L azzardo di massa: conseguenze per la famiglia, la società, l economia

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1 L azzardo di massa: conseguenze per la famiglia, la società, l economia Maurizio Fiasco, Sociologo Consulta Nazionale delle Fondazioni Antiusura Roma È una leggenda metropolitana, che solo di recente, e a passi tardi e lenti, si va indebolendo. Ed è che il gioco d'azzardo, schermato dal brand dei Monopoli di Stato, costituisca una dura necessità. Si ritiene censurabile, forse, che milioni di italiani sperperino gli stipendi e le pensioni nelle slot machine (oggi) e nel lotto (oggi come ieri) oppure nelle scommesse al botteghino (ieri, oggi e domani) o con il poker on line (oggi e sempre più domani). Ma si argomento che nei conti dell'erario, almeno, arrivano denari freschi e denari facili. Richiamando Mandeville, vizi privati, pubbliche virtù. Dove la virtù, s'intende, è l'introito di cassa dello Stato. E qui siamo al cuore della leggenda metropolitana, che tra poco ci permetteremo di demistificare. Il gioco d'azzardo di massa non è un male necessario. Ma una perdita secca per tutti: per le famiglie, per l'economia e per la fiscalità dello Stato. Quest'ultimo, infatti, vi ricava sempre di meno. Meno miliardi di euro, a mano a mano che l'incremento dei consumi di alea avviene con progressione geometrica. Dai 27 miliardi (e 500 milioni) che erano nell'anno 2004, si è passati ai 79 (sempre di miliardi) e 900 (sempre di milioni) per l'anno intero Rispetto all anno immediatamente precedente, il balzo è stato di 18,5 miliardi, con un incremento del 30,1 per cento. Ma il gettito fiscale è sceso, in cifre assolute, di 418 milioni, passando da 9 miliardi e 58 milioni a circa 8 miliardi e 640 milioni. E il peso percentuale del risultato erariale dello Stato è sceso dai 14,7 punti ai 10,8. In tempi di manovra Salva Italia (e Cresci Italia ) sono questi i numeri della success story! Consumo o Raccolta? Tali sono i volumi del consumo di giochi, che però, con il lessico della retorica, i Monopoli di stato definiscono raccolta : come l'ammasso del grano della mietitura, dell'uva della vendemmia, delle olive di primo autunno. Conviene quindi essere precisi, perché ben differente risulta la cifra reale, di quel risultato che né l'aams né il Mef (acronimi dei Monopoli e del ministero dell'economia) ci tengono molto a far sapere: l'introito lordo per le casse dello stato è di meno di 9 miliardi. Seppure il consumo (in volume totale) è balzato del 245 per cento, il beneficio per il fisco è lievitato di un misero 19,5 per cento, tra il 2004 e il Sempre in volume totale. E' la legge di Pareto 1, beffardamente tornata di attualità: c'è voluta la crescita di cento punti del fatturato perché si ridistribuisse allo Stato 1 (uno) punto. Esattamente come concludeva tra Ottocento e Novecento l economista italo-svizzero: per aumentare di una lira il salario di un povero occorre che s incrementi di 100 lire il profitto di un ricco possidente. Ma qui il povero in canna è appunto lo Stato, con il suo debito che è pari al 110 per cento del suo reddito nazionale! Quindi non vizi privati, pubbliche virtù, ma vizi privati, vizi pubblici. In parole semplici, tutti diventano più poveri. Tutti persone singole, famiglie, industria-commercio-agricoltura, Stato tranne qualcuno (ma chi sia costui lo diremo più avanti, mostrando la pistola fumante ). Vanno in depressione i consumi, anche quelli naturali e necessari, aumentano le insolvenze, le sottrazioni indebite nei luoghi di lavoro. Devianza di massa e micro reati commessi dalle persone preda del gioco compulsivo. Crollano le spese per le cure odontoiatriche: meno 54 per cento delle prime visite (quando 1 Legge di Pareto: le rendite si ripartiscono secondo una legge matematica decrescente ad andamento esponenziale. A mano a mano che si considerano livelli di reddito sempre più alti, il numero dei percettori e le quote unitarie diminuiscono. 1

2 si portano i figli a prevenire o trattare tempestivamente le carie) e oltre il 32 per cento per l'insieme delle cure. Si mangia meno e si consumano cibi scadenti, documentano le associazioni degli agricoltori. Papà e mamma lasciano i soldi nelle macchinette, cancellano un Gratta e vinci. E a farle le spese il decoro e la dignità del menage quotidiano, per i figli e per gli anziani. Ovvio che questa caduta drastica della domanda di beni e di servizi, d altra parte, incida e molto pesantemente sulla crisi delle imprese del commercio e della produzione. E di conseguenza lo Stato ricava minor gettito per le imposte indirette (IVA, accise ecc.) e per quelle dirette (Irpef, Irpeg). Per ricorrere a una espressione tecnica: il consumo di giochi d'azzardo è un moltiplicatore negativo dell'economia. Oppure è un settore che estrae valore (L. Gallino) e che non crea valore. Valutato il consuntivo del business cycle, il valore iniziale si ritrova a fine periodo decurtato della domanda sottratta (o meglio, estratta ) ai settori direttamente produttivi e al terziario. Qualche raffronto. Nel settore dell'azzardo tra personale addetto e forza lavoro dell'indotto sono occupate 65 mila persone. In pratica, una ogni milione di euro consumato. Ricordiamo ancora, l'introito fiscale (al lordo delle spese di amministrazione) è di 9 miliardi di euro. Se ci spostiamo su un altro versante dell'economia. I conti sono ben altri. Nel comparto dell'automobile (valutazioni aggregate di Confindustria) gli italiani spendono per acquisto del solo mezzo oltre 40 miliardi di euro (sempre annui) e il ciclo industriale insieme a quello dei servizi della filiera impegna circa 1 milione e 200 mila persone, generando un ammontare globale dei consumi di circa 200 miliardi: dagli addetti alle autostrade al meccanico sottocasa che sostituisce la frizione alla nostra utilitaria. Insomma, dai consumi ordinari il Mef può contare una somma diretta di almeno cinque volte più ampia del denaro fresco del mercato dell azzardo. Per dirla brutalmente: ogni euro speso per l azzardo equivale ad almeno 80 centesimi sottratti agli acquisti. Si dirà: ma le somme delle vincite non sono impiegate dai giocatori per fare acquisti? Inferenza molto intuitiva. Ma del tutto sbagliata: il modello di gioco pubblico d azzardo che è stato imposto negli anni zero di questo secolo è strutturato in modo che oltre due terzi delle vincite resti congelato nel ciclo di slotmachine, scommesse, lotterie istantanee, azzardo on line. Di là di una polarizzazione tra ipervincita e vincita facile (la prima è paventata dal superenalotto, la seconda dal G&V) il gioco d azzardo di massa si fonda su una galassia di minivincite, cioè di premi irrisori che inducono il giocatore a re immettere il cosiddetto pay out nel meccanismo. Con l effetto di congelare il denaro nel meccanismo, che in parte si autoalimenta e in parte s incrementa con una continua progressione di nuova spesa. Una breve ricostruzione L approccio dei decisori pubblici alla questione azzardo cominciò a mutare con l anno 1992, quando una tempesta valutaria si abbatté, combinandosi con un aggressione speculativa, sulla lira. I governi che si sono avvicendati dall estate di quell anno fino al , alla ricerca di nuove entrate nelle casse del ministero del bilancio, riformulavano, prima nei corollari e in seguito negli assiomi, il concetto di gioco pubblico d azzardo: una leva fiscale, uno strumento importante per incrementare le entrate erariali dello Stato, un asse della politica nazionale per avvicinare il più possibile il prelievo tributario ai fabbisogni impazziti della spesa pubblica. Eppure, nonostante l ampliamento delle modalità di gioco (doppia estrazione settimanale del Lotto, nuove lotterie nazionali, lotterie istantanee e altro) il legislatore non alterava il criterio preminente della regolazione statale dei giochi, che era di contenere una condotta pur sempre rappresentata come un disvalore. L obiettivo di incrementare le entrate tributarie in effetti era centrato, con un prelievo netto per lo Stato che in quegli anni arrivava a 32 punti percentuali sul totale delle somme consumate. E un dato che va messo in relazione con la provenienza di questa spesa perché così il modello fiscale della regolazione del gioco pubblico d azzardo giungeva comunque ad un punto critico: il prelievo fiscale che lo Stato ha autorizzato sul gioco è inversamente proporzionale al reddito dei giocatori. In percentuale al reddito disponibile, infatti, spende di più chi ha di meno e quindi versa di più all erario chi ha di meno. In netta contraddizione con il sistema tributario fondato sulla progressività dell imposta sul reddito, che prevede 2

3 l aumento delle aliquote con l aumento del reddito, il modello di incremento tributario adottato utilizzando il gioco è invece regressivo sul reddito, le aliquote aumentano col diminuire del reddito. Con l anno finanziario 2003 si verifica una svolta notevole: l obiettivo governativo da allora non è più accrescere le entrate tributarie dello Stato, ma incrementare l intera economia dei giochi. Si è riformata profondamente l organizzazione dei Monopoli, e l AAMS è divenuta effettivamente amministrazione Autonoma dei monopoli statali. L autonomia è amplissima, dunque non solo gestionale, ma anche strategica, con surrettizia invasione di campo nei contenuti e nei valori di una politica pubblica, normalmente di pertinenza del parlamento. In questo settore una struttura, per l appunto l AAMS, che dovrebbe limitarsi a eseguire il conteggio delle partite di entrata e di uscita, si ricava un ruolo simile al disciolto IRI. Un ente strumentale spiazza l autorità di pubblica sicurezza, distribuisce le carte (è proprio il caso di notarlo) alla nostra polizia finanziaria (cioè al Corpo della guardia di finanza) e questa concentrazione di poteri (gestione, regolazione, programmazione, strategia di mercato) riproduce quel paradosso ben noto quando lo Stato si fa interventista in economia. Anzi, più che un paradosso è un paradigma: gli income sono privatizzati, i costi (ma dovremo spiegare cos è un costo, in questo campo, perché si estende anche lontano dalle postazioni di gioco) sono socializzati. Si procede senza alcuna remora di sorta nel creare non già valore pubblico per la fiscalità, ma valore aziendale, per tutta la congerie di investitori, dal rispettabile allibratore delle scommesse, all accaparratore di apparecchi automatici di gioco (le newslots ). Da quel momento si è assistito al costante incremento, anno dopo anno, della spesa destinata al gioco. La condizione attuale dell economia dell azzardo I dati, quelli ufficiali, documentano quanta parte dell economia dei giochi pubblici d azzardo sia regolata dallo stato, nelle variabili della spesa per il consumo, dei ricavi per i concessionari e i gestori, per le entrate dell Erario. Non esauriscono, certamente, la realtà, perché vi è il sommerso (la manomissione dei meccanismi del gioco regolamentato) e perché vi è l illegale, nelle diverse graduazioni, dalla combine di malavitosi di periferia al controllo verticalizzato, da parte delle associazioni per delinquere, dei flussi degli impieghi e dei ricavi e delle postazioni. Nonostante la loro parzialità i dati offrono la chiave per addentrarsi in questo spazio smisurato dell azzardo, e che si estende sempre più. I dati meritano perciò di essere commentati in modo autonomo. I numeri sono già un fenomeno in sé. Sessantuno miliardi e 450 milioni di euro di consumo di alea, come prima si è accennato. Ed infatti l esibizione di questa cifra, come comunemente avviene, con i suoi valori imponenti, ha una valenza semantica forte, schiacciante. Il dato più è iperbolico, più definisce una sorta di personalità del fenomeno: con un richiamo alle big five che descrivono il profilo di una personalità: l energia, la determinazione, l affidabilità, la potenza, la prestazione. Se si passa in rassegna la produzione pubblicitaria per il gioco d azzardo, e la linea di comunicazione dell AAMS, le big five sono ricorrenti: nella figura del timone ( barra al centro ), del gioco sicuro, dell affidabile gioca con moderazione, della success story di un settore che cresce mentre gli altri sono in ritirata, della velocità e dell espansione (abbondanza versus scarsità). Verrebbe da dire non c è partita, sull efficacia del messaggio. Quello del mercato dell azzardo e quello delle responsabilità, pubbliche e del singolo cittadino. È molto più agevole ritrovarsi a colludere con un messaggio della comunicazione incentrata sull energia, sulla svolta, sul successo che con un altro messaggio che descrive e sottolinea il rischio, la debolezza, la vulnerabilità, le pesanti repliche del dopo partita, quando si esce dal gioco non perché si sono seguite delle regole (in precedenza scritte) per interrompere il giro. Ma perché si è toccato il limite fisico e non c è più risorsa da reperire per continuare eccetera. Ebbene i dati. Nel 2010 sono stati consumati 61 miliardi e 450 milioni di euro. Nel 2011 (proiettando i valori del primo bimestre), l obiettivo di 80 miliardi di euro a fine anno sarà probabilmente raggiunto. Si tratta di una cifra enorme che abbiamo difficoltà, se non ricorriamo a strumenti tecnici di econometria, a dimensionare cognitivamente. Al senso comune, al cittadino anche di cultura medio-alta sfugge la possibilità stessa fisica e mentale di rappresentarsi intuitivamente e logicamente queste grandezze. Proviamo allora a misurare per comparazione. In modo elementare 61 miliardi e 450 milioni vanno collocati negli 800, sempre di miliardi di euro, che sintetizzano il valore della spesa totale dei consumi degli italiani. Per tutti i consumi: dalla spesa per l abitazione (mutuo per la casa o canone d affitto, non 3

4 vi è differenza in questo), dalla spesa alimentare all abbigliamento, a quella per le vacanze, per l istruzione. E lì che si inserisce la quota di deficit spending versata nel gioco pubblico d azzardo. Che è stata pari al 7,7 per cento del totale e che ci darà un valore che corrisponderà a 10 punti netti, se la success story proseguirà e a fine 2011 avrà raggiunto il traguardo degli ottanta di miliardi. Se però, correttamente, compiamo una ponderazione, ricordandoci che tra il 2008 e il 2009 i consumi privati sono diminuiti di 2 punti percentuali, e che essi sono ulteriormente diminuiti di 1,5 nel corso del 2010; se aggiungiamo che il Prodotto Interno Lordo ha subito una contrazione del 5 per cento (ma secondo alcune stime si arriverebbe al 6,3) tra l anno 2008 e il 2009, allora possiamo bloccare nella nostra mente questa grandezza. Un ausilio cognitivo, insomma, come dire che l Italia genera quantità di PIL in meno che corrispondono alla ricchezza di un paese di 4milioni di abitanti. Detto così è più facile capire: quel che è mancato nel saldo del 2009, e che non è stato recuperato nemmeno nel 2010, corrisponde al reddito di un Paese di 4 milioni di abitanti! Nei mesi della nuova Grande Crisi che dagli USA si è imposta anche in Europa il consumo di gioco continua ad aumentare con valori a due cifre. Non così accade per il corrispettivo delle entrate per l erario dello Stato italiano. Sorprenderà questo dato di fatto, apparirà decisamente controintuitivo. Ma è di una evidenza palmare. Le Tavole 1 e 2, con il corredo delle figure 1 e 2, documentano l andamento dei consumi e delle entrate per la fiscalità pubblica. A fronte del volume della spesa registrata per consumo, collochiamo il dato relativo alle somme delle entrate per l Erario, quindi per la fiscalità pubblica, considerato ovviamente a lordo delle spese di amministrazione, sostenute tanto dai ministeri competenti (Economia e Interno) quanto dall AAMS e per tutte le procedure gestionali conseguenti. Si può stimare il valore complessivo di questi costi di amministrazione-gestione in circa un miliardo di euro, che teoricamente andrebbe dedotto dalla cifra delle entrate erariali. Vi è da notare (Tavola n. 3) come si ripartisce tra le varie tipologie di gioco d azzardo - il peso della fiscalità. 4

5 IL MERCATO DEL GIOCO PUBBLICO D'AZZARDO IN ITALIA 5

6 6

7 Figura n. 1 7

8 Figura n. 2 8

9 Tavola n. 3 Tavola n. 3 bis Giochi on line a tassazione minima 9

10 Verso il default Il gioco d azzardo s inserisce, potenziandone gli effetti, nel cerchio vizioso della crisi fiscale dello stato, esasperando la riduzione delle entrate pubbliche. Ripetiamo e precisiamo: in luogo di fornire risorse aggiuntive all Erario, l economia dei giochi (così, letteralmente, veniva definito il settore dell azzardo, nella Direttiva generale 2005 del ministro delle Finanze) genera ulteriore, enorme indebitamento per le amministrazioni pubbliche. Ci spieghiamo con un esempio. Poniamo che il fabbisogno di entrate ammonti a un valore di 1000, che però sarà corrisposto alla conclusione del ciclo che si inizia con la produzione di beni e servizi, prosegue con il consumo di questi ultimi, si completa con l incasso delle imposte indirette sui consumi (IVA, accise ecc.), delle imposte dirette (Irpef, Irpeg, Irap: sui redditi delle persone fisiche e delle imprese) e dei tributi (servizi, immobili ). Alla fine il ricavato complessivo, sempre per lo Stato, supererà il per cento della spesa per produrre e consumare beni e servizi. Ovvero quattrocentoquattrocento cinquanta. Quindi il ciclo riprenderà e attiverà un incremento (se vi sarà sviluppo economico nell anno fiscale successivo) oppure si registrerà un decremento (se invece vi sarà recessione). Ora osserviamo quel che accade con l impiego di quel valore 1000 nel gioco d azzardo. Su tale importo lo stato può contare tra anticipazione e risultato a fine periodo un massimo di 15 punti, cioè un valore di 150 (in base ai dati reali dell anno 2010). E l ammontare del Prelievo Erariale Unico che, per l appunto, assorbe tutti gli altri carichi indiretti (IVA ecc.). Ma la somma arriva nelle casse del Tesoro prima della conclusione del ciclo. Dal punto di vista logico, tuttavia, è come se lo Stato pagasse questa anticipazione pochi-maledetti-e subito a un tasso d interesse elevatissimo: appunto la differenza tra quel che normalmente avrebbe e quel che l azzardo gli corrisponde. Verrebbe da dire, un tasso ultrausurario! Di lì il cerchio vizioso: lo Stato deve compensare delle impellenti necessità di cassa (ha bisogno, e subito, di soldi). Chiede denaro fresco ai concessionari, che per entrare nel gioco devono corrispondere in anticipo forti somme. E aderiscono alla richiesta di buon grado, a fronte della prospettiva di buoni guadagni con nuovi sistemi di gioco. Lo sconto fiscale è appunto l interesse che lo Stato paga ai biscazzieri! Nella totale mancanza di controllo da parte delle istituzioni che dovrebbero esaminare questa perversa partita: Parlamento e Governo. E così che l Italia è entrata in questo girone della follia: lo scorso anno, con 61,5 miliardi di Euro per consumo di azzardo, il Bel Paese ha assorbito oltre il 18 per cento del totale dei consumi mondiali (valore che sale di altri 10 punti, contabilizzando il consumo illegale o grigio di slotmachine, scommesse e lotterie in Italia). Tra tutti i continenti si stima, infatti, una spesa di 335 miliardi. L aspetto ancora più paradossale sta nella condizione che accomuna molti concessionari dei giochi, vale a dire le società che hanno ottenuto per l appunto la concessione dal governo per organizzare la filiera dell azzardo: sono sovraesposti con le banche, con le finanziarie. E con i collocatori di derivati speculativi sul debito. In parole povere, l aspirante concessionario di un nuovo azzardo non ha riserve monetarie proprie e quindi deve ricorrere a prestiti bancari. Che vengono accordati a tassi molto elevati poiché egli, il concessionario, non ha garanzie reali da presentare: patrimonio insufficiente e capitale societario esiguo. E come sanno tutti, meno è solida la condizione patrimoniale, più alto è l interesse che si deve pagare. E così, nella realtà avviene. Come si pagano alla scadenza le rate del debito? E qui alcuni concessionari ricorrono anche a manovre di finanza creativa. Parte degli introiti derivano loro dalla vendita al venditore, cioè dall assegnazione di postazioni di gioco ai gestori (di sale slotmachine, scommesse, poker, vlt ). Il resto quando si avvicina la data fatidica con l emissione di obbligazioni, bond e altro. Cioè contraendo nuovi debiti, che incrementano ancora il peso degli interessi per l entrata nel business. Chi guadagna realmente, a quel punto, è il collocatore dei prodotti finanziari derivati, cioè l intermediario che piazza le obbligazioni. Il promotore della libertà di speculare, sul mercato finanziario. E così, con un gioco a piramide, cresce l economia di carta e di promessa del gioco d azzardo. Un sistema a doppio legame : si è costretti ad alimentare la crescita geometrica dell azzardo: che raddoppia ogni tre anni. Siamo ormai vicini al limite fisico di crescita della spesa per giochi e l Italia rischia seriamente che 10

11 l azzardo sia nostra bolla finanziaria. E la fascinazione prosegue, da ultimo con l apertura (luglio 2011) di duecento (200) casinò on line, con il passaggio dal reale al virtuale anche tramite impiego di dispositivi cellulari, cioè smartphone. Ma questo non riduce la vulnerabilità finanziaria della economia dell azzardo, poiché, cumulando di oneri con obbligazioni, anticipi, fidejussioni, il sistema imploderà. E a quel punto le obbligazioni potrebbero divenire carta straccia e il default finanziario inevitabile. A meno che non si decida di immettere nel giro dell azzardo ulteriori freschi. Di provenienza illegale. Con il settore criminale che via via invade e incorpora il comparto autorizzato dallo Stato. In pratica, il meccanismo infernale del gioco pubblico d azzardo potrebbe sopravvivere con l immissione di risorse illegali nella filiera delle attività imprenditoriali: finanziamento ai concessionari, partecipazione alla gestione dei punti di gioco, protezione agli esercizi pubblici e alle aziende che operano verso il pubblico, usura verso i giocatori patologici Pensiamo però che il tempo stia per scadere, se si vuole evitare un esito pesantissimo, perché stanno maturando le decisioni compiute a partire dal 2003: quando si decise di incrementare il comparto giochi, senza prevedere che sarebbe sfuggito al controllo. Come all apprendista stregone. Insomma, traiamo le somme. Giocano tutti. I consumatori finali, i gestori che conducono i locali, i concessionari che hanno ottenuto l autorizzazione, le banche che hanno prestato con scarse garanzie. E gioca lo Stato italiano che per farsi anticipare denaro pronta cassa, paga con un tasso d'interesse iperbolico, che è per l appunto la detassazione di molti giochi. Sulle scommesse on line l aliquota è del 3 per cento. E sul pane quotidiano quello con la comune farina di grano è di quattro punti. Consumate alea e stringete la cinghia. 11

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