COGNIZIONE INCARNATA E FORMAZIONE

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1 COGNIZIONE INCARNATA E FORMAZIONE Proposta di progetto di ricerca di Ilaria Sabatini per il concorso d ammissione alla SCUOLA DI DOTTORATO IN DISCIPLINE UMANISTICHE A.A INTRODUZIONE Per Cognizione Incarnata o Embodied Cognition, intendo la concezione secondo cui la mente va considerata come radicata basilarmente nel corpo (Lakoff, 1996), ovvero essa consiste in certe capacità del corpo, comprese le capacità sensoriali e motorie (Cellucci, 2005). Secondo questa nuova concezione della mente, derivata dalle ultime scoperte delle neuroscienze, il mentale risulta fortemente legato sia alle emozioni, che ne sono parte integrante (Damasio, 2000), sia all esperienza vissuta con il corpo in continua interazione con la realtà esterna. Queste scoperte che proseguono dalla metà degli anni 70 sino ad oggi, riconosciute così ricche di implicazioni che hanno fatto pensare ad una vera e propria rivoluzione cognitiva nello studio della mente (Johnson, 1996), hanno trovato dei campi di applicazione e approfondimento in alcuni ambiti, come nella psichiatria o nella psicoanalisi (Solms, Turnbull, 2004). Resta invece deficitario un approfondimento della ricaduta di tali scoperte sulla formazione e quindi sulle pratiche didattiche della scuola, che invece potrebbero dare importanti indicazioni su come si dovrebbe formare-educare se si vuole assecondare il normale funzionamento della mente. 2. DALL EDUCAZIONE TRASMISSIVA ALL EDUCAZIONE ATTIVA Ogni scelta educativa ha a monte, dietro di sé, un modello, anche se inconsapevole di mente (Bruner, 2007). E il modello di mente che ha dominato per secoli è quello della tabula rasa, ovvero di una mente fondamentalmente passiva, un contenitore vuoto che aspetta di essere riempito. Pertanto la metafora dell imbuto di Norimberga ha illustrato con brutale chiarezza la pratica didattica dell insegnamento trasmissivo. Secondo il modello che sta dietro questa metafora, per il quale l istruzione è lineare e cumulativa, il docente può immettere, travasare, trasmettere cose 1

2 nella testa del discente. La memoria, così, non sarebbe altro che un cassetto dal quale prelevare via via ciò che ci serve. Sappiamo invece che non è così: la memoria è un processo attivo di incessante ricategorizzazione (Edelman, 2007). I recenti studi al riguardo confermano inoltre che la memoria procedurale (quella che si fonda direttamente sulle esperienze corporee) è molto più tenace rispetto alla memoria dichiarativa (quella dove invece prevale l uso del linguaggio verbale), sulla quale si basa l educazione trasmissiva. Ma la conoscenza è davvero costituita da cose? E l insegnante ha davvero il potere di trasferire cose nella mente dell allievo? Secondo l educazione attiva questo modello di insegnamento risulta impraticabile. Sono molte le esperienze educative innovative che hanno preso le distanze dal metodo dell educazione trasmissiva per sperimentare una metodologia nella quale il bambino viene considerato protagonista attivo del proprio processo di apprendimento (non più quindi un vaso da riempiere ma piuttosto un fuoco da accendere ). Dalla fine dell Ottocento e poi per tutto il Novecento, grazie anche all apporto teorico e pratico di grandi pedagogisti come Dewey, Piaget, Ferrière, Claparède, Cousinet, Freinet ed in Italia, Lombardo Radice, Borghi, Codignola, Montessori, Agazzi, Don Milani, Dolci, solo per citarne alcuni, si sono sviluppati movimenti di insegnanti ed educatori che hanno sperimentato una scuola nuova, attiva, al cui centro viene messo il bambino con le sue naturali esigenze, con i suoi interessi e con la sua storia personale. Una scuola che valorizza l esperienza concreta, anche attraverso attività di gioco e di lavoro manuale, con la convinzione che "si impara a fare col fare". Una scuola popolare, democratica, che si basa su un apprendimento cooperativo. Pur non negando i limiti che si sono manifestati nel deterioramento della proposta dell educazione attiva e in una sua riformulazione in termini di slogan e di luoghi comuni (come è accaduto per il concetto di attività scaduto in un attivismo fine a se stesso), bisogna riconoscere che i contributi teorici e operativi dell educazione attiva hanno avuto un ruolo molto importante nella riflessione pedagogica internazionale. Tuttavia, il modello formativo illustrato dalla metafora dell imbuto di Norimberga, ovvero il modello trasmissivo del sapere, è ancora quello predominante. Per questo gli studi delle scienze cognitive, ed in particolare le recenti scoperte delle neuroscienze, rappresentano un campo di indagine di estremo interesse: se infatti approfondiamo scientificamente la conoscenza del funzionamento naturale della mente, possiamo cercare di mettere in atto quelle strategie educative e formative che non remano contro tale funzionamento, ma al contrario lo assecondano. Tali studi potrebbero inoltre fornire un valido fondamento scientifico alle scelte pedagogico-didattiche dell educazione attiva, in quanto sembrano confermare molti dei suoi princìpi: il legame inscindibile mente-corpo, il ruolo fondamentale dell azione nello sviluppo del processo cognitivo, l importanza del contesto e delle emozioni, la centralità della relazione, 2

3 l apprendimento come processo interattivo, la co-costruzione di significati condivisi, solo per citarne alcuni tra i più importanti. 3. IL CONTRIBUTO DELLE SCIENZE COGNITIVE Sono svariati gli aspetti che meritano un lavoro di approfondimento e ricerca nell ambito degli studi delle scienze cognitive. Cercherò di delinearne alcuni, che mi sembrano particolarmente ricchi di implicazioni nel campo dell educazione e della didattica. Innanzitutto, lo sviluppo attuale delle scienze cognitive, sembra convergere verso un'immagine della conoscenza profondamente diversa rispetto alle concezioni elaborate sinora dalla scienza moderna. Da questa immagine, la conoscenza appare non più come una riproduzione di una qualche "realtà" ad essa esterna, ma piuttosto come la produzione continua e su tutti i livelli di sé stessa (Von Foerster, 1985; Maturana e Varela, 1985; Piaget, 1983). Il punto cruciale risiede quindi nel mutamento fondamentale di paradigma: conoscenza come autopoiesi (Maturana e Varela, 1985), non come "ri-produzione". Questo nuovo approccio risulta ricco di implicazioni pedagogiche, infatti, se si considera la conoscenza non come la "ri-produzione" di una realtà a lei estranea e da lei indipendente, ma invece come la produzione autonoma delle proprie forme organizzative, allora appaiono subito contraddittori tutti quei sistemi formativi animati dal progetto di trasmettere degli "elementi" conoscitivi da un luogo "esterno" e "oggettivo" ad un luogo "interno" e "soggettivo". Il considerare la conoscenza come una forma di autopoiesi può portare a ricercare nelle caratteristiche di questo processo cognitivo i princìpi di fondo che potrebbero ispirare le strategie di formazione. Ad esempio essa dovrebbe partire dalle conoscenze già presenti nel soggetto, e non da conoscenze elaborate e situate altrove ed il formatore non dovrebbe quindi più essere un "fabbricante" o un "venditore" di saperi, ma piuttosto un regista o un allestitore di spazi, di tempi e di azioni che permettano l'emergere di nuove forme organizzative della conoscenza. Secondo questi studi, che si sono sviluppati nell ambito della neurobiologia, la cognizione è intesa come azione incarnata ( embodied mind ), ossia come azione che prende corpo inestricabilmente legata a storie vissute. Varela, per meglio designare tale approccio, conia un neologismo: enazione, dal termine inglese to enact, che annovera tra i suoi significati letterali rappresentare, mettere in atto, promulgare, in quanto il processo di emanazione di una legge costituisce un ottima metafora per sottolineare lo stretto rapporto che esiste tra azione e agente nel processo cognitivo (Varela, 1992). La cognizione è [dunque] afferma Varela enazione: una storia di accoppiamento strutturale che produce (enacts) un mondo (Varela, Thompson, Rosch, 1992, p. 244). La concezione enattiva della conoscenza potrebbe essere alla base di un cambio di 3

4 paradigma nelle scienze della formazione: da una concezione dell educazione dipendente da canoni di ordine pedagogico e filosofico a una pratica della formazione guidata soprattutto da ragioni di ordine biologico ed evoluzionistico. Altri studi delle neuroscienze, ricchissimi di implicazioni per la formazione, sono quelli relativi alla scoperta dei neuroni specchio del gruppo di ricerca di Rizzolatti, Gallese ed altri. Tali studi, infatti, sembrano dimostrare scientificamente l esistenza di un meccanismo neurale di accoppiamento tra cognizione e azione. Numerosi esperimenti dimostrerebbero che sappiamo comprendere che cosa provano e quali intenzioni hanno i nostri simili non in base a un calcolo esplicito di tipo inferenziale, bensì in base ad un rispecchiamento immediato operato dal nostro corpo (Iacoboni 2008). Secondo Gallese, alla base dell empatia è presente quindi un processo di simulazione incarnata. Queste scoperte mettono in discussione la concezione cognitivista classica che assimila la mente umana ad un calcolatore: anziché calcolare come un computer, già nel percepire noi agiamo. Percezione e azione, indissolubilmente legate, sono a loro volta intrecciate con i processi della cognizione. Appare evidente, dunque, che un approfondimento delle implicazioni di tali studi potrebbe offrire lo spessore teorico necessario ad un profondo rinnovamento didattico che, valorizzando la centralità del corpo e dell esperienza, conquisti quell efficacia formativa di cui oggi viene denunciata la carenza. 4. CONCLUSIONI Questo lavoro di ricerca, che ho cercato di delineare nei suoi aspetti principali, potrebbe avvalersi anche di un esperienza sul campo che da anni sto portando avanti insieme ad un gruppo di insegnanti dell Istituto Comprensivo Livia Gereschi di Pontasserchio (Pisa) coordinato dall esperta in processi formativi Dott.ssa Ortensia Mele. Si tratta di un gruppo di ricerca/azione che lavora ad un progetto intitolato Appassionata mente. Dalla lezione al laboratorio, per sperimentare metodologie di formazione capaci di superare l approccio trasmissivo ai saperi attraverso un approccio enattivo e laboratoriale alla conoscenza incarnata. Allo scopo, tale gruppo progetta dei laboratori che sperimenta a scuola con gli alunni, ma anche con gli adulti (insegnanti e genitori), per valutarne la validità e per trarne nuovi spunti di riflessione metodologica. Si tratta, infatti, di un gruppo di ricerca/azione che lavora sul metodo, sperimentandolo in prima persona e in collaborazione con altri soggetti coinvolti nel processo educativo. Al centro di tale lavoro non è né l oggetto di conoscenza né il soggetto che conosce, quanto la relazione che si instaura tra questi poli nel contesto della situazione di apprendimento. Il mio lavoro di ricerca potrebbe approfondire questa ed altre esperienze didattiche che 4

5 lavorano con la cognizione incarnata (come ad esempio anche i Laboratori di Epistemologia Operativa ideati da Donata Fabbri e Alberto Munari), per tentare di valutarne i punti di contatto o di criticità con i nuovi approcci delle scienze cognitive. Credo sia molto importante e proficuo cercare di avvicinare il mondo della scuola a quello dello studio e della ricerca ad alto livello. Poiché l esistenza di questi due mondi paralleli con solo troppo sporadici punti di contatto, alimenta quel rapporto tradizionale che fa discendere la pratica dalla teoria, che non giova né all una né all altra. Mentre un metodo collaborativo di ricerca nel quale la pratica e la teoria si sviluppano in un continuum sarebbe auspicabile. Mi auguro che questo mio lavoro di ricerca possa dare un piccolo contributo in questo senso e nella costruzione di un ponte di collegamento tra scuola e università, tra formazione e cognizione incarnata. 5

6 BIBLIOGRAFIA A.A. V.V., Conoscenza e complessità, Theorie, Roma Napoli, A.A. V.V., Neuroscienze e scienze cognitive, Cuen, Napoli, Bachelard G., La formazione dello spirito scientifico, R. Cortina Editore, Milano, Baldini M., Epistemologia e pedagogia dell errore, La Scuola, Milano, Bateson G., Mente e natura. Un unità necessaria, Adelphi, Milano, Bateson G., Verso un ecologia della mente, Adelphi, Milano, Bruner J., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari, Bruner J., La cultura dell educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, Feltrinelli, Milano, Borghi L., Il fondamento dell educazione attiva, La Nuova Italia Editrice, Firenze, Cambi F., Cives G., Fornaca R., Complessità, pedagogia critica, educazione democratica, La Nuova Italia Editrice, Firenze, Cappello F., Seminare domande. La sperimentazione della maieutica di Danilo Dolci nella scuola, EMI, Bologna, Cappuccio M. (a cura di), Neurofenomenologia. Le scienze della mente e la sfida dell esperienza cosciente, Bruno Mondadori, Milano, Catarsi E. (a cura di), Freinet e la Pedagogia Popolare in Italia, Quaderno di Cooperazione Educativa, La Nuova Italia, Firenze, Cellucci C., Mente incarnata e conoscenza, in Canone E., Per una storia del concetto di mente, Olschki, Firenze, Ceruti M., Bocchi G. (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, Ceruti M., Petra L., Che cos è la conoscenza, Laterza, Bari, Chomsky N. in Antinucci F. e Castelfranchi C. (a cura di), Psicolinguistica, percezione, memoria e apprendimento del linguaggio, Il Mulino, Bologna, Cimatti F., Mente, segno e vita, Carocci, Roma, Clark A., Dare corpo alla mente, McGraw-Hill, Italia, Damasio A., Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, Dewey J., Esperienza e educazione, La Nuova Italia Editrice, Firenze, Dewey J., L educazione di oggi, La Nuova Italia Editrice, Firenze, Dolci D., La struttura maieutica e l evolverci, La Nuova Italia Editrice, Firenze, Donaldson M., Come ragionano i bambini, Emme Edizioni, Milano,

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