Lumen fidei. La luce calda di cui gli uomini hanno bisogno Giacomo Canobbio La famiglia nella 47 a Settimana sociale di Torino Stefano Zamagni

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2 SOMMARIO Editoriale 2 Primo Piano 6 11 Guerra e pace Piergiorgio Grassi Lumen fidei. La luce calda di cui gli uomini hanno bisogno Giacomo Canobbio La famiglia nella 47 a Settimana sociale di Torino Stefano Zamagni Dossier Eventi e Idee Il Libro e i Libri Profilo 103 Democrazia, partecipazione e comunicazione politica a cura di Piermarco Aroldi Web 2.0 e democrazia: un rapporto problematico Fausto Colombo Democrazia, cultura e senso comune: alle radici della crisi attuale Roberto Gatti Le potenzialità democratiche delle nuove forme comunicative Maria Francesca Murru La democrazia deliberativa: teorie e pratiche Francesco Fratto Rischi e potenzialità della web democracy Michele Sorice La comunicazione politica, tra vecchi e nuovi media intervista a Giorgio Simonelli e Giovanni Boccia Artieri «È tempo di andare». Francesco ai giovani della Gmg Elena Poser A scuola di politica, per costruire il futuro Francesco Occhetta Per un lavoro a dimensione umana Ernesto Diaco Ivan Illich. Tra storia e profezia Claudio Cianfaglioni Il fattore R alla prova della globalizzazione Ada Prisco Giuseppe Puglisi. Un martire che ha incarnato il Concilio Giuseppe Dalla Torre 1

3 DOSSIER Nell agone del confronto politico-elettorale si sono scontrati anche vecchi e nuovi mezzi di comunicazione. Chi ha vinto la sfida tra televisione e social media? Come hanno usato i diversi media i partiti e i leader protagonisti delle recenti vicende politiche nazionali? La difficile ricetta dell integrazione tra online e offline. La comunicazione politica tra vecchi e nuovi media 66 La campagna elettorale precedente le elezioni di febbraio 2013 e la stagione politica immediatamente successiva hanno evidenziato una volta di più lo stretto legame tra democrazia, partecipazione e comunicazione politica. Secondo molti osservatori i mezzi di comunicazione sono sempre più importanti nel dare forma alla vita politica nazionale; anche l interpretazione del voto, all indomani delle elezioni, ha spesso attribuito un peso decisivo al modo in cui i diversi partiti e candidati hanno fatto uso dei vari media, dalla stampa alla televisione, a Internet. Chi per professione studia il sistema mediale italiano, come Giorgio Simonelli, più attento al mondo della televisione, e Giovanni Boccia Artieri, più vicino a Internet e ai cosiddetti social media, si trova spesso a ragionare sul Giorgio Simonelli è docente di Giornalismo radiofonico e televisivo e Storia della radio e della televisione presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell Università Cattolica; dirige il Master in Comunicazione e promozione del cinema; è opinionista-consulente di Rai educational (particolarmente nota è la sua partecipazione al programma Tv Talk su Rai Tre). La sua ultima pubblicazione è Cari amici vicini e lontani. L avventurosa storia della radio edito da Bruno Mondadori. Intervista a Giorgio Simonelli e Giovanni Boccia Artieri rapporto tra politica, informazione e opinione pubblica; la prima domanda riguarda, allora, il ruolo dei media nella scorsa campagna elettorale e il loro peso sull esito del voto. Simonelli. Sarei molto prudente nell attribuire alla comunicazione politica un influenza diretta sull esito delle elezioni perché la formazione dell opinione pubblica e quindi anche l orientamento al voto avviene attraverso mille altre forme di condizionamento. Per esempio, una delle interpretazioni più diffuse di quanto

4 avvenuto in campagna elettorale attribuisce all impegno diretto in televisione di Berlusconi la sorprendente rimonta del centrodestra; mi sembra una lettura troppo riduttiva. Certo, la Tv ha fatto la sua parte, e non bisogna dimenticare che si tratta del mezzo più consono alla comunicativa berlusconiana e più funzionale a raggiungere il suo elettorato. Però non bisogna trascurare anche altri fattori, più strettamente politici, quali il flop dell area centrista (nonostante la sua presenza in Tv) e, soprattutto, il successo clamoroso del Movimento 5 Stelle: se solo il dieci per cento dei voti del Movimento di Grillo fosse andato al centrosinistra, la rimonta di Berlusconi non sarebbe stata sufficiente, nonostante la sua abbondante presenza in Tv. Boccia Artieri. Il rapporto fra potere e comunicazione è molto stretto in Italia; però è difficile comprenderlo se non si tiene conto del fatto che, storicamente, la comunicazione politica è diventata centrale con l ingresso in politica di Berlusconi a partire dalle elezioni del 1994; questo fenomeno ha generato due conseguenze opposte: da una parte, la supervalutazione della efficacia elettorale della comunicazione politica in televisione, dall altra il pregiudizio negativo nei confronti della comunicazione politica in sé da parte del centrosinistra. Il ragionamento implicito in quest ultima area politica è stato più o meno questo: se essere efficaci dal punto di vista comunicativo vuol dire saper imbellettare e vendere un prodotto, allora è ovvio che si tratta di un terreno non praticabile per i partiti di sinistra; se la semantica della comunicazione viene svuotata, la comunicazione in sé viene vista come un male. GIORGIO SIMONELLI - GIOVANNI BOCCIA ARTIERI 67 Al di là della reale efficacia dal punto di vista del risultato, è possibile individuare diverse strategie di utilizzo dei vari media, a partire dalla televisione, da parte dei principali partiti durante la campagna elettorale? E c è qualche affinità tra le diverse culture politiche e la scelta di privilegiare un medium piuttosto che un altro? Simonelli. Partirei da un dato di fatto: nonostante il discredito personale di Berlusconi, c è comunque un terzo o un quarto di elettori italiani che continuano a ritenerlo l uomo che può salvare l Italia, qualunque cosa faccia. Non Giovanni Boccia Artieri è docente di Sociologia dei new media e Internet studies e Comunicazione pubblicitaria e Linguaggi mediali presso la Facoltà di Sociologia dell Università degli Studi di Urbino «Carlo Bo». Ha pubblicato, tra l altro: Stati di connessione. Pubblici, cittadini e consumatori nella (Social) Network Society, Franco Angeli, Milano 2012; I media-mondo. Forme e linguaggi dell esperienza contemporanea, Meltemi, Roma 2004.

5 DOSSIER LA COMUNICAZIONE POLITICA TRA VECCHI E NUOVI MEDIA 68 dimentichiamoci che la sua avventura politica è cominciata con uno slogan che prometteva un milione di posti di lavoro. Che tipo di cultura politica c è dietro a questo dato? C è un idea provvidenzialistica, un culto della personalità e una cultura dell immagine; certamente c è anche una componente populista. Sono tutti tratti che si identificano con la televisione, con l abbaglio retorico dei suoi lustrini. Quando Berlusconi afferma che la maggioranza dei giornali è contro di lui dice la verità: questa sua immagine provvidenziale non ha mai attecchito molto sulla stampa, a parte quella di cui è direttamente o indirettamente proprietario. La cultura giornalistica italiana, per quanti cedimenti abbia avuto, è sempre stata tendenzialmente scettica nei confronti di questa retorica, anche perché la parola scritta sostiene a fatica questo tipo di costruzione, che è tipicamente televisiva. Basti pensare all episodio che lo ha visto protagonista a Servizio Pubblico, il talk-show condotto da Santoro, quando ha pulito la sedia su cui era stato seduto Marco Travaglio, prima di sedersi a sua volta. Raccontata a parole su un giornale, la gag perderebbe tutto il pathos e la forza simbolica che ha avuto per la mezza Italia che vi ha assistito in televisione; la retorica e l iconografia televisiva, invece, attraverso gesti come questi, alimentano il culto della personalità e dell immagine che costituisce la forza elettorale di Berlusconi. Certamente, dunque, Berlusconi ha usato la Tv meglio dei suoi avversari. Ma, più ancora, credo abbia pesato la scarsa capacità di usare la Tv da parte del Pd; paradossalmente non si è trattato della vecchia diffidenza del centrosinistra nei confronti del mezzo televisivo, ma dell innamoramento per quel personaggio televisivo che, a un certo punto, è diventato il Bersani imitato da Crozza. Può sembrare una interpretazione un po azzardata, ma credo che il segretario del Pd abbia visto che quella caricatura era simpatica agli italiani, una felice macchietta dalle «scarpe grosse e cervello fino», un uomo un po démodé, con le virtù oltre che coi vizi del passato, una certa bonarietà, una certa semplicità che però nascondeva la sua cultura, la sua intelligenza, il suo buon senso, la sua moderazione. È come se Bersani si fosse innamorato di questo personaggio, molto televisivo, e avesse pensato di vincere le elezioni accentuando l immagine di uomo concreto, coi piedi per terra, con radici paesane, che non perde tempo: basti pensare all evocazione del distributore di benzina di Bettola come luogo simbolico delle sue origini popolari e al gioco linguistico delle metafore come «smacchiare il giaguaro».

6 Boccia Artieri. Storicamente, gli strumenti di comunicazione privilegiati dal centrosinistra sono stati i quotidiani e l editoria libraria; oggi, a fronte del grande peso della televisione e di Internet, la tentazione è dire: «Se Grillo è Internet e Berlusconi è la Tv, noi dobbiamo essere qualche cosa d altro» per puntare soprattutto sulla comunicazione diretta, fuori dal circuito dei media. Probabilmente pesa molto il tipo di leader, e quindi anche le sue predisposizioni personali: Berlusconi, per esempio, è un personaggio televisivo, si è sempre ritenuto inadatto a comunicare su un social network come Facebook, dove pure il Pdl e i suoi supporter hanno più di una pagina. Inoltre sono importanti il modello di partito e la sua tradizione ideologica: il Pd è molto strutturato e radicato sul territorio, nelle sezioni, ed è lì che ha voluto promuovere la sua comunicazione. Il Pdl, invece, è un partito leggero, non ha organizzazioni locali strutturate, non ha molti funzionari, molto spesso si è collegato a liste civiche: un partito che ha poche strutture fisiche e si identifica in un brand proprietario tende facilmente a privilegiare la comunicazione mediata, soprattutto a carattere televisivo. GIORGIO SIMONELLI - GIOVANNI BOCCIA ARTIERI 69 In particolare, molti osservatori hanno evidenziato, nella recente campagna elettorale, la novità rappresentata da Internet e dai social media (Facebook, Twitter e i blog, soprattutto) che si sono affiancati ai più tradizionali mezzi di comunicazione e propaganda come la stampa e la televisione. La principale chiave di lettura con cui è stata raccontata questa novità ha visto la contrapposizione tra media tradizionali, cui avrebbero fatto ricorso i partiti storicamente più consolidati e che si rivolgono a un elettorato più maturo (almeno dal punto di vista dell età), e social media, più innovativi, che sarebbero stati utilizzati dalle organizzazioni politiche più giovani. È davvero così? Simonelli. Credo che all origine di questa lettura ci sia un mito, quello dell elezione di Obama, la cui protagonista sarebbe stata la Rete. Però applicare i miti americani in Italia genera, necessariamente, dinamiche diverse. L unico fenomeno interessante da questo punto di vista, secondo me, è rappresentato da Grillo, che ovviamente non ha, però, la stessa statura di Obama; ne è uscita una versione un po dilettantesca rispetto all uso scientifico che è stato fatto di Internet nella campagna presidenziale statunitense. È emersa così, in Italia, una strana cultura politica della Rete, un po comica, molto aggressiva, con una retorica paradossalmente quasi inconciliabile con la Rete stessa. Ma non si può scordare

7 DOSSIER LA COMUNICAZIONE POLITICA TRA VECCHI E NUOVI MEDIA 70 che la comunicazione online di Grillo ha avuto una grande ricaduta televisiva. Dal momento in cui ha rifiutato di andare in televisione, la formula è stata: «Non è Grillo che va in Tv, è la Tv che va da Grillo», e la Tv ha dovuto rappresentarlo in qualche modo. Qui entrano in gioco due fattori: il primo è che la Tv è un mezzo per sua natura oggettivo; non si tratta della famosa oggettività dell informazione di cui tutti parlano, ma del fatto che la Tv non può che mostrare gli oggetti del suo discorso. Le piazze piene di gente che è andata a sentire Grillo hanno suscitato curiosità e simpatia. I giornalisti, che da vent anni raccontavano la politica nello stesso modo, si sono trovati di fronte a un fenomeno oggettivamente nuovo, interessante da raccontare. Il secondo fattore è che lo stile comunicativo di Grillo resta, nonostante tutto, molto televisivo, imprigionato com è in alcune figure retoriche. Una è l iperbole («Siete assediati», «Vi cacciamo tutti»), l altra è l asseverazione: Grillo non dimostra mai le cose che dice. Queste figure retoriche, però, non sono funzionali alla partecipazione ai talk show perché, con tutti i loro limiti, i salotti televisivi sono luoghi in cui è necessario confrontare le affermazioni e argomentare le proprie posizioni. Boccia Artieri. In realtà, quasi tutti i partiti hanno usato sia la Tv sia Internet, ma le hanno integrate in modo differente, coerentemente con la propria cultura politica. Per semplificare, possiamo dire che il centrodestra ha usato la Rete come megafono per amplificare la presenza televisiva di Berlusconi, mentre Grillo ha fatto esattamente il contrario, usando la Tv seppure indirettamente, dato che non ha mai partecipato ad alcuna trasmissione televisiva per amplificare mediaticamente la sua comunicazione, focalizzata online e nelle piazze. Più dettagliatamente, il PdL ha fatto anche in Internet un tipo di comunicazione «berlusconicentrica», in forte sinergia con la televisione; grazie a un gruppo di volontari organizzati e coordinati dall alto, ha perseguito una strategia basata sui social network (in particolare su Facebook, dove era stata aperta una pagina ufficiale, e su Twitter, dove sono stati sfruttati canali non ufficiali) in cui non si faceva altro che tenere il ritmo delle apparizioni televisive di Berlusconi e rilanciare le parole d ordine dettate dal leader negli eventi di piazza. Internet è servita, così, a riprodurre la sua voce all interno dei social network, per esempio attraverso lo sharing o il retwitting di messaggi lanciati da ex ministri del centrodestra che, a loro volta, non facevano altro che riprendere la voce di Berlusconi. Il sito Internet dedicato agli aderenti al PdL è rimasto, invece, chiuso nei confronti dell esterno, ed è stato usato solo marginalmente

8 per sviluppare discussioni interne: il modello, insomma, è rimasto quello classico della comunicazione politica di stampo informativo, che utilizza, appunto, la Rete come semplice megafono. Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, e in particolare Grillo, la strategia comunicativa ha giocato sul rifiuto della Tv, se non come megafono del proprio blog e degli show in piazza. Al centro di questa strategia c è stato il blog di Grillo, che secondo il non-statuto del Movimento ne costituisce anche la sede. Il blog riassume in sé l intera Rete, ridotta a ciò che avviene sul blog, comprese le votazioni. Gli account Twitter del M5S, in prima istanza, non hanno fatto altro che condividere l ultimo post di Grillo, pubblicato contemporaneamente anche all interno delle pagine Facebook e dei vari siti riconducibili a esponenti del M5S, così da riportare tutto dentro al blog. Così l unico spazio di sviluppo democratico è stato la Rete, la Rete si è ridotta al blog di Grillo che, però, non ha uno stile conversazionale: Grillo infatti, come è noto, non risponde praticamente mai a nessuno, non ha mai retwittato nessuno, non condivide i contenuti di nessuno. La conversazione si è sviluppata a partire dai commenti al suo blog, che sono sempre stati una forma di partecipazione interna al Movimento, priva di interesse al suo esterno fino a quando durante la campagna elettorale e subito dopo televisione e quotidiani hanno cominciato ad attingere ad essi nel tentativo di raccontare il dissenso degli attivisti rispetto alla linea del fondatore. Durante la campagna elettorale, invece, i Tg hanno ripreso e rilanciato i suoi comizi, hanno inseguito le sue vecchie dichiarazioni, mentre i talk-show hanno imbastito delle pseudo-interviste, facendolo parlare sulla base dei suoi discorsi online, e così via. Il risultato è che, in termini di minutaggio di presenza televisiva, Grillo ha battuto i suoi avversari proprio in quanto grande assente. Un discorso ancora diverso merita la strategia del centrosinistra; soprattutto durante le primarie, a fronte di leadership riconoscibili che potevano differenziarsi anche attraverso i social network, abbiamo assistito all attivazione di campagne che cercavano di sviluppare una partecipazione dal basso, di tipo classico ma comunque partecipativo, seppure con pochissimi spazi di discussione. Si è trattato soprattutto di rendere disponibili contenuti informativi per sostenere il proprio leader; si potevano scaricare materiali da riprodurre e distribuire, istruzioni su come organizzare gli incontri per raccontare, ad esempio, il programma di Renzi o di Bersani: un po lo stile della prima campagna di GIORGIO SIMONELLI - GIOVANNI BOCCIA ARTIERI 71

9 DOSSIER LA COMUNICAZIONE POLITICA TRA VECCHI E NUOVI MEDIA 72 Obama, anche se molto più in piccolo. Anche in questo caso, però, i leader sono rimasti estranei ai processi di conversazione con la base; il fine è stato quello di far sentire la propria voce dicendo cose, quasi mai rispondendo a domande fatte. Sia Renzi che Bersani e Vendola non hanno dato risposte alle domande puntuali poste loro attraverso la Rete. Hanno, piuttosto, usato Internet per far parlare di sé negli altri media. In questo momento l impressione è che ci siano alcuni influencer, soprattutto giornalisti, che usano la Rete come fonte. Fa notizia il fatto che Renzi faccia le sue affermazioni con un tweet, e se poi, magari, dice le stesse cose in conferenza stampa non importa: così è ancora più notiziabile. Tra i social media arruolati dal discorso politico, Twitter è l ultimo arrivato ma, per molti aspetti, sembra l ambiente digitale più interessante da questo punto di vista. Boccia Artieri. Bisogna ricordare innanzitutto che Twitter, in quanto social network, ha in Italia un numero di utenti abbastanza ridotto, anche se caratterizzato da un tasso partecipativo, per quanto riguarda la politica, più alto rispetto a Facebook. Le ricerche condotte durante la campagna elettorale, inoltre, evidenziano uno stretto rapporto tra gli eventi mediali a carattere politico e l andamento del numero dei tweet; per intenderci, il momento di massimo picco di Twitter ha coinciso con l apparizione di Berlusconi da Santoro. L agenda di Twitter è stata, di fatto, dettata da quella dell informazione televisiva secondo la formula della cosiddetta social television, cioè la pratica di commentare in Rete, soprattutto sui social network, i contenuti proposti dalla Tv, in questo caso di genere politico. Difficile immaginare, a queste condizioni, che Twitter possa realmente spostare voti tra gli schieramenti politici. Nella dialettica tra vecchi e nuovi media gioca un ruolo importante il grado di alfabetizzazione digitale del pubblico, cioè la maggiore o minore familiarità con le nuove tecnologie e con le forme socioculturali tipiche della Rete in grado di abilitare sia la partecipazione sia la formazione dell opinione pubblica, come nel caso dei social network. Come è noto, i più giovani godono di una alfabetizzazione digitale più ampia e diffusa, se non più profonda, dei più maturi; quale ricaduta ha questa nuova questione generazionale sulla vita politica? Andiamo verso una bipolarizzazione dell elettorato:

10 uno più anziano, che usa gli strumenti comunicativi più tradizionali, e uno più giovane, che si affida a Internet? Simonelli. L elemento generazionale e l età media dell elettorato italiano contano moltissimo in queste dinamiche. Il nostro è un paese di vecchi; si tratta di una considerazione di tipo demografico che ha delle conseguenze rilevanti in ambito comunicativo: la stampa riguarda chi ha più di quarant anni, forse ormai quarantacinque. Quello dei giornali è un consumo ormai prettamente generazionale e abitudinario: ci sono molte persone che leggono i quotidiani non perché sono una fonte d informazione più attendibile ma perché la lettura del giornale è un rituale e un abitudine. E c è più di una generazione che sa che esistono i giornali, ma non li legge. Questo dato di fatto riguarda anche la Tv: anche se il suo consumo è molto più trasversale dal punto di vista socio-culturale, e se sopravvive ancora un pubblico televisivo giovanile e adolescenziale, o quello della mitica fascia anni, la televisione è sicuramente un mezzo che guarda a un pubblico sempre più anziano, anche se molto numeroso. C è ancora molta gente che parla di Tv, che si occupa di Tv, che discute di Tv, in continuità con una tradizione che ha visto questo mezzo al centro del sistema mediale e informativo del nostro paese. Insomma, i media tradizionali si rivolgono a un pubblico maturo, o addirittura anziano. Poi ci sono i frequentatori della Rete, soprattutto quelli più giovani, che sono convinti che la stampa e la Tv non esistano più, e si rivelano spesso intolleranti nei confronti dei media tradizionali, anche se i grandi partiti, nel centrodestra come nel centrosinistra, continuano a usarli per la loro comunicazione politica; da questo punto di vista, mi sembra che ci siano due Italie, divise demograficamente prima di tutto in base all età. Ma forse si tratta anche di una divisione di carattere culturale, non nel senso che chi usa la Rete sia necessariamente più colto nel senso tradizionale del termine di chi non la usa: a giudicare dalle forme grammaticali e lessicali di chi scrive in Rete, infatti, non si può certo dire che siano necessariamente persone più colte. Ma evidentemente online c è un diverso modello di rapporto con la conoscenza e un diverso modo di affrontare la scrittura come espressione della propria opinione. GIORGIO SIMONELLI - GIOVANNI BOCCIA ARTIERI 73 Boccia Artieri. I dati di ricerca dicono sicuramente che l elettorato più giovane si informa e quando lo fa produce contenuti di tipo politico soprattutto attraverso la Rete, mentre l eletto-

11 DOSSIER LA COMUNICAZIONE POLITICA TRA VECCHI E NUOVI MEDIA 74 rato più anziano è ancora molto legato al mezzo televisivo, con l eccezione di alcune aree di attivismo politico. Per essere più precisi, probabilmente siamo di fronte non a due ma almeno a tre diverse generazioni di pubblico e di elettori: mi sembra ci sia una fascia più anziana, che si affida alla Tv e a tutti i meccanismi più consolidati e tradizionali di mediazione e formazione dell opinione pubblica, dal talk-show all opinion leader locale, e che si informa, orienta o precisa le proprie scelte di voto anche grazie a una trasmissione televisiva; poi c è una generazione di mezzo, fatta di adulti e giovani adulti che alimentano la social television, e che affida a questa pratica una parte rilevante della propria istanza partecipativa, soprattutto nel caso di persone già orientate politicamente. Infine ci sono i più giovani, che si rivolgono direttamente alla Rete e ai social network, e che sono raggiunti dai contenuti a carattere politico al di fuori di qualsiasi frame informativo: per esempio, sotto forma di commento sulla propria pagina di Facebook, o come rilancio di un tweet. In questo caso le dinamiche comunicative e partecipative sono molto diverse da quelle dei media tradizionali: i contenuti politici sono distribuiti da una coda lunga di attivisti, simpatizzanti, persone a cui piace quel tipo di slogan, contatti in comune o amici di amici che trovano divertente un commento o una esternazione di qualche personaggio pubblico, e che li condividono con il proprio network, magari aggiungendo qualcosa di personale. Questa messa in circolazione di contenuti politici non implica necessariamente aderire ad essi in modo consapevole e ragionato, in quanto tra le fasce più giovani le persone spesso condividono i contenuti che ricevono dai loro amici come forma di moneta relazionale, a volte senza nemmeno conoscerne il significato. Anche in questo caso si attivano, comunque, delle sinergie tra vecchi e nuovi media, tra Tv e Internet; per spiegarmi meglio vorrei fare un paragone. È come se da una parte ci fosse il pubblico di un programma televisivo come Zelig, che guarda ogni puntata dall inizio alla fine, compresi i siparietti dei presentatori oltre agli sketch veri e propri, e dall altra quelli che conoscono bene tutti i comici che partecipano al programma, sanno quale scegliere in base alle proprie preferenze ma li seguono solo cercando su YouTube le pillole segnalate dagli amici. Non è più Zelig, è un altra cosa, anche se i contenuti sono più o meno gli stessi, ma molto più frammentati: al limite dell incoerenza informativa o della produzione di un discorso politico privo di memoria e di narrazione.

12 A proposito di Zelig: diversi osservatori hanno sottolineato come tanta parte della campagna elettorale si sia giocata sul registro della comicità; Simonelli ha ricordato la gag di Berlusconi da Santoro; Grillo ha un lungo trascorso da comico cui attinge continuamente; Crozza ha probabilmente contribuito, con le sue imitazioni, a delegittimare candidati minori, come Ingroia, o a connotarne altri, come Bersani. Anche sotto questo punto di vista abbiamo assistito a una specie di cortocircuito tra Tv e Internet? Simonelli. Certamente. Lo stile della comunicazione politica di Grillo si iscrive nel registro comico, una componente del discorso televisivo che il cabarettista genovese ha sfruttato altre volte in maniera anche nobile, come una forma di aggressione che viene dalla commedia dell arte; in questa tradizione l aggressore comico ha una sua legittimazione, come forma di resistenza all ingiustizia. L accettazione di questo registro televisivo ha trovato la sua amplificazione in Rete, dove mi sembra che predomini il tono brillante di chi commenta o interviene nel dibattito attraverso una battuta. D altra parte vorrei tornare sul fatto che la campagna elettorale è stata portata su questo piano proprio da Berlusconi: il gesto fondamentale della sua campagna televisiva, la gag con la sedia di Travaglio, è anch esso un lazzo da commedia dell arte, una forma bassa di comicità, come se dicesse: «Questa sedia è sporca, puzza». Per molti aspetti è stata una campagna elettorale bruttissima, una grande carnevalata, e tutti convinti di essere la maschera migliore; ma quello che ha colpito maggiormente è stata la sensazione che, chiunque avesse vinto, non sarebbe stato in grado di risolvere i problemi veri del paese. È mancato un progetto e la speranza di poterlo realizzare. Il Carnevale è stato questo: un allontanamento dalla realtà, la finzione che i problemi non esistano. L ultima risata prima della Quaresima. GIORGIO SIMONELLI - GIOVANNI BOCCIA ARTIERI 75 Boccia Artieri. Anch io ho trovato interessante il cortocircuito che si è innescato quando Bersani ha cominciato a imitare Crozza che imitava Bersani, accentuando il suo ricorso naturale alle metafore iperboliche; la satira televisiva su un personaggio politico può comportare anche notorietà, ma bisogna capire come sfruttare questa situazione senza rimanerne prigionieri. In Rete, invece, la chiave ironica fa parte dei meccanismi partecipativi, come nel caso della campagna per Pisapia a Milano in cui sono confluiti il gusto di partecipare a un gioco collettivo pubblico, l impegno degli attivisti, il passaparola tra amici. O come nel caso della recente campagna per l elezione del sindaco di Roma, dove sembra si sia voluto evitare qualunque discorso sui programmi; in questo caso il cor-

13 DOSSIER LA COMUNICAZIONE POLITICA TRA VECCHI E NUOVI MEDIA 76 tocircuito è stato tra Internet e la forma più tradizionale di comunicazione politica, quella dei manifesti elettorali, tutti sintonizzati su un tono leggero, canzonatorio o emotivo. Soprattutto dopo le elezioni, intorno a Internet si sono intrecciate due diverse retoriche: la prima ha attribuito alla Rete il successo del Movimento 5 Stelle, la seconda ha alternato l elogio di Internet come strumento di partecipazione politica diretta, intrinsecamente democratica, alla sua critica in quanto strumento opaco, facilmente controllabile e manipolabile da una élite tecnocratica. È possibile valutare, per così dire, il potenziale democratico di Internet e social media? Simonelli. È vero, si è passati da un clima di beatificazione politica della Rete alla sua demonizzazione. Ovviamente Internet ha una fortissima componente democratica e partecipativa, e offre delle opportunità straordinarie; per esempio, consente di aggirare i classici «colli di bottiglia» dell informazione e permette potenzialmente a chiunque abbia qualcosa da dire, e voglia far conoscere il suo pensiero, di accedere a un pubblico molto vasto. Nello stesso tempo, in democrazia la protezione dell anonimato può tramutarsi in un rischio clamoroso, realmente pericoloso. Credo che l equivoco stia nell illusione che la Rete sia per definizione libera e democratica perché universalmente accessibile; poiché tutti la possono usare, si dà per scontato che tutti la usino, ma ovviamente non è così. Se uno non va a votare, chi vota lo fa anche per lui; in modo analogo chi partecipa attraverso Internet decide anche per chi non partecipa, e questa mi sembra una variabile di cui bisogna tenere conto per valutare, per esempio, la partecipazione politica online alimentata dal movimento di Grillo. Paradossalmente, lì mi sembra emergere una cultura politica segnata da un certo manicheismo, un certo autoritarismo, mentre la partecipazione online dovrebbe essere caratterizzata, all opposto, da nuove forme di mediazione, anche un po fredda e asettica, dei rapporti di potere. In Italia, invece, i personaggi politici che emergono dalla Rete sembrano i protagonisti di una commedia all italiana, talvolta incredibili, spesso un po buffi, sempre fuori posto, fuori luogo, immediatamente trasformati in macchiette. Boccia Artieri. È vero: c è stato un discorso pubblico, fatto dall informazione e dalla politica, che prima ha attribuito poteri taumaturgici alla Rete con affermazioni del tipo «ha vinto Internet» o «Grillo ha vinto grazie alla Rete» per poi ripiegare su

14 un atteggiamento critico che nega a Internet la capacità di orientare il voto o che ne enfatizza l instabilità affermando, per esempio, che «la Rete sta già abbandonando Grillo». Varrebbe la pena, invece, tentare un bilancio più equilibrato e rigoroso delle recenti esperienze di partecipazione politica online proposte dal Movimento 5 Stelle. Di fatto Grillo ha investito a fondo sulla retorica della partecipazione online, anche demagogicamente, in occasione delle primarie del M5S, quando si è trattato di selezionare i candidati eleggibili in parlamento, e delle cosiddette quirinarie quando si è chiesto ai sostenitori del Movimento di votare il loro candidato alla presidenza della Repubblica. Nella prima occasione, una quota relativamente piccola di voti online si è dispersa su una miriade di candidati che si erano presentati attraverso video su YouTube; questi video sono stati oggetto di critiche e di ironie sia da parte della stampa che in Rete, in quanto si è trattato di una miscela molto esplosiva tra personaggi improbabili e attivisti, tutti assolutamente alle prime armi e con retoriche comunicative molto più televisive che da web. Nel caso delle quirinarie, la quota dei votanti, anche rispetto agli aventi diritto, si è fermata a una percentuale molto molto bassa. Chi ha preso più voti, come Gabanelli, Rodotà, Strada, ha preso al massimo duecento voti, altri molti meno. In entrambi i casi c è stato qualche problema tecnico, che ha contribuito a incrinare la fiducia nel sistema di voto online: i risultati sono stati dati con molto ritardo, durante le primarie c è stato un buco di dodici ore in cui le persone non potevano più votare e non si sapeva perché, sulle quirinarie ha pesato l ombra dell hackeraggio dei voti. Un altro esempio negativo è emerso più recentemente, con l espulsione di una delle deputate del M5S sancita dal voto della Rete. In tutte queste occasioni sono emersi con chiarezza alcuni problemi strutturali, sia teorici che pratici, di questa forma di democrazia diretta online. Tanto per cominciare è stata usata spesso la metafora della partecipazione dell intera Rete, quando in realtà hanno potuto votare solo gli iscritti al Movimento entro il dicembre scorso; inoltre ci si è ritrovati di fronte all espressione di una minoranza rispetto a tutti gli iscritti che avrebbero potuto esprimere la propria opinione. E poi c è la questione dei modelli di democrazia impliciti nei meccanismi di voto online: per esempio, la cosiddetta scelta multipla per cui, quando un cittadino esprime il proprio voto tende a privilegiare il candidato che, secondo lui, avrà più consenso rispetto agli altri. Gli estremi, progressisti da una parte e conservatori dall altra, vengono espunti a vantaggio di un GIORGIO SIMONELLI - GIOVANNI BOCCIA ARTIERI 77

15 DOSSIER LA COMUNICAZIONE POLITICA TRA VECCHI E NUOVI MEDIA 78 voto pesato che tende a premiare chi sta in mezzo e a promuovere lo status quo. Si tratta di un modello molto diverso, per esempio, da quello di Liquid Feedback che si basa sulla delega: se un cittadino non si sente abbastanza competente su un certo tema può delegare un altro a votare per lui su quel tema. Un problema è che, una volta attribuita una delega, si tende a lasciarla; un altro è che spesso alcuni utenti, particolarmente competenti o persuasivi, diventano delle vere e proprie celebrity all interno di un dibattito e raccolgono ampi pacchetti di deleghe. Di fatto sono dei «grandi elettori». Si tratta di un problema rilevante, perché il modello di voto appare trasparente a monte, quando viene lanciata la consultazione online, e a valle, quando si danno i risultati, ma è completamente opaco al suo interno, dove la componente tecnica, soprattutto di carattere informatico, resta appannaggio di pochi. Tutti questi limiti sono stati tematizzati, dopo le elezioni, anche in funzione politica: Grillo ha cominciato a denunciare gli autori di alcuni commenti sul suo blog come troll, cioè come agenti esterni al Movimento infiltrati per disturbare il dibattito interno (fatto interessante, dal momento che gli altri partiti rivolgono agli attivisti del M5S la stessa accusa). I giornali, molto interessati alla dimensione della democrazia diretta, hanno preso a mettere in luce tutti gli aspetti negativi della piattaforma di Grillo, cominciando a criticare la dinamica centripeta del Movimento che genera traffico soprattutto sul blog del fondatore, con i relativi ritorni di carattere pubblicitario. Bersani, dopo l incidente del voto su Marino, ha avanzato l ipotesi di limitare l uso di smartphone e tablet in Parlamento per evitare che deputati e senatori si facciano influenzare dalla Rete o la usino per esternazioni di carattere individuale. Ma, al di là di questa cattiva stampa di cui gode periodicamente la partecipazione politica in Rete, resta la domanda se Internet consenta forme reali di democrazia diretta o partecipativa; in sintesi, credo che l insegnamento che possiamo trarre dalle esperienze recenti sia la consapevolezza del rischio di una sorta di «dittatura degli attivi»: posto che tutto il sistema sia trasparente e regolare, e dato che come ricordava Bobbio già negli anni Ottanta, a fronte del grande numero di norme che il Parlamento produce ogni anno in un regime di democrazia diretta i cittadini dovrebbero essere chiamati a esprimersi in merito a un paio di leggi ogni giorno, l esercizio online di questo tipo di democrazia non può che tradursi, al momento, in una specie di strapotere degli utenti più attivi. A meno che non si riescano a sviluppare nuove forme di cultura civica che sappiano realizzare una autentica inclusione all interno dei processi deliberativi.

Siamo così arrivati all aritmetica modulare, ma anche a individuare alcuni aspetti di come funziona l aritmetica del calcolatore come vedremo.

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