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1 52 5. IL CASO ITALIANO 5.1 Il contesto e le caratteristiche della domanda Con riferimento al contesto italiano, la domanda per servizi di micro finanza espressa da due principali categorie di attori: - Individui o famiglie a basso e bassissimo reddito; - Imprese di piccole e piccolissime dimensioni. risulta essere molto vasta ma ancora scarsamente soddisfatta. Mentre nei paesi economicamente poveri, il settore della microfinanza ha affinato strumenti in grado di raggiungere e spesso soddisfarei target, in contesti più complessi, quale quello italiano, il mercato non è stato sinora in grado di elaborare un offerta altrettanto inclusiva. Le ragioni della distanza tra domanda e offerta nel settore della microfinanza nel nostro Paese, sono da ricercarsi principalmente nei seguenti fattori chiave: - Complessità e rigorosità della normativa italiana in materia di regolamentazione dell attività creditizia, raccolta del risparmio ed erogazione di servizi assicurativi; - Mancanza di metodologie adattate al contesto socio-economico italiano di valutazione del rischio di credito e di attenuazione, a costi sostenibili, delle asimmetrie informative 3 tra ente erogatore dei servizi e beneficiario; 3 Il razionamento del credito nei confronti delle famiglie e delle piccole e micro-imprese è imputabile in buona parte alle difficoltà per gli enti erogatori di acquisire di informazioni sufficienti e a buon mercato sui richiedenti il credito. La finanza tradizionale non è in grado attualmente di disporre di strumenti in grado di superare tale problema. Conseguentemente, - Difficoltà da parte dei potenziali beneficiari ad attivare una rete sociale forte in grado di sostenere la richiesta di credito attraverso fideiussioni e garanzie morali 4 ; - Importo limitato del credito che non consente agli istituti erogatori di generare ricavi sufficienti a coprire i costi sostenuti per valutare la pratica di credito e per monitorare il cliente prestatario. Nei paragrafi che seguono analizzeremo i bisogni in ambito finanziario che emergono dalle due categorie individuate, stabilendo sia per individui e famiglie che per le imprese, le dimensioni del mercato e le caratteristiche del target sulle quali l offerta dovrebbe fare leva per migliorare il livello d accesso ai servizi. L esclusione finanziaria è un tema che sta acquistando sempre più rilevanza nell opinione pubblica, nella comunità scientifica, ma soprattutto nelle politiche dei principali attori istituzionali nazionali e sovranazionali. L analisi delle relazioni tra credito e povertà e tra emarginazione sociale ed esclusione finanziaria porta a considerare la microfinanza in Italia così come in Europa fra gli strumenti di welfare più efficaci e utili. L Italia si caratterizza (TAB. 1) per una presenza accentuata di livelli di povertà (assoluta e relativa), di disuguaglianza economica e di esclusione finanziaria. Tutti e tre questi indicatori sono rivelatori di un forte disagio sociale. Strumenti adeguati che favoriscano l inclusione finanziaria potrebbero contribuire sensibilmente a migliorare il livello per coprire un rischio di credito difficilmente quantificabile, gli istituti di credito richiedono ai beneficiari di presentare garanzie reali che spesso non hanno. 4 La metodologia del group lending utilizzata in microfinanza in molti contesti extraeuropei e analizzata nelle pagine precedenti - risulta inadatta alla clientela nel nostro Paese.

2 53 di inclusione sociale e di lotta alla povertà e alle sperequazioni. TAB. 1: Esclusione sociale e finanziaria in Italia Italia Indicatori e Fonti Entro il 20% superiore Famiglie a alla Linea standard (dati rischio di 7,9% ISTAT, La povertà in povertà Italia 2009) I bilanci delle famiglie italiane nell anno 2008 Esclusione 11% (Banca d Italia 2009, finanziaria Supplemento del Disuguagl. distributiva 31% bollettino statistico) Coefficiente di Gini: min 0 max 100 (ISTAT, Distribuzione del reddito delle famiglie italiane, 2009) Nel rapporto sulla fornitura dei servizi finanziari e la prevenzione dell esclusione finanziaria, pubblicato nel 2008, la Commissione Europea sottolinea la profonda interazione tra l esclusione sociale e quella finanziaria: Se la prima quasi automaticamente conduce alla seconda, l esclusione finanziaria fa parte di un processo che rinforza il rischio di far fronte all esclusione sociale. Essere oggettivamente esclusi o sentirsi tali può avere origine o essere rinforzato dalla difficoltà di accesso o di utilizzo dei servizi finanziari. Quattro sono le aree fondamentali di accesso finanziario identificate nel rapporto. La prima e più elementare forma di esclusione è la mancanza di accesso al sistema bancario nel suo complesso, in particolare per quanto riguarda le transazioni bancarie. Il mancato accesso a tale tipologia di prodotti è fortemente stigmatizzante. Inoltre, l accesso al sistema finanziario formale di base costituisce la chiave d ingresso ad altri servizi finanziari (es. credito) e riduce fortemente i rischi legati alla gestione del denaro contante (es. furto). La mancanza di accesso a un conto ove riporre i propri depositi costituisce la seconda forma di esclusione finanziaria. Le cause principali dell esclusione da tale servizio sono la mancanza di documenti d identificazione (es. nel caso di persone immigrate), il costo del servizio, la complessità delle procedure d accesso, la mancanza di risparmio o di abitudine a risparmiare e la diffidenza nei confronti delle banche per ragioni culturali e sociali. La terza forma di esclusione, la più diffusa, è quella creditizia. Il rapporto della Commissione Europea prende in esame il credito fornito alle famiglie per l accesso a beni e servizi essenziali (credito d emergenza e al consumo). Il credito viene considerato un importante strumento finanziario che permette l accesso a beni o spese che eccedono il budget mensile (es. veicoli di vario tipo, casa, arredamento, ecc.). L accesso al credito favorisce la mobilità, la formazione professionale e il miglioramento delle condizioni abitative, che contribuiscono positivamente alla salute e all auto-stima. Tutto ciò eventualmente conduce all innalzamento del reddito personale e a un più ampio accesso ai servizi pubblici. La mancanza di accesso al credito, sia in forma di prestiti, sia tramite il possesso di carte di credito o di autorizzazione allo scoperto bancario, è causa, oltre a una maggiore avversità al rischio, anche di ricorso a sistemi di credito alternativi (es. finanziarie) che possono portare al sovraindebitamento o a sistemi di credito informali (es. usura), che offrono condizioni fortemente svantaggiose, aggravando la posizione di chi già vive nella precarietà. La quarta e ultima area di esclusione finanziaria identificata nel rapporto è relativa al campo assicurativo. Mentre alcuni tipi di assicurazione sono obbligatori nei paesi UE (es. RCA auto), altri, come quella sanitaria o integrativa della

3 54 pensione, stanno assumendo una crescente importanza a causa dell indebolimento del sistema di welfare europeo. La povertà relativa, definita come una carenza di risorse rispetto ad una situazione media o normale della popolazione di riferimento, viene misurata in Italia dall ISTAT attraverso un indagine campionaria sui consumi delle famiglie. L Istituto centrale di statistica approssima lo standard di vita attraverso i consumi in quanto ritenuti un indicatore migliore del reddito, perché tengono conto, ad esempio, del possibile utilizzo di risparmi accumulati o dell accesso al credito per acquisire beni in un anno di reddito più basso. Sono considerate povere quelle famiglie i cui consumi pro capite sono equivalenti a meno della metà del consumo medio pro capite nazionale. Nel 2009, la soglia di povertà per una famiglia di due componenti risultava pari a 983,01 euro mensili (-1,7% rispetto al valore della soglia del 2008), cioè ,12 euro annui. Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa media mensile pari o inferiore a tale valore vengono quindi classificate come relativamente povere. Per famiglie di ampiezza diversa, il valore della linea si ottiene applicando una opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all aumentare del numero di componenti. In Italia, le famiglie che nel 2009 si trovavano in condizioni di povertà relativa erano 2 milioni 657 mila e rappresentano l 10,8% delle famiglie residenti. Nel complesso erano 7 milioni 810 mila gli individui poveri, il 13,1% dell intera popolazione. Particolarmente critica risulta essere la situazione di soggetti che non sono inseriti in una rete sociale e parentale forte: i cosiddetti single, siano essi giovani o anziani, sono ancor più esposti al rischio di povertà relativa. Per quanto riguarda l esclusione finanziaria, oltre alle rilevazioni europee, un quadro di dettaglio può essere tratto dall indagine sui bilanci delle famiglie della Banca d Italia. L indicatore di riferimento è il possesso o meno del più basilare tra i servizi finanziari, il conto corrente bancario o postale. Nel 2008, ultimo anno disponibile, l 89% delle famiglie italiane, che in tutto sono 22,8 milioni circa, possedeva un deposito bancario o postale. Di conseguenza ne era privo il 10% del totale, cioè circa 2 milioni 462 mila famiglie. Il dato risulta in calo rispetto alle rilevazioni precedenti: nel 2002 la percentuale di esclusi era del 14,1%, nel 2004 del 13,7%. L indicatore mostra quindi un incremento del grado di bancarizzazione della popolazione, mentre la quota di esclusione finanziaria tende ad allinearsi al dato della povertà relativa, intorno all 11%. Questa tendenza porterebbe a concludere che la migliorata bancarizzazione non coincide con una riduzione dell esclusione finanziaria e conseguentemente con una minore povertà relativa. Tenendo conto che, nell indagine della Banca d Italia, le caratteristiche individuali sono riferite al capofamiglia, cioè al maggior percettore di reddito all interno del nucleo famigliare, la fotografia del grado di fiducia delle famiglie italiane rispetto all utilizzo delle diverse forme di risparmio, è delineata in base a reddito, condizione professionale e area di residenza: Fino al secondo quintile, nelle classi di reddito inferiori, i buoni fruttiferi postali sono lo strumento più diffuso dopo i depositi; oltre il terzo quintile, quindi per le famiglie a reddito medio alto, titoli di

4 55 stato, obbligazioni e fondi comuni hanno un ruolo più significativo; Nelle famiglie il cui capofamiglia è operaio, analogamente i buoni fruttiferi postali sono lo strumento più usato dopo i depositi; le famiglie con capofamiglia pensionato si rivolgono principalmente (circa il 12%) ai titoli di stato, mentre i nuclei con capofamiglia impiegato (17%), dirigente (32%) o lavoratore autonomo (18%) optano prevalentemente per obbligazioni e fondi comuni. Le famiglie con capofamiglia imprenditore (11%) o dirigente (21%) investono più frequentemente in azioni; Tra le famiglie del Sud e delle Isole si registra una più contenuta diffusione dei depositi rispetto alla media nazionale (75% contro l 89 %), a fronte di una maggior detenzione di buoni fruttiferi postali. Anche il possesso di titoli di Stato, obbligazioni e fondi comuni è inferiore alla media nazionale. In particolare, azioni e altre partecipazioni sono quasi assenti Il caso degli immigrati In Italia, secondo il rapporto Caritas-Migrantes 2009, sono presenti circa 4,5 milioni di immigrati regolari, tra comunitari ed extracomunitari, il 7% della popolazione. La collettività più numerosa è diventata quella rumena, con oltre 796 mila presenze regolari, seguita dagli albanesi (441 mila) e dai marocchini (403 mila). Il flusso è in crescita: tra il 2005 e il 2007 ci sono state 1 milione e mezzo di domande di assunzione di lavoratori stranieri da parte di aziende e famiglie italiane. Tra i dati da ricordare, l aumento degli imprenditori immigrati: si contano titolari d impresa 5 Nota metodologica su dati CARITAS/MIGRANTES: la principale fonte di dati è l archivio Infocamere dell Unione di Camere di Commercio, che però presenta una fondamentale (il 90% concentrata nell Italia centro settentrionale). Come tra la popolazione italiana in generale, anche tra gli immigrati in questi anni è cresciuta la bancarizzazione. Secondo il più recente rapporto ABI-CESPI 6, i migranti dei paesi non OCSE con conto corrente sono passati da nel 2005 a nel 2007, con un tasso di crescita su base annua del 15%, superiore a quello della popolazione migrante nel suo insieme che è stato del 10%. Di conseguenza il 67% degli immigrati extra OCSE adulti ha un conto in banca contro il 60% di due anni prima. Secondo una recente ricerca realizzata dall ONG COSPE e finanziata dalla Regione Toscana, che ha coinvolto un campione di 674 migranti in tre regioni (Toscana, Emilia Romagna e Puglia) 7, un alta percentuale di intervistati (40% con punta del 47% in Puglia) ha dichiarato di non avere un conto corrente perché non dispone di denaro sufficiente e il 18% perché sostiene di non avere bisogno della banca. Generalmente gli intervistati non bancarizzati tengono i propri risparmi a casa (29%) oppure li inviano al Paese d origine (25%). La ricerca tuttavia rileva una domanda potenziale di servizi finanziari. Quasi il 30% dei migranti non bancarizzati trova svantaggiosa la propria situazione e ritiene che difficoltà di interpretazione dovuta al fatto che i dati raccolti sono basati sui soggetti nati all estero individuati in base al codice fiscale. CARITAS/MIGRANTES esclude i nati all estero di cittadinanza italiana, sia gli immigrati che sono diventati cittadini italiani; per questo si tratta di un informazione che perfeziona, non sostituisce quella fornita da Infocamere (250 mila circa titolari di impresa registrati al Rhi-Sausi, José Luis; Zupi, Marco, Banche e nuovi italiani. I comportamenti finanziari degli immigrati, Bancaria Editrice, Elena Volpi (A cura di), Buone pratiche di banche e istituti di credito per l integrazione di migranti e rifugiati, COSPE, 2009

5 56 la mancanza di un conto comporti, ad esempio, problemi di sicurezza e difficoltà nella riscossione degli assegni. Il cliente immigrato utilizza prevalentemente i servizi finanziari di base, mentre ha, in genere, scarsa conoscenza dei prodotti di gestione del risparmio in particolare di quelli più evoluti. Più della metà ha attivato un finanziamento presso una banca: in primo luogo carte di credito, prestiti personali e mutui. A proposito dei mutui per l abitazione, tra gli immigrati solo il 10% è proprietario della casa in cui abita, ma gli acquisti, dopo una rapida crescita nel 2007 (secondo la Caritas ne sono stati effettuati 120 mila), nel 2008 hanno conosciuto un inversione di tendenza con un calo del 23,7% rispetto all anno precedente. Nell attuale congiuntura, la disponibilità economica delle famiglie immigrate si è sensibilmente ridotta, e l aumento del costo del denaro ha reso più difficoltoso l accesso ai mutui. Appare ancora relativamente bassa, ma in crescita, l incidenza del credito al consumo mentre sono sotto-utilizzati i prodotti assicurativi: il 42% è titolare di un prodotto assicurativo, ma di questi ben il 60% è costituito da RC auto. Secondo la citata ricerca del COSPE 8, il 26% degli intervistati ha richiesto un credito e di questi l 89% l ha ottenuto. Rispetto al credito d impresa, nella stessa ricerca, su 56 imprenditori intervistati, 23 non hanno chiesto prestiti alle banche ma hanno utilizzato propri risparmi o sono ricorsi all appoggio finanziario da parte di amici o parenti. In molti casi i migranti imprenditori ritengono che sia molto difficile ottenere un credito da una banca, in particolare nel caso di imprese non consolidate o in assenza di garanzie immobiliari. In alcuni casi i migranti, consci del fatto che le banche non finanziano l avviamento 8 Elena Volpi (A cura di), op. cit., 2009 d impresa, chiedono prestiti personali che poi vengono utilizzati per la creazione di attività imprenditoriali e ciò nonostante le condizioni siano più gravose, il termine più breve e l importo ridotto. Questo rivela indirettamente un problema di razionamento del credito che distorce la domanda e genera problemi successivi nella capacità di rimborso e nel profilo di rischio della popolazione migrante. Secondo ABI-CESPI, gli immigrati presentano un elevata propensione al risparmio. Il 70% dei migranti occupati riesce a risparmiare in previsione di spese future. Il 38% risparmia più di 200 euro mensili. La banca è il principale depositario del risparmio accumulato. Non è però il principale canale attraverso cui parte del risparmio, le rimesse, viene inviato nel paese d origine. Le rimesse hanno superato nel 2009 i 6,7 miliardi di euro (pari allo 0,44% del reddito), a cui vanno aggiunti almeno altri 2 miliardi, secondo le stime più accreditate, inviati attraverso canali informali. I dati del 2009 dimostrano che nonostante uno straordinario aumento registrato nel corso dell ultimo decennio (+1.047,5% tra il 2000 e il 2009), le rimesse sono rimaste piuttosto stabili nell ultimo anno, con un incremento solo del 5,8%. Probabilmente un maggior riscontro della crisi si evidenzierà nei dati Nel complesso, il 52% degli invii avviene attraverso le agenzie di money transfer, il 23% attraverso il sistema bancario e il restante 25% con sistemi informali (23,3% in Toscana secondo le stime del COSPE 9 ). Per quanto riguarda l utilizzo a destinazione, il 26% va a spese di consumo, il 17% a spese sanitarie, il 14% a spese per l educazione. Ai progetti imprenditoriali è destinato l 8% delle rimesse. Il flusso di risparmio proveniente dai migranti è una delle 9 Elena Volpi (A cura di), op. cit., 2009

6 57 principali entrate della bilancia dei pagamenti di molti paesi poveri e contribuisce all attenuazione degli squilibri economici del paese di provenienza. Tuttora, questo flusso non è adeguatamente valorizzato come risorsa per moltiplicare gli impieghi e gli investimenti nel paese di provenienza. Attualmente una larga parte delle risorse finanziarie trasferite nei Paesi d origine è impiegata per i consumi delle famiglie e solo una porzione residuale delle rimesse viene indirizzata al risparmio e all'investimento in ambito imprenditoriale o comunitario. La prevalenza delle rimesse per i consumi deriva principalmente da una scarsa propensione delle famiglie destinatarie a rivolgersi a istituzioni finanziarie formali (banche o istituzioni di microfinanza) e ad utilizzare strumenti di risparmio per la pianificazione dell'economia famigliare. Una diversa valorizzazione delle rimesse può essere realizzata attraverso l utilizzo di parte dei fondi inviati periodicamente dai migranti residenti in Italia, come risorsa da accumulare sotto forma di risparmio, depositato presso istituzioni finanziarie di tipo inclusivo (Istituzioni di Microfinanza o Cooperative di Risparmio e Credito) e come fonte di investimento per la realizzazione di iniziative imprenditoriali. Questo scopo può essere raggiunto attraverso la creazione di apposite piattaforme finanziarie transnazionali che forniscano ai migranti la possibilità di accedere a servizi di trasferimento del denaro collegati a servizi di risparmio e credito nel Paese d origine grazie all implementazione di un modello cash to account. Secondo questo schema i migranti avranno la possibilità di attivare nel Paese d origine diversi servizi di gestione della liquidità e del risparmio. Le rimesse inviate potranno essere infatti depositate in un conto di deposito a vista o a termine (remunerato). La possibilità di disporre di servizi di risparmio nel paese di destinazione delle rimesse produce indubbi vantaggi rispetto agli strumenti di trasferimento tradizionali, sia per il migrante che per le famiglie d'origine. Il risparmio accumulato potrà essere utilizzato: per la realizzazione di progetti d'impresa del migrante o dei beneficiari nel Paese di provenienza; come fonte di auto-finanziamento di spese relative alla casa e altre voci di costo straordinarie della famiglia; come risorsa di riserva per affrontare spese improvvise: malattie, medicinali, funerali, ecc.; come garanzia per l'accesso al credito da parte del migrante in fase di rientro o dei beneficiari; come storico dei flussi finanziari del migrante, utilizzabile dall istituzione finanziaria locale per verificare la capacità potenziale di rimborso in caso di erogazione di un credito a favore di un beneficiario designato dal migrante stesso. Il risparmio a termine, derivante dai flussi di rimesse dall'italia, rappresenta inoltre per l istituzione finanziaria nel Paese d origine una importante fonte finanziaria di lungo periodo attraverso la quale poter aumentare la porzione di crediti verso la clientela a medio/lungo periodo, utili per finanziare investimenti in capitale fisso delle micro e PMI locali. Il livello crescente di bancarizzazione degli immigrati non si traduce però necessariamente in accesso al credito. Accede a prestiti, metà mutui e metà prestiti personali, solamente il 23% dei migranti bancarizzati. Tra gli immigrati imprenditori, gli investimenti, in media di dimensioni tra i 10 e i 20 mila euro, sono finanziati in oltre il 70% dei casi da risorse proprie, a cui, nel 16% dei casi, si affianca il

7 58 supporto da parte di amici e parenti e solo nel 15% dei casi il credito bancario. Il 40% degli immigrati imprenditori ha chiesto un prestito in banca: in questo caso la dimensione media supera i 30 mila euro. Due terzi di essi hanno ottenuto un finanziamento, un terzo no. Per confronto, un indagine riferita allo start-up di impresa (in generale, a prescindere dalla nazionalità del titolare) indica che le percentuali di domande di credito respinte dalle banche si collocano in media tra il 14 e il 21% delle richieste Inclusione e nuovo indebitamento Il maggior accesso ai servizi finanziari in Italia si è accompagnato ad una crescita dell indebitamento delle famiglie e delle imprese, sia pur non agli stessi ritmi degli Stati Uniti. L indice sintetico di inclusione finanziaria si attesta al 0,60, mentre l indice di accessibilità al credito allo 0, L accelerazione dell erogazione del credito 12 da parte del sistema bancario è stata particolarmente accentuata attorno alla metà degli anni Nei primi anni del decennio, la crescita si attestava sul 5-6% annuo. Nel 2005 balza all 8% e nel 2006 all 11%, per poi collocarsi vicino al 10% nel Questo a fronte di un Prodotto Interno 10 Francesco Chelli, Alberto Zazzaro, I finanziamenti bancari allo start-up d impresa: l esperienza e il ruolo dei direttori di filiale, in Alberto Zazzaro (a cura di), I vincoli finanziari alla crescita delle imprese, Carocci, Chiara Provasoli; Angela Tanno; Gianna Zappi (a cura di), Banche e inclusione finanziaria. Accesso al credito, micro finanza e strategie operative, ed. Banca Editrice L indice di accessibilità al credito è dato dal numero di sportelli per abitante. L indice sintetico d inclusione finanziaria è invece stato costruito considerando tre indici dimensionali: l indice di accesso, di utilizzo e rischiosità del credito. 12 Indice di utilizzo del credito bancario 0,50, ABI Lordo che non cresceva più del 2%. Nel 2008 la crescita degli impieghi bancari si è dimezzata al 4,5%. Per quanto riguarda le famiglie (TAB. 2), tra il 2002 e il 2008 i mutui per la casa sono cresciuti del 132%, passando da quasi 100 a 232 miliardi di euro. La dinamica è stata a due cifre fino al 2006, ma con un ritmo decrescente: dal +26% del 2003 al +13% del Nel 2007 l aumento si è attestato poco sotto il 9%, mentre nel 2008 è sceso al 2,4%. Il credito al consumo è aumentato, sempre dal 2002 al 2008, del 121%, balzando da 46 a quasi 102 miliardi di euro. Anche in questo caso la crescita è stata elevata verso metà decennio, con un picco del +21,6% nel 2004, ma è rimasta a due cifre (+14,3%) anche nel 2007, rallentando vistosamente al 4,1% nel TAB. 2: Le principali componenti del debito delle famiglie (valori in mld.euro e tassi di variaz.percentuali) Mutui per abitazione in mld. di euro Variazio ne annua Credito al consumo, comprese carte di credito Variazio ne annua ,0 + 18,4% 46, ,4 + 26,4% 50,1 + 8,6% ,6 + 22,3% 60,9 + 21,6% ,8 + 18,9% 72,7 + 19,2% ,3 + 13,3% 85,6 + 17,8% ,4 + 8,7% 97,8 + 14,3% ,9 + 2,4% 101,8 + 4,1% Fonte: Banca d Italia (vari anni) ed elaborazioni Microfinanza Srl È indebitato il 26,1% delle famiglie italiane, per un valore medio del debito pari a euro, il 33% del reddito.. Il 12,8% risulta indebitato per l acquisto di beni di consumo, l 11,6% per l acquisto di immobili e il 3,8% per attività di

8 59 lavoro indipendente. La quota più elevata, pari al 39,1%, si trova nella fascia di età da 41 a 50 anni, con un debito per famiglia superiore ai 17 mila euro. Ma la quota maggiore di debito sul reddito si raggiunge nella fascia di età anni con il 51,3% (le famiglie indebitate sono il 36,2%). Gli indebitati sono nettamente di più tra i lavoratori autonomi, 44,4% del totale con euro di valore medio pari al 73,4% del reddito, che tra i dipendenti, 33,6% del totale con euro di debito medio pari al 32,6% del reddito. Il debito è più diffuso tra le famiglie numerose: il 39,2% delle famiglie con 4 componenti e il 38,2% di quelle con 5 o più componenti, con un indebitamento che sfiora il 50% del reddito (49,5% per 4 componenti, 46,2% per 5 o più). Sono relativamente più indebitate le famiglie delle fasce di ricchezza superiori e quelle che vivono nelle grandi città. Restano meno indebitate il 22,3% del totale con il 22,2% di quota del debito sul reddito le famiglie del Mezzogiorno d Italia. Il boom del credito al consumo è stata la principale novità degli ultimi anni in Italia. Nel 2002 il 60% delle erogazioni facevano capo alle banche e il 40% alle società finanziarie. Nel 2008 il rapporto è arrivato quasi alla parità: 51% banche, 49% finanziarie. Va ricordato, tuttavia, che delle 79 associate ad Assofin, l associazione del credito al consumo e immobiliare, 25 sono banche, specializzate o generaliste, e altre 25 società finanziarie che fanno capo agli istituti di credito. Il credito al consumo è appannaggio del sistema bancario per quasi due terzi. Sul versante delle aziende, abbiamo preso in considerazione le famiglie produttrici, cioè le imprese individuali e familiari fino a 5 addetti. I dati sulle famiglie produttrici costituiscono un indicatore dell atteggiamento delle banche verso le microimprese. I crediti a questa categoria sono passati dai 65,6 miliardi di euro del 2002 agli 90,9 miliardi del 2009, una crescita del 38,5% in sette anni. Aumenti più accentuati si segnalano nel 2003 (+8,7%) e nel 2006 (+7,6%). Nel 2007 la crescita scende al 4,7%, nel 2008 si registra una diminuzione della consistenza dei finanziamenti di oltre mezzo miliardo di euro, pari allo 0,6% in meno e nel 2009 l aumento è del 2,02% Le conseguenze della crisi La crisi esplosa nell estate 2007 con lo scoppio della bolla dei mutui USA subprime ha colpito anche in Italia famiglie e imprese sia sul versante dei costi che sul versante dell accesso al credito. Sul versante dei costi hanno pesato la stretta sulla liquidità e la rapida crescita dei tassi di interesse sul mercato interbancario (Euribor), che si sono riflessi in particolare sui finanziamenti delle banche alla clientela stipulati a tasso variabile. Questo effetto, anche a seguito dell immissione di liquidità sui mercati da parte di governi e banche centrali, si sta oggi esaurendo ma ha assestato un duro colpo ai bilanci 2008 e 2009 di famiglie e imprese. L altra conseguenza della crisi, la stretta sull erogazione del credito, permane tuttora. Il tasso medio effettivo sui mutui per acquisto abitazione delle famiglie è salito in Italia di oltre due punti percentuali tra il 2006 e il Al 31 dicembre 2005, per mutui fino a 125 mila euro, era pari al 3,60%. Dodici mesi dopo era cresciuto al 4,65%, al dicembre 2007 al 5,76% e al dicembre 2008 si è attestato al 5,73%, dopo aver toccato il 6% a settembre. In termini di interessi, commissioni e spese, le famiglie italiane hanno pagato nel 2006 circa 5 miliardi e mezzo di euro. Nel 2008 la cifra sfiora gli 8 miliardi, con un aumento in due anni del 46%. Considerando però l incremento del volume dei 13 Banca d Italia (vari anni), cit.

9 60 mutui nello stesso periodo, pari all 11%, l effettivo aumento dovuto alla crescita dei tassi è stato del 35%, pari a 1,9 miliardi in due anni. Le famiglie con un mutuo a tasso variabile sono circa 3,2 milioni. L incremento nel costo di acquisto della casa è connesso all aumento nel 2008 dei pignoramenti immobiliari. Le associazioni dei consumatori hanno stimato una crescita annua del 22% 14. Per quanto riguarda le imprese, i tassi di interesse sulle operazioni a scadenza (mutui, leasing) sono passati, tra la fine del 2005 e la fine del 2008, dal 3,70% al 6,12%, quelli sulle operazioni auto-liquidanti (sconto portafoglio) dal 4,76% al 6,48%, quelli sulle operazioni a revoca (fidi in conto corrente) dall 8,12% all8,99%. Complessivamente per le imprese l aggravio sui conti dipendente dal solo aumento dei tassi, dedotto l incremento dei crediti, è stato tra il 2006 e il 2008 di 11 miliardi e mezzo di euro circa, pari al 40%. Ma l effetto più duraturo della crisi è la riduzione dei finanziamenti, soprattutto alle piccole e micro imprese (TAB. 3). Nel 2008 i crediti alle famiglie produttrici sono calati dello 0,6%, passando da 89,6 a 89,1 miliardi. Un indicatore del razionamento del credito è il rapporto tra credito utilizzato e credito accordato (TAB. 4). Tra fine 2005 e fine 2008 il rapporto cresce di due punti, dall 83,9% all 85,9%. La tensione sui fidi è segnalata anche dagli sconfinamenti, aumentati nello stesso periodo al 2,3% del credito accordato. Il rapporto tra utilizzato e accordato per le microimprese si attestava nei primi anni Duemila attorno all 80%. 14 Elio Lannutti (Adusbef), Rosario Trefiletti (Federconsumatori) (2008), Banche: si consolida boom pignoramenti immobiliari, comunicato stampa, 25 ottobre. TAB. 3: Il credito alle microimprese /valori in mld.euro e tassi di variaz. percentuali) Consistenze crediti in Mld. di euro Variazione annua ,6 + 6,7% ,3 + 8,7% ,1 + 6,7% ,6 + 4,6% ,6 + 7,6% ,6 + 4,7% ,1-0,6% ,8 + 1,9% Fonte: Banca d Italia (vari anni), ed elaborazioni Microfinanza Srl TAB. 4: Rapporto tra credito utilizzato e accordato per le famiglie produttrici 31/12/ ,23% 31/12/ ,89% 31/12/ ,12% 31/12/ ,49% 31/12/ ,86% Bisogni finanziari e di servizi di supporto, delle imprese escluse in Italia In media, per le imprese, un terzo dei crediti sono affidamenti in conto corrente. Nel caso delle famiglie produttrici, il dato a fine 2008, unico disponibile, indica una quota di fidi in conto corrente pari al 25%. I mutui sono il 71% del totale, con una buona fetta (il 35%) di mutui per la casa, in imprese dove il patrimonio familiare e quello aziendale si confondono. I prestiti personali sono l 1,5% del totale, quota nettamente superiore alla media delle imprese (0,3%). Nel mondo delle microimprese e dell'autoimpiego, particolarmente ampio in Italia rispetto agli altri paesi Ocse, gli imprenditori donne

10 61 rappresentano il 25% del totale dei titolari. Come abbiamo visto, l'accesso ai fidi bancari è un'importante fonte di credito per le necessità di cassa di queste imprese. Ma sui fidi le microimprese con titolare donna pagano un tasso di interesse più alto rispetto a quelle con titolare uomo: in media lo 0,3% in più. Secondo uno studio condotto da Alberto Alesina e da due ricercatori della Banca d Italia (basato sull esame degli accessi al fido di 150 mila microimprese tra il 2004 e il 2006), il differenziale non è giustificato da un maggior rischio di fallimento e non è spiegato da differenze territoriali o da specificità settoriali. Inoltre la differenza nei tassi scende se c'è un garante uomo e sale se il garante è donna. L ipotesi è che potrebbe trattarsi di una vera e propria forma di discriminazione basata sul convincimento, radicato ma errato, della maggiore inaffidabilità delle donne Il razionamento del credito A mettere in difficoltà le microimprese sono le condizioni per ottenere il prestito, decisamente peggiorate come emerge dalla rilevazione di febbraio 2009 dell Osservatorio sull imprenditoria giovanile di Confartigianato: nei tre mesi precedenti il 38,7% dei giovani imprenditori ha riscontrato maggiori difficoltà nei rapporti con le banche. Tra esse, richieste ingiustificate di rientro anticipato degli affidamenti, aumento dello spread sui tassi di interesse, richieste di maggiori garanzie, allungamento dei tempi delle procedure burocratiche 15. Il rallentamento della crescita e la vera e propria diminuzione dei prestiti ai piccoli operatori economici deprime la propensione a investire 15 Giorgio Guerrini (Confartigianato) (2009), La crisi del credito costa alle imprese 12,5 miliardi l anno, comunicato stampa, 9 febbraio. delle microimprese. Nel 2009 la quota di piccoli operatori che ha effettuato investimenti è scesa al 26,6%, rispetto al 28,7% del 2008 e al 35,4% del Trova così conferma la tesi sostenuta nell ultimo rapporto Global Economic Prospects 2009 della Banca Mondiale, secondo cui il principale meccanismo del rallentamento dell economia sia nei Paesi ad alto reddito che in quelli in via di sviluppo passa per la caduta del tasso di investimento 17. Gli investimenti reali sono stati spiazzati da quelli finanziari Il mercato dell usura In Italia il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è sensibilmente aumentato: nel 2008 sono stimati in circa rispetto ai del Poiché ciascuno s indebita con più usurai, le posizioni debitorie sono valutate in oltre , per un giro d affari complessivo di 35 miliardi di euro. Di essi, 12,6 miliardi sono denaro movimentato dalle mafie, per almeno posizioni debitorie. Gli interessi sono stabilizzati oltre il 10% mensile. Il costo complessivo per le vittime è di 15 miliardi di euro. Un terzo dei commercianti coinvolti si concentra in Campania, Lazio e Sicilia. È la Calabria, però, a presentare il più alto rapporto attivi/coinvolti. La Campania detiene il record degli importi protestati (736 milioni di euro) seguita dalla Lombardia e dal Lazio. Il Lazio è invece in testa 16 Crif Decision Solutions-Nomisma (2008), Osservatorio sulla finanza per i piccoli operatori economici, quattordicesima edizione, Roma, 26 novembre. 17 World Bank (2009), Global Economic Prospects. Commodities at the Crossroads, Washington, DC: The International Bank for Reconstruction and Development / The World Bank. 18 Sos Impresa-Confesercenti (2008), Le mani della criminalità sulle imprese, undicesimo rapporto, Roma.

11 62 alla classifica per numero dei protesti. Lo stesso Lazio (5,34%), la Campania (4,46%) e la Calabria (3,53%) sono le regioni con il più alto numero di protesti in rapporto alla popolazione residente. Alle aziende commerciali coinvolte vanno aggiunti altri piccoli imprenditori, artigiani in primo luogo, ma anche dipendenti pubblici, operai, pensionati, portando a oltre le posizioni debitorie basate su patti usurari. Sono invece le persone immigrate che si stima siano vittime o comunque coinvolte in attività tra il parabancario e l usura vera e propria Educazione finanziaria Nella definizione che ne fa l OCSE l educazione finanziaria è il processo attraverso il quale i consumatori/investitori finanziari migliorano la propria comprensione di prodotti e nozioni finanziarie e, attraverso l informazione, l istruzione e un supporto oggettivo, sviluppano la capacità e la fiducia necessarie per diventare maggiormente consapevoli dei rischi e delle opportunità finanziarie, per effettuare scelte informate, comprendere a chi chiedere supporto e mettere in atto altre azioni efficaci per migliorare il loro benessere finanziario 19. Si evincono quindi tre elementi caratterizzanti dell educazione finanziaria: - Informazione per accrescere consapevolezza, - Istruzione per acquisire capacità, - Supporto attivo e consulenza di carattere generale, che se uniti portano alla formazione di una cultura finanziaria, necessaria data la complessità dell attuale mercato finanziario. La sofisticazione delle attese e dei bisogni della 19 OECD, Improving financial literacy: analysis of issues and policies, clientela ha portato ad una diversificazione anche dei prodotti e servizi sempre più complessi e variegati, la cui corretta gestione può risultare ostica anche a chi possiede già un educazione finanziaria di base. Promuovere un nuovo livello di educazione finanziaria non ha come fine soltanto la tutela dei consumatori, come si evince dalla definizione OCSE, ma soprattutto offre la possibilità di crescita del mercato e del Paese di riferimento: una maggiore partecipazione ai mercati finanziari porterebbe ad un incremento del volume delle attività finanziarie investite, che secondo una ricerca di Ambrosetti se fosse solo dell ordine dell 1% equivarrebbe a 32,7 miliardi di euro sul Pil nazionale italiano. Una sfumatura importante della cultura finanziaria è la responsabilizzazione economico finanziaria nei confronti dei risparmiatori, cioè una maturazione di un sentimento di fiducia nella propria capacità di affrontare tematiche finanziarie. Permettere agli attuali non bancarizzati di entrare nei circuiti finanziari accrescendo la loro consapevolezza e le loro stesse competenze in materia, può far sì che emergano dal contesto di esclusione sociale tutte quelle fasce di popolazione che fronteggiano l inadeguatezza di fronte alle nuove tecnologie, rendendoli così in grado di agire in modo attivo e consapevole nel contesto economico e culturale (esempio: accrediti tramite domiciliazione bancaria). L educazione finanziaria risulta quindi essere una strategia win-win sia per i consumatori che per gli operatori finanziari Servizi di accompagnamento tecnico e tutoraggio L esperienza europea nel settore della microfinanza indica come consolidata l opinione secondo la quale in contesti economici strutturati

12 63 e avanzati quali quello a cui l Italia appartiene, i servizi di credito a favore della microimpresa debbano essere necessariamente affiancati a forme più o meno intense di accompagnamento tecnico, i cosiddetti Business Development Services (BDS). Il credito non risulta essere infatti uno strumento sufficiente ad assicurare lo sviluppo della microimpresa. Parimenti importante, per affrontare un mercato altamente competitivo e complesso, sono i servizi di assistenza tecnica, in particolare a favore di soggetti che per la prima volta intendono intraprendere un iniziativa economica autonoma. Di conseguenza, la gran parte delle istituzioni che offrono servizi di credito in tale settore, tendono a fornire direttamente o indirettamente servizi di: - Consulenza sulla normativa vigente in materia tributaria o sulle procedure la registrazione dell attività; - Formazione e accompagnamento tecnico in fase di elaborazione del business plan e piano finanziario; - Formazione in materia contabile, analisi di bilancio e controllo di gestione; - Formazione sulla gestione finanziaria d impresa; - Marketing. A livello europeo, l 84% dei beneficiari ha accesso ai BDS 20. Il 57% delle microfinanziarie europee offre direttamente servizi di credito ai propri clienti unitamente ai BDS; il 27% offre BDS attraverso strutture convenzionate e solo il 19% non offre alcun tipo di servizio. Per il 20% delle istituzioni, i BDS sono considerati sempre obbligatori per l accesso al credito. L offerta di servizi accessori al credito, rappresenta una 20 Bárbara Jayo; Anabel Gonzalez; Casey Conzett, Overwiev of the microcredit sector in the European Union, EMN, 2010 scelta strategica particolarmente importante, e potremmo dire imprescindibile, per il buon esito dei programmi di microfinanza in contesti complessi quali quello europeo. Il livello di specializzazione necessario per l avvio e lo sviluppo di un impresa con le caratteristiche e le dimensioni tipiche del mercato europeo è infatti molto elevato e richiede competenze specifiche di tipo gestionale, economico e finanziario. Nel caso italiano (GRAF.1), i programmi di accompagnamento tecnico sono considerati obbligatori per l accesso al credito dal 24% dei fornitori di servizi di microcredito 21, sono forniti attraverso strutture esterne nel 19% dei casi e nel 24% dei casi non è propedeutico all accesso al credito. GRAF.1: Accesso ai BDS nel mercato del microcredito in Italia Richiesto solo in alcuni casi Fornito attraverso strutture esterne Offerto solo su richiesta dei clienti Non richiesto per l'accesso al credito Obbligatorio per tutti i prestatari Fonte: CEB, ,3% 19,0% 19,0% 23,8% 23,8% 0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 5.2 Stima della domanda nel settore della microfinanza Sulla base della situazione esistente e dei dati disponibili (TAB. 5), presentiamo una stima dell ordine di grandezza del mercato potenziale della microfinanza in Italia entro i prossimi cinque anni (TAB. 6). La stima tiene conto, ovviamente, della crisi e dei suoi effetti. In primo luogo riepiloghiamo l offerta attuale di credito alle famiglie e alle microimprese. 21 Fabrizio Botti; Marcella Corsi, A social performance analysis of italian microfinance, Centre Emile Bernheim, 2010

13 64 TAB. 5: L offerta di credito a famiglie e microimprese in Italia (valori in mld. Euro al 31/03/2010) Famiglie: mutui casa Famiglie: credito al consumo di cui: immigrati: mutui casa immigrati: credito al consumo Banche Finanziarie Usura/In formale Totale Famiglie escluse 0 0 Microimprese: fidi, mutui e altre forme di credito TOTALE Fonte: Banca d Italia, Base informativa pubblica on line I settori della clientela considerati sono le famiglie consumatrici e, come approssimazione alle microimprese, le famiglie produttrici, cioè le imprese individuali e familiari fino a 5 addetti. TAB. 6: La domanda di microfinanza in Italia nei prossimi cinque anni: previsioni (mld.euro) Banche Microfinanza Totale Famiglie di cui: immigrati Microimprese TOTALE Per quanto riguarda gli immigrati, l ABI stima che il 10% dei 3,5 milioni di mutui per abitazione in essere a livello nazionale faccia capo a migranti. Tuttavia, secondo Scenari Immobiliari, la crisi ha portato nel 2009 ad una contrazione del 24% degli acquisti di case da parte di lavoratori immigrati. Sul versante del credito al consumo, una rilevazione di Experian, società di informazione commerciale, riferita ai primi otto mesi del 2008 stima che le domande di credito al consumo, credito personale e carte revolving provenienti da immigrati siano salite al 15,4% del totale, contro il 12,1% rilevato nello stesso periodo del 2007 (Experian (2008), Credito agli stranieri: Experian rileva un aumento delle richieste, 20 novembre) 22. La stima sulla distribuzione, sostanzialmente equilibrata, della domanda tra banche e finanziarie (società, peraltro, che spesso fanno capo alle banche stesse) si basa su un dato riportato dal Censis che indica che, tra i canali di finanziamento, gli immigrati ricorrono alle banche per prestiti personali nel 38% dei casi e alle finanziarie per prestiti personali e credito al consumo nel 30%. La stima di Sos Impresa-Confesercenti 23 sull estensione dei prestiti usurai, che nel 2008 era pari a 35 miliardi di euro, nel 2010, soprattutto a causa degli effetti della crisi è salita a 40 miliardi di euro. La stima si riferisce al settore del commercio (200 mila commercianti colpiti), mentre non ci sono stime attendibili di quanto la finanza informale e l usura coinvolgano le famiglie, di italiani o di immigrati. 22 Lo schema di decreto legislativo, approvato il 30 luglio 2010 dal Consiglio dei Ministri, e che recepisce la direttiva 2008/48/Ce sul credito al consumo cambia sostanzialmente le condizioni di utilizzo di questi strumenti creditizi rendendoli molto ristrette. Ciò significa che è da attendersi un sostanziale cambiamento tra domanda e offerta di credito nell ambito del credito al consumo. 23 Sos Impresa-Confesercenti, Le mani della criminalità sulle imprese, dodicesimo rapporto, Roma 2010

14 65 La stima dell ordine di grandezza di una sorta di «manovra» creditizia anti-esclusione e anti-crisi si basa sui seguenti elementi: - tendenza verso il dimezzamento, nell arco di cinque anni, del numero di famiglie escluse dal credito, soprattutto dai mutui casa. Secondo l ultima rilevazione della Banca d Italia (Banca d Italia (2010), I bilanci delle famiglie italiane nell anno 2008, Supplementi al Bollettino Statistico, a. XX, n, 8, 10 febbraio), le famiglie che non possiedono alcuna attività finanziaria, neanche un conto corrente bancario o postale, sono pari all 11% del totale. Prendiamo questo come indicatore di esclusione finanziaria. Si è stimato quindi che l obiettivo sia l accesso al credito del 5% delle famiglie, pari quindi al 5% del totale attuale mutui e crediti al consumo alle famiglie, cioè circa 18 miliardi di euro; - parziale riconversione dei finanziamenti al consumo insostenibili delle famiglie. Una parte della cifra precedente dovrebbe essere dedicata al riassetto dei debiti delle famiglie; - incremento del 30% dell accesso al credito per le famiglie immigrate. Si tratta di circa 12 miliardi di euro di nuovi crediti e mutui; - riapertura del credito alle microimprese, prestiti per la liquidità e riassetto dei finanziamenti dal breve al medio-lungo termine in modo da allentare il razionamento del credito di questi ultimi anni. L indicatore della tensione creditizia è il rapporto credito utilizzato/credito accordato. Sempre da dati Banca d Italia, il rapporto per le famiglie produttrici è salito, nel caso dei crediti da banche, dall 83% del 2005 all 86% del marzo Nel caso dei prestiti da finanziarie, il balzo è ancora più accentuato, passando dall 80% del 2005 al 95% del marzo Per riportare il rapporto attorno all 80-82%, i livelli di prima della crisi, servono complessivamente 7 miliardi di euro, di cui 3 da spostare dalle finanziarie, troppo onerose, alle banche; - tendenza verso il dimezzamento, nell arco di cinque anni, del numero di microimprese vittime dell usura. Ciò significa garantire crediti «sani» per circa 20 miliardi di euro; - il totale di nuovi crediti alle microimprese sarebbe quindi pari a 27 miliardi di euro. L ipotesi è che circa il 90% di questa manovra sia assunta dalle banche, mentre l obiettivo strategico della microfinanza dovrebbe essere coprirne il 10%. La manovra sarebbe condotta in collaborazione con consorzi di garanzia fidi, enti locali e reti sociali. La manovra per combattere l esclusione sociale e finanziaria in Italia e sostenere famiglie e microimprese nell uscita dalla crisi è stimata, dunque, attorno ai 45 miliardi di euro, di cui 18 miliardi per le famiglie e 27 miliardi per le microimprese. Si tratta del 3% del totale degli impieghi bancari, che ammontano a circa miliardi di euro. Questa stima non dà che un ordine di grandezza e costituisce un punto di partenza nell individuazione della domanda potenziale reale, ossia effettivamente servibile dal settore della microfinanza in Italia, in considerazione della sua struttura e dei limiti economici, organizzativi e giuridici con i quali deve confrontarsi. Si tratta inoltre di una stima molto probabilmente sovradimensionata. La microfinanza ha infatti dimostrato in molti casi di non essere in grado di raggiungere un ampia fascia di microimprese a causa dei limiti strutturali del contesto economico e normativo italiano e per un ancora insufficiente innovazione nei prodotti finanziari offerti. Nello

15 66 studio citato del Centre Emile Bernheim sulla performance sociale delle IMF in Italia, fatta eccezione per il programma della Caritas Diocesana Vicentina e per il progetto SMOAT, nessuna delle IMF che hanno partecipato all indagine ha superato i 38 crediti erogati nell arco di 12 mesi 24. Le cause di un risultato così esiguo vanno ricercate da un lato nell ancora scarsa maturità e ridotta scala del settore 25, dall altro nei seguenti fattori comuni a molte micro realtà imprenditoriali italiane: 1) Scarsa trasparenza gestionale. I microimprenditori spesso non dispongono di bilanci in grado di restituire la reale situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell attività. Spesso parte dei ricavi non viene contabilizzata per ragioni fiscali; 2) La gestione d impresa è strettamente legata all economia familiare ed è quindi difficile isolare la situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell impresa da quella personale o familiare del richiedente; 3) Scarsa capacità di pianificazione dello sviluppo d impresa. In particolare per le imprese in fase di avviamento, mancano le conoscenze idonee a trasferire e sintetizzare in maniera razionale e chiara l idea d impresa in un business plan; 4) L imprenditore non dispone di garanzie reali sufficienti e contemporaneamente non è inserito in una rete sociale o economica che lo possa sostenere in fase di richiesta del credito. Si pensi in particolare all ampia fascia di popolazione non-bancabile rappresentata dai migranti. Oggi la microfinanza in Italia è di fronte a una duplice sfida: la dimensione e l innovazione. Per quanto riguarda la dimensione, abbiamo visto che il mercato potenziale della microfinanza non bancaria in Italia potrebbe aggirarsi, nei prossimi cinque anni, intorno ai 5 miliardi di euro. Attualmente i programmi e le istituzioni di microcredito coprono, nella valutazione più ottimistica, poco più del 5% di questa cifra, più realisticamente meno dell 1%. La crescita in termini di clienti e portafoglio è la strada che porta alla sostenibilità. D altra parte questa crescita ha bisogno di innovazione, attraverso la sostituzione e il rinnovamento dei prodotti finanziari esistenti e nuove sperimentazioni (es. la gestione delle rimesse e la fornitura di servizi di microfinanza agli immigrati sia nel paese d origine sia in quello di destinazione), la riduzione dei costi di welfare con nuovi e più efficienti rapporti con gli enti pubblici e il mutamento della natura dell indebitamento delle famiglie, anche attraverso iniziative di educazione finanziaria. L obiettivo è portare l indebitamento a diventare, da onere, opportunità responsabile. 5.3 Il ruolo del sistema finanziario formale Il settore della microfinanza in Italia è costituito da un significativo numero di attori, molto diversi tra loro per natura, dimensione, obiettivi e approccio operativo. Una categorizzazione dell offerta italiana può essere effettuata definendo alcune macro-categorie identificate in base ai diversi status giuridici: le banche, le reti di Confidi, le istituzioni finanziarie nonbancarie, le istituzioni pubbliche, le istituzioni di microfinanza e gli altri enti. 24 Fabrizio Botti; Marcella Corsi, op. cit, In Italia non esistono esperienze consolidate a livello nazionale come nel caso francese lo è l ADIE (

16 Le banche Gli istituti bancari sono attivi nel settore del microcredito sia direttamente che indirettamente. Rispetto al primo caso è utile stabilire alcuni distinguo. Attenendosi alla definizione di microcredito data dalla Commissione Europea, ogni prestito sotto i 25 mila euro, concesso dalla banca in occasione della sua attività corrente, potrebbe essere classificato come microcredito. Tuttavia, per le caratteristiche proprie di tali prodotti è difficile parlare di microcredito, quanto piuttosto di piccolo credito, in quanto non sempre rivolto ad un target caratteristico della microfinanza identificabile con i nonbancabili. In secondo luogo, le banche sono spesso direttamente attive nella concessione di microcrediti attraverso specifici programmi, gestiti in proprio o in collaborazione con enti esterni. Sono tuttavia pochi i programmi che rientrano nel primo caso, solitamente prestiti d onore, ossia crediti a condizioni favorevoli concessi a categorie limitate di persone, ad esempio studenti. E il caso di Intesa Bridge, programma lanciato da Intesa San Paolo, grazie al quale gli studenti di 30 università italiane possono avere accesso ad un credito fino a 5 mila euro per anno accademico (per un massimo di tre anni). I crediti in questo caso non devono essere accompagnati da alcuna garanzia, hanno un tasso d interesse agevolato e possono contemplare un periodo di grazia. Il secondo tipo di programma vede la partecipazione di enti pubblici, religiosi o istituzioni private. In questo caso, le banche partecipano gestendo il fondo di garanzia, l erogazione del credito e offrendo servizi di front office. Accanto alle banche commerciali, spesso sono coinvolte in questo tipo di programma anche le Banche di Credito Cooperativo (BCC). Secondo le informazioni a disposizione di Federcasse (BCC), nel 2009 in Italia c erano circa 25 programmi di questo tipo 26. Le BCC sono spesso incluse come partner finanziario all interno di programmi si microcredito sociale. Ad esempio, la BCC di Gorizia ha creato un fondo di garanzia con la Caritas locale, che consente di erogare crediti fino a euro a tassi agevolati. Ai beneficiari del credito, la BCC concede la possibilità di accedere ad un conto corrente senza spese per un anno. Le BCC della provincia di Pistoia hanno avviato, in collaborazione con la Fondazione Un Raggio di Luce, le Caritas locali, la Misericordia di Pistoia, la Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia e la sua Fondazione, il programma Sistema Provinciale Pistoiese di microcredito, che consente l accesso a crediti sociali (da a euro) e prestiti rivolti a organizzazioni impegnate in ambito sociale e imprese a conduzione femminile(da a euro). Alcune BCC collaborano direttamente con microfinanziarie come nel caso di Emilbanca con Micro.Bo e la BCC di Roma con Sviluppo Lazio. In altri casi, le banche intervengono indirettamente nel settore del microcredito. Ciò avviene attraverso la capitalizzazione di microfinanziarie già attive sul mercato (ad esempio UBI Banca nei confronti di Permicro), o grazie alla partecipazione nel capitale sociale per l avvio di muove IMF (è il caso di Monte dei Paschi di Siena verso il programma Microcredito di Solidarietà). Tuttavia, nel contesto italiano, fatta eccezione per i due citati casi, è difficile stabilire se vi siano altre microfinanziarie in grado di ricevere investimenti in capitale di rischio da parte del settore bancario. Da un lato infatti PerMicro e Microcredito di Solidarietà sono le uniche IMF in Italia, fatta eccezione per le MAG, 26 Intervista a Chiara Piva della Divisione Comunicazione di Federcasse (BCC).

17 68 regolamentate come intermediari finanziari (ex TUB 106) e che quindi possono ricevere investimenti in capitale da parte degli istituti bancari. Dall altro, ci sono ancora poche realtà che contemplino tra gli obiettivi prioritari di medio/lungo periodo la sostenibilità e la crescita. Le banche potrebbero inoltre intervenire nel settore del microcredito concedendo prestiti alle IMF, tuttavia in base alle informazioni a nostra disposizione ciò non è ancora avvenuto. Il modello di microcrediti adottato dalla larga maggioranza di istituzioni bancarie attive nel settore, si sviluppa in tre fasi. In un primo momento la banca firma un accordo con l IMF (associazione, fondazione o diocesi) che promuove il servizio, seleziona i clienti e solitamente elabora il dossier di credito. In una seconda fase, una terza parte (ad esempio una fondazione o un istituzione pubblica) fornisce il fondo di garanzia necessario a coprire il rischio sui crediti erogati nell ambito del programma. La garanzia solitamente copre il 100% dell ammontare erogato. La terza fase consiste nella valutazione da parte della banca dei clienti proposti (in considerazione della presenza del fondo di garanzia, solitamente la procedura d istruttoria è molto snella e in alcuni casi automatica) e successivamente nell erogazione dei crediti attraverso l utilizzo di risorse finanziarie proprie. Più di recente le banche hanno dimostrato un maggiore interesse nei confronti della microfinanza, soprattutto grazie all intensa attività di sensibilizzazione operata dall Associazione Bancaria Italiana (ABI). Tuttavia, fino ad ora in tale ambito non è stata elaborata alcuna strategia globale da parte del settore bancario. Inoltre, la spinta ad aderire o promuove programmi di microfinanza da parte delle banche deriva da ragioni di Corporate Social Responsibility più che dalla volontà di penetrazione in un nuovo mercato. E vero comunque che in molte banche italiane, i programmi di microfinanza non sono più gestiti dalla Divisione che si occupa di CSR, ma sempre più spesso da altri organi (retail, o marketing) Le reti di Confidi I Confidi sono enti non profit che offrono servizi di garanzia ai loro membri per la concessione di crediti presso gli istituti bancari. In Italia sono presenti più di mille Confidi (TAB. 7), di cui 830 attivi registrati presso la Banca d Italia sotto l articolo 106 del TUB 28. Si tratta quasi sempre di società cooperative o consorzi. A causa della frammentazione del settore, è difficile acquisire dati precisi rispetto ai volumi garantiti attraverso la rete. Una stima delle garanzie erogate dalla rete di Confidi nel 2003 è di circa 6,2 milioni di euro 29. All interno di tale stima non è possibile isolare il dato riferibile ai microcrediti concessi. TAB. 7: Confidi per Regione Confidi Regione n. % Nord ,9 Centro Sud e Isole ,1 Totale Fonte: Sabetta (2008) I membri azionisti dei Confidi sono quasi esclusivamente PMI. I Confidi operano a livello 27 Chiara Provasoli; Angela Tanno; Gianna Zappi (a cura di), op. cit., ed. Banca Editrice Nel 2005 circa 1/3 delle banche gestivano i programmi di microfinanza attraverso la Divisione CSR, mentre nel 2008 ciò accadeva solo nel 3,6% dei casi. 28 Giovanni Busetta; Andrea Presbitero, Mutual Loan-Guarantee Societies, Small Firms and Banks: An Empirical Investigation, Munich Personal RePEc Archive, MPRA Paper No. 7832, Marzo Commissione Europea (2006) Guarantees and Mutual Guarantees, p. 17.

18 69 locale e in settori economici specifici (industria, commercio, artigianato ecc.). La loro attività si sviluppa principalmente in tre aree 30 : 1. Erogazione di garanzie totali o parziali ai membri; 2. Negoziazione con le banche delle condizioni di credito (tasso d interesse, durata, ecc.) verso i membri; 3. Attività di screening e accompagnamento a favore dei membri, allo scopo di facilitare le fasi preliminari all accesso al credito e mantenere il più possibile basso il tasso di insolvenza attraverso il monitoraggio. Lo scopo del sistema dei Confidi è di ridurre le asimmetrie informative tra PMI e banche. Il punto di forza di tale modello è di non essere basato sulle risorse messe a disposizione dal settore pubblico, ma nascono direttamente dall iniziativa del tessuto imprenditoriale locale 31. Nonostante i Confidi si rivolgano prevalentemente a PMI, non mancano gli esempi di servizi offerti alle microimprese. E il caso di Confidi Roma Gafiart, istituito da Confartigianato. Gafiart concede credito alla microimpresa a livello regionale attraverso un fondo pubblico dedicato. Inoltre, in alcune regioni italiane, le attività dei Confidi collaborano con le istituzioni di microfinanza per l erogazione di servizi di credito a favore della microimpresa Credito al consumo Le istituzioni finanziarie non bancarie, specializzate in prodotti di credito al consumo e leasing, stanno costantemente aumentando la propria quota di mercato. Gli intermediari 30 Arianna Sabetta, Le Prospettive dei Confidi Meridionali, manoscritto, 2008, p Commissione Europea, Guarantees and Mutual Guarantees, Best Reports, No finanziari in Italia detengono in veste di erogatori la maggior parte dei crediti con taglio inferiore ai 25 mila euro. Tuttavia come nel caso delle banche, questi crediti non possono essere assimilati in senso stretto al microcredito. Essi differiscono dal microcredito perché non sono accompagnati da servizi di tutoraggio ed educazione finanziaria al cliente, sono rivolti essenzialmente a soggetti titolari di un contratto di lavoro subordinato e sono quasi sempre finalizzati all acquisto di beni di consumo. Tuttavia accade spesso che i microimprenditori, direttamente o tramite parenti, beneficino di questi crediti per lo sviluppo della loro attività economica. Nonostante quella dell intermediario finanziario sia una categoria legittimamente considerata responsabile del sovra-indebitamento di ampie fasce di popolazione, va tuttavia ricordato che la loro forma legale (ex art. 106 del TUB), è quella più adatta alle IMF nel contesto legislativo italiano. Si consideri infatti che tale modello oltre a rendere l istituzione auto-sufficiente per quanto riguarda l operatività (tali istituzioni non dipendono dalle banche per l erogazione del credito), è particolarmente flessibile grazie ad una gestione più leggera dell attività creditizia rispetto a quanto richiesto alle banche: ciò implica che le procedure di richiesta del credito così come i tempi di erogazione siano particolarmente contenuti Gli altri attori Il modello di prestito online può essere considerato uno strumento alternativo al micro prestito, come l esperienza di Zopa ha recentemente dimostrato, nonostante attualmente il progetto sia sospeso. Dal 10 luglio 2009 la Banca d'italia, ha cancellato Zopa dall'elenco degli intermediari finanziari ex art La Banca d Italia ha contestato a Zopa di aver fatto

19 70 raccolta di risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito. Nonostante questa battuta d arresto, il modello del social lending è di particolare interesse per i possibili sviluppi nell ambito della microfinanza. Zopa Italia, un franchise di Zopa UK che opera sotto il TUB art.106, è un sistema di prestito peer to peer in internet che fornisce una piattaforma di intermediazione finanziaria per piccoli prestiti. I creditori possono investire fino a euro, mentre i prestiti sono tra i e i euro con una durata tra i 12 e i 48 mesi. Le pratiche di credito sono analizzate e approvate da Zopa e divise in classi di rischio. Il tasso di interesse medio è del 9,7%. I creditori possono scegliere la loro propensione al rischio e distribuire i loro investimenti nelle diverse classi di rischio (i loro investimenti sono comunque suddivisi tra l ampio numero di debitori). In media il ritorno lordo per gli investitori è il 7.8%. Dall inizio delle operazioni nel Gennaio 2008, Zopa ha erogato 960 prestiti per un ammontare totale di 5,2 milioni di euro con un tasso di non rimborso di circa il 2%. I prestiti sono usati principalmente per il consolidamento di un debito (27%), per il restauro della casa (31%) e per l acquisto di un veicolo (15%). Il 60% dei clienti ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il 20% - 25% ha un contratto a tempo determinato e il rimanente sono in una situazione di impiego precario. Anche se le caratteristiche del target sono simili a quelle del fornitore di credito al consumo, Zopa fornisce prestiti con un interesse più basso e promuove un approccio differente al prestito basato su un modello comunitario. Inoltre rappresenta un innovativo canale di prestito che potrebbe potenzialmente essere usato per mettere in contatto diverse tipologie di creditori e debitori, che vorrebbero essere più simili ai tradizionali attori di microcredito. Da quando il creditore può selezionare la propria combinazione di rischio restituzione, questo può essere usato per un target di popolazione più a rischio. Per esempio, Zopa UK ha definito una nuova categoria di debitori ( Young giovani tra i 20 e i 25 anni), su cui creditori possono decidere di investire. 5.4 Il settore della microfinanza: evoluzione e caratteristiche Mentre le banche e gli operatori del credito al consumo operano nel settore della microfinanza in via accessoria o residuale, gli attori che più direttamente hanno individuato nel microcredito il loro core business sono le istituzioni di microfinanza in senso stretto e i programmi di microfinanza a partecipazione pubblica. La categoria delle Istituzioni di Microfinanza (IMF) comprende diverse tipologie di enti (cooperative, fondazioni, associazioni, istituzioni finanziarie non bancarie, ecc.), che svolgono come prima e principale attività il microcredito. Possono essere identificate tre sottocategorie, che si differenziano sensibilmente tra loro. I principali elementi di differenziazione sono la fondazione e la missione dell istituzione, e come e da quale ente l erogazione e l amministrazione del prestito sono gestiti. La prima categoria coincide con le IMF completamente sviluppate, registrate sotto la legge bancaria come intermediari finanziari (ex TUB art. 106). Le IMF all interno di questa categoria sono le sole istituzioni comparabili alle IMF attive nei Paesi in via di sviluppo. A Febbraio 2009, c erano solo due IMF in questa categoria: Microcredito di Solidarietà e PerMicro. Queste IMF che puntano molto sull innovazione e l efficienza, hanno un

20 71 obiettivo di sostenibilità di medio lungo termine. Il principale limite ad assumere tale forma legale per queste istituzioni deriva dal fatto che ad esse non è consentita la raccolta di depositi da parte del pubblico, permessa soltanto alle banche. La seconda categoria è composta dalle MAG (Mutua AutoGestione). Assumono diversa forma legale, ma condividono una storia comune e valori etici alla base della loro missione e visione. Ci sono solo sei MAG in Italia, principalmente situate nelle regioni a Nord del Paese: Milano, Reggio Emilia, Roma, Torino, Venezia e Verona. Nonostante la loro comune missione e visione, che punta nella direzione della finanza etica, hanno modelli operativi differenti. Mag4 Piemonte, Mag2 Milano e Mag Venezia sono intermediari finanziari registrati sotto l art.106 TUB. Mag4 Piemonte può anche raccogliere depositi dalle cooperative locali affiliate. Mag Roma è regolata dalla legge bancaria italiana (TUB art.113), ma lavora tramite Mag Reggio Emilia. Mag Verona non eroga direttamente prestiti, ma lavora attraverso le banche locali. La terza categoria comprende la più ampia porzione di IMF italiane. Queste istituzioni assumono la forma di associazioni non profit o fondazioni, classificate come ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale). Le loro attività riguardano l analisi preliminare del prestito e la sua gestione. I prestiti vengono quindi erogati dalle banche, con cui hanno un accordo. Secondo la legge bancaria italiana soltanto alle banche e agli intermediari finanziari, ad eccezione delle cooperative MAG, è permesso erogare prestiti. Perciò queste istituzione dipendono da una banca per condurre attività di microcredito. In quasi tutti i casi i prestiti erogati dalla banca partner sono coperti da un fondo di garanzia messo a disposizione da un attore terzo (un istituzione pubblica, una fondazione, ecc.). In alcuni casi la relazione tra la banca e l istituzione è difficile, in particolare perché la rigidità formale delle procedure causa ritardi nell esborso del prestito, nel processo di rimborso e nella relazione con i clienti 32. Una caratteristica importante delle istituzioni di microfinanza è il loro modello d impresa. È possibile individuarne due modalità. In un caso, l istituzione gestisce l intero processo, dal primo contatto all erogazione e alla gestione del prestito. Questo modello è quasi del tutto inesistente in Italia finora. Nell altro l istituzione di microfinanza si concentra sulle attività di primo contatto, analisi della domanda e approvazione del credito. La banca serve come agenzia/sportello per l esborso del credito e il rimborso. Il terzo soggetto, infine, può garantire servizi di supporto non finanziari (i cosiddetti business development services o BDS) e/o fornire una garanzia alla banca. Un ulteriore distinzione concerne il modello di gestione del rischio. Molte istituzioni operano tramite un fondo di garanzia, che fornisce parziale o totale copertura sul prestito. Questo modello, basato sulla divisione del rischio tra i diversi soggetti pubblici e privati, è sicuramente il più comune e non sono molte le istituzioni che operano senza un fondo di garanzia. Si deve notare che il modello di microcredito che conta su un fondo di garanzia messo a 32 E il caso ad esempio della Fondazione Toscana per la prevenzione dell usura ONLUS. Nel rapporto di attività 2009 la Fondazione lamenta che: la politica di contenimento nella concessione del credito attuata dalle banche sin dal 2008 ha portato ad un sensibile aumento delle pratiche declinate (15,7% nel ,4% nel ,4 % nel 2009) e ad un preoccupante allungamento dei tempi di erogazione, tanto che al 31/12/2009 si trovavano all esame delle banche convenzionate n. 90 richieste di finanziamento per ,00.

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