INTRODUZIONE... 3 CAPITOLO PRINCIPI DI PROTONTERAPIA LA PROTONTERAPIA i vantaggi clinici della protonterapia

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "INTRODUZIONE... 3 CAPITOLO 1... 8 PRINCIPI DI PROTONTERAPIA... 8 1.1 LA PROTONTERAPIA... 9 1.1.1 i vantaggi clinici della protonterapia... 9 1.1."

Transcript

1 INTRODUZIONE... 3 CAPITOLO PRINCIPI DI PROTONTERAPIA LA PROTONTERAPIA i vantaggi clinici della protonterapia Peculiarità dei fasci di protoni CENTRI DI ADROTERAPIA NEL MONDO RICHIESTE CLINICHE E PARAMETRI FISICI DI UN FASCIO DI PROTONI la profondità di penetrazione ed il range Modulazione dell energia e SOBP distribuzione della dose in direzione trasversale il problema del movimento degli organi CENNI DI RADIOBIOLOGIA quantificazione degli effetti biologici efficacia biologica di protoni e ioni carbonio CAPITOLO IL PROGETTO TOP - IMPLART DESCRIZIONE DEL PROGETTO TOP-IMPLART IL PROGETTO SATELLITE ISPAN DESCRIZIONE DELL INIETTORE L iniettore Accsys-Hitachi PL La sorgente di protoni duoplasmatron RFQ: Radio Frequency Quadrupole DTL: Drift Tube Linac IL FOCHEGGIAMENTO DEL FASCIO: I QUADRUPOLI LA DEFLESSIONE DEL FASCIO: IL MAGNETE DI DEFLESSIONE CAPITOLO GRANDEZZE CHE CARATTERIZZANO IL FASCIO CARATTERIZZAZIONE DELLA DINAMICA TRASVERSALE DI UN FASCIO DI PROTONI la matrice di trasferimento ed il teorema di Liouville emittanza e parametri di Twiss la matrice del fascio emittanza RMS e emittanza normalizzata CARATTERIZZAZIONE DELLA DINAMICA LONGITUDINALE DI UN FASCIO DI PROTONI Guadagno di energia del fascio L energy spread INTERAZIONE TRA FASCIO DI PROTONI E MATERIA Lo stopping power La curva di Bragg Il range La dose assorbita e la dose equivalente CAPITOLO MISURE DI EMITTANZA E DEI PARAMETRI DI TWISS IL PRINCIPIO DI MISURA LE CONDIZIONI SPERIMENTALI DI MISURA La linea di trasporto del fascio I parametri operativi dell iniettore PROCEDURA DI MISURA PRESENTAZIONE E DISCUSSIONE DEI RISULTATI OTTENUTI Misure a 3 MeV Misure a 7 MeV CAUSE D INCERTEZZA NELLA MISURA DI EMITTANZA

2 CAPITOLO MISURE DI RANGE E PICCO DI BRAGG PRINCIPIO DI MISURA LE CONDIZIONI SPERIMENTALI DI MISURA condizioni sperimentali per le misure di range condizioni sperimentali per la misura di picco di Bragg MISURE DI RANGE CONFRONTO TRA RISULTATI SPERIMENTALI E SIMULAZIONI: SRIM MISURA DI PICCO DI BRAGG VALUTAZIONE DELL INCERTEZZA PER LE MISURE DI RANGE E PICCO DI BRAGG CAPITOLO OTTIMIZZAZIONE DELLA LINEA DI TRASPORTO DEL FASCIO PER ESPERIMENTI DI RADIOBIOLOGIA DESCRIZIONE DEL SOFTWARE: TRACE3D LE CONDIZIONI SPERIMENTALI IMPOSTAZIONE DELLA SIMULAZIONE SIMULAZIONI CON FASCIO ORIZZONTALE SIMULAZIONI CON FASCIO VERTICALE CAPITOLO MISURE DI DOSE PRINCIPIO DI MISURA IL SISTEMA DI RILASCIO DELLA DOSE MISURE PRELIMINARI DI DOSE La catena di misura Verifica dell affidabilità della catena di misura CALIBRAZIONE DEL FASCIO PER ESPERIMENTI DI RADIOBIOLOGIA ANALISI DOSIMETRICA CONCLUSIONI APPENDICE A

3 Introduzione La protonterapia a fasci esterni è una pratica radioterapica che consiste nell irradiare un volume tumorale con un fascio di protoni. Il grande vantaggio clinico di un tale trattamento, rispetto alla radioterapia tradizionale, risiede nel particolare andamento del profilo di dose depositata all interno di un tessuto, in funzione della profondità. Quest andamento prende il nome di curva di Bragg, la quale è caratterizzata dall avere una regione iniziale piatta, nella quale l energia ceduta ai tessuti è molto ridotta, seguita da un picco di dose rilasciata, prossimo al termine del percorso della particella nel mezzo. Grazie a quest andamento del profilo di dose si riesce a colpire selettivamente il volume bersaglio, inviando la dose minima ai tessuti circostanti. Fig. 1 curva di Bragg Sebbene la protonterapia rappresenti una pratica clinica recente, è presto diventato un trattamento largamente riconosciuto nell ambito della medicina oncologica, tanto che, al termine del 2010, ben pazienti in tutto il mondo sono stati sottoposti a tale terapia. Un ulteriore vantaggio della protonterapia rispetto alla radioterapia convenzionale, basata sull uso dei raggi X, riguarda la maggior efficacia biologica relativa (Relative Biological Effectiveness) di un fascio di protoni rispetto ad un fascio di raggi X. A parità di dose depositata, un fascio di protoni genera un maggior numero di danni biologici nel materiale rispetto ad un fascio di raggi X. 3

4 Il fascio di protoni viene generato da una macchina acceleratrice la quale può essere circolare (sincrotrone o ciclotrone) o lineare (linac). A differenza della maggior parte dei centri di protonterapia usualmente basati sull impiego di macchine circolari, il progetto TOP IMPLART, condotto da ENEA in collaborazione con Istituto Superiore di Sanità (ISS) e IFO (Istituti Fisioterapici Ospedalieri), ha scelto un acceleratore lineare per la realizzazione di un centro di protonterapia a Roma, presso l IFO. L obiettivo finale è la realizzazione di un centro di protonterapia basato su un acceleratore lineare da 230 MeV composto da una serie di moduli disposti in sequenza. L impianto TOP- IMPLART prevede la realizzazione dell acceleratore in due fasi: una prima fase in cui sarà realizzato e reso operativo un impianto da 150 MeV, completo dei dispositivi di rilascio di dose per il trattamento dei tumori superficiali e semi-profondi, e una seconda fase in cui l impianto sarà esteso in lunghezza, per produrre un fascio di energia sino a 230 MeV, al fine di trattare anche le lesioni profonde. Lo scopo è non solo di migliorare le caratteristiche tecniche del fascio terapeutico, grazie alle superiori qualità ottiche dei fasci prodotti dagli acceleratori lineari, ma soprattutto di realizzare una macchina modulare, che sia progettabile in dimensioni appropriate tali da diminuire i costi di impianto e permettere una maggiore diffusione della protonterapia. L impianto sarà dedicato oltre che alla radioterapia clinica anche alla radiobiologia con protoni: sono previsti perciò laboratori di biologia cellulare e molecolare, per l irraggiamento di piccoli animali e colture cellulari. Tra gli obiettivi scientifici dell attività di radiobiologia ci saranno lo sviluppo di modelli in vivo e in vitro per lo studio di meccanismi cellulari e molecolari coinvolti nei processi di cancerogenesi e di risposta all irraggiamento con protoni ed esperimenti per la caratterizzazione biologica del fascio, in termini di RBE, sopravvivenza cellulare, tempi di riparo, attività proliferativa e di riassorbimento cellulare dopo il trattamento. Poiché la prima fase del progetto ha dei risvolti di ricerca scientifica che richiedono attenzione e necessitano un avvio preventivo rispetto alle opere infrastrutturali, il programma prevede la realizzazione e la messa in funzione del prototipo del linac in un sito di test presso l ENEA di Frascati, nel quale ovviamente è esclusa ogni pratica clinica. Il bunker sarà capace di accogliere l intero acceleratore fino a 150 MeV, per consentire tutti i test preliminari di dosimetria e tutte le misure che garantiscono l accettabilità di una tale apparecchiatura in un sito medicale. Inoltre si 4

5 prevede l utilizzo di un primo segmento di accelerazione fino a 17.5 MeV per l effettuazione di esperimenti radiobiologia nell ambito del programma satellite ISPAN, che prevede l irraggiamento di campioni biologici e piccoli animali e lo sviluppo dei sistemi dosimetrici per la misura delle qualità del fascio radiante. I valori di corrente media richiesti all acceleratore, che opera in maniera impulsata, sono dell ordine di 1-10 na per la protonterapia e di 0,1pA fino a qualche pa per la sperimentazione radiobiologica. La parte iniziale dell acceleratore, denominata iniettore, è un acceleratore per protoni prodotto dalla ditta statunitense ACCSYS, attualmente installato presso il centro ENEA di Frascati. L iniettore è composto principalmente dalle seguenti tre parti: la sorgente di protoni duoplasmatron, il radiofrequency quadrupole (RFQ) da 3 MeV ed il drift tube linac (DTL), all uscita del quale il fascio di protoni possiede un energia di 7 MeV. Fig. 2 L iniettore (modello PL7 della ditta ACCSYS) installato nel bunker dell ENEA-Frascati L iniettore è seguito da una linea di trasporto del fascio composta da quadrupoli magnetici, per la focalizzazione del fascio di protoni e di adattamento trasversale alla sezione accelerante successiva, e da un magnete di deflessione verticale, in modo da poter effettuare esperimenti di radiobiologia sia con fascio orizzontale (magnete off ) sia con fascio verticale (magnete on ) a energia variabile fino a 7 MeV. 5

6 L obiettivo della tesi è l ottimizzazione del sistema di rilascio di dose da parte del fascio di protoni a bassa energia prodotto dall iniettore, per l irraggiamento di campioni cellulari. Il lavoro è fondamentalmente diviso in tre parti: 1) misure di caratterizzazione del fascio in termini di caratteristiche trasversali (dimensioni e divergenza) ed energia del fascio direttamente all uscita dell acceleratore 2) messa a punto di un sistema di rilascio di dose su campioni biologici e del sistema di misura della dose nella posizione del campione 3) ottimizzazione del setup sperimentale (parametri dell acceleratore, sistema di trasporto fascio) in accordo con i requisiti richiesti dagli esperimenti di radiobiologia in termini di dose (0,1 Gy 6 Gy) e uniformità sul campione. In particolare le caratteristiche trasversali del fascio all uscita dell iniettore sono state determinate mediante l esecuzione di misure di emittanza (ε) e parametri di Twiss (α e β), nel piano orizzontale e verticale, alle energie di 3 MeV e 7 MeV, attraverso il metodo del quadrupole-scan. L effettiva energia del fascio all uscita dell iniettore è stata determinata tramite misure di range, e si è ricostruita sperimentalmente la curva di Bragg, che permette l individuazione della profondità alla quale viene rilasciata la massima dose. Partendo dalle caratteristiche del fascio, misurate all uscita dell iniettore, sono stati ricavati, mediante diverse simulazioni numeriche, i valori ottimali per i gradienti magnetici dei quadrupoli, per differenti dimensioni del fascio nella posizione di irraggiamento dei campioni. Infine si è caratterizzato il fascio dal punto di vista dosimetrico, in termini di carica accumulata e dose assorbita. È stato progettato e realizzato un sistema di rilascio della dose, si sono ricavati i valori di carica accumulata corrispondenti all intervallo di dose richiesta per gli esperimenti di radiobiologia e determinati i corrispondenti parametri della macchina. L ultima parte della tesi riporta i risultati delle prime misure dosimetriche su rivelatori a tracce nucleari, preliminari ai successivi test di irraggiamento di campioni cellulari. Tutta l attività sperimentale è stata svolta presso i laboratori dell ENEA, presso il Centro ENEA di Frascati dove è istallato ed in funzione l iniettore del fascio di protoni. 6

7 7

8 Capitolo 1 Principi di protonterapia La radioterapia a fasci esterni prevede il trattamento di lesioni neoplastiche mediante l utilizzo di radiazioni ionizzanti ad alta energia, le quali sono in grado di depositare all interno dei tessuti un energia sufficiente a distruggere o danneggiare il materiale genetico contenuto nelle cellule, rendendo quest ultime incapaci di crescere e di riprodursi. Il fascio di radiazioni è generalmente prodotto da un acceleratore di particelle, e viene indirizzato sul volume bersaglio da trattare. L obiettivo principale della radioterapia è quello di provocare il maggior danno possibile al tessuto lesionato, risparmiando i tessuti sani circostanti, specialmente nei casi in cui questi tessuti rappresentino organi vitali [1]. Ciò si traduce nel garantire che il fascio radiante depositi la dose richiesta nel target con la maggior accuratezza possibile. Tuttavia è impossibile conoscere la precisa posizione del volume tumorale, sarà sempre presente un margine d incertezza, che costringe ad irradiare una porzione di tessuto superiore a quella deputata al trattamento, per essere certi che la terapia abbia i suoi effetti. Vediamo in che modo l ICRU (International Commision on Rradiation Units) definisce i volumi che entrano in gioco nel momento in cui si pianifica una seduta radioterapica, tramite la raccomandazione ICRU 50: Fig. 1.1 Definizioni dei volumi da considerare durante una seduta radioterapica (ICRU 50) 8

9 il GTV (gross tumor volume) rappresenta l estensione visibile, evidente o dimostrabile dell accrescimento maligno, il CTV (clinical target volume) è il volume che deve essere trattato per raggiungere gli scopi della terapia, il PTV (planning target volume) contiene il CTV, e a sua volta il GTV, e considera l effetto di tutte le possibili variazioni geometriche ed inaccuratezze, per garantire che la dose prescritta sia assorbita dal CTV; infine ci sono il TV (treated volume), che indica il volume delimitato da un area di isodose ritenuta appropriata per raggiungere gli scopi del trattamento, e l IV (irradiated volume) che è il volume che riceve una dose significativa rispetto alla tolleranza dei tessuti sani [2]. Nel seguito del capitolo viene in primo luogo presentato un breve confronto tra protonterapia e radioterapia convenzionale, nel quale sono stati analizzati pro e contro di entrambi i trattamenti. Successivamente, dopo aver illustrato la distribuzione dei centri di adroterapia nel mondo, segue una descrizione delle richieste cliniche e parametri fisici corrispondenti associati al fascio di protoni. Infine segue un rapida presentazione di alcune delle grandezze radiobiologiche, utilizzate per la quantificazione degli effetti biologici dovuti a radiazioni ionizzanti. 1.1 La protonterapia La protonterapia rappresenta una particolare branchia della radioterapia, nella quale il fascio di particelle è costituito da protoni. Nel seguente paragrafo vengono analizzati i vantaggi e gli svantaggi del trattamento protonterapico, confrontandolo con la radioterapia convenzionale, sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista tecnico i vantaggi clinici della protonterapia La radioterapia convenzionale viene eseguita con fasci di elettroni o raggi X. Tale trattamento è caratterizzato da un profilo di dose rilasciato nei tessuti, in funzione della profondità, che raggiunge il picco massimo dopo pochi centimetri di penetrazione nel mezzo irradiato, per poi decadere esponenzialmente; è evidente che la radioterapia convenzionale non è ideale per curare tumori profondi. Per depositare la quantità di energia richiesta nel volume da trattare, infatti, sarebbe necessaria una deposizione di dose eccessiva per i tessuti che lo precedono, danneggiandoli oltremodo. Per questo, negli anni, si sono sviluppate una serie di tecniche radioterapiche come la IMRT (Intensity Modulated Radiation Therapy), che consiste nel trattare il volume bersaglio con più fasci, disposti ad angolazioni differenti rispetto al paziente, o la IGRT (Image Guided Radiation 9

10 Therapy), nella quale prima di ogni trattamento viene controllata la posizione precisa del volume tumorale (GTV), tramite esami di imaging. Entrambe queste tecniche terapiche sono state sviluppate per diminuire al massimo la dose depositata nei tessuti sani. Nell immagine seguente si può osservare in che modo, nella IMRT, aumentando il numero di fasci che irradiano il volume bersaglio, diminuisce la dose rilasciata ai tessuti confinanti [3]. Nella parte superiore dell immagine sono presenti delle mappe di densità di dose, nella parte inferiore vengono riportati il profilo di dose reale (arancione) e quello ideale (verde). In particolare si vede che con un solo fascio, per trattare il bersaglio con un determinato valore di dose è necessario depositare nei tessuti che lo precedono una dose decisamente superiore a quella necessaria per la terapia; con due fasci si riesce ad inviare una dose superiore nel bersaglio, tuttavia la distribuzione di dose assume un valore ancora troppo elevato al di fuori del target. Con quattro fasci infine la situazione tende a migliorare, il bersaglio riceve la dose prescritta e nei tessuti circostanti si osserva una diminuzione della dose depositata. Fig. 1.2 Variazione della distribuzione di dose in funzione del numero di fasci Il trattamento che maggiormente riesce a colpire selettivamente il target, inviando la dose minima ai tessuti circostanti, è quello adroterapico, nel quale i tessuti tumorali vengono irradiati con fasci di particelle cariche pesanti, tipicamente protoni o ioni carbonio. Il grande vantaggio clinico di questo trattamento risiede nel particolare andamento del profilo di dose depositata da un fascio di particelle cariche pesanti in funzione dello spessore attraversato. Quest andamento prende il nome di curva di Bragg, la quale è caratterizzata dall avere una regione iniziale piatta, nella quale l energia ceduta ai tessuti è molto ridotta, seguita da un picco di dose rilasciata prossimo al termine del percorso della particella nel mezzo. Grazie a questo andamento 10

11 del profilo di dose, possono essere trattati anche tumori profondi, senza che venga depositata una dose eccessiva nei tessuti circostanti e precedenti l obiettivo [4-cap.1]. I profili di dose depositata in acqua per protoni, elettroni e raggi X vengono riportati nell immagine seguente. Fig. 1.3 Curve dose profondità per protoni da 200 MeV, elettroni da 20 MeV e raggi X da 8 MV Per meglio apprezzare la capacità balistica dei protoni, viene citato uno studio che ha messo a confronto l esposizione dei tessuti durante sedute di IMPT (Intensity Modulated Proton Thearapy) e IMRT, per la cura di tumori esofagei distali [5]. Fig. 1.4 Mappa di densità di dose assorbita per IMRT (sinistra) e IMPT (destra) 11

12 Lo studio ha evidenziato che la IMPT comporta una diminuzione della dose assorbita dagli organi adiacenti al volume di trattamento, come il cuore ed i polmoni, rispetto alla IMRT. Il trattamento con protoni, dunque, permette di aumentare la dose prescritta al volume tumorale senza aumentare l esposizione di organi vitali, incrementando notevolmente le probabilità di cura ed ottimizzando il risultato terapeutico del trattamento di tumori prossimi ad organi critici Peculiarità dei fasci di protoni Realizzare un fascio di protoni è ben più complesso della realizzazione di un fascio di elettroni o fotoni. La difficoltà realizzativa consiste nel fatto che i protoni presentano una massa a riposo 2000 volte maggiore di quella di un elettrone, e quindi protoni ed elettroni rispondono in maniera differente quando si trovano ad essere accelerati da un campo elettrico. In particolar modo, all interno di una struttura accelerante, gli elettroni raggiungono la velocità della luce molto rapidamente, mentre i protoni la raggiungono solo quando possiedono un energia di qualche GeV 1. L andamento della velocità della particella in funzione dell energia, per protoni ed elettroni viene riportato nell immagine 1.5. Fig. 1.5 Velocità in funzione dell energia per elettroni e protoni La velocità delle particelle viene misurata tramite il termine relativistico β, il quale non è altro che il rapporto tra la velocità della particella e la velocità della luce. Per generare fasci di protoni, all energia necessaria per i trattamenti di protonterapia ( MeV) è risultato necessario 1 Elettronvolt (ev): è l unità di misura dell energia utilizzata in ambito atomico; è definito come l energia cinetica acquistata da un elettrone libero quando è accelerato da una differenza di potenziale di 1 V nel vuoto. 1 ev = 1, J. 12

13 sviluppare strutture acceleranti a basso valore di β; questo comporta un adattamento della struttura alla velocità crescente dei protoni durante l accelerazione ed un frequente focheggiamento del fascio, che in generale tende ad essere defocheggiato sia dai campi a radiofrequenza impiegati nell accelerazione sia dagli effetti repulsivi della carica spaziale che a bassa velocità tendono ad allargare le dimensioni trasversali del fascio [6]. Nel caso della protonterapia la seconda causa di defocheggiamento legata alla carica spaziale risulta trascurabile dati i bassi valori delle correnti richieste (dell ordine dei na di corrente media). 1.2 centri di adroterapia nel mondo L adroterapia è una pratica clinica recente, infatti, sebbene il primo trattamento adroterapico risalga al 1954, solamente nel 1990 avvenne la prima seduta protonterapica in un centro ospedaliero per adroterapia, eseguita presso il Loma Linda University Medical Center, in California. Negli anni a seguire, visti i brillanti risultati ottenuti, la protonterapia divenne presto una pratica clinica largamente riconosciuta nell ambito della medicina oncologica, tanto che, al termine del 2010, ben pazienti in tutto il mondo sono stati sottoposti a tale terapia. Ad oggi sono in funzione numerosi centri specializzati in adroterapia, e molti sono in costruzione o in fase avanzata di progetto. In tabella 1.1 vengono riportati i centri adroterapici funzionanti al termine del 2010, in tabella 1.2, invece, quelli in via di costruzione o in fase di progetto. Si nota che in alcuni centri non si eseguono terapie con protoni, bensì con ioni carbonio. La terapia con ioni carbonio rappresenta oggi la nuova frontiera in ambito oncologico, ed è oggetto di numerosi studi di ricerca, sia in ambito tecnologico che clinico, a causa della sua specificità e dei complessi modelli radiobiologici associati, indispensabili per la pianificazione del trattamento [7]. 13

14 Tab. 1.1 Centri adroterapici in funzione nel mondo 14

15 Tab. 1.2 Centri adroterapici in costruzione o in fase avanzata di progetto 15

16 1.3 richieste cliniche e parametri fisici di un fascio di protoni Il fascio di protoni, uscente dalla macchina acceleratrice, deve rispettare determinati parametri clinici, cui corrispondono specifiche grandezze fisiche. Tutte le grandezze fisiche che verranno citate nel seguito saranno dettagliatamente descritte nel capitolo 3 della tesi la profondità di penetrazione ed il range I tumori possono trovarsi a differenti profondità all interno dell organismo, ed in base alla loro disposizione si dividono in tumori superficiali e tumori profondi. La grandezza fisica corrispondente alla profondità di penetrazione è il range (paragrafo 3.3.3). Supponendo che il tumore sia puntiforme un fascio di protoni monoenergetico possiede un range ben definito; in radioterapia l intervallo di energia richiesto per un fascio di protoni è MeV, cui corrisponde un range nei tessuti che va da 4 cm (tumori oculari) a 36 cm (tumori molto profondi) [8]. Fig. 1.6 Range in funzione dell energia in acqua Tuttavia i tumori non sono puntiformi ma hanno delle dimensioni ben precise e, spesso, delle forme irregolari. È quindi necessario agire sul fascio affinché la dose venga inviata uniformemente su tutto il volume da trattare. Nei successivi due paragrafi si descrive in che modo le necessità di dover modificare il fascio vengono soddisfatte. 16

17 1.3.2 Modulazione dell energia e SOBP Il volume occupato da un tumore è composto da uno spessore ed una superficie, i quali sono rispettivamente parallelo ed ortogonale all ordinata lungo la quale il fascio avanza. Affinché in tutto lo spessore del volume bersaglio venga depositata la dose richiesta il fascio di protoni necessariamente non può essere monoenergetico, ma deve variare la sua energia durante la seduta. La modulazione dell energia può essere effettuata tramite sistemi passivi e attivi. I sistemi passivi vengono utilizzati qualora l acceleratore a disposizione fornisca in uscita un fascio ad energia fissa. In questi casi l energia del fascio viene modificata attraverso un dispositivo assorbitore; questo è composto di uno o più blocchi in carbonio, posti sulla linea di trasporto del fascio, i quali rallentano le particelle fino a fargli raggiungere l energia desiderata. La regolazione dell energia in uscita viene ottenuta impostando lo spessore totale dei blocchi assorbitori. La caratteristica principale che un tale dispositivo deve possedere è un tempo di risposta minore possibile, in modo da permettere una variazione rapida dell energia. La presenza del degradatore di energia inevitabilmente produce un peggioramento delle qualità del fascio, in particolare incrementa l energy spread (paragrafo 3.3.2) e contribuisce al fenomeno dello scattering laterale [9]. Fig. 1.7 Esempio di un dispositivo degradatore Maggiore è il salto di energia imposto dal dispositivo assorbitore, maggiore è l energy spread indotto sul fascio. In figura 1.8 sono presenti una serie di curve che rappresentano gli spettri di energia di un fascio di protoni all uscita di un dispositivo degradatore, parametrizzate in base all energia finale richiesta. La finestra tratteggiata rappresenta l intervallo di tolleranza rispetto all energia media, cui di solito ci si riferisce, il quale è ±0,5%. All aumentare dell intervallo di tolleranza, la curva di Bragg 17

18 associata avrà una pendenza dopo il picco meno accentuata; ciò comporta una diminuzione delle proprietà balistiche del trattamento in quanto viene ceduta una quantità di energia maggiore oltre il picco di dose rilasciata [9]. Fig. 1.8 Spettro di energia di un fascio di protoni a 250 MeV frenato a 230, 172, 100 e 75 MeV (sinistra) ed effetti dell intervallo di tolleranza sulla curva di Bragg (destra) Per evitare che al paziente giunga una radiazione eccessivamente policromatica, successivamente al degradatore viene posto un sistema di selezione dell energia costituito da due dipoli magnetici che fanno eseguire una traiettoria curva al fascio. In questo modo solo le particelle che possiedono l energia richiesta riescono a seguire la traiettoria imposta, mentre le particelle aventi energia indesiderata si perdono. Oltre a produrre un peggioramento del fascio in direzione longitudinale, il dispositivo degradatore peggiora le qualità del fascio anche in direzione trasversale, a causa del fenomeno dello scattering laterale. Lo scattering laterale è un fenomeno strettamente correlato all interazione Coulombiana elastica tra le particelle e i nuclei della materia attraversata, e comporta un aumento dell emittanza del fascio (paragrafo 3.1.2). Ad un aumento di emittanza corrisponde un allargamento delle dimensioni del fascio trasversalmente alla direzione di propagazione. L angolo di scattering è inversamente proporzionale alla quantità di moto del proiettile, dunque, a parità di energia, le particelle più pesanti sono caratterizzate da una traccia più rettilinea. Verso la fine della traccia, cioè quando la velocità (e quindi la quantità di moto) della particella diminuisce, lo scattering laterale diventa più significativo; la presenza di questo fenomeno deve essere 18

19 chiaramente tenuto in considerazione nel momento in cui si pianifica una seduta protonterapica, affinchè non vengano irradiati anche tessuti circostanti il target [10]. La modulazione dell energia tramite sistemi attivi evita tutti gli inconvenienti associati ad un sistema passivo e riguarda le macchine acceleratrici più moderne. Con un sistema attivo l energia del fascio viene modulata direttamente all interno dell acceleratore, mediante una variazione della potenza di alimentazione dei generatori a radiofrequenza. Ovviamente la variazione della potenza di alimentazione viene resa possibile solamente a partire da un energia superiore ai 70 MeV, limite inferiore dell intervallo di energia di interesse terapico (tumori oculari) [4]. Sottoporre il bersaglio ad un fascio di protoni di energia variabile corrisponde, per quanto riguarda la dose depositata (par ), a sommare una serie di curve di Bragg, ciascuna corrispondente ad una delle energie che il fascio assume durante il trattamento. La somma di queste curve produce una nuova curva avente un picco allargato, che prende il nome di SOBP (spread out Bragg peak). L ampiezza del picco corrisponde allo spessore del tumore [4]. Fig. 1.9 Spread out Bragg peak La dose D ad una generica profondità z i è data dalla somma pesata dei contributi di dose normalizzata d j di n singole curve di Bragg aventi diverse posizioni di picco Z j : 19

20 D( z ) i n j1 W d ( z ), j j i (1.1) laddove i pesi W j sono introdotti al fine di ottenere un picco di dose assorbita del valore voluto, che sia piatta (flat top) nei limiti di uniformità di dose richiesti [11]. La curva dose-profondità del SOBP presenta ancora una rapida discesa, tale che oltre il limite distale del bersaglio c è un minimo rilascio di dose, sebbene la modulazione abbia l effetto di incrementare notevolmente la dose d ingresso rispetto a quella del fascio singolo. Questo effetto può essere parzialmente ridotto mediante l irradiamento del bersaglio da angolazioni diverse, attraverso l utilizzo di una testata rotante (gantry) distribuzione della dose in direzione trasversale Così com è stata modulata l energia del fascio per coprire lo spessore del target, allo stesso modo è necessario allargare il fascio in modo da investire uniformemente nel piano trasversale il volume tumorale. Anche in questo caso, l operazione di adattare il fascio alle dimensioni trasversali del target può essere eseguita con sistemi passivi o attivi. Il sistema passivo produce l allargamento del fascio tramite l utilizzo di due stadi di diffusione del fascio. Il primo si occupa di aumentare la larghezza del fascio e, nel caso di figura 1.10, di modulare l energia; il secondo stadio, invece, rende uniforme il profilo del fascio. Per eliminare le code del profilo del fascio, vengono posizionati dei collimatori che frenano la radiazione indesiderata prima che questa penetri nel paziente [9,11]. Fig Sistema passivo per l allargamento del fascio 20

21 Però, come già accennato, i volumi delle masse tumorali non possiedono forme regolari. Per questo è necessario modellare ulteriormente la distribuzione di dose, tramite l utilizzo di compensatori personalizzati, i quali vengono disposti il più vicino possibile al paziente, affinchè l irradiazione avvenga solo nel target. Sebbene il sistema passivo per l allargamento del fascio sia ad oggi la tecnica più utilizzata, diverse sono le sue controindicazioni: in primo luogo sono presenti i medesimi inconvenienti relativi alla modulazione dell energia del fascio. Con questo sistema, inoltre, non si riesce a colpire unicamente il volume di tessuto tumorale ma vengono irradiati anche i tessuti prossimi al target, specialmente quelli più distanti rispetto alla linea che unisce l uscita dell acceleratore ed il centro del target [12]. Fig Sistema passivo di modulazione e modellamento del profilo del fascio Come nel caso della modulazione di energia, il sistema attivo per la distribuzione di dose in direzione trasversale risulta esente dagli svantaggi del sistema passivo. Il sistema attivo offre la massima flessibilità per quanto riguarda la pianificazione della distribuzione di dose nel target. Nel sistema attivo il volume del target viene suddiviso in tanti volumetti elementari, chiamati voxel, ed in ciascuno di questi viene inviata la dose prescritta per mezzo di un pencil beam di protoni. Le dimensioni del fascio devono, quindi, essere ridotte, in modo da poter dividere il bersaglio in un numero di voxel sufficienti a permettere un trattamento protonterapico quanto più accurato. Il pencil beam, per raggiungere ciascun voxel, viene modulato in energia ed indirizzato nella zona da trattare tramite una coppia di dipoli magnetici che permettono la deflessione del fascio in entrambe le direzioni del piano trasversale. 21

22 Fig Confronto della distribuzione di dose tra sistema passivo (giallo) e sistema attivo (rosso) Entrambi i sistemi di modulazione dell energia e deflessione del fascio devono possedere ottime caratteristiche dinamiche, per permettere una rapida variazione di energia e posizione del pencil beam [9,13]. Irradiando un target con la tecnica del pencil beam, viene pianificata la dose da somministrare a ciascun voxel; tuttavia la dose per un voxel non può essere pianificata indipendentemente da quella rilasciata nei voxel circostanti. Per raggiungere lo strato più profondo del volume bersaglio, infatti, il fascio deve attraversare tutti i voxel che lo precedono rilasciandovi una dose non trascurabile, la quale deve essere considerata nel calcolo di dose prescritta per ciascun voxel [11] il problema del movimento degli organi Un problema non di poco conto si verifica allorché il volume tumorale si trovi in prossimità di organi che si muovono, conseguentemente alla respirazione del paziente. Il movimento del target, infatti, può comportare una non corretta somministrazione della dose con conseguenti sovra- e/o sottodosaggi locali. Tre sono le strategie che sono state studiate per ridurre questi effetti, le quali, in ordine di complessità, sono: 1) la distribuzione di dose viene sincronizzata con la fase di espirazione del paziente. Tale processo prende il nome di respiratory gating, in questo modo gli effetti della respirazione sulla distribuzione di dose sono ridotti al minimo; 2) Il tumore viene irradiato più volte da diverse angolazioni, in questo modo i movimenti degli organi causano un sovra-sottodosaggio minimo (< 3%); 22

23 3) i movimenti vengono rilevati da un apposito dispositivo, il quale produce in uscita, in tempo reale, la posizione 3D del target. Queste informazioni vengono inviate al sistema attivo di consegna del fascio e modulano l energia e la deflessione dello stesso, in modo che la radiazione giunga nel punto esatto pianificato per la terapia [13]. 1.4 cenni di radiobiologia Nel seguente paragrafo viene descritto in che modo gli effetti biologici prodotti da un campo radiante, dipendono dalla natura della radiazione. In primo luogo verranno descritte le grandezze utilizzate per quantificare gli effetti biologici e la loro dipendenza dalle caratteristiche della radiazione, in seguito si analizzerà lo studio di queste grandezze nel caso delle particelle più utilizzate in adroterapia: i protoni e gli ioni carbonio quantificazione degli effetti biologici Come detto nei paragrafi precedenti, l obiettivo primo della radioterapia è quello di irradiare nella maniera più accurata possibile il volume tumorale, depositando la dose minima nei tessuti confinanti. L ottenimento di questo obiettivo non passa soltanto attraverso l ottimizzazione del trattamento, in termini di accuratezza con la quale si rilascia la dose, ma anche in termini di efficacia biologica della radiazione, ovvero della capacità della radiazione di danneggiare il tessuto tumorale. L efficacia biologica della radiazione viene quantificata da un parametro chiamato RBE (relative biological effectiveness) calcolato come il rapporto tra la dose assorbita nell irradiazione con un campo di riferimento (raggi X a 220 kev) e la dose assorbita nell irradiazione con il campo di interesse, quando la curva di sopravvivenza 2 delle cellule irradiate scende al 10%, RBE D ref D. (1.2) 2 Curva che rappresenta la percentuale di particelle sopravvissute in funzione della dose assorbita; le caratteristiche di questa curva dipendono dalla natura delle cellule analizzate e dalle caratteristiche della radiazione cui sono esposte; generalmente la curva di sopravvivenza può essere approssimata da un andamento lineare-quadratico descritto dalla seguente relazione: S S o e 2 ( DD ), dove S/S 0 indica la sopravvivenza, D la dose assorbita e α e β sono parametri che caratterizzano la risposta alla dose assorbita dalla particolare coltura cellulare. 23

24 Fig Curve di sopravvivenza per il fascio di riferimento (X-ray) e il fascio di interesse Se il valore di RBE risulta maggiore di 1, allora la radiazione in oggetto sarà più efficace rispetto a quella di riferimento, in quanto per ottenere lo stesso effetto è stata necessaria una dose minore [10,11]. L RBE risulta fortemente dipendente dall energia che la particella cede al mezzo attraversato, definita dal LET 3 (Linear Energy Transfer). A bassi valori di LET gli eventi di ionizzazione sono meno frequenti e, di conseguenza, il danno arrecato a livello cellulare è minore, al crescere del LET i fenomeni di ionizzazione diventano più frequenti causando un aumento dell RBE; per LET molto elevati, infine, le ionizzazioni risultano estremamente concentrate in una regione di spazio limitata con l effetto di causare un danno elevato ma concentrato, per questo, raggiunto un massimo, l RBE decresce per valori di LET crescenti [11]. 3 de LET, rappresenta l energia che la particella cede al mezzo attraversato per unità di lunghezza della traiettoria dx che la particella percorre. 24

25 Fig Andamento del LET in funzione dell RBE, per valori di sopravvivenza pari all 80%, 10%, 1% Oltre che dal LET, l RBE è anche dipendente dal numero atomico delle particelle che compongono il fascio radiante; in particolare all aumentare del numero atomico, il valore massimo di RBE diminuisce e trasla verso valori di LET più elevati (fig. 1.15). Tale comportamento rivela come l RBE non dipende solo dal LET, che indica la dose totale rilasciata, ma anche dall energia delle particelle, che determina la distribuzione radiale degli eventi di ionizzazione attorno alla traccia della particella [11]. Fig Andamento dell RBE in funzione del LET per varie particelle Descritta la dipendenza dell RBE dalle caratteristiche del fascio radiante, si passa all analisi della dipendenza di questa grandezza dalle caratteristiche delle cellule irradiate. La capacità di un gruppo di cellule di riparare i danni subiti è la caratteristica cellulare che maggiormente influenza il valore dell RBE, in particolare cellule che possiedono una buona capacità di riparazione presentano una spalla pronunciata nella curva di sopravvivenza, mentre cellule che non possiedono questa 25

26 capacità presentano una curva di sopravvivenza dall andamento lineare. Questo comportamento fa si che l RBE sia più elevato in colture cellulari con elevate capacità di riparazione [11]. Fig Curve di sopravvivenza (sinistra) e RBE in funzione del LET (destra) per cellule con capacità di riparazione e non Tale dipendenza è di notevole importanza dal punto di vista clinico, in quanto diversi tessuti biologici presentano spesso diverse capacità di riparazione, ciò comporta una notevole differenza tra i vari tessuti in termini di RBE e quindi di efficacia del trattamento somministrato. Un altra caratteristica cellulare, che influenza il valore di RBE, è la quantità di ossigeno contenuta nel tessuto in analisi: i tessuti non ossigenati mostrano una minor sensibilità alla radiazione, mentre tessuti ben ossigenati sono più sensibili. In termini di curve di sopravvivenza i tessuti ossigenati presentano una pendenza superiore rispetto ai tessuti non ossigenati. Per esprimere quantitativamente questo effetto, s introduce una nuova grandezza: l OER (Oxygen Enhancement Ratio) definita come il rapporto tra la dose necessaria a produrre un determinato effetto biologico (D) e la dose che produrrebbe lo stesso effetto se il tessuto fosse completamente ossigenato in aria a pressione atmosferica (D 0 ). Un valore di OER pari a 1 evidenzia che il tessuto in analisi risponde all irradiazione indipendentemente dall ossigenazione, valori maggiori di 1 indicano una dipendenza della risposta dall ossigenazione [11] efficacia biologica di protoni e ioni carbonio Per quanto riguarda i protoni si può considerare un valore di RBE generico pari a 1,0 1,1, senza considerare possibili variazioni di questo valore in funzione delle modalità di somministrazione di dose e della dipendenza dell RBE stesso dal LET. Diversi studi, infatti, non hanno dimostrato che l utilizzo di un valore unico per l RBE, per i fasci di protoni, comporti un incremento nella frequenza delle complicazioni a seguito del trattamento [14]. 26

27 Differente è il discorso degli ioni carbonio, in questo caso, infatti, il valore dell RBE varia in funzione del LET della particella: nel canale d ingresso, dove il LET è basso l RBE assume valore unitario, nel picco di Bragg, dove si ha il LET massimo l RBE triplica. Da questo punto di vista lo ione carbonio si candida come miglior particella per i trattamenti di adroterapia, in quanto focalizza la sua efficacia biologica al termine del range ossia proprio dove si vuole determinare il maggior danno. 27

28 Capitolo 2 Il progetto TOP - IMPLART 2.1 Descrizione del progetto TOP-IMPLART Il progetto TOP-IMPLART, sviluppato da: centro ricerche ENEA, Istituto Superiore di Sanità (ISS), e IFO (Istituti Fisioterapici Ospedalieri), ha come obiettivo la costruzione di un centro di protonterapia a Roma, presso l IFO. La prima parte dell acronimo, TOP, significa terapia oncologica con protoni, e deriva da un progetto precedente, il progetto TOP-ISS, sviluppato da ISS e ENEA dal 1998 al 2005; la seconda parte dell acronimo, IMPLART, significa Intensity Modulated Proton Linear Accelerator for Radio Therapy. Il progetto prevede la costruzione di un acceleratore di protoni lineare a media energia compatto, realizzato in due fasi distinte: la prima caratterizzata da un energia massima del fascio di 150 MeV, la seconda fino a 230 MeV di energia [15]. La macchina si basa su di un iniettore lineare da 7 MeV, prodotto dalla ditta ACCSYS- HITACHI, installato presso il centro ENEA di Frascati a cui verranno aggiunti ulteriori moduli lineari di accelerazione in grado di innalzare l energia a 30, 70, 150 ed infine 230 MeV. Il progetto prevede la presenza di tre sale per il trattamento protonterapico, delle quali: una per il trattamento dei tumori superficiali con un fascio di energia massima di 150 MeV, e due per il trattamento dei tumori profondi con un fascio fino a 230 MeV. In figura 2.1 viene mostrata la pianta del progetto del centro di protonterapia [15]. Fig 2.1 Pianta del centro di protonterapia previsto dal progetto (IFO) 28

29 La prima fase di costruzione dell acceleratore viene completamente svolta presso il centro di ricerca ENEA, a Frascati, in una struttura idonea allo sviluppo dell acceleratore. Terminata la prima fase, l acceleratore verrà spostato presso l IFO e qui verrà completato lo sviluppo della struttura. Al termine della prima fase l acceleratore avrà un aspetto simile a quello presente in figura 2.2 [15]. Fig. 2.2 Rappresentazione 3D dell acceleratore al termine della prima fase La scelta dell energia del fascio al termine della prima fase non è casuale, infatti un fascio avente energia di 150 MeV percorre all interno dell organismo circa 15 cm. A 230 MeV invece la profondità di penetrazione raggiunge oltre 30 cm. Fig. 2.3 Numero di pazienti in funzione della profondità della lesione 29

30 Al termine della prima fase, dunque, si potrà avviare il trattamento adroterapico dei tumori situati ad una profondità inferiore a 15 cm e, contemporaneamente, procedere allo sviluppo dell acceleratore. Osservando l istogramma di figura 2.3, si nota che con un energia di 150 MeV è possibile eseguire il trattamento adroterapico per oltre il 50 % delle lesioni idonee al trattamento con i protoni [15]. 2.2 Il progetto satellite ISPAN Un vantaggio portato dalle strutture acceleranti lineari, piuttosto che circolari, è quello di permettere uno sviluppo modulare dell acceleratore e quindi permettere di effettuare misure, verifiche e certificazioni ogni qualvolta venga aggiunto un modulo alla struttura esistente [15]. Grazie a questa possibilità, è stato possibile dare vita al progetto ISPAN, che prevede l esecuzione di esperimenti di radiobiologia a bassa energia, complementari agli obiettivi del progetto TOP-IMPLART. L acronimo ISPAN sta per Irraggiamento Sperimentale con Protoni per Modelli Cellulari ed Animali. L obiettivo del progetto ISPAN è quello di realizzare un impianto di riferimento per la radiobiologia con protoni, attraverso l esecuzione di sessioni sperimentali i cui risultati si riferiscono sia al campo della distribuzione e misurazione della dose inviata al campione, sia al campo delle analisi radiobiologiche. Gli esperimenti previsti dal progetto ISPAN sono: irradiazione di colture cellulari (cellule V79), con un fascio avente energia di 3 MeV e 7 MeV, ed irradiazione di piccoli animali ad un energia di 17,5 MeV. Gli esperimenti a 3 MeV e 7 MeV verranno eseguiti in due configurazioni differenti: una con fascio orizzontale e l altra con fascio verticale, ottenuto tramite il magnete di deflessione, di cui si rimanda la descrizione al paragrafo 2.5. Gli esperimenti a 17,5 MeV verranno eseguiti esclusivamente con il fascio orizzontale. Le attività sperimentali appena descritte permetteranno: 1) la valutazione dell efficacia terapeutica della sorgente, in termini di RBE, sopravvivenza cellulare, tempi di riparo, attività proliferativa e di riassorbimento cellulare successivi al trattamento; 2) la possibilità di standardizzare protocolli di trattamento riguardanti il guadagno terapico, il frazionamento, il tempo totale di trattamento; 3) il confronto tra protocolli clinici convenzionali e protocolli con protoni e 4) l analisi dell efficacia della combinazione dell irradiazione con farmaci chemioterapici o a target molecolare [16]. 30

31 2.3 Descrizione dell iniettore L iniettore Accsys-Hitachi PL-7 Nel bunker dell edificio 30 dell ENEA, a Frascati, è in funzione l iniettore: l acceleratore lineare di protoni PL 7, prodotto dalla ditta Accsys-Hitachi. In figura 2.4 si può osservare l acceleratore in tutti i suoi componenti principali che sono: A) Una sorgente di protoni di tipo duoplasmatron, seguito da un piccolo sistema di trasporto; B) Un primo acceleratore di tipo RFQ (radiofrequency quadrupole) fino a 3 MeV; C) Un secondo acceleratore di tipo DTL (drift tube linac) fino a 7 MeV; D) Tre racks contenenti l elettronica di controllo e l alimentazione della sorgente, i controlli del sistema da vuoto e l alimentazione a RF dell RFQ e del DTL; E) Un computer di controllo con programma in Labview [17]. L RFQ e il DTL sono acceleratori a radiofrequenza operanti ad una frequenza RF di 425 MHz. La potenza RF necessaria alla loro alimentazione è generata da 30 triodi planari (tubi EIMAC, CPI- YU176A), 15 per ognuno dei due sistemi (identici) di alimentazione delle due macchine componenti l acceleratore (RFQ e DTL), ed in particolare 1 per il primo preamplificatore, 2 per il secondo pre-amplificatore, e 12 per l amplificatore finale. Fig. 2.4 Iniettore PL

32 L iniettore PL 7 può essere utilizzato per tre scopi differenti: per produrre Fluoro 18 (Fmode), per produrre un fascio di protoni (P-mode) e per eseguire esperimenti di radiobiologia (Rmode). Nella tabella seguente vengono riportate le caratteristiche del fascio per ciascuna modalità di funzionamento [15]: F-mode P-mode R- mode Energia, MeV corrente, ma Durata dell impulso, s Frequenza di ripetizione, Hz Tab. 2.1 Caratteristiche del fascio per le tre modalità di funzionamento Per cambiare modalità di funzionamento da F-mode a P-mode si inserisce un diaframma, attivato pneumaticamente dal sistema di controllo e montato all ingresso dell RFQ, che intercetta quasi tutto il fascio, lasciandone passare solo una piccola parte. In figura 2.5 si riconosce il diaframma con l impronta del fascio su di esso [17]. Fig. 2.5 Diaframma per protonterapia Nella tabella 2.3 vengono riportati i parametri di funzionamento principali dell iniettore nella modalità P-mode [15]: 32

33 Frequenza di lavoro MHz Energia del fascio all uscita della sorgente duoplasmatron 30 kev Energia del fascio all uscita dell RFQ 3.0 MeV Energia del fascio all uscita del DTL 7.0 MeV Corrente massima all uscita dell iniettore µa Lunghezza degli impulsi del fascio (FWHM) 3-7 µsec variabilità corrente tra un impulso e l altro (pulsed) % Frequenza di ripetizione degli impulsi Hz Tab. 2.2 Parametri di funzionamento dell iniettore Accsys PL - 7 Nei seguenti paragrafi verranno brevemente descritti i componenti dell iniettore, ossia la sorgente duoplasmatron, l RFQ ed il DTL La sorgente di protoni duoplasmatron La sorgente di protoni duoplasmatron è una sorgente di ioni alimentata a gas, tipicamente idrogeno [18]; nell immagine seguente viene riportato uno schema della sorgente duoplasmatron per protoni. Fig. 2.6 sorgente di protoni duoplasmatron 33

34 Nella configurazione classica della sorgente duoplasmatron, ideata da Manfred von Ardenne, viene prodotto un arco, a bassa pressione, tra un catodo ed un anodo. All interno della sorgente deve essere mantenuto il vuoto per ottenere una buona efficienza della sorgente. Nel catodo è presente un filamento, tipicamente in tungsteno, percorso da una corrente di valore tale da produrre elettroni per emissione termoionica; sempre nel catodo viene inviato il gas, tramite una valvola che ne regola il flusso. La tensione d arco, indicata in figura con V arc, permette la rottura del dielettrico e la creazione di plasma 4 che, per la presenza dell elettrodo intermedio di forma conica, si trova confinato in uno spazio ristretto diminuendo, di fatto, il volume occupato dal plasma (regione A). Sebbene il plasma sia globalmente neutro, le particelle che lo compongono sono cariche dando origine all effetto di carica spaziale che tende a far espandere il plasma. Per evitare l espansione del plasma viene utilizzato un campo magnetico che esercita una pressione sul plasma sufficiente a mantenerlo confinato nello spazio desiderato. Nell elettrodo intermedio è presente un piccolo foro che permette il passaggio del plasma. Come si può notare dalla figura 2.6, tra elettrodo intermedio e anodo è presente un ulteriore elettrodo, chiamato anodo di Pierce, posto ad un potenziale positivo che addensa ancora di più il plasma e cattura gli elettroni. In questa zona della sorgente (regione B), i protoni presenti nel plasma sono attratti dall elettrodo di estrazione, posto ad un potenziale negativo, imposto dalla tensione di estrazione V extr, dell ordine dei kv; dunque, a valle dell anodo di Pierce si forma il fascio di protoni, in rosso nella figura 2.6 [19]. Superato l elettrodo di estrazione, il fascio presenta un energia molto bassa (decine di kv), a queste energie il fenomeno di carica spaziale è dominante e tende ad aumentare le dimensioni il fascio. Per evitare che all ingresso dell RFQ giunga un fascio con caratteristiche inadeguate, la sorgente è accoppiata all RFQ tramite una linea di trasporto a bassa energia composta da: un elettrodo posto ad un potenziale negativo, una lente unipolare ed un diaframma. L elettrodo posto ad un potenziale negativo serve ad evitare che gli elettroni tornino indietro alla sorgente, se avessero superato l elettrodo di estrazione. La lente unipolare focalizza il fascio. Il diaframma limita l intensità del fascio al valore richiesto ed elimina le aberrazioni prodotte dalla lente unipolare. 4 Con il termine plasma si indica, nella scarica elettrica in un gas, la regione caratterizzata da densità ioniche (positiva e negativa) elevate e sensibilmente uguali. Il termine è anche utilizzato per indicare un gas fortemente ionizzato e, nel complesso, elettricamente neutro: in concreto, un sistema costituito da ioni positivi e negativi, liberi, con uguali concentrazioni, più eventualmente molecole neutre in non elevata concentrazione. 34

35 La lente unipolare focalizza fasci di particelle cariche mantenendo inalterata l energia del fascio; è composta da almeno tre elettrodi cilindrici disposti in serie ed in asse, come in figura 2.7 [20]. Gli elementi della lente sono simmetrici, ciò che il fascio perde (acquista) in energia nel raggiungere l elettrodo centrale lo recupera (perde) nell uscire dalla lente. Una volta che il fascio è stato focalizzato, è pronto per entrare nell RFQ, attraverso il diaframma con un energia, di 30 kev. Fig. 2.7 Focalizzazione prodotta dalla lente unipolare RFQ: Radio Frequency Quadrupole L RFQ è un acceleratore lineare in grado di accelerare, focheggiare e impacchettare un fascio di particelle cariche tramite la semplice presenza del campo a radiofrequenza. Qualsiasi fascio di ioni ha origine da uno stadio caratterizzato da una bassa velocità e la tecnologia adottata per accelerare il fascio in questo stadio contribuisce in maniera fondamentale alle prestazioni complessive dell acceleratore. L RFQ è l acceleratore lineare che meglio risponde all esigenza di accelerare fasci di ioni a bassa energia, e si è imposto molto rapidamente come iniettore della maggior parte degli acceleratori di protoni e di ioni per la sua relativa semplicità costruttiva, la sua affidabile progettabilità, la sua robustezza e le ottime caratteristiche del fascio che genera. Permette, inoltre, la trasmissione di fasci intensi con efficienza dell ordine del 90% [4- cap.2]. 35

36 Fig. 2.8 RFQ, struttura a quattro vani La struttura dell RFQ consiste in una cavità a radiofrequenza occupata da quattro elettrodi, per questo viene chiamata struttura a quattro vani, osservabile in figura 2.8. In figura 2.9 viene, invece, riportata un immagine della sezione di ingresso di un RFQ a quattro vani. Fig. 2.9 Sezione d ingresso di un RFQ a quattro vani 36

37 La proprietà unica dell RFQ di accelerare e focheggiare contemporaneamente il fascio di protoni è dovuto alla particolare forma dei quattro elettrodi, modellata appositamente per ottenere questo obiettivo [21-cap.8]. Il focheggiamento viene ottenuto applicando ai quattro elettrodi una tensione alternata con polarità opposta tra un elettrodo e l adiacente, in una configurazione che prende il nome di simmetria quadrupolare. In questo modo le particelle che si trovano su una traiettoria differente da quella di riferimento (l asse centrale dell RFQ) saranno sottoposte ad un campo elettrico trasverso variabile nel tempo. In figura 2.10 viene riportato l andamento del campo a radiofrequenza in funzione del tempo e l azione del campo sul fascio al variare del campo: nel caso particolare se il campo è positivo il fascio viene focalizzato nel piano verticale, se è negativo la focalizzazione avviene nel piano orizzontale, quando il campo è nullo il fascio non viene focalizzato [22]. Fig Focalizzazione nell RFQ Per ottenere l accelerazione delle particelle è invece necessario che gli elettrodi siano modellati come in figura 2.11: gli elettrodi vengono modulati longitudinalmente, con periodo pari a βλ, dove β è il termine relativistico e λ la lunghezza d onda del campo RF. In questo modo si sviluppa una componente longitudinale del campo elettrico che accelera i protoni [23]. 37

38 Fig Modulazione longitudinale degli elettrodi dell RFQ Come riporta anche la leggenda della fig. 2.11, con a si indica la distanza minima dell elettrodo dall asse, con ma la distanza massima e con m il fattore di modulazione pari al rapporto tra distanza massima e distanza minima dall asse. La frammentazione del fascio permette la formazione di pacchetti (bunch) stabili di protoni che vengono più agevolmente accelerati fino all energia finale desiderata. Per dividere in bunch un fascio di particelle continuo è necessario che il campo elettrico a RF deceleri le particelle più avanzate e acceleri le particelle più indietreggiate, rispetto ad un punto che, idealmente, rappresenta il baricentro del bunch. Avviato il processo di raggruppamento viene incrementato gradualmente il valore della fase sincrona (Φ) verso il valore massimo del campo accelerante, dove l accelerazione è più efficiente. Man mano che il fascio viene accelerato a velocità superiori, i baricentri dei vari bunch si allontanano reciprocamente ed il Φ tra le particelle di uno stesso pacchetto si riduce: il fascio è stato impacchettato [21-cap.8]. In definitiva L RFQ è costituito da una sequenza di celle di lunghezza βλ, dove per ogni cella possono essere variati: 1) il raggio del canale che permette il passaggio del fascio, il quale influenza l intensità del focheggiamento; 2) il fattore di modulazione, la cui variazione comporta variazioni del campo accelerante; 38

39 3) la fase del baricentro del bunch rispetto al campo RF, che caratterizza l impacchettamento e l accelerazione del fascio; L alimentazione a radiofrequenza è comune a tutte le celle dell RFQ, sebbene anch essa può essere variata a seconda delle esigenze [23] DTL: Drift Tube Linac All uscita dell RFQ il fascio di protoni ha raggiunto un energia di 3 MeV ed è pronto per entrare nel DTL dove alla sua uscita avrà un energia di 7 MeV. Il fascio all uscita dell RFQ non ha bisogno di essere in nessun modo accoppiato al DTL poiché, come detto nel paragrafo precedente, l RFQ accelera e contemporaneamente focheggia il fascio; inoltre le camere a vuoto di RFQ e DTL sono posizionate ed allineate in un unica struttura rigida di supporto. Il DTL è composto da una cavità risonante all interno della quale viene inviato il campo a RF necessario ad accelerare le particelle. La componente di campo elettrico che si sviluppa all interno della cavità risulta ovviamente composta da una semionda poisitiva ed una negativa. Affinchè i protoni prodotti dall RFQ guadagnino energia sempre nella stessa direzione è necessario suddividere la cavità del DTL in gap di accelerazione e spazi di propagazione libera (drift). In questo modo nei gap di accelerazione i protoni guadagnano energia sempre dello stesso segno, mentre i drift preservano le particelle dalla semionda negativa di campo elettrico. Il DTL ha una lunghezza di 153,7 cm e possiede 22 celle [15]. In figura 2.12 viene riportato un disegno della sezione di un DTL, in figura 2.13 invece l immagine dell interno di un DTL. L accelerazione delle particelle avviene nel gap presente tra un drift ed il successivo, dunque è li che il campo elettrico dovrà avere valore massimo, affinché i protoni vengano accelerati efficientemente. In figura 2.14 si può osservare la distribuzione del campo elettrico all interno della cavità a RF [24]. 39

40 Fig Sezione di un DTL e sue parti Fig Interno di un DTL 40

41 Fig Distribuzione campo elettrico nella cavità Con il termine cella si intende la porzione di DTL compresa tra il centro di un gap di accelerazione ed il successivo, comprendente un drift. I protoni, avanzando all interno del DTL, aumentano la loro velocità; poiché il campo a RF possiede la stessa frequenza in tutta la cavità, per avere la massima sincronia tra protoni e campo accelerante le celle devono possedere lunghezza variabile pari a βλ. Gli spazi di drift presenti all interno della cavità sono sorretti da degli steli; se il campo elettrico è il medesimo per ogni cella della struttura, la differenza di potenziale tra una cella e l altra dipende dalla lunghezza della cella stessa; le correnti generate da questa differenza di potenziale scorrono sulla superficie interna della cavità e sui drift ed ovunque sono in fase in modo che non scorra alcuna corrente sugli steli e non si accumuli carica netta sui drift. All interno di ciascun drift è presente un piccolo quadrupolo magnetico che ha il compito di focalizzare il fascio affinché questo non assuma dimensioni trasversali non accettabili. Sulla superficie interna della cavità vengono inoltre fissati dei post-accoppiatori, aventi lunghezza pari a λ/4, che forniscono l accoppiamento tra le celle che compongono il DTL, rendendo la distribuzione del campo meno sensibile ad errori. Infine, sempre sulla superficie della cavità, sono presenti degli stantuffi di sintonizzazione che garantiscono il controllo della frequenza e dell ampiezza del campo a RF all interno della cavità [22-cap.4]. 2.4 Il focheggiamento del fascio: i quadrupoli All uscita del PL 7 il fascio possiede un energia di 7 MeV, ma il DTL non è in grado di focalizzare il fascio al pari dell RFQ. Il fascio quindi avrà dimensioni trasversali troppo grandi, sia 41

42 per eseguire esperimenti di radiobiologia, sia per l accoppiamento dell iniettore al modulo successivi di accelerazione In questi casi è necessario focalizzare il fascio ottenendo così delle dimensioni trasversali che rispondano di volta in volta alle esigenze che si presentano. Lo strumento utilizzato per la focalizzazione del fascio è il quadrupolo. I quadrupoli utilizzati nell ambito del progetto TOP IMPLART sono i quadrupoli DANFYSIK, di cui in figura 2.15 viene riportata un immagine e lo schema costruttivo [15]. Fig Immagine (a sinistra) e schema costruttivo (a destra) del quadrupolo DANFYSIK Nella tabella seguente vengono riportate le caratteristiche principali del quadrupolo DANFYSIK. Apertura per passaggio fascio 60 mm Gradiente 20 T/m Lunghezza 123 mm Potere focheggiante 0.6 T Tensione nominale 22.9 V Corrente nominale 137 A Peso totale 112 kg Tab 2.3 Caratteristiche principali quadrupolo DANFYSIK Il principio di funzionamento di un quadrupolo è il seguente: viene fatta scorrere una corrente costante nelle bobine del quadrupolo, in modo che tra due bobine adiacenti si sviluppi un campo 42

43 magnetico; le espansioni metalliche su cui sono avvolte le bobine diventano i poli di un magnete permanente [25]. Dal momento che non è presente nessun campo elettrico, le particelle che attraversano il quadrupolo sperimentano una forza pari a: F q v B. (2.1) In figura 2.16 vengono riportati i campi magnetici presenti in un quadrupolo e le forze applicate sulle particelle. Fig Campo magnetico e forze sulle particelle in un quadrupolo Come si può osservare in figura 2.15 il quadrupolo non viene poggiato su uno dei lati lunghi della sua struttura, bensì ruotato di 45, la rotazione comporta il vantaggio di avere le forze di focalizzazione su assi coincidenti con quelli del sistema di riferimento. Le componenti del campo magnetico all interno di un quadrupolo possono essere così scritte: B B x y g y g x (2.2) dove g rappresenta il gradiente di campo magnetico imposto nel quadrupolo, la cui unità di misura è il T/m. 43

44 Sostituendo le eqq. 2.2 nella 2.1 si ottengono le risultanti delle forze agenti sulle particelle, sul piano orizzontale e sul piano verticale: F F x y q v B q v B y x qvgx qvgy, (2.3) la forza di focheggiamento è lineare sui piani orizzontale e verticale. Dalle eqq. 2.3 si osserva che la forza di focalizzazione è proporzionale, oltre che alla carica, alla velocità delle particelle, al gradiente magnetico e alla posizione; in particolare vengono focheggiate solo le particelle fuori asse, ossia che non si trovino sulla traiettoria di riferimento, individuata dall origine del piano traverso xy. Le risultanti delle forze applicate sulle particelle, osservabili in figura 2.17, fanno si che un quadrupolo che focheggia in un piano defocheggia nell altro [25]. Fig risultanti delle forze agenti sulle particelle in un quadrupolo (fascio entrante nel foglio) In particolare la configurazione di fig focalizza in orizzontale e defocheggia in verticale. Per ottenere una focalizzazione del fascio in entrambi i piani risulta necessario l utilizzo di almeno due quadrupoli: uno focheggiante in orizzontale ed uno in verticale. Una struttura che prevede la presenza di due quadrupoli, che lavorano per focalizzare il fascio in entrambi i piani, prende il nome di FODO (fig. 2.18) [25]. 44

45 Fig Sequenza FODO con due quadrupoli 2.5 la deflessione del fascio: il magnete di deflessione Il magnete di deflessione verticale risulta necessario per l esecuzione degli esperimenti di radiobiologia che prevedono l irradiazione dal basso verso l alto di colture cellulari. In figura 2.19 si può osservare il magnete di deflessione utilizzato nei laboratori dell ENEA. Fig Magnete di deflessione verticale In tabella 2.4 vengono invece riportati alcuni parametri del magnete [15, 26]. 45

46 Distanza tra le espansioni polari 50 mm Raggio di curvatura 480,91 mm Larghezza polo 140 mm Campo Massimo (B) 0,733 T Corrente nominale 262 A Tab. 2.4 Caratteristiche del magnete di deflessione Nel magnete di deflessione la corrente che scorre nelle bobine fa si che tra le due espansioni, su cui sono alloggiate le bobine stesse, si instauri un campo magnetico che eserciti una forza curvante sulle particelle. Si vuole ricavare una relazione per il raggio di curvatura in cui risultino espliciti quali parametri lo influenzano. Si consideri la situazione presentata in figura 2.20 in cui il campo magnetico è uscente dal foglio. Fig Schematizzazione del magnete di deflessione La forza esercitata sulle particelle è espressa anche in questo caso dall eq. 2.1, si può quindi scrivere la seguente relazione: dp F q v B, (2.4) dt la forza, con i vettori posizionati in questo modo, è verso il centro della circonferenza e permette alla particella di curvare. Con il termine p si indica la quantità di moto pari a γmv, dove γ è il noto termine relativistico. Essendo la massa della particella costante si può scrivere: dv m dt q v B; (2.5) 46

47 passando ai moduli e ricordando che l accelerazione angolare è pari a: 2 v / R si ricava: R mv. qb (2.6) Dunque il raggio di curvatura delle particelle dipende dalla velocità delle stesse, dunque dalla loro energia, e dal campo magnetico che agisce su di esse [27]. 47

48 Capitolo 3 Grandezze che caratterizzano il fascio L obiettivo di questo capitolo è quello di esporre le grandezze che caratterizzano il fascio sia dal punto di vista del comportamento dinamico delle particelle, sia dal punto di vista energetico. Nella prima parte del capitolo verrà analizzata la dinamica di un fascio di protoni all interno di un acceleratore, nella seconda parte l interazione di un fascio di protoni con la materia. 3.1 Caratterizzazione della dinamica trasversale di un fascio di protoni Il moto di ciascuna particella, appartenente ad un fascio che viaggia nella struttura accelerante, è descritto da un vettore a sei dimensioni composto dalla posizione r ( x, y, s) e dalla quantità di moto della particella p p, p, p ). ( x y z L insieme dei vettori che descrivono le particelle del fascio individuano il cosiddetto spazio delle fasi canonico X ˆ x, y, s, p, p, p x y z. In figura 3.1 è rappresentato, nel sistema di riferimento xys, il moto di una particella qualsiasi; si nota che il piano xy è il piano ortogonale alla direzione di moto del fascio ed s l ascissa sulla quale si muove la particella di riferimento. L ordinata s del sistema di riferimento xys rimane sempre tangente alla traiettoria di riferimento. Fig. 3.1 Traiettoria di una particella qualsiasi Nel caso di fasci di particelle in strutture acceleranti risulta più conveniente fare riferimento ad un altro vettore: lo spazio delle fasi geometrico 48

49 X x, x, y, y, l,, (3.1) dove x, y e l rappresentano lo scostamento di una particella qualsiasi (particella blu nella figura 3.1) rispetto alla particella di riferimento, x e y sono gli angoli di divergenza, con x =dx/ds e y =dy/ds; l ultimo termine, invece, δ= p/p, rappresenta lo scostamento di quantità di moto normalizzato, sempre rispetto alla particella di riferimento [28] la matrice di trasferimento ed il teorema di Liouville La forza che permette ad un fascio di particelle di viaggiare in una struttura accelerante è la forza di Lorentz: F q E v B, (3.2) il campo elettrico è usato per accelerare le particelle, il campo magnetico per deflettere e focheggiare le stesse. Se la struttura accelerante è costituita solamente da dipoli, quadrupoli magnetici e spazi di propagazione libera, l equazione del moto, verticale ed orizzontale, può essere così scritta: u ( s) K ( s) u( s) / ( s) (3.3) u u in cui u(s) rappresenta, indifferentemente x(s) o y(s), ρ u (s) è il raggio di curvatura della traiettoria di riferimento nel punto s e K u (s) è così definito: K ( s) k( s) 1/ ( s), (3.4) u u con k(s)= qg(s)/p, dove q è la carica della particella, g(s) rappresenta il gradiente del campo magnetico all interno del quadrupolo e p è la quantità di moto. Combinando tra loro la soluzione all equazione del moto, eq. (3.3), e l equazione relativa allo scostamento longitudinale di una particella rispetto a quella di riferimento, si ottiene la seguente equazione matriciale: 49

50 x R x R y R y R l R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R R x0 x 0 y 0. y 0 l0 0 (3.5) La matrice 6x6 a secondo membro prende il nome di matrice di trasferimento, R. Tale matrice permette di calcolare le trasformazioni del vettore X lungo l intera linea di trasporto del fascio, tra una posizione iniziale, descritta dal vettore X 0, ed una posizione qualsiasi, successiva a quella iniziale. La matrice R si ottiene tramite la moltiplicazione delle matrici di trasferimento caratteristiche di ciascuno degli n elementi, presenti sulla linea di trasporto del fascio [28]: R Rn Rn 1 2 R... R. 1 (3.6) Essendo il fascio formato da un numero molto elevato di particelle, risulta più pratico descrivere il moto delle stesse nello spazio delle fasi, piano in cui l asse delle ascisse rappresenta la posizione (x) e l asse delle ordinate rappresenta l angolo di divergenza (x ). Per la descrizione del fascio nello spazio delle fasi è necessario introdurre il teorema di Liouville, il quale afferma che in un sistema di forze conservative il volume occupato da un fascio nello spazio delle fasi non varia nel tempo. Il volume iniziale e quello finale del fascio di particelle nello spazio delle fasi sono legati dalla seguente relazione: V f det RV i (3.7) nel caso considerato il determinante di R è pari ad uno. Grazie al teorema di Liouville, la conoscenza dell area occupata dalle particelle nello spazio delle fasi ad una certa posizione è sufficiente a determinare l area occupata dalle particelle in qualsiasi altra posizione lungo la traiettoria del fascio [28]. 50

51 Nel seguito si andrà a considerare ciò che accade nella direzione x (orizzontale) essendo identiche le conclusioni raggiunte per quanto riguarda la direzione y (verticale) emittanza e parametri di Twiss Come detto ciascuna particella del fascio è rappresentata da un singolo punto nello spazio delle fasi a sei dimensioni, tuttavia ciò che praticamente si misura sono le proiezioni bidimensionali del fascio. Per particelle che presentano uno scostamento dalla quantità di moto p pari a zero (δ = 0), l equazione del moto orizzontale si semplifica nella seguente forma: x ( s) Kx ( s) x 0. (3.8) Se consideriamo il solo moto trasverso descritto dall eq. (3.8), la matrice di trasferimento si semplifica ad una matrice 2x2 che permette di mettere in relazione il vettore (x, x ) al vettore (x 0, x 0 ): x x R R x0 x R21 R22 0. (3.9) Anche nella situazione bidimensionale la matrice di trasferimento si ottiene tramite la moltiplicazione delle matrici di trasferimento caratteristiche di ciascuno degli n elementi presenti sulla linea di trasporto del fascio. R Rn Rn 1 2 R... R. 1 (3.10) La soluzione all equazione (3.9) ha un andamento simile a quello di un oscillatore armonico e le coordinate x e x soddisfano un equazione del tipo [21-cap.9]: 2 2 x ( s) x ( s) 2 x( s) x( s) x ( s) x( s) x ( s), (3.11) che è l equazione di un ellisse centrata nell origine dello spazio delle fasi xx la cui area è A= πε. 51

52 per π: È stata allora definita una grandezza chiamata emittanza, misurata dall area dell ellisse, divisa ε x = A/ π; (3.12) l unità di misura dell emittanza viene espressa in mm mrad. I termini γ x, β x e α x, presenti nell eq. (3.11), sono i parametri di Twiss, o di Courant-Snyder, e determinano la forma e l orientazione dell ellisse; l unità di misura di γ x è il mrad/mm, di β x è il mm/mrad, α x è adimensionale. Tramite l equazione (3.9) è possibile calcolare le trasformazioni dell ellisse nello spazio delle fasi lungo l intera linea di trasporto del fascio. Se si sostituiscono le due formule di trasformazione dell eq. (3.9) nell equazione dell ellisse, eq. (3.11), si ottiene: x ( s) x ( s) ( ) x s R 2 11 R R R R 2R R 12 R 21 R R 12 R R R R R R x ( s0) x ( s0) ( 0) x s (3.13) e conoscendo la matrice di trasferimento tra i due punti considerati, è possibile trasformare i parametri di Twiss lungo il percorso del fascio. La figura 3.2 mostra l ellisse nello spazio delle fasi bidimensionale xx, Fig. 3.2 Ellisse nello spazio delle fasi 52

53 la forma e l orientazione dell ellisse, come detto, dipendono dai parametri di Twiss. Il termine x determina l inclinazione dell ellisse: per valori negativi di x l ellisse presenta un inclinazione come quella di fig. 3.2 ed il fascio è divergente. Le particelle che si trovano nella zona delle x positive, infatti, presentano valori di divergenza positivi, quindi tendono ad allontanarsi dall origine del sistema di riferimento xys; altrettanto fanno le particelle nella porzione di spazio delle x negative. Se invece x è maggiore di zero l ellisse risulta ribaltato rispetto all asse x, il fascio risulta quindi convergente, il comportamento delle particelle è opposto a quello del caso precedente. Il termine x determina l inviluppo dell ellisse ossia la sua estensione spaziale. Dall immagine di fig. 3.2 si nota come le dimensioni spaziali dell ellisse, quindi del fascio nella direzione x, siano uguali a: x x. Infine il termine x fornisce indicazioni circa la divergenza del fascio; il valore dell intersezione tra il punto più alto dell ellisse e l asse delle x è, infatti, dato da: x x la matrice del fascio L equazione dell ellisse nello spazio delle fasi può essere scritta anche in una maniera differente introducendo la matrice del fascio σ, simmetrica e bidimensionale: x x ; (3.14) x x essendo σ 12 = σ 21 si può scrivere: 2 2 x 2 xx x det. (3.15) Confrontando l ultima equazione con quella dell ellisse nello spazio delle fasi si giunge alle seguenti relazioni tra parametri di Twiss, emittanza e matrice del fascio: x x x x x (3.16) e l emittanza può quindi essere scritta anche nel seguente modo: 53

54 x (3.17) La matrice del fascio σ nella posizione s e la matrice del fascio nella posizione iniziale s 0, sono legate dalla seguente relazione: R R 0 T (3.18) in cui R rappresenta la matrice di trasferimento dal punto iniziale s 0, al punto finale s, [28] emittanza RMS e emittanza normalizzata Generalmente un fascio non possiede dei confini ben definiti, come non lo sono la grandezza, la forma e l orientazione dell ellissoide. Per questo una definizione più corretta dell emittanza è data dall emittanza RMS. Per un fascio composto da N particelle si possono calcolare i momenti statistici del second ordine uv della loro distribuzione nello spazio delle fasi: uv ( u u)( v v) ( x, x, y, y, l, ) dxdxdydy dld ( x, x, y, y, l, ) dxdxdydy dld (3.19) in cui u e v possono rappresentare x, x, y, y, l, δ e Ψ rappresenta la distribuzione d intensità del fascio nello spazio delle fasi a sei dimensioni. I momenti del second ordine x 2 e y 2 rappresentano le varianze della distribuzione del fascio nei piani orizzontale e verticale, la radice quadrata di queste grandezze definisce le dimensioni del fascio RMS nei piani corrispondenti. Utilizzando i momenti del second ordine la matrice del fascio σ può essere così scritta: 2 x xx xx, 2 x (3.20) si definisce emittanza RMS la grandezza così definita [28, 21-cap.9]: rms x x xx. (3.21) 54

55 Quest equazione, confrontata con l eq. (3.17), permette di scrivere la seguente uguaglianza matriciale: x x x x x 2 x. (3.22) Adesso il fascio di particelle sarà rappresentato nello spazio delle fasi da un altra ellisse descritta dalla seguente equazione: γ r (s)x 2 + 2α r (s)xx + β r (s)x 2 = ε rms, (3.23) l area dell ellisse sarà A=π ε rms ed avrà un aspetto simile a quello mostrato in fig Fig. 3.3 ellisse nello spazio delle fasi xx per l emittanza RMS Se, per il teorema di Liouville, il fascio in presenza di forze conservative mantiene inalterato il suo volume, non è così quando le particelle vengono accelerate dal campo elettrico presente all interno della struttura accelerante. Durante l accelerazione le coordinate trasverse (x, p x ) e (y, p y ) rimangono invariate, mentre a variare sarà la quantità di moto nella direzione s, direzione lungo la quale il fascio avanza. 55

56 La variazione di p influisce sui valori degli angoli di divergenza x ed y, i quali sono proporzionali ad 1/p, ciò comporta una diminuzione dell emittanza nelle direzioni x ed y. Questo fenomeno di riduzione dell emittanza in funzione dell aumento dell energia del fascio è chiamato adiabatic damping (smorzamento adiabatico). Se si moltiplica l emittanza per un fattore p/m 0 c si ottiene una nuova grandezza chiamata emittanza normalizzata: anche uguale a: p N, (3.24) m c 0 N, (3.25) 2 dove v / c e 1/ 1. L emittanza normalizzata rimane costante anche durante l accelerazione e rende possibile il confronto tra emittanze di fasci ad energie differenti [21-cap.9]. 3.2 caratterizzazione della dinamica longitudinale di un fascio di protoni L accelerazione delle particelle avviene grazie alla presenza di una componente assiale di campo elettrico, del campo a RF, il quale necessariamente deve essere sincronizzato con il fascio di particelle. Se nel DTL il valore massimo per il campo elettrico longitudinale si ha nel centro del gap tra due drift adiacenti, nell RFQ il campo elettrico accelerante raggiunge il massimo dove i quattro elettrodi hanno la stessa distanza dall asse dell RFQ Guadagno di energia del fascio Si prenda in considerazione il gap di accelerazione, il campo elettrico longitudinale ha un andamento come quello mostrato in figura 3.4, e risulta: E z ( r 0, z, t) E(0, z)cos( t ). (3.26) 56

57 Fig. 3.4 Gap di accelerazione (sinistra) ed andamento del campo elettrico nel gap (destra) Scelto l istante t=0 quando ci troviamo nell origine, cioè quando il campo elettrico possiede valore massimo, la fase Φ, relativa al picco di campo, vale zero. In questa condizione, la particella arriva nell origine quando il campo ha valore massimo; Φ è negativa (positiva) se la particella arriva prima (dopo) che nell origine ci sia il campo massimo. Viene ceduta la massima energia alla particella quando Φ=0. Supponendo che il campo elettrico sia confinato alla lunghezza L del gap di accelerazione, l energia guadagnata da una particella di carica q che viaggia sull asse del gap di accelerazione è: W q L / 2 L / 2 E(0, z)cos( t ) dz, (3.27) sviluppando il coseno all interno dell integrale, ed eseguendo delle semplificazioni l eq. (3.27) diventa [21-cap.2]: W qv0t cos. (3.28) L energia posseduta da un fascio di particelle si misura in elettronvolt (ev) e suoi multipli (kev, MeV, etc.), ed è definita come l energia cinetica acquisita da un elettrone che si muove in un campo elettrico uniforme sotto l azione della differenza di potenziale di 1 Volt. Nell ultima equazione (3.28) sono stati inseriti la tensione RF assiale ( V 0 ), e il transit time factor (T ), che sono così definiti: 57

58 V L / 2 0 L / 2 E(0, z) dz, (3.29) V0 è la differenza di potenziale che verrebbe avvertita da una particella che si trovasse a passare all interno di un campo costante pari a quello presente in t=0 nel gap. Non considerando la fase Φ, l energia guadagnata da una particella in un campo variabile nel tempo è minore di quella che guadagnerebbe se si trovasse ad attraversare un campo elettrostatico di entità pari al picco di campo tempo-variabile. Questo comportamento è conosciuto come il transit time effect, ed il transit time factor T L/ 2 L/ 2 E(0, z)cos t( z) dz V 0 tan L/ 2 L/ 2 E(0, z)sin t( z) dz V 0 (3.30) rappresenta proprio il rapporto tra l energia guadagnata da una particella in un campo tempovariabile e quella guadagnata all interno di un campo elettrostatico di tensione V 0, ossia è una misura della riduzione nel guadagno di energia, causata dalla variazione sinusoidale nel tempo del campo elettrico [21-cap.2]. Il campo elettrico E(z) è una funzione pari nelle vicinanze del centro del gap, centro geometrico e centro elettrico coincidono. In questa situazione il secondo termine del transit time factor si annulla e T L / 2 L / 2 E(0, z)cos t( z) dz V 0. (3.31) Dall ultima equazione si evince che il transit time factor è tanto maggiore quanto più il campo elettrico è concentrato geometricamente vicino all origine, dove cioè il coseno ha un peso maggiore L energy spread Dalla relazione W qv T cos 0, utilizzata per ricavare l energia ceduta al fascio dal campo RF, si osserva la dipendenza dalla fase. Il fascio è composto da un numero molto elevato di particelle e la 58

59 situazione ideale è quella in cui tutte le particelle possiedono la medesima energia, quindi la stessa fase. Tuttavia non è così, avremo, infatti, particelle cha avranno fase uguale, minore o maggiore di zero. Questo significa che non tutte le particelle attraversano il gap quando il campo accelerante si trova al suo valore massimo e quindi non riceveranno la massima energia. Il fascio non sarà quindi monoenergetico ma sarà caratterizzato da un certo energy spread, il quale tiene conto dello scarto di energia tra le diverse particelle, e vale: E energyspre ad% 100, (3.32) E σ E rappresenta lo scarto quadratico medio delle energie di tutte le particelle che costituiscono il fascio, il termine a denominatore rappresenta il valore medio dell energia del fascio. Ovviamente più basso è il valore dell energy spread maggiore sarà la qualità del fascio. 3.3 interazione tra fascio di protoni e materia Quando una particella carica attraversa uno spessore di materia, interagisce elettricamente sia con i nuclei sia con gli elettroni atomici. Naturalmente il bersaglio nucleare offre una sezione estremamente piccola rispetto al bersaglio atomico essendo il raggio nucleare circa dieci volte più piccolo del raggio atomico. L interazione con gli elettroni è molto più probabile rispetto a quella con i nuclei; essendo gli elettroni molto più leggeri dei nuclei, le particelle incidenti trasferiscono energia negli urti elettronici senza deviare la loro traiettoria: l energia trasferita in ogni urto è molto piccola e una perdita osservabile di energia, in percorsi anche brevi nel mezzo, è dovuta al numero enorme di collisioni. Viceversa negli urti con i nuclei, le particelle oltre a perdere energia, subiscono anche apprezzabili deviazioni rispetto alla direzione incidente [29-cap.3] Lo stopping power In ogni caso, l energia necessaria per far avvenire questi processi, è fornita dalla particella incidente, che pertanto viene rallentata. L energia persa, per unità di lunghezza del percorso nel materiale, prende il nome di stopping power ed è definita come segue: S P de ( E) [ MeV / m] dx (3.33) 59

60 L unità di misura, come scritto, è il MeV / m. Un ulteriore definizione di stopping power è: S P de ( E) dx [ MeV cm 2 / g] (3.34) nella quale si divide l eq (3.33) per la densità del materiale attraversato e per questo prende il nome di potere frenante massico; ovviamente l unità di misura è differente: 2 MeV cm / g [29-cap.3]. Oltre a subire una forza frenante nell attraversare la materia, gli ioni subiscono anche una variazione di carica a causa delle interazioni con gli elettroni presenti. La carica istantanea di uno ione, che attraversi uno strato di materia, varia continuamente ed è determinato dal bilancio di elettroni persi ed acquisiti nel percorso compiuto. La carica media dello ione viene chiamata carica effettiva, Z eff, ed è proporzionale alla velocità dello ione. La formula per ricavare la carica effettiva è: Z eff Z 1 exp v v 0 Z 2/3, (3.35) alle basse velocità (energia) lo ione tende a catturare elettroni e diventa presto neutro, azzerando la carica effettiva, alle alte velocità invece tende a diventare un nucleo spoglio di elettroni con Z eff =Z [30]. Per energie della particella incidente elevate, rispetto alle energie di ionizzazione richieste, lo stopping power è dato dalla formula di Bethe-Bloch: de dx Z 1 1 2m max 2 ec T K zeff ln, 2 2 (3.36) A 2 I 2 i termini nell equazione rappresentano: - β è il noto termine relativistico: β=v/c. - z eff è la carica effettiva della particella incidente, - A è la massa atomica del mezzo, - Z è il numero atomico del mezzo, 60

61 - K/A è un termine costante che vale MeV g 1 cm 2, - I è il potenziale medio di ionizzazione del mezzo, - T max è la massima energia cinetica trasferita in una singola collisione ad un elettrone libero, - δ è la correzione di densità dovuta alla ionizzazione. Nell equazione seguente vengono riportati i termini della eq che maggiormente influenzano il valore dello stopping power: 2 de Z z 2 dx A f ( ), (3.37) il termine Z si riferisce al materiale attraversato: ρ è la densità, Z il numero atomico e A il peso A atomico; z è la carica della particella incidente e β è il rapporto tra velocità della particella e velocità della luce; infine f () è una funzione logaritmica di β che varia molto lentamente. La dipendenza dal mezzo attraversato è principalmente nel rapporto Z/A, che a sua volta varia assai lentamente da un atomo all altro: in pratica lo stopping power dipende più dalle caratteristiche della particella incidente che dal mezzo attraversato. I fattori che maggiormente influenzano lo stopping power sono quindi 2 z eff e allora scrivere la seguente relazione: 2 v, ossia il quadrato della carica effettiva e la velocità dei protoni. Si può 2 zeff SP ( E). (3.38) 2 v Poiché l energia della particella è direttamente proporzionale alla velocità al quadrato della stessa si può modificare la relazione precedente: S P 2 zeff ( E), (3.39) E dalla quale risulta che lo stopping power è inversamente proporzionale all energia della particella. 61

62 Fig. 3.5 Andamento stopping power in funzione dell energia In fig. 3.5 si può osservare la proporzionalità inversa tra stopping power ed energia del fascio di protoni incidente. Si osserva, infatti, che all aumentare dell energia il valore del potere frenante diminuisce fino ad un punto di minimo, superato il quale il termine logaritmico ( f () ) comincia a dare un contributo maggiore ed il potere frenante aumenta [29-cap.3, 31]. Alle basse energie, quando la velocità della particella incidente è paragonabile a quella di rivoluzione degli elettroni attorno ai nuclei, la formula di Bethe-Bloch cessa di valere; la particella cattura elettroni, la carica effettiva tende a zero, e lo stopping power decresce rapidamente; per i protoni ciò accade sotto gli 0.5 MeV La curva di Bragg Se si grafica l andamento dello stopping power dei protoni, in funzione dello spessore di materiale attraversato, si ottiene la curva di Bragg (par ). Tale curva presenta una regione iniziale piatta, dove l energia ceduta al mezzo è ridotta, seguita da un picco di energia ceduta verso la fine del percorso delle particelle: dove l energia cinetica delle particelle tende a zero, il termine aumenta enormemente. de / dx 62

63 Fig. 3.6 Curva di Bragg Il range Lo spessore di materiale nel quale una particella perde tutta la sua energia cinetica è detto range. In figura 3.7 viene riportato l andamento della trasmissione di particelle in funzione dello spessore di materiale attraversato. La curva di trasmissione non è rappresentata da una funzione a gradino; questo fatto indica che la perdita di energia non è un processo continuo ma statistico. Particelle diverse del fascio subiscono microscopicamente effetti diversi, dando luogo ad una distribuzione statistica del loro range individuale, detta straggling. In prima approssimazione questa è una distribuzione gaussiana. Microscopicamente le particelle subiscono effetti diversi, nell attraversare la materia, per diversi motivi: 1) lo strato di materiale attraversato presenta nominalmente uno spessore costante ma in realtà si avranno delle piccole variazioni di spessore, 2) la particella varia la sua carica nell attraversare un mezzo, 3) il numero di collisioni subite da una particella non è costante, 4) il percorso delle particelle non è rettilineo, infatti, a causa dell interazione coulombiana con i nuclei la particella subisce deflessioni più o meno marcate, dando vita al fenomeno dello scattering multiplo [29-cap.3,30]. 63

64 Fig. 3.7 Andamento delle particelle trasmesse in un mezzo in funzione dello spessore Per questi motivi è più corretto parlare di range medio che il fascio di particelle percorre all interno del mezzo. Come si può osservare in fig. 3.7 il range medio è la distanza a cui la metà esatta delle particelle è stata intercettata. In generale però quello che interessa è la distanza alla quale tutte le particelle sono state arrestate, questa distanza è però impossibile da rilevare. Per questo ciò che in realtà si cerca di calcolare è il range estrapolato ossia l intersezione tra la tangente alla curva nel punto di range medio e l asse degli spessori. Il range medio per una particella carica di energia cinetica iniziale E 0 risulta: R 0 0 E dx de de E de de / dx [ cm]; (3.40) se invece si usa al posto dello stopping power il potere frenante massico si ottiene il range massico: R m 0 0 E d de de E de de / d [ g / cm 2 ] (3.41) dove è il prodotto tra lo spessore x e la densità ρ [29-cap.3]. risulta: L eq. (3.40) mette in evidenza la proporzionalità inversa tra stopping power ed energia, dunque 64

65 R E 0 0 EdE R E 2 0 (3.42) cioè il range è proporzionale al quadrato dell energia del fascio incidente La dose assorbita e la dose equivalente Il trasferimento di energia dalle particelle ionizzanti ad un qualsiasi organismo vivente comporta la manifestazione di un effetto biologico, che nel caso dell adroterapia è volutamente provocato a fini terapeutici. Poiché tutti gli effetti fisici, chimici e di conseguenza biologici, si manifestano soltanto quando avviene una cessione di energia alla materia, è stata introdotta una nuova grandezza: la dose assorbita, pari all energia assorbita per unità di massa del mezzo irradiato d D, dm (3.43) dove dm è la massa di materia alla quale la radiazione cede l energia dε. Poiché l energia impartita è una grandezza soggetta a fluttuazioni casuali ε rappresenta l energia media depositata in un volumetto elementare dv di massa dm, definita come segue: R in R out Q (3.44) in cui Rin rappresenta l energia radiante incidente nel volumetto considerato, cioè la somma delle energie di tutte le particelle direttamente ed indirettamente ionizzanti che entrano nel volumetto, R out rappresenta l energia radiante uscente dal volumetto considerato, e Q è la somma di tutte le energie liberate, diminuita della somma di tutte le energie consumate in ogni trasformazione di nuclei e particelle elementari avvenuta in tale volume. L unità di misura della dose è il Gray (Gy), 1 Gy equivale a 1 J/kg [29-cap.6]. Accanto alla dose assorbita si definisce l intensità di dose assorbita: D dd, dt (3.45) Misurata in Gy/s. 65

66 Tuttavia la dose assorbita è una grandezza fisica che non permette la valutazione della diversità degli effetti biologici indotti da radiazioni di diversa qualità. Viene allora definita un altra grandezza: la dose equivalente H DQ, (3.46) in cui D rappresenta la dose assorbita e Q il fattore di qualità della radiazione, il quale tiene conto della distribuzione dell energia assorbita a livello microscopico. Essendo la distribuzione di energia assorbita dipendente dalla natura e dalla velocità delle particelle incidenti, il fattore di qualità può essere parametrizzato rispetto allo stopping power. Nella seguente tabella vengono riportati una serie di valori per il fattore di qualità Q in funzione dello stopping power: S p (kev/μm) Q <3, > Tab. 3.1 Valori di Q in funzione dello S p Nella tabella 3.2 invece sono presenti i valori del fattore di qualità in funzione radiazione: del tipo di tipo di radiazione Q Raggi X, γ, elettroni 1 Neutroni, protoni, particelle con Z=1 10 Particelle alfa, particelle con Z=2 20 Tab. 3.2 Valori di Q in funzione del tipo di radiazione L unità di misura della dose equivalente è il Sievert (Sv): 1 Sv = 1 Gy Q [29-cap.6]. 66

67 Capitolo 4 Misure di emittanza e dei parametri di Twiss L emittanza ed i parametri di Twiss sono delle grandezze fisiche che permettono di caratterizzare la dinamica trasversale di un fascio di particelle, consentendo la determinazione delle dimensioni e della divergenza del fascio all uscita dell iniettore. La conoscenza di tali parametri all uscita dell iniettore PL-7[15] è fondamentale per il trasporto del fascio nei moduli successivi. Nel seguente capitolo viene in primo luogo fornita una descrizione della tecnica con la quale sono state eseguite le misure di emittanza e dei parametri di Twiss; successivamente vengono descritte le condizioni nelle quali queste misure sono state eseguite ed i dispositivi utilizzati; infine vengono presentati e commentati i risultati ottenuti. 4.1 Il principio di misura Per misurare l emittanza ed i parametri di Twiss si utilizza la tecnica del quadrupole scan (QUAD SCAN) [32], che prevede la presenza di almeno un quadrupolo tra due punti fissi s 0 e s; s 0 è il punto in cui si vogliono misurare emittanza (ε 0 ) e parametri di Twiss (α 0, β 0 e γ 0 ), mentre s è il punto in cui viene misurata la dimensione del fascio RMS orizzontale o verticale, a seconda che si voglia misurare emittanza e parametri di Twiss orizzontali o verticali. Variando le dimensioni trasverse del fascio con il gradiente magnetico del quadrupolo, passando attraverso un minimo della dimensione del fascio, si possono ricostruire accuratamente ε 0, α 0, β 0 e γ 0, come mostreremo in questo capitolo. Si consideri il caso illustrato in figura 4.1, nel quale è presente un fascio di particelle, di energia E, che attraversa un quadrupolo focheggiante, uno tratto di propagazione libera (drift), di lunghezza L D, ed infine raggiunge lo schermo sul quale vengono effettuate le misure. Si vogliono misurare l emittanza ed i parametri di Twiss all ingresso del quadrupolo, corrispondente alla posizione s 0. 67

68 Fig. 4.1 Schema elementare per la tecnica del quad-scan Per un quadrupolo focheggiante nel piano orizzontale e defocheggiante in quello verticale, le matrici di trasferimento, definite nell eq. (3.9), sono: R QF cos k sin k L Q k L Q sin cos k L Q k k L Q, (4.1) nel piano orizzontale e R QD cosh k LQ k sinh k L Q sinh cosh k L Q k k L Q. (4.2) in quello verticale, dove L Q indica la lunghezza del quadrupolo mentre k è il gradiente di campo magnetico all interno del quadrupolo (par , eq. 3.4). Tali matrici si scambiano nel caso di quadrupolo defocheggiante in orizzontale e focheggiante in verticale [28]. Le matrici (4.1) e (4.2), fanno riferimento al caso in cui il quadrupolo viene considerato come lente spessa. In pratica spesso si verifica la condizione L D >> L Q, ossia la lunghezza del drift è molto maggiore della lunghezza del quadrupolo; in questo caso si può considerare il quadrupolo come una lente sottile e le matrici (4.1) e (4.2) si semplificano come segue: 68

69 R Q 1 1 f 0 1 (4.3) dove f è la distanza focale e 1/f=kL Q. Quando il segno del termine 1/f è negativo (positivo) la matrice rappresenta una lente focheggiante (defocheggiante) [21-cap.7]. Non essendo verificata la condizione che permette l approssimazione a lente sottile, nell analisi dei dati delle misure effettuate, i quadrupoli saranno considerati come lenti spesse, dunque il loro comportamento sarà descritto dalle matrici (4.1) e (4.2). La matrice di trasferimento relativa al tratto di propagazione libera (drift) è invece la seguente: R D S S S S LD, 1 (4.4) dove L D indica la lunghezza del drift. La matrice di trasferimento, che descrive la trasformazione lineare tra i punti s 0 ed s, è data dalla moltiplicazione delle matrici degli elementi che si trovano sulla linea di trasporto del fascio (eq. 3.10): R R R R R R R D Q, (4.5) dove al posto di R Q si sostituisce la matrice (4.2) o la (4.3) a seconda che si vogliano misurare ε 0, α 0, β 0 e γ 0 orizzontali o verticali [28]. Ci soffermiamo da adesso sulle misure di ε 0, α 0, β 0 e γ 0 orizzontali, essendo tutte le considerazioni fatte nel piano verticale identiche. La matrice del fascio in s (σ) è legata alla matrice del fascio in s 0 (σ 0 ) dalla relazione: R R 0 T ; (4.6) 69

70 ricordando che la matrice del fascio è, in accordo alle eqq. (3.15) e (3.21), x x 22 x 2 x x x xx xx, 2 x (4.7) dalla (4.6) si può ricavare l equazione che lega 11, ossia il quadrato delle dimensioni RMS del fascio nel piano orizzontale, ai termini della matrice del fascio 0, associata al punto iniziale s 0 : 2 11 R11 2 ( 00) R12( 0 0) 2R11R (4.8) Nell equazione (4.8) sono presenti un termine noto, 11, e tre incognite, i termini α 0, β 0 e ε 0 ; γ 0 non rappresenta un incognita, in quanto è ricavabile dalla relazione 2 1. Quindi sarebbe necessario misurare tre differenti valori di 11 per tre diversi valori di gradiente magnetico nel quadrupolo. Si ottiene in questo modo il seguente sistema di tre equazioni in tre incognite: 11(1) 11(2) 11(3) R R R (1) 2 11 (2) 2 11 (3) R 2R 2R (1) 11 (2) 11 (3) 11 R R R (1) 12 (2) 12 (3) 12 R R R (1) 2 12 (2) 2 12 (3) (4.9) Chiamando A la matrice al secondo membro, si ricava il vettore incognito, essendo noti la matrice A e il vettore a primo membro, ottenuto tramite le misure: A (1) 11(2) 11(3), (4.10) infine si ottengono i valori di ε 0, α 0 e β 0. Per ottenere misure accurate, è necessario misurare 11 per più di tre differenti valori di gradiente magnetico nel quadrupolo; così facendo il sistema è sovradimensionato ed utilizzando il metodo dei minimi quadrati [28], ε 0, α 0 e β 0 sono quelli che minimizziamo 70

71 n 2 i1 2 ( 11 ( i) f 2 u( (,, )) 11 0 ( i ) ) 0 0 2, (4.11) 2 dove n è il numero di misurazioni, u( ) indica l incertezza relativa alla misura 11 e 11 (i ) f ( i ( i) ( i) ( i ( 0, 0, 0 ) R11 ( 00 ) 2R11 R R22 ( 0 0 ); ) 2 ) 2 (4.12) ε 0, α 0 e β 0 sono le soluzioni del sistema di tre equazioni ottenuto uguagliando a zero le derivate parziali di 2 rispetto ai parametri ( 0) 0, ( 0 0 ) e ( 0 0). 4.2 Le condizioni sperimentali di misura In questo paragrafo vengono descritte le condizioni sperimentali in cui sono state eseguite le misure di emittanza e parametri di Twiss; in particolare descriviamo sia gli elementi magnetici tra l iniettore (s 0 ) e lo schermo di misura (s), sia riportiamo i parametri operativi della macchina, poiché lo scopo delle misure è lo studio di ε 0, α 0 e β 0 per diversi punti di lavoro dell iniettore La linea di trasporto del fascio I dispositivi utilizzati per la misura di ε 0, α 0 e β 0 sono leggermente differenti dallo schema di principio discusso nel paragrafo 4.1, in quanto si utilizzano i due quadrupoli installati nella macchina, intervallati, per ragioni di ingombro, da spazi di propagazione libera. I due quadrupoli sono necessari perché il fascio abbia le dimensioni opportune all ingresso del secondo modulo di accelerazione, e quindi deve essere necessariamente focalizzato in entrambi i piani trasversi. La linea di trasporto, dalla flangia di uscita (s 0 ) allo schermo di misura (s) costituisce una tipica struttura FODO (paragrafo 2.4); in figura 4.2 viene riportata una schema della linea di trasporto, mentre nella tabella 4.1 si riportano le lunghezze degli elementi che la compongono. 71

72 Fig. 4.2 Elementi della linea di trasporto del fascio fra iniettore e schermo di misura Simbolo nello schema Elemento corrispondente Valore (mm) L 1 lunghezza del primo drift 416 L 2 lunghezza del primo quadrupolo (Q1) 123 L 3 lunghezza del secondo drift 90 L 2 lunghezza del secondo quadrupolo (Q2) 123 L 4 lunghezza del terzo drift 222 s-s 0 lunghezza totale della linea di trasporto 974 Tab. 4.1 Lunghezze degli elementi che compongono la linea di trasporto Di seguito sono riportate alcune immagini per meglio chiarire le condizioni sperimentali nelle quali sono state condotte le misure. Nella figura 4.3 si può osservare la flangia di uscita dell iniettore, indicata dalla freccia in giallo; la figura 4.4 rappresenta la linea di trasporto completa, in cui si possono osservare tutti gli elementi che la compongono; nella figura 4.5, infine si osserva la finestra di uscita dei protoni, la targhetta ceramica fluorescente, necessaria per rendere visibile il fascio, e la telecamera che permette di monitorare le dimensioni del fascio e acquisire le impronte della luminescenza indotta dal fascio sulla targhetta, da cui si ricava la dimensione trasversa del fascio. 72

73 Fig. 4.3 Flangia di uscita dell iniettore Fig. 4.4 La linea di trasporto: si riconoscono gli spazi di propagazione libera e i due quadrupoli DANFYSIK utilizzati 73

74 Fig. 4.5 La finestra di uscita dei protoni, la targhetta fluorescente e, di fronte, la telecamera. Le matrici R degli elementi presenti nella situazione attuale rimangono le stesse delle eqq. (4.1), (4.2) e (4.3), ma adesso la matrice di trasferimento della linea di trasporto è più complessa: R R R R R R D4 Q2 D3 Q1 D1, (4.13) dove R D rappresenta la matrice di trasferimento del drift i-esimo, e i Q j R la matrice di trasferimento del quadrupolo j-esimo. Nel caso in cui uno dei due quadrupoli sia spento la sua matrice di trasferimento si ottiene uguagliando a zero il termine k presente nella matrice 4.1, e la matrice diventa quella di un drift (eq. 4.3), di lunghezza pari alla lunghezza del quadrupolo I parametri operativi dell iniettore Le caratteristiche del fascio di protoni uscente dall iniettore dipendono da diversi parametri: tensione sulla lente unipolare, corrente di filamento, corrente sul magnete stabilizzatore, condizioni di vuoto (pressione del gas), tensione sull anodo di Pierce, tensione d arco, tensione di estrazione e fattore di accelerazione; nella tabella seguente vengono elencati i sopraccitati parametri, le loro unità di misura ed i valori che sono stati impostati per eseguire le misure di emittanza. L insieme di tali parametri definiscono il punto di lavoro dell iniettore. 74

75 Parametro Unità di misura Valore assunto tensione sulla lente unipolare kv Variabile tensione di estrazione kv Variabile corrente di filamento A 28 corrente sul magnete stabilizzatore A 1,3 pressione del gas mtorr 7 tensione sull anodo di Pierce V 98 tensione d arco V 200 fattore di accelerazione adimensionale 4,14 Tab. 4.2 Parametri operativi dell iniettore Lo scopo della misura è studiare ε 0, α 0 e β 0 in diversi punti di lavoro della macchina, variando la tensione sulla lente unipolare e la tensione di estrazione. La fig. 4.2 riporta, in un operazione tipica, l andamento della tensione d arco (traccia gialla) la corrente del fascio (traccia verde) e l andamento del campo elettrico nella cavità accelerante (traccia viola). Affinché il fascio di protoni sia presente deve esserci sovrapposizione temporale tra il campo elettrico accelerante e la tensione d arco, ovvero sono contemporaneamente presenti campo accelerante e particelle da accelerare. L intensità del fascio in uscita è proporzionale all intervallo di sovrapposizione delle tracce gialle e viola, e quest intervallo temporale rappresenta la durata dell impulso. La corrente viene misurata portando le cariche, in uscita dall acceleratore, su di un resistore e misurando la tensione ai capi del resistore, tramite un voltmetro. Adoperando un resistore da 1 kω, la tensione letta sull oscilloscopio risulta di 6 mv, (2mV/div in fig. 4.2). La durata dell impulso è invece di circa 25 μs. La traccia relativa alla corrente del fascio presenta un andamento a saturazione a causa della presenza della capacità parassita del cavo che porta le cariche verso il resistore, rendendo il circuito di misura un circuito integratore. 75

76 Fig. 4.2 Screenshot dall oscilloscopio durante il funzionamento dell iniettore 4. 3 Procedura di misura Come detto nel paragrafo 4.1, ε 0, α 0 e β 0 vengono ottenuti mediante la misurazione delle dimensioni del fascio RMS al variare del gradiente magnetico nel quadrupolo utilizzato. Le dimensioni del fascio RMS possono essere ricavate attraverso l analisi delle immagini contenenti le impronte della luminescenza indotta dal fascio sulla targhetta. Dunque, scelto il piano sul quale si vogliono definire emittanza e parametri di Twiss, per ogni valore di gradiente magnetico nel quadrupolo previsto dall intervallo scelto, si acquisisce un immagine della targhetta, sulla quale è presente l impronta del fascio. Si ricorda che l intervallo di gradienti magnetici deve essere selezionato in modo tale che la dimensione del fascio passi per un punto di minimo. Le immagini così acquisite, vengono inviate ad un programma di elaborazione delle immagini, che esegue, per ciascuna di queste, le operazioni presenti nel diagramma di flusso di figura 4.3. La prima operazione svolta dal programma è sottrarre all immagine i-esima un immagine chiamata fondo. Per immagine di fondo si intende l immagine della targhetta fluorescente acquisita quando la tensione di estrazione (V extr ) è nulla, quindi il fascio non è presente. L operazione di sottrazione garantisce che la misura risulti esente da qualsiasi contributo dovuto 76

77 alla radiazione di fondo, generata dai protoni che riescono a raggiungere lo schermo di misura anche quando non vengono estratti dalla sorgente. L acquisizione dell immagine di fondo generalmente viene effettuata all inizio della misurazione. Fig. 4.3 Diagramma di flusso relativo al programma di elaborazione delle immagini In figura 4.4 si può osservare una tipica immagine ottenuta sottraendo l immagine di fondo ad un immagine qualsiasi del fascio (posizione A nel diagramma di flusso di fig. 4.3). 77

78 Fig. 4.4 Esempio di sottrazione tra l immagine del fascio e l immagine di fondo La figura 4.5 rappresenta, invece, il risultato finale dell elaborazione di un immagine del fascio (punto B del diagramma di fig. 4.3); si riconoscono il profilo del fascio (in blu) e la porzione di profilo selezionato (in rosso), utilizzata per calcolare deviazione standard e centroide del fascio di protoni. L asse delle ascisse di fig. 4.5 corrisponde a quello che era invece l asse delle ordinate in fig. 4.4, mentre l asse delle ordinate indica l intensità del fascio; la scala delle intensità è stata normalizzata ad 1. Fig. 4.5 Profilo del fascio e porzione centrale del profilo selezionata Le immagini di fig. 4.4 e fig. 4.5 sono state ottenute utilizzando la sesta fotografia della prima misura, relativa alle misure di emittanza verticale a 3 MeV nel punto di lavoro 2, i cui risultati verranno presentati nel paragrafo successivo. Terminata l elaborazione delle immagini, il programma produce un file ( results.txt ) contente la deviazione standard del profilo del fascio, ed il centroide del fascio. Questo file viene letto dal secondo programma, il quale, tramite il metodo dei minimi quadrati, ricava i valori ottimi di ε 0, α 0 e β 0 in s 0 ; inoltre ricostruisce l ellisse caratteristico del fascio nello spazio delle fasi. 78

79 Fig 4.6 Dati sperimentali sul piano corrente-dimensioni RMS del fascio e curva ricavata con il metodo dei minimi quadrati Fig. 4.7 Ricostruzione dell ellisse nello spazio delle fasi In fig. 4.6 si possono osservare i valori delle dimensioni RMS del fascio in funzione delle correnti che scorrono nel quadrupolo, proporzionali ai gradienti magnetici, e la curva che li approssima. Nella fig. 4.7 si riconosce, invece, l ellisse caratteristico della distribuzione delle particelle nello spazio delle fasi yy. Le fig. 4.6 e 4.7 sono state ottenute sempre tramite la prima misura, relativa alle misure di emittanza verticale a 3 MeV, nel punto di lavoro 2. Se con il metodo dei minimi quadrati si raggiungesse una soluzione unica, le rette presenti in figura 4.7 racchiuderebbero un unica ellisse. Le rette rappresentano tutti i punti, nello spazio delle 79

80 fasi, il cui trasporto da s 0 a s corrisponde ad una stessa dimensione RMS del fascio nello schermo di misura [33]. 4.4 Presentazione e discussione dei risultati ottenuti Le misure di ε 0, α 0 e β 0 sono state eseguite per due differenti valori di energia del fascio di protoni: 3 MeV e 7 MeV. I risultati delle misure a 3 MeV sono stati utilizzati per progettare le dimensioni trasversali del fascio alla finestra di uscita dei protoni (cap. 6), mentre i risultati delle misure a 7 MeV sono stati confrontati con i valori di disegno forniti dalla casa costruttrice nella scheda tecnica dell iniettore Misure a 3 MeV All energia del fascio di 3 MeV le misure di ε 0, α 0 e β 0 sono state eseguite per tre differenti punti di lavoro dell iniettore. Gli unici due parametri operativi dell iniettore che sono stati variati sono la tensione di estrazione e la tensione sulla lente unipolare (tab. 4.2); i tre punti di lavoro selezionati sono riportati in tabella: Punto di lavoro 1 Punto di lavoro 2 Punto di lavoro 3 Tensione di estrazione 29 kv 27,4 kv 26 kv Tensione sulla lente unipolare 28,55 kv 28,2 kv 26 kv Tab 4.3 Punti di lavoro dell iniettore scelti per le misure La durata dell impulso di carica e la corrente del fascio sono state lasciate invariate, indipendentemente dal punto di lavoro scelto, rispettivamente a 25 μs e 6 μa. Per i punti di lavoro 1 e 2 ε 0, α 0 e β 0 sono stati misurati solamente sul piano verticale, mentre nel punto di lavoro 3, le misure sono state eseguite in entrambi i piani trasversi. Da adesso, per convenzione, emittanza e parametri di Twiss nel piano verticale saranno indicati con i seguenti simboli: ε y, α y e β y, e, rispettivamente, in quello orizzontale: ε x, α x e β x. Nel punto di lavoro 1 sono state eseguite tre misure nel piano verticale, utilizzando il primo quadrupolo (Q1); nella prima misura sono state raccolte 14 immagini, nella seconda 25, nella terza 17. I risultati ottenuti vengono riportati in tabella 4.4: 80

81 Misura ε y (RMS) ε yn (RMS) α y β y σ y 1 5,388 mm-mrad 0,433 mm-mrad -0,331 0,165 mm/mrad 0,944 mm 2 7,253 mm-mrad 0,582 mm-mrad -0,346 0,124 mm/mrad 0,947 mm mm-mrad 0,490 mm-mrad -0,737 0,147 mm/mrad 0,946 mm Tab. 4.4 Risultati ottenuti nel punto di lavoro 1 sul piano verticale Il termine ε yn rappresenta l emittanza normalizzata; σ y, invece, corrisponde alla radice quadrata del termine 11 della matrice del fascio, ed è uguale a: 11 y y. Questo valore rappresenta le dimensioni RMS del fascio sul piano verticale (paragrafo 3.1.2). Osservando i dati di tab. 4.4, si nota una notevole differenza per quanto riguarda il valore di emittanza tra la seconda misura e le restanti due. Analizzando i grafici relativi alle tre misure (fig. 4.8), si osserva che per la misura numero 2 la curva approssima male i dati sperimentali, mentre per la prima e terza misura si ottiene una miglior approssimazione; i risultati ottenuti nella prima e terza misura sono, di conseguenza, più accurati. Fig. 4.8 Confronto tra i grafici relativi alle misure nel punto di lavoro 1 In fig. 4.9 vengono, invece, riportate le ricostruzioni delle ellissi nello spazio delle fasi yy : Fig. 4.9 Ellissi nello spazio delle fasi yy 81

82 L aumento di emittanza, relativo alla seconda misura, è molto evidente: l area dell ellisse nell immagine centrale è, infatti, più grande rispetto all area delle ellissi 1 e 3; relativamente ad i parametri di Twiss, le ellissi 1 e 2 presentano una inclinazione simile, denunciata dalla somiglianza degli α y, mentre la terza ellisse presenta una maggiore inclinazione: l α y della terza misura è in modulo maggiore rispetto agli α y ottenuti per le prime due misure. Nel secondo punto di lavoro sono state eseguite due misure, sempre nel piano verticale e sempre utilizzando il quadrupolo Q1. Per la prima misura sono state acquisite 13 immagini, per la seconda 17. I risultati ottenuti nel punto di lavoro 2 sono i seguenti: Misura ε y (RMS) ε yn (RMS) α y β y σ y 1 6,112 mm-mrad 0,491 mm-mrad -0,681 0,151 mm/mrad 0,959 mm 2 5,839 mm-mrad 0,469 mm-mrad -0,554 0,125 mm/mrad 0,854 mm Tab. 4.5 Risultati ottenuti nel punto di lavoro 2 sul piano verticale Nel punto di lavoro 3, infine, sono state eseguite tre misure nel piano verticale ed una nel piano orizzontale. La misurazione nel piano verticale è stata effettuata sempre per mezzo del quadrupolo 1; le immagini acquisite sono state 13 per la prima misura, 17 per la seconda e 11 per la terza. In tabella 4.6 vengono riportati i risultati ottenuti. Misura ε y (RMS) ε yn (RMS) α y β y σ y 1 2,623 mm-mrad 0,211 mm-mrad -0,030 0,161 mm/mrad 0,650 mm 2 2,492 mm-mrad 0,200 mm-mrad -0,111 0,150 mm/mrad 0,612 mm 3 2,715 mm-mrad 0,218 mm-mrad -0,381 0,137 mm/mrad 0,610 mm Tab. 4.6 Risultati ottenuti nel punto di lavoro 3 sul piano verticale Confrontando i risultati di emittanza verticale ottenuti nei tre punti di lavoro differenti si osserva che nel punto di lavoro tre si ottiene una notevole diminuzione di emittanza rispetto a quella che si era ottenuta nei primi due punti di lavoro. La netta diminuzione di emittanza, apprezzabile da un punto di vista visivo in figura 4.10, confrontando le aree delle ellissi, è dovuta alla diminuzione dei valori di tensione di estrazione e tensione sulla lente unipolare. 82

83 Fig Ellissi ricostruiti nello spazio delle fasi per la prima misura nel punto di lavoro 2 (sinistra) e per la seconda misura nel punto di lavoro 3 (destra) In figura 4.11, infine, vengono riportate in un unico grafico le misure di emittanza verticale ottenute, in funzione del punto di lavoro. Fig Grafico riassuntivo dei risultati di emittanza verticale ottenuti Si nota di nuovo la diminuzione di emittanza ottenuta diminuendo i valori di tensione di estrazione e tensione sulla lente unipolare. Inoltre viene evidenziato come nel punto di lavoro 1 si ottengono dei risultati poco precisi, a differenza di ciò che accade nei punti di lavoro 2 e 3. 83

84 La misurazione di ε x, α x e β x, è stata resa possibile utilizzando entrambi i quadrupoli presenti sulla linea di trasporto. In particolare il quadrupolo più vicino alla sorgente è stato impostato ad un gradiente di campo magnetico costante, con l obiettivo di non far uscire il fascio dalla targhetta, mentre quello più distante è stato utilizzato per la misurazione. Le immagini acquisite sono state 23, i risultati ottenuti sono i seguenti: ε x (RMS) ε xn (RMS) α x β x σ x 3,684 mm-mrad 0,296 mm-mrad 1,781 0,956 mm/mrad 1,877 mm Tab. 4.7 Risultati ottenuti nel punto di lavoro 3 nel piano orizzontale In figura 4.12 viene riportata la ricostruzione dell ellisse nello spazio delle fasi xx ; si può osservare che l ellisse avendo un valore di α x positivo, questa volta presenta un inclinazione opposta rispetto a quella che invece era presente in tutte le misure di emittanza verticale. Inoltre si riscontra un ottima ricostruzione dell ellisse, sintomo di una misura accurata. Fig Ellisse nello spazio delle fasi xx Il valore di emittanza orizzontale e quello di emittanza verticale, ottenuto mediante la terza misura nel punto di lavoro 3, sono stati utilizzati per la progettazione della linea di trasporto del fascio a 3 MeV, affrontata nel capitolo 6 della tesi. 84

85 4.4.2 Misure a 7 MeV Con il fascio all energia di 7 MeV sono state eseguite solamente una misura di emittanza orizzontale ed una di emittanza verticale. La durata dell impulso è stata impostata a 50μs e la corrente del fascio a circa 10 μa. Le misure sono state entrambe eseguite tramite il quadrupolo Q2. La tensione di estrazione è stata impostata a 28,5 kv, mentre la tensione sulla lente unipolare a 27,4 kv. La misura di emittanza orizzontale ha prodotto i risultati riportati in tabella 4.8: ε x (RMS) ε xn (RMS) α x β x σ x 1,575 mm-mrad 0,194 mm-mrad 0,665 0,304 mm/mrad 0,69 mm Tab. 4.8 Risultati emittanza orizzontale a 7 MeV Dalla figura 4.13 si riscontra una buona accuratezza: la curva di fit ed i dati sperimentali concordano e si ottiene una precisa ricostruzione dell ellisse nello spazio delle fasi. Fig Fit dei dati sperimentali (sinistra) e ricostruzione dell ellisse nello spazio delle fasi (destra) Per misurare l emittanza verticale, è stato necessario variare il punto di lavoro dell iniettore; in particolare è stata ridotta la tensione di estrazione del fascio da 28,5 kv a 27,5 kv, infatti, con un valore di 28,5 kv i risultati ottenuti risultano meno accurati rispetto a quelli ottenuti per l emittanza orizzontale. La minor accuratezza è dovuta alla presenza di un doppio fascio nel caso di tensione di estrazione pari a 28,5 kv, osservabile in figura

86 Fig Presenza del doppio fascio ad una tensione di estrazione di 28,5 kv Oltre a ridurre l accuratezza della misura, la presenza del doppio fascio innalza il valore dell emittanza. Ad una tensione di estrazione del fascio di 27,5 kv, sono stati ricavati i seguenti risultati: ε y (RMS) ε yn (RMS) α y β y σ y 2,592 mm-mrad 0,320 mm-mrad -0,509 0,292 mm/mrad 0,869 mm Tab. 4.9 Risultati emittanza verticale a 7 MeV Nel grafico di figura 4.15 vengono confrontati i migliori valori di emittanza normalizzata verticale, ottenuti a 3 MeV, con quello ottenuto a 7 MeV; utilizzando l emittanza normalizzata è possibile confrontare i risultati ottenuti indipendentemente dall energia del fascio. Si osserva una buona precisione per quanto riguarda i risultati ottenuti a 3 MeV, mentre la misura a 7 MeV ha prodotto un valore per l emittanza normalizzata verticale maggiore rispetto ai risultati a 3 MeV. 86

87 Fig Confronto delle emittanze verticali normalizzate, a 3 MeV e 7 MeV Relativamente al fascio di energia pari a 7 MeV, il costruttore ha calcolato i valori di disegno di emittanza, orizzontale e verticale, e parametri di Twiss, alla flangia di uscita dell iniettore. Tali valori sono stati forniti nella scheda tecnica della macchina. Nelle tabelle seguenti vengono confrontati i valori di disegno con i valori misurati: - emittanza orizzontale ε x (RMS) α x β x Misura 1,575 mm-mrad 0,665 0,304 mm/mrad disegno 1,1 mm-mrad 0,297 0,096 mm/mrad Tab Confronto tra misure e valori di disegno per l emittanza orizzontale - emittanza verticale ε y (RMS) α y β y Misura 2,592 mm-mrad -0,509 0,292 mm/mrad disegno 1,2 mm-mrad 2,769 0,498 mm/mrad Tab Confronto tra misure e valori di disegno per l emittanza verticale Nel piano orizzontale risulta che per l emittanza i valori sono pressoché simili, la differenza tra i due valori è, infatti, di 0,475 mm-mrad. Sia dalle misure sia dai parametri di disegno risulta che il 87

88 fascio è convergente, mentre dalle misure risulta che il fascio possiede dimensioni maggiori rispetto a quelle previste dal costruttore. Per quanto riguarda il piano verticale, si hanno valori di emittanza discordanti, in questo caso la differenza tra valore misurato e di disegno è di 1,392 mm-mrad, valore molto maggiore rispetto al caso dell emittanza orizzontale. Inoltre dalle misure il fascio risulta essere divergente, mentre dai parametri di disegno risulta un fascio convergente. Per quanto riguarda le dimensioni del fascio, misure e parametri di disegno concordano. 4.5 Cause d incertezza nella misura di emittanza Le cause d incertezza nella misura di emittanza eseguita nel modo descritto possono essere principalmente due: disallineamento angolare tra telecamera e finestra terminale dell iniettore ed elevato energy spread del fascio. Per evidenziare il primo errore è stata condotta una prova: sulla seconda misura di emittanza verticale, relativa al punto di lavoro 2, è stata imposta una rotazione di 5 gradi tra iniettore e telecamera; analizzando i risultati ottenuti si è osservato che la rotazione comporta un peggioramento dell emittanza normalizzata, che risulta 0,9940 mm-mrad contro gli mmmrad ottenuti in condizioni di allineamento. Per questo motivo nel programma di elaborazione delle immagini è implementato uno script che ruota ciascun immagine per un numero n (impostabile) di angoli in modo da ottenere l immagine attraverso la quale ricavare la dimensione effettiva del profilo del fascio. Per quanto riguarda invece la seconda causa di errore, un energy spread elevato del fascio comporta un elevato Δp (p = quantità di moto) tra le varie particelle; ricordando che il potere focheggiante del quadrupolo è espresso da k(s)= qg(s)/p, si nota che questo dipende proprio dalla quantità di moto della particella, dunque il quadrupolo focheggia in maniera differente protoni con differenti energie, aumentando di fatto l emittanza. Tuttavia nel caso specifico l energy spread rilevato è di circa 100 kev su un energia del fascio di 3 MeV, dunque quest effetto è trascurabile. 88

89 Capitolo 5 Misure di range e picco di Bragg Dopo aver caratterizzato dinamicamente il fascio sul piano trasverso, è necessario caratterizzare il fascio anche dal punto di vista energetico. La misurazione del range permette di ricavare dell energia del fascio entrante nel mezzo, mentre la misura del picco di Bragg consente di individuare la profondità alla quale viene rilasciata la quantità di dose massima. In questo capitolo, dopo aver brevemente illustrato il procedimento per ottenere le misure di range e picco di Bragg, e le condizioni sperimentali di misura, vengono presentate e commentate le misure di range, eseguite per misurare l energia effettiva del fascio all uscita dell iniettore, e la curva di Bragg ricostruita sperimentalmente. 5.1 Principio di misura Per ottenere una misura di range è necessario disporre della curva di trasmissione in funzione dello spessore di materiale attraversato. La trasmissione è intesa come il rapporto tra particelle trasmesse e particelle incidenti su un determinato spessore di materiale. Utilizzando degli strati di materiale di spessore opportuno, la curva di trasmissione viene ottenuta misurando il rapporto tra particelle trasmesse e particelle incidenti, per un numero di volte pari al numero di strati necessario ad annullare la trasmissione. Ricavata la curva, si può estrapolare il valore di range medio, pari allo spessore di materiale per il quale la metà esatta delle particelle è stata intercettata [29-cap.3]. Per misurare il picco di Bragg, invece, il fascio di energia nota viene indirizzato su un bersaglio di spessore fisso, formato da più strati di un determinato materiale; per riuscire a misurare il picco di Bragg lo spessore dello strato deve essere tale da impedire al fascio di attraversarlo. A questo punto s irraggia il sistema per un determinato intervallo di tempo e, al termine dell irraggiamento, si analizza la dose assorbita da ciascuno strato. I valori di dose così ottenuti permettono di tracciare il picco di Bragg. 5.2 Le condizioni sperimentali di misura Nel seguente paragrafo vengono descritte le condizioni sperimentali in cui sono state eseguite le misure di range e di picco di Bragg, e le motivazioni che hanno portato alla scelta dei materiali utilizzati per eseguire le misure. 89

90 5.2.1 condizioni sperimentali per le misure di range Le misure di range sono state eseguite con un fascio avente energia di 3 MeV; inoltre, utilizzando i due quadrupoli, il fascio è stato focalizzato per avere dimensioni minori rispetto alle targhette utilizzate. Il fascio di protoni attraversa prima uno strato di kapton, che serve a mantenere il vuoto necessario per il trasporto del fascio. Questo strato di kapton viene anche chiamato finestra terminale o finestra di kapton. Fig. 5.1 Foglio di katpon La finestra in kapton attenua il fascio, specialmente all energia di 3 MeV, alla quale lo stopping power assume un valore consistente. Durante le misure di range sono stati utilizzati due finestre terminali aventi due spessori differenti: in particolare 80 μm e 50 μm. La curva presente in figura 5.2 rappresenta l andamento dell energia del fascio emergente dalla finestra di kapton in funzione dello spessore della stessa. Questa curva è stata ottenuta elaborando i dati contenuti nelle tabelle di stopping power proposte dal NIST PSTAR [34]. Dal grafico emerge che per uno spessore di kapton di 80 μm l energia residua del fascio risulta essere circa 1,55 MeV (linea rossa), per uno spessore di 50 μm il fascio emerge con un energia di circa 2,2 MeV (linea verde). La validità dei valori di energia così ottenuti può essere verificata confrontando questi con quelli di un software di simulazione: SRIM 2011, con il quale è stata calcolata l energia residua media del fascio di protoni per entrambi i casi sopraccitati. Secondo SRIM 2011 il fascio emerge dalla finestra di kapton con un energia di 1,51 MeV, se lo spessore della finestra è di 80 μm, con un energia di 2,15 MeV se lo strato è spesso 50 μm. I valori di energia residua del fascio emergente dalla finestra in kapton, ricavati tramite due metodi differenti, sono coerenti tra loro. Si rimanda la descrizione dettagliata del software SRIM 2011 al paragrafo

91 Fig. 5.2 Curva energia residua spessore di kapton attraversato per un fascio di protoni di 3 MeV Come scritto nel paragrafo precedente, per ottenere una misura di range è necessario costruire la curva di trasmissione. In figura 5.3 viene riportato uno schema rappresentante il principio di misura utilizzato per ottenere una misura di trasmissione. Si riconoscono: il fascio incidente (B i ), la finestra di kapton (K), gli spessori di materiale sovrapposti alla finestra terminale ( s), il fascio trasmesso (B o ) ed infine il bersaglio metallico che raccoglie il fascio emergente. Il bersaglio metallico è collegato ad un cavo coassiale, che consente alla corrente di protoni di raggiunge un oscilloscopio digitale, sul quale è possibile visualizzare un segnale in tensione proporzionale al numero di protoni che hanno attraversato lo strato di materiale. Fig. 5.3 Schema del principio di misura utilizzato per ottenere un valore di trasmissione 91

92 In figura 5.4 si riconosce lo strato di materiale sovrapposto alla finestra terminale (1), il target metallico(2) ed il cavo coassiale (3). Fig. 5.4 Immagine relativa all esecuzione di una misura di trasmissione Gli strati di materiale utilizzati per misurare la trasmissione hanno spessore finito, dunque non è possibile ottenere una curva di trasmissione definita per un intervallo continuo di spessori. La misura di range ottenuta è discretizzata ed il passo di discretizzazione è pari allo spessore dello strato utilizzato. La risoluzione per queste misure sarà tanto maggiore quanto più il materiale scelto presenta un valore di stopping power basso e spessore degli strati minore possibile. In figura 5.5 viene riportato l andamento del range in funzione dell energia del fascio per diversi materiali: piombo, acqua, PVC e kapton. Il grafico è stato ricavato con i dati di CSDA range forniti dalle tabelle del NIST PSTAR [34]. Il CSDA range rappresenta il percorso medio dei protoni mentre frenano nella materia, calcolato considerando che la particella rallenti in maniera continua nel mezzo. In questo tipo di approssimazione si assume che la porzione di energia ceduta 92

93 al mezzo, in qualsiasi punto del percorso della singola particella, è uguale allo stopping power del materiale considerato [35]. Fig. 5.5 Range in funzione dell energia per diversi materiali Si nota che il range del piombo è molto minore rispetto al percorso che le particelle avrebbero in acqua, PVC o kapton, in particolar modo il range maggiore si ha in acqua, seguito dal PVC ed infine dal kapton. Se ad esempio si scegliesse il piombo, per eseguire le misure di energia, si otterrebbero risultati peggiori rispetto a quelli ottenuti con PVC o kapton, poiché, a parità di spessore dello strato, il piombo frena le particelle in maniera maggiore rispetto al PVC. Ponendoci nelle condizioni più sfavorevoli, ossia con spessore della finestra in kapton di 80 μm, se si osserva l ingrandimento di fig. 5.5, riportato in figura 5.6, si nota che all energia di 1,51 MeV (energia posseduta dal fascio subito dopo lo strato di kapton) il range è molto ridotto anche per il PVC; in particolare per il PVC abbiamo un range di circa 50 μm, mentre per il piombo di circa 20 μm. Se si volesse misurare dieci volte il rapporto tra particelle incidenti e particelle trasmesse, per il PVC sarebbero necessari fogli aventi spessore di 5 μm, per il piombo lo spessore dovrebbe essere di 2 μm. 93

94 Fig. 5.6 Ingrandimento figura 5.5 Dunque è ovvio che la scelta del materiale da utilizzare è fondamentale e, per le sue proprietà oltre che la facile reperibilità, si è deciso di utilizzare fogli di pellicola per alimenti in PVC, mostrati in figura 5.7. Fig. 5.7 Strati di pellicola PVC utilizzati per le misure di range 94

95 5.2.2 condizioni sperimentali per la misura di picco di Bragg La misura del picco di Bragg è stata effettutata ad un energia del fascio di 7 MeV, ad una tale energia gli accorgimenti relativi a spessore degli strati e stopping power del materiale risultano essere meno stringenti, ma comunque molto importanti. Lo schema di misura rimane quello di figura 5.3 a meno del bersaglio metallico, che in questo caso non è necessario; come detto gli strati di materiale scelto vengono disposti in pila e sovrapposti alla finestra terminale in un unica soluzione. Il materiale selezionato per la misura di picco di Bragg è il film gafcromico, avente spessore di 50 μm, mostrato in figura 5.8. Fig. 5.8 Strato di film gafcromico utilizzato per la ricostruzione della curva di Bragg Il film gafcromico è composto da una matrice di nylon al cui interno è presente materiale organico, il quale quando viene colpito da particelle cariche reagisce; questa reazione colora il film in maniera proporzionale all energia depositata, da trasparente a blu scuro [36]. 5.3 Misure di range Le misure effettuate si riferiscono al range medio, ossia la distanza alla quale la metà delle particelle è stata intercettata. Le misure di range sono state eseguite con una finestra di kapton di spessore variabile e, in particolar modo, in due misure lo spessore della finestra è stato di 80 μm, nella terza di 50 μm. Le misure con lo strato di kapton da 80 μm sono state eseguite nel seguente modo: nella prima misura sono stati aggiunti sulla finestra terminale due strati per volta di PVC fino al quarto strato, nella seconda uno strato per volta. Lo spessore degli strati di PVC, per queste misure, è di 8,8 μm. Nelle tabelle seguenti vengono riportati i risultati ottenuti: 95

96 Numero strati Spessore strato PVC (μm) Trasmissione , , , ,8 0, ,6 0, ,4 0,27 Tab. 5.1 Risultati della prima misura con finestra terminale di 80 µm Numero strati Spessore strato PVC (μm) Trasmissione ,8 0, ,6 0, ,4 0, ,2 0, , ,8 0, ,6 0, ,4 0,22 Tab.5.2 Risultati della seconda misura con finestra terminale di 80 µm si nota che si ha una netta diminuzione della trasmissione quando il fascio si trova ad attraversare uno spessore di materiale superiore ai 44 µm (valori evidenziati nelle tabelle); si può dunque dedurre che il fascio ha un range di circa 45 μm. Nella figura 5.9 vengono riportate le due curve di trasmissione in funzione dello spessore di PVC attraversato, relative alle due misure appena eseguite. Le curve non vanno a zero a causa della presenza di elettroni secondari. I valori di range medio risultano 49 ± 2,5 µm per la prima misura e 46 ± 2,5 µm per la seconda misura. 96

97 Fig. 5.9 Trasmissione in funzione dello spessore di PVC, finestra terminale di 80 μm Per effettuare la misura di range con la finestra terminale di 50 µm, ovviamente, è stato utilizzato un numero maggiore di strati di PVC, essendo l energia del fascio emergente dalla finestra di kapton superiore; in particolare sono risultati necessari 11 strati, contro gli 8 delle due misure appena presentate. Gli strati sono stati aggiunti uno per volta e, in questo caso, presentano uno spessore di 10 μm ; i risultati ottenuti vengono riportati in tabella 5.3 Numero strati Spessore strato PVC (μm) Trasmissione , , , , , , , , , ,18 Tab 5.3 Risultati della misura con finestra terminale di 50 µm 97

98 In questo caso la diminuzione nel valore di trasmissione è evidente al superamento del settimo strato, dunque si può affermare, consultando anche il grafico relativo all andamento della trasmissione in funzione dello spessore di PVC (fig. 5.10), che il range medio è 75 ± 2,9 μm. Fig Trasmissione in funzione dello spessore di PVC, finestra terminale di 50 μm 5.4 Confronto tra risultati sperimentali e simulazioni: SRIM 2011 Successivamente all esecuzione delle misure si è deciso di confrontare i risultati ottenuti con i dati forniti da un software: SRIM 2011, scritto da J.F. Ziegler, J.P. Biersack e M.D. Ziegler. Questo software, il cui nome è l acronimo di Stopping and Range of Ions in Matter [37], è basato su un metodo di calcolo Monte Carlo, nell approssimazione della collisione binaria (binary collision approximation, BCA). Il modello fisico dell approssimazione della collisione binaria è raffigurato in fig Secondo il modello BCA, la traiettoria di uno ione incidente nel mezzo è approssimata da un percorso poligonale, per tenere conto delle collisioni cui lo ione va incontro. Lo ione, dopo l urto si può muovere lungo un percorso libero λ definito dalla distanza atomica media del mezzo attraversato. Il parametro d urto è inteso come la distanza tra la retta individuata dalla velocità della particella incidente ed il centro della particella bersaglio della successiva (i+1) collisione nucleare. Il software sceglie questo parametro casualmente mediante la relazione: 98

99 p p max r, (5.1) dove p rappresenta il parametro d urto della collisione i+1, p max è il parametro d urto caratteristico dell urto centrale (la retta associata alla velocità della particella incidente passa per il centro del bersaglio) ed r è un numero casuale scelto nell intervallo [0,1]. Lo ione perde energia tra un urto ed il successivo, ossia le collisioni non danno nessun contributo allo stopping power [30]. Fig Modello fisico BCA Il software richiede i seguenti parametri in ingresso: tipo e numero di ioni (1), energia degli ioni (2), e strati di materiale da attraversare (3), specificando lo spessore dello strato ed il tipo di materiale. Si decide di eseguire una prima simulazione con un fascio di 499 protoni, e s impostano l energia a 3 MeV, e gli strati di kapton e di PVC, di spessore 80 μm ciascuno. Impostati i valori desiderati, si avvia la simulazione. 99

100 Fig Finestra di lavoro di SRIM 2011 La simulazione permette di calcolare la distribuzione degli ioni all interno del mezzo scelto ed in particolare l andamento delle traiettorie degli ioni nella materia. In figura 5.13, si possono osservare le traiettorie compiute dai protoni nel mezzo, nel piano xy, dove x rappresenta la coordinata lungo la quale avanzano gli ioni. Si nota come ciascuna particella subisce delle deviazioni nell avanzare nel mezzo e le dimensioni del fascio aumentano. In figura 5.14, viene mostrata la distribuzione tridimensionale dei protoni, dove la curva a forma di campana in rosso rappresenta la zona di spazio nella quale si fermano i protoni, e coincide con la curva di straggling, descritta nel paragrafo Inoltre nel grafico di fig. 5.14, in alto a sinistra, viene riportato il range medio dei protoni nel mezzo, che risulta uguale a 125 μm; considerando che la simulazione è stata condotta con lo strato di kapton di 80 μm, il range nel PVC è proprio di 45 μm, risultato analogo a quanto ricavato con le misure sperimentali. 100

101 Fig Traiettorie ioni nel piano xy, prima simulazione Fig Distribuzione 3D dei protoni, prima simulazione Il software, inoltre, produce un file dal nome range3d.txt in cui sono contenute le posizioni finali di ciascuno ione nel sistema di riferimento xyz, dove x rappresenta la coordinata longitudinale e yz è il piano traverso. 101

102 Utilizzando i valori contenuti nel file range3d.txt, si ottiene la curva di figura 5.15, la quale rappresenta l andamento della trasmissione in funzione dello spessore di PVC attraversato. Come ci si aspetta, il range medio risulta essere 45,6 μm. Fig Andamento della trasmissione in funzione dello spessore di materiale attraversato, prima simulazione Ripetendo la simulazione per la misura effettuata con lo strato di katpon avente spessore 50 µm, i risultati proposti da SRIM 2011 sono di nuovo coerenti con i risultati trovati sperimentalmente, infatti, come riportato in figura 5.16, l immagine relativa alla distribuzione degli ioni tridimensionale riporta un range di 129 µm, a cui però vanno sottratti i 50 µm della finestra di kapton. Inoltre utilizzando il file range3d.txt, si ottiene di nuovo la curva di trasmissione in funzione dello spessore di materiale attraversato, osservabile in figura 5.17, molto simile a quella ottenuta sperimentalmente. 102

103 Fig distribuzione tridimensionale ioni, seconda simulazione Fig Andamento della trasmissione in funzione dello spessore di materiale attraversato, seconda simulazione Confrontando la serie di misure eseguite e simulazioni completate si può concludere che i risultati di range musrati sono in accordo con le simulazioni, e i valori di energia associati a questi range sono concordi con quelli che erano stati calcolati prima di eseguire le misure sperimentali. La seguente tabella riassume il lavoro svolto: nella colonna range calcolato vengono riportati i range 103

IL RISPARMIO ENERGETICO E GLI AZIONAMENTI A VELOCITA VARIABILE L utilizzo dell inverter negli impianti frigoriferi.

IL RISPARMIO ENERGETICO E GLI AZIONAMENTI A VELOCITA VARIABILE L utilizzo dell inverter negli impianti frigoriferi. IL RISPARMIO ENERGETICO E GLI AZIONAMENTI A VELOCITA VARIABILE L utilizzo dell inverter negli impianti frigoriferi. Negli ultimi anni, il concetto di risparmio energetico sta diventando di fondamentale

Dettagli

RIVELAZIONE DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI. Nelle tecniche di rivelazione delle radiazioni ionizzanti le grandezze da rivelare possono essere diverse:

RIVELAZIONE DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI. Nelle tecniche di rivelazione delle radiazioni ionizzanti le grandezze da rivelare possono essere diverse: RIVELAZIONE DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI Nelle tecniche di rivelazione delle radiazioni ionizzanti le grandezze da rivelare possono essere diverse: -Fluenza di particelle -Fluenza di energia -Informazioni

Dettagli

Classificazione dei Sensori. (raccolta di lucidi)

Classificazione dei Sensori. (raccolta di lucidi) Classificazione dei Sensori (raccolta di lucidi) 1 Le grandezze fisiche da rilevare nei processi industriali possono essere di varia natura; generalmente queste quantità sono difficili da trasmettere e

Dettagli

1. Introduzione. 2. Simulazioni elettromagnetiche per la misura del SAR

1. Introduzione. 2. Simulazioni elettromagnetiche per la misura del SAR Relazione Tecnica Analisi simulative e misure con termocamera relative al confronto tra l utilizzo di un telefono smartphone in assenza e in presenza di dispositivo distanziatore EWAD Annamaria Cucinotta

Dettagli

TX Figura 1: collegamento tra due antenne nello spazio libero.

TX Figura 1: collegamento tra due antenne nello spazio libero. Collegamenti Supponiamo di avere due antenne, una trasmittente X e una ricevente X e consideriamo il collegamento tra queste due antenne distanti X X Figura : collegamento tra due antenne nello spazio

Dettagli

Introduzione all analisi dei segnali digitali.

Introduzione all analisi dei segnali digitali. Introduzione all analisi dei segnali digitali. Lezioni per il corso di Laboratorio di Fisica IV Isidoro Ferrante A.A. 2001/2002 1 Segnali analogici Si dice segnale la variazione di una qualsiasi grandezza

Dettagli

Generatore radiologico

Generatore radiologico Generatore radiologico Radiazioni artificiali alimentazione: corrente elettrica www.med.unipg.it/ac/rad/ www.etsrm.it oscar fiorucci. laurea.tecn.radiol@ospedale.perugia.it Impianto radiologico trasformatore

Dettagli

www.andreatorinesi.it

www.andreatorinesi.it La lunghezza focale Lunghezza focale Si definisce lunghezza focale la distanza tra il centro ottico dell'obiettivo (a infinito ) e il piano su cui si forma l'immagine (nel caso del digitale, il sensore).

Dettagli

Il concetto di valore medio in generale

Il concetto di valore medio in generale Il concetto di valore medio in generale Nella statistica descrittiva si distinguono solitamente due tipi di medie: - le medie analitiche, che soddisfano ad una condizione di invarianza e si calcolano tenendo

Dettagli

Amplificatori Audio di Potenza

Amplificatori Audio di Potenza Amplificatori Audio di Potenza Un amplificatore, semplificando al massimo, può essere visto come un oggetto in grado di aumentare il livello di un segnale. Ha quindi, generalmente, due porte: un ingresso

Dettagli

La propagazione delle onde luminose può essere studiata per mezzo delle equazioni di Maxwell. Tuttavia, nella maggior parte dei casi è possibile

La propagazione delle onde luminose può essere studiata per mezzo delle equazioni di Maxwell. Tuttavia, nella maggior parte dei casi è possibile Elementi di ottica L ottica si occupa dello studio dei percorsi dei raggi luminosi e dei fenomeni legati alla propagazione della luce in generale. Lo studio dell ottica nella fisica moderna si basa sul

Dettagli

La distribuzione Normale. La distribuzione Normale

La distribuzione Normale. La distribuzione Normale La Distribuzione Normale o Gaussiana è la distribuzione più importante ed utilizzata in tutta la statistica La curva delle frequenze della distribuzione Normale ha una forma caratteristica, simile ad una

Dettagli

Usando il pendolo reversibile di Kater

Usando il pendolo reversibile di Kater Usando il pendolo reversibile di Kater Scopo dell esperienza è la misurazione dell accelerazione di gravità g attraverso il periodo di oscillazione di un pendolo reversibile L accelerazione di gravità

Dettagli

Impianti per il trasferimento di energia

Impianti per il trasferimento di energia Capitolo 2 Impianti per il trasferimento di energia 2.1 2.1 Introduzione In molte zone di un velivolo è necessario disporre di energia, in modo controllato; questo è necessario per molte attività, ad esempio

Dettagli

CAPACITÀ DI PROCESSO (PROCESS CAPABILITY)

CAPACITÀ DI PROCESSO (PROCESS CAPABILITY) CICLO DI LEZIONI per Progetto e Gestione della Qualità Facoltà di Ingegneria CAPACITÀ DI PROCESSO (PROCESS CAPABILITY) Carlo Noè Università Carlo Cattaneo e-mail: cnoe@liuc.it 1 CAPACITÀ DI PROCESSO Il

Dettagli

Determinazione della composizione elementare dello ione molecolare. Metodo dell abbondanza isotopica. Misure di massa esatta

Determinazione della composizione elementare dello ione molecolare. Metodo dell abbondanza isotopica. Misure di massa esatta Determinazione della composizione elementare dello ione molecolare Metodo dell abbondanza isotopica Misure di massa esatta PREMESSA: ISOTOPI PICCHI ISOTOPICI Il picco dello ione molecolare è spesso accompagnato

Dettagli

Il modello generale di commercio internazionale

Il modello generale di commercio internazionale Capitolo 6 Il modello generale di commercio internazionale [a.a. 2013/14] adattamento italiano di Novella Bottini (ulteriore adattamento di Giovanni Anania) 6-1 Struttura della presentazione Domanda e

Dettagli

19 Il campo elettrico - 3. Le linee del campo elettrico

19 Il campo elettrico - 3. Le linee del campo elettrico Moto di una carica in un campo elettrico uniforme Il moto di una particella carica in un campo elettrico è in generale molto complesso; il problema risulta più semplice se il campo elettrico è uniforme,

Dettagli

APPLICATION SHEET Luglio

APPLICATION SHEET Luglio Indice 1. Descrizione dell applicazione 2. Applicazione - Dati 3. Selezione del prodotto e dimensionamento 4. Soluzione Motovario 1. Descrizione dell applicazione Gli schermi per campi da cricket fanno

Dettagli

Corso di Componenti e Impianti Termotecnici LE RETI DI DISTRIBUZIONE PERDITE DI CARICO LOCALIZZATE

Corso di Componenti e Impianti Termotecnici LE RETI DI DISTRIBUZIONE PERDITE DI CARICO LOCALIZZATE LE RETI DI DISTRIBUZIONE PERDITE DI CARICO LOCALIZZATE 1 PERDITE DI CARICO LOCALIZZATE Sono le perdite di carico (o di pressione) che un fluido, in moto attraverso un condotto, subisce a causa delle resistenze

Dettagli

Sistema di diagnosi CAR TEST

Sistema di diagnosi CAR TEST Data: 30/09/09 1 di 7 Sistema di diagnosi CAR TEST Il sistema di diagnosi CAR TEST venne convenientemente utilizzato per: - verificare che la scocca di un veicolo sia dimensionalmente conforme ai disegni

Dettagli

Progetto La fisica nelle attrazioni Attrazione ISPEED

Progetto La fisica nelle attrazioni Attrazione ISPEED Progetto La fisica nelle attrazioni Attrazione ISPEED Dati utili Lunghezza del treno: 8,8 m Durata del percorso: 55 s Lunghezza del percorso: 1200 m Massa treno a pieno carico: 7000 kg Altezza della prima

Dettagli

PET E RADIOTERAPIA : EVOLUZIONI DELLE METODICHE ESPERIENZA ASMN DI REGGIO EMILIA

PET E RADIOTERAPIA : EVOLUZIONI DELLE METODICHE ESPERIENZA ASMN DI REGGIO EMILIA PET E RADIOTERAPIA : EVOLUZIONI DELLE METODICHE ESPERIENZA ASMN DI REGGIO EMILIA FINALITA DELL IMAGING IN RADIOTERAPIA VISUALIZZAZIONE DELLA NEOPLASIA CORRETTA IDENTIFICAZIONE DEL VOLUME BERSAGLIO VALUTAZIONE

Dettagli

RADIAZIONI RADIAZIONI IONIZZANTI RADIAZIONI IONIZZANTI

RADIAZIONI RADIAZIONI IONIZZANTI RADIAZIONI IONIZZANTI RADIAZIONI Le radiazioni ionizzanti sono quelle onde elettromagnetiche in grado di produrre coppie di ioni al loro passaggio nella materia (raggi X, raggi gamma, raggi corpuscolari). Le radiazioni non

Dettagli

9. Urti e conservazione della quantità di moto.

9. Urti e conservazione della quantità di moto. 9. Urti e conservazione della quantità di moto. 1 Conservazione dell impulso m1 v1 v2 m2 Prima Consideriamo due punti materiali di massa m 1 e m 2 che si muovono in una dimensione. Supponiamo che i due

Dettagli

Fisica II - CdL Chimica. La natura della luce Ottica geometrica Velocità della luce Dispersione Fibre ottiche

Fisica II - CdL Chimica. La natura della luce Ottica geometrica Velocità della luce Dispersione Fibre ottiche La natura della luce Ottica geometrica Velocità della luce Dispersione Fibre ottiche La natura della luce Teoria corpuscolare (Newton) Teoria ondulatoria: proposta già al tempo di Newton, ma scartata perchè

Dettagli

NUOVE ENERGIE nella Scuola 4 DICEMBRE, 2012

NUOVE ENERGIE nella Scuola 4 DICEMBRE, 2012 NUOVE ENERGIE nella Scuola 4 DICEMBRE, 2012 ISTITUTO L.PIRELLI - ROMA EMISSIONE DI NEUTRONI LENTI DA PLASMA IN CELLA ELETTROLITICA DOMENICO CIRILLO PRESUPPOSTI IN QUESTA PRESENTAZIONE SI ILLUSTRANO EVIDENZE

Dettagli

Spettrometria di massa

Spettrometria di massa Tecniche di monitoraggio ambientale di tipo fisico Spettrometria di massa (J. B. Fenn, K. Tanaka, K. Wüthrich, premio nobel per la chimica nel 2002) Analisi chimica dell aerosol Riconoscimento di inquinanti

Dettagli

LA CORRENTE ELETTRICA

LA CORRENTE ELETTRICA L CORRENTE ELETTRIC H P h Prima che si raggiunga l equilibrio c è un intervallo di tempo dove il livello del fluido non è uguale. Il verso del movimento del fluido va dal vaso a livello maggiore () verso

Dettagli

LA CORRENTE ELETTRICA Prof. Erasmo Modica erasmo@galois.it

LA CORRENTE ELETTRICA Prof. Erasmo Modica erasmo@galois.it LA CORRENTE ELETTRICA Prof. Erasmo Modica erasmo@galois.it L INTENSITÀ DELLA CORRENTE ELETTRICA Consideriamo una lampadina inserita in un circuito elettrico costituito da fili metallici ed un interruttore.

Dettagli

Genova 15 01 14 TIPOLOGIE DI LAMPADE

Genova 15 01 14 TIPOLOGIE DI LAMPADE Genova 15 01 14 TIPOLOGIE DI LAMPADE Le lampade a vapori di mercurio sono sicuramente le sorgenti di radiazione UV più utilizzate nella disinfezione delle acque destinate al consumo umano in quanto offrono

Dettagli

COS'E' UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO E COME FUNZIONA

COS'E' UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO E COME FUNZIONA COS'E' UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO E COME FUNZIONA Il principio di funzionamento: la cella fotovoltaica Le celle fotovoltaiche consentono di trasformare direttamente la radiazione solare in energia elettrica,

Dettagli

Capitolo 2 Caratteristiche delle sorgenti luminose In questo capitolo sono descritte alcune grandezze utili per caratterizzare le sorgenti luminose.

Capitolo 2 Caratteristiche delle sorgenti luminose In questo capitolo sono descritte alcune grandezze utili per caratterizzare le sorgenti luminose. Capitolo 2 Caratteristiche delle sorgenti luminose In questo capitolo sono descritte alcune grandezze utili per caratterizzare le sorgenti luminose. 2.1 Spettro di emissione Lo spettro di emissione di

Dettagli

V= R*I. LEGGE DI OHM Dopo aver illustrato le principali grandezze elettriche è necessario analizzare i legami che vi sono tra di loro.

V= R*I. LEGGE DI OHM Dopo aver illustrato le principali grandezze elettriche è necessario analizzare i legami che vi sono tra di loro. LEGGE DI OHM Dopo aver illustrato le principali grandezze elettriche è necessario analizzare i legami che vi sono tra di loro. PREMESSA: Anche intuitivamente dovrebbe a questo punto essere ormai chiaro

Dettagli

METODO PER LA DESCRIZIONE DEL CAMPO MAGNETICO ROTANTE

METODO PER LA DESCRIZIONE DEL CAMPO MAGNETICO ROTANTE Ing. ENRICO BIAGI Docente di Tecnologie elettrice, Disegno, Progettazione ITIS A. Volta - Perugia ETODO PER LA DESCRIZIONE DEL CAPO AGNETICO ROTANTE Viene illustrato un metodo analitico-grafico per descrivere

Dettagli

Regole della mano destra.

Regole della mano destra. Regole della mano destra. Macchina in continua con una spira e collettore. Macchina in continua con due spire e collettore. Macchina in continua: schematizzazione di indotto. Macchina in continua. Schematizzazione

Dettagli

MOTO DI UNA CARICA IN UN CAMPO ELETTRICO UNIFORME

MOTO DI UNA CARICA IN UN CAMPO ELETTRICO UNIFORME 6. IL CONDNSATOR FNOMNI DI LTTROSTATICA MOTO DI UNA CARICA IN UN CAMPO LTTRICO UNIFORM Il moto di una particella carica in un campo elettrico è in generale molto complesso; il problema risulta più semplice

Dettagli

Automazione Industriale (scheduling+mms) scheduling+mms. adacher@dia.uniroma3.it

Automazione Industriale (scheduling+mms) scheduling+mms. adacher@dia.uniroma3.it Automazione Industriale (scheduling+mms) scheduling+mms adacher@dia.uniroma3.it Introduzione Sistemi e Modelli Lo studio e l analisi di sistemi tramite una rappresentazione astratta o una sua formalizzazione

Dettagli

LE VALVOLE TERMOSTATICHE

LE VALVOLE TERMOSTATICHE LE VALVOLE TERMOSTATICHE Per classificare ed individuare le valvole termostatiche si deve valutare che cosa si vuole ottenere dal loro funzionamento. Per raggiungere un risparmio energetico (cosa per la

Dettagli

INTRODUZIONE: PERDITE IN FIBRA OTTICA

INTRODUZIONE: PERDITE IN FIBRA OTTICA INTRODUZIONE: PERDITE IN FIBRA OTTICA Il nucleo (o core ) di una fibra ottica è costituito da vetro ad elevatissima purezza, dal momento che la luce deve attraversare migliaia di metri di vetro del nucleo.

Dettagli

Capitolo 13: L offerta dell impresa e il surplus del produttore

Capitolo 13: L offerta dell impresa e il surplus del produttore Capitolo 13: L offerta dell impresa e il surplus del produttore 13.1: Introduzione L analisi dei due capitoli precedenti ha fornito tutti i concetti necessari per affrontare l argomento di questo capitolo:

Dettagli

LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA

LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA LA CORRENTE ELETTRICA CONTINUA (Fenomeno, indipendente dal tempo, che si osserva nei corpi conduttori quando le cariche elettriche fluiscono in essi.) Un conduttore metallico è in equilibrio elettrostatico

Dettagli

Dispensa di Informatica I.1

Dispensa di Informatica I.1 IL COMPUTER: CONCETTI GENERALI Il Computer (o elaboratore) è un insieme di dispositivi di diversa natura in grado di acquisire dall'esterno dati e algoritmi e produrre in uscita i risultati dell'elaborazione.

Dettagli

Energia nelle reazioni chimiche. Lezioni d'autore di Giorgio Benedetti

Energia nelle reazioni chimiche. Lezioni d'autore di Giorgio Benedetti Energia nelle reazioni chimiche Lezioni d'autore di Giorgio Benedetti VIDEO Introduzione (I) L energia chimica è dovuta al particolare arrangiamento degli atomi nei composti chimici e le varie forme di

Dettagli

MISURE DI CONCENTRAZIONE DI GAS RADON IN AMBIENTI CONFINATI VALUTAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE MEDIA ANNUALE

MISURE DI CONCENTRAZIONE DI GAS RADON IN AMBIENTI CONFINATI VALUTAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE MEDIA ANNUALE MISURE DI CONCENTRAZIONE DI GAS RADON IN AMBIENTI CONFINATI VALUTAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE MEDIA ANNUALE richiedente: COMUNE DI RODENGO SAIANO -- DICEMBRE 2014-- PREMESSA Il Radon 222 ( 222 Rn) è un

Dettagli

GESTIONE DELLE TECNOLOGIE AMBIENTALI PER SCARICHI INDUSTRIALI ED EMISSIONI NOCIVE LEZIONE 10. Angelo Bonomi

GESTIONE DELLE TECNOLOGIE AMBIENTALI PER SCARICHI INDUSTRIALI ED EMISSIONI NOCIVE LEZIONE 10. Angelo Bonomi GESTIONE DELLE TECNOLOGIE AMBIENTALI PER SCARICHI INDUSTRIALI ED EMISSIONI NOCIVE LEZIONE 10 Angelo Bonomi CONSIDERAZIONI SUL MONITORAGGIO Un monitoraggio ottimale dipende dalle considerazioni seguenti:

Dettagli

Esame sezione Brevetti 2003-2004 Prova Pratica di meccanica

Esame sezione Brevetti 2003-2004 Prova Pratica di meccanica Esame sezione Brevetti 2003-2004 Prova Pratica di meccanica OGGETVO: Brevettazione dl un perfezionamento riguardante I pressatori per mescolatori dl gomma Egregio dottore, Le invio una breve relazione

Dettagli

Dimensionamento delle strutture

Dimensionamento delle strutture Dimensionamento delle strutture Prof. Fabio Fossati Department of Mechanics Politecnico di Milano Lo stato di tensione o di sforzo Allo scopo di caratterizzare in maniera puntuale la distribuzione delle

Dettagli

LE RADIAZIONI. E = h. in cui è la frequenza ed h una costante, detta costante di Plank.

LE RADIAZIONI. E = h. in cui è la frequenza ed h una costante, detta costante di Plank. LE RADIAZIONI Nel campo specifico di nostro interesse la radiazione è un flusso di energia elettromagnetica o di particelle, generato da processi fisici che si producono nell atomo o nel nucleo atomico.

Dettagli

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI Capitolo I LE FUNZIONI A DUE VARIABILI In questo primo capitolo introduciamo alcune definizioni di base delle funzioni reali a due variabili reali. Nel seguito R denoterà l insieme dei numeri reali mentre

Dettagli

Appunti sulla Macchina di Turing. Macchina di Turing

Appunti sulla Macchina di Turing. Macchina di Turing Macchina di Turing Una macchina di Turing è costituita dai seguenti elementi (vedi fig. 1): a) una unità di memoria, detta memoria esterna, consistente in un nastro illimitato in entrambi i sensi e suddiviso

Dettagli

LA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA: LA TECNOLOGIA SLIP RING LA TECNOLOGIA SPIRALE E LA TC MULTISTRATO. www.slidetube.it

LA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA: LA TECNOLOGIA SLIP RING LA TECNOLOGIA SPIRALE E LA TC MULTISTRATO. www.slidetube.it LA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA: LA TECNOLOGIA SLIP RING LA TECNOLOGIA SPIRALE E LA TC MULTISTRATO www.slidetube.it INTRODUZIONE Le prestazioni della TC precedentemente illustrate non sono ben rispondenti

Dettagli

TECNICHE DI SIMULAZIONE

TECNICHE DI SIMULAZIONE TECNICHE DI SIMULAZIONE INTRODUZIONE Francesca Mazzia Dipartimento di Matematica Università di Bari a.a. 2004/2005 TECNICHE DI SIMULAZIONE p. 1 Introduzione alla simulazione Una simulazione è l imitazione

Dettagli

Domande a scelta multipla 1

Domande a scelta multipla 1 Domande a scelta multipla Domande a scelta multipla 1 Rispondete alle domande seguenti, scegliendo tra le alternative proposte. Cercate di consultare i suggerimenti solo in caso di difficoltà. Dopo l elenco

Dettagli

Il modello generale di commercio internazionale

Il modello generale di commercio internazionale Capitolo 6 Il modello generale di commercio internazionale adattamento italiano di Novella Bottini 1 Struttura della presentazione Domanda e offerta relative Benessere e ragioni di scambio Effetti della

Dettagli

Esercizi su elettrostatica, magnetismo, circuiti elettrici, interferenza e diffrazione

Esercizi su elettrostatica, magnetismo, circuiti elettrici, interferenza e diffrazione Esercizi su elettrostatica, magnetismo, circuiti elettrici, interferenza e diffrazione 1. L elettrone ha una massa di 9.1 10-31 kg ed una carica elettrica di -1.6 10-19 C. Ricordando che la forza gravitazionale

Dettagli

SISTEMI MULTIAGENTE. Esercizio

SISTEMI MULTIAGENTE. Esercizio Esercizio SISTEMI MULTIAGENTE Nello studio dei sistemi dinamici complessi la simulazione al computer ha un ruolo importante dal momento che presenta molti vantaggi rispetto ai metodi sperimentali più tradizionali;

Dettagli

Prof. Luigi Puccinelli IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI SPAZIO

Prof. Luigi Puccinelli IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI SPAZIO Prof. Luigi Puccinelli IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI SPAZIO CONTROLLO TERMICO Equilibrio termico 2 Al di fuori dell atmosfera la temperatura esterna non ha praticamente significato Scambi termici solo

Dettagli

SPD: che cosa sono e quando devono essere usati

SPD: che cosa sono e quando devono essere usati Antonello Greco Gli SPD, o limitatori di sovratensione, costituiscono la principale misura di protezione contro le sovratensioni. La loro installazione può essere necessaria per ridurre i rischi di perdita

Dettagli

Aspettative, consumo e investimento

Aspettative, consumo e investimento Aspettative, consumo e investimento In questa lezione: Studiamo come le aspettative di reddito e ricchezza futuro determinano le decisioni di consumo e investimento degli individui. Studiamo cosa determina

Dettagli

PROVE SU PISTA. Sensore pressione freno. Sensore pressione freno:

PROVE SU PISTA. Sensore pressione freno. Sensore pressione freno: Sensore pressione freno A N A L I S I T E C N I C A D E L T U O K A R T PROVE SU PISTA Sensore pressione freno: come integrare le valutazioni personali sulla frenata con un analisi basata su elementi oggettivi

Dettagli

Il polo magnetico: simulazione nel tempo

Il polo magnetico: simulazione nel tempo Corso di Elettrotecnica Industriale Professore Paolo Di Barba Il polo magnetico: simulazione nel tempo Anno Accademico 2013/2014 Lo scopo dell esercizio è quello di valutare l andamento del campo magnetico

Dettagli

Il modello generale di commercio internazionale

Il modello generale di commercio internazionale Capitolo 6 Il modello generale di commercio internazionale [a.a. 2015/16 ] adattamento italiano di Novella Bottini (ulteriore adattamento di Giovanni Anania, Margherita Scoppola e Francesco Aiello) 6-1

Dettagli

CORRENTE E TENSIONE ELETTRICA LA CORRENTE ELETTRICA

CORRENTE E TENSIONE ELETTRICA LA CORRENTE ELETTRICA CORRENTE E TENSIONE ELETTRICA La conoscenza delle grandezze elettriche fondamentali (corrente e tensione) è indispensabile per definire lo stato di un circuito elettrico. LA CORRENTE ELETTRICA DEFINIZIONE:

Dettagli

SENSORI E TRASDUTTORI

SENSORI E TRASDUTTORI SENSORI E TRASDUTTORI Il controllo di processo moderno utilizza tecnologie sempre più sofisticate, per minimizzare i costi e contenere le dimensioni dei dispositivi utilizzati. Qualsiasi controllo di processo

Dettagli

Indice di rischio globale

Indice di rischio globale Indice di rischio globale Di Pietro Bottani Dottore Commercialista in Prato Introduzione Con tale studio abbiamo cercato di creare un indice generale capace di valutare il rischio economico-finanziario

Dettagli

La radiochirurgia tramite Gamma Knife Informazioni per i pazienti

La radiochirurgia tramite Gamma Knife Informazioni per i pazienti La radiochirurgia tramite Gamma Knife Informazioni per i pazienti La radiochirurgia tramite Gamma Knife è un metodo ampiamente diffuso per il trattamento di un area selezionata del cervello, detta bersaglio.

Dettagli

Metodologia di monitoraggio Impianti fotovoltaici

Metodologia di monitoraggio Impianti fotovoltaici Metodologia di monitoraggio Impianti fotovoltaici Per effettuare il monitoraggio degli impianti fotovoltaici è stato scelto il metodo di acquisizione dati proposto dal Dott. Ing. F. Spertino, Dott. Ing.

Dettagli

Introduzione. Classificazione di Flynn... 2 Macchine a pipeline... 3 Macchine vettoriali e Array Processor... 4 Macchine MIMD... 6

Introduzione. Classificazione di Flynn... 2 Macchine a pipeline... 3 Macchine vettoriali e Array Processor... 4 Macchine MIMD... 6 Appunti di Calcolatori Elettronici Esecuzione di istruzioni in parallelo Introduzione... 1 Classificazione di Flynn... 2 Macchine a pipeline... 3 Macchine vettoriali e Array Processor... 4 Macchine MIMD...

Dettagli

Corso di. Dott.ssa Donatella Cocca

Corso di. Dott.ssa Donatella Cocca Corso di Statistica medica e applicata Dott.ssa Donatella Cocca 1 a Lezione Cos'è la statistica? Come in tutta la ricerca scientifica sperimentale, anche nelle scienze mediche e biologiche è indispensabile

Dettagli

EMISSIONE E ASSORBIMENTO DI LUCE DA PARTE DELLA MATERIA

EMISSIONE E ASSORBIMENTO DI LUCE DA PARTE DELLA MATERIA EMISSIONE E ASSORBIMENTO DI LUCE DA PARTE DELLA MATERIA Poiché la luce è energia trasportata da oscillazioni del campo elettrico (fotoni) e la materia è fatta di particelle elettricamente cariche (atomi

Dettagli

Prese d aria supersoniche [1-14]

Prese d aria supersoniche [1-14] Politecnico di Milano Facoltà di Ingegneria Industriale Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale Insegnamento di Propulsione Aerospaziale Anno accademico 2011/12 Capitolo 4 sezione a2 Prese d aria supersoniche

Dettagli

Forza. Forza. Esempi di forze. Caratteristiche della forza. Forze fondamentali CONCETTO DI FORZA E EQUILIBRIO, PRINCIPI DELLA DINAMICA

Forza. Forza. Esempi di forze. Caratteristiche della forza. Forze fondamentali CONCETTO DI FORZA E EQUILIBRIO, PRINCIPI DELLA DINAMICA Forza CONCETTO DI FORZA E EQUILIBRIO, PRINCIPI DELLA DINAMICA Cos è una forza? la forza è una grandezza che agisce su un corpo cambiando la sua velocità e provocando una deformazione sul corpo 2 Esempi

Dettagli

Effetto reddito ed effetto sostituzione.

Effetto reddito ed effetto sostituzione. . Indice.. 1 1. Effetto sostituzione di Slutsky. 3 2. Effetto reddito. 6 3. Effetto complessivo. 7 II . Si consideri un consumatore che può scegliere panieri (x 1 ; ) composti da due soli beni (il bene

Dettagli

~ Copyright Ripetizionando - All rights reserved ~ http://ripetizionando.wordpress.com STUDIO DI FUNZIONE

~ Copyright Ripetizionando - All rights reserved ~ http://ripetizionando.wordpress.com STUDIO DI FUNZIONE STUDIO DI FUNZIONE Passaggi fondamentali Per effettuare uno studio di funzione completo, che non lascia quindi margine a una quasi sicuramente errata inventiva, sono necessari i seguenti 7 passaggi: 1.

Dettagli

Più processori uguale più velocità?

Più processori uguale più velocità? Più processori uguale più velocità? e un processore impiega per eseguire un programma un tempo T, un sistema formato da P processori dello stesso tipo esegue lo stesso programma in un tempo TP T / P? In

Dettagli

Circuiti amplificatori

Circuiti amplificatori Circuiti amplificatori G. Traversi Strumentazione e Misure Elettroniche Corso Integrato di Elettrotecnica e Strumentazione e Misure Elettroniche 1 Amplificatori 2 Amplificatori Se A V è negativo, l amplificatore

Dettagli

Librerie digitali. Video. Gestione di video. Caratteristiche dei video. Video. Metadati associati ai video. Metadati associati ai video

Librerie digitali. Video. Gestione di video. Caratteristiche dei video. Video. Metadati associati ai video. Metadati associati ai video Video Librerie digitali Gestione di video Ogni filmato è composto da più parti Video Audio Gestito come visto in precedenza Trascrizione del testo, identificazione di informazioni di interesse Testo Utile

Dettagli

13. Campi vettoriali

13. Campi vettoriali 13. Campi vettoriali 1 Il campo di velocità di un fluido Il concetto di campo in fisica non è limitato ai fenomeni elettrici. In generale il valore di una grandezza fisica assegnato per ogni punto dello

Dettagli

Sensori a effetto Hall bipolari con ritenuta stabilizzati e non stabilizzati con circuito chopper

Sensori a effetto Hall bipolari con ritenuta stabilizzati e non stabilizzati con circuito chopper Sensori a effetto Hall bipolari con ritenuta stabilizzati e non stabilizzati con circuito chopper I risultati dei test mostrano che è possibile ottenere prestazioni significativamente maggiori impiegando

Dettagli

ControlloCosti. Cubi OLAP. Controllo Costi Manuale Cubi

ControlloCosti. Cubi OLAP. Controllo Costi Manuale Cubi ControlloCosti Cubi OLAP I cubi OLAP Un Cubo (OLAP, acronimo di On-Line Analytical Processing) è una struttura per la memorizzazione e la gestione dei dati che permette di eseguire analisi in tempi rapidi,

Dettagli

Un altro importante parametro di questo processo è la risoluzione che rappresenta la distanza minima che la litografia può apprezzare.

Un altro importante parametro di questo processo è la risoluzione che rappresenta la distanza minima che la litografia può apprezzare. TECNICHE LITOGRAFICHE La litografia è un processo basilare nella realizzazione di circuiti integrati,esso consiste nel depositare un materiale detto resist sul wafer da processare che una volta esposto

Dettagli

Campione sciolto in un solvente (deuterato) e. posto in un tubo. di vetro a pareti sottili di diametro di 5 mm e lungo circa 20 cm

Campione sciolto in un solvente (deuterato) e. posto in un tubo. di vetro a pareti sottili di diametro di 5 mm e lungo circa 20 cm posto in un tubo Campione sciolto in un solvente (deuterato) e di vetro a pareti sottili di diametro di 5 mm e lungo circa 20 cm o spettrometro NMR è formato da alcuni mponenti fondamentali: un magnete,

Dettagli

MISURE CON L OSCILLOSCOPIO

MISURE CON L OSCILLOSCOPIO MISURE CON L OSCILLOSCOPIO Misure di ampiezza (1/4) Per effettuare misure di ampiezza con l oscilloscopio l di norma si eseguono in sequenza i seguenti passi: 1. Si procede innanzitutto alla predisposizione

Dettagli

LE FINESTRE E L ISOLAMENTO ACUSTICO

LE FINESTRE E L ISOLAMENTO ACUSTICO LE FINESTRE E L ISOLAMENTO ACUSTICO Roberto Malatesta. William Marcone Ufficio Tecnico (giugno 2008) LA PROTEZIONE DAL RUMORE DEGLI EDIFICI, LA NORMATIVA NAZIONALE La maggior sensibilità delle persone

Dettagli

( x) ( x) 0. Equazioni irrazionali

( x) ( x) 0. Equazioni irrazionali Equazioni irrazionali Definizione: si definisce equazione irrazionale un equazione in cui compaiono uno o più radicali contenenti l incognita. Esempio 7 Ricordiamo quanto visto sulle condizioni di esistenza

Dettagli

Introduzione 2. Serie P20 4. Serie P28 6. Serie P35 8. Serie P39 10. Serie P42 12. Serie P57 14. Serie P60 16. Serie P85 18.

Introduzione 2. Serie P20 4. Serie P28 6. Serie P35 8. Serie P39 10. Serie P42 12. Serie P57 14. Serie P60 16. Serie P85 18. INDICE Introduzione 2 Serie P20 4 Serie P28 6 Serie P35 8 Serie P39 10 Serie P42 12 Serie P57 14 Serie P60 16 Serie P85 18 Serie P110 20 Schemi di connessione 22 Codifica 23 Note 24 Motori Passo Passo

Dettagli

ANALISI SOSPENSIONI Modalità Base

ANALISI SOSPENSIONI Modalità Base ANALISI SOSPENSIONI Modalità Base INTRODUZIONE Nella versione 2.30.04 di Race Studio 2 è stata introdotta una nuova funzionalità relativa allo strumento di Analisi delle sospensioni presente all interno

Dettagli

Abbiamo costruito il grafico delle sst in funzione del tempo (dal 1880 al 1995).

Abbiamo costruito il grafico delle sst in funzione del tempo (dal 1880 al 1995). ANALISI DI UNA SERIE TEMPORALE Analisi statistica elementare Abbiamo costruito il grafico delle sst in funzione del tempo (dal 1880 al 1995). Si puo' osservare una media di circa 26 C e una deviazione

Dettagli

SOFTWARE PER LA RILEVAZIONE DEI TEMPI PER CENTRI DI COSTO

SOFTWARE PER LA RILEVAZIONE DEI TEMPI PER CENTRI DI COSTO SOFTWARE PER LA RILEVAZIONE DEI TEMPI PER CENTRI DI COSTO Descrizione Nell ambito della rilevazione dei costi, Solari con l ambiente Start propone Time&Cost, una applicazione che contribuisce a fornire

Dettagli

L ANALISI ABC PER LA GESTIONE DEL MAGAZZINO

L ANALISI ABC PER LA GESTIONE DEL MAGAZZINO L ANALISI ABC PER LA GESTIONE DEL MAGAZZINO È noto che la gestione del magazzino è uno dei costi nascosti più difficili da analizzare e, soprattutto, da contenere. Le nuove tecniche hanno, però, permesso

Dettagli

RIDURRE I COSTI ENERGETICI!

RIDURRE I COSTI ENERGETICI! Otto sono le azioni indipendenti per raggiungere un unico obiettivo: RIDURRE I COSTI ENERGETICI! www.consulenzaenergetica.it 1 Controllo fatture Per gli utenti che sono o meno nel mercato libero il controllo

Dettagli

La corrente elettrica

La corrente elettrica PROGRAMMA OPERATIVO NAZIONALE Fondo Sociale Europeo "Competenze per lo Sviluppo" Obiettivo C-Azione C1: Dall esperienza alla legge: la Fisica in Laboratorio La corrente elettrica Sommario 1) Corrente elettrica

Dettagli

Cenni di geografia astronomica. Giorno solare e giorno siderale.

Cenni di geografia astronomica. Giorno solare e giorno siderale. Cenni di geografia astronomica. Tutte le figure e le immagini (tranne le ultime due) sono state prese dal sito Web: http://www.analemma.com/ Giorno solare e giorno siderale. La durata del giorno solare

Dettagli

matematica probabilmente

matematica probabilmente IS science centre immaginario scientifico Laboratorio dell'immaginario Scientifico - Trieste tel. 040224424 - fax 040224439 - e-mail: lis@lis.trieste.it - www.immaginarioscientifico.it indice Altezze e

Dettagli

IL RISCHIO D IMPRESA ED IL RISCHIO FINANZIARIO. LA RELAZIONE RISCHIO-RENDIMENTO ED IL COSTO DEL CAPITALE.

IL RISCHIO D IMPRESA ED IL RISCHIO FINANZIARIO. LA RELAZIONE RISCHIO-RENDIMENTO ED IL COSTO DEL CAPITALE. IL RISCHIO D IMPRESA ED IL RISCHIO FINANZIARIO. LA RELAZIONE RISCHIO-RENDIMENTO ED IL COSTO DEL CAPITALE. Lezione 5 Castellanza, 17 Ottobre 2007 2 Summary Il costo del capitale La relazione rischio/rendimento

Dettagli

Regione Piemonte Portale Rilevazioni Crediti EELL Manuale Utente

Regione Piemonte Portale Rilevazioni Crediti EELL Manuale Utente Pag. 1 di 15 VERS V01 REDAZIONE VERIFICHE E APPROVAZIONI CONTROLLO APPROVAZIONE AUTORIZZAZIONE EMISSIONE NOME DATA NOME DATA NOME DATA A. Marchisio C. Pernumian 29/12/2014 M. Molino 27/02/2015 M. Molino

Dettagli

Il riduttore di focale utilizzato è il riduttore-correttore Celestron f/ 6.3.

Il riduttore di focale utilizzato è il riduttore-correttore Celestron f/ 6.3. LE FOCALI DEL C8 Di Giovanni Falcicchia Settembre 2010 Premessa (a cura del Telescope Doctor). Il Celestron C8 è uno Schmidt-Cassegrain, ovvero un telescopio composto da uno specchio primario concavo sferico

Dettagli

Gestione Turni. Introduzione

Gestione Turni. Introduzione Gestione Turni Introduzione La gestione dei turni di lavoro si rende necessaria quando, per garantire la continuità del servizio di una determinata struttura, è necessario che tutto il personale afferente

Dettagli

Dispositivo di conversione di energia elettrica per aerogeneratori composto da componenti commerciali.

Dispositivo di conversione di energia elettrica per aerogeneratori composto da componenti commerciali. Sede legale: Viale Vittorio Veneto 60, 59100 Prato P.IVA /CF 02110810971 Sede operativa: Via del Mandorlo 30, 59100 Prato tel. (+39) 0574 550493 fax (+39) 0574 577854 Web: www.aria-srl.it Email: info@aria-srl.it

Dettagli