I determinanti delle innovazioni di prodotto nell industria alimentare italiana: il ruolo dell Università e delle istituzioni pubbliche di ricerca 1

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1 I determinanti delle innovazioni di prodotto nell industria alimentare italiana: il ruolo dell Università e delle istituzioni pubbliche di ricerca 1 The determinants of product innovation in the Italian Food Sector: the role of Universities and Public Research Labs Massimiliano D Alessio *, Ornella Wanda Maietta ** Abstract Objective of the paper is to verify whether and how Universities and other public research institutions influence the innovation process in the Italian agro-food sector. The data used are the 7th ( ) and 8th ( ) wave of Capitalia surveys based on a representative sample of manufacturing firms with information on firm characteristics, employee education levels, innovation and R&D investments. The approach used is a probit analysis where the dependant variable is the introduction of product innovation and the dependant variables are firm characteristics. The analysis has been performed separately for the two periods for Italy and for the South of Italy. The results of the analysis show that the determinants of innovations in the agro-food sector are different for firms in the South of Italy respect with those located in the rest of the country and new determinants, as the use of parttime labour, have emerged for the second period examined. The linkage with the Universities and other public research centres was always significant for Italy and not significant during the years for the South of Italy; the size was significant only in the first period while the R&D intensity was significant only in the second period both for Italy and for the South of Italy. Human capital of employees became significant in the year as a consequence of labour market deregulation. Keywords: innovations, university-industry interactions, agro-food JEL: O31, D21, R1 1 Si ringraziano vivamente Antonio D Agata e Grazia Santangelo per aver commissionato questo lavoro in occasione della invited lecture del Professor Richard Nelson, della Columbia University: The Roles of Research at Universities and Public Labs in Innovation Systems, presso l Università di Catania, Facoltà di Scienze Politiche, Modica; si ringrazia ancora Francesco de Stefano per gli interessanti commenti che hanno permesso di migliorare in modo apprezzabile una precedente versione di questo lavoro. Lavoro realizzato nell ambito del progetto PRIN Spillovers sistemici sulla competitività dell'industria italiana: una valutazione quantitativa per le politiche di settore. * Fondazione Metes, Roma. ** Università di Napoli Federico II e Centro per la Formazione in Economia e Politica dello Sviluppo Rurale, Portici. 1

2 1. Introduzione L importanza delle innovazioni per la performance competitiva di imprese e di nazioni e per la crescita economica di lungo periodo è riconosciuta da tutte le scuole di pensiero economico. Tuttavia, le scelte politiche economiche compiute in Italia negli ultimi trent anni hanno sacrificato obiettivi di crescita di lungo termine, privilegiando la competitività di costo, come dimostrato dalle politiche di lavoro ispirate alla flessibilità, rispetto alla competitività basata sulla qualità e sull innovazione, come dimostrato dalla limitata spesa pubblica in ricerca e sviluppo, di fatto adottando un modello di sviluppo basato sulla applicazione e diffusione delle innovazioni generate all esterno del sistema (Papagni, 1995; Costabile, 2006; ENEA, 2006). La crescente complessità del cambiamento tecnologico, che supera la capacità della maggior parte delle singole imprese, spiega il ricorso a fonti esterne di competenze tecnologiche (Basile, 1998), tra queste le istituzioni pubbliche di ricerca. Il ruolo delle istituzioni universitarie nelle società è stato oggetto di interesse da parte di studiosi in diversi ambiti disciplinari. Fin dalla seconda metà degli anni 60, obiettivo delle università era considerato generare e diffondere conoscenza quale bene pubblico, principalmente attraverso i canali: ricerca, istruzione e assistenza (Sonka e Chicoine, 2004). Più recentemente, si è sviluppata una articolata riflessione sul ruolo dell'università nella nascita di nuova industria ad alta tecnologia e sul supporto che l università può fornire allo sviluppo economico locale trainato dalla nuova tecnologia (Mansfield, 1991; Rosenberg e Nelson 1994; Mansfield e Lee, 1996). La necessità di accelerare la generazione e la diffusione di innovazione industriale e le crescenti interconnessioni a livello internazionale della ricerca di base, rendono cruciali le università, particolare in economie, come quelle del Sud Europa, caratterizzate dalla presenza di piccole e medie imprese, da un limitato investimento in ricerca e da una tradizione di rapporti molto limitati tra università ed imprese. Obiettivo del Sesto programma Quadro, lanciato dall Unione Europea nel 2002, era appunto di connettere la ricerca di 2

3 base, in particolare universitaria dei vari paesi, per trasferire i risultati alle imprese (Ramaciotti, 2003). Il modello europeo a cui si ispira è la realizzazione di una sorta di agenzia della ricerca estremamente selettiva che finanzierà grandi aggregazioni di ricercatori su argomenti e progetti predefiniti a livello comunitario, con l obiettivo di focalizzare congrui finanziamenti sui gruppi di ricerca di eccellenza. In tale contesto l Italia, con una spesa in ricerca, pari all 1.8% del PIL nel 2005, inferiore alla media dei paesi OCSE, ha bloccato gli investimenti in ricerca pubblica, con una riduzione dei grandi progetti nazionali ed un calo dei finanziamenti locali degli atenei, sebbene molte Regioni stiano orientando verso la ricerca scientifica risorse prevalentemente rivolte e programmi industriali o a progetti con ricadute a breve termine. Il tessuto industriale italiano si caratterizza per la preminenza di piccole imprese, spesso riunite in distretti industriali. E, quindi, probabile che molti processi innovativi siano sottostimati dai dati sulla spesa formale in R&D ma avvengano all interno dei distretti in settori tradizionali, operati dalle singole imprese sulla base delle relazioni infra e intra industriale e degli scambi con gli utenti e con i fornitori, siano di tipo incrementale e/o focalizzate a generare progresso tecnico incorporato (Bratti e Matteucci, 2005; ENEA, 2006). L intensità delle spese in R&D non è un indicatore sufficiente per valutare la ricaduta sulla crescita del PIL anche perché è importante la concentrazione territoriale delle spese in R&D, per la presenza di economie di scala, dovute al numero di ricercatori, alla scala e alla varietà di laboratori, all accumulo di ricerca pregressa, su cui poter sviluppare nuove ricerche. D altra parte la presenza, nei paesi più deboli in termini di spese di ricerca, di un industria diffusa, di piccole dimensioni in settori tradizionali, tende a delineare una domanda formalizzata di ricerca da parte del settore privato molto più limitata di paesi in cui predomina la grande impresa, che non solo domanda ricerca, ma è in grado di valutare e di acquisire beni intangibili. I progetti sopranazionali, molto utili nei settori che richiedono enormi investimenti tecnologici, quali quelli più avanzati della conoscenza di base, rischiano di penalizzare economie con una struttura produttiva frammentata, 3

4 dove è ancora più importante il compito dell università di valorizzare la ricerca a fini industriali, identificando il potenziale produttivo e applicativo della ricerca di base da trasmettere all industria. Ciò è particolarmente vero per il settore alimentare per vari motivi. Rispetto ai distretti industriali, i sistemi locali agro-alimentari avrebbero caratteristiche tali da rallentare, in generale, il progresso tecnico (Becattini, 2000): i benefici delle innovazioni sarebbero meno appropriabili nella fase di produzione primaria che si svolge all aperto, quindi sotto gli occhi di tutti, e la dinamica della scomposizione del processo produttivo in fasi distinte, anche molto specializzate, che possono essere riconvertite rapidamente nella direzione richiesta dal mercato, sarebbe rallentata da dati tecnici e socioculturali, quali l abitudine ad una domanda meno rapidamente variabile, il senso di appartenenza statico ad un area, il maggiore ruolo dei rapporti gerarchici rispetto a quelli di mercato e il vincolo della proprietà della terra che blocca la mobilità sociale e professionale all interno dell area e ostacola le operazioni di riassetto fondiario (ad esempio, Cupo, 1995). Inoltre, l innovazione di processo e di prodotto derivante dalla ricerca scientifica in campo alimentare è quasi mai frutto di idee sviluppate in un solo ambito disciplinare ma deriva da un attività multidisciplinare dove diversi aspetti (biologici, chimici, tecnologici, ingegneristici, nutrizionali, economici e legislativi) concorrono nello sviluppo del complesso percorso che porta dalla formulazione dell idea alla sua realizzazione industriale 2 (Masi, 2006). Infine, l industria alimentare italiana è, in generale, eccessivamente frammentata con un elevata presenza di piccole e medie imprese (la percentuale di imprese con al massimo nove addetti è del 90%), concentrate soprattutto al Sud e con maggiori difficoltà di accesso all informazione e all innovazione tecnologica 3 (Pantini, 2007). Il trasferimento delle 2 Ad esempio, nel caso di prodotti di quarta gamma, lo sviluppo di una tecnologia integrata che rendesse economicamente valido il processo produttivo dei friarielli pronti al consumo, ha richiesto la messa a punto di nuove tecniche colturali (Masi, 2006). 3 La realizzazione di film commestibili, a partire da proteine e polisaccaridi di origine animale e vegetale, per fare in modo che la pastiera napoletana mantenga le proprie 4

5 conoscenze alle imprese e il coordinamento delle attività di ricerca, per esplicitare la domanda latente di innovazioni e garantire una massa critica sufficiente, sono, quindi, particolarmente problematici per l industria alimentare meridionale, caratterizzata da proprietà familiare. Obiettivo di questo lavoro è verificare il ruolo delle università e degli istituti pubblici di ricerca, rispetto ad altri fattori determinanti, abitualmente utilizzati in letteratura, nell introduzione di innovazioni di prodotto nel settore alimentare italiano. L analisi sarà svolta utilizzando i dati relativi alle imprese alimentari della 7 a ( ) e 8 a ( ) indagine Capitalia. La stessa specificazione sarà stimata, attraverso una regressione probit, separatamente sui campioni tratti dalle due ondate dell indagine e sui sub-campioni contenenti solo imprese meridionali. 2. Le interazioni università-industria Numerosi studi, basandosi sugli strumenti attraverso cui si realizza il trasferimento tecnologico, quali brevetti e collaborazioni di ricerca, hanno analizzato gli effetti dell interazione università-industria per il contesto americano (Ulrich et al., 1986; Mowery et al., 2001; Thursby et al., 2001; Colyvas et al., 2002; Di Gregorio e Shane, 2003). Pochi studi sono stati condotti per l Europa e per l Italia. Baldini et al. (2006) hanno costruito una banca dati contenente informazioni di dettaglio sui brevetti depositati a nome di atenei italiani presso l Ufficio Italiano Brevetti e Marchi e le relative estensioni internazionali, dopo aver rilevato l attività regolamentare delle università italiane in materia di brevetti aggiornata al 31 dicembre Le imprese rappresentano il 23% dei co-titolari di brevetti depositati da atenei italiani nel periodo esaminato. Il trasferimento tecnologico dalle università alle imprese non si attua solo attraverso brevetti e collaborazioni di ricerca: D Este e Patel (2007), da un indagine condotta sugli studiosi delle università inglesi, evidenziano che altri canali di interazione e di possibile trasferimento tecnologico sono caratteristiche organolettiche per un mese o per far assorbire poco olio alle patatine fritte (Masi, 2006) ovviamente non sono alla portata di una pasticceria o di una friggitoria media. 5

6 importanti, quali consulenze e partecipazione a incontri e conferenze. La varietà dei canali di interazione dipende maggiormente da caratteristiche individuali del ricercatore piuttosto che da caratteristiche del dipartimento di cui il ricercatore fa parte, quindi incentivi rivolti esclusivamente alle università potrebbero essere insufficienti a stimolare le potenziali interazioni tra università e industria ma nuovi meccanismi di incentivazione, da rivolgere ai ricercatori, potrebbero risultare più efficaci. Iorio (2006) conferma per la realtà italiana che il brevetto non è la modalità più frequente di interazione tra università e industria. L impatto della ricerca in collaborazione con l industria è ritenuto positivo dalle interviste condotte nell Università di Bologna, Ferrara e Trieste, sia sulla quantità che sulla qualità delle pubblicazioni. Tuttavia, l aumento del tempo dedicato alla ricerca industriale riduce il tempo dedicato alla ricerca di base e le pubblicazioni derivanti da ricerca industriale subiscono dilazioni e limitazioni nei contenuti, maggiori quando dalla ricerca in collaborazione deriva un brevetto piuttosto che una pubblicazione congiunta. Bonaccorsi et al. (2006) misurano l efficienza delle università italiane, considerando tra gli input anche i trasferimenti industriali, giungendo al risultato che economie di scala e di scopo non solo fattori determinanti nella produttività accademica, sia della ricerca che dell istruzione. Per quanto concerne il trade-off tra pubblicazioni scientifiche e ricerca industriale applicata, gli effetti di complementarietà o sostituzione hanno una caratterizzazione locale, con evidenza di una relazione ad U rovesciata, evidenziata nel grafico 1, tra fonti esterne e contributo al miglioramento dell efficienza. Tuttavia, la maggioranza delle università italiane si localizza nella regione degli effetti positivi in quanto l evidenza di un effetto di sostituzione dei trasferimenti industriali è dovuta a poche osservazioni nella coda a destra della distribuzione (che superano il 6% della quota di budget dell università derivante da trasferimenti industriali). E quindi possibile affermare che la ricerca scientifica e la collaborazione con l industria per le università italiane sono complementari. 6

7 Graf. 1. Trasferimenti industriali ed effetto sull efficienza dell università 1.1 Effetto sull'efficienza dell'università Quota di trasferimenti industriali sul budget dell'università Fonte: Bonnacorsi et al., 2006 Ramaciotti (2006) osserva come la collaborazione tra università e industria sia importante nello sviluppo economico di sistemi territoriali e lo stesso concetto di trasferimento tecnologico dall università all industria risulti oramai inadeguato perché implica l esistenza di due organizzazioni separate che si scambiano un bene appropriabile: la ricerca applicata. Tale visione è legata ad una fase storica, quella fordista, in cui le imprese erano individuate come organizzazioni di grande dimensione rivolte essenzialmente alla produzione fisica di un bene il cui impianto era dato ed i cui vantaggi erano le economie di scala statiche di riproduzione in grande serie di un prodotto standardizzato. In tale modello la ricerca era una attività precedente alla produzione i cui risultati richiedevano cambiamenti nella linea di produzione per poter essere applicati. L'innovazione industriale era, quindi, uno shock da realizzarsi in termini discontinui. Viceversa, le stesse università possono essere incubatrici di nuova industria, permettendo la nascita di imprese derivate dalla ricerca, i cosiddetti spin off, attraendo investimenti di imprese esterne nell'area universitaria e trasferendo tecnologie ad imprese già esistenti, che si riuniscono così nel nuovo cluster high tech, il cui elemento coagulante sono le nuove agglomerazioni locali di imprese ad alta tecnologia. E quanto concludono anche Quadrio Curzio e Fortis (2002) attraverso lo studio di casi, 7

8 analizzando gli elementi che spiegano il successo di sistemi di impresa ad alta tecnologia, diffusisi in tutto il mondo senza essere espressione della grande impresa, da cui risulta come la collaborazione tra università e industria sia importante nello sviluppo dei sistemi territoriali. A tal fine risulta fondamentale la presenza di capitale umano specializzato in particolari capacità tecniche e scientifiche, simili o complementari fra loro (Ramaciotti, 2006). Nitsch (2000) e van den Ban (2000) osservano come l innovazione sia efficace solo se risponde a specifiche esigenze tecnico-economiche dell impresa e se valorizza le sue competenze. Per trasformare le innovazioni in vantaggio competitivo per l impresa, è importante promuovere non tanto il collegamento fra ricerca e imprese quanto creare intorno alle stesse un contesto che faciliti e renda allettante l investimento innovativo. A tal fine si sono diffuse, già dalla metà degli anni Novanta, iniziative di promozione della ricerca che hanno enfatizzato il ruolo delle imprese mediante: a) la preventiva e specifica analisi della domanda di innovazione; b) la partecipazione delle imprese stesse (diretta o mediata da organismi di rappresentanza) alle attività di ricerca; c) la realizzazione di iniziative di diffusione delle informazioni nella fase dell immediata conclusione delle ricerche. E, infatti, noto in letteratura il paradosso europeo secondo il quale l'europa, pur essendo prima nella produzione di pubblicazioni scientifiche rispetto agli USA e al Giappone, è all'ultimo posto per numero di brevetti depositati. La debolezza europea risiede nell'insufficiente capacità di trasformare la conoscenza tecnologica e scientifica in vantaggio competitivo per l impresa. Per Dosi e Sylos Labini, (2005), le evidenze del "paradosso europeo" sono deboli in quanto la valutazione di eccellenza scientifica europea si basa su una lettura superficiale dei dati relativi alle pubblicazioni scientifiche e il punto di forza degli Stati Uniti non sono le più strette relazioni fra università e industria, ma l esistenza di istituzioni (universitarie e non) che generano ricerca fondamentale ad alto livello da cui, più di altre 8

9 forme di ricerca, deriverebbero le innovazioni tecnologiche alla base della cosiddetta economia della conoscenza. 3. Verifiche empiriche dei determinanti delle innovazioni La letteratura empirica sui determinanti delle innovazioni è molto ampia 4 : in questo paragrafo saranno richiamati solo i lavori che verificano il ruolo delle università o istituti pubblici di ricerca sulle innovazioni o che si riferiscono all industria italiana. Jong e Vermeulen (2007), con riferimento a dati olandesi, analizzano i determinanti delle innovazioni di prodotto per le piccole e medie imprese, con meno di 100 occupati, di vari settori per verificare l impatto dell aggregazione intersettoriale nella stima dei parametri. Il ricorso a reti esterne per estendere le conoscenze dell impresa, che comprende relazioni con università e centri di ricerca, è un variabile statisticamente significativa nella regressione logistica effettuata sull intero campione ma non lo risulta per il settore manifatturiero, per il quale i determinati risultano essere la presenza di programmi aziendali di innovazione, le ricerche di mercato e la cooperazione tra imprese. Basile (1998) individua i fattori determinati dell innovazione delle imprese manifatturiere italiane con i dati della 6 a indagine di Capitalia, relativi al periodo , applicando un modello probit. Sull intero campione, i fattori maggiormente significativi della probabilità di vendere nuovi prodotti sono: gli accordi tecnologici con altre imprese, la spesa intra moenia in R&D, la quota di investimenti dedicati all introduzione di nuovi impianti e attrezzature, il numero di laureati in relazione al numero di occupati totali, la dimensione dell impresa, l età dell impresa e la sua localizzazione centro-settentrionale. Per il settore tradizionale, le variabili maggiormente significative sono gli accordi tecnologici con altre imprese, la quota di investimenti dedicati all introduzione di nuovi impianti e attrezzature e l età dell impresa. 4 Una rassegna dei lavori empirici sui determinanti delle innovazioni di prodotto nelle piccole e medie imprese è in de Jong e Vermeulen (2007). 9

10 Parisi et al. (2006), dopo aver estratto un panel di imprese dai dati della 6 a e 7 a indagine di Capitalia, evidenziano che l introduzione di innovazioni di prodotto è spiegata, nelle regressioni logistiche semplice e con effetti random, dalla dimensione dell impresa, misurata dal logaritmo dello stock di capitale fisico e di R&D, e dall intensità della spesa in R&D sul capitale totale mentre l introduzione di innovazioni di processo è spiegata dalla dimensione, dall intensità dell investimento in capitale fisico e dall interazione tra questa variabile e l intensità della spesa in R&D. Medda et al. (2005) usano i dati della 7 a indagine di Capitalia per individuare i fattori determinanti della propensione a stabilire rapporti esterni di R&D attraverso un modello probit con selezione del campione. Le variabili statisticamente significative che influenzano positivamente la presenza di R&D extra moenia risultano essere la piccola dimensione dell impresa (< 50 addetti) e una grande proporzione degli input acquistati attraverso accordi di outsourcing mentre quelle che influenzano negativamente sono la percentuale delle esportazioni sulle vendite. Le variabili statisticamente significative che spiegano con segno positivo la spesa in R&D intra moenia sono: dimensione, capitale umano dei lavoratori, esportazioni e grado di competizione, mentre variabili significative con segno negativo sono la proporzione di input acquistati attraverso accordi di outsourcing e la quota di fatturato venduta ai primi tre clienti, che indicano dipendenza tecnologica da altre imprese, attraverso gli input o gli output. Piga e Vivarelli (2004), utilizzando la stessa metodologia e gli stessi dati, evidenziano che le variabili che spiegano la propensione a stabilire un rapporto di collaborazione in R&D extra moenia con università e istituti pubblici di ricerca sono: la proprietà pubblica dell impresa, la presenza di sussidi pubblici per la ricerca applicata e l innovazione tecnologica e la presenza di input acquistati attraverso accordi di outsourcing. Una minore propensione si osserva per le imprese che risiedono nell Italia centrale. 10

11 4. La metodologia 4.1. I dati I dati utilizzati provengono dall'indagine sulle imprese manifatturiere svolta da Mediocredito Centrale, oggi Capitalia, per i periodi e L'indagine raccoglie informazioni su un campione rappresentativo di imprese manifatturiere operanti in Italia con più di dieci addetti e su tutte le imprese con più di 500 addetti 5. Complessivamente, il campione relativo al periodo è composto di 4497 osservazioni mentre quello relativo al periodo consta di 4680 rilevazioni. Facendo ricorso alla classificazione ATECO 91, da questi campioni sono state estratte rispettivamente 402 e 450 imprese del settore agro-industriale per i due periodi esaminati. L'indagine di Capitalia raccoglie informazioni relative all introduzione di innovazioni di prodotto e di processo e alla quota di fatturato derivante dalla vendita di nuovi prodotti. Quest ultima informazione è stata utilizzata per distinguere le imprese che hanno innovato rispetto alle altre. Il motivo di tale scelta risiede nel desiderio di utilizzare un indicatore del successo dell innovazione introdotta. Inoltre, tale scelta è supportata dalla considerazione che nel periodo esaminato, le imprese agro-industriali meridionali hanno più frequentemente adottato innovazioni congiunte di prodotto e di processo (Istituto Guglielmo Tagliacarne, 2004). La tabella 1 evidenzia che il 14% delle imprese del campione ha introdotto un innovazione di prodotto nel periodo ed il 16% nel periodo successivo. La performance innovativa delle imprese, intesa quale percentuale di fatturato da nuovi prodotti, è riportata in tabella 2. Nel periodo , la vendita di nuovi prodotti contribuisce in media per il 19% al fatturato delle imprese che hanno innovato e per il 24% nel periodo , con un evidente miglioramento della performance innovativa delle imprese. A tal proposito è interessante sottolineare l incremento nella performance 5 Si vedano Mediocredito Centrale (1999) e Capitalia (2002) per gli aspetti metodologici dell'indagine. 11

12 innovativa delle imprese meridionali che raggiungono un valore del 30% del fatturato realizzato da nuovi prodotti con un risultato leggermente superiore a quello medio nazionale. Le caratteristiche strutturali e dimensionali delle imprese esaminate sono riportate nella tabella 1. Osservando i valori di numero di occupati e fatturato, si può rilevare che il campione é costituito in prevalenza da imprese di medie dimensioni e che nel periodo considerato si riduce la dimensione media. Per le imprese che hanno innovato (tab. 2), viceversa, si registra un incremento della dimensione, a giudicare dai valori medi degli occupati e del fatturato, per le imprese nazionali ed una riduzione del fatturato per quelle meridionali. L'intensità di R&S, misurata dal rapporto tra spesa in R&S e fatturato, permette di evidenziare il differente comportamento adottato dalle imprese che hanno innovato rispetto alle altre. Le prime, infatti, sembrano puntare sull'attivazione e realizzazione di processi endogeni di produzione dell'innovazione, considerando anche le variabili relative all'investimento complessivo realizzato dall'azienda in ICT 6 e il peso di questo tipo di investimento sul totale del fatturato aziendale. Entrambe le variabili subiscono un incremento nel periodo considerato. 6 Ammontare di investimento realizzato dall'impresa in hardware informatico, software, reti telematiche e telecomunicazioni. 12

13 Tabella 1 - Statistiche descrittive per le imprese alimentari del campione Italia Sud Italia Sud Variabile N imprese Imprese con fattur. da nuovi prod. (%) N occupati medio Fatturato medio (ml Euro) Investimenti medio (ml Euro) Imprese con R&S Spesa R&S/fatturato (%) Investimento ICT (1000 euro) Investimento ICT/fatturato (%) % ICT invest. hardware % ICT invest. software % ICT invest. comunicazione % Spesa in R&S per miglioramento di processo miglioramento di prodotto nuovi processi nuovi prodotti Accordi tecnologici in Italia Imprese con rapporti con GDO Occupati laureati (%) R&S da rapporti con l'università Imprese con lavoratori flessibili Fonte: Nostre elaborazioni sui dati Capitalia Per descrivere l'attività di cooperazione tecnologica delle imprese, è stata considerata una variabile dicotomica che indica la partecipazione dell'impresa ad un accordo tecnologico. Dalla tabella 1 si può, in proposito, evidenziare la riduzione delle imprese con accordi tecnologici siglati con partner italiani. Per le imprese che hanno innovato, viceversa, si registra un incremento degli accordi. Per quanto riguarda i canali di commercializzazione utilizzati dalle aziende, si può evidenziare l'elevato incremento delle aziende che hanno rapporti con la grande distribuzione organizzata (GDO). Nel gruppo delle 13

14 imprese che hanno innovato, questa crescita è leggermente inferiore nel campione nazionale ma è superiore nelle aziende meridionali. Il numero di laureati in rapporto al totale di occupati non è molto differente tra imprese che hanno innovato e non, probabilmente perché una maggiore percentuale di laureati indica una struttura organizzativa interna più articolata (R&S, progettazione, marketing e finanza) ma non è direttamente connessa alla performance innovativa aziendale (Pavitt, 1993). Tabella 2 - Statistiche descrittive per le imprese alimentari innovative del campione Italia Sud Italia Sud Variabile N imprese Fatturato da nuovi prodotti (%) N occupati medio Fatturato medio (ml Euro) Investimenti medio (ml Euro) Imprese con R&S Spesa R&S/fatturato (%) Investimento ICT (1000 Euro) Investimento ICT/Fatturato (%) % ICT invest. Hardware % ICT invest. software % ICT invest. Communication % Spesa in R&S per miglioramento di processo miglioramento di prodotto nuovi processi nuovi prodotti Accordi tecnologici in Italia Imprese con rapporti con GDO Occupati laureati (%) R&S da rapporti con l'università Imprese con lavoratori flessibili Fonte: Nostre elaborazioni su dati Capitalia Per analizzare la collaborazione con le Università ed altri centri pubblici di ricerca è stata utilizzata una variabile dicotomica che vale uno per le 14

15 aziende che hanno rapporti con strutture pubbliche di ricerca. Dalla tabella 1, si può rilevare che il 16% delle imprese ha avuto contatti con strutture pubbliche di ricerca nei due periodi considerati. Tra le imprese che hanno innovato, il 31% ha avuto rapporti con istituti pubblici di ricerca nell ultimo periodo considerato, con un vistoso incremento nel periodo considerato per le imprese meridionali. Questo dato trova conferma nel fatto che le imprese agro-industriali meridionali si rivolgono più spesso di alte imprese meridionali agli enti pubblici di ricerca (Istituto Guglielmo Tagliacarte, 2004). Dalle tabelle 1 e 2, si può, infine, rilevare che il 47% delle imprese del campione e il 61% delle imprese che hanno innovato ricorrono a lavoro flessibile (contratti part-time e/o a tempo determinato) Il modello econometrico Per identificare i determinanti dell introduzione di innovazioni è stata effettuata un analisi di regressione probit (Maddala, 1983). Brevemente, con tale modello si assume che la differenza tra le due alternative, innovare e non innovare, possa essere modellata come una variabile latente y*: y * i = β x i + ui dove indica x il vettore di variabili che condizionano la probabilità di innovare per l impresa i-esima e u i è una componente stocastica. Un indicatore binario F i osservabile è associato alla variabile latente y* tale che y i =1 quando y i *>0 e y i =0 altrimenti. Assumendo una distribuzione normale standardizzata per gli errori nel modello latente, si può usare un modello probit per rappresentare il processo di scelta tra innovare e non innovare. In tal caso, la probabilità di innovare è data da: Pr( y = 1) =Φ( β x ) i i dove Φ rappresenta la funzione di densità cumulata normale. Simmetricamente, la probabilità di non innovare è definita da: Pr( y = 0) = 1 Φ( β x ) i i 15

16 I parametri del modello probit si ottengono massimizzando la funzione congiunta di log-verosimiglianza: ln L = ln(1 Φ ) + ln Φ i yi= 0 yi= 1 i La variabile dipendente y i assume valore 1 per imprese con fatturato derivante da nuovi prodotti e il valore 0 diversamente La specificazione empirica La specificazione qui proposta per la funzione indice del modello probit è la seguente: F = β 0 + β 1 Accordi tecnologici +β 2 GDO + β 3 Occupati laureati +β 4 R&S +β 5 R&S da università +β 6 miglioramento di prodotto+ 3 7 β + d d = 1 R&S da imprese +β 7 R&S per d d +β 9 Flessibilità +β 10 Cooperativa +β 11 Incentivi+ β 12 Incentivi*R&S da rapporti esterni + 6 β 12 + c d c + 2 β 18 + g d g g= 1 c= 1 dove: Accordi tecnologici, GDO, R&S da università, R&S da imprese, Flessibilità, Cooperativa, Incentivi sono variabili dicotomiche; Occupati laureati = percentuale di laureati sul totale degli addetti; R&S = percentuale di spesa in R&S sul fatturato dell impresa; R&S per miglioramento di prodotto = percentuale di spesa in R&S destinata al miglioramento dei prodotti: R&S da rapporti esterni= R&S da università + R&S da imprese d d dicotomiche di classi di fatturato definite secondo la classificazione AGRA (2001) 7 : Classe di dimensione 2 = 5-9 md Lire Classe di dimensione 3 = md Lire Classe di dimensione 4 = md Lire d c dicotomiche per i comparti carne, orto-frutta, lattiero-caseario, granaglie, alimenti e bevande; d g dicotomiche per le circoscrizioni Nord e Sud. 7 La scelta della proxy di dimensione, se in termini di variabili continue o di classi di addetti o di fatturato, è stata effettuata tenendo conto di quale specificazione desse il miglior adattamento. In particolare, la specificazione con le classi AGRA 2, 3 e 4 rispetto a quella con le classi 3, 4 e 5, ha fornito l adattamento migliore per la regressione riportata in tab

17 5. I risultati dell'analisi econometrica Questa sezione riporta i risultati dell analisi econometrica del comportamento innovativo delle imprese. Come già menzionato, i dati a nostra disposizione sono tratti da due ondate dell'indagine di Capitalia: la prima riguarda il periodo e consta complessivamente di 402 osservazioni; la seconda è relativa agli anni e si compone di 450 rilevazioni. Questi due insiemi di osservazioni si riducono rispettivamente a 338 e a 386 rilevazioni, considerando i valori mancanti. Come già menzionato, obiettivo dell analisi è individuare le variabili che influenzano la probabilità di realizzare un prodotto nuovo di successo, ossia commercializzato, e verificare l'evoluzione delle determinanti del processo innovativo, dal confronto tra le variabili significative per il periodo e quelle significative nel periodo Analogamente, considerando esclusivamente le aziende meridionali è possibile analizzare le determinanti che nei due periodi temporali spiegano il processo innovativo dell agro-industria meridionale. In generale, non si evidenzia un comportamento innovativo differenziato tra comparti e tra forme di impresa, non essendo risultate significative le dummy di comparto (ad eccezione del comparto granaglie) e le dicotomiche per le cooperative, in nessuno dei periodi e delle estensioni geografiche considerate I determinanti delle innovazioni di prodotto nel periodo La tabella 3 contiene le stime degli effetti marginali dei parametri e dei valori di significatività del modello probit applicato nel periodo L adattamento della regressione è buono a giudicare dalla percentuale di predizioni corrette e dalla significatività del test condotto sull ipotesi nulla che i parametri diversi dalla costante siano nulli. La bontà di adattamento può essere giudicata anche dai valori dello psuedo R 2 di McFadden, di Efron e di Veall/Zimmermann, che empiricamente difficilmente raggiungono valori prossimi a 1. 17

18 Le variabili, altamente significative, che influenzano positivamente la probabilità di sviluppare e commercializzare un nuovo prodotto sono l'esistenza di rapporti commerciali con la GDO e la dimensione dell impresa, seguono, in ordine di significatività, la presenza di R&S che proviene da rapporti con strutture pubbliche di ricerca e gli incentivi finalizzati a stimolare tali collaborazioni, come è possibile giudicare dalla significatività della variabile di interazione tra la presenza di incentivi e la presenza di R&D da strutture esterne, sia pubbliche che private. La presenza di spesa in R&D finalizzata al miglioramento di prodotti già esistenti disincentiva la realizzazioni di nuovi prodotti. La percentuale di laureati tra gli occupati dell'azienda e la presenza di un dipartimento di R&S aziendale non aumentano la probabilità di innovare, perché probabilmente il loro effetto è già stato colto dalla variabile di dimensione aziendale. Le imprese con strategie di cooperazione e integrazione con altre imprese italiane non hanno maggior probabilità di innovare. La presenza di R&S che proviene da rapporti esterni con imprese, la presenza di lavoratori flessibili, la struttura proprietaria dell impresa, le variabili di comparto e di circoscrizione geografica non influenzano, in media la probabilità di realizzare nuovi prodotti di successo. Per quanto riguarda la dimensione dell impatto, il rapporto con strutture esterne pubbliche di ricerca è la variabile che presenta l effetto marginale più alto, superiore anche a quello relativo alla dimensione aziendale. 18

19 Tab. 3 - Determinanti delle innovazioni di prodotto nelle imprese alimentari italiane ( ). Regressione probit. Variabile dipendente: presenza di fatturato da nuovi prodotti Variabile df/dx z P> z Accordi tecnologici in Italia Rapporti con GDO Occupati laureati Intensità R&S R&S da rapporti con università R&S da rapporti con imprese Spesa in R&S per miglioramento di prodotto Classe di dimesione Classe di dimesione Classe di dimesione Imprese con lavoratori flessibili Cooperativa Incentivi Incentivi*R&S da rapporti esterni Comparto carne Comparto orto-frutticolo Comparto lattiero-caseario Comparto granaglie Comparto alimenti Comparto bevande Nord Sud Psuedo R 2 di McFadden 0.20 Psuedo R 2 di Efron 0.17 Psuedo R 2 di Veall/Zimmermann 0.31 % di predizioni corrette 87 N. osservazioni 338 Prob[χ 2 > valore critico] La tabella 4 contiene le stime degli effetti marginali dei parametri e dei valori di significatività del modello probit nel periodo per il gruppo delle imprese meridionali. Dai risultati ottenuti si può, innanzitutto, evidenziare come siano diverse le variabili che spiegano l adozione d'innovazioni per le aziende meridionali. 19

20 Innanzitutto non è possibile respingere l ipotesi nulla che l effetto congiunto dei parametri diversi dalla costante sia nullo, probabilmente in parte spiegato dalla minore numerosità del campione, per l elevata incidenza di valori mancanti, che riduce la variabilità dei determinanti osservati. Tab. 4 - Determinanti delle innovazioni di prodotto nelle imprese alimentari meridionali ( ). Regressione probit. Variabile dipendente: presenza di fatturato da nuovi prodotti Variabile df/dx z P> z Accordi tecnologici in Italia Rapporti con GDO Occupati laureati Intensità R&S R&S da rapporti con università R&S da rapporti con imprese % Spesa in R&S per miglioramento di prodotto Classe di dimensione Classe di dimensione Imprese con lavoratori flessibili Cooperativa Incentivi Incentivi*R&S da rapporti esterni Comparto carne Comparto lattiero-caseario Comparto granaglie Comparto alimenti Comparto bevande Psuedo R 2 di McFadden 0.37 Psuedo R 2 di Efron 0.31 Psuedo R 2 di Veall/Zimmermann 0.52 % di predizioni corrette 89 N. osservazioni 75 Prob[χ 2 > valore critico] Infatti, la dimensione è la variabile che spiega in toto l introduzione di innovazioni di successo, essendo la presenza del canale commerciale della grande distribuzione l unica altra variabile, debolmente significativa. 20

21 5.2. I determinanti delle innovazioni di prodotto nel periodo La tabella 5 contiene le stime degli effetti marginali e della loro significatività nel modello probit stimato per il periodo Si può, innanzitutto, osservare come non siano le stesse le variabili che spiegano l introduzione di innovazioni nei due periodi considerati. Parallelamente a quanto osservato per il periodo precedente, i determinanti del processo innovativo sono la percentuale di R&S che proviene da rapporti con strutture universitarie di ricerca e l'esistenza di rapporti commerciali con la GDO. Diventano significative variabili quali le strategie di cooperazione e integrazione tecnologica con altre aziende italiane, la presenza di un dipartimento di R&S aziendale e la percentuale di laureati tra gli occupati dell'azienda. La grande dimensione, sempre definita dall appartenenza alle classi di fatturato secondo la classificazione AGRA, non è più significativa rispetto alle stime precedenti, si osserva una minore ma poco significativa probabilità di innovare delle imprese di dimensioni minori. Le variabili ricorso a lavoratori flessibili e R&D da rapporto con imprese esterne sono debolmente significativa così come, con segno negativo, l aver migliorato i prodotti. Non si osserva una differenza statisticamente significativa tra le imprese appartenenti ad aree geografiche differenti; la dicotomica relativa comparto delle granaglie mostra un segno negativo con una debole significatività. Per quanto riguarda l impatto, presentano effetto marginale superiore gli accordi tecnologici con altre imprese italiane e la variabile R&S da rapporti con università. 21

22 Tab. 5 - Determinanti dell introduzione di innovazioni nelle imprese alimentari italiane ( ). Regressione probit. Variabile dipendente: presenza di fatturato da nuovi prodotti Variabile df/dx z P> z Accordi tecnologici in Italia Rapporti con GDO Occupati laureati Intensità R&S R&S da rapporti con università R&S da rapporti con imprese % Spesa in R&S per miglioramento di prodotto Classe di dimensione Classe di dimensione Classe di dimensione Imprese con lavoratori flessibili Cooperativa Incentivi Incentivi*R&S da rapporti con l'università Comparto carne Comparto orto-frutticolo Comparto lattiero-caseario Comparto granaglie Comparto alimenti Comparto bevande Nord Sud Psuedo R 2 di McFadden 0.17 Psuedo R 2 di Efron 0.16 Psuedo R 2 di Veall/Zimmermann 0.28 % di predizioni corrette 0.86 N. osservazioni 386 Prob[χ 2 > valore critico] In tabella 6 sono riportate le stime effettuate per l Italia meridionale. La flessibilità del lavoro è la variabile più significativa nello spiegare la probabilità di sviluppare e commercializzare un nuovo prodotto, seguono gli incentivi, la presenza di R&S intra moenia ed extra moenia da rapporti con centri pubblici di ricerca. La percentuale di laureati è debolmente significativa così come la dicotomica relativa al comparto granaglie. 22

23 Tab. 6 - Determinanti delle innovazioni nelle imprese alimentari meridionali ( ). Regressione probit. Variabile dipendente: presenza di fatturato da nuovi prodotti Variabile df/dx z P> z Rapporti con GDO Occupati laureati Intensità R&S R&S da rapporti con università R&S da rapporti con imprese % Spesa in R&S per miglioramento di prodotto Classe di dimesione Classe di dimesione Classe di dimesione Imprese con lavoratori flessibili Cooperativa Incentivi Incentivi*R&S da rapporti con l'università Comparto carne Comparto orto-frutticolo Comparto lattiero-caseario Comparto granaglie Comparto alimenti Comparto bevande Psuedo R 2 di McFadden 0.31 Psuedo R 2 di Efron 0.27 Psuedo R 2 di Veall/Zimmermann 0.45 % di predizioni corrette 91 N. osservazioni 145 Prob[χ 2 > valore critico] In quanto ad effetti marginali, la presenza di R&S extra moenia da rapporti con centri pubblici di ricerca presenta il valore superiore, seguono gli incentivi e la presenza di lavoratori flessibili. Quest ultima variabile è altamente significativa per il Mezzogiorno e probabilmente ciò spiega la minore significativa della variabile percentuale di laureati, nel senso che il ricorso a lavoro flessibile ha abbassato il costo di acquisizione di capitale umano necessario all impresa per poi innovare, ciò in particolare per il Mezzogiorno. Questo risultato sembra suggerire che la flessibilità del lavoro 23

24 abbia consentito lo skill-upgrading necessario alla differenziazione verticale del prodotto (Celi, 1996; Bratti e Matteucci, 2005) In sintesi nel periodo esaminato, subentrano nuovi sentieri di cambiamento tecnologico con un avvicinamento tra sentiero nazionale e meridionale. L importanza della conoscenza si esplicita anche per il Mezzogiorno osservando l acquisita significatività di variabili quali la spesa in R&D intra moenia ed extra moenia da università e centri pubblici e della percentuale di laureati, sebbene quest ultima variabile solo debolmente. La dimensione non è più una variabile importante probabilmente perché gli incentivi pubblici hanno indotto a esplicitare la domanda latente di innovazioni e a cercare altrove risposte adeguate, nelle università ma anche nelle imprese private. Il ricorso al lavoro flessibile emerge quale determinante significativa, in particolare per il Mezzogiorno ma l impatto di tale variabile dicotomica è inferiore a quello della presenza di spesa in R&D da università. Per il Mezzogiorno, la presenza di R&S extra moenia da rapporti con università e centri pubblici di ricerca passa da determinante non significativa dell introduzione di innovazioni di prodotto nel periodo a variabile significativa al 6% nel periodo Per l Italia nel suo complesso la significatività della variabile rimane invariata ed alta ma diminuisce il suo effetto marginale da a 0.228; viceversa il valore che assume l effetto marginale per il Mezzogiorno nel periodo , sebbene meno significativo rispetto al resto d Italia, è molto alto Ciò può essere spiegato dagli incentivi pubblici destinati a sollecitare questo tipo di interazioni, dall accresciuta competizione, derivante dalla diminuzione del sostegno comunitario e dalla globalizzazione dei mercati, e dalla maggiore attenzione dei consumatori alla qualità degli alimenti acquistati. Tenendo conto che nei settori tradizionali, i flussi tecnologici sono maggiormente confinati territorialmente e che il grado di polarizzazione nelle reti innovative è più alto (Paci e Batteta, 2003) e che i flussi di conoscenza sono comunque limitati dalla distanza geografica (Maggioni e Uberti, 2005), questo risultato conforta sul ruolo che l università può svolgere per il settore 24

25 alimentare a sostegno di un modello di sviluppo economico locale trainato da alta tecnologia. 6. Conclusioni Obiettivo di questo lavoro è verificare il ruolo delle università e degli istituti pubblici di ricerca nell introduzione di innovazioni nell industria alimentare italiana. L analisi è svolta mediante una regressione probit sui dati relativi alle imprese alimentari della 7 a ( ) e 8 a ( ) indagine Capitalia. Una differenziazione molto marcata si riscontra tra imprese meridionali rispetto a quelle nazionali nel complesso in quanto a significatività dei determinati delle innovazioni. In generale, la presenza di innovazioni di prodotto caratterizza imprese con una intensa rete di rapporti orizzontali, con altre imprese, e verticali, con la GDO. I risultati dell analisi mostrano come la collaborazione con istituti pubblici di ricerca sia sempre significativa nello spiegare l introduzione di innovazioni di prodotto nell industria alimentare italiana mentre comincia a diventare significativa per l industria alimentare meridionale solo nel periodo Bibliografia AGRA (2001): Annuario industria alimentare in Italia, Roma. Baldini N.- Grimaldi R.- Sombrero M. (2006): Institutional changes and the commercialization of academic knowledge: a study of Italian universities' patenting activities between 1965 and 2002, Research Policy, 35, Basile R. (1998): Innovazione tecnologica e strategie organizative delle imprese nell industria manifatturiera italiana, Economia e politica industriale, n. 100, Becattini G. (2000): Dal distretto industriale allo sviluppo locale. Svolgimento e difesa di un idea, Bollati Boringhieri, Torino. Bonaccorsi A.- Daraio C.- Simar L. (2006): Exploring size and agglomeration effects on public research productivity, Scientometrics, Vol. 63, No. 1, Bratti M.- Matteucci N. (2005): Is there Skill-Biased Technological Change in Italian Manufacturing? Evidence from Firm-Level Data, Brussels Economic Review, 48, 1, Celi G. (1996): Vertical intra-industry trade and skill intensity in Europe: a cross sector analysis, Discussion Paper CELPE n

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