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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE PAG. 01 VERBALE N.RO TR20 DEL COLLEGIO DEI DOCENTI DEL DOTTORATO DI RICERCA IN Metodologie di Biomonitoraggio dell'alterazione Ambientale Il giorno , alle ore presso l Aula A del Dipartimento di Biologia dell Università, Ed. M, si è riunito, regolamente convocato, il Collegio dei docenti. Presiede il Coordinatore: Prof. Mauro TRETIACH Verbalizza il Segretario: Dott. Andrea NARDINI - Risultano presenti: BARBIERI Pierluigi, BATTISTELLA Silvia, BRESSAN Guido, CHIAPELLA Laura, DEL PIERO Donatella, FALACE Annalisa, NARDINI Andrea, SALLEO Sebastiano, TALARICO Laura, TRETIACH Mauro, URBANI Ranieri, VALLI Giorgio. - Risultano assenti giustificati: ALTOBELLI Alfredo, BEVILACQUA Paolo, BONESI Laura, CODOGNO Michele, FALACE Annalisa, FERRERO Enrico, FONDA Serena, PIZZUL Elisabetta. - Risultano assenti non giustificati: AVIAN Massimo, CASTELLO Miris, FEOLI Enrico, NIMIS Pierluigi, SOLIDORO Cosimo. Il Coordinatore, constatato il numero legale dei componenti del Collegio intervenuti, apre la riunione alle ore 09.22, per trattare il seguente ordine del giorno: 1. Comunicazioni 2. Approvazione verbale riunione del 25 gennaio Procedura per il rinnovo Corso di Dottorato, XXIV ciclo 4. Presentazione dei progetti di ricerca degli studenti Francesco Cumani, Chiara Manfrin, Michela Sesso, Anna Sustersic (XXIII ciclo) e assegnazione dei rispettivi tutori 5. Varie ed eventuali 1. Comunicazioni Il Coordinatore segnala alcune difficoltà nell'organizzazione delle attività seminariali, legate alla indisponibilità di vari relatori stranieri che sono stati contattati a tal proposito. Il Coordinatore comunica che è pervenuta una lettera del Prof. Reisenhofer, che pur non facendo più parte del Collegio, segnala la sua disponibilità per lo svolgimento di attività didattiche nell'ambito del Corso di Dottorato. Il Collegio ne prende atto. 2. Approvazione verbale riunione del 25 gennaio 2008 Il Coordinatore pone in approvazione il verbale TR19 relativo alla seduta del 25 gennaio Il Collegio approva il suddetto verbale con la sola astensione degli assenti alle sedute in oggetto. 3. Procedura per il rinnovo Corso di Dottorato, XXIV ciclo Il Coordinatore ricorda che il termine ultimo per la richiesta di rinnovo del Corso di Dottorato è fissato al Permane il problema del reperimento di fondi per il finanziamento delle borse che, se non risolto, imporrà la sospensione per un anno del Corso di Dottorato. 4. Presentazione dei progetti di ricerca degli studenti Francesco Cumani, Chiara Manfrin, Michela Sesso, Anna Sustersic (XXIII ciclo) e assegnazione dei rispettivi tutori Il Coordinatore comunica che il Dott. Solidoro ha chiesto di posticipare la presentazione del progetto di ricerca della Dott.ssa Anna SUSTERSIC alla prossima seduta del Collegio, stante la necessità di definire alcuni aspetti del progetto stesso. Il Collegio ne prende atto. IL COORDINATORE IL SEGRETARIO

2 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE PAG. 02 VERBALE N.RO TR20 DEL COLLEGIO DEI DOCENTI DEL DOTTORATO DI RICERCA IN Metodologie di Biomonitoraggio dell'alterazione Ambientale Viene invitato a prendere la parola il Dott. Francesco CUMANI, che illustra al Collegio il suo progetto di ricerca sul tema Fisiologia della calcificazione nelle Corallinaceae. Al termine della presentazione intervengono Tretiach, Bressan, Talarico, Salleo, Del Piero, Barbieri, Urbani. Il Dott. Cumani fornisce i chiarimenti richiesti. Il Dott. Cumani ha già provveduto a inviare copia del suo progetto di ricerca al Segretario, e tale documento va a costituire parte integrante del presente verbale (Allegato n. 1). Il Collegio dei Docenti unanime approva il progetto di ricerca presentato e individua nelle persone del Prof. BRESSAN e della Dott.ssa DI PASCOLI il tutore e co-tutore, rispettivamente, del Dott. Cumani. Alle ore esce la Prof.ssa Chiapella. Viene ora chiamata a presentare il suo progetto di ricerca la Dott.ssa Chiara MANFRIN che si propone di lavorare sul tema Analisi delle variazioni ambientali attraverso metodologie di biomonitoraggio in invertebrati marini. Al termine della presentazione intervengono Salleo, Talarico, Valli, Urbani, Bressan, Barbieri. La Dott.ssa Manfrin ha già provveduto a inviare copia del suo progetto di ricerca al Segretario, e tale documento va a costituire parte integrante del presente verbale (Allegato n. 2). Il Collegio dei Docenti unanime approva il progetto di ricerca presentato e individua nelle persone del Prof. VALLI e del Prof. PALLAVICINI il tutore e co-tutore, rispettivamente, della Dott.ssa Manfrin. Viene ora chiamata a presentare il suo progetto di ricerca la Dott.ssa Michela SESSO che si propone di lavorare sul tema Studi di rizo-fitodegradazione in suoli contaminati da idrocarburi. Al termine della presentazione intervengono Tretiach, Salleo, Barbieri, Talarico. La Dott.ssa Sesso ha già provveduto a inviare copia del suo progetto di ricerca al Segretario, e tale documento va a costituire parte integrante del presente verbale (Allegato n. 3). Il Collegio dei Docenti unanime approva il progetto di ricerca presentato e individua nelle persone del Dott. BARBIERI e del Dott. URBANI il tutore e co-tutore, rispettivamente, della Dott.ssa Sesso. 5. Varie ed eventuali Nulla. La seduta viene tolta alle ore IL COORDINATORE IL SEGRETARIO

3 Allegato n. 1 Dottorato di Ricerca in Metodologie di Biomonitoraggio dell Alterazione ambientale Presentazione progetto di ricerca Dottorando: Francesco Cumani Ciclo: XXIII Tutore: Prof. Guido Bressan Titolo: Fisiologia della calcificazione nelle Corallinaceae. INTRODUZIONE. La presente ricerca è svolta nel quadro più ampio del progetto V.E.C.T.O.R. (VulnErabilità delle Coste e degli ecosistemi marini italiani ai cambiamenti climatici e loro ruolo nei cicli del carbonio mediterraneo), che si propone di approfondire le conoscenze relative agli impatti dei cambiamenti climatici sull ambiente marino mediterraneo. Il progetto V.E.C.T.O.R. è strutturato in 10 linee di ricerca. La fisiologia della calcificazione nelle Corallinaceae (attività 4) appartiene alla Linea 7 CARLIVE, che si propone di studiare il ruolo dei popolamenti vegetali ed animali della piattaforma continentale mediterranea nel ciclo del carbonio. Infatti negli ultimi 200 anni si è verificato nell atmosfera un incremento della concentrazione di anidride carbonica del 35%. Tale aumento è causato dallo squilibrio complessivo tra le emissioni globali di CO 2, provenienti dall impatto antropico, e l assorbimento da parte degli ecosistemi terrestri e marini (IPCC, 2007). La CO 2 atmosferica si scioglie nelle acque superficiali dei mari, determinando un abbassamento del ph bilanciato con i carbonati disciolti nell ambiente marino. Il continuo e rapido aumento di CO 2 atmosferica tuttavia interferisce su questo bilanciamento. Si viene quindi a determinare un abbassamento del ph delle acque che influenza negativamente l equilibrio dei carbonati e la calcificazione biologica. Le Corallinales vengono utilizzate quali indicatori biologici per le loro caratteristiche di ubiquitarietà, di ampissima distribuzione batimetrica e di permanenza in natura relativamente lunga. La loro presenza/assenza ed il loro caratteristico ritmo di crescita sono profondamente influenzati dalle condizioni ambientali del loro habitat. Data la struttura relativamente semplice, l uso delle Corallinales incrostanti come indicatori biologici permette di monitorare ed analizzare gli eventuali cambiamenti morfologici, fisiologici e/o genetici che incorrono a livello di organismo, popolazione o comunità; attribuendo così alle alghe rosse calcaree un ruolo rilevante (se non fondamentale) negli studi di conservazione e salvaguardia dell ambiente marino. Infatti queste alghe intervengono nell ecosistema marino, a livello della produzione primaria, nel ciclo biogeochimico del carbonio, ma anche come biocostruttori ed, infine, come fonte di cibo per gli erbivori e reclutamento di invertebrati. Le alghe calcaree sono le uniche macrofite che possiedono un tallo di natura calcarea. Le pareti cellulari sono infatti impregnate di cristalli di calcio e magnesio sotto forma di calcite. I polisaccaridi acidi, come l acido alginico, molto probabilmente fungono da siti di nucleazione per i cristalli di calcite (Borowitzka, 1977; Bilan & Usov, 2001). L ipotesi della formazione di questi cristalli, coadiuvata dai polisaccaridi acidi, è testimoniata dal fatto che i cristalli di calcite sono orientati parallelamente alle fibrille polisaccaridiche. Difatti, nella lamella mediana, sia i filamenti che i cristalli giacciono paralleli alla superficie della cellula, mentre nella parete secondaria sono orientati perpendicolarmente alla superficie cellulare. Ruolo importante nella calcificazione delle Corallinales è ricoperto anche dalle cellule transfer. A livello di queste cellule si verifica l assorbimento degli ioni calcio e contemporaneamente l anidride carbonica viene utilizzata per la fotosintesi, determinando la precipitazione dei carbonati (Bressan et al., 1981). 2- La maggior parte dei carbonati, costituenti i cristalli di calcite, deriva dall assunzione degli ioni CO 3 presenti nell acqua marina (Okazaki et al, 1982); una componente molto ridotta del carbonato di calcio depositato nelle alghe coralline deriva dall anidride carbonica prodotta durante la respirazione (Okazaki et al., 1982; Pentecost, 1978; El Haikali et al., 2004). Il tasso di calcificazione nelle alghe calcaree risulta essere maggiore durante le ore di luce rispetto a quelle notturne; è presente inoltre un maggiore tasso di calcificazione durante il periodo estivo rispetto a quello invernale (Martin et al., 2006). OBIETTIVI. Scopo della presente ricerca è quello di studiare la calcificazione biologica nelle alghe calcaree al fine di chiarire il loro ruolo quali sink (fissatori) o source (produttori) globali di CO 2. PROGETTO DI RICERCA. In una prima fase verrà sviluppato un approfondimento della ricerca bibliografica volta a censire le sperimentazioni già realizzate, in Mediterraneo e negli altri bacini del mondo, su alghe bentoniche, Rhodophyta e Corallinales sottoposte a elevate concentrazioni di CO 2. Risulta così che attualmente sono state realizzate sperimentazioni su Corallinales in tutti i bacini tranne che nel Mediterraneo in mesocosmi (Kuffner et al., 2007) o in microcosmi (Gao et al., 1993). Kuffner et al. (2007) hanno dimostrato che l incremento di CO 2 (da 400 µatm a 770 µatm pco 2 ) determina una diminuzione nella percentuale di ricoprimento delle alghe calcaree del 78%-92%.

4 Gao et al. (1993) hanno sottoposto dei campioni di Corallina pilulifera Postels et Ruprecht (sottofamiglia Corallinoideae) a diverse pco 2 (350 µatm e 1600 µatm) mediante l immissione di CO 2 nell acqua di coltura. A 350 µatm è stato osservato un tasso di calcificazione maggiore durante le ore diurne rispetto a quelle notturne; a 1600 µatm la calcificazione non è stata rilevata durante le ore di luce, mentre durante le ore di buio è stato rilevato un lento tasso di dissoluzione. La sperimentazione verrà realizzata su talli vivi di alghe coralline non articolate appartenenti alle specie Pneophyllum e Hydrolithon (appartenenti alla sottofamiglia delle Mastophoroideae), presenti nel Golfo di Trieste. Le alghe madri verranno prelevate e sottoposte a shock termico in laboratorio inducendo una maggiore pervietà dei concettacoli e quindi una migliore sporulazione. La calcificazione biologica nelle Corallinaceae verrà studiata e misurata in condizioni controllate, in tre vasche di coltura a circolazione di acqua marina naturale eventualmente arricchita. I valori di anidride carbonica cui sottoporre i talli sono stati ricavati dal quarto rapporto dell IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) tenutosi nel novembre 2007 a Valencia. I valori estremi di anidride carbonica (pco 2 ) saranno rispettivamente 370 µatm (condizioni attuali = vasca di controllo) e 760 µatm (condizioni previste tra cento anni nel caso in cui vengano mantenute le attuali emissioni di CO 2 ). Nella vasca rimanente verrà immesso un quantitativo di CO 2 intermedio; in questo modo si potrà studiare la risposta dei talli all incremento progressivo di anidride carbonica disciolta. Si procederà quindi con lo studio morfologico e fisiologico della calcificazione. Analisi di accrescimento dei talli: o Marcatura con colorante vitale (Alizarina) per quantificare la crescita periodica, in relazione alle caratteristiche microanatomiche dei talli. La marcatura dei talli in laboratorio permetterà inoltre di confrontare il loro tasso di accrescimento con talli di coralline non articolate in colture di mantenimento in mare. In questo modo sarà possibile sviluppare dei confronti diretti e delle verifiche di laboratorio. o Analisi digitale dei talli: alcuni talli contrassegnati verranno fotografati con una macchina digitale. Le immagini digitali ottenute verranno quindi elaborate al computer per ottenere la risoluzione e la qualità migliore con software di grafica. Ogni immagine digitale costituirà una foto campione, analizzata quantitativamente. L area di ricoprimento verrà calcolata mediante il software di elaborazione grafica Image-Pro Plus 6.0, in grado di misurare superfici di aree. o X-ray: è allo studio lo sviluppo di software per la determinazione della superficie e del volume dei talli di Corallinales a partire dalle immagini ottenute mediante l impiego del Tomolab di Elettra (Dott.ssa Giuliana Tromba). Analisi del differenziamento dei talli: o Marcatura dei talli con colorante vitale Clorotetraciclina (CTC) (o aureomicina): permette di evidenziare il gradiente di concentrazione degli ioni calcio nel tallo a livello delle cellule transfer. Nelle cellule epiteliali risulta essere infatti presente una maggiore fluorescenza indicante un maggiore contenuto di ioni Ca 2+ (Bressan et al., 1981). Analisi ultrastrutturale dei talli: o Sperimentazione al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) su talli morti per studiare le variazioni della calcificazione della parete cellulare a livello anatomico, citologico nelle diverse condizioni spazio/temporali di sperimentazione. BIBLIOGRAFIA. Bilan M. I., & Usov A. I. Polysaccharides of Calcareous Algae and Theri Effect on the Calcification Process. Russian Journal of Bioorganic Chemistry (2001) 27(1): Bressan G., Ghirardelli L. A., Bellemo A. Research on the gehus Fosliella (Rhodophyta, Corallinaceae): Structure, Ultrastructure and Function of Trasfer Cells. Botanica marina (1981) 24: Borowitzka M. A. Algal calcification. Oceanogr. Mar. Biol. Ann. Rev. (1977) 15: El Haikali B., Bensoussan N., Romano J-C, Bousquet V. Estimation of photosynthesis and calcification rates of Corallina elongata Ellis and Solander, 1786, by measurements of dissolved oxygen, ph and total alkalinity. SCI. MAR. (2004) 68 (1): Gao K., Aruga Y., Asada K., Ishihara T., Akano T., Kiyohara M. Calcification in the articulated coralline alga Corallina pilulifera, with special reference to the effect of elevated CO 2 concentration. Marine Biology (1993) 117(1): Parry M., Canziani O., Palutikof J., van der Linden P., Hanson C. Climate Change 2007: Impacts, Adaptation and Vulnerability. Contribution of Working Group II to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Cambridge University Press (2007).

5 Kuffner I. B., Andersson A. J., Jokiel P. L., Rodgers K. S., Mackenzie F. T. Decreased abundance of crustose coralline algae due to ocean acidification. Nature (2007): 1-4. Martin S., Castes M-D.,Clavier J. Primary production, respiratin and calcification of the temperate free-living coralline alga Lithothamnion corallioides. Acquatic Botany (2006) 85(2): Okazaki, Ichikawa, Furuya. Calcification of calcareous red alga Galaxaura fastigiata. Botanica marina (1982) 25: Pentecost A. Calcification and photosynthesis in Corallina officinalis L. using CO 2 method. Brit. Phycol. J. (1978) 23:

6 Allegato n. 2 Dottorato di Ricerca in Metodologie di Biomonitoraggio dell Alterazione ambientale Presentazione progetto di ricerca Dottorando: Manfrin Chiara Ciclo: XXIII Tutore: Prof. Giorgio Valli Co-tutore: Prof. Alberto Pallavicini Titolo: Analisi delle variazioni ambientali attraverso metodologie di biomonitoraggio molecolare in invertebrati marini Mytilus galloprovincialis (Mitilo mediterraneo, Lamark, 1819) e la vongola Ruditapes philippinarum (Vongola filippina, Adams e Reeve, 1850) sono due specie di molluschi bivalvi molto importanti dal punto di vista economico che abitano le nostre coste. Entrambi evidenziano un elevata capacità di acclimatazione e di sopravvivenza e la loro produzione ha un potenziale di incremento molto elevato. Sono filtratori sessili bentonici che vivono solitamente in comunità numerose, aderenti a rocce o a substrati duri, e proprio la peculiarità del loro sistema filtrante li rende ottimi candidati anche in studi di biomonitoraggio ambientale. L impiego dei molluschi bivalvi nel monitoraggio della qualità degli ambienti costieri è stato avviato a partire dagli anni Settanta in numerosi Paesi Europei e negli Stati Uniti all interno di programmi chiamati Mussel Watch (Goldberg et al., 2000; Cajaraville et al., 2000; Beliaeff et al., 2002). Di fatto, in numerose iniziative concluse o in corso, i molluschi bivalvi costituiscono organismi sentinella di elezione nel controllo ecotossicologico. Esistono però dei fattori, come la variazione della concentrazione di nutrienti, i potenziali patogeni e i composti chimici, che possono interagire negativamente nella modulazione del ciclo dei bivalvi, soprattutto dallo stadio larvale a quello giovanile, che risulta essere molto sensibile. Benché vi siano studi che suggeriscono ipotesi causali tra inquinamento e danno indotto negli organismi (Vasseur e Cossu-Leguille, 2006), gli effetti biologici a breve e lungo termine non sono facilmente prevedibili. Di conseguenza, la stima del rischio ecologico e sanitario associato all esposizione risulta generalmente difficile. Da queste considerazioni emerge un crescente bisogno di sviluppare metodi che consentano l identificazione, la valutazione e la gestione dei rischi causati da specifiche tipologie di contaminanti ambientali. Una tale valutazione non può basarsi solo su analisi chimiche effettuate su campioni d acqua, d aria o di sedimento, poiché tale approccio non fornisce alcuna informazione diretta sui possibili effetti biologici. Per di più, il numero di composti chimici ad ampio volume di produzione e quello dei composti di nuova sintesi è così ampio da rendere inefficace il loro controllo mediante analisi chimica. Considerando i soli contaminanti chimici persistenti che raggiungono l ecosistema marino costiero, il loro numero eccede di gran lunga quello dei test disponibili per la loro eventuale individuazione. La possibilità d interazione e di sinergie tra xenobiotici rende oltretutto poco significativa una stima del rischio basata sulla quantificazione dei singoli componenti (Bresler et al., 2003; Cajaraville et al., 2000). Numerosi studi hanno utilizzato organismi acquatici come indicatori dello stato di salute degli ecosistemi e sono state sviluppate metodologie utili a valutare il grado di inquinamento e, possibilmente, ad identificare agenti tossici e genotossici presenti nell ambiente marino. Per sviluppare nuovi e più affidabili metodi di indagine la tossicologia è stata recentemente implementata con approcci di genomica integrata. Lo studio dei profili di espressione genica ha permesso di identificare e confermare meccanismi di azione di diverse sostanze tossiche riuscendo a discernere gli effetti dei composti chimici e identificando nuovi biomarcatori. La tecnologia dei microarray consente infatti l'osservazione contemporanea di migliaia di geni fornendo un valido strumento per lo studio delle risposte indotte in mitilo da fattori ambientali. Sfruttando questa metodologia è possibile analizzare il trascrittoma dei bivalvi in diverse fasi di crescita e di mitili esposti a condizioni nocive, inquinamento incluso. L'applicazione della tossicogenomica alla ecotossicologia potrebbe facilitare ed implementare il monitoraggio ambientale dei diversi livelli di contaminazione identificando i composti responsabili della tossicità delle acque ed aiutando nei compiti di protezione degli ecosistemi e della prevenzione della salute umana. Questo progetto di ricerca è volto a incrementare le conoscenze riguardanti i profili di espressione genica e le più significative modificazioni funzionali correlate alla presenza di fattori stressogeni di origine biotica ed abiotica in mitilo e vongola. Per raggiungere questi obiettivi sono state pianificate le seguenti azioni di ricerca integrata: 1) Produzione e sequenziamento di ESTs (Expressed Sequence Tag) provenienti da cdna sintetizzato partendo da tessuti di vongola sottoposta a diverse condizioni di stress (termico, inquinanti, Vibrio spp., ecc.).

7 2) Definizione e validazione preliminare di un DNA microarray di R. philippinarum e successiva creazione di un database, supportato da metodologie informatiche all'avanguardia (reti neurali, Modello Hidden-Markov, ecc.). In seguito tutte le ESTs non ridondanti saranno utilizzate per disegnare delle sonde molecolari. 3) Uso della validata piattaforma di cdna microarray di M. galloprovincialis (MytArray 2.0) per la creazione di profili di espressione genica da mitili provenienti da sistemi di allevamento tradizionali. Basandoci sulla letteratura disponibile e sui metodi di valutazione delle specie, saranno inoltre indagati i parametri di età/taglia e genere di questi bivalvi. 4) Applicazione di un approccio multiparametrico per la caratterizzazione delle condizioni di allevamento di M. galloprovincialis e R. philippinarum nel periodo di maggiore stress endogeno principamlemte rappresentato dal periodo riproduttivo. 5) Valutazione del grado di infezione batterica all'interno dei tessuti eduli e comparazione delle colonie batteriche riscontrate nei tessuti stessi con le comunità procariotiche presenti nel mezzo esterno. 6) Sviluppo di marcatori genetici (set di loci microsatelliti) in M. galloprovincialis. I loci microsatelliti relazionati alle ESTs saranno ricercati all'interno dello stesso database delle ESTs. Alcuni aspetti riconducibili alle risposte allo stress, come ad esempio l'attivazione di proteine da shock termico, sono molto generali e possono essere presenti in ciascuna cellula. Altri aspetti riguardano invece un numero limitato di geni codificati in presenza di specifici stressanti e segnali scatenanti, come ad esempio l'attivazione di proteine che impediscono la crescita dei cristalli di ghiaccio nel sangue. Studi ecologici, non ancora pubblicati, integrati da approcci genomici hanno permesso la stima dello stress fisiologico dei bivalvi in condizioni naturali. Il gene più comunemente analizzato come indicatore di stress è quello che codifica per la proteina Hsp70. L'analisi dell'espressione della heat schok protein è spesso utilizzata per avere un'indicazione del livello di stress fisiologico a cui è sottoposto l'organismo oggetto di studio, ma questo può solo in parte descrivere le interazioni ecologiche intercorse. La domanda a cui bisogna rispondere è se il profilo di espressione di un organismo sotto stress possa contenere tutte le informazioni necessarie per identificare la natura dello stressogeno a cui è sottoposto e se le analisi del trascrittoma possano condurci all'identificazione della causa dello stress. Questo diverso approccio allo studio dei profili di trascrizione può avere particolare rilievo in specifici contesti, come l'utilizzo della genomica per la valutazione della qualità ambientale. Attraverso ciò è ragionabile supporre una risposta positiva alle domande precedenti anche se sono assenti prove scientifiche a riguardo. Il principale obiettivo del progetto proposto è quello di ottenere una correlazione tra i fattori di stress ambientale (biotici ed abiotici), tra gli indicatori di stress fisiologico e le modulazioni trascrizionali delle specie di bivalvi presenti nelle nostre coste.

8 Allegato n. 3 Dottorato di Ricerca in Metodologie di Biomonitoraggio dell Alterazione Ambientale Presentazione Progetto di Ricerca Dottoranda: Michela Sesso Ciclo: XXIII Tutore: dott. Pierluigi Barbieri Titolo: Studi di rizo-fitodegradazione in suoli contaminati da idrocarburi Per avere un idea di quanto sia grave nella sua globalità il problema della contaminazione dei suoli, si pensi che dalle più recenti stime condotte dall Agenzia per la Protezione dell Ambiente e per i servizi Tecnologici (APAT) risulta che in Italia l estensione delle aree inquinate che richiedono prioritariamente di essere bonificate è pari a ettari, equivalenti al 2,2% della superficie nazionale Se guardiamo poi alla nostra Regione, il D.M. 468/2001 (Programma Nazionale di Ripristino Ambientale dei Siti Contaminati) ha individuato nella Regione Friuli Venezia-Giulia due Siti inquinati di Interesse Nazionale: - Trieste, il quale presenta un estensione complessiva di ettari, di cui 500 situati a terra e sede di circa 350 aziende, per la maggior parte artigiani e piccole industrie. - Laguna di Grado e Marano avente un area di ettari di cui 5000 in terraferma e 7000 in ambito lagunare. In questo contesto le aree contaminate da idrocarburi rappresentano una realtà non trascurabile, associata in genere alla presenza di depositi di stoccaggio di combustibili fossili e industrie petrolchimiche. L opportunità di utilizzare, su matrici inquinate, metodi di bonifica alternativi a quelli tradizionali (rimozione e trasporto in discarica o tombamento) è caldeggiata anche dal D.M. 471/99, art. 5 comma 4 dice: Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale di un sito inquinato devono privilegiare il ricorso a tecniche che favoriscano la riduzione della movimentazione, il trattamento nel sito ed il riutilizzo del suolo, del sottosuolo e dei materiali di riporto sottoposti a bonifica. A livello nazionale, è recente l adozione del Testo Unico Ambientale (D. Lgs. 152/2006), che ha sancito l obbligo del responsabile alla bonifica dei siti contaminati. È in questo contesto che si inserisce la volontà di mettere a punto metodi diversificati di indagine (biologici, chimici, tossicologici) per il risanamento dei suoli contaminati, cercando di integrare il mero approccio agronomico, con lo studio della tolleranza ed efficienza fitoestrattiva/degradativa delle specie vegetali, con particolare riferimento al contributo che la pianta dà alla degradazione dei contaminanti organici nella rizosfera. Il termine attenuazione naturale, come usato dall U.S. Environmental Protection Agency (EPA), si riferisce alle potenzialità che hanno i processi naturali (biotici ed abiotici) di consentire il raggiungimento degli obiettivi di bonifica. Spesso si parla di attenuazione naturale controllata che è stata definita (EPA, 1999) come l insieme dei processi di attenuazione naturale per raggiungere gli obiettivi di risanamento sito specifici in un tempo che sia ragionevolmente comparabile a quello offerto da altre tecnologie di risanamento attive. I processi di attenuazione naturale che funzionano come approccio di risanamento, includono una varietà di processi fisici, chimici, o biologici che, sotto condizioni favorevoli, agiscono senza l intervento antropico per ridurre la massa, la tossicità, la mobilità, il volume o le concentrazioni nei suoli e nelle acque sotterranee. Questi processi in situ includono la biodegradazione, la dispersione, la diluizione, l adsorbimento, la volatilizzazione, la stabilizzazione chimica o biologica, la trasformazione o la distruzione dei contaminanti. In questo studio le aree interessate sono le seguenti: 1. Sito inquinato ex-opp: area pesantemente contaminata in relazione alla miscela di contaminanti rilevati, di proprietà della Provincia di Trieste. È situata all interno del comprensorio dell ex ospedale psichiatrico di Trieste, attualmente recintata e interdetta all accesso in base al D.Lgs. n. 152/2006. La contaminazione rilevata in quest area è stata causata dallo scarico di ceneri derivanti dalle centrali termiche presenti nel comprensorio e dall incenerimento di rifiuti di vario genere. Lo scarico degli inquinanti si è protratto per un periodo di tempo molto lungo, presumibilmente dagli inizi del 900 fino agli anni Gli inquinanti a concentrazione superiore ai limiti di legge (ai sensi della Tabella A, D.M. 471/99) presenti nel sito sono: Metalli pesanti (Berillio, Cobalto, Cromo esavalente, Nichel, Piombo, Rame, Stagno, Vanadio, Zinco); Idrocarburi policiclici aromatici (IPA); Idrocarburi pesanti (numero di atomi di C maggiore di 12); Policlorobifenili (PCB); Pesticidi. 2. Aree industriali contaminate, prevalentemente da idrocarburi, presenti nel territorio della provincia di Trieste, già sede di attività industriali e stoccaggio di oli.

9 Obiettivo della ricerca è lo studio della tolleranza e dell efficienza di Vetiveria zizanioides di degradare idrocarburi di suoli contaminati da petrolio e dai suoi derivati. Vetiveria zizanioides è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Graminaceae, originaria dell India settentrionale, dove è diffusa spontaneamente nelle pianure della fascia tropicale e subtropicale. È dotata di estrema adattabilità: il ridotto numero di stomi e lo sviluppo in profondità delle radici le permettono di resistere tanto alla siccità quanto all immersione in acqua. Gli abbassamenti termici invernali devitalizzano la parte aerea che rivegeta in primavera, emettendo nuovi germogli. Il vetiver ha aspetto cespitoso, determinato da un germoglio principale e da numerosi germogli laterali. Ha portamento eretto ed è molto resistente all allettamento, tanto da raggiungere i 2-3 metri di altezza (ricordiamo che è una pianta erbacea). La pianta accresce sia per accestimento, sia tramite emissione di brevi rizomi ricurvi, dai quali si originano i germogli. Il cespo, se interrato, è in grado di emettere radici avventizie dai nodi superiori, formando una nuova corona di foglie più superficiale. La peculiarità di questa specie è l apparato radicale, costituito da una grande massa di radici fibrose e resistenti, che si accrescono verticalmente fino a profondità elevate - anche 5 m - senza svilupparsi lateralmente, così da non creare competizione con la vegetazione circostante. La varietà coltivata è sterile e questo impedisce che si diffonda nell ambiente, prevenendo così la contaminazione della flora locale da parte di una specie esotica. Durante il primo anno di Dottorato il lavoro prevede attività sperimentali sia in serra che in campo. Le attività programmate sono le seguenti: integrazione della ricerca bibliografica per Vetivaria zizanioides L.; allestimento delle colture in serra con posa delle piante in vasi di plexiglass, costruiti per lo scopo, di altezza di circa 1.5 m, realizzati per la valutazione dello sviluppo radicale ed il monitoraggio dei processi di estrazione/degradazione degli idrocarburi a diverse profondità. Le piante verranno studiate in condizioni sperimentali diverse, quali: a) utilizzo di terreno commerciale artificialmente contaminato e di controllo; b) esposizione e crescita della specie in suoli prelevati in siti storicamente contaminati da petroli, come quelli in area industriale triestina; c) esposizione e crescita della specie in suoli prelevati in siti in cui è presente una contaminazione di più composti organici (idrocarburi, IPA, PCB), come quelli nelle area confinate del Comprensorio dell ex-opp di S. Giovanni (TS); d) utilizzo di soluzioni di biosurfattanti in grado di mobilizzare gli inquinanti e renderli così maggiormente biodisponibili alle piante (citrato, Brij, EDTA, Triton-X, ecc.). allestimento della coltura in campo presso il comprensorio dell ex-opp, in cui è già presente altra sperimentazione; valutazione del grado d inibizione della crescita vegetale (test di fitotossicità); analisi della composizione degli idrocarburi totali ed utilizzo di marcatori chimici descrittori dello stato di avanzamento del processo di degradazione degli idrocarburi nel suolo. BIBLIOGRAFIA R. G. Grimshaw, S.B. Mickovski1, L. Helfer Vetiveria Grass for Soil and Water Conservation, Land Rehabilitation, and Embankment Stabilization, The world bank, Washington. D.P.H van Beek & F. Salin Uprooting of vetiver uprooting resistance of vetiver grass (Vetiveria zizanioides), Plant and Soil, 278:33 41 H.P. Xia Ecological rehabilitation and phytoremediation with four grasses in oil shale mined land. Chemosphere 54: R Brandt, N Merkl, R Schultze-Kraft, C Infante, G. Broll Potential of vetiver (vetiveria zizanioides (L.) Nash) for phytoremediation of petroleum hydrocarbon-contaminated soils in Venezuela. International Journal of Phytoremediation 8(4): J. C. Greenfield Vetiver Grass a Essential Grass for the Conservation of Planet Earth, Infinity, U.S.A. P.J.J. Alvarez, W.A.Illman Bioremediation and Natural Attenuation, Wiley & Sons, New Jersey -U.S.A.

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