7. Funzioni di distribuzione e misure di Borel.
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- Severina Alfano
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1 7. Funzioni di distribuzione e misure di Borel Funzioni di distribuzione e misure di Borel su R. Una notevole applicazione del teorema di esistenza ed unicità del prolungamento di una premisura σ-finita è data dal teorema seguente, che è importante anche nella Teoria della probabilità. Teorema Sia F : R R una funzione non decrescente e continua da sinistra, cioè: i) F (x 1 ) F (x 2 ) x 1, x 2 R, x 1 < x 2 ; ii) lim F (x) = F (c) c R. x c Esiste, ed è unica, una misura µ su B 1 tale che (7.1.1) µ([a, b[ ) = F (b) F (a) [a, b[ I d 1 (ricordiamo che I d 1 indica la famiglia degli intervalli semiaperti a destra di R). La dimostrazione del Teorema si articola in vari punti e fa riferimento, per alcune delle affermazioni in essa contenute, ad una serie di lemmi tecnici riportati nell appendice al paragrafo. Dimostrazione del Teorema Per ogni intervallo I = [a, b[ I d 1 indichiamo con δ F (I) la quantità (7.1.2) δ F (I) = F (b) F (a) ( 1 ). Si verifica (Lemma 7.1.1) che l applicazione (7.1.3) δ F : I d 1 R, che così si ottiene, è finitamente additiva, cioè, se I 1,..., I k I1 d sono a due a due disgiunti e tali che I 1... I k = I I1 d, allora δ F (I) = δ F (I 1 ) δ F (I k ). ( 1 ) Osserviamo che la δ F (I) è ben definita. Infatti, se I, gli estremi a e b dell intervallo I sono univocamente determinati (da I = [a, b[ e I = [c, d[ segue necessariamente a = c e b = d). Se invece I =, allora, anche se l intervallo I è rappresentabile nella forma [a, b[ in infiniti modi diversi (precisamente I = [a, a[, qualunque sia a R) la (7.1.2) fornisce sempre δ F (I) = 0, indipendentemente dalla rappresentazione di I che si adopera. 1
2 Si verifica inoltre (Lemma 7.1.2) che l applicazione (7.1.3) gode della seguente proprietà di approssimazione: per ogni I I1 d ed ogni ε > 0 esiste J I1 d tale che J I, δ F (J) δ F (I) < ε. 2. Indichiamo con F1 d la famiglia di insiemi avente come elementi le unioni finite di intervalli appartenenti a I1 d. Osserviamo che è A(F1 d ) = B 1. Infatti ogni insieme A F d 1 appartiene a B 1 (in quanto unione finita di insiemi appartenenti a B 1 ), pertanto si ha F d 1 B 1 e quindi D altra parte si ha pure (ovviamente) e quindi A(F d 1 ) B 1. F1 d I1 d A(F d 1 ) A(I d 1 ) = B 1. Si dimostra (Lemma 7.1.3) che le famiglie di insiemi I d 1 e F d 1 hanno le seguenti proprietà: a) I, J I d 1 = I J I d 1 ; b) I, J I d 1 = I \ J è unione finita di intervalli appartenenti a I d 1, a due a due disgiunti; c) I I d 1, A F d 1 = I \ A è unione finita di intervalli appartenenti a I d 1, a due a due disgiunti; d) ogni insieme A F d 1 è unione finita di intervalli appartenenti a I d 1, a due a due disgiunti. Usando tali proprietà si verifica (Lemma 7.1.4) che F d 1 è un anello in R. 3. A questo punto la finita additività della funzione di insieme δ F e la precedente proprietà d) permettono di provare che esiste, ed è unico, un contenuto ν F sull anello F1 d tale che (7.1.4) ν F (I) = F (b) F (a) I = [a, b[ I d 1. Ovviamente, il contenuto ν F si definisce per additività nel modo seguente: dato un insieme A F1 d, lo si rappresenta (proprietà d)) nella forma A = I 1... I k, con 2
3 I 1,..., I k I1 d a due a due disgiunti, e si pone ν F (A) = δ F (I 1 ) δ F (I k ). Si dimostra che la funzione ν F è ben definita e soddisfa ai requisiti richiesti (in particolare, il fatto che sia ν F 0 segue dall ipotesi i)). Per i dettagli di questa dimostrazione rinviamo al Lemma Anche il contenuto ν F gode (Lemma 7.1.6) di una proprietà di approssimazione analoga a quella della funzione d insieme (7.1.3), precisamente: per ogni A F d 1 ed ogni ε > 0 esiste B F d 1 tale che B A, ν F (B) ν F (A) < ε. 4. Proviamo adesso che il contenuto ν F è una premisura. Poiché ν F è finito (ogni A F1 d è un insieme limitato e quindi contenuto in qualche intervallo I I1 d, pertanto ν F (A) ν F (I) = δ F (I) < + ), è sufficiente provare che ν F ha la proprietà di -continuità. Notiamo che una formulazione equivalente della proprietà di -continuità (per un generico contenuto µ su un anello R) è la seguente: β 0) per ogni successione {A n } di insiemi appartenenti a R, con µ(a 1 ) < +, tale che A n A n+1 n N e inf n N µ(a n ) > 0, risulta A n. n=1 Dimostriamo che il contenuto ν F insiemi appartenenti a F1 d tale che ha la proprietà β 0). Sia {A n } una successione di A n A n+1 n N, inf n N ν F (A n) = λ > 0. Per ogni n N, per la proprietà di approssimazione enunciata nel punto 3, esiste B n F d 1 tale che B n A n e ν F (B n ) > ν F (A n ) λ2 n. Poniamo ed osserviamo che si ha Si ha inoltre, per ogni n N, C n = B 1... B n n N C n F d 1, C n C n+1, C n B n A n n N. (7.1.5) ν F (C n ) > ν F (A n ) λ (1 2 n ). 3
4 Per verificare ciò procediamo per induzione. Per n = 1 si ha ν F (C 1 ) = ν F (B 1 ) > ν F (A 1 ) λ 2 1 = ν F (A 1 ) λ (1 2 1 ), quindi la (7.1.5) è vera. Supponiamo che la (7.1.5) sia vera per l indice n e dimostriamo che essa è vera pure per l indice n + 1. Si ha infatti ν F (C n+1 ) = ν F (C n B n+1 ) = ν F (C n ) + ν F (B n+1 ) ν F (C n B n+1 ) (poiché C n B n+1 A n A n+1 = A n ) ν F (C n ) + ν F (B n+1 ) ν F (A n ) > (per l ipotesi induttiva) > ν F (A n ) λ (1 2 n ) + ν F (B n+1 ) ν F (A n ) > (per la scelta dell insieme B n+1 ) > λ (1 2 n ) + ν F (A n+1 ) λ 2 (n+1) = = ν F (A n+1 ) λ (1 2 n + 2 (n+1) ) = ν F (A n+1 ) λ (1 2 (n+1) ). Dalla (7.1.5) segue che, per ogni n N, si ha ν F (C n ) > ν F (A n ) λ (1 2 n ) λ λ (1 2 n ) = λ 2 n > 0 e quindi è C n. Possiamo pertanto applicare alla successione di insiemi {C n } il teorema di Cantor sulle successioni non crescenti di insiemi sequenzialmente compatti, non vuoti, di uno spazio metrico ( 2 ); concludiamo che è e quindi, a maggior ragione, n=1 n=1 C n A n. ( 2 ) Teorema (di Cantor). Sia {K n } una successione di sottoinsiemi sequenzialmente compatti di uno spazio metrico (S, d) tale che K n K n+1 e K n per ogni n N. Risulta allora K n. n=1 4
5 5. La premisura ν F è σ-finita. Infatti ν F è una premisura finita ed esiste una successione di insiemi appartenenti all anello F1 d (ad esempio la successione di intervalli {[ n, n[}) tale che [ n, n[ R. 6. A questo punto, per completare la dimostrazione, basta osservare che una misura µ sulla σ-algebra B 1 = A(F1 d ) verifica la condizione (7.1.1) se e soltanto essa è un prolungamento della premisura ν F e applicare il teorema di esistenza ed unicità del prolungamento di una premisura σ-finita (Teorema 5.4.4) alla premisura ν F. Osservazione È evidente che in tutto ciò che precede il ruolo ricoperto dagli intervalli semiaperti a destra può essere assegnato, facendo le dovute modifiche, agli intervalli semiaperti a sinistra. Si perviene in questo modo al seguente teorema, gemello del Teorema Teorema Sia G : R R una funzione non decrescente e continua da destra, cioè: i ) G(x 1 ) G(x 2 ) x 1, x 2 R, x 1 < x 2 ; ii ) lim G(x) = G(c) c R. x c+ Esiste, ed è unica, una misura µ su B 1 tale che (7.1.1 ) µ( ]a, b]) = G(b) G(a) ]a, b] I s 1. Le funzioni F verificanti le ipotesi del Teorema (o, secondo altri Autori, le funzioni G verificanti le ipotesi del Teorema ) prendono il nome di funzioni di distribuzione su R. Definizione (Funzione di distribuzione su R). Si chiama funzione di distribuzione su R ogni funzione F : R R non decrescente e continua da sinistra, cioè tale che: i) F (x 1 ) F (x 2 ) x 1, x 2 R, x 1 < x 2 ; ii) lim F (x) = F (c) c R. x c Notiamo che la misura µ che figura nell enunciato del Teorema è una misura definita sulla σ-algebra B 1 che assume valore finito su ogni boreliano limitato (se L B 1 è un insieme limitato, allora L è contenuto in qualche intervallo I = [a, b[ I1 d e quindi si ha µ(l) µ(i) = F (b) F (a) < + ). Chiameremo misura di Borel su R ogni misura avente le predette caratteristiche. Definizione (Misura di Borel su R). Si chiama misura di Borel su R ogni misura µ, definita sulla σ-algebra B 1 dei boreliani di R, tale che per ogni insieme limitato L B 1. µ(l) < + 5
6 Notazioni. Indichiamo con F 1 e M 1, rispettivamente, l insieme delle funzioni di distribuzione su R e l insieme delle misure di Borel su R. Inoltre, per ogni F F 1, indichiamo con µ F l unica misura µ M 1 verificante la (7.1.1). Introdotte le precedenti notazioni, possiamo dire che grazie al Teorema resta individuata un applicazione (7.1.6) F µ F da F 1 in M 1. Studiamo l iniettività e la surgettività di tale applicazione. Osserviamo che, date due funzioni di distribuzione F, F 1 F 1, si ha, ovviamente, la catena di equivalenze µ F = µ F1 F (b) F (a) = F 1 (b) F 1 (a) [a, b[ I d 1 F (b) F 1 (b) = F (a) F 1 (a) a, b R, a < b, dunque sussiste la seguente proposizione. Proposizione Siano F, F 1 due funzioni di distribuzione su R. Risulta µ F se e soltanto se la differenza F F 1 è una funzione costante. = µ F1 Conseguentemente, l applicazione (7.1.6) non è iniettiva, ma, se si considera in F 1 la relazione di equivalenza definita ponendo F F 1 F F 1 è una funzione costante e si indica, per ogni F F 1, con [F ] la classe di equivalenza di F ( 3 ), si ha che l applicazione indotta dalla (7.1.6) sull insieme quoziente, cioè l applicazione [F ] µ F, dall insieme quoziente F 1 / in M 1, è iniettiva. Tenuto conto dei precedenti risultati (Teorema e Proposizione 7.1.1), ogni qual volta che F F 1 e µ M 1 sono tali che µ = µ F, si suole esprimere tale circostanza dicendo che µ è la misura di Borel associata a F, ovvero, reciprocamente, che F è una funzione di distribuzione di µ. ( 3 ) È ovvio che, se F F 1, anche tutte le funzioni del tipo F + k, k costante, appartengono a F 1 ; se ne deduce che la classe di equivalenza [F ] ha come elementi tutte e sole le funzioni H : R R del tipo H = F + k, k costante. 6
7 Per quanto concerne la questione della surgettività dell applicazione (7.1.6), la risposta è affermativa. Si ha infatti il seguente risultato. Teorema Data una qualsiasi µ M 1, esiste una funzione di distribuzione F F 1 tale che µ F = µ. Dimostrazione. Consideriamo la funzione F : R R, definita, a partire dalla misura µ, nel modo seguente: { µ([0, x[) se x 0, F (x) = µ([x, 0[) se x 0. Utilizzando le proprietà di finita additività e di sottrattività della misura µ è facile verificare che risulta (7.1.7) F (b) F (a) = µ([a, b[) a, b R, a < b ( 4 ). Ne segue che la funzione F è non decrescente e che per dimostrare la tesi basta provare soltanto che F è anche continua dalla sinistra (infatti, una volta provato ciò, si ha che la funzione F appartiene a F 1 e la (7.1.7) implica, ovviamente, che è µ F = µ ). Proviamo che F è continua dalla sinistra. Osserviamo che la non decrescenza di F implica che il limite lim x c F (x) esiste (finito) per ogni c R e conseguentemente si ha, per un teorema di Analisi 1, lim F (x) = x c lim F (c 1 n ) = lim F (x) = x c lim lim F (c n), essendo {c n } una qualsiasi successione di numeri reali minori di c, convergente a c. Tenuto conto di ciò, si ha, se c 0, grazie alla proprietà di continuità verso il basso, ( µ([c 1 n, 0[ )) = µ([c, 0[ ) = F (c) e, se c > 0, per la proprietà di continuità verso l alto, lim F (x) = x c Ciò completa la dimostrazione. lim F (c c n ) = lim µ([0, c c n [ ) = µ([0, c[ ) = F (c). ( 4 ) Conviene distinguere i tre casi b 0, a < 0 < b e a 0. Ad esempio, se b 0, si ha µ([a, b[) = µ([a, 0[\[b, 0[) = µ([a, 0[) µ([b, 0[) = F (a) + F (b), mentre, se a < 0 < b, risulta µ([a, b[) = µ([a, 0[ [0, b[) = µ([a, 0[) + µ([0, b[) = F (a) + F (b). 7
8 Osservazione Se µ è una misura di Borel su R e F è una sua funzione di distribuzione, è possibile esprimere esplicitamente tramite la F i valori µ(j) che la misura µ assume in corrispondenza di tutti gli intervalli J di R, di qualunque tipo essi siano, quindi non soltanto di quelli appartenenti a I1 d. Ciò si ricava dalla successiva Proposizione È utile precisare preliminarmente il simbolismo adottato. Notazioni. Sia F una funzione di distribuzione su R. Poiché F è non decrescente il limite destro lim x c+ F (x) esiste finito qualunque sia c R. Indicheremo per brevità tale limite con il simbolo F (c+). Anche i limiti lim F (x), lim F (x) x x + esistono (finiti o no); essi saranno indicati, rispettivamente, con i simboli F ( ) e F (+ ). Proposizione Sia µ una misura di Borel su R e sia F una funzione di distribuzione di µ. Si ha, per ogni a, b R, a b, (7.1.8) µ([a, b]) = F (b+) F (a), µ(]a, b]) = F (b+) F (a+) e, se a < b, (7.1.9) µ(]a, b[) = F (b) F (a+). Si ha inoltre, per ogni a R, (7.1.10) µ([a, + [) = F (+ ) F (a), µ(]a, + [) = F (+ ) F (a+), (7.1.11) µ(], a[) = F (a) F ( ), µ(], a]) = F (a+) F ( ). Si ha infine (7.1.12) µ(r) = F (+ ) F ( ). Dimostrazione. Osserviamo dapprima che, per la (7.1.1) e la proprietà di continuità verso il basso di µ, per ogni c R si ha µ({c}) = lim µ([c, c + 1 n [ ) = lim [ F (c + 1 n ) F (c)] = F (c+) F (c). A questo punto, usando la (7.1.1) e le proprietà di finita additività e di sottrattività di µ, è facile provare che valgono la (7.1.8) e la (7.1.9). Si ha infatti, ad esempio, ]a, b] = ([a, b[ \ {a}) {b} 8
9 e quindi µ(]a, b]) = µ([a, b[) µ({a}) + µ({b}) = = F (b) F (a) (F (a+) F (a)) + F (b+) F (b) = F (b+) F (a+). Per quanto riguarda le (7.1.10) osserviamo che è [a, a + n[ [a, + [, ]a, + [ = [a, + [ \ {a} e quindi, usando la continuità verso l alto e la sottrattività, si ha µ([a, + [ ) = lim µ([a, a + n[ ) = = lim [F (a + n) F (a)] = F (+ ) F (a), µ(]a, + [) = µ([a, + [ \ {a}) = F (+ ) F (a) (F (a+) F (a)) = F (+ ) F (a+). Analogamente si provano le (7.1.11). Infine si ha, per la continuità verso l alto, µ(r) = lim µ([ n, n[ ) = lim [F (n) F ( n)] = F (+ ) F ( ). Osservazione La (7.1.12) implica che, se µ è una misura di Borel su R e F è una sua qualsiasi funzione di distribuzione, la misura µ è finita se e soltanto se i limiti F ( ) = lim F (x), F (+ ) = lim F (x) x x + sono entrambi finiti. Di conseguenza, se µ è una misura di Borel finita su R, fra tutte le funzioni di distribuzione di µ ve n è una che indicheremo con F µ privilegiata rispetto alle altre in quanto soddisfa ai seguenti requisiti di normalizzazione : lim F µ(x) = 0, lim F µ(x) = µ(r) ; x x + per rendersi conto dell esistenza di F µ basta osservare che, se F è una qualunque funzione di distribuzione di µ, allora la funzione di distribuzione di µ che si ottiene da F sottraendo la costante F ( ) ha i requisiti sopra menzionati. La legge di F µ si esprime direttamente tramite la µ; si ha infatti, dalla prima delle (7.1.11), F µ (x) = µ(], x[) x R. 9
10 Osserviamo ancora che la restrizione dell applicazione (7.1.6) al sottoinsieme F 1 di F 1 costituito da tutte le funzioni di distribuzione del tipo F µ, cioè dalle funzioni di distribuzione F tali che F ( ) = 0 e F (+ ) R, è una bigezione tra F 1 e l insieme M 1 delle misure di Borel finite su R; l inversa di tale bigezione è l applicazione µ F µ. Quanto detto in precedenza giustifica la consuetudine di dire, nel caso di una misura di Borel finita µ, che la F µ è la funzione di distribuzione di µ. Osservazione Le considerazioni svolte nella precedente osservazione si applicano in particolare alle misure di probabilità P su B 1, cioè alle misure P su B 1 tali che P (R) = 1. In questo caso le corrispondenti funzioni di distribuzione F P sono tutte e sole le F F 1 che soddisfano all ulteriore requisito F (+ ) = 1. La successiva Proposizione sarà utile per la cosiddetta definizione assiomatica della misura di Lebesgue. Proposizione Sia F : R R una funzione non decrescente e continua e sia µ una misura su B 1. Le seguenti affermazioni (a) - (d) sono equivalenti: (a) µ([a, b[ ) = F (b) F (a) [a, b[ I d 1 ; (b) µ([a, b]) = F (b) F (a) [a, b] I 1 ; (c) µ( ]a, b]) = F (b) F (a) ]a, b] I s 1 ; (d) µ( ]a, b[ ) = F (b) F (a) ]a, b[ I o 1. Dimostrazione. (a) = (b). Qualunque sia [a, b] I 1 si ha [a, b + 1 n [ [a, b] e quindi, per la proprietà di continuità verso il basso di µ, µ([a, b]) = (b) = (c). lim µ([a, b + 1 n [ ) = lim [ F (b + 1 n ) F (a)] = F (b) F (a). Qualunque sia ]a, b] I s 1, ]a, b], fissato 0 < h b a, si ha [a + h n, b] ]a, b] e quindi, per la proprietà di continuità verso l alto, µ( ]a, b]) = lim µ([a + h n, b]) = lim [ F (b) F (a + h n )] = F (b) F (a). Ovviamente, se ]a, b] =, si ha a = b e quindi è vero che µ( ]a, b]) = F (b) F (a). (c) = (d). Sia ]a, b[ I o 1. Come per la precedente implicazione possiamo supporre senz altro che sia ]a, b[. Fissato 0 < h b a, si ha ]a, b h n ] ]a, b[ 10
11 e quindi, per la proprietà di continuità verso l alto, µ( ]a, b[ ) = lim µ( ]a, b h n ]) = lim [ F (b h n ) F (a)] = F (b) F (a). (d) = (a). Si ha e quindi (continuità verso il basso) ]a 1 n, b[ [a, b[ µ([a, b[ ) = lim µ( ]a 1 n, b[ ) = lim [ F (b) F (a 1 n )] = F (b) F (a). Appendice al n Lemma L applicazione δ F : I1 d R, definita dalla (7.1.2), è finitamente additiva, cioè: se I 1,..., I k I1 d sono a due a due disgiunti e tali che I 1... I k = I I1 d, allora (7.1.13) δ F (I) = δ F (I 1 ) δ F (I k ). Dimostrazione. Procediamo per induzione sul numero k degli intervalli I 1,..., I k. Per k = 1 la (7.1.13) è ovviamente verificata. Supponiamo che l asserto sia vero per l indice k e dimostriamo che è vero pure per k + 1. Siano I 1,..., I k, I k+1 I1 d a due a due disgiunti e tali che Proviamo che I 1... I k I k+1 = I I d 1. δ F (I) = δ F (I 1 ) δ F (I k ) + δ F (I k+1 ). Ciò è ovvio se I =. Supponiamo quindi I e poniamo I = [a, b[. Uno solo degli intervalli I 1,..., I k, I k+1 contiene il punto a; supponiamo che sia a I 1 ; ne segue che I 1 = [a, c[ con c b e [c, b[ = I 2... I k+1 ; si ha allora, per l ipotesi induttiva, δ F (I) = F (b) F (a) = F (b) F (c) + F (c) F (a) = δ F ([c, b[ ) + δ F (I 1 ) = = δ F (I 1 ) + δ F ([c, b[ ) = δ F (I 1 ) + δ F (I 2 ) δ F (I k+1 ). Lemma Per ogni I I1 d d ed ogni ε > 0 esiste J I1 tale che J I, δf (J) δ F (I) < ε. Dimostrazione. Se I = la tesi si ottiene prendendo J =. Se I = [a, b[ l intervallo J si trova tra gli intervalli del tipo [a, c[ con c < b ; infatti, dato che F è continua dalla sinistra, si ha lim δ x b F ([a, x[ ) = δ F ([a, b[ ), quindi esiste c, a c < b, tale che δ F ([a, c[ ) δ F ([a, b[ ) < ε. 11
12 Osservazione Notiamo che per il Lemma non si è utilizzata nessuna delle due ipotesi i) e ii), mentre per il Lemma è servita soltanto la ii). I due lemmi che seguono riguardano esclusivamente le famiglie di insiemi I1 d e F 1 d e pertanto sono indipendenti dalle ipotesi sulla funzione F. L ipotesi i) sarà utilizzata per il Lemma 7.1.5, mentre per il successivo Lemma occorreranno entrambe le ipotesi i) e ii). Lemma Le famiglie di insiemi I1 d e F 1 d a) I, J I d 1 = I J I d 1 ; hanno le seguenti proprietà: b) I, J I1 d = I \J è unione finita di intervalli appartenenti a I1 d, a due a due disgiunti; c) I I1 d, A F 1 d = I \ A è unione finita di intervalli appartenenti a I1 d, a due a due disgiunti; d) ogni insieme A F d 1 d è unione finita di intervalli appartenenti a I1, a due a due disgiunti. Dimostrazione. a) Siano I = [a, b[, J = [c, d[. L asserto è vero se I J =. Supponiamo quindi I J. È allora immediato verificare che risulta a c < b d e si ha I J = [ a c, b d [. Ricordiamo (cfr. il n. 2.1) che a c = max{a, c}, b d = min{b, d}. b) Poiché I \ J = I \ (I J) e I J I1 d, possiamo supporre che sia J I. Siano I = [a, b[, J = [c, d[. Sia, inoltre, [c, d[ (poiché, altrimenti, non c è nulla da dimostrare). Si ha allora a c, d b e risulta I \ J = [a, c[ [d, b[, quindi è vera la tesi. c) Posto A = J 1... J k con J 1,..., J k I1 d, procediamo per induzione sull indice k. Per k = 1 la tesi è vera (proprietà b)). Supponiamo che l asserto sia vero per l indice k e dimostriamo che esso è vero pure per l indice k + 1. Supponiamo pertanto che sia A = J 1... J k J k+1, con J 1,..., J k, J k+1 I1 d. Si ha I \ A = ( I \ (J 1... J k ) ) \ J k+1 e quindi, per l ipotesi induttiva, esistono K 1,..., K r I1 d, a due a due disgiunti, tali che I \ A = (K 1... K r ) \ J k+1 = (K 1 \ J k+1 )... (K r \ J k+1 ) ; poiché gli insiemi K i \ J k+1, i = 1,... r, sono a due a due disgiunti e ciascuno di essi è (proprietà b)) unione finita di intervalli di I1 d a due a due disgiunti, ne segue che anche I \ A è unione finita di intervalli di I1 d a due a due disgiunti. d) Se A = I 1... I k, con I 1,..., I k I1 d, possiamo scrivere A = I 1 ( I 2 \ I 1 ) ( I3 \ (I 1 I 2 ) )... ( I k \ (I 1... I k 1 ) ) ; poiché gli addendi dell unione al secondo membro sono a due a due disgiunti e ciascuno di essi è (proprietà c)) unione finita di intervalli di I1 d a due a due disgiunti, ne segue la tesi. 12
13 Lemma La famiglia di insiemi F d 1 Dimostrazione. I postulati r 1 ) F d 1, r 3 ) A, B F1 d = A B F1 d è un anello in R. sono ovviamente soddisfatti. Proviamo che vale anche r 2 ) A, B F d 1 = A \ B F d 1. Sia A = I 1... I k, con I 1,..., I k I d 1. Allora A \ B = (I 1 \ B)... (I k \ B) e ognuno degli addendi dell unione al secondo membro appartiene a F1 d segue che anche A \ B appartiene a F1 d. (Lemma 7.1.3, c)); ne Lemma Esiste ed è unico ν F, contenuto sull anello F1 d, tale che (7.1.4) ν F (I) = F (b) F (a) I = [a, b[ I d 1. Dimostrazione. Sia ν F : F1 d R la funzione d insieme definita nel seguente modo: per ogni insieme A F1 d ed ogni rappresentazione dell insieme A del tipo A = I 1... I k, con I 1,..., I k I1 d poniamo a due a due disgiunti (rappresentazione che esiste per il Lemma 7.1.3, d)) (7.1.14) ν F (A) = δ F (I 1 ) δ F (I k ). Verifichiamo che la funzione ν F è ben definita. Occorre provare che, se A F d 1 e A = I 1... I k, A = J 1... J h sono due qualsiasi rappresentazioni dell insieme A come unione finita di intervalli di F d 1 a due a due disgiunti, risulta (7.1.15) Si ha infatti, per ogni r = 1,..., k, k δ F (I r ) = r=1 h δ F (J s ). s=1 I r ( h = I r A = I r J s ) = h ( ) Ir J s s=1 s=1 13
14 e quindi, per il Lemma 7.1.1, tenuto conto del Lemma 7.1.3, a), ne segue che δ F (I r ) = k δ F (I r ) = r=1 h δ F (I r J s ) ; s=1 k r=1 s=1 h δ F (I r J s ). Analogamente, scambiando i ruoli degli intervalli I r e J s, si ottiene h δ F (J s ) = s=1 h s=1 r=1 k δ F (I r J s ), dunque vale la (7.1.15). È evidente che ν F è un contenuto su F1 d (in particolare risulta ν F 0 grazie all ipotesi ii)) e che vale la (7.1.4). L unicità di ν F segue dall osservazione che, se ν è un qualunque contenuto su F1 d che verifica la condizione allora per ogni insieme A F d 1 con I 1,..., I k I d 1 ν(i) = F (b) F (a) ed ogni rappresentazione di A del tipo A = I 1... I k, a due a due disgiunti, deve necessariamente aversi ν(a) = δ F (I 1 ) δ F (I k ) = ν F (A). I = [a, b[ I d 1, Lemma Per ogni A F1 d d ed ogni ε > 0 esiste B F1 tale che B A, νf (B) ν F (A) < ε. Dimostrazione. Sia A = I 1... I k, con I 1,..., I k I1 d esistono J 1,..., J k I1 d tali che a due a due disgiunti. Per il Lemma Posto B = J 1... J k, si ha J r I r, δ F (J r ) δ F (I r ) < ε k, r = 1,..., k. B F d 1, B J 1... J k A e inoltre, dato che anche gli intervalli J 1,..., J k sono a due a due disgiunti, νf (B) ν F (A) k = δ F (J r ) r=1 k δ F (I r ) r=1 k δf (J r ) δ F (I r ) < ε. r=1 14
15 7.2. Funzioni di distribuzione e misure di Borel su R h. Ci proponiamo adesso di estendere allo spazio R h la teoria svolta nel precedente paragrafo nel caso in cui lo spazio ambiente è R. Cominciamo, naturalmente, dal Teorema Esaminando la possibilità di estendere tale teorema al caso h-dimensionale ci troviamo subito a dover risolvere due problemi. Un primo problema è quello della formulazione di adeguate ipotesi sulla funzione F : R h R, che generalizzino le i) e ii) del Teorema Un altro problema riguarda invece la natura del legame da richiedere tra la funzione F e la misura µ, legame che nel caso unidimensionale è espresso dalla (7.1.1); infatti, come vedremo proseguendo nella lettura del paragrafo, l estensione pedissequa della (7.1.1) non permette di ottenere risultati significativi. Per cominciare a renderci conto di come stiano le cose in dimensione h 2 e a orientarci nella risoluzione dei due precedenti problemi prendiamo lo spunto dal fatto che per h = 1, nel caso di una misura di Borel finita, una funzione di distribuzione F associata a µ si ottiene ponendo (7.2.1) F (x) = µ(], x[) x R e, ipotizzando che un risultato analogo valga pure per h 2, ragioniamo nel seguente modo: proviamo ad estendere la (7.2.1) al caso h-dimensionale sostituendo all intervallo ], x[ l insieme ], x 1 [... ], x h [, x = (x 1,..., x h ) R h, e studiamo le proprietà della funzione F : R n R che così si ottiene. Per semplicità esaminiamo in dettaglio solo il caso h = 2. Supponiamo pertanto che µ sia una misura su B 2, con µ(r 2 ) < +, e consideriamo la funzione F : R 2 R definita, a partire da µ, nel modo seguente: (7.2.2) F (x) = µ( ], x 1 [ ], x 2 [ ) x = (x 1, x 2 ) R 2. Dato un intervallo I = [a, b[ I d 2, con a < b, cerchiamo di esprimere la misura µ(i) dell intervallo I mediante la funzione F. Siano a = (a 1, a 2 ), b = (b 1, b 2 ) le coordinate dei punti a e b. Osserviamo che la differenza F (b 1, b 2 ) F (a 1, a 2 ) è uguale (proprietà di sottrattività) alla misura dell insieme L = ( ], b 1 [ ], b 2 [ ) \ ( ], a 1 [ ], a 2 [ ) = = ( [a 1, b 1 [ ], b 2 [ ) ( ], b 1 [ [a 2, b 2 [ ) 15
16 e che per ottenere l intervallo I occorre sottrarre da L l unione M N dei due insiemi disgiunti M = [a 1, b 1 [ ], a 2 [, N = ], a 1 [ [a 2, b 2 [ ; ognuno di tali insiemi si può esprimere come differenza di due insiemi del tipo ], x 1 [ ], x 2 [ (cioè del tipo di quelli considerati nella (7.2.2)); si ha infatti M = N = ( ) ], b 1 [ ], a 2 [ ( ) ], a 1 [ ], b 2 [ \ \ ( ) ], a 1 [ ], a 2 [ ( ) ], a 1 [ ], a 2 [, e pertanto µ(m) = F (b 1, a 2 ) F (a 1, a 2 ), µ(n) = F (a 1, b 2 ) F (a 1, a 2 ). In definitiva si ha: [ ] µ(i) = µ(l) µ(m) + µ(n) = [ ] = F (b 1, b 2 ) F (a 1, a 2 ) F (b 1, a 2 ) F (a 1, a 2 ) + F (a 1, b 2 ) F (a 1, a 2 ) = = F (b 1, b 2 ) F (b 1, a 2 ) F (a 1, b 2 ) + F (a 1, a 2 ). Se proviamo a trasferire le considerazioni che precedono da R 2 a R 3, ottienamo, con calcoli un po più laboriosi e con ovvio significato dei simboli, µ([a, b[ ) = F (b 1, b 2, b 3 ) F (a 1, b 2, b 3 ) F (b 1, a 2, b 3 ) F (b 1, b 2, a 3 ) + + F (b 1, a 2, a 3 ) + F (a 1, b 2, a 3 ) + F (a 1, a 2, b 3 ) F (a 1, a 2, a 3 ). In generale, in R h, si può dimostrare (cfr. il Lemma nell appendice al paragrafo) che, data una misura finita µ su B h e posto F (x) = µ( ], x 1 [... ], x h [ ) x = (x 1,..., x h ) R h, la misura µ([a, b[ ) di un intervallo non vuoto [a, b[ Ih d risulta uguale alla somma dei valori che la funzione F assume in ognuno dei 2 h vertici dell intervallo [a, b[, valori preceduti dal segno + o secondo che il numero delle componenti del vertice considerato che coincidono con le omologhe componenti del vertice iniziale a = (a 1,..., a h ) sia pari o dispari. 16
17 Ritornando al caso h = 2, osserviamo ancora che la funzione F definita dalla (7.2.2) gode della proprietà di essere continua dalla sinistra rispetto alle variabili x = (x 1, x 2 ), nel loro complesso, cioè (7.2.3) c R 2, ε > 0 δ > 0 : d(x, c) < δ, x c = F (x) F (c) < ε (d è la distanza euclidea). Per dimostrare ciò basta osservare che la proprietà (7.2.3) equivale, per una qualsiasi funzione F : R 2 R, alla seguente: (7.2.4) per ogni c R 2 ed ogni successione {c n } di elementi di R 2 tale che ( ) c n c n N, lim c n = c risulta lim F (c n) = F (c) e che, dato che ogni successione {c n } di elementi di R 2 verificante le condizioni (*) ammette un estratta {c nr } soddisfacente l ulteriore requisito c nr c nr+1 r N (si veda in proposito il Lemma nell appendice al paragrafo), la (7.2.4) è, a sua volta, equivalente a (7.2.5) per ogni c R 2 ed ogni successione {c n } di elementi di R 2 tale che c n c n+1 c n N, lim c n = c risulta lim F (c n) = F (c) (l implicazione (7.2.4) = (7.2.5) è ovvia; l implicazione contraria si prova con un facile ragionamento per assurdo); la validità della (7.2.5) per la funzione (7.2.2) segue poi facilmente dalla proprietà di continuità verso l alto della misura µ. Osserviamo che non c è alcuna difficoltà ad estendere quanto detto a proposito della continuità dalla sinistra dal caso h = 2 al caso generale. Torniamo adesso all estensione del Teorema e precisiamo i simboli che adopereremo. Notazioni. Per ogni coppia a, b di elementi di R h tali che a < b indichiamo con V a,b l insieme dei vertici dell intervallo chiuso, non degenere, [a, b], cioè l insieme V a,b = {a 1, b 1 }... {a h, b h }. Indichiamo inoltre, per ogni c = (c 1,..., c h ) V a,b, con i a,b (c) il numero degli elementi dell insieme {r {1,..., h} : c r = a r }, 17
18 cioè il numero delle componenti di c che sono uguali alle omologhe componenti di a. Data una funzione F : R h R, indichiamo, per ogni a, b R h tali che a < b, con F [a; b] la quantità F [a; b] = i a,b (c) F (c). c V a,b ( 1) Inoltre, se a, b R h sono tali che a b, ma a b, poniamo F [a; b] = 0. Ovviamente, per h = 1 si ha F [a; b] = F (b) F (a). Definizione (Funzione di distribuzione su R h ). Si chiama funzione di distribuzione su R h ogni funzione F : R h R avente le seguenti due proprietà: j) F [a; b] 0 a, b R h, a b ; jj) F è continua dalla sinistra rispetto a ciascuna delle variabili x 1,..., x h, separatamente. La jj) vuol dire che, per ogni c = (c 1,..., c h ) R h, i limiti lim F (x 1, c 2,..., c h ), x 1 c 1 lim F (c 1, x 2, c 3,..., c h ),..., x 2 c 2 esistono tutti e sono tutti uguali a F (c 1, c 2,..., c h ). lim F (c 1, c 2,..., c h 1, x h ) x h c h Osservazioni ) È evidente che per h = 1 le proprietà j) e jj) della precedente definizione si riducono alle proprietà i) e ii) della Definizione 7.1.1, dunque c è coerenza tra le due definizioni. 2) Per h 2 la proprietà j) non è sufficiente a garantire, così come accade per h = 1, l esistenza dei limiti che figurano nella proprietà jj) (un facile controesempio per h = 2 si ottiene ponendo F (x 1, x 2 ) = D(x 1 ) + D(x 2 ) (x 1, x 2 ) R 2, essendo D : R R la funzione di Dirichlet: D(x) = 0 se x Q, D(x) = 1 se x R \ Q). 3) Nella precedente definizione di funzione di distribuzione abbiamo richiesto una proprietà di continuità dalla sinistra (continuità rispetto a ciascuna delle variabili separatamente) più debole della continuità dalla sinistra rispetto a tutte le variabili, nel loro complesso, che avevamo trovato per la funzione (7.2.2). Il motivo di questa scelta è quello di adottare, nel successivo Teorema 7.2.1, ipotesi quanto più leggere possibile. 4) A proposito di quanto detto in 3) segnaliamo che a prescindere dallo scambio destra-sinistra (cfr. la successiva Osservazione 7.2.2) per h 2 la definizione di funzione di distribuzione, nei vari libri di testo, non è uniforme. Altri Autori richiedono infatti che le funzioni di distribuzione siano continue dalla sinistra rispetto a tutte le variabili, nel loro complesso; altri ancora richiedono che la F soddisfi ulteriori proprietà di monotonia oltre alla j). 18
19 Osservazione Avvertiamo sin d ora e non ritorneremo più su questa osservazione che la teoria che svolgeremo in questo paragrafo da sinistra continua a valere, specularmente, da destra, a condizione, ovviamente, di fare le dovute modifiche e cioè sostituire la continuità da sinistra con quella da destra e gli intervalli semiaperti a destra con quelli semiaperti a sinistra. Definizione (Misura di Borel su R h ). Si chiama misura di Borel su R h ogni misura µ, definita sulla σ-algebra B h dei boreliani di R h, tale che per ogni insieme limitato L B h. µ(l) < + Possiamo adesso enunciare il risultato principale. Teorema Sia F una qualsiasi funzione di distribuzione su R h. Esiste ed è unica µ F, funzione di distribuzione su R h, tale che µ F (I) = F [a; b] I = [a, b[ I d h. La dimostrazione del Teorema si ottiene seguendo la falsariga di quella del Teorema 7.1.1; anzi, la maggior parte delle verifiche che occorre effettuare si ottengono ripetendo pedissequamente quanto detto nel caso h = 1; fanno eccezione soltanto la dimostrazione del Lemma (più complicata di quella dell analogo Lemma 7.1.1) e quelle dei Lemmi e (che necessitano di qualche aggiustamento rispetto agli analoghi lemmi relativi al caso unidimensionale). Per comodità del lettore riportiamo un breve schema della dimostrazione del teorema 7.2.1, rinviando all appendice al paragrafo per i lemmi tecnici di supporto. Dimostrazione del Teorema Supponiamo, naturalmente, che sia h Si verifica (Lemma 7.2.1) che l applicazione I δ F (I), da I d h in R, ottenuta associando ad ogni intervallo I = [a, b[ I d h la quantità δ F (I) = F [a; b], è finitamente additiva e che vale (Lemma 7.2.2) la seguente proprietà di approssimazione: per ogni I Ih d ed ogni ε > 0 esiste J I h d tale che J I, δf (J) δ F (I) < ε. 19
20 2. Denotata con Fh d la famiglia delle unioni finite di intervalli di I h d, si osserva, come nel Teorema 7.1.1, che è A(Fh d ) = B h e si dimostra (Lemma 7.2.3) che le famiglie di insiemi Ih d e F h d godono delle stesse proprietà proprietà a) - d) che valevano nel caso h = 1. Se ne deduce (Lemma 7.2.4) che Fh d è un anello in R h. che 3. Si prova (Lemma 7.2.5) che esiste, ed è unico, un contenuto ν F sull anello F d h ν F (I) = F [a; b] e che vale (Lemma 7.2.6) la proprietà di approssimazione: per ogni A F d h d ed ogni ε > 0 esiste B Fh tale che B A, νf (B) ν F (A) < ε. tale I = [a, b[ I d h 4. Si prova, esattamente come nel Teorema 7.1.1, che il contenuto ν F è una premisura. 5. Come nel Teorema si ha che la premisura ν F è σ-finita (basta tenere presente che [ n, n[ h R h ). 6. A questo punto, per completare la dimostrazione, basta ragionare esattamente come per il Teorema 7.1.1, facendo ricorso al teorema di esistenza ed unicità del prolungamento di una premisura σ-finita. Notazioni. Come nel caso h = 1 indichiamo con F h e M h, rispettivamente, l insieme delle funzioni di distribuzione su R h e l insieme delle misure di Borel su R h. Studiamo, come già fatto nel caso h = 1, l iniettività e la surgettività dell applicazione (7.2.6) F µ F, da F h in M h, determinata dal Teorema Si hanno risultati analoghi a quelli del caso h = 1 e precisamente: la (7.2.6) non è iniettiva (Proposizione 7.2.1) ma è surgettiva (Teorema 7.2.2) (ovviamente, per recuperare l iniettività, basta passare all insieme quoziente). Omettiamo, per semplicità, le relative dimostrazioni, che riportiamo nell appendice al paragrafo nel caso particolare h = 2. Proposizione Siano F, F 1 F h due funzioni di distribuzione su R h, h 2. Risulta µ F = µ F1 se e soltanto se la differenza F F 1 è uguale ad una somma di funzioni del tipo H H h, dove H i : R h R, i = 1,..., h, è una funzione muta rispetto alla variabile x i (cioè H i (x 1,..., x h ) = H i (x 1,..., x i 1, x i+1,..., x h ) (x 1,..., x h ) R h, essendo H i una funzione da R h 1 in R ). 20
21 Teorema Data una qualsiasi misura µ M h, esiste F F h tale che µ F = µ. Inoltre F può essere costruita in modo tale da risultare continua dalla sinistra rispetto a tutte le variabili da cui dipende, nel loro complesso ( 5 ). Tenuto conto dei precedenti risultati, anche per h 2, ogni qual volta che F F h e µ M h sono tali da risultare µ = µ F, diciamo che µ è la misura di Borel associata a F, ovvero, reciprocamente, che F è una funzione di distribuzione di µ. Esaminiamo adesso il caso delle misure di Borel finite. Si ha in proposito il seguente teorema. Teorema Sia µ M h (h 2) una misura di Borel finita e sia F : R h R la funzione definita nel modo seguente: (7.2.7) F (x) = µ( ], x 1 [... ], x h [ ) x = (x 1,..., x h ) R h. La funzione F è una funzione di distribuzione della misura µ e gode, per di più, delle seguenti proprietà: 1) F è continua dalla sinistra rispetto a tutte le variabili x = (x 1,..., x h ), nel loro complesso; 2) risulta (7.2.8) lim x x h + F (x 1,..., x h ) = µ(r h ) ( 6 ) ; 3) per ogni c = (c 1,..., c h ) R h ed ogni i = 1,..., h si ha lim F (c 1,..., c i 1, x i, c i+1,..., c h ) = 0 ; x i 4) se (x i1,..., x ik ) sono alcune delle variabili (x 1,..., x h ) e (x j1,..., x jh k ) sono le rimanenti variabili, allora, comunque si fissino i valori (x j1,..., x jh k ) di (x j1,..., x jh k ), la funzione parziale (x i1,..., x ik ) F (..., x ir,..., x js,...), da R k in R, è la funzione di distribuzione di una misura di Borel finita su R k. Inoltre, la funzione (7.2.7) è l unica funzione di distribuzione associata a µ che gode della proprietà 3). ( 5 ) Cioè: c R h, ε > 0 δ > 0 : d(x, c) < δ, x c = F (x) F (c) < ε. ( 6 ) Il significato della relazione di limite (7.2.8) è il seguente: ε > 0 x R h : x R h, x x = F (x) µ(r h ) < ε. 21
22 La dimostrazione del Teorema è riportata nell appendice al paragrafo. Sulla scorta del precedente teorema, data una misura di Borel finita µ su R h, si suole denotare con il simbolo F µ quella funzione di distribuzione associata a µ che verifica la condizione 3) e si suole dire che F µ è la funzione di distribuzione di µ. Indicando, come nel caso h = 1, con F h il sottoinsieme di F h costituito da quelle funzioni di distribuzione F che verificano la condizione 3) e l altra: lim F (x 1,..., x h ) = l R, x x h + e con M h l insieme delle misure di Borel finite su Rh, si può dimostrare che la restrizione dell applicazione (7.2.6) a F h è una bigezione tra F h e M h e la funzione inversa di tale bigezione è l applicazione µ F µ. Ovviamente, quanto detto in generale per le misure di Borel finite vale in particolare per le misure di probabilità P su B h. In questo caso le relative funzioni di distribuzione F P sono caratterizzate dal verificare la condizione 3) e dall essere tali che lim F P (x 1,..., x h ) = 1. x x h + Occupiamoci adesso delle funzioni di distribuzione continue. Teorema Sia F una funzione di distribuzione su R h, continua in R h, e sia µ una misura su B h. Le seguenti affermazioni (a) - (d) sono equivalenti: (a) µ( [a, b[ ) = F [a; b] [a, b[ I d h ; (b) µ( [a, b] ) = F [a; b] [a, b] I h ; (c) µ( ]a, b] ) = F [a; b] ]a, b] I s h ; (d) µ( ]a, b[ ) = F [a; b] ]a, b[ I o h. Dimostrazione. (a) = (b). di componenti (1,..., 1), si ha Qualunque sia [a, b] I h, indicato con e l elemento di R h [a, b + 1 ne[ [a, b] e quindi, per la proprietà di continuità verso il basso di µ e l ipotesi (a), µ([a, b]) = lim µ([a, b + 1 n e[) = lim F [a; b + 1 n e] ; d altra parte, utilizzando la continuità di F, si può dimostrare che lim F [a; b + 1 n e] = F [a; b] (7 ) ; 22
23 ne segue la tesi. (b) = (c). Qualunque sia ]a, b] Ih s, ]a, b], fissato 0 < h min 1 i h b i a i, si ha [a + h ne, b] ]a, b] e quindi, per la proprietà di continuità verso l alto di µ, l ipotesi (b) e la continuità di F, µ(]a, b]) = lim µ([a + h ne, b]) = lim F [a + h ne; b] = F [a; b]. Ovviamente, se ]a, b] =, si ha µ( ]a, b]) = 0 = F [a; b]. (c) = (d). Sia ]a, b[ Ih o. Se ]a, b[= l uguaglianza µ( ]a, b[ ) = F [a; b] è ovviamente verificata. Supponiamo quindi che sia ]a, b[. Fissato 0 < h min 1 i h b i a i, si ha ]a, b h ne] ]a, b[ e quindi, per la proprietà di continuità verso l alto di µ, l ipotesi (c) e la continuità di F, µ(]a, b[) = lim µ(]a, b h n e]) = lim F [a; b h ne] = F [a; b]. (d) = (a). Si ha ]a 1 ne, b[ [a, b[ e quindi (continuità verso il basso di µ, ipotesi (d) e continuità di F ) µ([a, b[) = lim µ(]a 1 ne, b[) = lim F [a 1 ne; b] = F [a; b]. I Teoremi e implicano, in particolare, il seguente corollario. ( 7 ) Ad esempio, nel caso h = 2, si ha lim F [a; b + 1 n e] = [ ] lim F (b n, b 2 + n 1 ) F (b 1 + n 1, a 2) F (a 1, b 2 + n 1 ) + F (a 1, a 2 ) = F (b 1, b 2 ) F (b 1, a 2 ) F (a 1, b 2 ) + F (a 1, a 2 ) = e l ultima quantità è uguale (sia nel caso a < b che in quello a b) a F [a; b]. 23
24 Corollario Sia F : R h R una funzione continua verificante la condizione j) F [a; b] 0 a, b R h, a b. Esiste un unica misura µ su B h tale che (7.2.9) µ( [a, b] ) = F [a; b] [a, b] I h. Esaminiamo il caso particolare della funzione Λ h : R h R data da Tale funzione è, ovviamente, continua e si ha inoltre Λ h (x) = x 1... x h x = (x 1,..., x h ) R h. (7.2.10) Λ h [a; b] = mis e,h ([a, b]) [a, b] I h. Infatti la (7.2.10) è ovviamente verificata se l intervallo [a, b] è degenere. Se, invece, è a < b, basta osservare che, indicate con a = (a 1,..., a h ) e b = (b 1,..., b h ) le componenti di a e b, lo sviluppo del prodotto (b 1 a 1 )... (b h a h ) = mis e,h ([a, b]) è uguale alla somma di tutti i 2 h prodotti del tipo c 1... c h, dove, per ogni i = 1,..., h, è c i = a i oppure c i = b i, ognuno di tali prodotti essendo preceduto dal segno + o dal segno secondo che il numero dei fattori c i che sono uguali a a i è pari o dispari; dunque si ha mis e,h ([a, b]) = c V a,b ( 1) i a,b (c) Λh (c) = Λ h [a; b]. Dalla (7.2.10) segue che la funzione Λ h verifica la condizione j). Conseguentemente, per il Corollario 7.2.1, si ha la Proposizione Esiste una ed una sola misura λ h su B h tale che (7.2.11) λ h ([a, b]) = mis e,h ([a, b]) [a, b] I h. Poiché la restrizione della misura di Lebesgue m h alla σ-algebra B h è una misura µ su B h avente la proprietà che ne deduciamo che vale il seguente teorema. µ([a, b]) = mis e,h ([a, b]) [a, b] I h, 24
25 Teorema (Unicità della misura di Lebesgue su B h ). La restrizione della misura di Lebesgue m h alla σ-algebra B h è l unica misura λ h su B h che prolunga la misura elementare (cioè verifica la (7.2.11)). Osservazione Per ricavare il Teorema oltre alla conoscenza della misura di Lebesgue abbiamo utilizzato, per l unicità, la Proposizione e quindi la teoria svolta in questo capitolo. Tuttavia, il Teorema può essere dimostrato senza fare uso di tale teoria; infatti l unicità di λ h può ottenersi mediante il teorema di coincidenza di due misure (Teorema 5.4.3), prendendo come σ-algebra A la σ-algebra B h e come suo generatore E la famiglia I h degli intervalli chiusi. Di conseguenza, poiché il Teorema 7.2.5, a sua volta, implica ovviamente la Proposizione 7.2.2, anche quest ultima sussiste a prescindere dai risultati riguardanti le funzioni di distribuzione. Il fatto che la Proposizione si possa dedurre usando esclusivamente la teoria generale sulle funzioni di distribuzione e le misure di Borel su R h presentata in questo capitolo, senza presupporre la conoscenza della misura di Lebesgue, è però importante perché, come vedremo più avanti (cfr. il n. 8.4), ciò rende possibile un altro modo di definire la misura di Lebesgue (di tipo assiomatico ), alternativo rispetto al procedimento costruttivo seguito nel Capitolo 4. Appendice al n Iniziamo con i lemmi di supporto alla dimostrazione del Teorema Supporremo sempre, in tali lemmi, che sia h 2. fa corri- Lemma L applicazione δ F : Ih d R, che ad ogni intervallo I = [a, b[ I h d spondere la quantità δ F (I) = F [a; b], è finitamente additiva, cioè: se gli intervalli I 1,..., I k Ih d I 1... I k = I Ih d, allora sono a due a due disgiunti e tali che (7.2.12) δ F (I) = δ F (I 1 ) δ F (I k ). Dimostrazione. Osserviamo preliminarmente che l applicazione δ F è ben definita, poiché se l intervallo I = [a, b[ Ih d non è vuoto i suoi estremi a e b sono univocamente determinati, mentre se I = allora δ F (I) = 0 indipendentemente dalla rappresentazione I = [a, b[ che si adopera. Per dimostare il lemma procediamo per induzione sul numero k degli intervalli I 1,..., I k. Per k = 1 la (7.2.12) è ovviamente verificata. Per k = 2 la (7.2.12) è ancora ovviamente verificata se I 1 = oppure I 2 =. Esaminiamo il caso k = 2, I 1, I 2. Posto I = [a, b[, a = (a 1,..., a h ), b = (b 1,..., b h ), le ipotesi sugli intervalli I 1 e I 2 implicano che il punto a appartiene ad uno solo di tali intervalli; supponiamo, per fissare le idee, che sia a I 1. Si ha allora I 1 = [a, β[, essendo β = (β 1,..., β h ) un elemento di R h tale che a < β (dato che I 1 ); risulta inoltre β b (dato che I 1 = [a, β[ [a, b[ ) e β b (altrimenti sarebbe I 1 = I e quindi I 2 = ); in altre parole si ha che è β r b r per ogni r = 1,..., h ed esiste inoltre almeno un indice s { 1,..., h } tale che β s < b s. 25
26 Verifichiamo che tale indice s è unico. Infatti, ragionando per assurdo e supponendo, ad esempio, che valgano entrambe le disuguaglianze β 1 < b 1 e β 2 < b 2, si ottiene che i punti u = (β 1, a 2, a 3,..., a h ), v = (a 1, β 2, a 3,..., a h ) appartengono entrambi a I \ I 1 = I 2 e, di conseguenza ( 8 ), anche il punto a = u v è un elemento di I 2, ma tale conclusione è assurda. Ciò prova l unicità dell indice s Supponiamo, per fissare le idee, che sia s = 1 e quindi da cui β = (β 1, b 2,..., b h ), I 1 = [a 1, β 1 [ [a 2, b 2 [... [a h, b h [, I 2 = I \ I 1 = [β 1, b 1 [ [a 2, b 2 [... [a h, b h [, cioè I 2 = [α, b[, essendo α = (β 1, a 2,..., a n ). Verifichiamo che vale la (7.2.12), cioè risulta F [a; b] = F [a; β] + F [α; b]. Per comprendere meglio il ragionamento esaminiamo dapprima il caso particolare della dimensione h = 2. Si ha F [a; β] = F (β 1, b 2 ) F (a 1, b 2 ) F (β 1, a 2 ) + F (a 1, a 2 ), F [α; b] = F (b 1, b 2 ) F (β 1, b 2 ) F (b 1, a 2 ) + F (β 1, a 2 ), pertanto F [a; β] + F [α; b] = F (a 1, b 2 ) + F (a 1, a 2 ) + F (b 1, b 2 ) F (b 1, a 2 ) = F [a; b]. In generale si ragiona nel modo seguente. Posto W 1 = {a 1 } {a 2, b 2 }... {a h, b h }, W = {β 1 } {a 2, b 2 }... {a h, b h }, W 2 = {b 1 } {a 2, b 2 }... {a h, b h }, gli insiemi W, W 1 e W 2 sono a due a due disgiunti e si ha V a,β = W 1 W, V α,b = W 2 W, V a,b = W 1 W 2 ; ( 8 ) È ovvio che, se i punti x = (x 1,..., x h ) e y = (y 1,..., y h ) appartengono entrambi all intervallo J Ih d, allora anche è un elemento di J. x y = (min{x 1, y 1 },..., min{x h, y h }) 26
27 inoltre è facile convincersi che i a,β (c) = i a,b (c) c W 1, i α,b (c) = i a,b (c) c W 2, i α,b (c) = i a,β (c) + 1 c W ; di conseguenza si ha F [a; β] + F [α; b] = = i a,β (c) F (c) + ( 1) i a,β (c) F (c) + c W 1 ( 1) = ( 1) c W c W 2 c W c W 1 ( 1) = i a,b (c) F (c) + c V a,b ( 1) c W 2 ( 1) i α,b (c) F (c) + ( 1) i α,b (c) F (c) = i a,b (c) F (c) = i a,b (c) F (c) = F [a; b]. Abbiamo così provato che la tesi è vera per k = 2. Per completare il ragionamento per induzione supponiamo che l asserto sia vero per l indice k e dimostriamo che esso è vero pure per l indice k + 1. Siano I 1,..., I k, I k+1 Ih d intervalli a due a due disgiunti e tali che anche la loro unione I = I 1... I k I k+1 sia un intervallo appartenente a Ih d. Proviamo che risulta (7.2.12) δ F (I) = δ F (I 1 ) δ F (I k ) + δ F (I k+1 ). Dall ipotesi induttiva segue che la (7.2.12) è certamente verificata se qualcuno degli intervalli I 1,..., I k, I k+1 è vuoto; supponiamo pertanto che nessuno di essi sia vuoto. Come nel caso k = 2 si ha che uno solo degli intervalli I 1,..., I k, I k+1 contiene il punto a e, supponendo, per fissare le idee, che sia a I 1, possiamo scrivere I 1 = [a, β[, essendo β = (β 1,..., β h ) un elemento di R h tale che a < β b e inoltre β b. Si ha allora β r b r per ogni r = 1,..., h ed esiste almeno un indice s { 1,..., h } tale che β s < b s. Supponiamo, ad esempio, che sia β 1 < b 1 e consideriamo gli intervalli J, K I d h così definiti: J = [a 1, β 1 [ [a 2, b 2 [... [a h, b h [, K = [β 1, b 1 [ [a 2, b 2 [... [a h, b h [, di modo che risulta J K = I, J K = e, inoltre, J I 1. Consideriamo poi il punto α = (β 1, a 2,..., a n ) e osserviamo che esso appartiene ad uno solo degli intervalli I 2,..., I k+1. Supponiamo che sia α I k+1. Risulta allora K I k+1 (infatti, in caso contrario, l intervallo I k+1 conterrebbe almeno un punto x = (x 1, x 2,..., x n ) con x 1 < β 1 e quindi anche il punto x = (x 1, a 2,..., a n ) = α x, che invece appartiene a I 1 ). Ne segue che è J = I J = I 1 (I 2 J)... (I k J), K = I K = (I 2 K)... (I k K) I k+1 ; 27
28 pertanto, grazie all ipotesi induttiva ed al caso k = 2, tenuto conto anche del successivo Lemma 7.2.3, a), concludiamo che è δ F (I) = δ F (J) + δ F (K) = = [ ] [ ] δ F (I 1 ) + δ F (I 2 J) δ F (I k J) + δ F (I 2 K) δ F (I k K) + δ F (I k+1 ) = = δ F (I 1 ) + [ δ F (I 2 J) + δ F (I 2 K) ] [ δ F (I k J) + δ F (I k K) ] + δ F (I k+1 ) = = δ F (I 1 ) + δ F (I 2 ) δ F (I k ) + δ F (I k+1 ). Osservazione È chiaro dalla precedente dimostrazione che il Lemma vale per una qualsiasi funzione F : R h R; non è necessario che F una funzione di distribuzione su R h. Questa osservazione sarà utile nella dimostrazione del Teorema Lemma Per ogni I Ih d ed ogni ε > 0 esiste J I h d tale che J I, δf (J) δ F (I) < ε. Dimostrazione. Se I = la tesi si ottiene prendendo J =. Se I = [a, b[ l intervallo J si trova tra gli intervalli del tipo [a, c[ con a < c < b ; infatti, dato che la funzione (x 1,..., x k ) F (x 1,..., x k ) è continua dalla sinistra rispetto alla variabile x 1, esiste c 1 R, a 1 < c 1 < b 1, tale che δ F ([a, (c 1, b 2,..., b h )[ ) δ F ([a, b[ ) < ε h ; analogamente, per la continuità dalla sinistra rispetto alla variabile x 2, esiste c 2 R, a 2 < c 2 < b 2, tale che δf ([a, (c 1, c 2, b 3,..., b h )[ ) δ F ([a, (c 1, b 2, b 3,..., b h )[ ) < ε h ; proseguendo in questo modo (cioè diminuendo opportunamente, una alla volta, le componenti del punto b) alla fine si trova un punto c = (c 1,..., c h ) R h, a < c < b, tale che δ F ([a, c[ ) δ F ([a, b[ ) δ F ([a, c[ ) δ F ([a, (c 1,..., c h 1, b h [ ) δ F ([a, (c 1, b 2,..., b h )[ ) δ F ([a, b[ ) < < ε h ε h = ε. 28
29 Lemma Le famiglie di insiemi I d h e F d h hanno le seguenti proprietà: a) I, J I d h = I J I d h ; b) I, J Ih d = I \J è unione finita di intervalli appartenenti a I h d, a due a due disgiunti; c) I I1 d, A F h d = I \ A è unione finita di intervalli appartenenti a I h d, a due a due disgiunti; d) ogni insieme A Fh d è unione finita di intervalli appartenenti a I h d, a due a due disgiunti. Dimostrazione. La dimostrazione di a), c) e d) è identica a quella del caso unidimensionale. Proviamo la b). Supposto, come nella dimostrazione del Lemma 7.1.3, che sia J I, J e posto I = [a, b[, J [c, d[, a = (a 1,..., a h ), b = (b 1,..., b h ), c = (c 1,..., c h ), d = (d 1,..., d h ), consideriamo, per ogni i = 1,..., h, i seguenti intervalli di I d 1 : K 1 i = [a i, c i [, K 2 i = [c i, d i [, K 3 i = [d i, b i [ ; osserviamo che i 3 h intervalli di I d h che si ottengono considerando tutti i possibili prodotti K r 1 1 Kr Kr h h, con (r 1, r 2,..., r h ) {1, 2, 3} h, sono a due a due disgiunti e hanno per unione l intervallo I; si ha inoltre, in particolare, J = K 2 1 K K 2 h ; di conseguenza l insieme I\J è l unione di 3 h 1 intervalli di Ih d a due a due disgiunti, precisamente I \ J = K r 1 1 Kr Kr h h. (r 1,r 2,...,r h ) {1,2,3} h (r 1,r 2,...,r h ) (2,2,...,2) Le dimostrazioni dei successivi Lemmi sono identiche a quelle del caso h = 1. Lemma La famiglia di insiemi Fh d è un anello in Rh. Lemma Esiste ed è unico ν F, contenuto sull anello Fh d, tale che ν F (I) = F [a; b] I = [a, b[ Ih d. Lemma Per ogni A Fh d ed ogni ε > 0 esiste B F h d tale che B A, νf (B) ν F (A) < ε. 29
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