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1 INFORMAZIONE lismo.unipd.it/linkreadibile SPECIALE ANNO VI - NUMERO 5 18 FEBBRAIO 2010 L_ink re@dibile Periodico del Master in giornalismo "Giorgio Lago" dell Università di Padov a Numero in distribuzione gratuita Viaggio nell editoria di una regione che avverte i sintomi della crisi anche in questo settore Veneto, la fabbrica delle notizie Mass media: troppi restano fuori dalla porta. Colpe e rimedi VENEZIA Viaggio nel mondo dei mass media del Veneto. Il quadro che ne esce mostra un panorama diversificato, ma la crisi ha lasciato il segno anche in questo settore, soprattutto nella carta stampata. Le voci di chi è rimasto fuori dalla porta, di chi ha realizzato il proprio sogno e di chi deve garantire il futuro dell informazione. In tanti credono nel ruolo delle scuole di giornalismo e riscoprono il valore della formazione per migliorare i contenuti. Il ruolo dell Ordine dei giornalisti, che mette in primo piano la deontologia professionale e pretende un giornalismo che rispetti le regole e le persone. Campo San Polo a Venezia dove ha sede l Ordine dei giornalisti veneti GIOIA E SANTINI o A PAGINA 2 Il futuro passa per la Rete: il professionismo on-line Non resta che il web Parla Luca De Biase del «Sole» PADOVA «Non deprimetevi, il futuro non è tutto nero. Un mondo sta finendo, ma un altro sta cominciando». Luca De Biase, scrittore e giornalista del Sole 24 Ore, docente al master di giornalismo IULM di Milano, è tutt altro che pessimista sul futuro della professione. Dalle testate storiche che piano piano stanno facendo la svolta web (vedere il NYT che è tornato col bilancio in attivo grazie agli introiti del suo sito internet) alle nuove che stanno nascendo solo nella versione on-line, le opportunità professionali non mancheranno. E la tecnologia sta andando in quella direzione, cercando una soluzione percorribile per tutte le esigenze della nuova editoria: dall ipad agli smartphone la scommessa è quella di raggiungere un equilibrio che consenta a questa nuova industria di diventare efficiente e produttiva. L importante è non perdere il treno e farsi trovare pronti ad ogni sfida. OLDANI o A PAGINA 10 La carta non ha ancora detto l ultima parola PADOVA Le interviste a Omar Monestier de «Il Mattino di Padova», a Roberto Papetti del «Gazzettino» e a Ugo Savoia del «Corriere del Veneto». I tre direttori raccontano come hanno iniziato la carriera e quali problemi sta affrontando il mondo della carta stampata. L online sta minacciando davvero i giornali? E soprattutto, rappresenta il futuro del giornalismo? Secondo Ugo Savoia, fondatore di Corriere.it, non si può ancora discutere di redazioni online autonome da quelle che lavorano per il cartaceo. La diretta concorrente è ancora la televisione, la regina delle case La crisi ha investito anche il mondo dell editoria Le ricette degli addetti ai lavori per superarla italiane. Roberto Papetti invece spiega che l immobilismo delle redazioni rischia di soffocare la crescita dei quotidiani regionali come il suo. Omar Monestier sottolinea l importanza, per un quotidiano locale, di essere presente e ben radicato sul territorio. Una riflessione che mette d accordo i tre direttori riguarda i collaboratori, considerati di fondamentale aiuto per una redazione. GALEOTTI E SANTATO o ALLE PAGINE 6 E 7 L organizzazione dei free-lance veneti uniti per il riconoscimento della categoria Refusi, la carica dei precari «Nell interesse di tutto il settore superare la crisi» In tv e in radio si punta su nuovi contenuti Microfoniamoci Ma l accesso è difficile PADOVA Compensi ridotti, contratti diversi a discrezione dell editore e totale assenza di forme di tutela. È la dura vita del collaboratore precario alla continua ricerca di una notizia che gli frutti qualche soldo in più per arrivare a fine mese. Alcuni resistono, altri sono costretti a cercare un altro lavoro. A difesa della categoria è scesa in campo da un anno l organizzazione Refusi che riunisce oltre 200 collaboratori precari da tutto il Veneto. Per Nicola Chiarini, uno degli undici componenti del direttivo di Refusi, la condizione del free-lance è critica e richiede al più presto un inversione di marcia. Non solo per il bene dei precari, ma dell intera categoria. «È nell interesse di tutto il settore superare questa crisi - precisa Nicola Chiarini - il malessere dei collaboratori, infatti, si traduce in un indebolimento generalizzato». SANTINELLO o A PAGINA 4 Spesso il collaboratore deve cercare un altro lavoro SINDACATO Stipendi da insulto Le battaglie di ieri, oggi e domani PADOVA Maggiore equità di trattamento per collaboratori e freelance. Espulsione degli abusivi dall Ordine dei giornalisti. Revisione delle modalità di accesso alla professione. Introduzione di un tariffario minimo concordato tra le parti. Sono solo alcune delle battaglie che Daniele Carlon, segretario regionale del sindacato giornalisti del Veneto, sta portando avanti con convinzione. Essere riusciti a firmare un nuovo contratto nazionale dopo quattro anni di vuoto non lo lascia soddisfatto. Le battaglie continuano e qualche volta occorre scendere a compromessi. Ma non parlategli di casta dei giornalisti: «La casta oggi non esiste più. La maggior parte dei giornalisti lavora a tempo pieno per portare a casa uno stipendio da insulto. Meno di quello che prende una badante». E le lotte sindacali continuano. GIUNTINI o A PAGINA 3 PADOVA Il giornalista televisivo sarà una figura versatile, giornalista e anche telecineoperatore. Nonostante le attuali difficoltà, c è chi ancora incoraggia i giovani aspiranti. In tv, come in radio, i ragazzi devono avere la volontà di imparare dai più esperti. BONALDI E SEMERARO o ALLE PAGINE 8 E 9 La previdenza Inpgi «Ma chi pagherà le nostre pensioni?» GUARISE o A PAGINA 12 Gli addetti stampa «Noi non siamo giornalisti di serie B» ZORZI o A PAGINA 11

2 2 Speciale Veneto e informazione L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 A colloquio con il presidente dell Ordine Regionale Veneto dei giornalisti Gianluca Amadori «Scuole, futuro dell informazione» Solo la maggiore preparazione professionale può salvare l editoria CLAUDIA GIOIA Il presidente dell Odg del Veneto Gianluca Amadori VENEZIA «Master e scuole di giornalismo saranno il futuro dell informazione. Uniche vie d accesso per diventare giornalisti professionisti e garantire la qualità delle notizie». Ne è convinto il presidente dell Ordine dei giornalisti del Veneto Gianluca Amadori, che appoggia con forza l idea che solo una maggiore preparazione professionale possa salvare l editoria dal suo attuale stato di crisi. L impegno è quello di garantire strutture di formazione d avanguardia, punti di eccellenza che forniscano ai giovani giornalisti gli strumenti necessari per affrontare in modo più consapevole il mondo del lavoro. «Oggi in Italia ci sono venti scuole di giornalismo. E sono troppe precisa Amadori -. Cinque sono state chiuse recentemente, ma si dovrà riaprire di nuovo una discussione perché alla fine rimangano solo quelle più meritevoli. Non dovrà essere più dato spazio all improvvisazione». A suo giudizio i master professionali dovranno svolgere una duplice funzione: offrire da un lato le giuste competenze e conoscenze in ambito deontologico, giuridico e culturale, e dall altro promuovere un laboratorio tecnico-pratico che possa fornire una vera esperienza sostitutiva del tradizionale praticantato. L impegno di formazione e aggiornamento professionale sembra non riguardare solo questa categoria di giornalisti. «La legge 69 del 1963 (ordinamento della professione giornalistica, ndr) spiega il presidente nasce in una realtà in cui il mondo dell informazione era completamente diverso rispetto a oggi. Recentemente si è presentata l esigenza di regolarizzare e controllare, ad esempio, l elenco dei pubblicisti. Nel corso degli anni, con l esplosione di nuovi tipi di attività, testate minori o locali, uffici stampa, web, tv private ecc.. il pubblicismo si è un po snaturato. Ci sono infatti giornalisti pubblicisti che continuano a mantenere una loro attività principale, e a dedicarsi al giornalismo come secondo lavoro, pur in maniera continuativa. Ma dall altra parte ci sono anche pubblicisti che si dedicano al giornalismo come unica professione. C era bisogno di definire meglio questa categoria». Dal 2010 per accedere all elenco dei pubblicisti (oggi raggiungono 3600 iscritti), si dovranno seguire nuove direttive. Il consiglio nazionale dell Ordine dei giornalisti ha reso infatti obbligatorio lo scorso giugno un corso di formazione per ottenere ufficialmente l iscrizione all Albo. Gli aspiranti pubblicisti dovranno frequentare dei corsi specifici che si concluderanno con un colloquio finale e il rilascio di un IL TARIFFARIO Gli editori ne dovrebbero prendere atto e pagare di più CHI È Veneziano, classe 1963, Gianluca Amadori è l attuale presidente dell Ordine dei giornalisti del Veneto. Cronista di giudiziaria del Gazzettino dal 1992, ha seguito tutte le principali inchieste e processi passati per il Palazzo di Giustizia di Venezia: da Tangentopoli ai Serenissimi, dalle morti del Petrolchimico di Marghera al caso Unabomber. Nel 2003 ha pubblicato il libro "Per quattro soldi. Il giallo della Fenice dal rogo alla ricostruzione". È stato fino a pochi anni fa corrispondente del Corriere della Sera da Venezia e collaboratore di Panorama. LE SANZIONI 21 provvedimenti disciplinari 2 censure e 18 avvertimenti Obbligatori PUBBLICISTI nuovi corsi di formazione per ottenere l iscrizione all Albo attestato di frequenza. L Odg veneto si è già attivato per introdurre un po per volta le novità volute dall Ong e a Venezia è quasi tutto pronto per far partire l iniziativa. «Il programma che abbiamo preparato verterà principalmente sulle norme deontologiche, sul diritto all informazione e un po di storia del giornalismo. Per riuscire a dare delle conoscenze di base e rendere i giornalisti più preparati e più consapevoli del lavoro che andranno a svolgere. Ma è solo un punto di partenza. Il punto di arrivo sarà quello di impegnare e abituare i giornalisti ad un agno bene tutti quei giornalisti, giovani e meno giovani che soprattutto negli ultimi anni sono costretti a barcamenarsi tra mille collaborazioni sottopagate per poter sperare in uno stipendio quantomeno dignitoso e in una possibile assunzione futura. «Una delle sfide più importanti commenta il presidente dell Odg veneto - è proprio quella di riuscire a convincere gli editori a trattare su dei minimi tariffari e stabilire precise condizioni di trattamento per i free lance o collaboratori esterni. Questa però non è competenza dell Ordine. Tra l altro una normativa europea ha annullato di fatto il tariffario e la legge sulla concorrenza. Escludendo anche la possibilità di creare dei tariffari minimi sulle professioni. Quelli che aveva precedentemente stabilito l Ordine poi, erano solamente indicativi, unilaterali e non riconosciuti dagli editori. E comunque oggi non esistono più neanche quelli». «C è però una possibilità di intervento, a livello sindacale - aggiunge -. È una delle battaglie più difficili. Una battaglia di ci- giornamento costante, durante tutta la carriera, attraverso corsi, convegni e specializzazioni». L Odg del Veneto ha fondato una scuola di giornalismo intitolata a Dino Buzzati, una struttura in grado di offrire occasioni di confronto e di crescita professionale aperta a tutti i giornalisti. «Un impresa non facile ammette Amadori ma dobbiamo renderci conto che le cose sono cambiate. Oggi all interno delle redazioni c è sempre meno tempo per insegnare e seguire i redattori meno esperti. Spesso poi molte collaborazioni vengono fatte a distanza. L Ordine deve offrire nuovi strumenti, utili ai più giovani, ma rivolti anche ai giornalisti già avviati, che devono sempre tenersi al passo, aggiornandosi costantemente, consapevoli che la realtà è in continua evoluzione». Certo, la realtà del giornalismo è in evoluzione. Cambiata, trasformata. Chi si avvicina a questo mondo lo sa bene. Lo sanviltà e unica strada possibile per garantire una migliore qualità di informazione. Perché senza una minima, dignitosa, adeguata retribuzione sarà difficile ottenere buoni risultati. Ed è conveniente che le cose cambino, anche per gli editori, perché a lungo andare lo scarso controllo sulla qualità dei prodotti non paga. Per uscire dalla crisi, riavvicinare la gente alla lettura e attirarla verso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione bisogna cambiare mentalità». Il controllo sulla qualità passa però anche attraverso il rispetto delle norme deontologiche. L Ordine ne garantisce l applicazione per tutelare la correttezza dell informazione. I dati forniti, relativi al 2009, mostrano un attività di controllo nel Veneto sul fronte disciplinare in forte crescita rispetto agli anni precedenti. Nell ultimo anno infatti, il Consiglio regionale ha preso in esame e definito 50 fascicoli su presunte violazioni commesse da giornalisti iscritti all Albo professionale del Veneto, denunciate attraverso esposti o segnalazioni. O attraverso la consueta attività di monitoraggio. I fronti principali su cui si concentra l attenzione riguardano i minori, la carta di Treviso, violazioni in termini di privacy, omessa replica o rettifica, commistione tra pubblicità e informazione, conflitto di interessi. In totale le sanzioni disciplinari inflitte dall Odg Veneto in dodici mesi, sono state 21: una radiazione, due censure e 18 avvertimenti, di cui 11 disposti direttamente dal presidente, come stabilisce l articolo 52 della Legge Professionale, con richiamo all osservanza dei doveri professionali. «Il nostro monitoraggio è costante. Non sta a me giudicare chiosa Amadori ma credo che si stia facendo un buon lavoro». Intervista con Maurizio Paglialunga, consigliere nazionale dell Ordine dei Giornalisti «La crisi vera è quella dei contenuti Serve maggiore approfondimento» Intanto per la prima volta si discute in Parlamento la riforma dell Odg Maurizio Paglialunga m e m b ro del Consiglio nazionale dell Odg MASSIMILIANO SANTINI PADOVA Peso, competenze e responsabilità dell Ordine nell attuale processo di ridefinizione della professione giornalistica: ne parla Maurizio Paglialunga, ex presidente dell Odg Veneto, oggi membro del Consiglio Nazionale. Cosa ha fatto l'ordine dei Giornalisti da quando la crisi finanziaria ha acuito quella strutturale della carta stampata? «Per la prima volta dopo quasi mezzo secolo in commissione parlamentare si discute una proposta di riforma della legge istitutiva dell'ordine del Una norma che necessita di essere rivista perché all'epoca la realtà era profondamente diversa. Oggi la multimedialità ha ridisegnato la professione e l accesso ad essa. Basti pensare che in base alla legge del 1963 bastava la terza media per esercitare. Ma la riforma, essendo l'ordine istituito per legge, la deve fare necessariamente il Parlamento. Finora non si era mai riusciti per via di una serie di resistenze interne. Il Parlamento, ancorché pieno di giornalisti, subisce le pressioni di alcune lobbies che hanno tutto l interesse a far rimanere tutto così com è. La Fieg, ad esempio, rivendica il diritto LA RIFORMA La via d accesso alla professione sarà soltanto l Università L O R D I N E La vera ragione della sua esistenza è la vigilanza deontologica degli editori ad assumere chiunque vogliano come qualsiasi altra azienda privata. Ma questa sembra la volta buona. La proposta di riforma è stata formulata dall Odg all unanimità. Certo non si possono conoscere i tempi, ma si tratta ad ogni modo di un primo, deciso passo in avanti». Qual è la maggior novità inserita nella riforma? «Da quando si è insediato tre anni fa, il nuovo Consiglio Nazionale ha ridiscusso le modalità d'accesso alla professione. Innanzitutto, ha rivisto con maggior severità i parametri necessari per il riconoscimento del praticantato attraverso le scuole di giornalismo. Da 21 sono state ridotte a 16; 4 sono state sospese per inadeguatezza e una quinta, a Milano, ha rinunciato per mancanza di fondi. La tesi che adesso è prevalsa nella categoria, seppur tra mille perplessità, è che debba esserci l accesso unico alla professione per via universitaria. In futuro chi vorrà fare il giornalista dovrà essere preparato e aggiornato per legge. È ovvio che di cose da fare ne restano tante, ma da qualche parte si dovrà pur iniziare. Fare l esame con il computer anziché con la macchina da scrivere, ad esempio, è già un segnale importante». L idea di un Ordine, peculiarità tutta italiana, non le sembra in conflitto con l articolo 21 della Costituzione? «Non vedo perchè. La libertà di espressione e di pensiero è limitata dalla legge italiana al fine di garantire il rispetto della persona. Ed è proprio l Odg che compenetra il diritto ad essere informati e la tutela dei soggetti. Non si può scrivere ciò che si vuole. La questione centrale, resta la vigilanza sulla deontogia, è questa la vera ragion d essere dell Ordine». Però c è chi sostiene che i LA STOCCATA In Italia la stampa ha perso credibilità e autorevolezza Vende verità precotte risultati non siano soddisfacenti neppure da quel punto di vista. Cosa risponde? «Non è vero, l Odg fa moltissimi provvedimenti deontologici. Proprio in Veneto c è stata la radiazione dall Albo del direttore di una televisione. Solo che i tempi sono lunghi: è un processo vero e proprio quello che viene istruito. Con 5 gradi di giudizio, moltissimi beneficiano della prescrizione che scatta dopo 7 anni. Anche queste procedure vanno riformate». Se i giornalisti vengono sfruttati è solo colpa degli editori? «Difficile non ammettere un concorso di colpe. Il primo problema è che non esiste di fatto un tariffario vincolante per il lavoro autonomo. Gli editori, di conseguenza, possono rifiutarsi di trattarlo come quello dipendente. Poi, c è una mancanza di tutela da parte dei giornalisti che hanno ruoli di vertice in redazione. Non si battono perché i collaboratori siano pagati di più e tendono a non considerarli dei pari. Altra questione: a moltitudine di sottopagati deve riuscire a organizzarsi, non confidando solo sul sostegno delle redazioni. E troppo spesso finiscono per "cannibalizzarsi" l'un l'altro con una corsa al ribasso di compensi. Infine, gli editori fanno i propri interessi perpetuando la corsa al ribasso». L online sembra una terra di frontiera. Cosa si può fare per regolamentarlo? «C è la necessità di arrivare a delle testate giornalistiche in cui un direttore responsabile risponda delle notizie che vanno in rete. Va strutturato come un giornale. Non deve esserci spazio per chi vende bufale. Nel futuro dell online vedo credibilità, autorevolezza e notizie a pagamento. Già negli Usa si sta procedendo in questa direzione». Le riorganizzazioni aziendali del biennio post-crisi sono costate 700 posti di lavoro. Verranno rioccupati o il processo è irreversibile? «Che vengano rioccupati ho i miei dubbi. La crisi c è, soprattutto per la stampa. Ma che si riduca tutto a un discorso meramente economico ed ineluttabile è sbagliato. In Italia non si riflette sui contenuti, sulla credibilità. Dal giornale, il cittadino pretende approfondimento e interpretazione, per l informazione c è la tv. Ma se gli si vende una verità precotta come può fidarsi? Continuare a credere che sia un cretino è sbagliato. I principali responsabili di questo degrado sono, con le dovute eccezioni, i direttori dei giornali. Sono diventati l ultimo funzionario aziendale anziché il primo dei giornalisti. Ad ogni modo, il bisogno di essere informati resterà sempre, qualsiasi siano le forme».

3 L_ink ibile o 18 FEBBRAIO 2010 Speciale Veneto e informazione 3 Il ruolo del sindacato. Parla il segretario veneto Daniele Carlon «C era una volta la casta, molti oggi pagati come una badante» Daniele Carlon, segretario regionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana. Lavora al Mattino di Padova LUCA GIUNTINI Un momento della manifestazione per la libertà di stampa del 1 ottobre 2009 PADOVA C era una volta la casta. C era una volta una schiera di giornalisti soddisfatti e ben pagati. C era un periodo nel quale la carta stampata non era in crisi. Gli editori pagavano regolarmente e non ci si doveva arrabattare a tirare su uno stipendio da miseria lavorando come muli. A raccontarle sembrano favole. Perché oggi la realtà del giornalismo è molto diversa. E difficilmente si concluderà con vissero tutti felici e contenti. Daniele Carlon, segretario del sindacato giornalisti del Veneto, ha trent anni di carriera alle spalle. Esperienza ne ha da vendere, sarà per questo che, lui, alle favole non crede: «Casta? Quale casta?! risponde stupito - Come possiamo parlare di casta quando la maggior parte dei giornalisti precari, lavorando a tempo pieno, porta a casa a fine mese euro? È una paga da insulto. Meno di quello che guadagna una badante». Segretario, è una situazione limite quella che sta raccontando. «Niente affatto. Parlo della situazione veneta naturalmente, che conosco bene. Qui il 70% dei giornali locali è scritto da collaboratori sotto-pagati. Al Corriere del Veneto la nera e la giudiziaria sono fatte interamente dai precari. Al Resto del Carlino una notizia viene pagata 1 euro. Al Gazzettino 3 euro. I collaboratori vengono sfruttati fino a quando fa comodo, con l illusione che prima o poi verranno assunti, invece vengono sostituiti appena si trova un collaboratore disposto a fare lo stesso lavoro per meno soldi. E poi la gente ha il coraggio di parlare di casta» Gian Antonio Stella non sarebbe d accordo. I giornalisti non sono dei privilegiati? «Guardi, Stella, oltre a essere un grande professionista è anche mio amico. Però i giornalisti che godono dei privilegi sono una minoranza. Lo stesso Stella, se non fosse per i soldi che ricava dai libri e dalle apparizioni in tv, non avrebbe il reddito che ha. E comunque i privilegiati, come li chiama lei, sono soprattutto nella televisione. Io, piuttosto che di casta, parlerei di lobby». I giornalisti dunque non sono più i cani da guardia del potere? «I giornalisti sono i cani addomesticati della politica. Perché i politici vogliono delle marionette, non dei professionisti». Mi sembra una visione pessimista la sua. «No, credo invece che la professione non andrà peggiorando. I giornalisti dovranno saper fare un po di tutto: scrivere pezzi per il web, saper utilizzare le piattaforme multimediali, registrando pezzi audio e video. Oppure, al contrario, specializzarsi in un determinato settore. Sicuramente però non verranno pagati come una volta. A parte i singoli casi naturalmente». Capitolo contratto. Come sindacato siete soddisfatti del risultato ottenuto? «La situazione era questa: da una parte noi, come sindacato, a volere fortemente un nuovo contratto dopo quattro anni di vuoto (l ultimo era scaduto nel 2005, ndr); dall altra parte la Fieg, pressata dalla crisi peggiore che abbia investito l editoria negli ultimi dieci anni. E poi il governo, che alla luce di questa situazione contingente, aveva il coltello dalla parte del manico. Però abbiamo fatto il possibile per dare un minimo di respiro alla categoria. Non era facile: in un periodo di crisi come questa il potere contrattuale si abbassa notevolmente». A una parte della categoria questa chiusura non è piaciuta. «Lo so. Però è una minoranza. Per la prima volta il sindacato, dopo aver firmato il contratto con le parti interessate, lo ha sottoposto a referendum e questo è stato approvato a larga maggioranza. Siamo finalmente riusciti a parificare i giornalisti, anche precari, alle altre categorie industriali. Grazie all apporto dell Inpgi abbiamo tolto le penalizzazioni ai colleghi colpiti da prepensionamenti. E gli scatti di anzianità non sono stati smantellati: come invece voleva la Fieg». Prima accennava alla crisi. La Fnsi ha stimato che nel 2009 i piani di riassetto aziendale hanno portato a un massiccio ricorso alla cassa integrazione e alla perdita di 700 posti di lavoro. «In Veneto sono stati decretati molti stati di crisi: al Gazzettino, all Arena, al Giornale di Vicenza, all Ansa, nei periodici San Paolo, a D-News Verona, e nel gruppo E-Polis, dove i colleghi da un anno sono in arretrato di stipendio di due mesi». Parliamo del caso del Gazzettino. «Durante la precedente gestione, GIORNALISTI La politica vuole delle marionette I professionisti sono addomesticati L AV O R O Stiamo sfornando troppi disoccupati Continuare così è deleterio targata Benetton, il Gazzettino ha fatto largo uso di contratti a termine per sostituire chi lasciava il giornale. Questi vuoti di organico, circa 20 posti, venivano compensati con una rotazione di ben 80 lavoratori a termine. Poi è arrivata la gestione Caltagirone e, da un giorno all altro, ha deciso che non avrebbe assunto nessuno di questi precari. Con il nostro aiuto abbiamo aperto delle cause e abbiamo vinto. Così, dei 19 prepensionamenti previsti dall azienda, siamo riusciti a ridurre i tagli a 5 colleghi». Ci sono altre lotte sindacali che sono andate a buon fine? «All Arena di Verona si prevedevano 12 tagli, al Giornale di Vicenza 8. Dopo una trattativa serrata siamo riusciti a raggiungere un accordo che prevede 7 uscite al quotidiano di Verona e 5 in quello vicentino. Al free-press D-News Verona invece, grazie ai contratti di solidarietà, abbiamo scongiurato il licenziamento di 9 colleghi che non avevano diritto al prepensionamento». La Fnsi ha chiesto un ripensamento delle modalità di accesso all Ordine. Lei cosa ne pensa? «Sono d accordo. Il praticantato deve essere l unica strada di accesso alla professione. Non sono contrario ai master universitari. Tantomeno voglio criticare quello di Padova. È piuttosto il meccanismo generale che non funziona. Hanno contribuito a sconvolgere il mercato del lavoro e a creare un eccesso di offerta. Ma la domanda non c è perché il lavoro manca. È una situazione deleteria e controproducente perché stiamo sfornando professionisti disoccupati. I numeri parlano chiaro: sono oltre 100 mila, tra professionisti e pubblicisti, i colleghi iscritti all albo. Tutti dovrebbero versare i contributi all Inpgi. E invece che succede? Che i giornalisti iscritti all istituto di previdenza sono solo la metà. Quindi c è una situazione paradossale: ci sono iscritti all ordine che non fanno i giornalisti, e chi invece, pur essendo iscritto, non esercita la professione!» Quali provvedimenti occorrono? «Dobbiamo sbattere fuori chi non esercita effettivamente la professione e denunciarne l esercizio abusivo. Tornando ai master in giornalismo invece, se proprio non vogliamo parlare di uno stop totale, riduciamone almeno il numero: due-tre di alta qualità basterebbero in tutta Italia. Così avremo anche maggiori possibilità di garantire ai masterini uno stage retribuito. Stiamo facendo solo gli interessi delle lobby universitarie. Tra masterini e precari invece è una guerra tra poveri». Collaboratori e freelance sono quelli che godono di minori tutele sindacali. Come vi state muovendo al riguardo? «Con Refusi (il coordinamento dei freelance veneti, ndr) abbiamo lottato per inserire il tariffario minimo dei compensi nel decreto Mille proroghe del governo. Purtroppo non ci siamo riusciti. Ma la strada è questa: concordare con le parti un tariffario, così da porre dei parametri certi e non creare discrepanze nel trattamento economico. Per quanto riguarda i collaboratori vogliamo che il loro stipendio sia adeguato a quello degli altri dipendenti. Altrimenti le aziende terranno solo tre o quattro capo-redattori, esternalizzando tutto il lavoro e le redazioni si svuoteranno». Qual è oggi il ruolo del sindacato? «Grazie ai comitati di redazione, cerchiamo di rappresentare non solo i giornalisti, ma tutti i giornalismi del Veneto. Abbiamo raddoppiato gli sforzi per far fronte alla mole di cause in corso, mantenendo allo stesso tempo la gratuità del patrocinio delle vertenze legali in primo grado. Cosa non scontata se si pensa che siamo l unica associazione stampa d Italia a fornire questa copertura. Quello che è certo però è che non ci interessano i giornalisti che non fanno i giornalisti». PADOVA Una laurea in giurisprudenza, un lavoro come legale, un buono stipendio. La vita di Marco De' Francesco andava più o meno così. Almeno fino al 2006, quando, a 37 anni compiuti, rimette tutto in discussione. E si iscrive al Master in Giornalismo dell'università di Padova per provare a fare il giornalista. Oggi è collaboratore del Corriere del Veneto e direttore responsabile del portale Ideapadova.it. Marco si può dire che ce l'hai fatta. «Beh, ce l'ho fatta ancora no, ci vuole tempo. Certo tra i collaboratori sono uno di quelli che sta meglio, perché il Corriere paga bene i collaboratori». Quali sono le tue prospettive nel giornale? «Per l'assunzione ci vuole tempo, ma penso arriverà. Il problema è quando: normalmente ci vogliono quattro o cinque anni e io sono lì da un anno e mezzo. Però chi lo sa, magari si aprono delle strade». E poi c'è il tuo sito. «Sì, un idea nata al master. Dopo le lezioni sui nuovi media ho deciso LE STORIE TRE GIORNALISTI USCITI DAL MASTER DI PADOVA RACCONTANO LA LORO ESPERIENZA «Il mio segreto? Tanta passione» di disegnare il sito. Prima non sapevo nemmeno cosa fosse l'html ma l'importante è tentare». Sei soddisfatto di come va? «Sì, abbiamo già due sponsor e dovrebbero entrarne altri due. Tra giornale e sito dovrei avere lo stesso stipendio di quando lavoravo in banca». Non per tutti va così bene... «Infatti. La condizione dei collaboratori è gravissima. Tanti prendono euro e sono costretti a fare più collaborazioni. Un collega di un quotidiano locale ha «Sognavo il giornale ed è arrivata la Rai» VENEZIA «Pensavo che la tv non sarebbe mai stata la mia strada. Ora non farei a cambio con nient altro». Fino a poco tempo fa Matteo Mohorovicich, giornalista veronese, trent anni ancora da compiere, era convinto che il suo mondo sarebbe stato certamente quello della carta stampata. Da ottobre 2008 lavora come redattore nella sede Rai del tg regionale veneto. fatto le selezioni. Ed eccomi qua». Che rapporto hai con la redazione? «In quanto ultimo arrivato, pensavo che avrei trovato un clima austero. Ma non è stato così. E a parte un breve periodo di rodaggio, mi hanno dato fin da subito diverse responsabilità. Forse si fidano..» (sorride). Serve più iniziativa o fortuna? «Ci vuole molta iniziativa persona- «Da precaria a vicedirettrice» PADOVA Il presente di Eleonora Vallin si riassume in una frase: «Mi sento realizzata». Chi non lo sarebbe dopo aver raggiunto la qualifica di vicedirettrice di un importante mensile economico? «Volevo fare la giornalista da quando avevo 6 anni racconta Eleonorae adesso che sono vice direttrice della rivista NordestEuropa rivesto un ruolo manageriale di grande responsabilità. Ma è stata dura». È stata dura ma Perché hai cambiato idea e sei finito in tv? «Dopo il master le e passione, ma ce l hai fatta. Come Marco De Francesco scritto 163 articoli in in giornalismo a Matteo Mohorovicich bisogna anche essere hai comincia- Eleonora Vallin un mese. Io 63 e ho preso più del doppio». Tu come ti regoli con i tuoi collaboratori per il sito? Padova ho collaborato con alcune testate e quotidiani nazionali. Ero contento ma non riuscivo a raggiungere pronti a co- gliere al volo le occasioni che si presentano». Che cosa consigli ai giovani to? «Dopo essermi laureata in Lettere moderne ho cominciato a collaborare con varie testate di Ro- «Li pago molto più di diversi quotidiani una stabilità economica. Ho collaboratori che spevigo. Nel 2005 sono entrata al mato? locali. Magari non ci farò mai i soldi, ma intanto si possono fare delle cose belle. Solo così la gente si impegna e ti resta fedele». Consiglieresti ad un giovane di fare il giornalista? «Certo. Se uno è appassionato le persone se ne accorgono. E poi questo è il lavoro più bello del mondo». (l.p.) inviato curricula ovunque e solo una radio, locale, mi ha risposto e mi ha offerto una collaborazione. Ho accettato». E poi com è andata? «È stato difficile i primi tempi, ma lì ho imparato molto. Poi è uscito il concorso Rai per la na scita di Buongiorno Regione. Ho voluto provare, ho rano di trovare un loro posto nel mondo del giornalismo? «Di non mollare. Di avere una visione aperta, senza precludersi nessuna strada. Fuori è una giungla, ho avuto la possibilità di rendermene conto personalmente. E in un certo senso mi sento un privilegiato». (c.g.) ster in giornalismo di Padova. Per un lungo periodo, oltre a frequentare i corsi, ho continuato la mia collaborazione giornalistica e ad insegnare in una scuola superiore. Insomma, è stata una fatica!» L esperienza del master ti è servita? «Soprattutto per svolgere il praticantato, che avevo già chiesto, senza risultati. Poi ho avuto la grande occasione di svolgere due stage che mi hanno aperto la strada per una futura occupazione. Uno al Sole 24 Ore di Milano, l altro nella redazione di Padova». Ti piaceva già l economia dunque. «In realtà no. Anche se mi ero già occupata di marketing per un azienda di comunicazione. Sapevo solo che non ero portata per la cronaca nera. Avevo chiesto il Corriere della Sera di Milano. Quando, invece, mi hanno detto che mi avrebbero mandata al Sole 24 Ore ho chiesto almeno il domenicale, perché non mi sentivo preparata in economia. Invece, piano piano, la materia mi è piaciuta. Nel secondo stage al Sole di Padova ho cominciato a fare delle sostituzioni. Mi sono fatta notare e l editore mi ha dato l incarico di vicedirettrice a NordestEuropa». Sogni nel cassetto? «Mi piacerebbe scrivere un romanzo. Per adesso però mi basterebbe riuscire a mantenere questo contratto». (l.g.)

4 4 Speciale Veneto e informazione L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 Parla l organizzazione Refusi che riunisce oltre 200 collaboratori veneti I precari: «Senza di noi affonda tutto il settore» LUISA SANTINELLO PADOVA Sottopagato, umiliato, senza orari né tutele. Praticamente in mutande. È il popolo dei collaboratori che ogni giorno batte le strade della città e le aule istituzionali in cerca di notizie. Senza il suo contributo molti giornali si troverebbero con l'acqua alla gola. Eppure quella dei collaboratori rimane una categoria bistrattata. Contro la mancanza di garanzie si batte l'organizzazione Refusi che da circa un anno raccoglie free-lance da tutto il Veneto. Nell'ottobre scorso la consacrazione ufficiale con la nascita del direttivo. Undici collaboratori precari alla testa dell'organizzazione veneta. Tra questi Nicola Chiarini, giornalista professionista di Rovigo, 33 anni di cui gli ultimi dieci trascorsi nel mondo della carta stampata. Dai settimanali L'Adige, Diario e Avvenimenti, fino al quotidiano Corriere del Veneto per cui si oc- C O N T R AT T O La situazione è frammentata Ogni realtà ha il suo modello cupa tutt oggi di cronaca politica e amministrativa, il giovane ha maturato negli anni una convinzione. Quello dei precari è un problema che riguarda l intero mondo dell'editoria. Se un anello cede, si spezza tutta la catena. Qual è la situazione del collaboratore giornalistico in Veneto? «Il precario del giornalismo viene percepito come un lavoratore autonomo quando si parla di diritti, ma è un dipendente per doveri, carichi di lavoro, responsabilità e impegno. È questa la principale con- Nicola Chiarini 33 anni è giornalista p ro fe s s i o n i s t a Dal 2004 collabora stabilmente con il Corriere del Veneto Dallo scorso o t t o b re fa parte del direttivo di Refusi OBIETTIVO Più chiarezza a livello contrattuale supporti concreti e forme di tutela l'editoria minore dove gli imprenditori sono meno preparati ad affrontare la crisi». Rispetto alle altre regioni il Veneto come se la cava? «In Veneto la situazione è tragicamente simile a quella di tutte le altre regioni. Ma ci sono anche casi limite. Ho saputo che in Sicilia alcuni quotidiani pagano un euro ad articolo. Sono condizioni offensive e inaccettabili. Lo testimonia la formazione in tutta Italia di gruppi di collaboratori precari. Sarebbe bello riuscire a convocare entro la fine dell'anno un assemblea nazionale». Che rapporti avete con l'ordine dei Giornalisti e con gli editori? «Se l ordine ha dimostrato molta attenzione al problema dei precari, con gli editori non abbiamo ancora ottenuto un colloquio. Credo non abbiano interesse ad aprire un tatraddizione che ci impedisce di trattare collettivamente con l editore». Non esiste un contratto unico che tuteli i diritti del giornalista precario? «No, la situazione è frammentata e ogni realtà editoriale ha il suo contratto di collaborazione. Subito dopo la costituzione del direttivo di Refusi abbiamo chiesto agli editori veneti le tipologie contrattuali utilizzate. Non abbiamo ancora avuto risposte. E intanto stiamo organizzando una serie di assemblee territoriali dove i collaboratori veneti porteranno la loro situazione Compensi ridotti del 60 per cento «Più rispetto per la professione» Lo sciopero al Gazzettino di Vicenza, una decisione sofferta VICENZA «La situazione si è aggravata dalla scorsa estate, i compensi sono stati ridotti del 60 per cento. Un grosso disagio per chi fa questo lavoro a tempo pieno». A lanciare l'allarme è Laura Pilastro, 33 anni, uno degli otto collaboratori precari del Gazzettino di Vicenza che lo scorso gennaio hanno scioperato per tre giorni. «È stata una decisione molto sofferta e ponderata ma ci è sembrata l unica strada per esprimere la condizione di malcontento generalizzata. Siamo esasperati». Un gesto estremo che testimonia la necessità di una veloce inversione di rotta. «Non pretendiamo di essere assunti, chiediamo solo il rispetto della professione che svolgiamo. Rispetto che passa anche attraverso compensi più equi». Per Laura Pilastro, che dopo la laurea in Lettere, collabora con il Gazzettino dal 2003, non è solo una questione economica, ma anche di qualità dell informazione. «Come può un collaboratore che guadagna in media nove euro ad articolo portare a casa un prodotto di qualità se non riesce nemmeno a pagarsi le spese?». E così l idea nostalgica del giornalista alla ricerca della notizia va a cozzare con scontrini da pagare e fatture non coperte. «Ora ogni volta che esco per un servizio sono costretta a calcolare quanto mi costerà e quanto ci guadagnerò confessa Laura - con i compensi che intasco spesso non riesco nemmeno a coprire le spese di telefono, gli spostamenti e il tempo perso». Un degrado della condizione del giornalista precario che al Gazzettino di Vicenza ha colpito in particolar modo. «Sono stati mesi molto difficili. Oltre alla Laura Pilastro è praticante free-lance riduzione dei compensi e alla chiusura della redazione vicentina, si è aggiunto anche il nuovo formato tabloid. Ora lo spazio da riempire è molto ridotto e i pezzi più redditizi da oltre tremila battute sono quasi un miraggio». E così non resta che cercare un altro lavoro per arrivare a fine mese. «Ho sempre abbinato al giornalismo un impiego part-time in uffici stampa per avere maggiore sicurezza economica. Da questa estate però l agenzia di comunicazione dove lavoro mi ha chiesto maggiore disponibilità. E così continua Laura - demoralizzata dalla situazione di stallo al Gazzettino, ho ridotto la collaborazione con il quotidiano. Se prima scrivevo in media due articoli al giorno, ora ne invio pochi a settimana. È solo grazie allo stipendio dell'agenzia se vivo e riesco a mantenermi da sola». Sconforto e umiliazione però non bastano a spegnere l entusiasmo per un mestiere dinamico e avvincente come quello del giornalista. «Ho pensato più di una volta di mollare tutto ammette Laura Pilastro ma non sono convinta di questa scelta. Finora mi ha sostenuto l amore per questa professione che spero di poter continuare in altre condizioni». La speranza infatti è l'ultima a morire e il mestiere del collaboratore giornalistico nasconde, secondo la ragazza, nuovi orizzonti da esplorare. «La figura del free-lance sta prendendo sempre più piede nel mondo dell'editoria. Per questo credo che il futuro del giornalismo sia legato al riconoscimento dei diritti di questa professione». Poco importa poi se a veicolare la notizia sarà un foglio di carta o lo schermo del pc. «Non so se la carta stampata morirà. Forse col passare degli anni diverrà supporto di approfondimento ad altre piattaforme. Il futuro dell'informazione - continua Laura Pilastro - sta sul web grazie al dinamismo, all'immediatezza e alla facilità di fruizione garantiti da internet. Lo testimonia anche la scelta di molti editori esteri che hanno chiuso i battenti e si sono trasferiti in rete». Non tutto è perduto dunque. «Se tornassi indietro - ammette la giovane - rifarei le stesse scelte perché sono testarda e soprattutto perché ho sempre agito spinta dalla passione. Nel bene e nel male questa esperienza mi ha insegnato molto». Via libera quindi all'istinto. Anche se, pensandoci un po' su, una regola aurea da non dimenticare mai ci sarebbe...«chi è determinato a diventare giornalista deve cercare degli spazi propri, capire di cosa vuole scrivere e scavarsi una nicchia. Il futuro conclude Laura Pilastro - è un specializzazio- giornalismo di ne». (l.s.) contrattuale. Non vogliamo piangerci addosso. L'idea è di dare un ordine di grandezza al disagio, capire quali sono le emergenze dei colleghi e quindi avviare un'azione sindacale efficace». Che origine ha il gruppo Refusi? «L'organizzazione, che oggi ha superato i 200 iscritti, nasce nell'ambito del Sindacato dei giornalisti del Veneto. Considerato che sempre più colleghi faticano a sbarcare il lunario, l'idea di un gruppo auto-organizzato è venuta naturalmente. Il primo atto ufficiale di Refusi risale allo scorso maggio, nell'ambito di un'assemblea alla fiera di Padova cui parteciparono circa 150 colleghi veneti. In ottobre, quindi, la nascita formale del direttivo». Qual è l'identikit del precario iscritto a Refusi? «Si va dal collaboratore con vent'anni di esperienza alle spalle fino a quello che ha cominciato da pochi anni e sta diventando pubblicista. L'età media sulla trentina - è relativamente bassa. La maggior parte degli iscritti fa il giornalista di mestiere, una buona fetta ha superato l esame di stato ed è professionista. Alcuni riescono a mantenersi con le collaborazioni, molti però sono costretti a rimanere a casa con i genitori o a convivere con altre persone per arrivare a fine mese». Qual è l obiettivo di Refusi? «Ottenere più chiarezza a livello contrattuale aprendo una trattativa con gli editori. Ci interessa che vengano riconosciuti dei supporti concreti, rimborsi e forme di minima tutela per il collaboratore. In fondo è nell interesse di tutto il settore superare questa crisi. Il malessere dei FUTURO L informazione locale sopravviverà la notizia vicina a noi è più interessante collaboratori infatti si traduce in un indebolimento generalizzato». La condizione dei collaboratori si è aggravata ultimamente? «Rispetto all anno precedente il 2009 è stato più difficile. La tendenza al calo nei pagamenti è un dato di fatto. Ora il precario è costretto a fare più lavori per sbarcare il lunario. E la situazione si aggrava nel- volo con la nostra categoria, sarebbe pericoloso per loro». Come avete reagito al recente sciopero dei collaboratori del Gazzettino di Vicenza? «Abbiamo espresso solidarietà ai colleghi vicentini attraverso una nota ufficiale. Più dello sciopero singolo però credo sia utile ragionare in termini ampi e condivisi. Personalmente non sono molto affascinato dal gesto dannunziano dello sciopero. Ma per raggiungere il nostro obiettivo faremo tutto ciò che è utile. Se ci saranno mobilitazioni in futuro le decideremo di volta in volta». Qual è il futuro della carta stampata? «Non credo che la scomparsa della carta stampata sarà così rapida come alcuni vogliono farci credere. Inoltre l informazione locale è destinata a sopravvivere. La notizia infatti diventa tanto più interessante quanto più è vicina al lettore. In ogni caso è fondamentale continuare a investire nella formazione professionale». Meglio la formazione fai da te o quella offerta dalle scuole di giornalismo? «La formazione sulla strada ha un valore impagabile. Le scuole di giornalismo dall altro lato hanno la loro importanza, anche se sono un investimento pericoloso». Cosa risponde a chi accusa i giornalisti di aver perso lo spirito di ricerca della notizia? «Finché ti pagano un sacchetto di caramelle per articolo». Un consiglio a chi decide di intraprendere questa professione? «Di pensarci bene. La fregatura è che è un bel mestiere». Giornalista per passione «Fortuna che ho un altro lavoro» La ricerca della notizia, un mestiere da svolgere nei ritagli di tempo PADOVA «A volte mi chiedo perché lo sto facendo. La risposta è per passione. Potrei farlo anche gratis ora che ho un altro lavoro che mi dà da vivere. Peccato richieda impegno, energia e tempo che spesso non avanzano». Per Francesco Casoni, 29 anni, iscritto al registro dei pubblicisti del Veneto, quello del collaboratore è più un hobby che un lavoro. L'altra metà della sua vita, quella che gli permette di vivere da solo ed essere autonomo è scandita dagli impegni al Centro Servizio Volontariato di Rovigo dove lavora come addetto stampa con contratto a tempo indeterminato dall'ottobre del Una vera benedizione a detta del giovane che aveva già collezionato una serie di collaborazioni giornalistiche ai limiti dello sfruttamento. Dopo l'esperienza da precario al quotidiano La voce di Rovigo e nei mensili La città e La Piazza, è arrivato il lavoro al Corriere del Veneto. «Quando ho iniziato, impegnato anche con un contratto a progetto al Centro Servizio, scrivevo un articolo al giorno. Ora il tempo libero è molto limitato: ho ridotto la collaborazione a un paio di pezzi a settimana». Un cambiamento che comunque non ha influito granché nelle tasche del ragazzo: «Il massimo che ho guadagnato al Corriere del Veneto è stato di 600 euro in un mese. E dal 2007 a oggi nulla è cambiato: il costo della vita cresce, gli stipendi invece no. Questo è il vero problema». Senza contare le prospettive di crescita praticamente nulle. «In qualsiasi posto di lavoro dopo un paio d'anni ci si aspetta di avere un ritorno economico maggiore. Io da due anni attendo ancora risposta in merito al rimborso delle spese telefoniche». E nonostante tutto, quello del collaboratore giornalistico è un mestiere che attira ancora molti Francesco Casoni è pubblicista giovani. «Preferisco collaborare dall'esterno che restare in redazione a fare desk - continua Francesco - girando per le strade posso parlare direttamente con le persone e vedere le cose mentre accadono. È questo il vero modo di fare giornalismo». Due diverse mansioni all'interno dello stesso giornale, due figure quella del collaboratore e quella del redattore che spesso procedono su binari paralleli. «Tra redazione e precari manca la coesione. Entrambi faticano a comprendere i problemi degli altri. Non c'è una vera e propria collaborazione, anche se poi alla fine siamo tutti sulla stessa barca». Scarsa la coesione anche con i colleghi dello stesso rango, come ha dimostrato il recente sciopero dei collaboratori del Gazzettino di Vicenza. «Ho saputo la notizia tardi e questo è sintomatico del fatto che ci muoviamo ancora per gruppetti. Il problema spiega Francesco Casoni è che tra i collaboratori, proprio perché precari e quindi terrorizzati dalle eventuali ritorsioni, non si riesce neppure a parlare di sciopero. L'argomento è tabù». Ma per il giovane rodigino la questione va affrontata comunque: «Più logico sarebbe organizzare uno sciopero unitario. Io sono favorevole anche a forme radicali come lo sciopero non preannunciato. Forse avrebbe maggiore efficacia». La strada però è ancora lunga. «È già stata una grazia riuscire a mettere in piedi un coordinamento di free-lance precari veneti come Refusi. Non mi pare che la categoria dei giornalisti brilli per coscienza professionale». Disilluso e un po' amareggiato Francesco Casoni non risparmia pessimismo neppure parlando del futuro dell'editoria. «Se la tendenza è di svilire il lavoro dei collaboratori a lungo andare si rischia di avere giornali fatti di comunicati stampa ribattuti. Lo scadimento di qualità nell'informazione è già evidente». Quanto ai collaboratori, secondo il ragazzo la categoria non è ancora destinata a sparire. «Nella migliore delle ipotesi si creerà un continuo turn-over di precari. Si rischia così di perdere persone con anni di esperienza alle spalle. Collaboratori in grado di offrire al giornale una qualità superiore dell'informazione». Contro il degrado del sistema quindi non resta che investire nella formazione e nella professionalità. «È molto importante che ci siano delle scuole di giornalismo. Il loro compito è quello di trasmettere un bagaglio di conoscenze che altrimenti rimarrebbe legato al talento e all'esperienza di singoli individui». Ripartire dai banchi dunque per salvare il mestiere. «Una delle pecche del giornalismo, almeno per come è stato fatto finora, è la mancanza di una vera e propria professionalità in continuo aggiornamento». (l.s.)

5 L_ink ibile o 18 FEBBRAIO 2010 Speciale Veneto e informazione 5 L e d i t o r e. Alessandro Zelger (Athesis) indica il futuro del giornali locali: «Facili e di servizio» «Scendiamo dal piedistallo» «Più rapporto con i lettori e presenza sul territorio per uscire dalla crisi» LETIZIA PASCALE VERONA «Sapevamo che prima o poi sarebbe arrivata. Solo è successo prima del previsto a causa della crisi economica». La valanga che ha travolto il mondo dell'editoria, Alessandro Zelger, consigliere delegato del gruppo editoriale Athesis, la stava aspettando. Dal suo osservatorio privilegiato, sulla poltrona più alta di un impero che comprende testate come il Giornale di Vicenza e L'Arena di Verona, l'aveva visto. Internet, free press, multimedialità: i cambiamenti erano troppi e troppo veloci perché i giornali potessero uscirne indenni. «Un nuovo modello di business anche per la carta stampata era inevitabile. Certo, se ci fosse stato qualche anno in più per poterlo attuare si sarebbero evitati tutti questi stravolgimenti». Ma la crisi economica ha accelerato tutto. E ora di stravolgimenti ce ne sono eccome. Quanto è grave questa crisi e come sta cambiando il mondo dell'editoria? «Il momento è veramente molto, molto difficile. Perché a una crisi del modello di editoria della carta stampata, si è aggiunta la crisi economica mondiale, che ha avuto riflessi immediati sul fatturato pubblicitario. Questa situazione costringe gli editori ad accelerare dei cambiamenti nei loro prodotti. Per la verità può anche essere un bene perché chi è più bravo alla fine si troverà meglio, ma sta causando anche molte difficoltà. Quando cala in maniera brutale il fatturato, perché cala una voce importante come la pubblicità, infatti, il riequilibrio delle aziende va fatto con interventi importanti sui costi». Quanto crede durerà ancora questa situazione? «Io credo che ai livelli di prima non si tornerà più. Certo, si ricomincerà a crescere ma nel frattempo saranno cresciuti anche gli altri media. Internet, che ora fa ancora poco fatturato, va seguito e guardato con molta attenzione perché è quello che presumibilmente nel tempo avrà il maggiore sviluppo D I G I TA L E Significherà più lavoro e investimenti ma ritorno incerto Alessandro Zelger, consigliere delegato del gruppo editoriale Athesis mentre gli altri si assesteranno su livelli che non saranno più quelli di prima». Anche il vostro gruppo ha avuto qualche difficoltà «Sì, il 2009 è stato un anno decisamente non positivo, soprattutto per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria. Negli ultimi 10 o 15 anni siamo sempre cresciuti come pubblicità. Invece l'anno scorso abbiamo avuto una flessione a due cifre percentuali quindi molto importante, dovuta molto alla pubblicità nazionale che non dico sia sparita ma si è ridotta moltissimo». Le vendite invece sono rimaste costanti? «C'è stata una leggera diminuzione, ma non preoccupante. Abbiamo un trend che certamente non è di crescita rispetto agli anni passati ma è di flessione molto leggera». Voi avete firmato al ministero del Lavoro l'accordo relativo allo "stato di crisi" aziendale. Perché questa scelta? «Per l'editoria lo stato di crisi viene identificato dalla tendenza, non dai risultati. I nostri risultati, infatti, sono sempre rimasti positivi. Ma per dichiarare lo stato di crisi basta che ci siano una serie di indicatori, nel nostro caso la pubblicità, che fanno prevedere che i risultati di positività possano cambiare segno. Lo stato di crisi consente di utilizzare degli ammortizzatori particolari per l'editoria, come il prepensionamento». LA SITUAZIONE È un momento molto difficile, non si tornerà più ai livelli di prima I N T E RV E N T I Necessaria una riduzione dei costi e la riorganizzazione dei giornali G I O VA N I Non è un buon momento ma loro hanno delle carte in più Quanti sono stati i prepensionamenti nel vostro gruppo? «Tra Verona e Vicenza mi pare 14 su una forza lavoro di circa 80 persone. Ma hanno riguardato solo quelli che avevano la possibilità di andare, neanche uno in più. E poi si tratta di interventi non drammatici. Certo, collocano giornalisti in pensione prima del 65esimo anno di età, ma con retribuzioni molto paragonabili a quelle che avrebbero avuto lavorando». E insieme ai prepensionamenti c'è anche un blocco delle assunzioni? «Sì, è una regola di comportamento. Se l'azienda lascia a casa gente accedendo a degli ammortizzatori che hanno un costo sociale, non può poi farne entrare altra che costa meno. Ci si deve organizzare con quelli che si ha per la durata del piano, che è di due anni». Non si rischia che ne escano impoverite le redazioni? «Beh ci deve essere una riorganizzazione della redazione, che è anche una riorganizzazione del prodotto. Qui è il direttore più che l'editore che deve fare la sua parte. L'editore gli dice "questa è la forza lavoro che hai a disposizione" ma gli dice anche "con questa forza lavoro devi fare un giornale più bello di prima", perché dietro a questi piani c'è una necessità di rilancio, non si riducono solo i costi». E voi come avete intenzione di rilanciare i vostri prodotti? «Puntando sulla nostra specificità caratteristica: noi siamo giornali locali e dobbiamo forzare sempre più il localismo. Dobbiamo arrivare fin negli angoli della provincia e così contribuire alla creazione di quelle cose che poi su internet vanno per la maggiore che sono le comunità di interessi. Il giornale, infatti, continua a svolgere un ruolo importante ma in modo diverso da internet. Bisogna imparare a convivere con il web». Come si può fare? «Semplicemente svolgendo due ruoli diversi. Internet lancia il primo flash e il giornale approfondisce. Ma soprattutto internet consente un dialogo molto più veloce col territorio. Oggi non si può più pensare di andare avanti con le lettere al giornale. Questo è tipico di un giornalismo dall'alto verso il basso, di un giornale che si mette sul piedistallo. Noi dobbiamo assolutamente scendere da questo piedistallo e accelerare le relazioni col nostro territorio. E diventare un giornale di servizio». Cioè? «Un giornale facile. Bisogna prendere atto che siamo in una società in cui c'è poco tempo, si è sempre di fretta. Quindi dobbiamo costruire relazioni facili con i nostri lettori e giornali sempre più vicini alle loro esigenze, anche nell'impostazione grafica: il boxino che fa il riassunto, la fotografia. Così anche dando solo un'occhiata il lettore capisce già cosa è successo. È un giornalismo molto diverso da quello che si faceva anni fa, di lettura, di approfondimento. Ora dobbiamo fare l'approfondimento su temi selezionati. Però sul grosso delle notizie ci vuole molto servizio, molta semplificazione e molto dibattito sul territorio». Vista la situazione oggi non ci sono chance per i giovani che sperano di entrare nel mondo del giornalismo? «Beh, di sicuro non è un buon momento, però può esserlo a breve perché il giovane ha delle carte in più. Proprio perché viene da un recente contatto con l'università, con la scuola, col mondo giovanile porta un'esperienza più nuova rispetto a chi lavora da 20 anni all'interno di una redazione e si è formato in una società completamente diversa. Il giovane sa usare internet, sa quali sono le specificità del mezzo». Voi avete collaboratori? Come vi regolate con loro? «Ne abbiamo tantissimi. Alcune centinaia. Saranno 300 o 400 contro circa 110 giornalisti assunti tra Verona, Vicenza e Brescia. Noi cerchiamo di contrattualizzare tutti i collaboratori precisando bene cosa fanno. Non facciamo fare a un collaboratore il lavoro che farebbe una persona dipendente chiamandolo collaboratore e quindi giocando sui nomi. Ognuno sa quello che gli si chiede e quello che gli si può dare. Poi può accettare o non accettare ma non creiamo illusioni». Eppure si sentono molte storie di giornalisti costretti a vivere per anni di collaborazioni sottopagate e precariato nella speranza di un'assunzione... «Questo non ci riguarda. E non solo non è ammissibile, ma non è nemmeno corretto sul piano etico. Noi abbiamo addirittura impedito l'accesso al collaboratore nelle redazioni per evitare che si creassero situazioni del genere. In linea di massima un collaboratore sa di rimanere tale. Poi è ovvio che se capitasse la possibilità di un'assunzione si va a cercare prima tra giornalisti che già si conoscono, quindi anche tra i collaboratori». I piani di Filippo Jannacopulos per l emittente Rete Veneta «Entro quest anno saremo in tutte le città del Veneto» PADOVA Non hanno mai sentito parlare di co.co.co, non sanno cosa sia un co.co.pro, né si sono mai sentiti proporre un contratto a termine. Disoccupati? Tutt'altro. Assunti. E a tempo indeterminato. Sembra impossibile eppure è proprio così: se sei un giornalista e lavori a Rete Veneta, significa che in tasca hai un contratto a tempo indeterminato. Parola di Filippo Jannacopulos. L'editore dell'emittente televisiva veneta ha le idee chiare sulla sua squadra e sui rapporti di lavoro che devono regolarla. «La mia è una posizione personale - spiega - nel settore giornalistico preferisco avere dei dipendenti, con cui ci sia un rapporto ben definito fin dall'inizio, piuttosto che una pletora di collaboratori con cui non c'è chiarezza né da una parte né dall'altra». Insomma o tempo indeterminato o niente. Un caso più unico che raro in un mondo in cui, sempre più spesso, l'assun zione arriva, se arriva, dopo anni di collaborazioni sottopagate e contratti a termine. Ma guai a parlargli di eccezione, questa per lui è la strada più normale: «Uno che entra da noi fa una scelta, sposa un progetto e quindi se ne assume sia gli obblighi che Filippo Jannacopulos editore dell emittente Rete Veneta le soddisfazioni e i diritti, come è giusto che sia». Una scelta non solo etica, ma anche pratica. La scelta di un imprenditore che vuole gestire la sua azienda nel modo più produttivo. Ingegnere e appena 33enne, Jannacopulos è arrivato all'editoria quasi per caso e continua a mantenere il pragmatismo di un editore non puro. Per quanto l'avventura dell'editoria lo appassioni, infatti, continua a considerare la sua tv prima di tutto un'azienda da far fruttare. «Si tratta di lavoro, di sviluppare business». E per ora ci sta riuscendo bene. Con 55 dipendenti, una ventina di giornalisti (tutti giovanissimi) e quattro redazioni di tg locali, l'emittente televisiva gode di ottima salute. E, in un 2009 nero non solo è riuscita ad evitare i tagli, ma anche ad espandersi. Ai tg di Bassano e Treviso, si sono aggiunti quelli di Venezia e Padova. «Abbiamo incrementato l'organico - racconta Jannacopulos - e di poco anche il fatturato. Quindi abbiamo fatto una crescita significativa». Ma non basta: «entro la fine del 2010 puntiamo a coprire tutte le città capoluogo di provincia con un telegiornale locale». In pratica si sta lavorando sulla nascita di altre quattro redazioni: Vicenza, Verona, Rovigo e Belluno. Un progetto sicuramente ambizioso, soprattutto se paragonato ai ridimensionamenti che tante imprese editoriali sono costrette ad affrontare in questo periodo. Ma reso possibile, spiega l'editore, dalla qualità dell'offerta. «Se tu ampli l'informazione e dai qualità, hai ascolti - è convinto - e se hai ascolti, hai anche la possibilità di espandere la tua clientela». Ma se i progetti sono tanti, non manca neanche qualche problema. «Difficoltà ci sono e tantissime», ammette realistico Jannacopulos. Ad esempio un calo della pubblicità sempre più evidente. Da questa situazione, però, Rete Veneta è riuscita ad uscire quasi indenne aprendosi a due mercati, quello veneziano e padovano, in cui prima era poco presente. E tra gli ostacoli da superare c'è anche l'arrivo del digitale terrestre. Entro ottobre 2010, infatti, tutto il Veneto dovrà passare per legge alla nuova tecnologia. E il lavoro per adeguarsi è già cominciato: «lavoriamo alacremente da un paio d'anni», spiega. Ma nonostante l'emittente non sia impreparata, il salto continua a spaventare. «Ci saranno molti investimenti tecnologici con scarse possibilità di rientro. Lo dico sempre io: ci fanno investire per legge. Dal punto di vista dei contenuti si dovrà produrre molto di più. Insomma più lavoro, molti investimenti e ritorno incerto». Ma con più lavoro, forse, ci sarà anche più spazio per chi vuole provare ad entrare nel mondo del giornalismo televisivo. Non sarà comunque facile, ammette Jannacopulos, perché «in questo momento non sono tante le tv locali che assumono». E per chi vuole La sala di regia di una televisione tentare, mette in guardia, c'è un prerequisito fondamentale: essere completamente autonomi dal punto di vista tecnico. «Bisogna assolutamente sapere usare la telecamera e conoscere un programma di montaggio. Ormai la professione del giornalista è quella del video reporter. Se si è bravi e si ha una buona conoscenza degli strumenti tecnici non ci saranno grossi problemi. Altrimenti non esiste la minima possibilità». (l.p.)

6 6 Speciale Veneto e informazione L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 CARTA STAMPATA I DIRETTORI La ricetta dei giornali locali contro la crisi? Riscoprire la vocazione sul territorio tenendo sempre un occhio sul mondo Il direttore del Mattino, Omar Monestier, consiglia ai giovani più collaborazioni «Basta con i giornali fotocopia Oggi serve più originalità» ALESSIA GALEOTTI PADOVA Profezie apocalittiche o meno sulla carta stampata, morirà? «Nessuna profezia apocalittica. Sono convinto che sia iniziata una nuova stagione per l'informazione. Basta giornali fotocopia, basta giornali che vivono sulle agenzie, basta giornali che vivono solo di collaboratori. Repubblica ha affrontato la crisi in maniera determinata, ha ricostruito tutto il giornale, cambiandone i contenuti e stravolgendo l'impostazione. Ora è un giornale più critico, più combattivo, esattamente come vogliono i lettori». E la ricetta per i giornali locali? «Non so come se la caveranno i miei concorrenti ma so quello che ho detto alla mia redazione, ovvero che voglio un giornale diverso, che non abbia paura di fare scelte originali. Sono contrario alla logica del pensiero unico che ci fa aprire tutti con la stessa notizia. Bisogna avere il coraggio di accorciare le conferenze stampa, che sono ciò con cui vengono riempiti i telegiornali locali e molta stampa gratuita, di tornare a fare inchieste e denunciare». Come affrontare la crescente concorrenza del web? «Noi non siamo in competizione con Internet perché non diamo quelle informazioni. Se consulto sull'i-phone il sito di Repubblica o del Corriere troverò i primi cinque titoli uguali: Iran, Afghanistan, Berlusconi, Bertolaso, l'incidente ferroviario mortale. Ma nessuno di loro avrà Solesino, Monselice, Cittadella, il sindaco Zanonato... Noi dobbiamo riscoprire la nostra vocazione sul territorio, continuando ad avere un occhio anche sul mondo, naturalmente. Bisogna stare più attenti a quello che abbiamo vicino, è questa l'unica maniera che abbiamo per difenderci». Quanto pesa la crisi economica sulle tirature del Mattino? «Il nostro giornale non sta vivendo nessuna crisi. L'anno scorso abbiamo chiuso in sostanziale tenuta delle copie rispetto all'anno precedente, un risultato eccellente riferito al contesto attuale. C'è da dire, però, che il nostro è un giornale molto forte, molto radicato e questo ci ha aiutato. Inoltre la redazione ha lavorato molto per offrire un prodotto diverso rispetto ai concorrenti, per qualificarsi in questo momento di difficoltà». Ci sono stati licenziamenti o prepensionamenti? «Né uno, né l'altro. Diciamo che abbiamo portato a casa la pelle meglio di tanti altri. Non credo che le crisi siano portatrici di male, a volte fanno bene: aiutano il mercato a controllarsi, a espellere i prodotti più deboli. Questo non è stato il nostro caso. Comunque il primo semestre di quest'anno, secondo le previsioni, sarà peggiore rispetto a quello che ci siamo lasciati alle spalle, per cui non me la sento di dire che va tutto bene». Il precariato nel mondo dei giornali: un problema risolvibile? «Il precariato esiste in questa fase perché ci sono molti operatori che si offrono sul mercato e quindi, essendo tanti, non hanno un grande valore. Una volta superata questa fase di difficoltà, in particolar modo del mercato pubblicitario, la tendenza sarà di avere dei professionisti sul territorio. Professionisti contrattualizzati ma non articoli 1. Quando si realizzeranno le condizioni per un'adeguata struttura contrattuale e remunerazione, quelli che oggi chiamiamo precari diventeranno liberi professionisti». Qual è il peso dei collaboratori all'interno di un giornale? «I collaboratori sono importan- CHI È Omar Monestier, 46 anni, sposato e con quattro figli, è direttore de Il Mattino di Padova dal Ha iniziato la sua esperienza giornalistica collaborando con il Gazzettino di Belluno, la sua città d origine. Nel corso della sua carriera ha lavorato come caporedattore a Il Mattino di Bolzano e all Alto Adige di Trento. Dei due anni trascorsi in Trentino-Alto Adige conserva un piacevole ricordo. Nel 2000 ha seguito a Padova l allora direttore dell Alto Adige Fabio Barbieri, nominato direttore de Il Mattino. Monestier ha assunto la direzione del quotidiano padovano dopo la morte di Barbieri, avvenuta nel giugno del Omar Monestier direttore del Mattino di Padova dal 2005 P R E C A R I AT O Troppi giornalisti sul mercato non hanno un grande valore C O L L A B O R AT O R I Sono contrario ai giornali scritti solo dai collaboratori SCUOLE Vorrei un corso di laurea in giornalismo anziché il master ti. Ci sono giornali che si reggono esclusivamente su collaboratori, che non esisterebbero se non ci fossero collaboratori. Non è il mio caso. Sono assolutamente contrario ai giornali fatti da collaboratori e ce ne sono molti. Questo accade sia per volontà dell'editore, che spesso preferisce avere una piccola redazione molto forte e che organizza gli esterni che scrivono, sia per volontà della redazione stessa, che spesso trova più pratico e comodo sbolognare ai collaboratori attività che si potrebbero svolgere con una chiamata in più dal desk». Può fare un quadro della situazione dei collaboratori del Mattino? «Sono circa duecento, un numero molto alto per un giornale così piccolo. A partire da quelli che hanno un'altissima frequentazione, cioè che scrivono almeno un pezzo al giorno, a quelli che scrivono un pezzo ogni due, tre mesi. Non c'è una tariffa standard, nessuno può essere valutato alla stregua di un altro. Non uso un tariffario e francamente, anche se ce lo avessi, non lo direi». Scuole di giornalismo e master: solo "fabbrica di disoccupati"? «Sono convinto che i giornalisti debbano avere una formazione, sarei più contento se ci fosse una laurea in giornalismo piuttosto che un master. Il corso di scienze della comunicazione non forma giornalisti, come pensano molti ragazzi, si diventa comunicatori. L'università si è lavata la coscienza istituendo il master: non per formare dei giornalisti, ma per aumentare l'offerta formativa e, credo, trovare uno stipendio ad alcuni dei suoi dipendenti. Io non l'ho frequentato e non vi ho nemmeno insegnato, però ho avuto alle mie dipendenze, come collaboratori, alcuni ragazzi del master, e non ho nulla di cui lagnarmi. Noto soltanto che chi fa il master si trova raramente poi nella condizione di fare il giornalista alla fine». E allora qual è la strada giusta da percorrere per un giovane che vuole approcciarsi al mestiere? «Purtroppo in assenza di un disegno legislativo l'unica via è il master, per chi se lo può permettere economicamente. L'alternativa, quella che ho praticato io e molti colleghi, è cominciare a collaborare con un giornale, pagati, fino a quando si aprono gli spazi per essere assunti». Ma non ci sono più giornali che assumono e fanno fare il praticantato «Quando ho iniziato il caposervizio mi disse: "tu prova ma non c'è nessuna possibilità, non ti assumeremo mai". Sono diventato direttore quindi può farcela anche qualcuno di voi». I precari FUTURO diventeranno liberi professionisti CRISI Al Mattino la situazione è migliore che in altre testate «Se ci credi, vai a Ugo Savoia del Corriere del Veneto : CHIARA SANTATO PADOVA Ugo Savoia è nato nel 1954 a Milano. Lavora per il Corriere della Sera dal 1990, dove ha ricoperto tra gli altri gli incarichi di vicecapocronista e caporedattore all'ufficio centrale. Nel 2000 ha fondato il Corriere on-line che ha guidato fino all'estate Nello stesso anno è diventato direttore del Corriere del Veneto. Quando è iniziata la sua carriera? «Ho iniziato nel 1979 collaborando con "La Notte" di Milano. Mi sono presentato al caposervizio del Turismo e mi ha detto lui cosa fare. Non avevo assolutamente idea di come muovermi e dopo due o tre mesi di galoppinato, senza scrivere nulla, hanno pubblicato il mio primo pezzullino: trenta righe con una sigla, mi pareva un editoriale del NY Times per il piacere che mi ha dato. Ho avuto fortuna. Mi accorgo che apparentemente oggi ci sono più possibilità perché allora non c'era tutto questo fiorire di giornali, radio, periodici e tv. Sarà perché sono capitato in una curva di ricambio generazionale particolarmente fortunata ma in un anno sono stato assunto». Quale futuro vede per i suoi collaboratori? «Intanto è una questione di numeri. Ci sono migliaia di persone che fanno corsi, master, specializzazioni, ecc...c'è una richiesta dal basso che è mostruosamente più alta rispetto al passato. Da 30 anni è in atto una revisione al ribasso. Con l'ingresso delle nuove tecnologie c'è stata una contrazione notevole delle persone che stanno in redazione, e non solo. Anche di quelle che lavoravano alla fattura di un giornale, i poligrafici e i tipografi. Poi, dipende dalla motivazione che ognuno di noi ha dentro. Se ci credi, fallo fino in fondo e buttati, attaccati a ogni cosa. Da quando siamo in edicola abbiamo assunto circa 37 persone e di questi tempi è grasso che cola. Ho dei bravissimi collaboratori che assumerei anche ora ma non posso. L'editore non mi dà la possibilità di ampliare gli organici». Quanti sono i vostri collaboratori e quanto vengono pagati? «Per i pezzi oltre le 35 righe paghiamo 25 euro più i rimborsi, come la telefonata o il viaggio in macchina. Sotto le 35 righe sono 15 euro, le brevi circa 5 euro». Nel 2002 vi proponevate di far riflettere, non potendo contrastare sulla cronaca Mattino e Gazzettino. Ci siete riusciti? «Il nostro giornale è pensato per una borghesia metropolitana, che non vive solo in città ma anche a Limena o a Trebaseleghe, che però è abituata a viaggiare, a vivere nel mondo, e che non si chiude nel suo paesino e va solo al cinema della parrocchia. Se dovessi parlare di altre prospettive per il giornale oggi, lo popolarizzerei un po. Amplierei la parte dedicata alla provincia, che tiene ancorata al territorio. Non è il nostro core business ma serve per tenere attaccato il lettore. Per quanto riguarda editoriali e servizi, abbiamo un riscontro quotidiano e significativo». Le vendite come vanno? «Nel 2009 abbiamo perso il 2%, una frenata che non ci spaventa. Ma fino al 2008 le vendite sono cresciute a piccoli passi, come deve essere, non credo nelle fiammate. Il gesto del comprare il giornale deve essere una cosa sentita ogni giorno: metto lì un euro e porto via con me una visione del mondo, nella quale mi riconosco». Lei ha fondato il corriere.it. L'on line può essere una soluzione per la crisi della carta stampata? «Il giornalismo è giornalismo, punto. E una notizia è una notizia. Il problema è come si trattano le notizie. Continuo a pensare che l'on line non sottragga spazio alla carta perchè sono due modi diversi di approcciare. L'on line ha un grandissimo vantaggio: il giorno dopo puoi vedere quante persone, cosa hanno cercato, quanti minuti hanno letto, e quanto si è attirati dalle sottosezioni perchè il bisogno di informazioni on line è molto superficiale. Secondo, non siamo ancora arrivati alla divaricazione tra le due forme di giornalismo perché tutti i siti si appoggiano ancora molto alla carta. Finché I vecchi ferri del me stanno per essere b dal mondo dell o (foto Molly S

7 Speciale Veneto e informazione L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO L on line potrebbe essere il futuro, a patto che ci siano investimenti. Intanto i giovani aspettano maggiore dinamicità CARTA STAMPATA I DIRETTORI Roberto Papetti del Gazzettino spiega la contraddizione del mondo giornalistico «Un sistema molto garantista soltanto con chi è all interno» ODG C è stata un ingiustizia e farò di tutto per risanarla INTERNET Per me funziona come un Pronto Soccorso avanti e buttati» CHI È Roberto Papetti è nato a Bergamo il 15 febbraio Ha iniziato la carriera come collaboratore nel 1985 al quotidiano BergamoOggi. Giornalista economico-finanziario, ha lavorato a Gente-Money. In seguito ha lavorato al mensile Capital di cui è diventato caporedattore centrale. Nel 1994 ha assunto la vicedirezione del settimanale il Mondo (gruppo Rcs) per poi passare al Corriere della Sera come caporedattore della sezione economia. Dal 2001 al 2006 è stato vicedirettore del Giornale diretto da Maurizio Belpietro. Ha assunto la direzione del Gazzettino alla fine del luglio 2006, dopo quella di Luigi Bacialli. Roberto Papetti d i re t t o re de Il Gazzettino dal 2006 «Il giornalismo mi diverte ancora» estiere battuti on line? y Sauter) MODELLI Aperto e dinamico grande esempio il Giorno di Guglielmo Zucconi ON LINE La competizione è tra tv e giornali non so se arriveremo alle redazioni on line Non CONCORRENZA giudico se fanno bene o no non mi riguarda sono fatti loro non ci sarà la possibilità per una testata on line di muoversi in modo autonomo, non si potrà fare il paragone». L'on line allora può essere un modo per impiegare i giovani? «Può essere. Non ho certezze in questo momento e per questo campo. Quando ho visitato il New York Times per fondare il corriere.it, c erano 250 collaboratori. Oggi sono 50. Fare informazione costa. Fare informazione di qualità costa ancora di più. Se devo dare le informazioni gratis taglio via via sempre di più, finché mi occupo solo di cose grosse e sfrutto la sinergia con la carta. Il problema è sempre il mercato. Oggi non si scappa. Posso partire con grandi numeri ma poi devo ridurre organico e offerta di notizie. Oppure devo avere ritorni pubblicitari mostruosi. Oggi non sono in grado di dire cosa sarà, magari tra dieci anni cambia tutto. Poi dobbiamo considerare che negli ultimi due o tre anni l'italia è l'unico Paese ad aver diminuito la quota di persone che si informa leggendo dal web. E' strano. E poi, come dieci anni fa, il picco di utilizzo è tra le 9 e le 18, orario di ufficio. A casa si accende la tv. Magari tra 10 anni ci sarà un totem tecnologico che raccoglierà tutto. A quel punto sarà un'abitudine non solo dire cosa c'è in tv ma anche navigare sui siti dei quotidiani». Quando arriveremo alle redazioni on line? «Non so se ci arriveremo. E' più facile che si arrivi a una integrazione delle varie piattaforme che si riconoscono in un brand. Per esempio, il Corriere avrà il cappello principale nazionale e internazionale, poi ci sarà la tv, la radio, l informazione mobile sui cellulari». Quindi è una questione culturale... «Certo. In Italia siamo molto indietro». Come sta lavorando l'informazione televisiva veneta? «Ho visto dei grossi miglioramenti. Bisogna però distinguere: c'è l'imprenditore che ci crede e investe, assume persone e fonda delle redazioni nelle città importanti. Ma non sono molte le persone che ragionano Ugo Savoia, dal 2002 è direttore del Corriere del Veneto in questi termini». E per la carta stampata, Mattino e Gazzettino? «Sono giornali che soddisfano un bisogno di informazione locale. Se lavorano bene o male questo è un altro discorso, che non mi interessa fare. Sono problemi loro». Ha un modello di giornale al quale si ispira? «Mi piace il Corriere perché si sforza di fornire informazione di qualità nei settori di interesse del pubblico. Andando indietro, a parte la nascita di Repubblica che si poneva in modo diverso e giovane, era interessantissimo Il Giorno di Guglielmo Zucconi, padre di Vittorio. Era un grande giornalista perché aveva la capacità di sintonizzarsi sulle curiosità e sui bisogni delle persone. Sul Giorno si trovava la grande firma ma anche pagine di scienza. Era un'informazione scoppiettante e aperta, è quello che in teoria cerchiamo di fare noi. Sfogliando un giornale si capisce se chi lo fa si diverte a farlo. E lo capisce anche chi lo legge». Lei si diverte ancora? «Sì, mi diverto ancora». REGOLE Attento ai bisogni dei lettori autorevole verso i giornalisti Anzichè CAMBIAMENTI stare fermi ho preferito rischiare MESTRE Qual è lo stato di salute del Gazzettino? «Con un ritardo di molti anni sta cercando di cambiare. Il Gazzettino appartiene a quella categoria di giornali cosiddetti regionali che una volta, cioè fino alla metà degli anni 90, operavano in una situazione di sostanziale monopolio all'interno del loro territorio. Questo non significa che non ci fosse concorrenza ma il tasso di credibilità non insidiava la leadership di questi giornali. Il quadro poi è cambiato e di questo il Gazzettino non si è accorto e non ha fatto i cambiamenti che avrebbe dovuto fare. Oggi questi giornali si trovano schiacciati da una parte dalla cronaca, anche se hanno affinato i propri strumenti, e sul piano nazionale c è un'offerta molto ampia da battere. I cosiddetti capizona si trovano in una situazione delicata, in un mercato in difficoltà». Il Gazzettino ha cambiato titolazione e formato. Le vendite come stanno andando? «Il cambiamento è stato positivo perché risponde a due esigenze. La prima di avere un'informazione più secca, più rapida e più fruibile e poi una maggiore informazione locale, sia in termini di qualità che di quantità. Sono due punti saldi per un giornale come il Gazzettino. Poi bisogna fare i conti con i mezzi che si hanno: il formato è stato dettato dalle macchine per la stampa. Avrei voluto averne più spazio ma tra il rimanere fermi e assumersi qualche rischio ho preferito la seconda scelta». Come lavorano gli altri giornali del Veneto: sono fermi o sono pronti a cambiare? «E' difficile giudicare la concorrenza. Benché non condivida il giornalismo un po troppo spregiudicato di alcuni dei concorrenti, ci sono delle differenze di stile evidente (ad esempio pubblicare nome e cognome delle persone che si suicidano). Devo dire però che questi giornali negli ultimi anni hanno saputo soddisfare il bisogno di estrema vicinanza al territorio. Il Gazzettino ha mantenuto la sua credibilità». Quale futuro vede per i suoi collaboratori? «Il problema di fondo è che il sistema giornalistico è molto garantito per chi sta dentro e di conseguenza poco o nulla per chi è fuori. Non si può pretendere, e questo mi sembra che i giornalisti non lo abbiano ancora capito, di dare garanzie a chi è fuori se coloro che sono dentro non riducono le loro. Oggi chi entra in un giornale è come se entrasse in un organo statale. Sa di non poterne uscire qualsiasi cosa succeda. Tutto questo incide sulla flessibilità e ha dei costi molto elevati. I giornali hanno un enorme bisogno di collaboratori e ora che ci sono problemi economici la situazione si fa più grave». L'on line può essere il futuro? «Lo sarà ma bisogna tener conto di due cose. L'on line ha un problema pubblicitario di spazio fisico. L'utente pubblicitario chiede l'home page e questa più di tanto non può contenere. Quindi, a differenza di un giornale che si sfoglia, ha una diversa appetibilità. Il giornale ce l' ho tutto sottomano, con l'on line mi cerco solo le notizie che voglio. Il mercato del web è interessante ma ha un grande limite di spazio fisico. Non è un dettaglio da poco. Sul piano occupazionale, chiede meno persone perchè l'approccio è quello breve e non di approfondimento». Quali sono le doti del buon direttore? «Una volta il modello era Indro Montanelli. Stava nella sua stanzetta, scriveva i suoi pezzi, si confrontava sulle cose molto importanti. C'era una macchina che faceva il giornale. Il direttore era una specie di regnante. Lo dirigeva nel senso che gli dava l'impronta. Non è un caso che il vicedirettore avesse una stanza molto più grande del direttore. Progressivamente, il ruolo del direttore ha assunto un carattere più manageriale. Ci serve la capacità di fare squadra e di essere curiosi di tutto. I nostri sono giornali tremendamente generalisti, parliamo all'operaio come all'uomo politico, non c'è differenziazione di prodotto. Un direttore deve essere autorevole nei confronti di lettori e giornalisti ma preoccuparsi di più di quello che vogliono i lettori». Rispetto alla precedente direzione cosa è cambiato? «Ho cercato di impegnarmi, specie perché questo è un giornale con un passato sindacale complicato. Sono sempre aperto al confronto, il fatto che abbia cambiato così tanto dimostra che non mi tiro indietro». Che tipo di informazione le piace? «Preferisco l'approfondimento ma non faccio molto testo perché ho tutto il giorno notizie e lanci Ansa sotto mano, quindi so già quello che è successo e ho bisogno di andare oltre. Per me internet funziona come il pronto soccorso, se non ne ho bisogno non ci vado». Ci sono stati giornalisti che le hanno fatto da modello? «E' facile farsi influenzare quando non si lavora in un giornale. Quando si è dentro si capisce che i modelli servono a poco o a nulla. Ci sono degli ottimi giornalisti e direttori, anche se non sempre le due cose coincidono, e bisogna avere la fortuna di lavorare al loro fianco. Nel mio caso aver lavorato con Ferruccio De Bortoli e Maurizio Belpietro è stata un'esperienza importante». E' capitato sotto le grinfie dell'ordine ed è stato sospeso per due mesi. Come sono i rapporti ora? «Non ho un generico atteggiamento negativo verso l'ordine. Certo, sono stato accusato di aver leso la dignità professionale in una serie di episodi che non mi vedevano direttamente responsabile. Mi sono comunque preso le mie responsabilità. Queste contestazioni non mi erano mai state mosse prima e siamo di fronte a un'operazione che di giudiziario ha ben poco, con una sospensione assolutamente spropositata. Per perpetrare un comportamento lesivo della dignità professionale bisogna essere a conoscenza di questo progressivamente, e nel mio caso non è avvenuto. Nei miei confronti è stata fatta un'ingiustizia e farò di tutto perché questa venga sanata». (c.s.)

8 8 Speciale Veneto e informazione L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 VALERIANA SEMERARO IL CONSIGLIO/1 Dobbiamo riavvicinarci di più ai giovani con nuovi contenuti VENEZIA «Xe importante perché xe a Rai». Esordisce in dialetto veneto Beppe Gioia, siciliano di origine e caporedattore del Tgr. Già, la Rai è ancora la password che permette di entrare ovunque. Sinonimo di credibilità e professionalità. Nonostante le nuove forme di giornalismo che navigano sempre più via web, l informazione della Rai resta, nell immaginario collettivo, quella più affidabile. «Ma i nostri utenti sono di mezza età -sottolinea Beppe Gioia- dobbiamo riavvicinarci ai ragazzi con un informazione più giovane. Il nostro è un mezzo tradizionale, dobbiamo rinnovarci nei contenuti». Come si entra in Rai? «Negli ultimi anni è stato stipulato un accordo tra sindacato e azienda, nel corso del quale sono stati individuati professionisti disoccupati. La maggior parte degli assunti provengono dalle scuole di giornalismo. I master saranno sempre più considerati l unica via d accesso alla professione. Di concorsi, al momento, non si vede l ombra». C è un rapido ricambio generazionale? «Le persone vengono sostituite da redattori a tempo determinato con contratti che vanno dai sei ai nove mesi. Rinnovabili dopo pause di 15 giorni. Se uno dimostra di essere in grado, in genere nel giro di 2-3 anni si viene assunti. Molti giornalisti di vecchia generazione hanno svolto il periodo di praticantato proprio presso le sedi dei telegiornali della Rai, collaborando nei periodi estivi, sostituendo i giornalisti in ferie. E oggi dopo molti anni di incertezze, vi lavorano stabilmente. C erano delle promesse non scritte e, dopo un certo numero di anni, coloro che si erano messi in luce venivano premiati con l assunzione. Oggi le scuole sono utili alla preparazione professionale, il problema è che il mercato del lavoro è molto meno disponibile rispetto agli anni precedenti. Non è il master che non svolge il proprio ruolo, ma è il mercato del lavoro ad essere incerto e in difficoltà». Come vede il futuro della Rai, Palazzo Labia a Venezia, sede Rai del Veneto in vista di un giornalismo che cambia? «Ci si dovrà preparare ad accogliere una nuova figura professionale, una e trina per intenderci. Un giornalista flessibile e capace di fare quei mestieri che finora in Rai sono stati svolti da tre professionisti differenti, il giornalista, il telecineoperatore e il tecnico del montaggio». Questa esigenza è esclusivamente di natura economica? «La necessità è quella di riorganizzare il lavoro, anche in seguito a questo periodo che stiamo vivendo di ristrettezze economiche». CHI È Beppe Gioia, caporedattore TgR VENEZIA Sposato e padre di due figlie, appassionato di motori, Beppe Gioia è nuovamente alla guida del TgR Rai del Veneto dal primo febbraio. Aveva già ricoperto lo stesso incarico dal 2005 al IN seguito era diventato inviato del Tg1 e del Tg2. Nato nel 1952, di origine siciliana, si trasferisce nel Veneto dopo il liceo. Laureato in Scienze Politiche all Università di Padova, si avvicina al mondo del giornalismo nel 1974 iniziando a collaborare per il settimanale Nord Est a Mestre, occupandosi di politica. Scriverà poi di cronaca all Agenzia Italia, sempre a Mestre. Nel 1977 partecipa alla fondazione della rivista Triveneto motori. E nel 1978 viene assunto a Il Mattino di Padova. Nel 1979 il servizio militare lo allontana dal giornalismo per un anno. Ma nel 1980 a conclusione della leva, diventa giornalista professionista e inizia a lavorare a La Tribuna di Treviso. Ci rimarrà per quattro anni, dal 1984 al 1988, quando diventa caposervizio a La Nuova Venezia. Lascia perché ottiene un posto in Rai, dove si è occupato di cronaca, sport e motori. Dal 1981 al 1984 ha collaborato anche con il settimanale L Espresso. Nonostante da oltre trent anni sia inserito nella professione, non se ne è ancora stancato: il giornalismo lo appassiona ancora come il primo giorno. (v.s.) L ultima selezione due anni fa per Buongiorno Regione «Rai, una garanzia» Beppe Gioia: «Lavoro affascinante» In che modo i giornalisti professionisti devono rispondere alle critiche sull esistenza dell Ordine e di alcune regole ormai datate? «È stata presentata in Parlamento una bozza di riforma per eliminare tutte quelle crepe che non sono utili alla crescita del giornalismo. Speriamo che possa essere discussa e approvata. Bisogna assolutamente tenere conto della realtà in continua trasformazione. Le leggi istitutive dell Ordine sono nate quasi 50 anni fa in un contesto socio-politico del tutto differente. Esiste un effettivo invecchiamento del regolamento che attende un ringiovanimento». Ma il giornalista Rai gode ancora di privilegi? «Le notizie acquisiscono rilevanza se le dice la Rai. Non so ancora quanto durerà, ma godiamo ancora di una certa credibilità nei confronti dell opinione pubblica. In passato la Rai è stata una grande azienda e le notizie si diffondevano in modo importante proprio se comunicate dalla Rai». Come agite sul territorio? «Dobbiamo sempre essere pronti a muoverci in regione con agilità e a intervenire subito e su qualsiasi argomento. Purtroppo il Veneto è una realtà complessa. Abbiamo una serie di strutture inadeguate a rappresentare la ricchezza socio-politico, culturale e sportiva delle sette province venete. Non c è più una capitale vera. Venezia ormai è una città del mondo. Ci sono anche altri centri di cui dovremmo raccontare la vivacità, come Castelfranco o Chioggia, città con mila abitanti. Se a volte ci sono delle mancanze da parte nostra è a causa del budget scarso o delle troupe impegnate in altri luoghi. Così, per non perdere l immediatezza della notizia, ci siamo riorganizzati con vari IL CONSIGLIO/2 È un mestiere esclusivo per il quale spesso ci si deve sacrificare centri di riversamento. Siamo dislocati sul territorio in modo capillare e riusciamo a fare da service anche per i telegiornali nazionali, che poi è una delle funzioni principali delle redazioni regionali. Inoltre ci serviamo di informatori che si occupano di avvisarci se succede qualcosa di rilevante in città distanti da Venezia come può essere, ad esempio, Belluno». Lei come è caduto nella trappola del giornalismo? «Finito il liceo mi chiedevano cosa volessi fare e io rispondevo il giornalista. La mia era un aspirazione romantica. Mi affascinava la figura del giornalista che andava in giro a fare le indagini e a raccontare i soprusi». E ha ancora questa visione romantica? «Sì, l ho mantenuta perchè se accade qualcosa di particolare mi sento ancora pieno di adrenalina». Qual è il suo personale consiglio ai giovani giornalisti? «Di non credere a nessuno, se uno ha voglia e vuole vivere questo mestiere come qualcosa di eroico di farlo. Alcuni colleghi più maturi tendono a impoverire il lavoro scoraggiando i ragazzi. Voi giovani siete gli unici a pensare se una cosa ha fascino o no. Se lo ha, continuate a crederci nonostante le delusioni che vi si presenteranno. Mantenete la voglia di fare qualcosa di importante e interessante per la società nonostante i limiti e i condizionamenti esterni. Credere in questa professione ancora si può. Io non mi sono stancato, mi piace questo lavoro e l ho sempre fatto mettendo spesso in secondo piano la mia vita familiare. Ma se mi dicessero di tornare indietro, rifarei tutto al 99%. La condizione di precariato cui siete costretti oggi, impedisce di fare progetti. Ma non gettate la spugna. Se ci credete alla fine, seppure con qualche anno di ritardo ce la fate». Cosa cambierà nel suo tgr? «Bé una persona sola non può cambiare una struttura. Devo trasferire le mie idee ai colleghi e avere la grande capacità di seguire il Veneto con i suoi problemi, ma senza dimenticare che ci sono realtà di eccellenza che hanno bisogno di venire alla luce. Il Veneto continua a essere una fucina di idee a livello economico e culturale. E noi lo vogliamo raccontare». L emittente trevigiana è tra le prime realtà televisive in Veneto ad essere già sbarcata sul digitale terrestre Antenna 3, c è aria di sviluppo Novità in vista per l informazione, con l avvio di un canale all news ROBERTO BONALDI TREVISO Le emittenti televisive guardano il loro futuro attraverso una scatoletta. È il decoder per ricevere il segnale digitale terrestre. Alcune famiglie venete l hanno già comprato. In autunno sarà necessario per poter vedere i programmi televisivi. Tra ottobre e novembre, infatti, in Veneto verrà spento il tradizionale segnale analogico, che ha tracciato la storia della televisione dalle sue origini. Per le emittenti locali questa transizione significa investire in nuove tecnologie per non essere tagliate fuori dal mercato. Ma il digitale terrestre dà anche la possibilità di sviluppare nuovi canali, contenuti, sinergie con altri media. «Noi, ad esempio, abbiamo intenzione di sviluppare dei progetti con il Corriere del Veneto», sottolinea Domenico Basso, direttore delle redazioni di Antenna 3, che hanno già Domenico Basso d i re t t o re dei notiziari di Antenna 3 Te l e n o rd e s t e Free È alla guida di sette re d a z i o n i varcato la soglia del digitale. Il gruppo editoriale, guidato da Thomas Panto, è in prima linea tra le realtà televisive del Nordest. Domenico Basso lo conosce bene. Direttore del telegiornale dal 1984 al 1987, dopo le esperienze nei quotidiani La Tribuna di Treviso, La Nuova di Venezia e Mestre e poi in televisione a Rete Veneta, è tornato ad Antenna 3 nel novembre del Fanno parte del gruppo anche Telealtoveneto e la padovana Telenordest. Quest ultima, fino all anno scorso, faceva parte di un altro gruppo editoriale di proprietà della stessa famiglia Panto. Dopo una fase di riorganizzazione, Telenordest ha assunto il ruolo di emittente di intrattenimento, con finestre informative sulla cronaca di Padova. Ora i suoi giornalisti hanno il contratto di Antenna 3. Il canale, inoltre, viene trasmesso anche in Friuli Venezia Giulia con il marchio Free: il suo punto di forza è IN REDAZIONE Siamo ben strutturati Abbiamo cercato di ottimizzare le risorse interne Con PROSPETTIVE i nuovi progetti potranno esserci delle possibilità di ingresso offrire informazione e intrattenimento direttamente dal territorio friulano. Da San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso, dove ha la sede centrale, l informazione di Antenna 3 ha via via ampliato il suo raggio d azione nel Nordest. Ora conta su sette redazioni e su un centinaio di dipendenti, tutti assunti. Numeri che, lo scorso ottobre, hanno portato alla nascita del primo comitato di redazione nella storia dell emittente. Negli ultimi tempi, si è ridotto il numero di collaboratori. «Abbiamo cercato di ottimizzare le risorse interne - Il tg di Antenna 3 con Danilo Guerretta, coordinatore centrale delle redazioni precisa Basso - E poi sappiamo tutti che questo è un periodo difficile per il mondo del giornalismo. Così ora c è un minor ricorso ai collaboratori, pur riconoscendo che sono delle figure importanti, in televisione come nei quotidiani». Seppur con alcune differenze: «Ho lavorato per vent anni nei giornali ricorda il direttore Un quotidiano ha tante pagine da riempire, e senza collaboratori non esce. Discorso diverso è per le televisioni: il telegiornale dura mezz ora, e in questo caso conta la scelta delle notizie da trattare». Per scegliere bene, il gioco di squadra è essenziale. «Con le varie sedi facciamo due riunioni di redazione, una alle dieci del mattino e l altra intorno alle tre del pomeriggio descrive Basso Ogni sede elenca gli argomenti che ha a disposizione. Eventualmente si modificano le scalette. Nel pomeriggio arrivano i servizi, faccio le ultime correzioni e alle sette di sera si va in onda». Un lavoro dove viene riconosciuto tanto l impegno dei giornalisti che quello degli operatori. «A pari merito sottolinea il direttore Infatti quando sono arrivato ad Antenna 3 ho detto che i giornalisti non devono essere considerati una casta. Inoltre, per me la figura del telecineoperatore è importante, e cerco di introdurla sempre di più». Le redazioni del gruppo Panto realizzano servizi e immagini anche per Mediaset, Sky, e La 7. «Da quello che ci dicono, non hanno mai trovato nel resto d Italia un efficienza come la nostra racconta soddisfatto Basso Siamo sempre sui fatti e quindi possiamo dire di essere ben strutturati». Un voto da dare al lavoro in redazione? «Un bel nove - giudica il direttore Per carità, tutto è migliorabile. Se si avessero due troupe o cinque giornalisti in più potrei dare un dieci. Nove è un voto per la storia dell emittente, per le professionalità al suo interno, per l aria di sviluppo che si respira. Questo è un cantiere aperto. In primavera ci saranno altre novità, sempre nell ambito dell informazione, che è il nostro punto di forza. Uno dei canali diventerà all news». Magari si apriranno così nuove opportunità di lavoro. «Al momento la situazione è bloccata per la riorganizzazione delle redazioni, per il taglio dei collaboratori e delle risorse ribadisce Basso Con i nuovi progetti potranno esserci delle possibilità di ingresso».

9 L_ink ibile o 18 FEBBRAIO 2010 Speciale Veneto e informazione 9 L informazione nelle radio locali tra piccole redazioni e servizi di agenzia Un microfono per pochi I notiziari snelli danno poca occupazione ROBERTO BONALDI L A C C E S S O Le radio dovrebbero permettere ai giovani di collaborare e di formarsi GLI ASPIRANTI I ragazzi devono avere la volontà di imparare dai più esperti PADOVA Nelle radio locali, l informazione è spesso stereofonica. Ovvero, a preparare i notiziari sono due giornalisti. Redazioni più numerose si contano sulle dita di una mano. Più facile, piuttosto, trovare emittenti senza un gruppo di redattori, sostituiti dal lavoro delle agenzie che spediscono alle radio i notiziari già confezionati. Un modo per contenere i costi: nelle emittenti locali le risorse spesso non sono abbondanti, e i radiogiornali delle agenzie possono essere rimborsabili. Conta, però, anche un altro fattore: il tipo di ascolto. Il pubblico è sempre più indaffarato; quando accende la radio cerca un informazione chiara, ma soprattutto rapida. «Ogni ora trasmettiamo un notiziario di tre minuti», racconta Giorgio Volpato, direttore delle testate giornalistiche del gruppo Birikina, che comprende sei emittenti, con l omonima radio a fare da capofila. «Un minuto e mezzo di radiogiornale ci arriva dall agenzia Cnr di Milano, che fornisce le notizie dall Italia e dal mondo. Il resto viene preparato dalla nostra redazione a Castelfranco Veneto, in base alle nostre forze. Siamo due giornalisti. Ci occupiamo delle notizie locali, che recuperiamo dall Ansa. In onda trasmettiamo i lanci. Se ci sono fatti più eclatanti per la regione, prepariamo un servizio. Siamo un gruppo commerciale, non realizziamo approfondimenti». Motivo di orgoglio del direttore è l informazione sportiva, con ampie dirette dai campi di calcio ogni domenica. L informazione, però, arriva anche da Roma, con il marchio Radio Bk. «Un gruppo di giornalisti freelance è sempre presente in Parlamento, alle conferenze stampa del Presidente del Consiglio, agli incontri dei partiti - descrive Volpato - I giornalisti preparano i servizi e poi ce li passano». C è poi chi fa informazione attraverso il telelavoro. A Radio Bum Bum un giornalista sta in redazione e integra il palinsesto dei notiziari preparati da un agenzia. Un collaboratore esterno, invece, raccoglie le notizie da Vicenza. «La mia attività principale è nella carta stampata - chiarisce Dennis Dellai - In radio do una mano: preparo le notizie a casa e poi le spedisco via Internet complete di sigla e base. Raccolgo le notizie dall Ansa del Veneto, ma lavorando per un quotidiano ho anche i miei contatti con il Comune e con le forze dell ordine a Un giornalista radiofonico dovrebbe avere anche buone conoscenze tecniche Vicenza. Le notizie dalla provincia hanno la precedenza, ma non mancano quelle dalle altre città venete, se i fatti hanno grande importanza. In questo modo siamo sempre sul pezzo. Nell arco del giorno riusciamo a dare le principali notizie». Niente servizi, nessuna intervista. «Tutta un altra cosa rispetto a quando ho iniziato a fare il giornalista radiofonico ricorda Dellai I notiziari adesso devono essere sempre più snelli. Tra l altro, in varie emittenti si privilegiano la musica e l intrattenimento. E quindi diventa difficile iniziare la carriera di giornalista in radio». «Con la situazione economica attuale, trovare lavoro è complicato, in tutti i settori. Anche nelle emittenti bisognerà aspettare». A prevederlo è Luca Rosellini, coordinatore della redazione di Radio Verona. Un gruppo di tre giornalisti, più altri due che si occupano di sport. Assunti a tempo indeterminato. Quando necessario, a rinforzare la redazione ci sono dei collaboratori. Il risultato si sente. «Dal punto di vista dell informazione, a Verona non abbiamo concorrenti», conferma soddisfatto Rosellini. «I nostri radiogiornali vanno in onda dalle sette del mattino fino alle venti. In redazione ci occupiamo perlopiù di informazione locale, ma seguiamo anche fatti di livello nazionale, soprattutto se coinvolgono direttamente Verona. Quando succede qualcosa di molto rilevante, andiamo sul posto con il microfono, per raccogliere le testimonianze da inserire nei radiogiornali. Con un notiziario da presentare ogni ora, il lavoro è tanto, bisogna correre. D altra parte questo è un vantaggio: si dà l informazione prima di tutti, sempre aggiornata». La freschezza della notizia è il Davide Camera. Veneziano, lavora a Roma all agenzia Grt COMPETENZA Chi fa radio ma mira alla tv o ai giornali non è un bravo radiogiornalista punto di forza anche delle tre emittenti del gruppo padovano Righetto, guidate da Radio Genius. «Siamo soci di una cooperativa che produce informazione a Roma - sottolinea il direttore Massimo Righetto L agenzia si chiama Grt. A Radio Genius io mi occupo della cronaca locale. Al mattino, prima del rotocalco informativo, c è una rassegna stampa condotta da un giornalista che lavora anche per l Ansa e per il Corriere del Veneto. Grazie alla sua presenza riusciamo a raccogliere le informazioni locali prima di altre emittenti, anche televisive». Tre le persone che si occupano di informazione a Radio Genius. «Un numero notevole se si pensa che nell agenzia a Roma lavorano 15 persone per tutta l Italia - commenta Righetto D altronde in una radio bisognerebbe dare solo il lancio della notizia. Il ruolo dei giornalisti radiofonici è diverso da quello nei giornali o in televisione. In futuro bisognerà distinguere meglio le figure». E quindi quali requisiti per lavorare in radio? «Capacità di esprimere la notizia, buona voce e dizione», sono i suggerimenti del direttore di Radio Genius. Ma non conta solo questo. «È importante che le emittenti permettano ai giovani di collaborare e di formarsi». Ne è convinto Davide Camera, giornalista radiotelevisivo veneziano. Dopo varie esperienze in Veneto, e nelle emittenti nazionali Radio 101 e Rds, adesso lavora per l agenzia Grt di Roma. «I giovani, dal canto loro, devono avere l umiltà e la voglia di imparare vedendo come lavorano i più esperti aggiunge il giornalista Bisogna conoscere il mezzo. Spesso, invece, succede che molti entrano in radio con l intenzione di andare poi in televisione o in un quotidiano. Se si ragiona così, non si potrà mai essere un bravo giornalista radiofonico». Occorre talento, dunque, ma anche una buona dose di passione. «Ho iniziato a fare radio negli anni Settanta, quando avevo quindici anni aggiunge Camera Ancora adesso in agenzia, mentre sono in onda, sento la stessa adrenalina». Nata dalla fusione di tre emittenti diocesane, la redazione cerca di raccontare il Veneto migliore che c è L isola che c è, piccola e felice A Blu Radio nessun lavoratore precario: «Sarebbe immorale» VALERIANA SEMERARO MESTRE Una realtà positiva esiste. Si chiama Blu Radio, divisa tra la redazione di Mestre e quella di Padova. Cinque le persone assunte, due giornaliste e tre tecnici, uno dei quali ricopre anche il ruolo di speaker, come previsto dal contratto, per una delle trasmissioni di intrattenimento. «Ma l informazione veneta è la nostra mission principale - afferma con orgoglio il direttore Sandro Vigani - è il Veneto quello che vogliamo raccontare». Nata un anno e mezzo fa dalla fusione delle tre radio diocesane delle province di Padova, Treviso e Venezia, Blu Radio si è velocemente affermata sul territorio guadagnando un ottimo riscontro. Trasmette su due frequenze 88.7 e 94.6 da Pomposa a Portogruaro, da Ponte delle Alpi a Vicenza, parte di Verona e fino a Rovigo. Una concessionaria interna, gestita direttamente dalla radio, si occupa della parte pubblicitaria soprattutto a livello Sandro Vigani d i re t t o re di Blu radio L e m i t t e n t e è nata dalla fusione di tre radio diocesane locale, ottenendo un risultato maggiore. La radio non fa solo informazione ma trasmette anche musica e intrattenimento. È iscritta al Circuito In blu di cui fanno parte 300 emittenti a livello nazionale. Grazie a questa rete, Blu Radio trasmette oltre al Gr locale anche un Gr nazionale raccogliendo le notizie dalle altre piccole radio locali estese su tutto il territorio italiano. Esiste un accordo di collaborazione anche con Telechiara che prevede lo scambio di storie e di qualche giornaliste per alcune edizioni. «Inoltre - afferma il direttore Vigani - lavoriamo molto anche grazie alle notizie apprese dalle agenzie di stampa del territorio». La domenica è dedicata tutta allo sport, al calcio locale ma anche ad altri sport, come il volley nazionale che attrae una fascia di utenti diversa da quella settimanale che segue l informazione. Blu Radio fu lanciata tramite una forte campagna pubblicitaria. Oggi, per rilanciarsi, il direttore si è affidato ad una indagine sull auditel che sarà pronta a breve e che potrà indirizzarlo sulla via giusta. «Un ottimo riscontro lo abbiamo già soprattutto dalle istituzioni locali, dai Comuni e dalle Province che giudicano la nostra informazione oggettiva, completa, seria e di qualità - dice il direttore Vigani - cerchiamo di dare un taglio diverso alle nostre trasmissioni, cercando di dare molto spazio all informazione del nostro territorio». Sembra incredibile come, in questo periodo di crisi dove tutte le aziende hanno difficoltà economiche, qualche piccolta realtà invece si salvi. E il direttore si lascia andare a qualche confidenza. «Certo, sosteniamo anche noi molte spese, dal personale ai costi per mantenere la struttura, le antenne, i ripetitori. Ma non ci avvaliamo di collaboratori precari. Addirittura non abbiamo più neanche i volontari che lavoravano un tempo gratuitamente. Il personale di Blu Radio è tutto assunto con contratti dignitosi secondo le normative. La nostra è una scelta etica anche perché siamo nati come un emittente ecclesiastica. Rispettare alcune regole ci dà delle soddisfazioni, ci assicura la professionalità dell informazione contro l appiattimento. Sono moltissimi i giovani precari che sono costretti a scrivere lo stesso pezzo per più testate giornalistiche, rischiando anche di non riuscire a verificare le fonti per mancanza di tempo». Una radio che è anche on line, come tutte le emittenti emergenti che si rispettino. Come entrare allora a Blu IL DIRETTORE Non ci serviamo di collaboratori occasionali Questione di etica LA GIORNALISTA Siamo tutti assunti ma vedo difficoltà di inserimento per i giovani Radio, viene da chiedere. «Bé, la nostra è una realtà piccola - continua Vigani - chi ci lavora si è formato qui» Fiorella Girardo, una delle due giornaliste dopo il praticantato a quella che prima era GV radio a Venezia, ha poi sostenuto l esame di stato da professionista». Poi l accorpamento con le altre due radio diocesane di Treviso e Padova e l approdo a Mestre per gestire l informazione e l approfondimento di un unico grande network. Altri tempi. Fiorella Girardo fa trapelare non poca preoccupazione per il futuro dei giovani giornalisti precari. «Al momento - afferma - nel mondo del giornalismo c è contrazione e le possibilità di accesso scarseggiano. Sono molte le testate giornalistiche cartacee che incentivano al prepensionamento ma consiglierei ai giovani di puntare più su radio e tv, magari locali o sui canali satellitari. Chi ha la fortuna di accedere a emittenti che fanno informazione nazionale ha contratti più remunerativi. Le possibilità per le testate di ampliare l organico sono praticamente nulle, le redazioni piuttosto si rafforzano con il personale già esistente». Una situazione difficile da affrontare per gli aspiranti giornalisti che vedono il proprio futuro incerto. Un altra storia invece quella di una giornalista come Fiorella Girardo. Con molti anni di esperienza alle spalle in vari uffici stampa. In quello del Festival del cinema di Venezia, in seguito a Milano per sette anni, all Agis prima e al Teatro Porta Romana poi, fino all ufficio stampa dei Teatri d Italia. Una formazione alla scuola Kolbe di Venezia. Lavora in radio da undici anni. Fu assunta come praticante, e dopo il superamento dell esame di stato arrivò il cambio di qualifica in redattore. Come previsto dal contratto radiofonico Aer-Anti Corallo. Un passaggio ovvio per i giornalisti formatisi venti anni fa. Ora le regole del gioco sono cambiate e l accesso alla professione è sempre più canalizzato attraverso i master biennali in giornalismo. Una formazione di tipo universitario sempre più richiesto. Che si spera però possa trovare reale collocazione in un mercato dell informazione sempre più confuso e agitato.

10 10 Speciale Veneto e informazione L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 INTERNET E NEW MEDIA GIANLUCA OLDANI PADOVA «La crisi non è dei giornalisti, la crisi è degli editori. La richiesta di professionisti dell informazione non può diminuire, anzi. Bisogna solo saper andare incontro al futuro preparandosi nel modo adeguato». Parola di Luca De Biase, giornalista del gruppo Sole 24 Ore esperto in nuovi media e internet. Docente al master di giornalismo IULM di Milano e ex docente al Giorgio Lago, De Biase è ottimista sul futuro della professione: «Passo le giornate a confortare studenti ai quali viene ricordato ogni giorno quanto è fosco il loro futuro. Non è vero, non bisogna deprimersi. Il futuro è tutto li, bisogna solo saperlo cogliere». Quindi speranze ce ne sono? Non siamo tutti destinati alla disoccupazione? «Certo che ce ne sono. Diciamo che bisogna saper guardare oltre. Anche nell ultimo anno, al Sole 24 Ore, nell ambito on-line qualche assunzione c è stata. E ancora un movimento piccolo, in controtendenza, ma qualcosa si muove» Ma quali sono le reali possibilità professionali offerte dalla rete? «Diciamo che esistono tre diverse possibilità: quella delle testate storiche che piano piano si stanno trasformando on-line, quella dei giornali che nascono direttamente sulla rete e qualla IL FUTURO Ci sarà sempre la necessità di professionisti dell informazione dei freelance capaci di gestire al meglio le opportunità del web e di offrirsi al miglior offerente». Ma tra le varie possibilità quali reputa più vantaggiose, per lo meno sulla carta? «I giornali generalisti sul web, se non hanno un grande nome alle spalle, fanno fatica. Meglio un giornale web locale, specializzato o di settore. L esempio migliore in questo senso è Varese News, giornale on-line capace in breve tempo di battere la concorrenza dei cartacei sul territorio e di superarli anche per quanto riguarda le entrate pubblicitarie. Credo che quella sia una direzione vincente. Nella logica di internet una chiara identità editoriale è importante e funziona bene». Mentre la strada del freelance? E più ardua? «Il freelance on-line ha potenzialmente una chance importante grazie alle caratteristiche del web, ma deve poter essere riconosciuto come uno che ha effettivamente qualcosa da dire di importante sugli argomenti che tratta. Questa fama deve essere costruita, il modo migliore per Costi ridotti e nuove tecnologie saranno le carte vincenti del giornalismo on-line De Biase: «Il futuro è sul web Bisogna saperlo cogliere» Dalle testate storiche a quelle nuove le opportunità non mancano Luca De Biase 53 anni s c r i t t o re e giornalista del Sole24Ore A sinistra l homepage del New York Times (foto di Michele Pe ro n e ) farlo è saper sfruttare nel miglior modo possibile il mondo dei blog e dei social network». Ma in che modo questi mondi interagiscono con quello dell informazione giornalistica? «La logica dei giornali tradizionali su questi temi è stata dapprima quella di reagire in modo difensivistico, poi di abbracciare in modo acritico tutto quello che proveniva dalla rete, adesso credo si stia raggiungendo un giusto equilibrio, sta maturando una situazione in cui si riuscirà a distinguere il buono dall inutile». Le nuove tecnologie, la ricerca, stanno venendo incontro alle nuove esigenze anche del giornalismo on-line. Quali sono le prospettive in quest ottica? «Da questo punto di vista la tecnologia può venirci incontro anche dal punto di vista della raccolta delle risorse. Mi spiego: le fonti di sostegno economico sono sempre state sostanzialmente tre, ovvero il pagamento del contenuto da parte dei lettori, il pagamento delle inserzioni pubblicitarie e il sostegno legato agli interessi della comunità. Per quanto riguarda l on-line la prima fonte di finanziamento è quello della pubblicità, ma è un rapporto basato sulla quantità e non sulla qualità dei contenuti. Ecco, in questo senso le nuove tecnologie penso ad esempio all ipad potrebbero avere il senso di stimolare la progettazione di nuove forme con le quali offrire al pubblico i contenuti che abbiano una qualità tale da distinguerle dal web gratuito. I nuovi progetti per tablet vanno La testimonianza. Fabio Amato, dal master di Padova alla redazione web Progettista di giornali in Rete «Su Internet spazio per tutti» tutti in questa direzione, ovvero qualitativa. Gli editori però devono investire in ricerca e design, producendo qualcosa che invogli all acquisto da parte dell utente». Quindi possiamo dire che le premesse per un futuro migliore ci sono tutte. Ma, concretamente, se dovesse dare un consiglio ad un giovane professionista che si deve confrontare con la realtà del giornalismo attuale, cosa si sentirebbe di suggerire? «Per prima cosa direi di aprire gli orizzonti, bussare alla porta degli editori non è l unica strada percorribile. E certo una soluzione, così come lo stage è una splendida opportunità per crearsi contatti, ma la vera sfida è la progettazione di cose nuove. L ambito di crisi dell editoria tradizionale non ci deve deprimere come giornalisti. Perché di informazione c è un bisogno crescente. Il problema è capire i passaggi che ci portano al mondo del futuro. Quindi tenere d occhio tutto ciò che c è di nuovo, nuove testate che nascono on line, facendosi avanti senza timore. Inoltre un approccio un pò più imprenditoriale è necessario. E intendo essere imprenditori di se stessi. Curando la propria visibilità, la propria immagine. In questo modo si è anche costretti ad elevare il proprio standard qualitativo, a migliorarsi». C è speranza quindi? «Assolutamente sì. La prima cosa che faccio con i miei studenti al master è risollevarli dalla depressione spesso causata da colleghi che vedono un mondo che sta finendo e non riescono a intravedere quello che sta cominciando». LA CRISI Non dobbiamo farci abbattere Il problema è più degli editori PADOVA Due stage all Unità ai tempi del Master a Padova, poi un esperienza di tre anni a Colors, la rivista del gruppo Benetton. Adesso l on-line. Fabio Amato, 33 anni, da ex studente parla chiaramente: «volevo fare giornalismo, a Colors non mi sentivo realizzato, così ho deciso di cambiare». Adesso lavora ad un progetto di giornali on-line di impronta locale, a Parma. Scusa, ma la domanda è d obbligo: come hai trovato lavoro nell editoria on-line? «Grazie ad un mio ex collega al master che mi segnalò la nascita di questo progetto, su scala locale. Mandai il mio curriculum, feci i colloqui e poi mi presero». Ma ritieni che quanto ti è accaduto sia stato un caso fortunato o credi che il settore dell on-line possa a breve essere un opzione per tutti i giovani giornalisti? «Sicuramente il mercato di internet è destinato ad espandersi, e con esso anche il mercato del lavoro che ne consegue. Non credo soppianterà a breve quello cartaceo, ma le prospettive ci sono». Attualmente, da dentro, come lo vedi questo ambiente? «In fase di definizione. Già adesso chi lavora per l on-line ha delle caratteristiche diverse da chi lavora per altri media. Il ruolo del giornalista on-line sta raggiungendo una sua specificità. Per esempio è un lavoro molto più di desk, di routine, rispetto a quello del giornalista vecchio stampo. Questo comporta che per questo ambito siano richieste delle capacità diverse, di settore». Google lancia la nuova piattaforma editoriale Si chiama Living Stories ed è la nuova piattaforma editoriale proposta da Google a tutti gli editori. E stata sperimentata per due mesi dalle redazioni on-line del New York Times e del Washington Post, ora è aperta a tutti, in versione open source. Tecnicamente questa piattaforma consente di raggruppare sotto un unico indirizzo web (Url) tutte le pagine di un sito riguardanti un singolo argomento, velocizzando e ottimizzando così la ricerca. Questo consentirà ai lettori e agli editori di ritagliare su misura di ogni utente la propria pagina, invogliando così la lettura. La via dunque è quella della personalizzazione dei contenuti, così da offrire un servizio che può essere considerato interessante anche da un punto di vista commerciale. Ovvero? Quali sono le caratteristiche vincenti per un giornalista che vuole lavorare on-line? «Sicuramente le competenze tecniche. Il mezzo internet impone a chi lo fa di saltare tutta la filiera produttiva che può avere un cartaceo. Chi lavora in questo ambito deve saper scrivere, che rimane comunque una cosa indispensabile, ma deve anche saper fare fotografie, lavorare le immagini, saper montare dei video, utilizzare un Cms Arriva l ipad sarà il futuro? Preceduto da due anni di rumors, l'ipad, ultimo attesissimo coniglio dal cilindro di Steve Jobs, è arrivato. La "tavoletta", sorta di terza via tra uno smartphone e un notebook, promette di rivoluzionare le abitudini di mezzo mondo, soprattutto in fatto di "consumo" di giornali e libri. L'aspetto è quello di un grande iphone (con cui condivide lo stesso sistema operativo) con schermo multitouch da 9,7 pollici. I precedenti di ipod e iphone, che secondo molti hanno salvato l'industria musicale, fanno ritenere ai colossi dei media che Jobs abbia trovato una soluzione alla crisi dell'editoria. Primo a muoversi il New York Times, recentemente tornato in attivo, che ha già presentato la versione del giornale per la "tavoletta". Ma si stanno muovendo anche gruppi come Condé Nast, Hachette, Hearst e Time hanno inviato ambasciatori a Cupertino e hanno già stretto patti commerciali con Jobs. (Content Management System). Il 99% del mio lavoro si svolge attraverso una tastiera, non attraverso voce. Il mio interlocutore è un computer. Devo sapermi interfacciare con esso prima di tutto». E in questo senso una preparazione accademica è essenziale, rispetto a quella del vecchio praticantato. Ma in termini più pratici, da cosa può dipendere il successo del giornalismo on-line? «Il problema non è il mercato giornalistico in sè, ma quello del mercato pubblicitario. Nel momento in cui ci sarà un espansione di quest ultimo assisteremo anche ad una espansione del primo. Il problema forse è legato alla ciclicità degli introiti pubblicitari, legati sempre alle condizioni economiche generali. Quindi probabilmente ci saranno periodi migliori e altri in cui andremo di nuovo incontro ad alcune difficoltà. Ma la strada è quella giusta». Per quanto riguarda invece il rapporto con tutta l informazione veicolata da internet ma non giornalistica? Penso a blog e social network, come far convivere queste realtà sullo stesso mezzo? «Per me sono essenzialmente fonti e destinatari dell informazione. La differenza tra un blogger e un giornalista è che quest ultimo è obbligato a verificare quanto sta scrivendo, e in questo ricopre un ruolo essenziale. E la responsabilità giornalistica ad essere garanzia della qualità dell informazione. Questo non significa che un blogger non possa essere altrettanto comepetente, anzi. Non solo: la semplicità linguistica del registro dei social network è anzi qualcosa da cui i giornalisti on-line devono solo imparare. Questi sono aspetti importanti della rete, non possono essere dimenticati. Ciò non toglie però che l autorità di un giornalista, appunto per la responsabilità stessa che lo lega a quanto scrive, dovrebbe essere la carta vincente che gli consente di avere un ruolo preciso nella rete».(g.o.) L ipad, il tablet commercializzato da Apple L_inkre@dibile via del Padovanino Padova tel fax redazione.giornalismo@unipd.it direttore responsabile Antonio Di Lorenzo comitato di direzione Luigi Carrai Mauro Pertile Valentino Pesci segreteria Mattia Coppo fotografie Mattoschi ComunicAzione direttore del master Michele Cortelazzo supporto tecnico Cristina Paulon Nadia Radovich videocomposizione GN3 - Tera Digital Publishing stampa Tipografia Nuova Jolly via dell Industria, 28 - Rubano responsabile del trattamento dei dati Università degli Studi di Padova Chiuso in redazione il 24 febbraio 2009 Registrazione del Tribunale di Padova numero 4582/2004 del 17/12/2004

11 L_ink ibile o 18 FEBBRAIO 2010 Speciale Veneto e informazione 11 A tu per tu con Roberto Nardi, caporedattore dell Ansa per il Veneto L agenzia e il multimediale Una sfida contro il tempo GIOVANNI GUARISE MESTRE Cambia il mondo, cambiano le reti di comunicazione, cambiano gli strumenti di fruizione delle informazioni. Ma le agenzie di stampa restano e anche nell era della digitalizzazione conservano un ruolo preminente. Ad assicurarlo è Roberto Nardi, caposervizio della redazione Ansa del Veneto. I nuovi canali tematici e la crescita di piccole realtà televisive impongono nuove esigenze, sulla base delle quali è necessario riequilibrare le funzioni dell agenzia per offrire un prodotto appetibile a diverse realtà. L obiettivo di Nardi è preciso: mantenere saldo il concetto-chiave di priorità della notizia, che impone di guardare al futuro in un ottica di multimedialità. L elemento di maggiore rilievo nel lavoro di un agenzia è la tempistica. La notizia deve essere diffusa nel momento stesso in cui avviene, operando nell immediatezza dell evento. Motivo per cui non si dedica troppa attenzione alla rielaborazione del racconto, e la scrittura di un lancio appare basata su uno stile scarno e uniforme. Queste regole di scrittura non corrispondono a una sofferenza, ma ad una scuola. E non risultano nemmeno penalizzanti dal punto di vista espositivo. «Noi non dobbiamo scrivere romanzi ma dare informazione. E quest'ultima, a seconda delle esigenze, può essere articolata in un servizio di L ADDETTO STAMPA MARIKA ZORZI VENEZIA A capo dell ufficio stampa del Consiglio regionale del Veneto da più di vent anni, Lino de Marchi parla della situazione del suo settore e sfata il pregiudizio dell addetto stampa definito da molti giornalista minore. Com è iniziata la sua carriera come addetto stampa? «Con le collaborazioni come le maggior parte dei miei colleghi. Scrivevo per un giornale di agricoltura a Roma e tramite conoscenze ho iniziato con altri colleghi ad occuparmi di ufficio stampa. Da prima per alcuni assessori della capitale e successivamente in Consiglio regionale veneto». Com è stato passare dalla carta stampata all ufficio stampa? «Cambia completamente la prospettiva. Da una parte scrivi notizie e dall altra devi fare in modo che l offerta dell ente diventi notiziabile e proponibile, mantenendo credibilità, onestà e obiettività che sono le basi del lavoro di un addetto stampa» Da quando ha iniziato la carriera negli uffici stampa come ha visto mutare la situazione? «Più che l ufficio stampa è cambiata l informazione, rispetto a trent anni fa c è molta più commistione tra notizia e comunicazione. Un ufficio stampa dovrebbe distinguere sempre il segmento che dà informazione dal quello che si occupa di marketing e pubblicità. Quello che negli ultimi anni rischia di rovinare quel rapporto sano tra un ente e i mezzi di comunicazione è l avere sempre più unito questi due aspetti. Si rischia così di alimentare un equivoco che porta a sminuire il lavoro dei Roberto Nardi c ap o re d a t t o re dell Ansa per il Veneto settanta righe o in una notizia breve di cinque righe. L'importante - assicura Nardi - in entrambi i casi è di avere le stesse capacità di offrire il meglio al lettore». Non esiste quindi uno stile migliore di un altro. Entrambi corrispondono alle differenti necessità di chi fruisce del lancio di agenzia o dell articolo: i primi cercano solo il fatto, i secondi gli sviluppi e le riflessioni legati ad esso. Ma se i riferimenti di un giornale sono le agenzie quali sono i riferimenti di un agenzia? Nardi ricorda come il lavoro giornalistico si articoli sempre attraverso la ricerca e la conoscenza di più fonti. E le fonti dell agenzia siano praticamente le stesse del quotidiano. È evidente, però, che l'agenzia non può permettersi la medesima presenza capillare di corrispondenti che può avere una testata locale nel suo territorio di riferimento. Ecco allora che si invertono i ruoli perché il giornale locale può diventare per l'agenzia fonte di suggerimento rispetto ad alcune tematiche. Se, per esempio, in un comune della provincia di Padova accade un fatto ristretto, difficilmente l'agenzia ne arriverebbe direttamente a conoscenza, ma ne trarrebbe spunto dal piccolo quotidiano se l'avvenimento ha una rilevanza di natura generale. Il ruolo dei corrispondenti nell agenzia di stampa è fondamentale. Sono loro ad operare direttamente sul territorio per raccogliere notizie che verranno poi distribuite nelle redazioni di tutta Italia. Una responsabilità enorme, cui adempiere con serietà e affidabilità. Un ultimo aspetto da mettere in rilievo è la concorrenza tra agenzie. La sfida è dare notizie attendibili e, soprattutto, arrivare primi. Qui torna la solita parola d ordine: tempestività. La quale non deve andare a scapito della verità e della precisione. E come essere sicuri allora che questo avvenga? Nardi è categorico: «Ci vuole senso di responsabilità e una grande capacità di interrogarsi sempre sul valore della notizia che viene diffusa». Lino De Marchi, da oltre 25 anni è la voce del Consiglio regionale del Veneto «Ecco perchè negli uffici stampa lavorano giornalisti di serie A» giornalisti addetti stampa». Quale potrebbe essere una soluzione per sanare questo problema? «Non credo che le aziende siano disposte ad appoggiare questo tipo di divisione perché per un azienda è importante fare breccia sugli organi di informazione a discapito dell informazione. Devono essere dunque i destinatari come le radio e le televisioni a giudicare la notizia e scegliere». Molti suoi colleghi definiscono l ufficio stampa come giornalismo minore. Può essere questa separazione sempre meno netta tra notizia e pubblicità la causa? «Ma certo. Io per moltissimi anni ho dovuto lottare con l idea da parte dei colleghi che facessi un giornalismo asservito, marchettaro, non obiettivo e sono convinto che questo è un pregiudizio che tutt ora esiste ed ha i suoi fondamenti. La colpa è di quelle persone che non sanno trattare l ufficio stampa in termini corretti. L ordine stesso ha avuto fino a qualche anno fa un pregiudizio rispetto alla figura dell addetto stampa. Io mi sentivo un giornalista di serie B nonostante come i miei colleghi della carta stampata o della tv avessi sostenuto l esame a Roma. Mi ricordo venticinque anni fa di aver letto un articolo di Giorgio Bocca che parlava dell ufficio stampa come alternativa professionale seria e rimproverava l Ordine di non averla considerata. E stata una grande soddisfazione vedere un giornalista di quel calibro considerare un settore FONTI PREZIOSE IL FUTURO G u a rd a r e all informazione in un ottica di multimedialità Lino De Marchi capo ufficio stampa del Consiglio re g i o n a l e ve n e t o che ha sede a Palazzo Ferro Fini lavorativo con rispetto a dispetto dello stesso ordine professionale». Come si potrebbe sfatare questo mito? «Servirebbero innanzitutto giornalisti capaci ed obiettivi ma ho l impressione che sia un pregiudizio radicato e difficile da ridimensionare. Abbiamo anche dei cattivi esempi che sicuramente non aiutano». Dal punto di vista occupazionale qual è la situazione negli uffici stampa? «Questa cattiva considerazione da parte della categoria e dell ordine rispetto a chi faceva e fa tutt ora ufficio stampa ha impedito negli anni che si potesse considerare come una prospettiva professionale seria. La categoria e l ordine stesso non hanno utilizzato le opportunità lavorative che questo settore poteva offrire in termini seri e dignitosi favorendone lo sviluppo. Questo ha fatto si che pochissimi giornalisti mettessero tra loro priorità professionali l impiego in ufficio stampa». Gus: «I new media sono il futuro occupazionale» VENEZIA E un periodo infelice dal punto di vista occupazionale per il settore giornalistico e l area degli uffici stampa non è un eccezione. Si amplia la domanda ma cala l offerta. A dirlo è Guido Lorenzon, presidente del GUS (giornalisti uffici stampa) Veneto. «E aumentato il numero delle persone che fanno ufficio stampa, ha sottolineato Lorenzon, e sono diminuite le risorse disponibili come mercato. Le persone assunte e stipendiate per questo lavoro in Veneto sono molto poche, un migliaio circa, e in molti casi fanno un altro lavoro, sono collaboratori di giornali che accettano 1000 euro l anno e si dedicano all ufficio stampa per arrotondare lo stipendio». Ad aggravare la situazione c è, inoltre, la crisi economica. Secondo Lorenzon, infatti, alla base del problema occupazionale degli uffici stampa c è una preoccupante situazione economica che condiziona sia gli enti pubblici che le istituzioni o le aziende private. «Attualmente gli enti pubblici non offrono un grande mercato. I comuni, un esempio di ufficio stampa più diffuso, Sarebbe corretto chiamarle agenzie di informazioni, perchè non servono solo alla carta stampata. Le agenzie di stampa costituiscono la principale fonte di informazione per l universo dei giornali, delle testate radiotelevisive e multimediali che vi si abbonano. Negli ultimi tempi un altro importante canale di pubblicazione è diventato il web, con un vasto pubblico di lettori che si informa attraverso i giornali on-line. Le agenzie operano quotidianamente e in diversi ambiti (regionale, nazionale e internazionale). Utilizzano i più svariati mezzi di trasmissione: telescrivente, radiotelescrivente e videoterminale. E trasmettono non solo notizie scritte, ma anche foto, filmati e servizi in voce. La loro storia ha inizio a Parigi nel 1832, quando Charles-Louis Havas, un ebreo di famiglia ungherese, fa tesoro di un ottima conoscenza delle lingue per aprire un ufficio di traduzioni: gli articoli dei giornali stranieri diventano accessibili ai francesi. Vent anni dopo riesce anche a fare uso della linea telegrafica francese per accelerare lo scambio di informazioni a lunghe distanze. Presso Havas lavorano Bernhardt Wolff e Paul Julius Reuter. Entrambi si metteranno in proprio, aprendo due nuove agenzie rispettivamente a Berlino nel 1849 e a Londra nel L informazione è in mano a tre grandi colossi, che sono tenuti al patto di stabilità e sono privi di risorse economiche». «Per quanto riguarda il settore privato-aggiunge Lorenzonil Veneto è caratterizzato da piccola e media industria dove non c è ancora un fabbisogno percepito di attività di ufficio stampa ed quindi un mercato in sviluppo che comunque ha avuto una perdita media nell ultimo anno del 28 per cento quindi mancano soldi anche da questa parte». Il futuro sembra quindi essere internet. Oggi l'addetto stampa, infatti, grazie ai new media si può trovare a diretto contatto con l'interlocutore senza passare attraverso i mezzi di comunicazione. E dal punto di vista legislativo lo Stato certo non aiuta questo settore. La legge 150 del 2000 ha posto le basi per la tutela dell addetto stampa ma è attualmente ferma. E' stato un enorme passo avanti, commenta Lorenzon, anche se questa legge è stata fatta per sistemare non i giornalisti ma i comunicatori ed è attualmente ferma. Pur essendo un provvedimento dello stato rivolto agli enti pubblici, questi ultimi non la stanno applicando. (m.z.) opereranno in sinergia per spartirsene il monopolio. Nel 1859 firmano un accordo di suddivisione dei territori su cui operare: Havas di prende l Europa occidentale e il medio oriente, Wollf l Europa centro-orientale e Reuter tutti i territori dell impero britannico. Intanto dagli Stati Uniti alcuni quotidiani fondano in cooperativa la New York Associate Press, per difendersi dal monopolio dei tre giganti d Europa e assicurarsi una degna copertura degli accadimenti. Nel 1853 nasce anche la Stefani, prima agenzia italiana, fondata per volontà di Cavour. Dopo essere diventata strumento di propaganda durante il regime fascista, viene chiusa alla fine della seconda guerra mondiale. I suoi impianti passano in mano a una nuova agenzia costituita nel 1945 da una cooperativa di editori e quotidiani: l Ansa (Agenzia Nazionale Stampa Associata), che ad oggi rimane un punto di riferimento per l informazione italiana, con la capacità di rimanere sempre al passo con i tempi. Dal 1996 l Ansa è stata la prima agenzia italiana a diffondere notizie via sms. Ad oggi conta all incirca 1500 dipendenti, tra cui 500 giornalisti. Altre importanti agenzie di stampa in Italia sono Agi, Agr, Adnkronos, Italpress, Asca, Finpress, Ap e Apcom. Ai vertici del panorama internazionale si sono affacciate invece le principali agenzie di stati che ricoprono un certo peso politico come la Tass (Mosca), Nuova Cina (Pechino) e Kyodo (Tokyo). LA SCRITTURA Deve prendere la forma ideale per chi utilizza la notizia In un periodo di crisi come questo che sta colpendo l editoria non si sta rivalutando il settore degli uffici stampa? «Si sta un po più credendo a questa alternativa anche se gli enti, le organismi e le associazioni che possono offrire un posto dignitoso, professionalmente serio e remunerato non sono tantissimi. Rispetto ai giornali e alle televisioni, gli uffici stampa non offrono la possibilità di collaborazioni e questo limita, in qualche modo, la possibilità di essere assunti. Inoltre, non essendo un buon periodo per la categoria, molti uffici stampa sono al completo. Bisognerà aspettare un ricambio anche se non è possibile prevedere quando avverrà». I sindacati cosa potrebbero fare? «Il sindacato si è molto speso per l approvazione della legge 150 in modo che negli enti pubblici, per esempio, potessero fare informazione solamente giornalisti iscritti all albo. Si è fatta molta strada rispetto a vent anni fa e tanto altro si può ancora fare».

12 12 Speciale Veneto e informazione L_ink re@d ibile o 18 FEBBRAIO 2010 GIOVANNI GUARISE ROMA Ma a noi le pensioni chi le pagherà? È una domanda che si pongono tanti giovani giornalisti, precari e non. Una risposta arriva da Andrea Camporese, presidente dell Inpgi, ente di previdenza dei giornalisti italiani. La situazione non è uguale per tutti. I collaboratori senza contratto versano contributi in misura proporzionale a quanto guadagnano. Quindi le pensioni se le pagano da soli, perché le quote di contribuzione versate rimangono in un fondo individuale, che si rivaluta nel tempo e porta ad una pensione. Il problema sono gli scarsi introiti, che in molti casi, come emerge dalle dichiarazioni dei redditi, non superano nemmeno i 5 mila euro annui. Un precariato pesante perché se risicato è il guadagno, irrisorio è il contributo versato, e molto bassa sarà la pensione. Discorso diverso, e più rassicurante, per i dipendenti con contratto iscritti alla gestione principale. Il loro sistema si Andrea Camporese, presidente nazionale dell Inpgi DIPENDENTI Chi ha un contratto avrà pensioni più basse ma garantite autoalimenta nella maniera più classica, simile a quella dell Inps: i lavoratori di oggi pagano le pensioni a quelli di ieri, quelli di domani a quelli di oggi, e via dicendo. Il problema riguarda l equilibrio del sistema, perché con la crisi dell editoria i dipendenti sono sempre meno e le entrate per contributi non sarebbero sufficienti a coprire le uscite per pensioni. Camporese prevede che questa gobba negativa arriverà nel giro di qualche decennio e durerà per circa vent anni. Ma in quel periodo l Inpgi interverrà con una parte del patrimonio accantonato, che ammonta oggi a due miliardi di euro. E l erosione parziale di un patrimonio non può dirsi di per sé un fatto negativo. Poi il sistema tornerà pian piano in equilibrio. La prospettiva dei giornalisti titolari di contratti, quindi, è di pensioni certe e dignitose, anche se più basse rispetto a quelle odierne. Guardando al presente la crisi dell editoria in ambito previdenziale si manifesta con un ondata di prepensionamenti: sono settecento le uscite stimate negli ultimi due anni. PRECARI Le retribuzioni non consentono un buon accumulo di contributi «L Inpgi è al sicuro» Gli iscritti un po meno Le risorse per la previdenza non mancano ma i bassi redditi daranno basse pensioni E il settore più colpito, neanche a dirlo, è la carta stampata. Un evento negativo che non grava sull Inpgi, i cui costi sono rimborsati dallo Stato. A carico dell ente sono invece alcune tutele per i precari introdotte da qualche anno, come le indennità di malattia e di ricovero, e la maternità. Nello stesso tempo l'aliquota di versamento previdenziale è cresciuta, perché in applicazione del protocollo sul welfare firmato due anni fa dal ministro Damiano. Questa aliquota si è elevata ponendone in capo agli editori i due terzi: pagando poco meno di quello che pagava ieri, il collaboratore avrà una contribuzione previdenziale quasi tripla. Il precariato nel mondo della stampa rimane comunque allarmante. «Il vero problema è l incapacità del mercato del lavoro di creare nuovi posti - sostiene Camporese - oltre che di assorbire quelli lasciati liberi da chi va in pensione. Il panorama è difficile e confuso - continua - perché il giornalismo classico va decrescendo e in parallelo ne crescono altri tipi. Il turnover è molto basso e per avere speranze si devono individuare i giusti canali di occupazione». In sostanza i posti di lavoro aumentano nell ambito della pubblica amministrazione, nel mondo delle radiotelevisioni locali e nei nuovi media. Ma in generale il mercato del lavoro è fermo, non produce nuovi posti. La crisi dell editoria è comunque legata a quella più generale dell economia, il cui effetto più tangibile è stato un crollo della pubblicità. E solo fra due anni, quando l ondata di recessione sarà alle spalle, avremo una fotografia più nitida del giornalismo italiano. M AT R I C O L E Molti giovani non riusciranno a venire assorbiti dal mercato CHI È Andrea Camporese ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 1987 come collaboratore dei giornali veneti del gruppo Finegil. Dopo un precariato di dieci anni è approdato alla Rai, ancora come precario, per venire poi assunto in pianta stabile. La sua presenza nel sindacato è iniziata nel 1989, come componente del direttivo del Sindacato giornalisti del Veneto del quale ha anche ricoperto la carica di segretario regionale. Per 15 anni è stato membro del Consiglio nazionale della Fnsi. Nell ultimo triennio ha ricoperto la carica di vice presidente della Casagit, la cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti. Da quasi un anno è presidente dell Inpgi. Andrea Camporese è un giornalista di nuova generazione. Anche lui ha vissuto il precariato per una decina d anni, prima al Mattino di Padova, poi in Rai. «Grazie al mio impegno parallelo all interno del sindacato ho avuto l opportunità di ricoprire questa importante carica. Francamente ritengo positivo che alla presidenza dell'inpgi ci sia un quarantenne con una storia professionale come la mia, che mi rende sensibile alle situazioni difficili di molti colleghi». In conclusione un messaggio di sincera disillusione a tutti i precari di oggi: «In un mercato così difficile ci vuole una grande determinazione. Bisogna essere testardi, preparati e insistenti. Certo io non posso dire che tutti i giornalisti precari riusciranno ad avere un posto di lavoro. Questo è impossibile. Per cui bisogna allo stesso tempo valutare rischi e benefici, sapendo che si deve fare molta attenzione nell'investire tutto in un precariato dagli esiti incerti. Il consiglio che posso dare è di essere motivati e impegnati al massimo, dopodiché sappiamo che nell'attuale sistema meno della metà di quelli che partono arriveranno ad ottenere il posto di lavoro». Un dato, quest ultimo, inconfutabile. Lasciate ogni illusione o voi che entrate. L ente che offre assistenza sanitaria ai giornalisti non gode di un buon stato di salute Ricovero per la Casagit Improvvisi deficit di bilancio: si va ai ripari Pensioncine La previdenza precaria Dal 1996 nell ambito dell Inpgi è stata costituita una gestione previdenziale separata per assicurare i trattamenti previdenziali ai giornalisti che svolgono la loro attività in regime di autonomia. La cosiddetta Inpgi 2 è arrivata in attuazione della legge di riforma del sistema previdenziale (legge n. 335 dell 8 agosto 1995), che ha introdotto il diritto alla copertura previdenziale ed il conseguente obbligo contributivo per tutti i lavoratori, subordinati e autonomi. Con il decreto legislativo del febbraio 1996 il governo ha consentito agli ordini professionali di costituire casse previdenziali a favore dei propri iscritti, relativamente alle prestazioni di lavoro in regime di autonomia, creandoli ex novo, ovvero affidandone la gestione ad altre casse o enti. Sulla base di questa previsione legislativa, il consiglio nazionale dell Ordine dei Giornalisti ha deliberato l istituzione di una forma previdenziale autonoma per tutelare in maniera particolare alcune categorie di giornalisti come i freelance, i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, e i collaboratori occasionali. Alla Gestione separata devono comunque essere iscritti tutti i giornalisti professionisti e pubblicisti, e tutti i praticanti che svolgono attività giornalistica autonoma. Anche nel caso in cui questi siano iscritti alla gestione principale, qualora svolgano attività autonoma. La gestione separata assicura, così come la principale, i trattamenti pensionistici in caso di vecchiaia, invalidità e superstiti. Poiché i trattamenti sono calcolati per legge sulla base del criterio contributivo, il giornalista iscritto alla gestione principale e a quella separata non può percepire, al momento del pensionamento, un unico trattamento, sommando le pensioni erogate da entrambe le gestioni. Anche la gestione separata ha un proprio consiglio di amministrazione eletto direttamente dai giornalisti iscritti, che rimane in carica quattro anni ed è composto da cinque rappresentanti elettivi, dai rappresentanti del ministero del welfare e della presidenza del consiglio dei ministri. A presiedere il comitato è lo stesso presidente dell Inpgi o, in sostituzione, il presidente vicario. I collaboratori iscritti oggi alla gestione separata sono circa 28 mila, di cui 10 mila sono Co.co co. La metà di questi ultimi, come confermato da Andrea Camporese sulla base dei dati forniti dall Osservatorio generale, non guadagna più di cinque mila euro lordi all anno. PADOVA La salute è il più prezioso dei beni. L uomo ha il dovere di difenderla per beneficio proprio, dei propri familiari e della società. Con questa consapevolezza la categoria dei giornalisti ha scorporato la sanità dall ente di previdenza (Inpgi) e oggi può vantare una cassa autonoma per l assistenza medica e ospedaliera. In principio - «Ciascuno versa secondo il guadagno e riceve secondo il bisogno». Così scriveva Giovanni Spadolini sulla Casagit (Cassa autonoma di assistenza sanitaria integrativa dei giornalisti italiani), istituzione nata nel 1974 per volontà del sindacato di assicurare ai giornalisti prestazioni sanitarie integrative rispetto a quelle fornite dal Sistema Sanitario Nazionale. E quello della mutualità di categoria ne è il criterio fondamentale: versamenti proporzionali alla retribuzione, prestazioni uguali per tutti. Caratteri generali - L a s- sociazione è privata, a carattere nazionale e senza fini di lucro. Vi sono iscritti automaticamente e obbligatoriamente tutti i professionisti e i praticanti con rapporto di lavoro subordinato, oltre che ai pubblicisti a tempo pieno. In forma volontaria possono aderirvi anche i tutti gli giornalisti iscritti all ordine che non rientrano nei suddetti criteri (i pubblicisti lo devono fare entro un anno dallla data di iscrizione). Le prestazioni sono indirizzate non solo agli stessi giornalisti, ma anche a coniugi, figli fino al ventiseiesimo anno di età e genitori in età pensionabile a carico. La copertura dei servizi di assistenza è vasta: ricoveri, interventi di chirurgia, visite specialistiche, accertamenti clinici, terapie, acquisto di medicinali, acquisto di lenti, protesi dentarie e ortopediche, assistenza infermieristica a domicilio e persino le cure termali. I problemi di bilancio - Sul piano finanziario la Casagit ha potuto vantare nel tempo una situazione di sostanziale solidità. Ma l arrivo della crisi economica, aggiuntasi in parallelo a quella del mondo dell editoria, ha fatto emergere imprevisti segnali d allarme. Nel corso del 2008, come ammesso dal componente del CdA Gabriele Cescutti, è arrivato il «fulmine a ciel sereno». Le verifiche di bilancio hanno fatto emergere un deficit di 13,6 milioni di euro, a cui ne va aggiunto uno ulteriore di 3,9 milioni per il bilancio riferito al La riserva si è drasticamente ridotta a meno di 9 milioni di Complementi di Fondo Restrizioni in arrivo per coprire i buchi di bilancio della Casagit Il Fondo di previdenza complementare dei giornalisti italiani è un regime pensionistico di categoria derivante dalla contrattazione collettiva. Si affianca al regime pensionistico obbligatorio di base per assicurare la pensione di primo livello. Si tratta quindi di un trattamento aggiuntivo a quello dell Inpgi che avviene mediante la capitalizzazione individuale delle risorse. L accordo sindacale per l istituzione del fondo è stato raggiunto nel 1987 tra la Federazione della Stampa e quella degli editori. Prevedeva l erogazione di una cifra una tantum per tutti i giornalisti, quali dipendenti, a titolo di donazione iniziale. Con un nuovo accordo è stato poi stabilito che a partire dal 1 gennaio 1993 le aziende avrebbero versato al Fondo a favore dei dipendenti un contributo fisso mensile di 25 mila lire. Oggi il Fondo, costituito in Fondazione, è guidato da un consiglio di amministrazione che rimane in carica tre anni ed è composto da dodici membri: sei di questi vengono nominati dalla Fieg, gli altri sei sono invece nominati direttamente dai giornalisti iscritti. L adesione è volontaria e aperta a tutti i professionisti titolari di un rapporto di lavoro giornalistico subordinato. Le posizioni individuali sono alimentate da un contributo fisso dell editore e uno del singolo iscritto. Quest ultimo è calcolato su diversi elementi della retribuzione come il minimo tabellare, gli aumenti di anzianità, i maggiori compensi per lavoro notturno e domenicale, la tredicesima e altre indennità varie. euro. Questo perché sarebbero mancati i dovuti controlli di spesa. Al nuovo consiglio di amministrazione, entrato in carica il 2 luglio 2008, è spettato l incarico di un urgente misura correttiva per ripianare i buchi emersi negli ultimi tempi e prevenire il rischio di nuovi deficit. La riunione per l approvazione definitiva di questa manovra di risanamento si è tenuta il 29 gennaio. Queste le decisioni finali, comunicate dal presidente Daniele Cerrato: nessun aumento percentuale del contributo Casagit 2010 per contrattualizzati e pensionati, nessuna variazione per i familiari (figli con età superiore ai 26 o 30 anni, genitori a carico e parenti entro il terzo grado che abbiano i requisiti richiesti), contributi fermi al 2009 per disoccupati e cassintegrati, nessuna variazione per il contributo sui familiari a carico, mentre è diminuita la quota annuale per i soci titolari con meno di 30 anni e a basso reddito. Perché la Casagit, da dispensatrice di assistenza medica, le ferite se le cura da sola. (g.g)

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