L impresa responsabile e la comunità intraprendente

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1 L impresa responsabile e la comunità intraprendente Responsabilità sociale, territorio e piccole imprese in rete a cura di Romano Benini è possibile coniugare i temi della responsabilità sociale al sistema delle piccole e medie imprese? Sono maturi i tempi per una programmazione dello sviluppo che incentivi il sistema delle imprese ad adottare comportamenti e scelte di responsabilità sociale? In quale modo è possibile far uscire dalle piccole imprese e dalle imprese artigiane quella responsabilità ed attenzione sociale che spesso è sommersa e non rilevata ed in che modo si riesce ad incentivare una scelta di questo tipo? In un Paese in cui più del novanta per cento delle imprese hanno meno di dieci dipendenti ed in cui il lavoro autonomo coinvolge milioni di persone parlare di responsabilità sociale senza affrontare il punto di vista delle piccole imprese e delle aziende artigiane può essere fuorviante. Lasciare l obiettivo della promozione della responsabilità sociale solo alle grandi aziende, magari multinazionali, significa in Italia lasciare questo tema al dibattito teorico ed escludere le dinamiche produttive reali dal tema della promozione sociale. Questo lavoro prende spunto da un progetto europeo promosso, tra gli altri, da Ecipa CNA e dall Università Bocconi e prova a dare risposta a questi interrogativi, valorizzando l esperienza concreta attraverso cui il progetto Equal Etica e pmi ha provato a costruire modelli di promozione della responsabilità sociale nei sistemi territoriali di piccole imprese (in Toscana, in Emilia Romagna ed in Sicilia) e a promuovere una specifica figura di promotore, presso le imprese artigiane e le piccole imprese, di scelte socialmente responsabili. In questo lavoro si espongono dati e risultati, si evidenziano commenti e punti di vista ed emergono con chiarezza quali siano i limiti e le condizioni di una attenzione sociale delle piccole imprese che ha a che vedere con il rapporto tra l impresa e la comunità di riferimento, con la promozione dei servizi e delle politiche e con il processo di qualità della filiera produttiva, con particolare attenzione al lavoro e alle condizioni professionali. (segue in quarta)

2 L impresa responsabile e la comunità intraprendente Responsabilità sociale, territorio e piccole imprese in rete a cura di Romano Benini Romano Benini Susanna Bernardini Luca Iaia Roberta Iannone Stefano Pogutz Francesco Perrini Sergio Pivato Antonio Tencati Università Bocconi di Milano

3 INDICE Introduzione pag. 9 PARTE I LE IDEE 1. L impresa che include di Romano Benini consulente del Ministero del Lavoro, responsabile CNA Impresasensibile 1.1 La promozione della responsabilità sociale nella rete delle piccole e medie imprese Il contesto europeo delle piccole e medie imprese I fattori di sviluppo della corporate social responsabilty nelle piccole e medie imprese Il territorio e l etica nell economia Gli strumenti di promozione della responsabilità sociale e le politiche pag. 13 pag. 13 pag. 17 pag. 18 pag Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto di Roberta Iannone, ricercatrice Università La Sapienza e docente Università L Aquila 2.1 Introduzione 2.2 Reti d impresa e reti di attori 2.3 Reti sociali, perché? Riferimenti bibliografici pag. 23 pag. 25 pag. 30 pag Insostenibilità del sistema economico mondiale, responsabilità sociale e nuovi modelli di sviluppo locale di Antonio Tencati, docente Università Bocconi di Milano 3.1 Introduzione 3.2 Una crescente emergenza ambientale pag. 51 pag. 54

4 3.3 Forti disuguaglianze sociali 3.4 Affermazione di un capitalismo vorace e predatorio 3.5 Antidoti all insostenibilità: biodiversità economica, nuovi modelli d impresa, responsabilità sociale e relational state 3.6 La transizione verso la sostenibilità del distretto reggiano-modenese delle ceramiche 3.7 Conclusioni Riferimenti bibliografici 4. RESPONSABILITà SOCIALE E COMPETITIVITà DELLE PICCOLE-MEDIE IMPRESE di Francesco Perrini e Sergio Pivato, professori ordinari di Economia e Gestione delle Imprese Università Bocconi di Milano 4.1 Introduzione 4.2 La funzione della CSR 4.3 Una definizione di CSR 4.4 La crescente attenzione alla CSR 4.5 La strategia europea per lo sviluppo sostenibile: il contributo della CSR 4.6 La CSR in Italia e le PMI 4.7 La CSR come fonte di competitività: alcuni esempi virtuosi 4.8 Le opportunità per le imprese e i vantaggi di mercato 4.9 Conclusioni 5. Responsabilità sociale d impresa e pratica aziendale: una rassegna delle principali esperienze di Stefano Pogutz, docente Università Bocconi di Milano 5.1 Introduzione 5.2 Teoria manageriale e responsabilità sociale pag. 55 pag. 57 pag. 59 pag. 63 pag. 68 pag. 69 pag. 73 pag. 75 pag. 76 pag. 79 pag. 81 pag. 83 pag. 87 pag. 90 pag. 92 pag. 95 pag Politiche e strumenti per la CSR 5.4 Il caso italiano 5.5 Un percorso evolutivo Riferimenti bibliografici 6. La governance relazionale dell impresa responsabile di Roberta Iannone, ricercatrice Università La Sapienza e docente Università L Aquila 6.1 Introduzione 6.2 La governance relazionale 6.3 I livelli della teoria degli stakeholder Livello razionale Livello di processo Livello transazionale 6.4 Governare la rete: (un processo di) concertazione o (un momento di) focus group? Riferimenti bibliografici PARTE II IL PROGETTO 7. Responsabilità sociale e PMI, politiche e strumenti a confronto a cura del gruppo di lavoro progetto Etica e PMI dell Università Bocconi di Milano 7.1 La metodologia adottata 7.2 Il tipo di iniziativa 7.3 L ambito territoriale 7.4 Il raggio d azione Multi-stakeholder Approach Triple Bottom Line Approach 7.5 CSR: PMI e territorio pag. 102 pag. 117 pag. 120 pag. 123 pag. 129 pag. 139 pag. 142 pag. 143 pag. 158 pag. 162 pag. 177 pag. 183 pag. 189 pag. 191 pag. 192 pag. 196 pag. 196 pag. 201 pag

5 7.6 ll caso Italia: un confronto tra politiche ed interventi per la promozione della responsabilità sociale nelle PMI Le politiche a livello nazionale Le politiche e le iniziative locali Riferimenti bibliografici 8. Il progetto etica e PMI testi a cura di Susanna Bernardini e Luca Iaia, ricercatori Ecipa CNA 8.1 Il progetto Etica e PMI 8.2 Gli strumenti del progetto Etica & PMI 8.3 Lo strumento applicativo del disciplinare pag. 206 pag. 211 pag. 220 pag. 246 pag. 253 pag. 260 pag. 268 INTRODUZIONE La responsabilità sociale tra esercizi di stile e scelta concreta In questi anni il tema ed il dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese è arrivato ovunque: sui media, nelle direzioni ministeriali, nei programmi europei, nelle istituzioni locali, nelle leggi, nei confronti tra le forze sociali ed economiche, nelle Università e nei centri di ricerca. Non è arrivato nelle imprese. Anche in Italia, paese che ha un buon numero di imprese che hanno aderito alla certificazione europea di responsabilità sociale SA 8000 e ad altri strumenti di certificazione, in realtà il tema della responsabilità sociale e delle conseguenti scelte che un azienda deve adottare resta un tema discusso da molti politici, sindacalisti e studiosi e praticato da poche imprese. Tra le imprese che praticano responsabilità sociale, all inseguimento del marchio europeo, molte lo fanno per una semplice strategia di comunicazione e marketing (molta pubblicità dei grandi marchi italiani si sta traducendo nella promozione di scelte di attenzione sociale del tipo compri uno yogurt e salvi l Amazzonia ), molte altre lo fanno per entrare a far parte di raggruppamenti e lobby, di solito emanazione della Confindustria o delle organizzazioni cooperative. In ogni caso la pratica della responsabilità sociale anche da noi stenta ad entrare nella cultura diffusa dell agire di impresa. I motivi sono i più diversi e non hanno a che vedere, se non in minima parte, con l aria di declino e con il clima di sfiducia che gli imprenditori italiani respirano, in una economia ferma da anni e poco dinamica. La responsabilità sociale promossa in Italia ed in Europa costituisce una generica affermazione di strumenti promozionali e di certificazione costruiti sulle caratteristiche delle grandi imprese ed è diventata negli anni sostanzialmente una abile tecnica di marketing. Un terreno ampio in cui è 8 9

6 introduzione difficile distinguere tra modelli produttivi ed organizzativi, attenzione al consumatore, al territorio o al lavoratore o semplice rispetto dei contratti e della legge, un sistema disegnato spesso a tavolino e che fino ad oggi non si è costruito intorno al soggetto centrale dell economia italiana: il piccolo imprenditore. La microimpresa diffusa, in rete ed in filiera, costituisce il carattere distintivo dell economia italiana. Si tratta di una realtà dinamica e varia e che spesso mostra una attenzione alla sostenibilità sociale del proprio agire che deriva direttamente dalla consapevolezza di come i sistemi competitivi di piccole imprese in rete derivino dalla vocazione e dai saperi diffusi di una comunità socialmente coesa ed attenta alla qualità della vita e del lavoro. Dal capitale sociale al capitale produttivo. Questo punto di partenza è anche lo spunto che troviamo nel presente lavoro di ricerca, in cui diversi studiosi affrontano il tema della responsabilità sociale nelle piccole imprese in rete (con attenzione all impresa artigiana) verificando la credibilità dei diversi approcci nei confronti dei sistemi delle pmi e valutando strumenti promozionali e scelte possibili. Un lavoro che propone come riferimento una esperienza promossa (attraverso un progetto europeo) in questi anni da Ecipa, l ente di formazione della CNA (Confederazione nazionale dell artigianato) e dall Università Bocconi, che ha analizzato le scelte delle pmi ed ha sperimentato un concreto percorso di promozione della responsabilità sociale. Si tratta di un punto di partenza che offre riferimenti interessanti e che mettono in discussione buona parte delle scelte fatte e praticate fino ad oggi. Un approccio che rende il tema della responsabilità sociale un aspetto attraverso cui misurare e declinare le scelte della programmazione e delle politiche per lo sviluppo territoriale sostenibile e per la promozione della qualità del lavoro. Secondo gli autori si tratta di un punto di partenza che potrebbe portare la responsabilità sociale in un territorio più vicino alle imprese e al cittadino. PARTE I LE IDEE 10

7 1. L impresa che include di Romano Benini consulente del Ministero del Lavoro, responsabile CNA Impresasensibile 1.1 La promozione della responsabilità sociale nella rete delle piccole e medie imprese Il contesto europeo delle piccole e medie imprese Il tema della responsabilità sociale e della sua diffusione nel sistema delle piccole e medie imprese e delle imprese artigiane costituisce un aspetto rilevante per la promozione dello sviluppo sostenibile e della qualità del lavoro. Nel contesto europeo, ed in particolare in Italia, la declinazione in modo utile e reale del tema della promozione della responsabilità sociale e dell etica di impresa ha necessariamente a che vedere con il sistema delle piccole e medie imprese e con le caratteristiche dell organizzazione dei modelli produttivi locali. Trattare di responsabilità sociale di impresa avendo come riferimento il sistema economico italiano significa quindi porre al centro il ruolo delle piccole e medie imprese, sia per la loro diffusione e presenza nell economia italiana che come elemento di riferimento per la promozione di sviluppo e di occupazione. I dati sull evoluzione dell economia italiana sono chiari ed offrono un quadro in cui la centralità dei sistemi di 13

8 1. l impresa che include piccole e medie imprese è evidente: le imprese con meno di trentacinque addetti costituiscono più del novanta per cento delle imprese italiane e rappresentano in questi anni l unico contesto produttivo in cui l occupazione sia cresciuta. Declinare il tema della responsabilità sociale avendo come riferimento il sistema delle piccole e medie imprese italiane significa aver presente peculiari caratteristiche di reticolarità, specializzazione, dinamismo, rapporto con il territorio e riconoscere allo stesso tempo elementi di forza e di debolezza, derivanti sostanzialmente dalla evidente interdipendenza dei fattori produttivi con la qualità dei sistemi locali. Una qualità del territorio che ha necessariamente a che vedere, per le piccole imprese e le filiere produttive, con gli stessi aspetti di fondo della responsabilità sociale, in quanto il processo di qualità interviene su fattori quali il capitale sociale, la presenza di un sistema di welfare diffuso, il ruolo della formazione e del capitale umano, la legalità e l attenzione ai servizi e agli strumenti di gestione e di regolazione delle compatibilità territoriali. Si tratta quindi di un approccio specifico, che distingue le piccole imprese e la rete tra le imprese dalle dinamiche tradizionali e dalle considerazioni in uso nel dibattito europeo sulla corporate social responsability. La centralità delle piccole e medie imprese mostra quindi come la promozione della responsabilità sociale possa diventare nei nostri sistemi produttivi un fattore determinante per coniugare sviluppo e coesione, ma allo stesso modo mette in luce con evidenza due temi di fondo: a) la diversità dei fattori promozionali e del ruolo stesso della responsabilità sociale tra le piccole imprese e le grandi imprese, ovvero tra imprese a prevalente dimensione territoriale in cui sono decisivi gli aspetti del capitale umano e del rapporto con il territorio ed imprese globalizzate in cui sono invece determinanti gli aspetti del capitale finanziario e della produzione su scala sovranazionale; b) la necessità di promuovere e sostenere i comportamenti di responsabilità sociale nelle imprese artigiane e nelle 14 piccole e medie imprese avendo cura della dimensione dell etica territoriale e dell impatto socialmente sostenibile dello sviluppo determina il rafforzamento di interventi e servizi collocati spesso esternamente al contesto dell organizzazione dei mezzi produttivi e presenti nel sistema di welfare e di promozione dello sviluppo locale (sempre se si ritiene corretto utilizzare la distinzione esterno/interno per imprese la cui interdipendenza rispetto al contesto locale è decisiva e connaturata). Il contesto delle piccole e medie imprese e delle realtà territoriali che ne determinano la promozione come sistemi diffusi ed integrati (distretti, filiere, network, sistemi ecc.) implica quindi una specifica e distinta lettura degli aspetti, delle ragioni, dei fattori e degli elementi promozionali della corporate social responsability, ed un punto di vista particolare. Alcune delle critiche di fondo portate dagli economisti in questi anni al tema della responsabilità sociale delle imprese hanno come riferimento la struttura tipica della corporate (società per azioni) multinazionale o della grande impresa e considerano, per esempio: a) la necessità (affermata in modo esplicito soprattutto nel sistema anglosassone) che l impresa assolva alle proprie finalità sociali rispondendo in primo luogo agli interessi degli azionisti facendo profitti e dividendi (stockholders); b) l obbligo che l impresa non distolga il proprio agire dall obiettivo della produzione di reddito e profitto con attività non direttamente remunerative (socialità del profitto); c) la promozione della responsabilità sociale come strumento per limitare o contrastare l inefficacia delle disposizioni degli ordinamenti nazionali su imprese globalizzate; d) la difficoltà di garantire in modo trasparente e verificabile comportamenti socialmente responsabili nell agire economico sovranazionale. Queste obiezioni trovano riferimenti e spunti sia nelle indicazioni normative e negli orientamenti dei sistemi giuridici che negli effettivi comportamenti di molte grandi corporation 15

9 1. l impresa che include ed in casi che hanno coinvolto società (per esempio il caso Enron) impegnate da anni in iniziative filantropiche ed al tempo stesso assolutamente irresponsabili ambientalmente, socialmente, finanziariamente. La necessità di promuovere comportamenti di responsabilità sociale attraverso un attenzione agli effetti positivi nel medio-lungo periodo in questi anni non appare comunque al centro dell impegno delle grandi corporation che muovono l economia mondiale. La richiesta che giunge forte dalle organizzazioni delle grandi imprese e che è confermata dai governi nazionali è inoltre che la responsabilità sia sostenuta, ma non imposta e che non si vada molto oltre la semplice repressione dell evidente irresponsabilità. Eppure proprio questi anni ci hanno fatto conoscere come una economia disattenta ai fattori della sostenibilità sociale ed ambientale sia non solo pericolosa, ma rifiutata e temuta da fasce sempre più larghe della popolazione e come l economia dei paesi occidentali non possa più a lungo sostenere la concorrenza di paesi, come la Cina, in cui non esista attenzione agli elementi di base della responsabilità sociale (ambiente, diritti, orari di lavoro ecc.). Non a caso il dibattito internazionale è oggi fortemente legato al tema delle forme di controllo e di verifica del rispetto tra i paesi di standard minimi di qualità del prodotto e di tutela del lavoratore, con attenzione anche al tema dell impatto ambientale. Ostacolata nella pratica quotidiana delle corporation meno avvedute e negata da alcuni economisti di fama, la promozione della responsabilità sociale riemerge quindi oggi come elemento di fondo per una economia globale più giusta e sostenibile. La promozione e la diffusione della responsabilità sociale in quei Paesi, come l Italia, in cui la presenza delle grandi società sovranazionali è limitata ed in cui la competitività si lega alla qualità dei sistemi economici locali può quindi oggi 16 esprimere un punto di vista originale, nuovo ed in grado di restituire stimoli e forza ad un obiettivo che resta decisivo: la responsabilità delle imprese come elemento fondante dell etica di un territorio che promuove sviluppo sostenibile I fattori di sviluppo della corporate social responsabilty nelle piccole e medie imprese L approccio delle piccole imprese verso il tema della responsabilità sociale è quindi collegato ed in parte vincolato ad una pluralità di fattori, in parte specifici ed in parte del tutto originali, che consentono la promozione di comportamenti e di scelte di responsabilità sociale sostanzialmente in riferimento alle dinamiche territoriali e alla capacità del territorio di riferimento di sviluppare politiche e servizi rivolti alle imprese. Il rapporto stretto tra politiche (nazionali, regionali e settoriali) e promozione della corporate social responsability nelle piccole e medie imprese costituisce allo stesso modo un aspetto distintivo ed una caratteristica specifica del modello produttivo italiano ed europeo e che va come tale considerata. In particolare questo aspetto di fondo collega la promozione della responsabilità sociale delle imprese nei contesti in cui è forte la presenza di piccole e medie imprese a fattori esterni all impresa stessa ed in genere non direttamente od esclusivamente collegati all organizzazione produttiva. I fattori di sviluppo della csr nelle realtà caratterizzate da sistemi di piccole imprese in rete trovano soprattutto riferimento negli elementi produttivi sul territorio di capitale sociale e di relazioni finalizzate all agire economico e all integrazione lavorativa, ed in particolare alla presenza: a) di legalità diffusa e di strumenti dissuasivi rispetto a comportamenti illeciti; b) di servizi pubblici e privati per le imprese, l economia, il territorio, la formazione e l incontro tra domanda ed offerta di impiego; 17

10 1. l impresa che include c) di diffuse pratiche di concertazione e di condivisione delle scelte per lo sviluppo economico e territoriale; d) di politiche per il sostegno alla programmazione integrata dello sviluppo territoriale; e) di strumenti in grado di sostenere l integrazione tra servizi per le imprese e servizi alla persona; f) di politiche attive in grado di valorizzare il capitale umano e la promozione dell integrazione lavorativa. Appare quindi evidente come i fattori di sviluppo della corporate social responsability in contesti produttivi caratterizzati dalla sinergia tra le piccole imprese, dalla specializzazione produttiva e dalla implementazione di processi di qualità basati sul capitale umano costituiscano un aspetto interessante ed originale, una prospettiva in grado di collegare la responsabilità sociale delle imprese come chiave di un modello di sviluppo sostenibile, particolarmente attrattivo per la promozione di politiche del lavoro in riferimento alla strategia di Lisbona e alla valorizzazione delle risorse umane nella vocazione delle specificità produttive del territorio. In questo senso è evidente come l analisi, lo studio, la progettazione e la promozione della responsabilità sociale delle imprese in Italia abbia a che vedere non solo con aspetti di organizzazione del prodotto e con il tema del consumo, ma anche con i risultati di politiche locali orientate al capitale sociale e alla valorizzazione delle reti e dei saperi diffusi, di politiche territoriali in grado di promuovere un welfare mix attento all inclusione, alle competenze, alla qualità del lavoro Il territorio e l etica nell economia Si propone in questo modo quindi un punto di vista interessante e particolare, affine ai temi dell approccio europeo al welfare to work, che considera i comportamenti di responsabilità sociale delle imprese come componente di 18 una più generale attenzione etica del territorio che, a sua volta, costituisce il risultato di efficaci politiche territoriali in grado di promuovere servizi e strumenti per lo sviluppo sostenibile e di collocare i sistemi produttivi di piccole e medie imprese come riferimento per la promozione di politiche territoriali. Si tratta quindi di saper valorizzare le attitudini e le vocazioni del territorio e di porre il fattore della qualità del lavoro e del capitale umano al centro delle misure per la programmazione ed il sostegno allo sviluppo. Il rapporto stretto tra promozione del capitale sociale nel territorio e della responsabilità sociale delle imprese diventa quindi una chiara componente della promozione dello sviluppo sostenibile attraverso efficaci politiche del lavoro. Questo approccio mostra quindi un legame tra le scelte e gli strumenti di promozione della responsabilità sociale nelle imprese e le azioni destinate alla programmazione dello sviluppo sostenibile attraverso la realizzazione di servizi e strumenti destinati alla valorizzazione del capitale umano e al sostegno alla promozione della qualità nel lavoro. Si realizza quindi un nesso tra capitale sociale presente nel territorio, responsabilità sociale delle imprese, competitività dei sistemi produttivi che evidenzia un interessante punto di vista europeo ed italiano al tema della promozione della corporate sociale responsability e che chiama in causa: - la progettazione, la programmazione e la concertazione delle politiche; - il rapporto tra impresa, persona e territorio; - il rapporto tra welfare territoriale e competività dei sistemi produttivi. Si tratta di un punto di vista specifico ed europeo, che dà enfasi alla specializzazione del territorio e alla qualità dei processi e dei prodotti come elemento dello sviluppo sostenibile e che rafforza la capacità della csr attraverso le imprese artigiane e le piccole imprese di diventare un riferimento per rendere competitiva l economia locale attraverso i servizi alla persona e la qualità del lavoro. 19

11 1. l impresa che include Gli strumenti di promozione della responsabilità sociale e le politiche Compatibilità, inclusione, diritti, servizi diventano in questo modo termini coniugabili con competitività, sviluppo, creazione di impresa, profitto. La declinazione della coniugabilità tra competitività economica e compatibilità sociale mette evidentemente in campo il rapporto tra economia e società e quindi necessariamente chiama in causa la politica, o meglio le politiche, soprattutto nella capacità delle Amministrazioni e delle Istituzioni di promuovere dialogo sociale e di programmare servizi e strumenti per lo sviluppo, la qualità del lavoro ed un sistema di welfare in grado sul territorio di sostenere l occupabilità. La dimensione della responsabilità sociale nelle piccole e medie imprese e la sua promozione diventano quindi una possibile ed auspicabile conseguenza dell attuazione della strategia di Lisbona per lo sviluppo sostenibile attraverso la qualità del lavoro e la valorizzazione delle vocazioni produttive del territorio. Non più quindi l impresa come destinataria di richieste ed oggetto di stimoli per la promozione di maggiore attenzione sociale, ma la promozione della compatibilità e dell attenzione sociale come risultato della attivazione di strumenti, politiche e servizi in grado sul territorio di sostenere l economia facendo sistema e promuovendo l inclusione sociale attraverso l integrazione nel mercato del lavoro e la creazione di opportunità. Non si tratta più quindi di responsabilità sociale come vetrina di buoni comportamenti e logica di marketing per le fasce alte dei consumatori, ma da vedere come strumento in grado di misurare il grado di partecipazione delle imprese alla formazione del capitale sociale sul territorio e del mercato del lavoro locale di essere al tempo stesso inclusivo e di qualità. La centralità dei sistemi diffusi delle piccole e medie imprese sposta quindi l accento su una idea di corporate 20 responsability più attenta alla persona e al territorio ed in grado di esplicarsi compiutamente nel rapporto tra impresa, cittadino e territorio. D altra parte proprio i modelli di welfare locale più avanzato mostrano come le piccole imprese costituiscano un riferimento interessante per la promozione di una maggiore inclusione sociale, per l integrazione lavorativa e per la promozione di reti territoriali aperte ed in grado di progettare lo sviluppo in termini di qualità. Questa prospettiva è in ogni caso interessante quanto difficile, dimostra l esistenza o meno dei presupposti per la coesione sociale ed economica sul territorio, attribuisce centralità alla capacità di progettare e promuovere politiche, di fare dialogo sociale e restituisce ruolo ai decisori, agli stakeholders e ai promotori delle politiche pubbliche (policies) e dello sviluppo locale. Restituisce alle politiche ed ai servizi pubblici quello spazio che in parte abbiamo ritenuto venisse limitato dalla preponderanza del mercato come un luogo delle sintesi e delle risposte. Responsabilità sociale e sistemi di welfare locale: la dimensione auspicabile per la diffusione di comportamenti di responsabilità sociale nelle piccole e medie imprese chiama quindi in causa il territorio e la sua capacità di limitare le diseconomie, di favorire l agire di impresa e di valorizzare l intraprendenza ed il capitale umano. Una prospettiva che cresce attraverso la fiducia, la capacità di agire in rete, la valorizzazione del capitale umano e lo sviluppo della ricerca e dell innovazione. Una dimensione che rende le politiche per il territorio, i servizi per la persona e la prospettiva concreta del welfare to work i presupposti per quella coesione territoriale che costituisce al tempo stesso la conseguenza della legalità e dell etica nell economia locale e la premessa per comportamenti di responsabilità e promozione sociale. Comportamenti che vedano al centro le piccole e medie imprese e sappiano valorizzare la capacità intrinseca delle imprese artigiane di fare sistema, di fare innovazione, di fare inclusione. Naturalmente e localmente inclusivi. 21

12 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto di Roberta Iannone, ricercatrice Università La Sapienza e docente Università L Aquila 2.1 Introduzione Un aspetto interessante della rete, e forse quello che spiega anche il suo successo applicativo, è dato dal fatto che essa può essere utilizzata per spiegare legami tra attori anche molto diversi tra loro. Ciò la rende un concetto ricco di potenzialità esplicative, anche metaforiche, dei più diversi rapporti: tra famiglie come tra gruppi, tra momenti organizzativi come tra lavoratori, tra unità come tra processi produttivi, tra governi come tra stati, e molte altre combinazioni ancora. Persino le scienze sociali hanno tradizionalmente privilegiato questo tipo di lettura, semplificando figurativamente, attraverso tale immagine, la scientificità delle riflessioni sulle strutture sociali. In questo senso, ad esempio, si espresse McIver con la sua idea di reti di rapporti tra persone quali intrecci di relazioni sociali, ma soprattutto Radcliffe-Brown ) R. M. McIver, (a cura di), Discrimination and National Welfare, New York, Harper Bros, ) R. Brown, Struttura e funzione nella società primitiva, Milano, Ed. Comunità,

13 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto che definì la struttura sociale come una rete di relazioni effettivamente esistenti. Nel tempo, tuttavia, l approccio delle scienze economicosociali è mutato perché ci si è resi conto che, per quanto suggestiva potesse essere, l immagine della rete possiede un valore euristico ben più forte di quello suggerito da una rappresentazione metaforica. Concentrando l attenzione sulla sua effettività empirica e sulla sua concretezza, si è constatato, in altri termini, che la rete fosse, da un lato, un vero strumento di conoscenza della realtà osservabile, dall altro, la struttura latente di quest ultima; da una parte un concetto operativo e descrittivo per la conoscenza del reale, dall altro sua stessa fonte. Il riferimento immediato va al sociologo Barnes, il primo ad introdurre il concetto di network in termini scientifici e sistematici nel 1954 ed a Bott 4 che tre anni dopo si servì di tale nozione per realizzare una ricerca sui ruoli coniugali in alcune famiglie di Londra. A partire da questo momento, vale a dire dalla connotazione analitico-empirica del concetto, la rete ha conosciuto approfondimenti tali per cui essa è oggi in grado di aprire spazi analitici di vera e propria elaborazione teorica che vanno dall analisi strutturale 5 alle teorie dello scambio 6, fino ad approdare alla teoria relazionale e agli studi sul capitale sociale 8. Dunque, metafora, concetto operativo, struttura latente, prospettiva analitica: queste, sinteticamente, le vesti indossate ) J. A. Barnes, Class and Committees in a Norvegian Island Parish, in Human Relations, vol.7, n.1, ) E. Bott, Family and Social Network, London, Tavistock Publications, Si veda per tutti: R. Serra, Logiche di rete, Milano, Franco Angeli, ) Si veda per tutti: J. Boissevan, J. C. Mitchell, Network Analysis: Studies in Human Interaction, Paris, Mouton, 1973; R. S. Burt, M. Minor, Applied Network Analysis, Beverly Hills, Sage, ) Cfr. G. C. Homans, Le forme elementari del comportamento sociale, Milano, Franco Angeli, ) Cfr. P. Donati, Teoria relazionale della società, Milano, Angeli, ) Si veda per tutti: J. Coleman, Foundations of Social Theory, Cambridge, Harvard University Press, dalla rete che le permettono, attualmente più che in passato, di rappresentare e semplificare, spiegare ed esprimere, la complessità del reale cui si riferisce e da cui, pure, proviene. Tra questi significati, la reticolarità dei rapporti economici di produzione è certamente la dimensione più studiata, in parte a motivo della centralità che l economia riveste nell era tardomoderna 9, in parte e più strumentalmente, per gli effetti che queste reti sembrano avere sullo sviluppo locale e complessivo del Paese, ed in particolare sull occupazione. 2.2 Reti d impresa e reti di attori In effetti l organizzazione dell impresa-rete, a differenza della tradizionale impresa verticalmente integrata, è caratterizzata da una concentrazione piuttosto elevata delle funzioni strategiche (progettazione, marketing, controllo e gestione della produzione) e da una dispersione dell attività produttiva in unità aziendali autonome, legate all impresa principale attraverso svariate forme contrattuali e funzionali. Essa si fonda sulla costante comparazione tra ciò che conviene fare all interno dell impresa e ciò che è opportuno esternare, attraverso un confronto che supera persino i limiti della generica e tradizionale distinzione tra make e buy per riguardare scelte come: a chi far fare, con chi fare, quando ed in che modo fare. È relazionalità tra aziende applicata ai diversi livelli di produzione e che permette una reale collaborazione tra imprese autonome con competenze professionali differenti. Per quanto centrali, tuttavia, i rapporti tra le imprese non costituiscono l unico fattore di determinazione della reticolarità sul piano economico, né probabilmente il più importante. Accanto all emergere di reticoli di piccole imprese in luogo della grande industria monade e mono- 9) C. Mongardini, Economia come ideologia, Milano, Franco Angeli,

14 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto litica, ciò che più direttamente incide sulle reti produttive è il ri-accoppiamento tra impresa e ambiente esterno e locale. L interazione cooperativa che caratterizza il nuovo paradigma produttivo non è soltanto, infatti, delle imprese tra loro ma, soprattutto, delle stesse con fattori esogeni e risorse territoriali. La produzione affonda nel territorio, nel sistema locale, nei nuovi - perché continuamente ridisegnati - confini geografici e la produttività, a sua volta, non dipende più soltanto da combinazioni efficienti dei fattori di produzione all interno del perimetro aziendale ma, almeno altrettanto, dall integrazione tra modalità di produzione e dimensioni socio-culturali del contesto di insediamento. La rete assume una nuova e più pregnante centralità perché oggi lo sviluppo economico, tanto locale quanto globale, dipende certamente dalla collaborazione con cui le imprese riescono a combinare efficientemente le fasi della produzione ma, ancor di più, dalla capacità delle stesse di valorizzare il tessuto relazionale, sociale e culturale dei luoghi di produzione. Il capitale sociale di un impresa è dato innanzitutto dal capitale civico, politico e ambientale che essa sa combinare facendosi nodo di una rete più vasta ed etereogenea e vettore del grado specifico di tradizione e di innovazione che ogni territorio porta con sé. In questo modo si spiega la maggior parte degli strumenti apprestati dal nostro Paese in vista dello sviluppo economico, come ad esempio gli strumenti della programmazione negoziata. Essi, infatti, al di là della riuscita o meno degli obiettivi che si propongono, costituiscono un metodo di lavoro esemplare ed indicativo delle nuove necessità concertative che affiorano e che obbligano i molteplici soggetti a combinare la diversità dei propri interessi in vista dello sviluppo locale. Non più logiche individuali o campanilistiche per fini particolaristici da perseguire conflittualmente, ma forme di collaborazione e di diffusione della fiducia tra soggetti pubblici e privati all interno di una rafforzata capacità di individuazione degli interessi comuni e del bene pubblico locale. 26 Dunque, in questo secondo caso di reticolarità produttiva che non riguarda soltanto le imprese ma attori eterogenei, la rete di relazioni che si realizza e che mette insieme sembra costituire una riformulazione del rapporto tra sfera pubblica e società civile. Nella maggior parte delle economie locali del nord-italia questo processo è avvenuto spontaneamente e in maniera informale 10 ; nel Mezzogiorno la combinazione di risorse e attori costituisce un obiettivo da raggiungere in maniera più ricercata e per certi aspetti artificiale : per esempio, lo sviluppo economico locale non può essere conseguito senza una mobilitazione dall alto e una responsabilizzazione dal basso dei soggetti locali stessi, nonché delle indispensabili risorse di informazione e consenso di cui dispongono. Tuttavia le istituzioni pubbliche mancano spesso delle informazioni necessarie per agire localmente e risultano frenate dalla frammentazione delle competenze tra apparati e dai vicoli nella gestione delle risorse monetarie. I soggetti privati, dall altro lato, spesso dispongono di strumenti scarsi di valorizzazione delle risorse locali e legate alla cooperazione anche quando non sarebbe conveniente agire uti singuli. In questo senso l accordo fra attori pubblici e privati permetterebbe una più facile circolazione di informazioni e di consenso e la relazionalità auspicabile tra questi attori non significherebbe mero decentramento di competenze e risorse - tra un centro sempre meno identificabile come tale e una periferia sempre più centrale - ma nuovi rapporti tra attori locali e non, all interno di un attività di stimolo e di guida da parte dei livelli istituzionali superiori: UE, Stato Centrale, Regioni. Ciò permetterebbe una sana concorrenza tra territori e consentirebbe di evitare coalizioni meramente collusive. In particolare quest ultimo punto rappresenta il principale rischio di uno sviluppo economico legato a reti di relazioni. 10) R. D. Putnam, Le tradizioni civiche delle regioni italiane, Milano, Mondadori,

15 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto La minaccia di un utilizzo improprio, cioè particolaristico delle reti, e di una riproduzione indebita dei legami, come nel caso in cui la rete tenda esclusivamente al mantenimento del potere, è in effetti un pericolo insito nel binomio reticoli sociali/sviluppo economico. Il rischio è sempre incombente, anche quando gli attori sono mossi dalle migliori intenzioni di fruizione collettiva dei beni, poiché non sempre le sane motivazioni intrinseche 11 rimangono tali alla prova dei fatti, cioè nel processo di traduzione dell identità in opere, o in seguito al confronto con le motivazioni altrui. Subentra una sorta di evaporazione del nomos, del diktat che dovrebbe orientare l agire e un progressivo appiattimento sulle motivazioni strumentali che il più delle volte coincidono con quelle monetarie. In questi casi, reti familiari, parentali, amicali, anziché costituire uno strumento di crescita perpetuano un rapporto nefasto di relazione tra comunità e società e ciò genera manipolazione delle appartenenze, dei ruoli e delle istituzioni. Ma siamo così certi che si possa continuare a parlare di reti anche in questi casi? Oppure dalla rete si passerebbe alle comunità nell accezione più vincolante dell idea di cemento collettivo che le stesse possono contenere? Sicuramente le reti non sono di per sé garanzia di coesione e di integrazione sociale su cui fondare in maniera ottimale lo sviluppo economico, e non sempre le interazioni, le connessioni e i contatti propri delle reti sono anche in grado di tradursi in relazioni sociali, cooperazione e scambi. Accade frequentemente che le potenzialità della rete rimangano bloccate nella contingenza ed episodicità di rapporti che non riescono a procrastinarsi nel tempo e di esperienze relazionali che non vengono reiterate e che per questo non possono costituirsi come sostrato fondamentale per la fiducia (e di tutto ciò che cresce quando le aspetta- tive degli attori vengono soddisfatte anziché disattese nel tempo e quanto più si vada oltre l hic et nunc proprio della semplice interazione, come nel caso della relazione di reciprocità). Ma accanto al rischio di ritrovarci collegati senza conoscerci, vicini senza comunicare, al tempo stesso nodi di reti e monadi - e cioè accanto alla deriva della rete nei flussi di connessioni labili tipici della esperienza quotidiana - nel caso dello sviluppo economico c è soprattutto il rischio opposto di un irrigidimento eccessivo della rete nel legame comunitario e di uno snaturamento di essa in realtà chiuse, come possono essere quelle dei clan. Il sistema politico istituzionale e le sue logiche universalistiche giocano qui un ruolo determinante, bilanciando il particolarismo delle reti, affinché queste costituiscano una risorsa effettiva per lo sviluppo. L impressione, che qui si intende rimarcare, è che il fascino dell immediatezza e la trasparenza delle relazioni sociali potrebbe attrarre verso una società povera di mediazioni, con i nervi scoperti, [...] assillata dall incertezza, [...] e fondamentalmente ostile; nella quale cioè il contatto troppo diretto con gli altri potrebbe risultare devastante. Potremmo dire: una adversary society 12. La rete dello sviluppo economico nasce, dunque, non solo da una riformulazione più fluida e meno gerarchica del rapporto tra sfera pubblica e società civile e da una più spiccata responsabilizzazione di quest ultima, ma anche in opposizione alla retorica della governance contro cui occorre sottolineare il fatto che nessun sistema vive senza government, senza una qualche gabbia di ferro, specie quando si tratta di operare su grande scala (nelle risorse, nei progetti, nei tempi) ) P. L. Sacco, S. Zamagni, Complessità relazionale e comportamento economico, Bologna, il Mulino, ) O. de Leonardis, Le istituzioni, Roma, Carocci, 2001, p ) C. Donolo, Il distretto sostenibile. Governare i beni comuni per lo sviluppo, Milano, Franco Angeli, 2003, p

16 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto 2.3 Reti sociali, perché? Ma per quali motivi la reticolarità, la concertazione, l idea di combinazione tra fattori endogeni ed esogeni, acquistano oggi un importanza crescente? Cosa determina la loro centralità e quali elementi, mutando, hanno reso inevitabile questo nuovo focus di problematiche, aspettative e prospettive di sviluppo economico che ruota attorno all idea della rete? La risposta va cercata in numerosi fattori: 1) la flessibilità; 2) la sfera istituzionale e il processo di deistituzionalizzazione; 3) la complessità crescente; 4) le politiche pubbliche; 5) la globalizzazione e le forme di rischio ed incertezza ad essa connesse; 6) la società del sapere. 1. Innanzitutto la flessibilità. Generalmente quando si fa riferimento ad essa, l attenzione si incentra immediatamente sulle tecniche snelle della produzione, sulla minore rigidità delle geometrie produttive, sulla creatività ed intelligenza dei processi decisionali, sull idea di economia di scopo, sulla specializzazione e il decentramento. Sicuramente ognuno di questi fattori ha inciso sulla nuova realtà imprenditoriale spingendo per la formazione, in luogo delle vecchie e monolitiche imprese, di piccole unità che si raccordano e si integrano, per rispondere al nuovo sistema di vincoli e condizionamenti. Ed in questo senso si può dire che l esigenza di reticolarità e combinazione tra attori e risorse eterogenee nasca anche da qui, dalla fine dell economia di scala e delle grandi produzioni di massa, e dalla necessità di valorizzazione della varietà dei beni e dei servizi in luogo della standardizzazione. Tuttavia, se volessimo cogliere quell elemento che, mutando, più di ogni altro ha reso inevitabile i nuovi scenari 30 reticolari dello sviluppo locale, dobbiamo fare riferimento alle logiche del fordismo e della flessibilità, più che alle loro concretizzazioni esteriori. Caratteristiche essenziali della logica fordista erano, non solo una forte separazione dell economia dalla società, con tutto ciò che questo poteva significare in termini di sottovalutazione dei fattori non propriamente economici di sviluppo economico, quanto una pretesa di modellare la seconda, cioè la società, sulla base degli imperativi della fabbrica: qui, all interno della razionalità sinottica del fordismo, è la produzione che fa il mercato e il consumatore perché si produce con la certezza che prima o poi qualcuno acquisterà e che ogni merce troverà il suo consumatore; si prescinde dal contesto perché lo si padroneggia: mero sbocco per realizzazioni di massa, esso, il contesto, viene aprioristicamente definito nei suoi fini e mezzi, costi e quantità, prestazioni lavorative e qualità della produzione. Presupposti questi impossibili, anzi dannosi, in un economia che evolve secondo i dettami della flessibilità quale ricerca di rapidi adattamenti ad un mercato turbolento, differenziato ed incerto, e bisogno di qualità ed intelligenza della produzione. In altri termini, il fordismo ha presto dovuto lasciare il campo a meccanismi di produzione più attenti alle nuove esigenze e maggiormente in grado di dare ad essi risposta attraverso il riconoscimento dell importanza delle collaborazioni esterne, da cui la formazione di reti di imprese (o distretti) e di grandi imprese-reti, del contesto di insediamento, dell interazione con soggetti territoriali, istituzionali e non. In sintesi, ha dovuto lasciare il campo ad una nuova logica, quella flessibile, che recupera e rovescia il rapporto tra impresa e suo ambiente perché parte da quest ultimo per strutturare se stessa e la produzione. 2. Anche la sfera istituzionale ha inciso sulle nuove prospettive concertative di sviluppo e in almeno due modi: in termini costruens e propositivi, nel senso inaugurato dal 31

17 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto 32 federalismo; in termini negativi attraverso un processo di de-istituzionalizzazione di cui tangentopoli ne è soltanto un esempio. Il trasferimento di competenze dal centro alla periferia, a partire dalla costituzione delle Regioni nel lontano 1970, è stato molto graduale, contrastato e tutt ora incompleto. Nonostante tali lacune, nel tempo, esso ha consentito non soltanto maggior potere agli enti periferici, ma soprattutto la diffusione di un nuovo clima intellettuale e di programmazione, volto a favorire ed incentivare quelle iniziative in grado di coinvolgere attivamente tutti i soggetti operanti a livello locale, istituzionali e sociali. A partire da quel momento, e con ritmi gradualmente più decisi per quanto lenti, i soggetti locali sono stati chiamati a coordinare la propria azione e a rispondere delle nuove competenze e della legittimità riconosciuta loro, superando la frammentazione del potere e misurandosi con la complessità. Tuttavia restano in piedi i vincoli propri di un disegno incompleto, come nel caso della gestione delle risorse materiali, e poco chiaro nella ripartizione delle competenze, negli obiettivi, nelle funzioni attribuite e nella garanzia di livelli standard di qualità dei servizi. Più recentemente, d altra parte, la sfera istituzionale ha stimolato l emergere delle reti sociali e delle sinergie anche a causa delle sue debolezze e contraddizioni: rimasti privi di solidi interlocutori centrali - come per esempio il grande partito nazionale, drasticamente ridimensionato nei suoi poteri e nella sua legittimità dalla crisi di tangentopoli - gli attori sono stati portati, spesso dagli eventi, ad instaurare rapporti orizzontali fra di essi, spingendo con forza in avanti un idea di civile quasi in opposizione, o ciò che è peggio in sostituzione, del politico e della politica. Il generale processo di deistituzionalizzazione non risparmia dunque, e difficilmente potrebbe farlo, l azione economica poiché, per quanto autoreferenziale la stessa possa divenire in un epoca di economicismo incontrastato, essa è pur sempre un azione sociale 14. In quanto tale, e per orientarsi, ha bisogno proprio di quei modelli culturali che oggi stentano sempre più ad enuclearsi quali idealtipi più validi di altri al perseguimento dell obiettivo dato - perché basato sulla logica del tentativo/successo anziché del tentativo/errore - e che gli individui nel tempo si trovano a praticare, e in questo modo a scegliere e a negoziare, permettendo che assurgano a livello di norma. In questo senso le infrastrutture della modernità e gli apparati istituzionali, primi fra tutti lo Stato e il mercato, non rendono più possibile quello sgravio di responsabilità cui, attraverso i modelli culturali della modernità, fino ad oggi è stato possibile affidarsi nella risoluzione dei problemi collettivi. Nota Beck, alludendo esplicitamente all agire di impresa, che persino se si sono rispettate tutte le norme, un impresa si può trovare nell occhio del ciclone come un impresa che mette a rischio l ambiente 15. D altra parte la deistituzionalizzazione è tanto forte quanto frequente è il richiamo alla società di stakeholder (o dei portatori di interessi) perché ciò significa alludere ad una emergente facilità di aggregazione e disaggregazione intorno a un tema, come a problemi specifici, a bisogni, interessi e valori da parte degli individui, e questa mutevolezza, e spesso labilità delle forme di condivisione, altera fortemente anche la domanda rivolta alle imprese, sia di tipo strettamente economica che sociale e/o ambientale. In altri casi il processo di aggregazione e disaggregazione informa di sé le stesse imprese al punto che anch esse vengono chiamate a ridefinire continuamente il proprio agire, dal core business passando attraverso i diversi processi produttivi fino ad 14) M. Magatti (a cura di), Azione economica come azione sociale, Milano, Franco Angeli, ) U. Beck, cit. in M. Magatti, M. Monaci (a cura di), L impresa responsabile, Torino, Bollati Boringhieri, 1990, p

18 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto arrivare all identità e alla tanto invocata ristrutturazione della cultura d impresa. La stessa tematica che va sotto il nome di responsabilità sociale delle imprese è dunque anche il portato di un più generale processo di deistituzionalizzazione, di un indebolimento della capacità delle istituzioni tradizionali di fissare regole, più o meno informali ed implicite o più o meno formalizzate come tali, che siano in grado - come è accaduto progressivamente nel corso della modernità - di alleggerire gli attori dal carico di dover, di volta in volta, stabilire ciò che è giusto da ciò che non lo è, e di dover considerare non solo la ragionevolezza della propria decisione economica e di mercato con le sue conseguenze volute, ma anche gli effetti più o meno imprevedibili di questo stesso agire. Colta da questo punto di vista la deistituzionalizzazione chiama in causa direttamente la distinzione weberiana tra etica della convinzione ed etica della responsabilità. L etica delle convinzioni è quella in forza della quale un azione può essere definita come moralmente buona quando è conforme alla coscienza, che è la regola prossima, e alla legge, che è la regola remota. L azione è moralmente buona quando armonizza il dettato della coscienza a quello della legge. In questo senso a contare sono le intenzioni dell agente, non anche le conseguenze delle sue azioni, ai fini della identificazione di un comportamento etico. Nel caso invece dell etica della responsabilità, gli effetti, anche non voluti dell azione individuale, e la situazionalità, il contesto nel quale questo accade divengono di fondamentale importanza. La responsabilità sociale delle imprese appare come la specificazione dell etica della responsabilità per l agire d impresa a sua volta portato dal processo di deistituzionalizzazione. 3. Eppure, quanto più il sistema sociale - con le sue sfere di esperienza, il mercato in primis - diviene complesso tanto più si riducono le possibilità di far valere effettivamente 34 quella data responsabilità. Gehlen 16 si è espresso in termini di complessità delle sovrastrutture civilizzatorie per alludere ad una paradossale crescita della dimensione sistemica e della sua incidenza sulle possibilità di esplicazione della responsabilità individuale. Come a dire che le società tardomoderne sembrano mutare nella direzione di una crescente autonomizzazione e differenziazione funzionale dei propri ambiti costitutivi, come il mercato dalla società civile e questa dalla politica, e quasi che il processo di astrazione sia arrivato ad un livello tale per cui si è costretti ad affidarsi al sistema, ad una entità appunto astratta, sempre meno gestibile soggettivamente e sempre meno prevedibile, e soprattutto che è in grado di comportare una vera e propria scissione tra l azione e il risultato di questa stessa azione. In tale scenario, agire in maniera responsabile significa farsi carico di un onere che è, a dir poco, insostenibile per l attore e l unica forma di responsabilità possibile - se non può essere quella di un sistema che per definizione è anonimo e impersonale - sembra essere quella propria di una rete. È nella rete e attraverso di essa che la responsabilità si fa possibile perché l esperienza sociale che la definisce è abbastanza plurale da poter garantire una ripartizione dei carichi ma anche sufficientemente concreta, e ben poco astratta rispetto al sistema, da poter pretendere contributi individuali specifici, che sono poi quelli che rendono colui che li compie un nodo della rete stessa. Diventa nuovamente attuale la riflessione di Durkheim, secondo il quale è vero che l avanzare della solidarietà organica in luogo di quella meccanica pone problemi di cemento dell unità complessiva della società - e dunque di rapporto fra le diverse sfere dell esperienza sociale, prime fra tutte economia e società civile - ma è anche vero che quanto più la differenziazione e la specializzazione funzio- 16) Cfr.: A. Gehlen, L Uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, a cura di C. Mainoldi, Milano, Feltrinelli,

19 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto nale aumentano, tanto più crescono non solo le forme di bisogno e di dipendenza di ogni sfera dalle altre (proprio perché ognuna di esse dovrà provvedere alla propria parte ma potrà farlo se ce ne sono altre che, come per analogia i vari organi all interno del corpo umano, provvedono all espletamento delle altre specifiche funzioni), ma anche l interesse che ognuna di essa e gli individui al loro interno hanno a che gli altri attori provvedano alla realizzazione del proprio contributo. È in questi termini che Durkheim ci ha insegnato a ragionare in termini di solidarietà, sia pure organica e non più meccanica, nonostante, ma a questo punto potremmo dire proprio in ragione della specializzazione funzionale e della divisione del lavoro sociale. 4. Le politiche di sviluppo territoriale indicano percorsi di crescita territoriale decisamente diversi, e spesso alternativi rispetto al modello ormai superato della programmazione economica centralizzata. Tali politiche sono, infatti, il portato di fallimenti passati che si intende correggere con inversioni di tendenze, come nel caso dell esito deludente dell intervento pubblico nel Mezzogiorno collegato all intervento straordinario, che ha spinto gli attori, inevitabilmente, verso il rifiuto di un modello centralista, unitario per l intera questione meridionale e strettamente economicista nella visione dei problemi. Ma sono anche il portato di successi, come quelli registrati dalle Regioni centro-settentrionali a partire dalla metà degli anni 70. Successo dovuto principalmente allo spazio offerto alle piccole imprese e ai servizi e beni pubblici locali, attraverso il vivo e diretto coinvolgimento degli attori dell area, di una valorizzazione delle risorse disponibili in loco e di un enfasi sulla componente endogena dello sviluppo. In questo senso le politiche pubbliche che oggi marcano la differenza in termini di sviluppo economico sembrano essere fondamentalmente di due tipi, e cioè: le politiche cosiddette integrate e le politiche sociali nella 36 prospettiva del pluralismo societario 17. Infatti mentre le politiche integrate sono quelle che mirano a produrre, in parte per via attiva e in parte per impatti indiretti, effetti d integrazione sulle materie trattate 18, invece le politiche sociali possono essere intese come l insieme delle specifiche norme e modalità operative con cui nei vari Stati-Nazione si produce e si distribuisce il benessere dei cittadini da parte delle sfere sociali differenziate (Stato, mercato, terzo settore, famiglie e reti informali) e dei principi in base ai quali la sfera politica ha scelto di regolare le loro relazioni 19. In particolare, per quanto riguarda le prime, non sembra infondato ritenere che un approccio di politiche integrate, che sappia contemperare materie, esigenze e prospettive diverse sia il più adatto ad una società che muta nella dimensione espressa dalla rete. Inoltre, come si evince dagli sforzi compiuti in tale direzione dall unione Europea, questo tipo di politiche incoraggia ad operare secondo una logica di progetto, oltre che di risultato, attraverso l esplicitazione degli scopi e la loro adeguata definizione, con ciò cercando di supplire, sia pure a breve raggio, alle difficoltà politiche più generali di progettazione e di promozione dell azione collettiva. È interessante notare che, tra i principi, con valore costituzionale, che devono guidare l azione amministrativa ed economica, queste politiche pongono, accanto alla sostenibilità e alle pari opportunità, proprio la coesione sociale e territoriale che dunque diviene, da un lato un prerequisito 17) Cit. in I. Colozzi, Le nuove politiche sociali, Roma, Carocci, 2002, p ) C. Donolo, op. cit., p Secondo l autore le politiche integrate costituiscono soltanto un tipo di strategia per l implementazione del c. s.. Infatti, per quanto lo stato attuale delle conoscenze non è sufficiente a gettare luce (p. 78) sull argomento, è possibile distinguere tra: strategie dirette, che fanno ricorso a norme giuridiche e incentivi materiali; strategie indirette, che intervengono su presupposti lontani o su processi collaterali che si suppone siano rilevanti per la produzione di c. s; politiche attive, vale a dire complessi di strategie dirette ed indirette caratterizzate da attenzione ai presupposti istituzionali ed organizzativi, che eventualmente vanno costruiti ad hoc; politiche integrate, appunto, e politiche di sviluppo locale che hanno come obiettivo principale la coesione sociale e la sostenibilità dei processi. 19) I. Colozzi, op. cit., pp

20 2. Lo specchio della rete. Dinamiche sociali ed economiche a confronto funzionale all adozione delle politiche, dall altro un effetto e un indicatore di successo. 38 Nelle politiche non integrate prevalgono Coordinamento negativo Tavoli spartitori Culture amministrative routiniere e deresponsabilizzanti Standard idiosincratici poco verificabili Immagini parziali giustificatorie, non utili a programmare Egotismo e narcisismo organizzativo Settorialismo e indifferenza per esternalità Procedure standard, nessun valore aggiunto cognitivo dalle miscele di principi organizzativi adottate Poca trasparenza, un-responsiveness, microcorporativismi e fidelizzazione con scambi opportunistici Appiattimento cognitivo e difese dal sovraccarico Scambi opportunistici con l economia sociale Nelle politiche integrate prevalgono Coordinamento positivo Tavoli di negoziato che producono impegni e condivisione di responsabilità Culture amministrative del risultato e dell attenzione agli impatti Elaborazione di standard condivisi Visione condivisa della coesione sociale Culture della cooperazione Pianificazione strategica per progetti e incrementalismo disgiunto: valorizzazione delle buone pratiche Abitudine a una pluralità di forme dell interazione: relazioni gerarchiche, contratto, comunicazione, quasi mercato, miscele pubblico-privato Disponibilità di miscele di exit e voice, investimenti sulla lealtà interna ed esterna, ma verificata sui risultati Investimenti in capacità nelle organizzazioni e accettazione del sovraccarico da domanda Promozione dell economia sociale Gestire l esistente, ridurre la complessità, accontentarsi della routine, uso opportunistico anche delle forme di nuova programmazione Fonte: C. Donolo, op. cit., p. 24 Radicamento sociale delle pratiche istituzionali e politiche di promozione delle capabilities sociali; la nuova programmazione colta nei suoi potenziali d innovazione. Secondo la prospettiva del pluralismo societario, le politiche sociali, da un lato, insistono sull idea secondo la quale la produzione delle condizioni di benessere non può restare più una prerogativa dello Stato ma deve diventare una funzione sociale diffusa (è in questo senso che si parla anche di passaggio dal welfare state al welfare society) 20, dall altra sull assunto secondo il quale lo Stato deve comunque assumere la funzione di formulazione dei diritti, delle regole e delle garanzie e quella di regolazione delle interazioni fra gli attori in gioco 21. Come sottolinea Donati, spetta alla comunità politica assicurare che vi sia un effettiva condivisione di diritti e responsabilità mutue da parte della pluralità degli attori in gioco 22.. Queste esigenze risultano più direttamente soddisfatte attraverso il ricorso al principio di sussidiarietà 23 secondo 20) I. Colozzi, op. cit., p ) Ibid. 22) P. Donati, op. cit., p ) Il termine sussidiarietà deriva dal latino subsidium che nella terminologia militare romana indicava le truppe di riserva che stazionavano sul fronte, pronte ad intervenire in aiuto alle coorti che conducevano la battaglia sul campo. Una prima formulazione del concetto si rintraccia nel pensiero aristotelico; esso è stato successivamente approfondito da San Tommaso, nei suoi studi sull idea di bene comune. La sua formulazione moderna, però, si trova nella Dottrina sociale della Chiesa cattolica, che se ne è servita per definire l ordine dei rapporti fra Stato e Chiesa, Ibid., p. 57. Nella lettera enciclica Centesimus Annus (par. 48), Giovanni Paolo II nota che: una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune, Ibid., p. 58. Per maggiori approfondimenti, vedi: M. Spieker, Il principio di sussidiarietà: presupposti antropologici e conseguenze politiche, in La società, n. 1, 1995, pp ; G. Vittadini, Sussidiarietà. La riforma possibile, ETAS Libri, Milano, 39

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