}, malederivateparzialidif hanno senso solo nei punti di (dom f) = {(x, y) :xy > 0} (unione dei quadranti I e III, assi esclusi). Prendiamo P 0 =(1, 3) (dom f) e calcoliamo f (1, 3) = f f (1, 3),.Siha (1, 3) x y f d (1, 3) = f (x, 3) x dx = d x=1 dx f y (1, 3) = d dy f (1,y) = d y=3 dy equindif (1, 3) = , y=3 3 2, x 9+ 3x =1+ 3 x=1 2 3x =1+ x=1 1+y 2 + y =2y + 1 y=3 2 =6+ 1 y 2 3
7 Se f è derivabile rispetto a tutte le sue variabili in tutti i punti di un aperto dom f, allora le derivate parziali di f sono a loro volta funzioni di due variabili, definite su : f x f f : P (P ) R, x y : P f y (P ) R. Se tali funzioni sono continue su, diciamo che f è di classe C 1 f C 1 (). su e scriviamo Esempio. Riprendiamo f (x, y) =xy 2 + xy e prendiamo un generico (x, y) (dom f). Guardando la funzione x xy 2 + xy della sola variabile x (y va vista come costante), si ha f d (x, y) = x y 2 + xy d =10+ x dx dx ( xy) =1+ y 2 xy se xy > 0 e dunque f =1+ y x 2 è una funzione reale definita sull aperto =(domf). xy Analogamente, immaginando x come costante, si ottiene f y (x, y) = d x y 2 + xy = 2y + dy equindif (x, y) = 1+ y 2 xy, 2y + x 2 xy x 2 xy per ogni (x, y) per ogni (x, y). Le funzioni f x e f y sono continue su e perciò risulta f C1 ().
8 Significato geometrico delle derivate parziali Siano f :domf R 2 R e (x 0,y 0 ) interno a dom f. La funzione y f (x 0,y) è la restrizione di f ai punti della retta x = x 0 (del piano xy). Il suo grafico z = f (x 0,y) si visualizza in R 3 intersecando z = f (x, y) con il piano x = x 0 (verticale e contenente la retta). La derivata f y (x 0,y 0 )= d dy f (x 0,y) èilcoeciente angolare della retta del piano verticale x = x 0 tangente al grafico z = f (x 0,y) nel punto (x 0,y 0,f(x 0,y 0 )). y=y0 In figura: f y (x 0,y 0 )=tan.
9 Dunque f x (x 0,y 0 ) e f y (x 0,y 0 ) sono una misura numerica (con segno) della velocità con cui variano i valori f (x, y) muovendo il punto (x, y) nell intorno di (x 0,y 0 ) parallelamente e concordemente agli assi. E muovendolo secondo altre direzioni? Derivate direzionali Sia f :domf R 2 R esianop 0 un punto interno a dom f ed u R 2 un versore (potremmo scrivere u =(cos, sin )). Consideriamo parametricamente la retta (del piano xy) passante per P 0 e parallela ad u: P (t) =P 0 + tu. Consideriamo la funzione del parametro t ottenuta calcolando f sui punti della retta: (t) =f (P (t)) = f (P 0 + tu). Se esiste, la derivata (0) = d dt f (P 0 + tu) f (P 0 + tu) f (P 0 ) =lim t0 t=0 t (t) è definita almeno in un intorno di t =0 esiha (0) = f (P 0 ) è indicata con f u (P 0) ed è detta derivata direzionale di f secondo il versore u nel punto P 0.
10 Significato geometrico della derivata direzionale La funzione (t) =f (P 0 + tu) è la restrizione di f ai punti della retta r : P (t) =P 0 + tu (del piano xy). Il suo grafico z = (t) si visualizza in R 3 intersecando z = f (x, y) con il piano verticale contenente la retta r. La derivata f u (x 0,y 0 )= (0) èilcoeciente angolare della retta del piano verticale contenente r tangente al grafico z = (t) (=f (P 0 + tu)) nel punto (x 0,y 0,f(x 0,y 0 )). Dunque f u (P 0) èunamisura numerica (con segno) 3 della velocità con cui variano i valori f (P ) muovendo P vicino a P 0 lungolarettap 0 + tu e concordemente con u. Si noti che f i (P 0)= f x (P 0) e f j (P 0)= f y (P 0). 3 muovendo P nel verso di u, i valori f (P ) crescono se f u (P 0) > 0 e decrescono se f u (P 0) < 0
11 Dierenziabilità Definizione. Siano f :domf R 2 R e P 0 un punto interno a dom f. Si dice che f è dierenziabile in P 0 se: (i) esiste f (P 0 ) (cioè esistono entrambe le derivate parziali di f in P 0 ); (ii) si ha f (P ) f (P 0 ) f (P 0 ) (P P 0 ) lim =0, P P 0 P P 0 cioè (estendendo la ben nota definizione di o piccolo) f (P )=f (P 0 )+f (P 0 ) (P P 0 )+o (P P 0 ) P P0. Più esplicitamente, la formula f (P )=f (P 0 )+f (P 0 ) (P P 0 )+o (P P 0 ) P P0 diventa f (x, y) =f (x 0,y 0 )+ f x (x 0,y 0 )(x x 0 )+ f y (x 0,y 0 )(y y 0 )+ +o (x x 0 ) 2 +(y y 0 ) 2 (x,y)(x 0,y 0 ) ed è detta formuladitaylordiordine1 di f in P 0 (MacLaurin se P 0 =(0, 0)). Il polinomio (nelle variabili x, y) T 1 (x, y) :=f (x 0,y 0 )+ f x (x 0,y 0 )(x x 0 )+ f y (x 0,y 0 )(y y 0 ) èdettopolinomio di Taylor di ordine 1 di f in P 0 (MacLaurin se P 0 =(0, 0)).
12 Se f èdierenziabile in P 0,ilgraficoz = T 1 (x, y) del polinomio T 1,cioèilpiano z = f (x 0,y 0 )+ f x (x 0,y 0 )(x x 0 )+ f y (x 0,y 0 )(y y 0 ), èdettopiano tangente al grafico di f nel punto (x 0,y 0,f(x 0,y 0 )). Tratuttiipianiper(x 0,y 0,f(x 0,y 0 )), è quello che meglio approssima il grafico di f nelle vicinanze di tale punto (nel senso che è l unico piano tale che, per P P 0, lo scarto tra le quote su grafico e piano tende a 0 più velocemente della distanza d (P, P 0 )=P P 0 ). Stabilire se una funzione è dierenziabile tramite la definizione non è agevole e di solito si ricorre al seguente: Teorema (condizione suciente di dierenziabilità). Sia f :domf R 2 R. Se f èdiclassec 1 in un aperto dom f, allora f èdierenziabile in tutti i punti di. La nozione di dierenziabilità svolge in più variabili molti dei ruoli che la derivabilità svolge in una variabile. Ad esempio: Teorema. Se f :domf R 2 R èdierenziabile in P 0,alloraf ècontinuainp 0. Nota: la sola derivabilità parziale non assicura la continuità ( funzioni, anche semplici, che hanno derivate parziali in un punto, ma non sono continue in quel punto).
13 Il seguente risultato segue facilmente dalle formule di derivazione di funzioni composte, che vedremo tra poco. Teorema (dierenziabilità e derivate direzionali). Se f :domf R 2 R è dierenziabile in P 0, allora: (i) f è derivabile in P 0 secondo tutte le direzioni; (ii) per ogni versore u R 2,risulta Note: f u (P 0)=f (P 0 ) u. la derivabilità in ogni direzione non implica la dierenziabilità ( funzioni con tutte le derivate direzionali in un punto, che non sono dierenziabili, e nemmeno continue, in quel punto); continuità e derivabilità direzionale non implicano la dierenziabilità ( funzioni continue che hanno tutte le derivate direzionali in un punto, ma non sono dierenziabili in quel punto). Significato geometrico del gradiente: massima crescita Problema. Allontanando P da P 0, secondo quale direzione e verso devo muovermi per avere massima velocità di crescita dei valori f (P )? Cerco un versore v tale che f v (P f 0)=max u=1 u (P 0). Se esiste, v è detto direzione di massima crescita nel punto P 0.
14 Supponiamo f :domf R 2 R dierenziabile in P 0 esiau R 2 un generico versore. Si ha f u (P 0)=f (P 0 ) u = f (P 0 )ucos = f (P 0 ) cos, dove è l angolo tra u e f (P 0 ). Allora, poiché 1 cos 1, f u (P 0) èmassima quando cos =1,cioè =0,cioè quando u è parallelo e concorde con f (P 0 ). Dunque v = f (P 0) f (P 0 ) è la direzione di massima crescita in P 0. Derivazione di funzioni composte Vediamo due regole di derivazione (casi particolari della più generale regola della catena, che sarà vista più avanti). 1 Sia t f (x (t),y(t)) la composta di f :domf R 2 R con x, y : I R R. Se x, y sono derivabili in t 0 ed f èdierenziabile in P 0 =(x (t 0 ),y(t 0 )), allora d f (x (t),y(t)) dt = f (P 0 ) (x (t 0 ),y (t 0 )) = f t0 x (P 0) x (t 0 )+ f y (P 0) y (t 0 ). 2 Sia (x, y) g (f (x, y)) la composta di g : I R R con f :domf R 2 R. Se f èdierenziabile in P 0 e g è derivabile in f (P 0 ),allora g (f (x, y)) x = g (f (P 0 )) f P0 x (P 0), g (f (x, y)) y = g (f (P 0 )) f P0 y (P 0).
15 Sono regole di valenza teorica (nella pratica si deriva l espressione della composta), dalle quali segue, ad esempio, la formula su gradiente e derivate direzionali. Dimostrazione del teorema su dierenziabilità e derivate direzionali. Sia f :domf R 2 R esianop 0 =(x 0,y 0 ) (dom f) ed u =(a, b) un versore. Consideriamo la retta (x (t),y(t)) = (x 0 + at, y 0 + bt) passante per P 0 e parallela ad u. Se f èdierenziabile in P 0, allora la regola derivazione composta 1 implica d f (x (t),y(t)) dt = f (x (0),y(0)) (x (0),y (0)) = f (P 0 ) u. t=0 = f(x 0,y 0 ) =(a,b) f = u (P 0) Derivate successive e formula di Taylor di ordine 2 Se f :domf R 2 R ammette gradiente in tutti i punti di un aperto dom f, allora le derivate parziali delle funzioni f e f in un punto P x y 0, se esistono, sono indicate con 2 f x (P f 2 f 0):= (P 2 0 ), x x yx (P f 0):= (P 0 ), y x 2 f xy (P f 2 f 0):= (P 0 ), x y y (P f 0):= (P 2 0 ) y y e vengono dette derivate parziali seconde (pure la prima e l ultima, miste le altre) di f in P 0.Siusanoancheisimbolif xx, f xy, f yx, f yy, rispettivamente.
16 Le derivate seconde sono 4 edè molto utile disporle in una matrice 2 2 (vedremo perché): H f (P 0 ):= 2 f x 2 (P 0) 2 f xy (P 0) 2 f yx (P 0) 2 f. y (P 0) 2 H f (P 0 ) si chiama matrice hessiana di f in P 0. Se le seconde esistono in tutti i punti di, esse sono nuovamente funzioni definite su e, se derivabili ulteriormente, forniscono le 2 3 =8derivate parziali terze di f. E così via, fino a definire le eventuali 2 k derivate parziali di ordine k di f. Nei casi più comuni, le miste non sono così tante come sembra. Vale infatti il seguente: Teorema (di Schwarz, sull indipendenza delle miste dall ordine di derivazione). Sia R 2 un aperto e sia f C 1 () tale che 2 f esiste ed è continua su. Allora xy P : 2 f yx (P )= 2 f xy (P ) (analogamente se esiste ed è continua 2 f yx ). Nei casi più comuni, il teorema può essere applicato ripetutamente e allora si riduce anche il numero delle miste di ordine superiore al secondo. Inoltre, la matrice hessiana H f risulta essere una matrice simmetrica.
17 Definizione (classi C k ). Sia f :domf R 2 R esia dom f un aperto. Diciamo che f è di classe C k su se tutte le 2 k derivate parziali di ordine k di f esistono e sono continue su. Diciamo che f è di classe C su se f è di classe C k su per ogni k 1. L insieme delle funzioni di classe C k su un aperto si indica con C k () (1 k ). Ogni C k () è sottospazio vettoriale dello spazio vettoriale delle funzioni da in R e valgono le inclusioni C 0 () C 1 () C 2 ()... C () (basta applicare ripetutamente l implicazione f C 1 () f C 0 ()). Teorema. Sia f :domf R 2 R di classe C 2 in un intorno di un punto P 0 =(x 0,y 0 ). Allora vale la seguente formula f (x, y) =f (P 0 )+ f x (P 0)(x x 0 )+ f y (P 0)(y y 0 ) f x 2 (P 0)(x x 0 ) f xy (P 0)(x x 0 )(y y 0 )+ 2 f y 2 (P 0)(y y 0 ) 2 + o (x x 0 ) 2 +(y y 0 ) 2 (x,y)(x 0,y 0 ), + detta formuladitaylordiordine2 di f in P 0 (MacLaurin se P 0 =(0, 0)).
18 Ottimizzazione di funzioni reali di 2 variabili È il problema della ricerca di eventuali punti di massimo o minimo di una funzione f :domf R 2 R. Definizione. Diciamo che P 0 èunpunto di massimo (minimo) relativo per f se esiste B r (P 0 ) tale che P B r (P 0 ) dom f risulta f (P ) f (P 0 ) (rispettivamente f (P ) f (P 0 )). Si parla di punto di massimo o minimo stretto se le disuguaglianze sono strette per P = P 0. punto di massimo relativo stretto (non assoluto) Non c è una tecnica che sia definitiva in generale. Però, in ipotesi di buona regolarità di f, il problema della ricerca di eventuali punti di massimo o minimo interni a dom f èrisolto quasi completamente dai teoremi di Fermat e della matrice hessiana. Definizione. P 0 èunpuntocriticoostazionario per f se 4 f (P 0 )=0. Teorema (di Fermat). Se i) P 0 è un punto di max o min per f ii) f (P 0 ) esiste ( P 0 interno a dom f), allora P 0 è punto critico per f (cioè f (P 0 )=0). Conseguenza: sedom f èapertoedf è derivabile parzialmente ovunque, allora ogni punto di massimo o minimo è punto critico. Se f èdierenziabile in P 0,allora P 0 è punto critico se e solo se il piano tangente in P 0 èorizzontale 4 Alcuni autori richiedono anche che f sia dierenziabile in P 0, cioè che esista il piano tangente in P 0.
19 Attenzione! Un punto critico può non essere né di massimo né di minimo. Ad esempio, f (x, y) =x 3 + y 3 ha un punto critico in P 0 =(0, 0), ma in ogni intorno B r (P 0 ) ci sono sia un punto P 1 in cui f (P 1 ) <f(p 0 ) che un punto P 2 in cui f (P 2 ) >f(p 0 ) (ad esempio perché f (x, 0) = x 3 è positiva per x>0 enegativaperx<0). Teorema (della matrice hessiana). Supponiamo che P 0 (dom f) sia punto critico per f echef sia di classe C 2 in un intorno di P 0.Risultache: se det H f (P 0 ) < 0, allora P 0 non è punto di massimo né di minimo per f ed è detto punto di sella; se det H f (P 0 ) > 0 e tr H f (P 0 ) > 0, allora P 0 è punto di minimo stretto per f; se det H f (P 0 ) > 0 e tr H f (P 0 ) < 0, allora P 0 è punto di massimo stretto per f. Attenzione! Se det H f (P 0 )=0, il teorema non permette di concludere nulla (nel senso che P 0 potrebbe essere punto di max, di min o di nessuno dei due tipi). Per studiare P 0 si deve allora ragionare caso per caso, ricorrendo alle definizioni di punto di max e min. Il caso det H f (P 0 ) > 0 e tr H f (P 0 )=0, invece, non si può presentare.
20 Il teorema precedente comprende anche la seguente definizione 5 : un punto P 0 è detto punto di sella per f se f è di classe C 2 in un intorno di P 0, f (P 0 )=0 e det H f (P 0 ) < 0. La definizione è motivata dal fatto che, nell intorno di un punto di sella, il grafico di f ha un andamento simile a quello dell esempio in figura. grafico e piano tangente di f (x, y) =y 2 x 2 nell intorno dell orgine (punto sella per f) 5 Alcuni autori danno definizioni più generali di punto di sella, ad esempio come punto critico P 0 che sia di max relativo stretto lungo una retta passante per P 0 e di min relativo stretto lungo un altra, oppure, ancora più in generale, come puntocriticochenonsianédimaxnédimin. Attenzione: è importante distinguere il problema della ricerca di punti di max o min interni a dom f (detti liberi), da quello, assai più complicato, della ricerca di punti di max o min appartenenti all eventuale frontiera di dom f (detti vincolati). dom f = R 2 dom f =[1, 1] [1, 1]
Le derivate parziali
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