ROBERTA CAPPONI Presidente della Commissione per le adozioni internazionali

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1 ROBERTA CAPPONI Presidente della Commissione per le adozioni internazionali Ritengo che un approfondita riflessione sulla situazione e sulle prospettive dell adozione internazionale non possa, oggi, prescindere dall esame dei dati statistici che descrivono con particolare immediatezza ed efficacia lo stato dell arte. Consegno, pertanto, alla presidente Serafini e ai componenti della Commissione l anteprima del report statistico al 30 giugno 2007, che verrà pubblicato nei prossimi giorni sul sito della Commissione per le adozioni internazionali e potrà essere da tutti consultato. Dall esame del report emergono dati senza dubbio confortanti; infatti, al 30 giugno di quest anno le adozioni realizzate sono state 1676; è, quindi, ragionevole prevedere che alla fine dell anno saranno presumibilmente il doppio, così confermando la media degli ultimi anni, di circa adozioni all anno. La riflessione che ne consegue è che il sistema delineato dalla legge n. 476 del 1998 nonostante i ricorrenti allarmismi che periodicamente riferiscono di crolli vertiginosi del numero delle adozioni con conseguenti annunci di crisi del settore - è un sistema che tiene e che dà buona prova di sé. La tenuta del sistema è data soprattutto dal fatto che, a distanza di sette anni dalla sua entrata in vigore e a fronte di continue modifiche nella geografia delle adozioni internazionali con paesi storici che improvvisamente chiudono o diminuiscono drasticamente il numero dei minori adottabili, c è la capacità degli enti autorizzati e dell istituzione di contrastare queste criticità con l apertura di nuovi paesi. Ad esempio, il calo progressivo che si è registrato negli ultimi tre anni in alcuni paesi dell Est europeo, dove tradizionalmente si orientava e, in misura minore, si orienta ancora oggi il progetto adottivo della maggior parte delle coppie italiane, è stato efficacemente compensato con le adozioni realizzate soprattutto in paesi del continente asiatico e di quello africano dove gli enti autorizzati, con il supporto della Commissione per le adozioni internazionali, stanno intensificando in modo estremamente significativo relazioni, contatti e soprattutto l attività di cooperazione. Tuttavia, non possiamo ritenerci appagati dalla mera tenuta negli anni del sistema delineato dalla legge n. 476; è necessario, infatti che il sistema sia in grado evolversi per essere in grado di dare una famiglia ai tantissimi minori nel mondo che si trovano in condizioni di abbandono e per rispondere al crescente desiderio di genitorialità delle coppie italiane. E, quindi, a distanza di quasi sette anni dall entrata in vigore del meccanismo delineato dalla legge n. 476 si rende necessario apportare al sistema alcune modifiche sia allo scopo di ridefinire il ruolo degli enti autorizzati e della Commissione per le adozioni internazionali - e in questa direzione si è senz altro mosso il nuovo regolamento della Commissione che a breve entrerà in vigore - che per la semplificazione delle procedure e l individuazione di nuove forme di accoglienza che richiedono, invece, un intervento normativo di rango primario e anche sopranazionale. Mi riferisco, ad esempio, ad una nuova tipologia di adozione, l adozione europea di cui si è già parlato all apertura dei lavori di questo seminario, volta ad agevolare le pratiche di adozione tra i Paesi dell Unione ma che necessita dell elaborazione di una normativa comune e della creazione di banche dati europee (delle famiglie disponibili all adozione e dei bambini in stato di adottabilità) elaborate sulla base di parametri uniformi. In tal modo, la comune cittadinanza europea potrebbe superare le resistenze di alcuni paesi che fanno forse prevalere ragioni di orgoglio nazionale al diritto dei bambini ad avere una famiglia. Mi riferisco in particolare a paesi come la Romania e la Bulgaria,

2 che, quasi in concomitanza al loro ingresso nell Unione europea e pur a fronte di realtà estremamente drammatiche di abbandono minorile hanno, la prima bloccato per legge le adozioni internazionali e la seconda, drasticamente ridotto il numero dei minori disponibili. Un altro intervento di rango normativo primario ritengo sia necessario per poter accogliere i minori in stato di abbandono provenienti dai paesi in cui vige l istituto della Kafala islamica. Attualmente, infatti, la non compatibilità giuridica tra il nostro ordinamento e quello di alcuni paesi islamici impedisce di poter riconoscere il provvedimento di affidamento ai sensi della Kafala quale presupposto per una pronuncia di adozione legittimante o di adozione in casi particolari e neppure consente di rilasciare al minore affidato un visto di ingresso per l Italia. Infatti, non solo non può essere rilasciato un visto per adozione o affidamento preadottivo al minore affidato con provvedimento di Kafala a coppie italiane, in quanto istituto non riconducibile a nessuna delle due fattispecie richiamate ma neanche, secondo un recente parere dell Avvocatura Generale dello Stato, un visto per ricongiungimento familiare ai sensi dell articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 286/98, al minore affidato a coppie extracomunitarie di religione islamica residenti in Italia, per la non conformità del provvedimento di Kafala ai princìpi di ordine pubblico italiano. Sono dell opinione che l intervento normativo necessario per superare l attuale incompatibilità dovrebbe andare non già nella direzione di una modifica ad hoc degli attuali istituti dell adozione e dell affidamento - correndo il rischio di stravolgere istituti ormai giuridicamente collaudati - ma che sia necessario individuare nuove forme di accoglienza in grado di dare piena tutela al minore accolto, uscendo dall ambito dell opzione che il nostro ordinamento allo stato contempla - adozione legittimante e adozione in casi particolari - e configurando una pluralità di modelli articolati di protezione dell infanzia abbandonata tra i quali il giudice possa scegliere a seconda delle caratteristiche del caso concreto. Un altro dato che emerge dal report statistico e che ritengo meriti di essere evidenziato è quello da cui risulta che oltre il 40 per cento delle adozioni effettuate riguarda minori che provengono da paesi che hanno ratificato la Convenzione de L Aja. Questo dato ci porta a riflettere su un' altra modifica normativa che si potrebbe apportare al sistema per renderlo non solo più aderente alla Convenzione de L Aja ratificata dal nostro Paese ma anche più attento all interesse dei minori adottati e delle famiglie adottive. L intervento, peraltro, si porrebbe nella stessa prospettiva di semplificazione della procedura adottiva in parte già delineata dalla recente direttiva congiunta dei Ministeri dell interno e delle politiche della famiglia con cui si è stabilito non essere più necessario il permesso di soggiorno per i minori adottati essendo già stata valutata dalla Commissione per le adozioni internazionali - al momento del rilascio dell autorizzazione all ingresso e alla residenza permanente - la legittimità dell ingresso del minore in Italia. In questa medesima ottica si potrebbe abbreviare l iter per ottenere il riconoscimento della sentenza straniera nel caso di minori che abbiano fatto ingresso in Italia sulla base di un provvedimento di adozione emesso da un Paese membro della Convenzione de L Aja. Si potrebbe prevedere che tale adozione sia direttamente efficace in Italia e direttamente attributiva della cittadinanza italiana stabilendo che tra i compiti della Commissione per le adozioni internazionali rientri non solo quello di verificare la regolarità della procedura adottiva e autorizzare l ingresso del minore in Italia ma anche quello di trasmettere i relativi atti all ufficiale dello Stato civile per le dovute trascrizioni.

3 In tal modo non soltanto si otterrebbe una semplificazione della procedura per l acquisto della cittadinanza italiana e la conseguente piena tutela del minore ma anche un effettivo rispetto dell articolo 26 della Convenzione de L Aja che prevede che la pronuncia di adozione emanata nel Paese di origine del minore e certificata conforme alla Convenzione produce gli effetti di un adozione legittimante anche per l ordinamento del paese di accoglienza, con conseguente immediato acquisto sia dello status di figlio legittimo che della nuova cittadinanza. Si dovrebbe, in altri termini, intervenire sull articolo 34 della legge n.184/83, che riconosce al minore adottato una tutela affievolita - non già i diritti di un figlio legittimo ma di un minore in affidamento familiare - e subordina l acquisto della cittadinanza italiana all ordine di trascrizione del tribunale dei minorenni all esito di una verifica sulla regolarità della procedura adottiva, peraltro, già espletata dalla Commissione per le adozioni internazionali all atto del rilascio dell autorizzazione all ingresso del minore. Un'altra modifica che ritengo vada apportata all impianto normativo delineato dalla legge n. 476/98 è quella di prevedere la possibilità di assistenza diretta alle coppie adottive da parte della Commissione per le adozioni internazionali; un assistenza alternativa a quella degli enti autorizzati e da attivare solo nel caso in cui quest ultimi per situazioni non riconducibili a loro responsabilità si trovino nell impossibilità di essere operativi nei paesi stranieri. Il sistema attuale incentrato su una rigorosa divisione dei ruoli - l Autorità centrale con funzioni essenzialmente di vigilanza e di indirizzo e gli enti autorizzati con funzioni di assistenza delle coppie - non prevede, infatti, alcun meccanismo per intervenire e superare le situazioni di non operatività degli enti autorizzati. Capita, quindi che per ragioni di carattere politico o anche solo burocratico gli enti autorizzati non possono lavorare e avviare alcuna procedura adottiva con inevitabile allungamento dei tempi di attesa per le coppie. Generalmente questa situazione si verifica a causa dei tempi lunghi che alcuni Paesi impiegano per rinnovare gli accreditamenti. La situazione più emblematica è quella che attualmente abbiamo con la Federazione russa dove, ad oggi, nessuno degli oltre 10 enti autorizzati italiani è operativo perché il loro accreditamento non è stato ancora rinnovato, (per alcuni di essi è scaduto da più di 14 mesi) con la conseguente impossibilità di depositare i fascicoli delle coppie italiane alle competenti Autorità russe. La situazione è tanto più paradossale se si considera che in Russia sono moltissimi i minori in stato di abbandono e che la normativa di questo Paese consente l adozione cosidetta indipendente, cioè senza la necessità dell assistenza di un ente autorizzato. E un limite, pertanto, tutto interno alla nostra normativa che deve essere superato confermando la scelta fatta dal legislatore del 1998, cioè quella della necessaria assistenza alle coppie da parte di un ente autorizzato che garantisca regolarità e trasparenza della procedura adottiva, ma prevedendo, al contempo, che l istituzione, in questo caso l Autorità Centrale, possa prendere direttamente in carico le coppie di aspiranti genitori adottivi e tenere i rapporti con le Autorità straniere laddove gli enti autorizzati non siano in condizioni di poterlo fare. In misura parziale questo meccanismo è stato già sperimentato dalla Commissione per le adozioni internazionali che ha preso in carico le coppie i cui fascicoli erano stati depositati dagli enti prima della scadenza del loro accreditamento e ha così potuto far concludere più di 100 procedure adottive. Non ritengo che sia tuttavia possibile di qui la necessità di un apposita previsione normativa - che l Autorità centrale possa anche avviare la procedura adottiva in un paese straniero essendo questo un compito che la legge n. 476/98 concepisce come esclusivo dell ente autorizzato.

4 Un attento esame dei dati statistici credo sia importante anche per fare chiarezza una volta per tutte su affermazioni, non supportate da alcun riscontro, che spesso vengono fatte nelle occasioni di confronto pubblico dedicate all adozione internazionale; ad esempio, anche in alcuni interventi di questa mattina sono stati forniti numeri allarmanti, ma non ufficiali, che riferiscono di oltre coppie italiane in attesa di concludere un adozione internazionale. Il dato non è esatto. Alla Commissione per le adozioni internazionali risulta che le coppie che hanno conferito incarico ad un ente autorizzato, e quindi, effettivamente in attesa di adottare avendo avviata la relativa procedura, sono meno di Non bisogna infatti, trascurare la circostanza che sono moltissime le coppie che pur in possesso di un decreto di idoneità scelgono poi o di non procedere oltre o di orientarsi soltanto verso l adozione nazionale con la conseguente perdita di efficacia del decreto di idoneità all adozione internazionale. Altra affermazione ricorrente è quella circa i tempi dell attesa; si afferma, infatti, che ogni procedura di adozione dura mediamente 4 anni, ricavando tale dato dalla semplicistica divisione del numero delle coppie in attesa (12.000) con quello del numero di adozioni (3000) che ogni anno mediamente si concludono. Come ricordavo all inizio la geografia delle adozioni internazionali è molto articolata ed è, quindi, necessario evitare generalizzazioni che possono rivelarsi estremamente disorientanti per le coppie che intendono avviare una procedura di adozione internazionale. Effettivamente le attese più lunghe si verificano per le procedure di adozioni di minori che provengono da quei paesi dell Est europeo che hanno visto negli ultimi anni situazioni di grande difficoltà e che hanno portato in alcuni casi a chiusure (Romania) o a drastiche diminuzioni del numero dei minori disponibili (Bulgaria, Bielorussia) o a situazioni di forte rallentamento riconducibili a riorganizzazioni interne (Ucraina, dove nel 2005 e nel 2006 le adozioni sono calate del 50 per cento) o a motivi burocratici (Federazione Russa). I lunghi tempi di attesa e le incertezze sulla conclusione dell iter adottivo si riferiscono esclusivamente alle procedure di adozioni in questi paesi anche se, ed è in il caso di sottolinearlo, molto dipende anche dall effettiva capacità di accoglienza della coppia. I tempi più lunghi si registrano, infatti, per le adozioni di minori di età inferiore ai tre anni, senza problemi di salute e provenienti da paesi dell Est europeo. Dai dati in possesso alla Commissione per le adozioni internazionali risulta invece che, esulando dalle situazioni di criticità sopra ricordate, il tempo medio di conclusione di una procedura adottiva è inferiore ai due anni con tempi al di sotto di un anno nel caso di adozioni di minori provenienti da paesi asiatici o africani, di minori non piccolissimi o coppie di fratelli. La Commissione per le adozioni internazionali registra, inoltre, da un paio di anni, che gli enti autorizzati, nonostante siano più di 70 non riescono a dare risposta alle richieste delle coppie che spesso riferiscono di non riuscire neanche a conferire incarico. Questa situazione, se da un lato è comprensibile - in quanto gli enti autorizzati, valutando realisticamente le proprie capacità operative ritengono di non poter prendere in carico nuove coppie se non possono garantire loro la conclusione della procedura adottiva in tempi accettabili d altra parte evidenzia un ulteriore limite del sistema con conseguente danno immediato per le coppie che rischiano la perdita di efficacia del loro decreto di idoneità. Anche in questo caso si potrebbe pensare ad un ruolo della Commissione per le adozioni internazionali alternativo e complementare a quello degli enti autorizzati in modo da venire incontro alle richieste delle coppie. Si potrebbe ipotizzare, per evitare la perdita del decreto di efficacia, un meccanismo di presa in carico delle coppie da parte

5 della Commissione che successivamente le orienta verso quegli enti autorizzati che abbiano dato la loro disponibilità e che offrano realistiche prospettive di conclusione delle procedure. Avviandomi alla conclusione, e riferendomi alla drammatica testimonianza che abbiamo ascoltato in mattinata sulle adozioni in Guatemala vorrei confermare che la situazione è effettivamente molto difficile e le Autorità di quel Paese ne sono ben consapevoli; infatti nel mese di settembre del 2005 alla sessione speciale della Convenzione de L Aja erano presenti sia il Procuratore generale che il Ministro della giustizia guatemalteco che hanno chiesto un aiuto concreto al Segretariato generale e la collaborazione di tutti le nazioni che avevano firmato o ratificato la Convenzione de L Aja. per contrastare il fenomeno delle adozioni illegali nel loro paese. Vorrei, tuttavia, precisare che l Italia realizza solo adozioni di minori guatemaltechi ogni anno e che gli unici due enti italiani operativi in Guatemala sono enti estremamente seri e professionali gestiti da suore missionarie. La Commissione che vigila con estrema attenzione sulle procedure di adozione di minori provenienti dal Guatemala non ha mai riscontrato alcuna irregolarità e i costi della procedura - molto inferiori ai euro riferiti nell intervento di questa mattina sono tutti documentati e si riferiscono esclusivamente ai servizi effettivamente resi dall ente alla coppia adottiva. Per concludere un ultima considerazione: sono convinta che il rapporto tra gli attori di tutta la procedura adottiva e soprattutto tra Commissione ed enti autorizzati debba essere sempre più attivo e proficuo. Ho molto apprezzato che nel nuovo regolamento della Commissione per le adozioni internazionali sia stata prevista una periodicità di incontri con gli enti autorizzati, periodicità che ha caratterizzato anche il periodo della mia Presidenza. Gli incontri sono stati molto intensi con la costituzione di due tavoli periodici di consultazione per le strategie internazionali e per gli aspetti di gestione interna. La sensazione che ho è di un ritorno molto significativo. In particolare, in questi ultimi mesi stiamo sperimentando un attività sinergica con gli enti per quanto riguarda l Ucraina, paese molto ambito dalle coppie italiane ma anche molto impegnativo. Devo riconoscere che gli enti hanno dato e stanno dando prova di grande responsabilità e di grande maturità su come affrontare con rigore e responsabilità la ripresa delle adozioni in Ucraina. Si è condivisa la scelta di fare sistema adottando un meccanismo di equa ripartizione tra tutti gli enti autorizzati del numero complessivo di adozioni che l Ucraina ha fissato per il nostro Paese e con la previsione di precisi turni di deposito dei fascicoli in modo da evitare che alcuni enti realizzino un numero di adozioni superiore ad altri con conseguenti disparità tra le coppie in attesa. Si è ritenuto, infatti, che solo in questo modo, con un comportamento rigoroso ed uniforme anche nei confronti delle Autorità e degli operatori ucraini si possono isolare e ridurre prassi non propriamente regolari. I risultati non sono mancati: le procedure in Ucraina sono regolari, i tempi sono contenuti e le Autorità ucraine dimostrano grande apprezzamento per questa nuova forma di collaborazione. Ritengo che sia questa la via da seguire anche per altri paesi: Commissione ed enti allo stesso tavolo per individuare insieme come agire anche per quanto riguarda l aspetto della cooperazione, isolando e contrastando atteggiamenti non solo formalmente ma soprattutto eticamente non corretti, in modo da operare nei paesi stranieri con un unica metodologia che costituisca il sistema Italia e che possa, effettivamente, attuare la sussidiarietà dell adozione internazionale e contribuire a creare le condizioni per un autentica protezione dell infanzia abbandonata. Grazie per l attenzione

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