Le strade del Made in Italy: quale futuro? IX FORUM DEL COMITATO LEONARDO Campidoglio, 20 ottobre 2010

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1 Le strade del Made in Italy: quale futuro? IX FORUM DEL COMITATO LEONARDO Campidoglio, 20 ottobre 2010 FOCUS SETTORE AGROALIMENTARE a cura di Giandomenico Auricchio Presidente Federalimentare IL SETTORE AGROALIMENTARE ITALIANO. UN VOLANO PER L ECONOMIA L industria alimentare italiana rappresenta saldamente il secondo comparto produttivo del manifatturiero nazionale. Si tratta di una realtà che ha raggiunto i 120 miliardi di fatturato annuo e che dà lavoro a oltre persone imprese ogni giorno portano sulle tavole degli italiani e di tutto il mondo, prodotti ineguagliabili per gusto, qualità e sicurezza. E proprio sulla capacità di esportare e di confrontarsi con il mercato globale poggiano il successo - e forse la stessa sopravvivenza - del Made in Italy alimentare, che resta il portabandiera dell intera produzione industriale nazionale nel mondo. La produzione alimentare sta viaggiando positivamente nel 2010, con aumenti attorno al +2%, dopo il -1,5% del L export invece si sta muovendo con incrementi prossimi al +10%, dopo il 4,9% registrato lo scorso anno. Proprio il trend positivo dell export sta aiutando a riscattare la debolezza del mercato interno. Tutti i principali mercati evidenziano evoluzioni positive, recuperando quasi integralmente - a volte superando - i cali del Un ruolo strategico per il successo del comparto, come spiegato, lo gioca da sempre l export. Trent anni fa le esportazioni dell industria alimentare italiana raggiungevano i 2 miliardi di euro l anno. Nel 2000 l export del settore toccò i 10 miliardi. Ora, nel 2010, supererà i 20 miliardi di euro. Questa è una dinamica straordinaria, cui corrisponde peraltro un passo inferiore delle importazioni, assicurando così una bilancia commerciale positiva e crescente, che contribuisce all equilibrio e al progresso dell economia italiana. L industria alimentare ha camminato molto più della media dell industria nazionale, non solo in termini di export, ma anche di produzione. Dal 2000 al 2010 il trend dell esportazione alimentare è cresciuta di oltre 60 punti, mentre quello del totale Italia di 25 punti, con una forbice quindi di +35 punti. Sullo stesso arco di tempo la produzione alimentare è salita di 12 punti, mentre quella del totale industria è diminuita di 15 punti, con una forbice di 25 punti a vantaggio di questo settore. 1

2 In questo contesto non va sottovalutato il ruolo di calmieratore dei prezzi, a fronte dell inflazione, giocato dall industria alimentare. Dal 1995 al 2010 i prezzi alla produzione del settore sono cresciuti del +27,3%, mentre l inflazione è salita del +37,2%. L industria alimentare ha fatto molto perciò per proteggere e valorizzare la capacità di acquisto delle famiglie. Ma queste sono valutazioni statistiche. I dati rischiano di essere freddi, mentre in realtà la produzione alimentare italiana ha un anima che nasce dal legame profondo col mondo agricolo. Questa industria, infatti, trasforma il 72% dell intera produzione agricola nazionale. Si tratta quindi di due settori fortemente compenetrati, con una profonda valenza sociale. In altre parole, il mondo alimentare è parte integrante di questa società, del modo di vivere degli italiani. Quella del food and drink è, perciò, una produzione che coinvolge amplissime valenze sociali, umane e culturali, non paragonabili a quella di alcun altro settore. Si tratta di una articolazione straordinaria che, da un lato, corrisponde alla varietà produttiva della terra e, dall altro, alla varietà della dieta e dell alimentazione italiana, e quindi della capacità di trasformazione dell industria alimentare. Valore aggiunto indiscusso dell alimentare italiano è lo strettissimo legame che la produzione ha con la tradizione di questo Paese. Quando diciamo Made in Italy, ci si riferisce fondamentalmente a due settori della produzione alimentare. Da un lato i cosiddetti prodotti tipici, quelli legati ad un territorio determinato, che coprono il 10% circa della produzione alimentare. Sono prodotti che, dal legame col territorio, traggono elementi non solo economici ma anche un aspetto qualitativo caratterizzante che deriva dalla natura. Di questo genere di prodotti l Italia è leader in Europa per numero di DOP e IGP riconosciuti, ossia per ricchezza di tipicità. Il restante 90% è rappresentato dal Made in Italy, che non sempre ha un legame specifico con il territorio. Questo genere di produzione ha un legame forte con una tradizione sapiente fatta di trasformazione dei prodotti alimentari, di seleziona delle materie prime provenienti dal mondo intero, e infine di produzione dei prodotti adeguati ai gusti e alle specifiche culture dei consumatori italiani e di tutto il mondo. E quello che può essere chiamato know how, ossia la capacità di trasformazione di prodotti agricoli nazionali e di prodotti selezionati nel mondo intero. Un esempio ne è il caffè. Pur trattandosi di un prodotto che caratterizza molto il nostro Paese, non si produce neppure un chicco di caffè in Italia. Eppure, l industria italiana ha una sapienza impareggiabile nel produrre quel caffè che tutti definiscono caffè italiano. Ebbene, questo 90% di prodotti che esulano dalla categoria formale dei tipici contribuisce fortemente, attraverso i suoi marchi, alla crescita del prodotto italiano nel mondo. E proprio questa è l area produttiva che ha spinto l export e la produzione su dinamiche nettamente premianti rispetto al resto del Paese. Questo settore, dunque, non produce solo dei prodotti che fanno parte di uno stile alimentare - la dieta mediterranea - ma rappresenta ormai un vero e proprio stile di vita complessivo. Sul fronte normativo, c è da segnalare che l UNESCO, nel 2003, ha approvato la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. L articolo 2 della stessa Convenzione definisce il patrimonio culturale immateriale come il complesso di pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze e saperi che le comunità, i gruppi e gli individui riconoscono come facenti parte del loro patrimonio culturale. Esso rivela, quindi, che tale patrimonio intangibile costituisce un fattore di identità e di continuità nelle tradizioni, nel rispetto per la diversità e la creatività umana. Lo scorso anno, il 30 agosto, l Italia ha ripresentato la candidatura della dieta mediterranea, assieme 2

3 a Spagna, Grecia e Marocco, ed ha assunto il coordinamento del gruppo di lavoro internazionale, ottenendo dall UNESCO un parere favorevole alla candidatura. Eppure, il futuro non si giocherà solo sul patrimonio eno-gastronomico, ma anche sulla capacità di investire, di diversificare e di difendere i mercati. L Italia esporta il 16-17% del proprio fatturato alimentare, un dato ancora troppo inferiore rispetto alle sue potenzialità. Rimangono inoltre gap, in tema di ricerca e innovazione, tra l industria alimentare italiana ed europea e le consorelle di altre aree geografiche. Uno studio recente sulle competività del food and drink comunitario, pubblicato dalla Confederazione europea di settore (CIAA), evidenzia una incidenza media delle spese in ricerca e sviluppo dell industria alimentare europea pari allo 0,2% del fatturato, contro incidenze decisamente superiori, che arrivano fino all 1%, dei sistemi industriali concorrenti a livello mondiale, sullo scacchiere americano e asiatico. IL RUOLO DELL EXPORT E I MERCATI INTERNAZIONALI Nonostante questi dati, per la crescita del settore c è ancora strada da recuperare rispetto alla produzione di altri Paesi, come ad esempio nel caso di Francia o Germania, che vantano proiezioni internazionali maggiori. Ci sono comunque realtà, come nel caso dei prodotti caseari italiani, che stanno crescendo con tassi del +20% su un mercato esigente e di grandi tradizioni come quello francese, che fanno ben sperare per il futuro. Nell apertura dei mercati, nell abolizione delle barriere è necessario per le aziende italiane poter combattere alla pari con la concorrenza mondiale, anche quando ci si confronta con prezzi inferiori. I prodotti italiani hanno tutte le carte in regole per vincere questa battaglia, ma non si può transigere sul fenomeno della contraffazione, che significa usare fraudolentemente qualcosa che qualcun altro ha legittimamente costruito. Insomma, se l export è una prospettiva imprescindibile, è anche vero che essa non è priva di sorprese e problemi. Il comparto alimentare sconta soprattutto in termini di internazionalizzazione alcuni limiti di fondo su cui è urgente intervenire. Il primo limite è nella diversificazione degli sbocchi commerciali, che è ancora carente, e che invece risulta un fattore essenziale per assicurare crescita e stabilità nel lungo periodo. I primi quattro sbocchi delle imprese italiane sui mercati internazionali (Germania, Francia, Usa e Regno Unito) continuano a coprire più della metà (50,2%) dell export complessivo. La Germania da sola assorbe ben il 18% delle nostre esportazioni, mentre il 67% delle esportazioni alimentari è diretto sul mercato domestico della Comunità. Una concentrazione che si deve in parte anche alla grande frammentazione del settore e ad un fenomeno ben noto: le piccole raggiungono con maggiore fatica i mercati lontani. Volendo analizzare i singoli comparti e le eccellenze della produzione italiana che si sono fatte strada in questi ultimi anni, il comparto dei salumi rappresenta sicuramente una nota positiva. In un 2009 difficile per l economia mondiale, le esportazioni di salumi hanno registrato un importante risultato positivo: oltre tonnellate (+3,6%) per un fatturato di circa 859,4 milioni di euro (+3,3%). A trainare la crescita sono stati soprattutto i prosciutti crudi stagionati, fra i quali spiccano le notevoli eccellenze del nostro territorio rappresentate dalle grandi DOP e IGP, a cui hanno fatto eco gli incrementi registrati da tutte le altre tipologie di prodotti (in particolare mortadella e bresaola). Nel primo semestre 2010 il trend non si è fermato: +14,8% in quantità e +13,0% in valore. 3

4 DUE MERCATI STRATEGICI: CINA E U.S.A. In questo contesto stanno crescendo in modo promettente le esportazioni sul mercato cinese. Nel 2009 l export alimentare italiano in quel Paese ha raggiunto il valore di 111,1 milioni di euro (+32,6% sull anno precedente). Si tratta di un trend in controtendenza rispetto al calo registrato complessivamente dal food and drink nazionale (-4,9%). Le importazioni alimentari 2009, invece, sono a quota 185,0 milioni di euro (+2,7% sul 2008). In Cina, in particolare, si è distinto per l export di prodotti dolciari (31,9 milioni di euro di euro, pari a +49,8%), i vini, mosti e aceto (20,2 milioni di euro, ossia +30,2%) e gli oli e grassi (14,3 milioni, +17,0%). Anche il primo semestre 2010 ha dato segnali incoraggianti per questo mercato: l export alimentare in Cina si è attestato su un +86,1% rispetto allo stesso periodo 2009 (pari a 71,1 milioni di euro). Nonostante questo, la quota in assoluto rimane ancora estremamente bassa rispetto alle potenzialità del mercato, ma comincia almeno a muoversi in modo interessante e ad essere in prospettiva meno simbolica degli anni scorsi. Non bisogna dimenticare che in tutto questo periodo il quadro amministrativo ha continuato a costituire un ostacolo all apertura del mercato cinese. C è bisogno che diminuiscano le barriere tariffarie e non tariffarie, oltre alle restrizioni sanitarie. In definitiva, dovrebbero essere semplificate le certificazioni e in generale le procedure: troppo spesso onerose, frammentarie e stratificate. Altro mercato strategico e di ben maggiore spessore per il settore alimentare sono gli USA, dove l export però ha segnato nel 2009 un calo pari al -9,2% rispetto all anno precedente (1.975,6 milioni). In questa situazione si sono distinte comunque categorie come quella della acque minerali, che hanno segnato a consuntivo un +1,1% e le acquaviti e liquori, che hanno fatto bene chiudendo con un +4,6%. I primi sei mesi del 2010 hanno segnato una svolta molto positiva: l export ha raggiunto infatti un significativo +10,5% (ossia 1.013,9 milioni). Da traino ha fatto il comparto di maggiore spessore, l enologico, che ha toccato la quota di 408,7 milioni (+12,8%). Apprezzabili, anche se con quote decisamente inferiori, i trend del caffè (+27,3%), della trasformazione degli ortaggi (+22,8%), delle carni preparate (+20,4%), delle acquaviti e liquori (+13,1%) e delle acque minerali (+12,0%). In crescita, proprio negli USA, le vendite di salumi con tonnellate esportate (di cui ben di prosciutti crudi stagionati) e circa 39 milioni di euro. Le esportazioni di salumi verso il mercato americano, nei primi sei mesi del 2010, hanno mostrato un incremento record (+27,2% in quantità; +20,4% in valore) arrivando a raggiungere livelli notevolmente superiori rispetto a quelli pre-crisi. SCENARI E SFIDE FUTURE L esperienza recente mostra che i valori unitari dei prodotti alimentari si stanno assottigliando, sia all interno che all estero. Il fenomeno non è solo il frutto di incrementi di produttività, ma soprattutto di sacrifici in termini di margini. La sfida delle aziende del settore alimentare sarà quella di puntare su nuove strategie, impegnandosi sul fronte dell individuazione di prodotti alternativi. L obiettivo è quello di crescere nell area del cosiddetto tradizionale evoluto, a maggior contenuto di servizio, che va dai piatti pronti ai prodotti di quarta e quinta 4

5 gamma, fino al caffè in cialde e a tutti quei nuovi prodotti ( per tutti, i nutraceutici), che mirano a intercettare le nuove esigenze recuperando valore aggiunto in nuove direzioni. La ricchezza di offerta del food and drink italiano e la sua immagine nel mondo rimangono un giacimento in gran parte non sfruttato. La massa critica di troppe aziende, sommata al difficile e a volte spietato contesto in cui operano, impone sia di articolare ulteriormente le loro strategie di mercato, sia di attivare al meglio gli strumenti di sostegno istituzionale, come Simest, Sace, Ice, Camere di Commercio ecc.. In questa fase è urgente creare le condizioni di scenario che permettano alle nostre imprese di competere al meglio sul piano internazionale. Per questo è indispensabile, con l aiuto delle Istituzioni italiane ed internazionali, trovare strumenti di contenimento del fenomeno della contraffazione e del cosiddetto Italian Sounding, che si avvicinano ormai ad un fatturato di quasi 60 miliardi di euro l anno in tutto il mondo. Se è vero che grazie all export il settore sta uscendo con rinnovata forza dalla crisi attuale, vuol dire che, malgrado i problemi segnalati, la sua competitività tiene ancora sui mercati, in un circuito virtuoso immagine - qualità - prezzo che mette a segno successi importanti. Gli spazi di mercato non attendono: se non saranno i prodotti italiani a riempirli, verranno conquistati da altri. Con queste garanzie sarà possibile costruire l ulteriore cammino del mondo alimentare e delle bevande. Il settore, a dispetto della sua pretesa maturità, ha mostrato spunti espansivi straordinari negli ultimi anni, tenendo nei momenti difficili grazie alle sue doti anticicliche e ripartendo recentemente con dinamiche brillanti, grazie al suo patrimonio di qualità ed immagine. Se si troveranno anche migliori equilibri di filiera, il futuro riserverà grandi stimoli e prospettive interessanti. 5

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