Romanzo criminale. GIANNI MANZELLA l PAGINA 12 EBOOK PER VITTORIO ARRIGONI. Il mare umano di Vik. Tommaso Di Francesco

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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLIV. N. 87. SABATO 12 APRILE 2014 OGGI CON ALIAS A EURO 2,50 Romanzo criminale IL REGISTA E IL PRIMO ATTORE Norma Rangeri N on stupisce, anche se colpisce, che dopo vent anni di repliche, il finale delle rispettive carriere giudiziarie li veda ancora insieme, ancora accomunati da una conclusione drammatica ma rispettosa dei ruoli giocati nella storia di questo disgraziato paese. Uno, la mente, latitante e inseguito da un mandato di arresto con l accusa di concorso in associazione mafiosa, l altro condannato per evasione fiscale, ma libero e pronto a scrivere l ennesimo canovaccio di una nuova campagna elettorale. Il regista Dell Utri e il primo attore Berlusconi se fosse un film. Perché senza la mente, l architetto, l inventore della macchina pubblicitaria (Publitalia), il grande, insuperabile venditore non avrebbe potuto dare corpo alla trama politica (Forza Italia). La mafia e l evasione fiscale oltre ad essere i due reati che li condannano sono anche due tratti distintivi, e fondativi, della nostra biografia nazionale. La coppia Dell Utri-Berlusconi ha rinnovato l amalgama di criminalità e malaffare convincendo milioni di elettori che tutto sarebbe cambiato perché nulla cambiava davvero. Capaci di resistere vent anni alla legge, coperti e protetti da una classe dirigente (da Andreotti a Craxi) che all inizio pensò di cavalcarli come utili facilitatori. Dell Utri fa sapere di essere malato e promette di tornare in Italia per affrontare la sentenza che lo aspetta. Berlusconi, più fortunato, non ha avuto bisogno di espatriare perché nel frattempo la giustizia è stata piegata alle necessità dei suoi guai giudiziari. Evita il carcere, anche nella forma degli arresti domiciliari, se la cava con una mezza giornata a settimana in qualche struttura di sostegno per i meno fortunati, probabilmente una cascina in costruzione per disabili. E quando si parla di costruzioni c è odore di beneficenza e creatività immobiliare. Così finirà pure questo ritornello che ci sentiamo ripetere sugli investitori che stanno alla larga dall Italia perché la giustizia non funziona, perché non garantisce un quadro di regole certe. E la smetteranno di ricordarci che all estero il fisco è più amichevole delle nostre pratiche vessatorie. Con la mite sentenza per il grande evasore, con la blanda pena che non gli impedirà di chiedere il voto, anche gli investitori stranieri potranno ricredersi e dare una mano alla ripresa. E vero, i sondaggi danno Forza Italia in caduta libera, i berlusconiani sono descritti come un esercito in rotta, ma l istinto di sopravvivenza dell ex cavaliere ha già offerto prove di grandi capacità di rimonta. Grillo e Renzi sono concorrenti temibili perché corrono e combattono sullo stesso terreno propagandistico, ma Berlusconi è libero e la corsa verso le elezioni europee sarà una galoppata a tre punte. Marcello Dell Utri segnalato in Libano e inseguito da un mandato di arresto alla vigilia della sentenza della Cassazione. Silvio Berlusconi condannato ma libero e pronto per la campagna elettorale. Il sodalizio tra il regista di Pubblitalia e il leader di Forza Italia accomunato dal drammatico finale giudiziario del sistema berlusconiano PAGINE 2 E 3 TORINO - INTERVISTA A SILVIO VIALE «Una tragica fatalità, ma la Ru486 non c entra» MAURIZIO PAGLIASSOTTI l PAGINA 6 Prevalgono il discorso securitario e l ordine pubblico per occultare l incapacità sulle grandi decisioni in finanza ed economia L ARTICOLO Annamaria Rivera pagina 15 Il mare di Gaza che Vittorio amava. Il mare di Gaza che Vittorio solcava a bordo delle barche della Freedom Flotilla e dei pescherecci palestinesi che, con la sua presenza, sperava di proteggere dagli assalti della marina militare israeliana. Il mare di Gaza che accompagnava tanti momenti di riflessione di Vittorio. Da oggi è disponibile in un ebook formato digitale, «Il mare di Gaza» che raccoglie 12 articoli di Vittorio Arrigoni pubblicati nel dal nostro-suo giornale e il racconto del sequestro che tre anni fa, nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 2011, A TEATRO L Europa del 29, Marthaler guarda al presente GIANNI MANZELLA l PAGINA 12 EBOOK PER VITTORIO ARRIGONI Il mare umano di Vik Tommaso Di Francesco portò all assassinio dell attivista e giornalista italiano, con il lutto mondiale che ne scaturì. Ci piace credere che al testimonemediattivista-internazionalista Vik avrebbe fatto piacere dare questo titolo a una raccolta, stavolta digitale, di suoi articoli curata dal manifesto. Il ricavato di questo libro sarà interamente devoluto in beneficenza per la costruzione di un asilo a Khan Yunis (Gaza) che porterà il nome di Vittorio e per sostenere le attività della Fondazione Vik Utopia onlus. Vik ci ha dato tanto, è il tempo di restituire contribuendo, con progetti concreti, alla realizzazione di ciò che lui avrebbe voluto per la sua Gaza. «Non era un eroe, né un martire, solo un ragazzo che credeva nei diritti umani», ha scritto la madre di Vittorio, Egidia Beretta Arrigoni. Stay human, Restiamo umani. FOTO ALEANDRO BIAGIANTI/EMBLEMA BIANI FIAT/FIOM Il marketing di Marchionne è un «pacco» Nella seconda giornata del Congresso dei delegati Fiom a Rimini, le voci e i racconti degli operai dai vari stabilimenti italiani del Lingotto. «Pagano le tasse all estero e gli investimenti qui sono un miraggio, poi vogliono che gli italiani comprino le loro auto». Indignati anche per lo spot in cui i lavoratori ballano felici al ritmo di Happy. «C è poco da ridere, temiamo per il futuro» SCIOTTO PAGINA 5 CONTRATTI PUBBLICI Niente rinnovo fino al 2020, ma è un giallo Nel Def spunta il prolungamento del blocco dei contratti del pubblico impiego fino al 2020 e scoppia la protesta di sindacati di base e Cgil scuola. Malumori anche nel Pd. Cesare Damiano: «È la politica della mano che dà e della mano che toglie». Poi il governo fa marcia indietro e conferma il blocco fino al 2017 CICCARELLI PAGINA 4 RIFORME La deriva e l indifferenza Alberto Burgio L e «riforme» istituzionali targate Renzi (e Berlusconi) mirano a «creare un sistema autoritario» in cui il presidente del Consiglio ai bei tempi noto come capo del governo avrà «poteri padronali». Una «svolta autoritaria» si viene compiendo senza resistenze, forte del coinvolgimento di Pd e Forza Italia. Un regime sta nascendo sotto i nostri occhi «mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare». L obiettivo è una «democrazia plebiscitaria», estranea (antitetica) alla Costituzione (ancora) vigente. Parole grosse dell appello di "Libertà e Giustizia" firmato, tra gli altri, da Stefano Rodotà, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky. Le cose stanno davvero così? CONTINUA PAGINA 15

2 pagina 2 il manifesto SABATO 12 APRILE 2014 ROMANZO CRIMINALE Nella «cupola» del potere berlusconiano, l ex senatore non è secondo a nessuno. Politica Insieme a Confalonieri è il più antico «collaboratore» dell ex cavaliere Il colpo al cuore del Biscio Da Publitalia a Fininvest a Forza Italia. Per mezzo secolo Dell Utri ha lavorato per Silvio Berlusconi. È stato il vero creatore del partito azzurro. Eletto - come disse lui stesso - solo «per sfuggire all arresto», se cade uno cade anche l altro. E sull impero di Arcore calerebbe il sipario Andrea Colombo N on è il cuore dello stato, ma quello del sistema berlusconiano, tanto aziendale quanto politico, certamente sì. L ex senatore Marcello Dell Utri è stato uno dei pilastri dell'impero Mediaset ma anche il vero architetto del partito-azienda che per vent anni ha dominato la politica italiana. Quando, con un temerario colpo di genio, Silvio Berlusconi capì che la sola possibilità di salvare le sue aziende, dopo l affossamento del potentissimo protettore Bettino, era sostituirsi a lui in prima persona, il compito di creare dal nulla un partito lo affidò al miglior organizzatore alle sue dipendenze: Marcello Dell'Utri, classe 1941, palermitano, colto e intelligente, latinista erudito ma anche uomo di potere assai ben ammanicato, gran bibliofilo (nonostante la fregatura presa acquistando nel 2007, per 12 sonanti milioni di euro, la patacca dei falsi diari di Mussolini). Era stato lui a costruire negli anni '80 le fortune di Publitalia, la concessionaria pubblicitaria dell allora Fininvest: una macchina da guerra, la vera forza d urto del Biscione. Prima o poi bisognerà studiare meglio la peculiare struttura del sistema berlusconiano, la puntuale trasformazione degli amici d adolescenza in strettissimi collaboratori. I soli di cui l ex cavaliere si fidi davvero. Quelli che hanno già un posticino vicino a lui nel mausoleo di Arcore, per non essere separati nemmeno nella tomba. Nonostante qualche screzio ci sia stato, in un amorosa saga di separazioni e puntuali riconciliazioni, Marcello Dell Utri è, a pari merito con Fedele Confalonieri, il sodale di più antica data. A 23 anni, nel 64, era già segretario dell amico conosciuto alla Statale di Milano, di appena cinque anni più anziano ma già ambiziosissimo. All epoca non si trattava di televisioni o partiti ma di squadre di calcio: il futuro onnipotente sponsorizzava una squadretta, il «Torrescalla», il segretario/amico la allenava. Il primo sodalizio dura poco. Dell Utri si sposta a Roma, poi in Sicilia. Il ritorno nella galassia dell amico, diventato nel frattempo il principe dei palazzinari, è del 74: segretario di Edilnord, amministratore dell Immobiliare san Martino, curatore della ristrutturazione della villa di Arcore, comprata per quattro soldi dalla sbandatissima marchesina Casati Stampa grazie ai buoni uffici di Previti, che dovrebbe fare gli interessi della proprietaria sua cliente, ma capisce dove tirano vento e quattrini e si occupa invece di quelli dell acquirente. Dell Utri porta in dote, dalla natia Sicilia, conoscenze e rapporti tanto equivoci quanto preziosi. Tra questi c è Vittorio Mangano, uomo d onore e terminale di Cosa nostra a Milano che Dell Utri introduce ad Arcore come «fattore» e stalliere. Una telefonata tra lui e Berlusconi del '75, subito dopo l esplosione di una bomba piazzata in villa dal «fattore», dimostra che i due sapevano perfettamente con chi avevano a che fare, ma chiarisce anche il rapporto e il gioco di ruoli che li lega. Il siciliano è preoccupato, meticoloso, insiste per chiarire la faccenda (ma senza scomodare la magistratura). Il lombardo la prende a ridere: «Ma dai Marcello che vuoi che sia? Voleva farci sapere che è uscito di prigione. Un altro mandava un biglietto, Mangano mette una bomba. Pensiamo alle cose serie, che quelle di Drive In ci hanno dato buca per capodanno!». Nel 77 nuova separazione per non meglio chiarite «divergenze» ma cinque anni dopo Dell Utri è di nuovo ad Arcore, stavolta con la missione di fare delle tv dell ex compagno di università un impero. Lo assolve in pieno e dall 84 è amministratore delegato della Finivest. Quando lo stato maggiore del Biscione si spacca sull azzardo della «discesa in campo» lui sta con i duri che spingono per l arrembaggio politico. È anzi il più deciso e il più operativo di tutti. Forza Italia è una sua creatura. È Publitalia a cercare e selezionare i candidati, a travasare i suoi quadri nelle liste elettorali, a fondare uno per uno i club Forza Italia. L artefice del miracolo politico lo ammetteva senza perifrasi: «Publitalia ha creato Forza Italia. Chi altri? Negarlo sarebbe come negare che stasera c è la luna. Siamo come un gruppo di missionari e quella era la nostra missione. Ma ora si torna a casa, a vendere pubblicità». A «casa» Dell'Utri ci rimase per poco. Arrestato nel '95 per i fondi neri Publitalia, l anno dopo era deputato azzurro, poi eurodeputato, infine, dal 2001 al 2013, senatore. Ne avrebbe volentieri fatto a meno: «Della politica non me frega niente. Mi sono candidato per legittima difesa, per proteggermi dall'arresto», ammetterà. Il teatrino della politica non riuscirà mai a conquistarlo. Resterà consigliere tra i più ascoltati, sempre presente FOTO ALEANDRO BIAGIANTI. A DESTRA, MANIFESTAZIONE CONTRO LA PRESENTAZIONE DI DELL UTRI DEI DIARI DI MUSSOLINI nelle decisioni importanti, ma il grosso del tempo lo passa a difendersi dalla slavina di processi che lo vedono imputato e a raccogliere i 120mila volumi di volumi rari raccolti nella celebre biblioteca di via del Senato a Milano. Latitante o meno che sia, se martedì prossimo la condanna a carico di Dell Utri sarà confermata, sarà il crollo finale dell impero che proprio lui, più di chiunque altro, ha collaborato a edificare. La crepe sono tante, dal bavaglio che impedirà al capo di attaccare i giudici alle voci di imminente defezione dell ex fedelissimo Paolo Bonaiuti: l'uscita di scena di don Marcello sarebbe la più insanabile. Stavolta il sipario cala davvero. NCD Alfano si fonde con Casini: «La consulta non decide sulla vita» «Noi crediamo nella vita e che la vita vada difesa. La vita qualcuno la dà e qualcuno la toglie. E quel qualcuno non è il Parlamento e non è neanche la Corte costituzionale». Angelino Alfano celebra l assemblea costituente del nuovo centrodestra (Ncd) e convola a nozze con l Udc di Casini: «Crediamo nella persona come elemento fondativo della società e nella famiglia composta da un uomo e da una donna che ambiscono a procreare. Famiglia che va difesa fino allo stremo in quanto radice della nostra società». «Oggi sosteniamo un governo in cui c'è tanto di centrodestra», assicura l ex delfino del Pdl. Per Ncd la lista unica alle europee è il primo passo per unire anche i gruppi parlamentari centristi e montiani, tutti a rischio estinzione nella tenaglia Pd-Fi su riforme e Italicum. MILANO Scampato ai domiciliari, il leader forzista spera di poter fare liberamente la campagna per le europee. Ma incombe l incubo Ruby Il pg avverte il condannato Silvio: basta attacchi ai giudici o niente servizi sociali Giorgio Salvetti A ffidamento sì, ma a una condizione: basta insulti ai giudici. Il giorno dopo l udienza che ha fatto tirare un sospiro di sollievo al condannato Silvio Berlusconi e ai suoi, emergono le prime limitazioni alla sua agibilità politica. L ex cavaliere dovrà stare bene attento a quello che dirà soprattutto in tema di giustizia cercando di evitare i soliti attacchi alla magistratura. E siccome le sue campagne elettorali da vent anni sono caratterizzate dall evocazione ossessiva dei comunisti e delle toghe rosse non si tratta di un dettaglio. Il sostituto procuratore generale di Milano Antonio Lamanna, lo stesso che giovedì pomeriggio si è pronunciato a favore dell affidamento di Berlusconi ai servizi sociali scacciando l'incubo dell'arresto ai domiciliari, ha però posto una precisa clausola. Durante l udienza ha tirato fuori un articolo del Corriere della Sera dello scorso 7 marzo che riportava le parole pronunciate dal condannato proprio nei confronti del tribunale di sorveglianza. «Sto davvero vivendo il più brutto periodo della mia vita aveva detto Berlusconi a una delegazione della Basilicata in visita ad Arcore dopo aver lottato per vent anni per la libertà sono qui a dipendere da una mafia di giudici che il 10 aprile mi diranno se devo andare in galera, se mi mettono agli arresti ai domiciliari o se mi mandano a fare non so che servizio sociale». L'affermazione era riportata in un video rilanciato su facebook dall esponente di Forza Italia Nicola Becce e poi era stata ripresa dalla stampa. Si tratta solo dell ennesimo attacco di Berlusconi contro la magistratura e non certo del più virulento. Ma è bastato a colpire il procuratore generale che invece per il resto è stato piuttosto tenero e comprensivo nei confronti dell'ex cavaliere. Dopo il suo parere favorevole all affidamento resta solo da aspettare quello che decideranno i giudici da martedì al 25 aprile. Dato per scontato che saranno scartati gli arresti domiciliari, tutta l attenzione si concentra sulle limitazioni della libertà che potrebbero condizionare l «agibilità politica» di Berlusconi in vista della prossima campagna per le europee. I suoi legali hanno chiesto al tribunale di tenerne conto e di concedere margini più ampi al loro assistito. Prima di tutto bisognerà capire se i giudici affideranno Berlusconi al centro per anziani disabili nell hinterland milanese proposto dall'autorità penitenziaria, oppure se dovrà prestare servizio per un pomeriggio a settimana presso una Onlus vicina a Forza Italia in una cascina ancora da ultimare nei pressi di Arcore come suggerito dai suoi avvocati. Ma soprattutto la sentenza stabilirà limitazioni agli orari di uscita e al raggio degli spostamenti concessi a Berlusconi. A questo punto però i guai dell ex premier sono legati più che mai agli altri processi ancora aperti. In particolare al caso Ruby, l appello comincerà a giugno e se venisse condannato dovrebbe scontare anche i tre anni indultati per la condanna di frode fiscale per il caso Mediaset. Altrimenti se la caverebbe con una quarantina di mezze giornate in visita agli anziani. Un attività minima di volontariato che migliaia di italiani fanno spontaneamente per anni senza bisogno di alcuna condanna.

3 SABATO 12 APRILE 2014 il manifesto pagina 3 ROMANZO CRIMINALE Giustizia Il fondatore di Forza Italia sparisce a pochi giorni dalla sentenza definitiva sulla condanna per mafia ne RENZI: SE CHIACCHIERO SOLO HO FALLITO Contro la banche, che non hanno gradito la tassazione straordinaria delle plusvalenze. «Non possono pensare di essere salvate dagli stati come è accaduto in Europa e non essere pronte a fare la propria parte nella vita di tutti i giorni delle famiglie». Matteo Renzi per la prima volta a Milano da presidente del Consiglio - al Salone del mobile - torna a descrivere se stesso come l ultima chance del paese. «O ci sono risultati o vorrà dire che anche noi siamo dei chiacchieroni, ma sono convinto che ce la faremo noi e anche l Italia». «Non sono qui a scaldare la sedia, se il palazzo di Roma mi trasformerà allora vuol dire che non sono adatto», dice il segretario del Pd. Che attacca bersagli facili: «Vogliamo togliere un sistema burocratico opprimente». E ancora «il sistema fiscale non è degno del paese». Perché la lotta all evasione si fa «incrociando dati e non con gli spot, una volta a Cortina e poi a Ponte Vecchio». ROMA V annino Chiti resiste, ma ogni giorno si fa più dura per i senatori del Pd che insistono nel proporre l elezione diretta del nuovo «senato delle autonomie» al posto della cooptazione dei sindaci e dei presidenti di regione prevista dal disegno di legge costituzionale del governo. Martedì comincerà in confronto in prima commissione a palazzo Madama, ma ieri è arrivato un duro colpo per i democratici «dissidenti» dalla linea che Renzi sta imponendo con tanto di richiami alla disciplina di partito. Pierluigi Bersani, riferimento per molti dei firmatari della proposta Chiti, ha pubblicamente disconosciuto il tentativo di fermare la corsa di Renzi. Intervistato da Mentana, l ex segretario del Pd ha sostanzialmente invitato Chiti a ritirare la sua proposta, in modo da non ostacolare la possibilità che la riforma costituzionale venga approvata in prima lettura entro le elezioni europee. In più ha messo una pietra sopra la richiesta principale di Chiti, quella cioè di mantenere l elezione diretta da parte dei cittadini - che poi di quella proposta è anche la caratteristica di maggior appeal per i senatori, anche esterni al Pd (12 ex 5 Stelle l hanno già firmata). Bersani, si è capito, condivide poco del progetto riformatore di Renzi. Ma come il resto dell opposizione interna non vuole apparire come colui che frena un presidente del Consiglio, e segretario, in luna di miele con i sondaggi. E per questo sposta il fronte sulla legge elettorale, che è legge ordinaria già alla seconda lettura dunque più immediatamente pericolosa. E soprattutto andrà comunque cambiata, ma solo perché non più conveniente al Berlusconi in caduta libera. «Spero che l iniziativa di Chiti possa essere ricondotta a qualche emendamento e non a un nuovo progetto di legge. Facciamo la riforma del senato entro il 25 maggio, ma quando c è da mettere mano alla legge elettorale vediamo di modificarla», ha detto Bersani. Con ciò aprendo un solco tra i ventuno senatori democratici che, insieme a Chiti, hanno firmato la proposta (peraltro non l unica tra i democratici, ma di certo la più temibile per Renzi). Già tre firmatari hanno espresso dubbi, intenzionati come sono a collaborare con il governo. Giammai a TUTTO FACILE Intercettati i preparativi e i contatti pericolosi, poi l ordine di arresto in ritardo La resistibile fuga di Dell Utri Riforme/ IL SENATORE PERÒ NON ARRETRA: NIENTE ORDINI SULLA COSTITUZIONE Bersani non dà sponde al dissenso Pd «Chiti ritiri la sua proposta alternativa» ostacolarlo. Chiti però non arretra, e aspetta al varco le relazioni che martedì dovranno presentare Finocchiaro e Calderoli. «Come si può cambiare un impianto che complessivamente non regge con gli emendamenti, anziché con un confronto generale e l approfondimento in commissione?», chiede retoricamente il senatore toscano, che fu ministro per le riforme nel secondo governo Prodi. Non per «protervia», assicura Chiti, ma per «difendere il valore dell autonomia del parlamento e di ogni singolo parlamentare contro la dottrina che piega a una linea di partito o del governo i cambiamenti della Costituzione». Lo scontro si focalizza naturalmente sulla (mancata) elezione diretta, che è il fianco scoperto della proposta renziana. Perché il senato che immagina il governo, pur privo dell investitura popolare, conserva funzioni legislative. E perché la riforma si accoppia con una legge elettorale - l Italicum - che regala al primo partito il controllo assoluto della camera politica, anche una percentuale assai lontana dalla maggioranza. Renzi però sul punto non vuole cedere. L ha scritto chiaro e tondo nella relazione che accompagna il testo depositato al senato: l elezione diretta «potrebbe trascinare con sé il rischio che i senatori si facciano portatori di istanze legate più alle forze politiche che alle istituzioni di appartenenza... e che la loro legittimazione diretta da parte dei cittadini possa, inoltre, indurli a voler incidere anche sulle scelte di indirizzo politico che coinvolgono il rapporto fiduciario, riservate in via esclusiva alla camera dei deputati». Chiti ha un bel ripetere che con la sua proposta si riducono i parlamentari più che con quella del governo, mantenendo però al senato funzioni «alte» e di garanzia. Il senatore riprende alla lettera un allarme di Bersani, quando sostiene che «se nella riforma della Costituzione si perde di vista una visione complessiva sui contrappesi di funzioni e di potere, la conseguenza sarebbe lo scivolamento in Sud America». Bersani però l ha già lasciato solo. E anche Giorgio Napolitano benedice lo sforzo renziano: «C è l esigenza di riforme istituzionali che favoriscano il riavvicinamento alla politica da parte dei cittadini». Non facendoli più votare per il senato, funzionerà? a. fab. Andrea Palladino Q uarant anni. Quasi mezzo secolo di patti occulti tra il regno del tycoon italiano e Cosa nostra, iniziati sotto l ombra del Duomo e terminati - almeno momentaneamente - nel paese dei cedri, il Libano, meta dorata per ogni latitante d eccellenza. Un ciclo che inizia - per i giudici palermitani - con un incontro a Milano avvenuto nel maggio del 1974, presenti gli esponenti mafiosi Gaetano Cinà, Stefano Bontade e Mimmo Teresi. Nomi di peso, gente con valige piene di denaro e fame di potere. Dall altra parte del tavolo Marcello Dell Utri, futuro senatore, artefice - tra il 1993 e il del partito azienda di Silvio Berlusconi, mago delle sponsorizzazioni del gruppo Fininvest. Un patto, questo, che per i magistrati durerà almeno fino al 1992, anno della trattativa. Nelle 477 pagine delle motivazioni dell ultimo giudizio di appello nei confronti del braccio destro del Berlusconi prima imprenditore e poi politico c è nero su bianco l origine di quei contatti - più che stretti - con gli uomini delle cosche: «In virtù di tale accordo - ha scritto la corte d Appello di Palermo - i contraenti e il mediatore contrattuale hanno conseguito un risultato concreto e tangibile costituito dalla garanzia della protezione personale all imprenditore tramite l esborso di somme di denaro che quest ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell Utri, che ha consentito che l associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere». E di contatti, amicizie, alleanze sotterranee è piena anche la provvisoria fine dell ex senatore palermitano, resosi uccel di bosco pochi giorni prima della sentenza definitiva della corte di Cassazione, prevista per martedì prossimo. Una fuga annunciata, tutt altro che imprevista, costruita grazie a contatti discreti con personaggi impresentabili, come il nero Gennaro Mokbel. Nella Roma barocca di via Giulia si mangia il pesce che arriva dal sud pontino. Jhonny Micalusi è il patron, pronto a ricevere la gente della Roma che conta. La Dda di Roma tiene sotto controllo i tavoli di quel ristorante, l Assunta madre, per un indagine su un ipotesi di riciclaggio. È l 8 novembre dello scorso anno, racconta l ordinanza di custodia cautelare che oggi Marcello Dell Utri si trova sulle spalle, firmata lo scorso 8 aprile. I microfoni registrano una conversazione tra Alberto Dell Utri - fratello dell ex senatore latitante - e Vincenzo Mancuso. «Bisogna accelerare i tempi», spiega Alberto. Per poi aggiungere un particolare che allarma i funzionari della Dia di Roma: «Quelli della Guinea Bissau gli hanno dato il passaporto diplomatico». La fuga è in preparazione. Serve un piano, dettagliato. Spunta un nome ben noto della Roma nera: «Alberto Dell Utri, infatti, ha riferito al suo interlocutore - scrivono gli investigatori - le indicazioni che aveva fornito al fratello Marcello un certo Gennaro (individuato dalla Dia nel pregiudicato Mokbel Gennaro con il quale il Dell Utri avrebbe ammesso di avere rapporti solo per la comune passione per l arte)». Un soggetto «di cui potersi fidare». Ed ecco le prossime mosse: «Se io fossi Marcello prenderei un volo diretto per Tel Aviv», spiega Mancuso. «E poi da Il ruolo del pregiudicato «nero» Mokbel. Le ultime tracce portano in Libano. Un messaggio beffardo: «Non fuggo, mi sto facendo curare» là non deve andare direttamente» aggiunge il fratello di Dell Utri. Meglio una macchina per far sparire le tracce, evitando timbri sul passaporto e informazioni pericolose lasciate nei terminali degli aeroporti. Meta? Il Libano. Appoggi? «Un politico libanese importante», spiegano i commensali. Quando queste informazioni preziosissime finiscono in un ordinanza di custodia cautelare - emessa dalla Corte d Appello di Palermo - è ormai troppo tardi. Dell Utri è introvabile e le ultime tracce del suo cellulare lo danno in Libano. Una fuga più che annunciata, che appare avvenuta in assoluta tranquillità, programmata nei dettagli grazie ai consigli degli amici di sempre. «Aver consentito che Dell'Utri potesse fuggire all estero è una cosa vergognosa e indegna per un paese civile», è stato il commento di Antonio Ingroia, che - da magistrato - aveva visto crescere l inchiesta palermitana sui rapporti tra il braccio destro di Berlusconi e Cosa nostra. La responsabilità politica ieri era individuata nel ministero dell interno, guidato da Angelino Alfano. Sel - con Claudio Fava - e il M5S hanno chiesto informazioni urgenti sulla fuga, e le dimissioni del leader di Ncd. Nel pomeriggio di ieri - quando la notizia della fuga e del mandato di arresto era ormai nota - Dell Utri ha voluto mandare una sorta di cartolina dal suo indirizzo sconosciuto: «Mi sto curando, non voglio fuggire», ha fatto sapere. Parole che suonano come l ennesima beffa, a conclusione di un ciclo durato quaranta lunghissimi anni. CARCERE Circolare del Dap ai direttori: «Basta dati ad Antigone» Eleonora Martini S arà il clima di incertezza che si respira a ridosso della scadenza per il completamento dello spoil system (90 giorni dalla fiducia al governo), sarà che in certi ambienti ci si sta già preparando alla nomina del Garante nazionale dei diritti dei detenuti collegio finalmente istituito dall ultimo decreto «svuota carceri» e che verrà nominato dal capo dello Stato su indicazione del governo, sarà per questo o per l imminente deadline del 28 maggio imposta dalla corte di Strasburgo o altro ancora, ma nelle stanze del Dipartimento dell amministrazione penitenziaria tira una strana aria. Nervi a fior di pelle, evidentemente, se nei giorni scorsi dalla sede romana di Largo Luigi Daga è partita, alla volta dei provveditori regionali e dei direttori generali dell amministrazione penitenziaria, una circolare firmata dal vice capo Dipartimento, Dott. Luigi Pagano, che vieta d ora in poi di fornire direttamente «dati ed informazioni sugli istituti penitenziari» all «Associazione Antigone», «onde evitare incoerenze pregiudizievoli in ordine all immagine esterna dell amministrazione». Pagano si riferisce con ogni evidenza alla querelle sui posti realmente disponibili nelle carceri, risolta nell ottobre scorso dall allora ministra Annamaria Cancellieri che pubblicamente ammise: «I letti sono 37 mila e non 47 mila come calcola il Dap». Ogni richiesta da parte di Antigone, si legge ancora nella circolare, dovrà invece essere girata «a questo Dipartimento, il quale provvederà a valutarla secondo le linee di massima trasparenza alle quali si ispira». In effetti da qualche giorno (la circolare è datata 25 marzo) gli operatori di Antigone avevano trovato la strada particolarmente sbarrata al loro lavoro. Quando Patrizio Gonnella, presidente dell associazione, ne ha capito il motivo, ha scritto a Pagano e al capo del Dap, Giovanni Tamburino, informando anche il Guardasigilli Andrea Orlando e il suo capo gabinetto Giovanni Melillo che erano all oscuro dell iniziativa. In questa «fase cruciale per il cammino delle riforme» che richiede «determinazione» e «massima trasparenza», scrive Gonnella, un tale "suggerimento" appare come «un pericoloso passo indietro» da parte di un amministrazione che negli ultimi tempi aveva mostrato apprezzabili «aperture informative». Dopo aver spiegato nei dettagli le conseguenze di un simile ordine, sia sul loro lavoro di informazione, sia sull immagine pubblica del Dap stesso, Gonnella chiede che la circolare sia ritirata e che venga consentito ad Antigone, «come abbiamo sempre fatto a partire dal 1998, di raccogliere dati direttamente dai direttori di Istituto, anche al fine di non rinchiuderli dietro un imbarazzante silenzio». Nelle ultime ore, il Dap sembra aver fatto un passo indietro su questa vicenda, anche se la circolare non è stata ancora ritirata. Forse presto Antigone potrà ricominciare a svolgere il suo prezioso lavoro, ma nel frattempo bisognerà vigilare sulla nomina del Garante nazionale dei detenuti, sperando che la scelta cada su una persona che porti un respiro internazionale e che sia estranea agli equilibri di potere interni all amministrazione penitenziaria.

4 pagina 4 il manifesto SABATO 12 APRILE 2014 SERENO A CHI Nel Def spunta il prolungamento del blocco dei contratti fino al Impiegati Esplode la protesta e il governo precisa: lo stop rimane fino al 2017 CLASS ACTION Banca Intesa condannata. Correntisti beffati Maurizio Pagliassotti TORINO D opo un lungo excursus giudiziario la corte d Appello di Torino ha dichiarato illegittimo applicate fino al 2009 dall Istituto Intesa Sanpaolo. Se in Italia fosse presente la legge denominata «class action» il maggior gruppo bancario torinese rischierebbe di dover risarcire non meno di sessantamila clienti. L associazione Altroconsumo ieri ha diramato un comunicato stampa dai toni agrodolci: «E una vittoria amara. Solo sei consumatori hanno ottenuto il rimborso. Alla class action avevano aderito 104 consumatori, ma la loro adesione nella maggior parte dei casi non è stata ritenuta valida dal tribunale per un cavillo: la firma non era stata autenticata da un notaio, formalità neppure prevista dalla legge. Autenticare la firma costa di più dell importo in gioco». Nel 2011 tre correntisti di Intesa Sanpaolo avevano iniziato, tramite l Associazione Altroconsumo, una class action contro la banca, chiedendo la restituzione delle somme pagate nel 2009 e nel 2010 per la «Commissione per scoperto di conto», un costo che proprio a partire dal 2009 aveva sostituito, nei conti correnti «in rosso», la vecchia, famigerata «Commissione di massimo scoperto». Nel corso della class action avevano aderito altri centoquattro titolari di conto corrente. Ieri la prima sezione civile del Tribunale di Torino ha accolto le tesi dei clienti e di tre aderenti e ha condannato Intesa Sanpaolo a pagare loro gli importi addebitati con la «Commissione per scoperto di conto»; le somme vanno da 44 a 430 Euro per ciascuno di essi. L avvocato Fabrizio de Francesco, che ha seguito la class action insieme ai legali dello studio Bin Avvocati Associati, ha così commentato: «Si tratta davvero di un risultato importante nell azione di classe che, secondo quanto ci risulta, è quella che al momento, in Italia, è arrivata a decisione con il maggior numero di adesioni. La sentenza del Tribunale di Torino è chiarissima nel dichiarare la nullità della Commissione per scoperto di conto, introdotta da Intesa Sanpaolo a partire dal La legge aveva vietato l applicazione della Commissione di massimo scoperto nei contratti dei piccoli correntisti, quelli privi di un vero e proprio fido, e la banca aveva cercato di sostituirla con questa nuova clausola. Oggi il Tribunale di Torino ci ha detto che con questo meccanismo la legge del 2009 è stata violata». Si tratta di una vittoria molto significativa per i clienti, la prima di questa portata in una causa collettiva che potrebbe riguardare anche altre banche. Tutti gli istituti di credito, infatti, nel 2009 avevano sostituito la «Commissione di massimo scoperto» con voci analoghe, molto spesso cambiandone solo il nome e persino aumentando i costi per i correntisti. Al punto che seri moniti erano stati sollevati dall Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato sugli effetti di questo comportamento. La sentenza ha invece ridotto considerevolmente il numero degli aderenti, escludendone ben centouno su centoquattro. Nel corso del processo, infatti, il Tribunale di Torino aveva richiesto che le adesioni alla class action fossero presentate con firma autenticata ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000 e, con la sentenza di ieri, ha chiarito che ciò sarebbe dovuto avvenire tramite il notaio, il cancelliere del tribunale o il segretario comunale. Una mano taglia l altra Dai sindacati di base alla Cgil scuola pronti a scendere in piazza. Annullati di colpo gli 80 euro in più promessi dal premier. Damiano (Pd): è la politica della mano che dà e della mano che toglie L Fmi apprezza la riduzione dell'irpef con il taglio della spesa pubblica, ma avverte sui tempi Thomas Fazi È una bocciatura a tutto campo del Documento di Economia e Finanza , presentato dal governo Renzi, quella che è emersa dal seminario di approfondimento e analisi sul Def organizzato ieri alla Camera dall associazione Re:Vision, che ha visto la partecipazione di numerosi economisti, centri studi ed esponenti dei movimenti sociali, nonché di vari parlamentari «critici» del Pd (tra cui Stefano Fassina e Paolo Guerrieri) e di Sel (Giulio Marcon, Giorgio Airaudo). Due le parole chiave che hanno accomunato quasi tutte le analisi della prima finanziaria di Renzi: «continuità» e «insostenibilità». Continuità con le politiche neoliberiste e di austerità degli ultimi anni, e insostenibilità di una strategia politico-economica che punta a raccogliere crescita ed export seminando ulteriori tagli, precarietà, liberalizzazioni e privatizzazioni. «Di che paese parla il Def: dell Italia o della Bassa Baviera?», si chiede ironicamente Mario Pianta, professore di politica economica all Università di Urbino e coordinatore della rete Sbilanciamoci!, che descrive come «pura fantasia» le previsioni di crescita contenute nel Def: addirittura +7% nel corso del quadriennio , un tasso crescita superiore persino a quello Roberto Ciccarelli L' aumento netto mensile di 80 euro che 10 milioni di lavoratori dipendenti, per la maggior parte nel pubblico impiego, riceveranno in busta paga dal 27 maggio verranno compensati dai risparmi ottenuti dal blocco dei contratti degli impiegati pubblici fino al È la politica della mano che dà e della mano che toglie, così Cesare Damiano - presidente della commissione Lavoro della Camera ed esponente dello stesso partito del presidente del consiglio Renzi ha definito il contenuto principale, e al momento più chiaro, della spending review con la quale il governo finanzierà il taglio dell'irpef e la campagna elettorale del Pd. Dopo il fuoco di fila da parte dell'opposizione interna a questo partito, nel pomeriggio di ieri il governo è corso ai ripari. Il ministero dell'economia ha infatti smentito che nel Def sia previsto il blocco dei contratti fino al Il Mef sostiene di avere riproposto il blocco già previsto fino al 2017 da Letta e che le eventuali risorse per i rinnovi verranno trovate nella legge di stabilità. In attesa, dunque, della finanziaria non è possibile dire se il blocco sarà prolungato di tre anni in più. Ciò non toglie che la riduzione della spesa sugli stipendi durerà fino al 2017 e non depotenzia la protesta crescente. Il governo ha dovuto incassare ieri anche il giudizio in chiaroscuro del Fondo Monetario Internazionale che ha apprezzato l'idea di ridurre l'irpef con il taglio della spesa pubblica, ma ha avvertito via XX settembre: il taglio deve essere permanente, quindi deve durare più a lungo del 2017 preventivato. La riduzione delle tasse sta producendo contraccolpi proprio nel mondo del lavoro dipendente che dovrebbe beneficiare dei suoi effetti. È uno dei paradossi dell'austerità espansiva, di cui Renzi è un volenteroso, ma tardivo propagandista. Quella messa in cantiere in settimana è, in effetti, «una manovra che taglia e restituisce i soldi», così l'ha definita ieri Renzi che ha anche smentito la notizia che sia in arrivo una manovra aggiuntiva da 4,5 miliardi di euro. Il taglio, e la restituzione dei soldi, andranno a parziale risarcimento di alcune delle vittime delle politiche fiscali restrittive, ma non rimedieranno alle perdite provocate dal blocco dei contratti per 8,5 milioni di persone nel pubblico e nel privato. L'Unione Sindacale di Base ha annunciato uno sciopero generale. Il Def «è una follia sostiene Luigi Romagnoli, dell'esecutivo nazionale Usb Pubblico Impiego - i contratti sono ormai fermi dal dicembre del 2009 e i lavoratori pubblici hanno abbondantemente pagato il costo della crisi». La Flc-Cgil ha lanciato la mobilitazione sull'istruzione. «Nel Def c'è anche la revisione del contratto degli insegnanti, il reclutamento degli insegnanti e dei dirigenti, incentivi alle università e valutazione individuale con i quali si vuole cancellare il contratto nazionale» denuncia il segretario Domenico Pantaleo. Il blocco dei contratti, e delle retribuzioni, nella scuola sarà ancora più duro, durerà per 4 e non per 3 anni. In queste condizioni, difficilmente il ministro dell'istruzione Giannini potrà dare seguito ai suoi annunci sulla meritocrazia tra gli insegnanti. Nelle sue intenzioni, infatti, c'è il desiderio di premiare il «merito» e non l'anzianità ottenuta con gli scatti contrattuali. riguarda in particolare il meccanismo degli scatti di anzianità. Se la programmazione del governo di cui fa parte verrà confermata, difficilmente il ministro potrà continuare ad usare il Fondo di istituto con il quale i suoi predecessori sono riusciti a salvare gli stipendi dal blocco degli scatti. L'Anief aggiunge un altro tassello in questo mosaico. Tra tagli, blocchi e risparmi tra il 2006 e il 2012, il personale della scuola ha perso uno stipendio annuo da 30 mila euro. Questa tendenza continuerà fino al 2017: «Si va sempre più verso la proletarizzazione del lavoro del personale» commenta il presidente Anief Marcello Pacifico. La spending review prolunga inoltre il blocco del turn-over per i dipendenti pubblici fino al 2017, mettendo i bastoni tra le ruote al ministro per il pubblico impiego Madia sul prepensionamento di questi lavoratori che dovrebbero essere parzialmente sostituiti dall'ingresso dei giovani. La «staffetta generazionale» è ferma ai blocchi di partenza. MANOVRA La politica economica di Renzi sotto la lente degli economisti «La finanziaria della continuità», per il Def una sonora bocciatura registrato nel «boom» degli anni Che appare ancor più irrealistico a fronte delle pesantissime manovre di «consolidamento fiscale» (leggi: austerità) previste per i prossimi anni. In barba alle recenti sparate di Renzi sugli «anacronistici» vincoli di Maastricht, infatti, dal Def appare evidente che il governo ha scelto di recepire alla lettera le raccomandazioni della Commissione e gli obiettivi previsti dal Fiscal Compact, che impongono all Italia di raggiungere il pareggio di bilancio strutturale entro il Un obiettivo che comporterà tagli per almeno 22 miliardi nei prossimi anni, deprimendo ulteriormente una domanda e un economia già asfittiche. Ma del cui impatto sull economia il Def non tiene minimamente conto. Come ha detto Stefano Fantacone del Centro Europa Ricerche (Cer): «I numeri non tornano. Il Def annuncia manovre restrittive ma non calcola l impatto sulla crescita». Che secondo il governo sarà tutta trainata dall aumento delle esportazione e dalle misure di liberalizzazione e di ulteriore flessibilità del mercato del lavoro. Paolo Pini, ordinario di economia politica a Ferrara: «Il governo sostiene che le liberalizzazioni aumenteranno la produttività. È vero invece il contrario: i dati dimostrano che la deregolamentazione del mercato del lavoro non crea solo precarietà e perdita di diritti ma anche perdita di produttività e quindi perdita di capacità di crescita». Il motivo lo ha spiegato Giorgio Airaudo di Sel: «Il Def si basa sulla logica secondo cui l unica maniera per incrementare gli export è svalutare il lavoro. Ma questo presuppone imprese di basso valore, che invece di innovare scaricano tutti i costi sul lavoro. È una logica suicida, che invece di incentivare le imprese a investire si rassegna al declino industriale del nostro paese». Ma che rientra perfettamente nella logica mercantilista a cui la Germania vorrebbe uniformare tutta l eurozona. Secondo Stefano Fassina, «il Def è in continuità assoluta con l attuale politica economica europea, che punta a far diventare l Italia e l Europa intera come la Baviera per mezzo della svalutazione interna e della precarizzazione». Un processo di «cinesizzazione» della periferia, insomma, che si sta già rivelando un disastro non solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello economico. «Non è vero che la nostra finanza pubblica sta migliorando», ha continuato Fassina. «Gli effetti sociali ed economici dell austerità stanno compromettendo anche gli obiettivi di consolidamento fiscale, a partire dalla riduzione del debito, che infatti continua a lievitare». «La verità è che il Def si basa su un modello economico palesemente disfunzionale, che è la vera causa della crisi e che andrebbe rigettato una volta per tutte. E invece il governo vi ha basato tutta la sua politica economica», è la sintesi di Maurizio Franzini, professore di politica economica all Università La Sapienza. Infine, Giulio Marcon di Sel e Grazia Naletto di Sbilanciamoci! hanno denunciato come il Def non preveda alcuna misura per centrare gli obiettivi Europa 2020, che non vengono neanche presi in considerazione. In definitiva, è apparso evidente dall incontro di ieri che quella di Renzi è una finanziaria che sta creando molti malumori, anche tra le fila del Pd «insostenibile ed irrealistica, sbagliata la teoria e sbagliati i numeri» è il giudizio conclusivo di Fassina e del suo collega Guerrieri, senatore Pd e vicepresidente dell Istituto Affari Internazionali, e che proprio il Def potrebbe rappresentare l occasione per l emergere di un nuovo processo politico, alternativo alla logica dell austerità.

5 SABATO 12 APRILE 2014 il manifesto pagina 5 SERENO A CHI Operai Da Melfi commentano lo spot in cui le tute blu ballano tra le linee: «In quel video ci sono solo capi e capetti, è un falso» AEROPORTO Scalo di Firenze, Renzi «perde» la pista desiderata /FOTO ALEANDRO BIAGIANTI Antonio Sciotto INVIATO A RIMINI «S e RIMINI Le voci dei delegati nel secondo giorno del congresso Fiom «Pacchi» di Marchionne, c è poco da stare Happy ci provassero, a impacchettare la mia macchina, mi incazzerei di brutto. E così la pensano gli altri operai». Ciro D'Alessio, delegato Fiom alla Fiat di Pomigliano, non ha gradito le nuove tecniche di marketing del Lingotto. «Sono venuti anche da noi racconta Mettevano quel cellophan, poi il cuore spezzato: e ti dicevano che devi comprare italiano, che la Fiat fa ottime offerte. Ma certo ci vuole faccia: pagano le tasse all'estero, però noi dobbiamo comprare italiano. Io peraltro non ho manco i soldi per acquistare un'auto, sto in cassa da 4 anni». Per la cronaca, ieri Sergio Marchionne ha definito «geniale» l'idea del pacco. Insomma, non solo le discriminazioni, i licenziamenti, i processi (che hanno dato ragione alla Fiom), ora arrivano anche le pubblicità. Da Melfi commentano un altro spot, che li vede protagonisti. Il famoso «Happy», dove le tute blu ballano felici tra le linee, insieme al direttore dello stabilimento, diventato virale sul web. «Abbiamo visto la classe operaia che balla, ma lì gli operai non c'erano protesta Dino Miniscalchi, delegato Fiom alla Fiat di Melfi. C'erano capi e capetti in quel video: quando decidono queste cose, fanno le assemblee con i lavoratori da soli, fermano le linee e tengono noi della Fiom ben lontani. Gli operai veri, quelli che non ballano, oggi hanno paura per il loro futuro». Poco da ballare hanno anche a Termini Imerese, dove la Fiat ha chiuso da due anni e mezzo, e per il momento non si vedono ancora spiragli per 1200 persone. «Lunedì abbiamo l'ennesimo tavolo al ministero dello Sviluppo dice Roberto Mastrosimone, segretario Fiom Sicilia Parlano sempre di nuovi gruppi interessati, ma ormai chi si fida più. Il nuovo governo? Vorremmo sperare che qualcosa cambi, ma certo non ci aiuta il fatto che la Fiat continui a voler esercitare un monopolio di fatto, quando porta le sedi all'estero e in Italia produce sempre meno: ora siamo a 400 mila auto l'anno, quando nel 2009 Marchionne aveva parlato di un obiettivo di La storia/ AGNESE, DOPO LA BRUTTA AVVENTURA, È DIVENTATA MEDIATRICE FLAI-CGIL «Sfruttata e pestata dal padrone, ora lavoro per i più deboli» «In Costa D'Avorio diciamo così: se dai a tuo figlio una pistola, oggi sparerà al tuo nemico, ma un giorno ucciderà te» A gnese è una ragazza piccola, ma ha una forza enorme. L'anno scorso, al culmine delle avversità, il padrone presso cui lavorava l'ha picchiata, spalleggiato da sua moglie e da un'altra donna, e l'ha lasciata in mezzo a una strada. Lei è ivoriana, è venuta a vivere in Italia nel 2003, e oggi, a 33 anni, è delegata della Flai Cgil: lavora come mediatrice culturale del sindacato di strada. «Non sono venuta nel vostro Paese da irregolare ci spiega dopo che ha raccontato la sua storia dal palco del congresso Flai di Cervia Sono entrata con il decreto flussi, una signora con cui collaboravo già in Costa D'Avorio ha garantito per il mio ingresso. La vita in Italia non è mai stata facile, ero lontana dalla mia famiglia e dovevo guadagnarmi da vivere, ma i primi anni li ho passati in relativa tranquillità». La trafila di Agnese è stata simile a quella di tanti giovani del nostro Paese: per diversi anni, grazie all'intermediazione di un'agenzia interinale, è passata da un contrattino a un altro. Sempre di pochi mesi, per le più svariate occupazioni: operaia, commessa, addetta alle vendite. Poi, tre anni fa, ha risposto a un annuncio: «Cercavano una ragazza non grassa che fosse disponibile a trasferirsi in Calabria, a Rossano, per lavorare in un agriturismo». Non grassa? «Quando chiamai al telefono mi spiegarono che si sarebbero dovute percorrere delle scale, più volte al giorno, piuttosto strette: e che quindi serviva una persona agile». Agnese chiede di essere messa alla prova per due settimane, e concorda che solo alla fine si sarebbe parlato di salario. In effetti poi resta all'agriturismo per un mese: «All'inizio sembravano così gentili, e ci mettemmo d'accordo per vitto, alloggio e un salario di 400 euro». Per un anno il pagamento degli stipendi in nero è regolare, ma poi i padroni di Agnese cominciano a sottrarsi ai propri doveri: «Per un intero anno e mezzo non ho più visto un salario intero: ogni tanto mi davano 20 euro per una ricarica, o per fare un po' di spesa. E commentavano: 'Ma di che soldi hai bisogno? Mangi e dormi da noi'». Se non era schiavismo, poco ci mancava: certo Agnese era libera di andarsene quando voleva, e i padroni, durante le loro liti sempre più frequenti, in effetti la invitavano a lasciare il suo posto. Ma il credito nei loro confronti si accumulava, prima la ragazza avrebbe voluto essere pagata. Inoltre, da qualche tempo si erano aggiunti degli episodi molto spiacevoli: «Il titolare dell'agriturismo ci provava pesantemente con me, ma io ho sempre respinto le sue avances. Lui di questa cosa, che una donna che lavorava per lui potesse respingerlo, non si capacitava: altre ragazze, sempre straniere, impiegate in un suo caseificio, alla fine avevano ceduto al ricatto. Ma non voglio giudicare nessuno aggiunge Agnese. Ciascuno compie le scelte che ritiene opportune: vivere in Italia è veramente dura per chi non ha nessuno e magari è pure irregolare». Nel frattempo anche Agnese diventa irregolare, visto che non solo il salario, ma anche il contratto non si vede, neppure con il lumicino, e così in base alla Bossi-Fini non sarebbe autorizzata a rimanere in Italia: in questo modo, ovviamente, è ancora più ricattabile. «Una mattina di giugno, la ricordo ancora, era il 4 racconta, con le lacrime agli occhi vennero il padrone, la moglie e una lavorante polacca. Io ho chiesto per l'ennesima volta i miei soldi, minacciando questa volta di chiamare i carabinieri: lui ha cominciato a picchiarmi, e anche le due donne gli hanno dato man forte». Alla fine Agnese era tutta lividi e sanguinava, aveva perso un dente. Il trio la porta in stazione e la abbandona lì, il padrone le getta addosso duecento euro, e le dice: «Ora vattene via, a Rossano la legge sono io. Partito il gruppo, la ragazza chiama i carabinieri, che la portano al pronto soccorso. E partono le denunce. L'indagine degli inquirenti è ancora in corso, e probabilmente presto si aprirà un processo. Agnese nel frattempo è stata accolta dalla Flai Cgil, che le ha trovato un alloggio e la fa lavorare nel sindacato: «L'altro giorno dice abbiamo assistito un ragazzo di 26 anni, africano come me. In Italia a volte c'è molto razzismo nei nostri confronti. Qualche tempo fa una bambina per strada mi ha gridato di tornarmene al mio paese, e sua madre si è messa a ridere. Io le ho detto: se educhi tua figlia così, oggi ridi, ma domani lei offenderà te. In Costa D'Avorio abbiamo un detto: se dai a tuo figlio una pistola, oggi sparerà al tuo nemico, ma un giorno ucciderà te». an. sci. LEGGENDO I-MAC AL CONGRESSO FIOM DI RIMINI/FOTO ALEANDRO BIAGIANTI 1,4 milioni. Dovremmo puntare sull'auto ecologica, sull ibrido e l elettrico: ma dovrebbe farlo tutto il Paese». Anche da Mirafiori raccontano che il lavoro è poco e gli investimenti Fiat ancora solo un miraggio: «Si lavora 3-4 giorni al mese dice la delegata Fiom Nina Leone Siamo sempre alla politica degli annunci, che non si concretizzano mai. Aspettiamo il 6 maggio, quando Marchionne presenterà il suo piano da Detroit». E se va dato atto al governo Renzi di aver portato verso una conclusione positiva i casi Electrolux (taglio del salario scongiurato, ma si deve ancora lavorare per far ritirare gli esuberi) e Micron (accordo e niente esuberi), alla Fiom adesso confidano nel terzo gol: «Speriamo, dopo 4 anni di cassa, che sia la volta buona dice Silvia Curcio, delegata Fiom della Irisbus di Avellino Il viceministro Claudio De Vincenti ha lavorato bene fin dal governo Monti, e ora pare che l'esecutivo abbia individuato un acquirente: si parla di una newco tra un grosso produttore cinese e capitali italiani, forse un 20% Finmeccanica». «La Fiat paga le tasse all estero e poi pretende che noi compriamo auto italiane...» La Irisbus era di Fiat Industrial, produceva autobus: non è che le commesse manchino, ma l'azienda torinese ha pensato bene di delocalizzare in Francia (dove per i trasporti ci sono sostegni governativi) e Repubblica ceca, lasciando terra bruciata in Italia per non avere concorrenti. «All'ultima riunione al ministero, il 9 aprile racconta la delegata Fiom Fiat avrebbe voluto scongiurare il prolungamento della cassa in deroga, che scade il 30 giugno, e aprire per tutti le mobilità». Insomma, una pietra tombale sulla produzione. «De Vincenti ha preso per due ore da parte il rappresentante Fiat, e alla fine lo ha convinto racconta ancora Silvia Curcio - Abbiamo ottenuto la proroga della cassa fino a fine anno, ma se va in porto la nuova società, che dovrebbe comprare anche la Breda Menarinibus di Bologna, potremo avere in Italia un nuovo polo degli autobus. Il nostro sarebbe uno dei pochi casi di azienda che chiude e poi riapre, senza cambiare la mission produttiva». Riccardo Chiari FIRENZE B ussa alla casse pubbliche l'aeroporto di Firenze, e chiede almeno 120 milioni di euro per potenziare lo scalo di Peretola. Alla fine Marco Carrai, braccio destro di Matteo Renzi e suo consigliere-sponsor nel mondo degli affari e della finanza, ha dovuto scoprire la carte e presentare il rendiconto di quanto costerebbe la nuova pista parallela. Sono solo cinque pagine, di appendice al Masterplan aeroportuale, ma bastano e avanzano. Perché nella partita dell' «Amerigo Vespucci», la cui trasformazione in scalo intercontinentale è da anni al primo posto nei desiderata fiorentini di Renzi (e dei suoi alleati), l'unico punto fermo è che non ci debbano essere finanziamenti pubblici per gli imponenti lavori di ristrutturazione progettati da Adf, presieduta da Carrai. Ricorrere ai soldi della collettività, fabbricando nuovo debito, in una operazione direttamente riconducibile al proprio cerchio magico. Una missione impossibile, anche per Renzi. Alla questione di opportunità politica, si aggiunge il divieto ai finanziamenti pubblici posto dal Consiglio regionale toscano, che deve approvare la variante al Piano di indirizzo territoriale, senza la quale i lavori non potranno partire. Infine ci sono le normative europee sugli investimenti comunitari per il settore. Finanziamenti che possono arrivare solo in alcuni casi specifici. Senza che si possa configurare una concorrenza sleale verso gli scali aeroportuali più vicini. Come Pisa. Ma anche Bologna. Eppure l'adf di Marco Carrai tira dritto. «I risultati dell'analisi economico finanziaria sono stati elaborati scrive la società che gestisce Peretola - assumendo l'ipotesi che i privati investitori assumano direttamente l'esborso previsto a fronte dei lavori ipotizzati, al netto di una quota di contributi pubblici non inferiore a complessivi 120 milioni di euro». A seguire arrivano i costi complessivi, che per una nuova pista di metri - al momento mai discussa nelle pieghe del Pit - sarebbero di 258 milioni. Mentre per una pista di metri, su cui è già stata adottata la variante al Pit in attesa dell'approvazione definitiva, il costo dell'operazione stimato da Adf sarebbe di 245 milioni. Il Masterplan fa arrabbiare il consigliere Massimo Mattei, che è del Pd ma dà voce alla dichiarata contrarietà di Prato e dei popolosi comuni della Piana fiorentina - a una pista parallela che farebbe della città laniera la valvola di sfogo (continui sorvoli a bassa quota, inquinamento acustico e ambientale) del Vespucci. «Da Adf arriva una quantità di bugie evidenti osserva Mattei, presidente della commissione trasporti - dopo aver detto per mesi di poter finanziare l'investimento da soli, ora chiedono un impegno pubblico per 120 milioni. In contraddizione con il Pit, e con le norme comunitarie sulla libera concorrenza». A non sorprendersi è Monica Sgherri di Rifondazione, sempre motivatamente contraria all'intera operazione, e che già da tempo quantificava in 240 milioni il costo del potenziamento di Peretola. «Ora la società Adf ammette di non essere in grado di sostenere l investimento. Ma la delibera dell integrazione al Pit non ammette contribuiti pubblici. Una condizione sulla quale siamo rafforzati anche dalle normative Ue sulla concorrenza sleale, che appunto escludono contributi pubblici. E che quindi, se concessi, aprirebbero a possibili ricorsi. Se non sarà Pisa, potrebbe essere Bologna».

6 pagina 6 il manifesto SABATO 12 APRILE 2014 ITALIA Silvio Viale, ginecologo, a capo del servizio italiano di interruzione volontaria di gravidanza: «Una tragica fatalità, ma non c è nesso con il mifepristone» Maurizio Pagliassotti TORINO A. M., trentasei anni, aveva scelto l interruzione di gravidanza farmacologica il 4 aprile, data in cui le era quindi stato somministrato il mifepristone, altrimenti noto come pillola abortiva Ru486, per bloccare la gestazione. In quella data, e nei giorni successivi, nessun effetto collaterale era stato registrato. Mercoledì mattina i medici dell ospedale Martini di Torino, seguendo il protocollo abituale, le avevano somministrato la prostaglandina, sostanza che favorisce l eliminazione della mucosa e dell embrione. Tutte le analisi previste dal protocollo, compresa l ecografia, non avevano rivelato nulla al di fuori della norma, ma nel primo pomeriggio la paziente aveva iniziato ad accusare i primi problemi: «mi manca l aria» aveva detto. Immediatamente le era stato fornito l ossigeno e la paziente era stata sottoposta a un elettrocardiogramma che aveva riscontrato una «fibrillazione ventricolare». Poi, ma è ancora da accertare, un embolo prodotto da queste contrazioni irregolari del cuore e l arresto cardiaco. I medici sono stati costretti ad intervenire con il defibrillatore. L allarme sembrava rientrato, ma la donna, poco dopo le 22, ha avuto un altra crisi, inutili i tentativi di rianimazione, durati 25 minuti. A. M., nota a Torino per il suo impegno politico e sociale, lascia un bimbo piccolo. La famiglia ha scelto di non procedere legalmente nei confronti dell ospedale e il ginecologo Flavio Carnino, primario del reparto di ostetricia dell ospedale Martini, ha escluso ogni tipo di errore da parte del personale medico intervenuto. «Sono stati rispettati tutti i protocolli che si utilizzano sempre in questi casi. Nel 2013 l'ospedale ha eseguito una sessantina di interruzioni con quel sistema e non si è verificato nessun problema. I farmaci utilizzati sulla paziente sono quelli che abitualmente si TORINO La procura apre un inchiesta dopo la morte della donna in ospedale. Aveva assunto la pillola abortiva «Nessuna relazione con la Ru486» FOTO TAM TAM LE REAZIONI Destra all attacco M entre la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, chiamata da più parti a riferire in Parlamento sulla tragica morte della donna torinese, ha preferito astenersi dai commenti «fino a quando non ci sarà un referto autoptico», il resto della destra ha approfittato dell occasione per riaffermare la convinzione che, con l autorizzazione all impiego della pillola abortiva ci sia stata «una sottovalutazione nel nome di quella cultura della banalizzazione di un atto drammatico come l'interruzione di gravidanza», come ha detto ieri Maurizio Sacconi, presidente dei senatori del Nuovo Centrodestra. E proprio nel giorno in cui Papa Francesco nell'udienza con il Movimento per la Vita pronuncia le parole del Concilio Vaticano II: «L'aborto e l'infanticidio sono delitti abominevoli». «Questo evento tragico deve ricordare a tutti che l'aborto non si può affrontare in modo ideologico e sbrigativo - ha detto Eugenia Roccella, Ncd, vicepresidente della commissione Affari Sociali della Camera magari anche privilegiando un metodo abortivo perché libera le strutture sanitarie dal peso dei ricoveri». In molti chiedono di ritirare l autorizzazione o di proibirne l uso in regime di day hospital. Ma c è anche chi, come i Radicali chiede a Renzi di rifiutare «le strumentalizzazioni inaccettabili e irrispettose» e di dire «parole chiare in merito alla questione aborto e in particolare sull'aborto farmacologico». usano e l equipe medica si è prodigata in ogni modo per salvare la paziente», ha riferito il dottore. La procura di Torino, a cui si è rivolta la Asl To1 in cui rientra l ospedale Martini, ha aperto un inchiesta e per il momento ha bloccato l autopsia, prevista per ieri, rinviandola a lunedì. Anche il ministero della Salute ha aperto un fascicolo sul caso, gli ispettori inviati dalla ministra Lorenzin dovranno produrre una relazione sulla base della documentazione che i funzionari della Regione Piemonte saranno chiamati a fornire. Il quotidiano La Stampa, che ieri ha pubblicato la storia, ha scritto di «primo caso in Italia» «dopo l aborto con la pillola». «Sono vicino alla famiglia di A. M. ma nessuna relazione esiste tra la morte di A. M. e la pillola Ru486» queste le parole si Silvio Viale, ginecologo, a capo del servizio italiano di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) presso l Ospedale Sant Anna di Torino, padre politico nell impegno a favore della Ru486 o mifepristone, tecnica per l aborto farmacologico, di cui ha avviato la sperimentazione in Italia nel Viale pone un argine alle polemiche relative all utilizzo della pillola che interrompe la gravidanza. Una strumentalizzazione che alcuni gruppi religiosi tradizionalisti già nella giornata di ieri hanno cominciato a veicolare sui social network, a cui però non hanno fatto seguito prese di posizione ufficiali delle gerarchie cattoliche, torinesi e non. Dottor Viale, cosa è successo in ospedale mercoledì? Una fatalità tragica, un arresto cardiaco che può capitare in qualsiasi situazione, non collegabile alla pillola Ru486. Non si può provare alcun nesso teorico e pratico di causalità con il mifepristone, perché non ci sono i presupposti farmacologici e clinici. Al limite si può pensare che siano gli altri farmaci, gli stessi che si impiegano per l interruzione volontaria della gravidanza chirurgica, i maggiori sospettati di un nesso con le complicazioni cardiache. Esiste un singolo episodio precedente simile a quello accaduto oggi, avvenne nel 1991 in Francia. Ma dopo le successive modifiche farmaco-procedurali non è mai più avvenuto. Esistono rischi intrinseci nella somministrazione del farmaco? No. Il mifepristone è regolarmente autorizzato dall Agenzia italiana del farmaco (Aifa) anche per gli aborti chirurgici volontari del primo trimestre e per le interruzioni terapeutiche del secondo trimestre, per cui le buone norme di pratica clinica prescriverebbero di utilizzarlo nel 100 per cento degli aborti e, se non è cosi, è solo per motivi politici e organizzativi. Giungerà una strumentalizzazione politica sulla vicenda, siamo in Italia. Cosa rispondere? Io spero che si rimanga fedeli alla scienza e che l autopsia chiarisca bene quali sono state le cause di questa morte. Le donne nel mondo che hanno assunto la pillola Ru486 sono milioni e da anni il suo utilizzo è pratica normale. Purtroppo qui da noi sono mai cessate le polemiche e a trentasei anni dalla legge 194 l aborto è considerato come una pratica ai margini della sanità, quasi una prassi al di fuori della normativa. La 194 è l unica legge che ancor oggi obbliga la donna a soprassedere sette giorni sulla sua decisione di interrompere la gravidanza prima di potersi sottoporre all intervento. Le donne che hanno intenzione di seguire questa pratica non devono preoccuparsi. È un evento tragico e doloroso, ma sicuramente eccezionale. Eurostat / CON UNA PERCENTUALE DEL 22,4% SIAMO L ULTIMO TRA I 28 PAESI UE Laureati d Europa trend positivo L Italia, fanalino di coda, arranca L Italia è ultima in classifica in Europa per numero di laureati. Ormai è così da tre a questa parte. Gli italiani fra i 30 e i 34 anni che hanno completato il ciclo di studi universitari sono il 22,4% della popolazione, il livello più basso fra i 28 Paesi dell Unione europea. Secondo i dati diffusi ieri da Eurostat, e relativi al 2013, l Italia si classifica dietro Romania (22,8%), Croazia (25,9%) e Malta (26%), mentre la media Ue si attesta al 37%. Dal 2002 al 2013, si sottolinea nel rapporto dell Eurostat, c è stato un aumento costante della percentuale di persone laureate nell Unione europea, passata dal 24% al 37%. E il numero è aumentato in tutti i Paesi, con in testa Irlanda (52,6%), Lussemburgo (52,5%) e Lituania (51,3%). Dalle tabelle dell istituto di statistica europeo emerge anche che l Italia soffre nella classifica dell abbandono del secondo ciclo di studi, dove si piazza quintultima. In Europa la percentuale di abbandono scolastico dei giovani fra i 18 e i 24 anni Male anche il dato degli abbandoni scolastici. Quartultimi in classifica con il 17%. I virtuosi stanno a Est è diminuita costantemente, dal 17% del 2002 al 12 del Anche sul fronte della battaglia contro gli abbandoni scolastici, l'italia si classifica in fondo alla classifica: 23esima su 28 per numero di ragazzi tra i 18 e 24 anni che hanno abbandonato studi e formazione dopo la scuola media, il 17%, mentre la media Ue è dell'11,9%. Peggio fanno solo Spagna (23,5%, record negativo), Malta (20,9%), Portogallo (19,2%) e Romania (17,3%). Ma se Madrid e Lisbona hanno tuttavia registrato importanti progressi: gli spagnoli sono passati dal 31% di abbandoni del 2007 al 23,5% del 2013 e i portoghesi dal 36,9% al 19,2%, l Italia in sei anni è migliorata solo del 3%. I paesi virtuosi sono invece Croazia (3,7%), Slovenia (3,9%) e Repubblica ceca (5,4%). Questo quadro a tinte fosche è stato ripetutamente tracciato da analisi simili a quelle di Eurostat, pubblicate negli ultimi mesi sia da Almalaurea che dall Anvur in occasione della presentazione del primo rapporto sullo stato dell'università Ad approfondire però gli effetti della deliberata strategia intrapresa dalle classi dirigenti italiane con il taglio di 10 miliardi di euro dal 2008 all istruzione e alla ricerca è giunto ieri il rapporto Ricercarsi, una ricerca sul precariato nelle università condotta su un campione di questionari presentato ieri alla città della scienza di Napoli nel corso del congresso della Flc-Cgil. «Meno della metà dei ricercatori delle università italiane è assunto a tempo indeterminato, mentre tra i ricercatori solo il 30 per cento ha un rapporto a tempo indeterminato» ha detto il ricercatore Francesco Vitucci. Negli ultimi 10 anni il precariato nelle università è quasi raddoppiato: 10 mila posizioni in più, a dimostrazione che al blocco del turnover le università hanno risposto in un solo modo: moltiplicando il numero dei contratti precari, senza contare il lavoro gratuito e le corvée. Nel decennio della grande dismissione deciso dal governo Berlusconi e mai più corretto dai suoi successori, solo il 7% dei 35 mila contratti stipulati si è trasformato in assunzioni. Il 35% dei fuoriusciti è oggi disoccupato. Lo Stato italiano si conferma il più grande sfruttatore al mondo di lavoro precario, in particolare di quello qualificato. Non bisogna infatti dimenticare che, solo restando al mondo dell istruzione, tiene da tantissimi anni sulla corda almeno 141 mila docenti precari, senza considerare le multiformi precarietà del resto del personale scolastico. I dati di oggi rivelano tuttavia qualcosa in più. Come tagliatore di teste, lo Stato italiano è molto più spietato di qualsiasi manager in un azienda privata. ro. ci.

7 SABATO 12 APRILE 2014 il manifesto pagina 7 STUPEFACENTI Il consumo di sostanze in Italia continua a crescere. Malgrado dai tempi di Giovanardi il capo Dipartimento Serpelloni affidi ad agenzie fidate e ben pagate l analisi dei dati. Che sostengono il contrario Antidroga, il business delle relazioni politiche Alessandro De Pascale A differenza di quanto afferma il Dipartimento politiche antidroga (Dpa) della Presidenza del consiglio, i consumi di droga nel nostro Paese continuano a crescere. Soprattutto tra i giovanissimi. A dirlo sono le anticipazioni dei risultati dell indagine Espad-Italia, una ricerca sui comportamenti d uso di alcol, tabacco e sostanze illegali da parte degli studenti delle scuole medie superiori, inserita nell omonimo progetto del Consiglio d Europa. Lo studio italiano viene condotto fin dal lontano 1995 dall Istituto di Fisiologia Clinica (Ifc) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), sulla base degli indicatori standard richiesti dall Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze di Lisbona (Emcdda). O almeno è stato così fino alla creazione del Dipartimento in questione, il 20 giugno del A partire da quell anno, durante il quarto governo Berlusconi nel quale sottosegretario con delega a famiglia, droga e servizio civile era Carlo Giovanardi, coautore assieme a Fini dell omonima legge repressiva da poco bocciata dalla Consulta che equiparava tutte le sostanze inasprendo le pene detentive, il neo Dipartimento politiche antidroga, guidato allora come oggi da Giovanni Serpelloni, ha deciso infatti di affidare ai privati le statistiche italiane sui consumi. Quelle che l Italia trasmette poi annualmente all Unione europea e alle Nazioni Unite. Sarà anche un caso, ma da allora, come si può vedere nelle tabelle che pubblichiamo, si è registrato un crollo dei consumi di tutte le sostanze e in particolare di eroina, allucinogeni e stimolanti. Tanto che nel 2010, il primo anno in cui il Dipartimento ha diffuso i suoi dati, Giovanardi e Serpelloni annunciano trionfalmente alla stampa che in Italia ci sono un milione di tossicodipendenti in meno. Da allora, lo studio, è stato affidato a diversi soggetti. A realizzare l ultimo, il Consorzio universitario di economia industriale e manageriale (Cueim), con sede legale a Verona, che, come lascia intendere il nome e il loro stesso sito web, si occupa soprattutto di questioni economiche e manageriali, non sembrando invece avere alcuna pregressa esperienza nel settore delle dipendenze patologiche o peggio ancora delle analisi epidemiologiche, paragonabile ad esempio a quella dell Ifc-Cnr, un ente pubblico di ricerca che viceversa opera da decenni in questo ambito. Dalla convenzione tra il Dipartimento e il Cueim, siglata il 10 ottobre 2011 per un importo 237 mila euro, emerge inoltre che l affidamento è avvenuto in maniera diretta, quindi senza alcuna gara. E si tratta di un altra scelta opinabile, soprattutto quando si appalta a strutture non pubbliche ma private, poiché il Consorzio in questione risulta composto non solo da università, ma anche da banche, società di assicurazioni e altre società di consulenza. Il contratto per il Survey Italy sui consumi di droghe, non è nemmeno l unico commissionato al Cueim con una negoziazione privata e quindi senza comparazioni con altre possibili offerte. Sarà anche questo un caso ma il tra i soci sostenitori del Consorzio in questione, figura anche l Azienda Ulss 20 di Verona nella quale lavorava Serpelloni, prima di approdare a Palazzo Chigi. Fatto sta che soltanto tra il 2010 e il 2012, il Dipartimento da lui guidato ha affidato al Cueim 7 studi e ricerche per quasi 3 milioni di euro. Oltre al "Survey Italy", sono infatti stati commissionati al Consorzio veronese anche il progetto Communication (360 mila euro), il Sind Support (un milione di euro), il progetto Consorzio di solidarietà per la prevenzione (350 mila), il Prevenire (390 mila), il Promo Eurodrugs 2 Eurotraining (350 mila) e La strada per una guida sicura (220 mila). Tornando allo studio sui consumi, nella loro prima relazione, quella 2012 ma basata ovviamente su dati dell anno precedente, l allora ministro con delega al contrasto alle tossicodipendenze, Andrea Riccardi (governo Monti), visto il basso tasso di risposta ai questionari (pari al 33,4%) che rendeva tale dato «difficilmente rappresentativo», avrebbe imposto di aggiungere per la prima volta un inciso sulla «non validità statistica del dato». Ma come vengono realizzati questi due studi sui consumi? L Ifc del Cnr somministra a un campione molto ampio di ragazzi (45mila studenti di 500 scuole, una per provincia) un questionario cartaceo, che gli studenti possono compilare autonomamente nella propria aula, seduti al loro banco. Quando hanno finito, lo inseriscono in una busta che viene poi sigillata e inserita in una scatola. La ricerca duplicato, quella del Dipartimento antidroga, prevede viceversa un questionario web. La compilazione avviene quindi sullo schermo a video, nell aula informatica della scuola, all interno della quale vengono accompagnati dagli insegnanti che sicuramente girano poi tra le varie postazioni informatiche. Inutile aggiungere che si tratta di informazioni delicatissime e basta modificare anche solo una domanda all interno del questionario, per rischiare di attribuire alle politiche di governo, piuttosto che a qualsiasi altra cosa, la variazione di un trend. Questo per quanto riguarda i ragazzini, perché anche per la popolazione adulta, il Dipartimento ha creato un duplicato dello studio Ipsad condotto dal Cnr. Il questionario del Dpa è bello e patinato nonostante la crisi, e inviato a casa di un campione della popolazione, a firma di Mario Monti (allora era lui il premier). In quest ultimo caso, il crollo dei consumi registrato è stato ancora maggiore rispetto a quello ottenuto coi ragazzini. Espad/ PARLA SABRINA MOLINARO, CNR, AUTRICE DELLO STUDIO «Psicofarmaci e miscugli fai da te» Come si sballano oggi gli adolescenti A. D. P. P er Sabrina Molinaro, la ricercatrice che cura in Italia lo studio Espad, «aumentano tutti i consumi massicci e frequenti, che poi sono quelli più a rischio». Secondo lei, qual è il dato più preoccupante che emerge dal vostro nuovo studio? Guardando la tabella dei frequent users (20 o più volte al mese), quello che colpisce ma che nessuno vuole dire è la linea del consumo di psicofarmaci, un dato allarmante che denuncio da cinque anni. Nel questionario che inviamo agli studenti, ovviamente, non possiamo chiedergli se fanno uso di Tavor, piuttosto che di Prozac o Lexodiocina, perché non vogliamo dargli spunti su cosa assumere e nemmeno fare pubblicità alle case farmaceutiche e con ragazzi di 15 anni nemmeno parlare di principi attivi. Di conseguenza, quello che possiamo chiedergli è se fanno uso di psicofarmaci senza prescrizione medica per dormire, rilassarsi o sballarsi. La domanda quindi può contenere all interno un errore, perché magari ci sono ragazzi che prendono le gocce della nonna pensando sia uno psicofarmaco e invece sono quelle dell erboristeria. Quindi non dico che questo sia il dato esatto del consumo ma deve comunque farci riflettere, poiché dimostra che da anni i ragazzi le droghe se le creano. Come del resto accade anche nel resto del mondo, dove abbiamo osservato che laddove c è stata una contrazione delle risorse economiche e un aumento dei prezzi delle sostanze, chi voleva comunque sballarsi ha fatto "fai da te". Dai vostri dati sembra che il consumo di eroina nel nostro Paese sia esploso tra i giovanissimi, raggiungendo livelli che non si vedevano da dieci anni. È così? La cosa che ci deve far riflettere di quei numeri non è tanto la prevalenza una tantum. Ma quella di uso frequente, ad esempio l uso quasi quotidiano di cannabis, oppure il consumo bisettimanale di altre sostanze. I numeri infatti ci dicono che aumentano tutti i consumi massicci, che poi sono quelli più a rischio. Credo che i nostri governanti dovrebbero interrogarsi sull efficacia delle politiche messe in atto negli ultimi anni. Cosa altro emerge di interessante dai vostri studi? Un altra cosa buffa che si vede, sempre tra i frequent users, è la linea delle ubriacature. In sostanza, i ragazzini che mi hanno detto che nell ultimo mese hanno bevuto così tanto alcol da non reggersi in piedi. Perché era questa la domanda e non se sei stato brillo. Ebbene, quelli delle ubriacature sono i dati più stabili. Nel Vecchio Continente, a differenza di tutte le altre sostanze, siamo tra i Paesi che in questa fascia giovanile hanno il tasso più basso di abusi alcolici. Un dato che dovrebbe farci riflettere, visto che parliamo di una sostanza sulla quale non c è proibizionismo e per la quale rispetto al resto d Europa abbiamo un educazione: per intenderci, l alcol alimentare, il vino a tavola, che non usiamo per sballare ma a scopo nutritivo. La crisi economica ha provocato la nascita di nuove sostanze chimiche, super economiche perché derivate da schifezze varie in commercio? L esempio lampante è quello del Krokodil in Russia. In sostanza nient altro che pasticche per la tosse (a base di codeina) sciolte dentro un acido, motivo per cui se te lo inietti e va fuori vena crea gravi danni ai tessuti. Ma la desomorfina la usano quei tossicodipendenti che non hanno più nemmeno i soldi per comprarsi l eroina e fortunatamente in Italia per ora non siamo a questi livelli. Dai rapporti di polizia emerge inoltre che laddove nel nostro Paese si sono registrati casi di desomorfina cercavano di venderla più cara dell eroina. Quindi chiaramente non ha attecchito. In Grecia, invece, a causa della crisi economica, hanno tutta una serie di droghe low cost, dato che si fanno di quello che trovano, a partire dalla Sisa creata con il liquido delle batterie d auto. Altri dati interessanti? È interessante a mio avviso fare un ragionamento sui poliutilizzatori. Sappiamo che stiamo parlando di un fenomeno assai complesso, per cercare di comprenderlo abbiamo applicato un modello di cluster analisys fra tutti gli studenti utilizzatori di sostanze illegali, al fine di capire gli stili di consumo. È ancora un analisi preliminare ma già ci da qualche punto interessante. Non abbiamo considerato chi ha detto di fare uso una sola volta di più sostanze ma coloro che ne usano diverse numerose volte in un anno. Questo perché è corretto considerare poliutilizzatore chi si fuma cannabis tutti i giorni e consuma cocaina magari a Capodanno (cosa che viene fatta spesso quando si analizzano dati simili a questi). In sintesi, tra questi 500 mila ragazzi tra 15 e 19 anni utilizzatori di sostanze illegali abbiamo identificato tre gruppi: il più grande (55%) usa cannabis sporadicamente (una o due volte al mese), il 27% fuma spinelli più di dieci volte l anno (e solo sporadicamente prova altre sostanze), infine il 18% "zoccolo duro" dei consumatori (quello 0,7% che usa droghe pesanti, circa 16 mila ragazzini) fa uso di più sostanze e lo fa con una frequenza alta, nella maggior parte dei casi associano cocaina-eroina-cannabis-stimolanti. Visti questi risultati, stiamo mettendo a punto alcuni indicatori descrittivi per i modelli di poliabuso, ovvero vogliamo cercare di conoscere meglio questa minoranza di utilizzatori che assume tipologie differenti di sostanze.

8 pagina 8 il manifesto SABATO 12 APRILE 2014 Alain Gross, arrestato nel 2009 con l'accusa di spionaggio è in sciopero della fame, per protestare contro «l abbandono» che avverte da parte del governo americano NELLA FOTO CUBA, SOTTO SIERRA DIAZ, A DESTRA IL LOGO DEL «TWITTER CUBANO», SOTTO IL PRESIDENTE VENEZUELANO MADURO /REUTERS Geraldina Colotti R ogelio Sierra Diaz, viceministro degli Esteri cubano, è in Italia per preparare un tavolo d'incontri con i paesi della Ue: «A fine aprile dice al manifesto avrà luogo all'avana la riunione d'avvio di un lungo percorso di negoziato in vista di un accordo di cooperazione bilaterale tra l'unione europea e Cuba». Sarà un dialogo condizionato come pensano alcuni? Cosa vi aspettate da questo percorso? Il punto di partenza è il principio di autodeterminazione, stabilito dall'accordo di dialogo tra Ue e Cuba nel 2008 e il mutuo rispetto. Con questo spirito, il governo cubano ha accettato di discutere il pacchetto di direttive proposto dalla Ue, che denotano il cambiamento nella fallimentare politica adottata dal blocco europeo fino ad oggi. Una politica contraddetta dalle relazioni intrattenute in questi anni tra il nostro paese e quasi tutti quelli che fanno parte della Ue. Stabiliremo i limiti degli interessi reciproci, ma nell'attuale situazione dell'america latina, una relazione condizionata non avrebbe le gambe per marciare. Uno scambio costruttivo, invece, sarebbe conveniente per entrambi i blocchi regionali. E com'è andata con l'italia? Abbiamodiscusso con franchezza e rispetto le differenze esistenti. L'Italia ha condannato il blocco imposto dagli Usa a Cuba nelle votazioni che ogni anno si realizzano nell'assemblea generale delle Nazioni unite, e ha avuto un ruolo positivo nell'inizio di questi negoziati. Nel 2013, il valore degli scambi commerciali tra i nostri due paesi ha superato i 500 milioni di dollari, ed è destinato a crescere dopo l'approvazione delle leggi che favoriscono gli investimenti esteri. L'Italia è il 4 paese per numero di turisti che vengono a visitarci. In Venezuela, l'opposizione chiede al governo di rompere le relazioni con Cuba. In molti nella Ue attaccano Maduro. E l'alleanza del Pacifico, guidata dagli Usa attraverso l'europa lega con accordi neoliberisti diversi paesi dell'america latina. Questo quadro può determinare un cambio di registro tra Caracas e l'avana? Da anni esiste una relazione vicendevolmente proficua tra il popolo venezuelano e quello cubano. Cuba appoggia e sostiene il processo bolivariano. Qualora il Venezuela non considerasse più essenziale questo programma di collaborazione, ne riconsidereremmo la forma, ma per ora questo non si pone. Anzi. Dopo la scoperta della rete Zunzuneo, il suo governo ha nuovamente accusato gli Usa di ingerenza. Cosa fate per proteggervi da questi tentativi? È una nuova operazione sotto copertura. Gli Usa cercano di destabilizzare Cuba per generare un cambio dell'ordinamento politico. Devono smetterla con questi piani che contraddicono il diritto internazionale vigente e la carta delle Nazioni unite. Il nostro paese si mantiene vigile con i mezzi che ha, ma soprattutto con la forza, il sostegno morale e l'appoggio unanime della popolazione al processo rivoluzionario che ha vissuto e continua a vivere Cuba. Stiamo governando un momento di particolare trasformazione che ha l'obbiettivo di migliorare l'economia, aumentare il benessere del popolo e costruire un socialismo più prospero e duraturo. La nostra risposta è nei fatti. Continuiamo a lavorare intensamente per applicare le direttive approvate dal congresso del partito nell'assemblea nazionale, sia sul piano economico che su quello sociale. Nel 2013, la nostra economia è cresciuta solo del 2,7%, un punto in meno della pianificazione prevista, che era del 3,6%: una crescita positiva, considerando la congiuntura internazionale. Continuiamo con entusiasmo, cautela e serietà e responsabilità. Prima di mettere in moto una nuova trasformazione, valutiamo tutto scientificamente. Non possiamo sbagliare, il nostro popolo non deve soffrire per gli errori di una politica applicata male. Alan Gross, arrestato nel 2009 con l'accusa di spionaggio lavorava come contractor per la Usaid, ma nega di essere dei servizi segreti, e sta facendo lo sciopero della fame per chiedere l'intervento di Obama. Qual è la vostra posizione? Ci dispiace che il signor U na maratona di sei ore in diretta tv, sotto l'egida della Unasur e del Vaticano. Giovedì, il governo venezuelano e l'opposizione hanno discusso fino a tarda notte per provare a comporre il conflitto violento che, dal 12 febbraio scorso, ha provocato 40 morti. Un primo passo a mo' di «catarsi», ha detto il ministro degli Esteri ecuadoriano Ricardo Patiño, presente con i suoi omologhi brasiliano (Luiz Alberto Figueredo) e colombiana (Maria Angela Holguin). Il nunzio apostolico a Caracas, Aldo Giordano, ha letto una lettera di papa Bergoglio che ha invitato le parti «all'eroismo del perdono». Il governo bolivariano avrebbe voluto come mediatore l'ex nunzio Pietro Parolin, attualmente segretario di Stato presso la Santa sede, che si è scusato per l'assenza, ribadendo la sua disponibilità «in ogni momento». Nel salone Ayacucho di palazzo Miraflores erano presenti 19 delegati, dieci di opposizione e nove governativi che hanno accompagnato il presidente. Maduro ha introdotto l'incontro, inevitabile il riferimento all'11 aprile di 12 anni fa, quando l'opposizione tentò un golpe (orchestrato LATINOAMERICA INTERVISTA Parla Rogerio Sierra Diaz, viceministro degli Esteri cubano, in visita a Roma «Basta operazioni sotto copertura Usa» Gross sia in sciopero della fame. Ribadiamo la disponibilità per una soluzione accettabile da ambedue le parti, che per noi contempla la preoccupazione umanitaria di riportare a casa 3 agenti cubani prigionieri da 15 anni negli Usa (prima erano cinque, ma due hanno finito la pena). Ricordo che Gross è stato condannato a 15 anni per aver violato le leggi del nostro paese. Ha importato e distribuito illegalmente sistemi satellitari e computer in base a un programma finanziato dagli Usa. Poi è stato portato in ospedale, accudito dai migliori specialisti, e ora è in buona condizione fisica. Riceve regolarmente visite. La detenzione dei nostri tre compagni è ben diversa. E finora il governo nordamericano è rimasto sordo a tutte le richieste. ZUNZUNEO Violata la sovranità di altri Stati Il fallimento del «ronzio» finanziato da Obama Roberto Livi L AVANA R ischia di diventare un boato il ronzio (Zunzuneo) della «cyberguerra» lanciata dai servizi segreti Usa attraverso l Agenzia statunitense per l aiuto allo sviluppo (Usaid) con lo scopo di «promuovere la sovversione a Cuba». Il piano è stato rivelato la settimana scorsa da un inchiesta dell agenzia americana Associated Press (Ap). Si trattava del lancio di una messaggeria rivolta a centinaia di migliaia di clienti di Cubacel, l impresa statale cubana di telefonia mobile (i cui data base erano stati violati) con proposte di musica, sport e altri temi popolari nell isola caraibica. I potenziali fruitori, specialmente giovani, erano stati selezionati con una serie di domande all apparenza innocue, ma tendenti a stabilire il grado di insoddisfazione nei confronti del governo. La rete di comunicazione, soprannominata Zunzuneo nel 2012, momento di massimo sviluppo, poteva contare su più di iscritti cubani.il bloguero cubano Orlando Luis Pardo Lazo ha commentato che il programma è stato così poco efficace nel coinvolgere i cubani che egli ne era venuto a conoscenza solo a causa delle critiche pronunciate da un conoscente schierato con il governo. Per nascondere le operazioni finanziarie Usaid e il governo di Washington usarono conti bancari nelle isole Cayman e imprese di facciata in Spagna e in altri paesi. Furono contattati subappaltatori in imprese private, senza informarli che si trattava di un progetto lanciato e finanziato dagli Usa con evidenti scopi di abbattere il governo di Cuba. La Commissione del Senato Usa che controlla l assegnazione dei fondi federali (20 milioni di dollari a Usaid per i programmi su Cuba, quest anno) nei giorni scorsi ha interrogato Rajiv Shah, capo di Usaid anche su questo progetto. L amministrazione Obama sta difendendo il progetto affermando che si trattava di un programma autorizzato dal Congresso con lo scopo, come sempre, di favorire lo sviluppo di «una vera democrazia» a Cuba. Il portavoce di Usaid, è andato ben al di là, dichiarando che l agenzia di cooperazione statunitense è orgogliosa dei propri programmi rivolti a Cuba, nonstante i palesi fallimenti ottenuti e il fatto che Alan Gross, un proprio collaboratore, inviato anni fa nell isola caraibica per consegnare materiale elettronico capace di generare comunicazioni non controllabile dalla tecnologia del governo a Washington) contro Hugo Chavez, mettendolo fuori causa per 47 ore. Il suo posto venne preso dal capo della Confindustria locale, Pedro Carmona Estanga, appoggiato da media privati e gerarchie ecclesiastiche. Alcune figure di primo piano negli avvenimenti del 2002, come Henrique Capriles, erano presenti a Miraflores. Altre, come il leader di Voluntad popular Leopoldo Lopez, sono in carcere con l'accusa di aver istigato le piazze alla violenza. E la richiesta di amnistia presentata dall'opposizione non riguarda solo gli arrestati di questo ultimo mese, ma anche personaggi di allora, come l'ex commissario Ivan Simonovis. «C'è un tempo per la giustizia e un tempo per il perdono. Questo è tempo di giustizia», ha detto Maduro, che il 14 aprile compirà un anno da presidente. Capriles - suo antagonista diretto, sconfitto di misura alle presidenziali e prima largamente da Chavez non lo ha mai riconosciuto, e continua a chiamarlo «Nicolas». Ha fatto così anche nel suo discorso di giovedì in cui ha accusato il governo per tutti i mali che affliggono il paese: inflazione, insicurezza, scarsità di prodotti. Problemi provocati o acuiti dalla «guerra economica» o dal sabotaggio dei poteri forti, secondo il governo, che ha difeso il socialismo bolivariano. «Abbiamo ridistribuito la rendita petrolifera, scontiamo i problemi economici di tutti i paesi che cercano di rendersi autonomi a livello produttivo», ha affermato Ramirez, ministro dell'energia e del petrolio. E il sindaco Jorge Rodriguez ha chiesto all'opposizione: «Perché nessun quartiere popolare sta protestando come avviene nelle zone di classe medio-alta?» Anche la Fao, ha intitolato il suo programma di lotta alla povertà allo scomparso Hugo Chavez Frias. Invece, per il governatore dello stato Lara, Henri Falcon (che ha cambiato casacca cubano, sia stato condannato a 15 anni di carcere «per spionaggio». Martedì Gross ha annunciato uno sciopero della fame, rivolto più a protestare contro «l abbandono» che avverte da parte dell amministrazione Obama che contro le autorità cubane. Sul fronte Zunzuneo il giornale del Costa Rica, La Nación, ha confermato che Joseph Duke McSpedon, impiegato di Usaid e uno dei responsabili della rete illegale, aveva la sua sede in Costa Rica, senza che il governo locale fosse informato delle sue attività. La Prensa, quotidiano del Nicaragua, ha scritto che Mario Bernheim, secondo l Associated Press uno dei creatori di Zunzuneo, lavorata nell Ambasciata americana di Managua. Il cosidetto «Twitter cubano» non sarebbe un progetto isolato, bensì parte di una strategia ormai consolidata negli Usa e in Inghilterra dal Government Communications Headquarters, omologo dell americana Nsa- di usare i media sociali in modo occulto per propaganda, falsificazione di notizie, screditare gli avversari ed altre operazioni di disinformazione. Il governo cubano, naturalmente, ha protestato con forza contro questo «ennesimo tentativo» degli Stati Uniti di promuovere «attività sovversive» a Cuba. Tutte le organizzazioni popolari sono state mobilitate per far fronte a tali complotti. Nel contempo Etecsa, la società statale di telefonia ha confermato i piani per generalizzare l uso di internet nellecase dei cubani, non solo nelle sale (118, con 520 computers) autorizzate a questo uso presenti nelle principali città dell isola. Poco più di trecentomila utenti hanno un conto che permette l accesso alla rete nelle proprie case e un numero ben più grande, ma difficilmente quantizzabile, ha accesso pirata o sfruttando l accesso di amici o con l aiuto di stranieri. Dal primo aprile, i cubani possono controllare la loro posta elettronica non solo nelle sale di Etecsa, nei cibercafè o negli hotel (a carissimo prezzo), ma anche nei loro cellulari mediante il nuovo ovviamente controllato dallo Stato. Circa due milioni su di cubani su una popolazione di 11 milioni, possiedono un cellulare. Il governo però ha ribadito il divieto di scaricare pagine «controrivoluzionarie» generate negli Usa, fino a quando questi ultimi non cessino l embargo decretato nel 1962 e normalizzino le loro relazioni con Cuba. VENEZUELA Una lettera di papa Bergoglio ha invitato le parti «all'eroismo del perdono» Mediazione vaticana, tra Maduro e opposizione dopo essersi fatto eleggere con Chavez), «non c'è una guerra economica, ma un improvvisazione economica». E il difetto sta appunto nel socialismo bolivariano, «un modello fallimentare» che deve scomparire (Roberto Enriquez, dirigente del partito socialcristiano Copei). Parole come «rivoluzione e socialismo indicano che il governo si è separato dalla sua Costituzione», ha rincarato il segretario generale di Accion democratica (il centrosinistra d'antan). Le ali più oltranziste della Mesa de la unidad democratica (Mud) non si sono fatte vedere. Per loro, la via da percorrere resta la «salida», la rinuncia di Maduro imposta a furor di piazza. Un obiettivo perseguito anche fuori dai confini del Venezuela. Maria Corina Machado, pur destituita da parlamentare, continua a aizzare le destre a livello internazionale. In Brasile è stata ricevuta dai deputati di opposizione, ora è in viaggio per Bruxelles. E a Milano, i suoi seguaci hanno organizzato per domani alle 15 una manifestazione in Piazza Cordusio con la stessa consegna. In Venezuela, governo e opposizione riprenderanno a discutere martedì. ge.co.

9 SABATO 12 APRILE 2014 il manifesto pagina 9 INTERNAZIONALE A LUGANSK FILO RUSSI NELLA SEDE DEI SERVIZI SEGRETI, SOTTO MERKEL E SAMARAS AD ATENE /REUTERS Simone Pieranni S caduto l ultimatum nei confronti dei ribelli delle regioni orientali, la situazione sembra rassenersi. Ieri il premier di Majdan Yatseniuk, si è recato nell est del paese, con lo scopo preciso di provare a rimediare ad una situazione che da giorni è a rischio guerra civile. Yatseniuk ha promesso aperture e autonomie, cercando quindi un terreno di dialogo con i separatisti. L atteggiamento dell uomo del Fondo Monetario potrebbe essere sintomo di alcuni cambiamenti sulla scena nazionale: innanzitutto gli Stati uniti potrebbero essere giunti alla conclusione che abbassare i toni potrebbe convenire, anche per salvaguardare l abbraccio letale del Fondo monetario sul paese. C è però l incognita sul tempismo delle proposte di Kiev. Di sicuro la Russia ha manifestato di non avere alcun interesse o mira su quelle regioni. A Putin interessava la Crimea e l ha ottenuta. La soluzione prospettata da Mosca però, quella federalista, potrebbe consentire a Putin di mantenere influenza e soprattutto allontanare l ipotesi di allargamento della Nato, dimostrando altresì come a Kiev sia stato proclamato un governo che non rappresenta tutto il paese. L ago della bilancia però sarà determinato dall atteggiamento dei ribelli. Tra promesse di autonomie, anche ampie, e federalismo, con possibilità di indire referendum per l indipendenza, esistono differenze. Quindi la proposta di Yatseniuk è sotto esame sia da parte della Russia, sia da parte delle regioni orientali ucraine e potrebbe essere una mossa per arrivare al tavolo dei negoziati con Russia, Unione europea (assente in questa fase di pre trattative) e Stati uniti, previsto per la prossima settimana. Una parola di Mosca, di sicuro, potrebbe convincere i ribelli orientali. Il premier ucraino ha detto che il suo governo «è pronto a una riforma costituzionale che conceda maggiori poteri alle autorità locali per bilanciare i poteri centrale e delle regioni». Secondo le parole del primo ministro ad interim, i governatori locali non devono più essere nominati da Kiev (attualmente sono nominati dal presidente) e il parlamento ucraino, dovrebbe poter autorizzare referendum anche a livello regionale, non solo nazionale. Il sindaco di Lugansk Serhiy Kravchenko ha sottolineato che i referendum regionali «devono dare voce alla popolazione locale su questioni importanti locali». Yatseniuk però ha incontrato TURCHIA Abrogati gli articoli considerati «liberticidi» Schiaffo a Erdogan, la Corte boccia la riforma della giustizia UCRAINA Il premier di Majdan visita le regioni orientali allo scadere dell ultimatum Kiev: «Più autonomia a est» Yatseniuk promette più poteri alle città in rivolta. La Crimea approva la nuova Costituzione e riconosce come lingue ufficiali il russo, l ucraino e il tataro rappresentanti degli enti locali e dell'imprenditoria, ma non dei separatisti. Tra le persone presenti all'incontro c'era però l'uomo più ricco del paese, Rinat Akhmetov, già finanziatore del partito delle Regioni del deposto presidente Viktor Yanukovich, e che recentemente ha fatto da tramite tra le autorità centrali e gli insorti. Il premier Yatseniuk da parte sua ha assicurato che nessuno toccherà la legge del 2012 sulla lingua, che concede lo status di idioma ufficiale regionale a tutte le lingue parlate da almeno il 10% della popolazione di un determinato territorio. Il parlamento aveva deciso di abrogare la legge in questione non appena caduto Yanukovich (sul quale ieri si è espressa Mosca, negando che ci siano le condizioni per procedere ad una sua estradizione, come richiesto dal governo di Kiev), ma il presidente ad interim Oleksandr Turchynov si è poi rifiutato di firmare la controriforma. E a proposito di riforme istituzionali e idiomi, ieri il parlamento della Crimea, la penisola recentemente annessa dalla Russia dopo un referendum locale, ha approvato all'unanimità la sua nuova costituzione che riconosce come lingue ufficiali della nuova repubblica il russo, l'ucraino e il tataro. E mentre la Russia conferma la propria volontà di non intervenire nelle regioni dell est del paese («non possiamo avere un tale desiderio, questo contraddice gli interessi della Federazione russa», ha spiegato il ministro degli esteri Lavrov), la Nato non sembra intenzionata a rinunciare completamente, nonostante le aperture di Yatseniuk, a potenziali interventi. «Ci riserviamo il diritto di garantire, in caso di necessità, la difesa dei nostri alleati», ha detto a Sofia il segretario generale Anders Fogh Rasmussen. «Discuteremo nei prossimi giorni come rafforzare la nostra presenza nella zona del Mar Nero per la sicurezza collettiva dei paesi membri della Nato», ha aggiunto Rasmussen. ISRAELE/PALESTINA NETANYAHU BLOCCA I FONDI PALESTINESI Era il provvedimento più temuto da Abu Mazen ed è giunto giovedì sera. Il governo Netanyahu ha ordinato il blocco dei fondi palestinesi, derivanti dalla raccolta di tasse e dazi doganali, come parte di una serie di sanzioni contro l Anp colpevole di avere richiesto l adesione dello Stato di Palestina a 13 trattati e convenzioni internazionali. Il caponegoziatore palestinese Saeb Erekat ha reagito accusando Israele di furto e di violazione del diritto internazionale. I dazi doganali e le tasse che Israele raccoglie per conto dei palestinesi, nel quadro degli Accordi di Oslo del 1993, rappresentano circa un terzo del budget annuale dell Anp, che ora rischia il collasso. Le relazioni tra Israele e Anp sono al punto più basso dopo il mancato rilascio dei detenuti politici da parte di Netanyahu e la conseguente decisione di Abu Mazen di ripercorrere la strada del riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina. (mi. gio.) STATI UNITI SI DIMETTE SEBELIUS, MINISTRA DELLA SANITÀ Kathleen Sebelius, ministra della Sanità degli Stati uniti, si è dimessa poco più di una settimana dopo la conclusione della prima fase della «Obamacare», la riforma sanitaria fortemente voluta dal presidente Barack Obama, che dopo un avvio difficoltoso, ha infine raggiunto e superato i sette milioni di iscritti, una soglia fissata sei mesi fa, quando la legge entrò in vigore. Obama ha specificato che «grazie al suo lavoro degli ultimi cinque anni, le nostre famiglie potranno avere benefici per i prossimi decenni». A rendere pubbliche le dimissione la stessa Casa Bianca. Al posto di Sebelius, il presidente nominerà nelle prossime ore Sylvia Mathews Burwell, attuale direttrice dell'ufficio Gestione e Bilancio, che dovrà spianare la strada alla prossima fase di di iscrizioni, che inizierà a novembre. L'ex governatrice democratica del Kansas, che Obama aveva difeso dagli attacchi e dalle critiche che arrivavano anche dai democratici durante i giorni più burrascosi per il sito dell'obamacare, aveva espresso già all'inizio di marzo al presidente l'intenzione di lasciare l'incarico. «È arrivato il momento giusto - avrebbe detto - per un cambio di direzione al dipartimento». Fazila Mat ISTANBUL L a Corte costituzionale turca ha parzialmente annullato la controversa legge di riforma del Consiglio superiore della magistratura (Hsyk), promulgata dal governo conservatore di ispirazione islamica del premier Tayyip Erdogan. Gli articoli abrogati in seguito al ricorso presentato dal partito di opposizione principale (repubblicano del popolo - Chp) riguardano quelli che conferivano al ministro della Giustizia un potere decisionale molto ampio sul funzionamento e la composizione degli organismi del consiglio. La riforma, sottoscritta lo scorso febbraio anche dal presidente della repubblica Abdullah Gül, che aveva pur espresso delle riserve in merito, aveva suscitato un ondata di proteste (nella foto reuters) sia tra i partiti all opposizione sia tra gli avvocati e i magistrati, perché ritenuta di fatto un passo verso la fine della separazione dei poteri esecutivo e giudiziario. Dopo la pubblicazione della legge sulla gazzetta ufficiale il ministro della Giustizia Bekir Bozdag aveva provveduto a mettere fine all incarico di tutti i 600 funzionari dell organismo, nominandone dei nuovi, fatta eccezione solo per i 22 nomi che ne formano il consiglio generale. Nel processo di «rinnovamento» era compreso anche il personale dell Accademia nazionale di giurisprudenza, l istituzione che provvede alla formazione dei futuri giudici e magistrati prima dell avvio alla professione. Non è la prima volta che la corte costituzionale si contrappone alle leggi lampo approvate dal governo turco negli ultimi mesi, ritenuti una conseguenza diretta degli scandali che hanno preso avvio con la tangentopoli del 17 dicembre scorso coinvolgendo lo stesso esecutivo. Per Ankara, che nega ogni tipo di accusa, parte della magistratura è coinvolta nel «complotto» ordito da uno «Stato parallelo». A guidare il piano sarebbe l imam Fethullah Gülen, ex alleato del premier, in esilio volontario negli Stati uniti. È noto infatti che il movimento Hizmet del potente Gülen dispone di una grande influenza all interno della magistratura turca. La corte ha già recentemente decretato l annullamento del blocco di Twitter, rimasto inaccessibile nel paese per quasi due settimane per impedire la diffusione di file audio compromettenti. Il premier Erdogan ha reagito duramente alla decisione del tribunale, definendola «contraria agli interessi della nazione» ed affermando di non rispettarla. Nel frattempo la corte ha firmato una nuova sentenza che annulla un altra legge, quella che attribuiva all ente statale di tecnologia informatica (Btk) la facoltà di definire le norme secondo le quali dovrebbero essere elaborati e protetti i dati personali che circolano nel campo della comunicazione elettronica. Un altra «precauzione» del governo per tenere il flusso di dati informatici sotto stretto controllo. Ma i provvedimenti assunti dal governo negli scorsi mesi (tra cui anche la legge sulla limitazione di internet, il blocco di Youtube ancora in vigore) sono motivo di preoccupazione anche per l Unione Europea e «hanno creato dei dubbi riguardo all impegno della Turchia nel processo di adesione all Ue», ha affermato giovedì scorso il commissario della commissione europea responsabile dell allargamento Stefan Füle. Il governo Erdogan, può approvare anche le leggi più controverse perché forte di una maggioranza parlamentare assoluta e la vittoria rinnovata alle elezioni amministrative dello scorso 30 marzo ha dimostrato che questo vantaggio non verrà perso facilmente. Allo stato attuale la corte costituzionale risulta essere l unica istituzione in grado di mettere in discussione le sue decisioni. Lo ha fatto di nuovo ieri, inaugurando un account Twitter a proprio nome. Un atto simbolico che ha sugellato la sentenza emessa nella stessa giornata. Grecia/ DIRIGENTE DI ALBA DORATA IN CARCERE PER CRIMINI CONTRO IMMIGRATI Merkel in soccorso a Samaras, in migliaia scendono in piazza Argyrios Panagopoulos I eri migliaia di ateniesi hanno manifestato per le strade, sfidando il divieto e i cinquemila poliziotti, le decine di autoblindo e le centinaia di motociclisti corazzati che aveva mobilitato il governo di Antonis Samaras per proteggere la sua illustre ospite e protettrice: la cancelliere Angela Merkel. In testa al corteo - partito da piazza Klathmonos, a pochi passi dalla banca dove è esplosa l autobomba due giorni fa- i licenziati dalla televisione pubblica Ert e le donne delle pulizie licenziate dal ministero delle Finanze che hanno scandito lo slogan «Né Merkel, né Samaras - il futuro appartiene al mondo del lavoro». Giovani hanno tirato palloncini con colore rosso contro i poliziotti che avevano isolato il parlamento e costretto il corteo a tornare verso l Università in via Panepistimiou. Partecipare al corteo non era facile perché tutto il centro di Atene era bloccato da immense forze di polizia e le stazioni della metropolitana erano chiuse. Syriza aveva chiamato la gente a sfidare i divieti e di partecipare alle proteste contro la visita di Merkel. Al corteo hanno partecipato tra gli altri il sindacato del settore pubblico Adedy, la extraparlamentare Antarsya e i sindacati di tutti i media. Alcuni dei manifestanti hanno sfidato più tardi anche la pioggia restando fino alla sera in via Panepistimiou. La visita di Merkel ad Atene ha avuto un carattere puramente preelettorale e propagandistico sia per appoggiare il fido Samaras sia per dare all opinione pubblica tedesca l immagine che le sue politiche di austerità hanno avuto successo. Non a caso il governo di Samaras, senza nessun motivo economico o finanziario, aveva emesso il giorno prima dell arrivo di Merkel, bond cinquennali per il valore di 3 miliardi con interessi del 4,95%, che costeranno al popolo greco 750 milioni in 5 anni. Ieri Merkel e Samaras hanno sottolineato il finto ritorno della Grecia sui mercati, nascondendo il suo vero costo e il fatto che la Bce aveva in pratica garantito prima il successo di questa operazione speculativa. Samaras cerca di comprare il voto dei greci nelle imminenti elezioni amministrative ed europarlamentari promettendo 833 euro per ogni famiglia con due figli o 500 euro alle famiglie con redditi fino a euro annui. Soldi che saranno pagati dal surplus primario che hanno generato i tagli. Nella loro conferenza stampa dopo l incontro Samaras e Merkel hanno cercato di creare un clima ottimista per il futuro del paese, dopo i sacrifici per mettere i conti in ordine. I due hanno insistito sulle relazioni bilaterali, con la partecipazione della Germania nel Fondo Greco di Investimenti. Samaras ha ringraziato Merkel per la sua visita e la solidarietà del popolo tedesco verso la Grecia. «Credo che la Grecia con la sua maturità e i sacrifici del suo popolo può riuscire ad avere successo. Questa è la risposta migliore a tutti quelli che avevano dato per scontato l insuccesso del paese», ha detto Samaras riferendosi indirettamente al leader «piantagrane» di Syriza Alexis Tsipras, che rimane primo nei sondaggi per le europarlamentari. Merkel ha elogiato il lavoro del governo di Samaras e la sua «coerente politica riformista», «il successo delle misure di austerità» e che «aspetta per quest anno il ritorno dell economia greca in termini positivi», ma ha evitato di visitare il parlamento greco ed avere colloqui con chi è contrario alla sua politica, come aveva già fatto nella sua precedente visita ad Atene il Intanto un altro dirigente di Alba Dorata è finito ieri in carcere. Unanime la decisione dei giudizi istruttori, che hanno considerato il segretario della sezione dei neonazisti del Pireo, Thomas Mparekas implicato in aggressioni contro immigrati. Tra i capi di accusa anche il ferimento di due minorenni ed un consigliere comunale di Pireo. Una volta partita Angela Merkel, Syriza ha aspettato Samaras in parlamento per sentire le sue spiegazioni circa le relazioni del suo fidato segretario generale Mpaltakos con il leader di Alba Dorata Kassidiaris e i deputati neonazisti, come lo stesso Mpaltakos ha ammesso ai giudici. Il fatto che gli incontri tra i due sarebbero avvenuti dopo l assassinio del rapper di sinistra Pavlos Fyssas per mano di criminali neonazisti e la carcerazione del capo di Alba Dorata Mixaloliakos, ha rafforzato l idea della convivenza di Alba Dorata con settori di Nuova Democrazia e le istituzioni.

10 pagina 10 il manifesto SABATO 12 APRILE 2014 CULTURE STORIA RECENTE Massimiliano Guareschi D avid Graeber è l autore di uno dei testi chiave del pensiero critico di questi ultimi anni. Il suo Debito, uscito nel 2011, nel pieno della crisi scatenata dall ondata di insolvenze dei mutui subprime e rapidamente estesasi alle banche e ai debiti sovrani, ha assunto il significato non solo di un indagine antropologica quanto di una diagnosi sui meccanismi estrattivi di un presente dominato dal capitale finanziario e dalle sue dinamiche di valorizzazione. Contemporaneamente, Graeber, nelle vesti di militante, è emerso come figura di spicco di quell Occupy! che da Wall Street si è diffuso per contagio, segnando il ritorno in grande stile della politica radical negli Stati uniti. Ed è proprio dalle vicende di quel movimento che parte il libro di Graeber dal titolo Progetto democrazia. Un idea, una crisi, un movimento (il Saggiatore, pp. 282, euro 19,50). I fatti, i problemi e le forme: così potrebbero essere sintetizzate le tre parti che scandiscono il volume. Si inizia con una narrazione incalzante, dall interno, dei passaggi che, sulla spinta della potenza destituente espressa dalle piazze nordafricane, hanno condotto all aggregazione nomade insediatasi poi a Zuccotti Park. Tutto inizia con l appello diramato da «Adbusters», «Occupy Wall Street!», indirizzato a non si sa chi, destinato a rivelarsi una profezia che si autoavvera. I tentativi di egemonizzazione delle forze politiche organizzate si rivelano inefficaci a fronte di una composizione imprevista, fatta di biografie eterogenee segnate dalla crisi, che esprime un esigenza di orizzontalità che non può essere soddisfatta dal ricorso alla rituale sequenza comizio e corteo o alla redazione di una lista di proposte da affidare ai buoni uffici della sinistra democratica. Costruzione del consenso Sulla scia di piazza Tahrir e dell esperienza spagnola degli indignados si impone la scelta dell occupazione a oltranza, con la creazione di uno spazio pubblico non metaforico ma materiale, dove raccontarsi, discutere, confrontarsi e, soprattutto, offrire visibilità a quel 99 percento che, in base a una felice semplificazione fattasi slogan, denuncia l oppressione politica ed economica dell uno percento. Ricorrendo a un incisiva serie di domande retoriche, Graeber focalizza l attenzione sulle principali problematiche poste dalle vicende del movimento: come è riuscito ad affermarsi e a catturare l attenzione dei media, quali sono state le relazioni con le forze politiche organizzate, in che modo è riuscito a «bucare» il muro dei media e a coinvolgere individui del tutto estranei agli ambienti militanti, come si è rapportato alle forze politiche organizzate, come è riuscito a riportare al centro del dibattito pubblico statunitense il tema delle ineguaglianze economiche. Nella narrazione di Graeber emerge come l assemblea nell esperienza di Occupy! si presenti non solo come istanza decisionale ma come vero e proprio mezzo senza fine. L esigenza di orizzontalità e la critica nei confronti delle tradizionali forme della rappresentanza politica trova il proprio correlato nell attivazione di un complesso apparato istituzionale, dalle plurime articolazioni, volto a smarcarsi dal principio della decisione a maggioranza per muoversi nella prospettiva della costruzione del consenso. Si tratta di quelle riunioni dall aspetto bizzarro, nei confronti delle quali non sono mancate grevi ironie, in cui il ricorso alla parola, rigidamente contingentato al fine di offrire a tutti la possibilità di intervenire, si accompagna all utilizzo di una specifica gamma di segni e gesti convenzionali nonché di modalità operative volte a orientare il dibattito in direzione del superamento delle contrapposizioni nella prospettiva di una sintesi il più possibile inclusiva. Graeber si impegna a descrivere in dettaglio il funzionamento di tali Occupy, contagio lungo la strada tecniche, illustrando il ruolo svolto da figure come il facilitatore, il portavoce, l addetto alla misurazione degli umori o da istituti quali il blocco. Si evidenzia, inoltre, come tali modalità di organizzazione assembleare siano state mutuate dall universo religioso dei quaccheri, che a lungo avevano custodito il segreto riguardo alle tecniche adottate per giungere a soluzioni unanimemente condivise dal gruppo. Se per i quaccheri l attualizzazione del consenso costituisce un esperienza religiosa che materializza la presenza di Cristo nella comunità, la sua versione secolarizzata, nella prospettiva di Graeber, si farebbe portatrice di una promessa di rinnovamento dei quadri della democrazia diretta. Come è stato notato da più parti, mentre la fase che da Seattle si estende a Genova si era incentrata soprattutto sul tema dell eguaglianza e su una dimensione nomade, attraverso il convergere altermondialista nei luoghi di celebrazione dei riti mondani del potere economico e finanziario, il ciclo di lotte più recente si è caratterizzato oltre che per una tendenza al radicamento locale anche per la centralità del richiamo alla democrazia. Nei paesi del /FOTO REUTERS Nord-Africa tale richiesta assumeva il senso di una ribellione nei confronti di regimi dispotici. Ma la rivendicazione è avvenuta anche in paesi che i politologi sono soliti chiamare «democrazie mature». L invito ad andarsene allora era rivolto non al tiranno di turno ma a élite screditate dalla gestione della crisi in nome dell austerità e del salvataggio, con ogni mezzo necessario, di banche ed altri soggetti finanziari. E tutto ciò non in nome di altre forze partitiche, da cui attendersi una politica diversa, ma a partire da una richiesta di riappropriazione della democrazia contro la confisca di essa che sarebbe stata operata dalla corruzione, dai poteri tecnocratici e dagli interessi economici dominanti. In generale, si può affermare che la crisi ha svolto il ruolo di acceleratore di un processo di delegittimazione delle forme della democrazia rappresentativa in atto da qualche decennio, a partire dal declino dei partiti di massa. In sintesi, la definizione della democrazia àlaschumpeter, intesa come semplice meccanismo di selezione e concorrenza fra élite, dai manuali di scienza della politica sembra essersi riversata nel senso comune senza però che il cittadino medio abbia mutuato il distacco compiaciuto degli scienziati politici. Indice di tale disaffezione non è solo il continuo calo dei votanti alle elezioni ma anche l imperversare delle retoriche sulla contrapposizione fra politica e società civile o, nel nostro paese, la denuncia compulsiva della «casta». In «Progetto democrazia», David Graeber alza la posta in gioco e scardina l idea stessa di quel principio di governo. Una volta dissociato dal principio del voto a maggioranza, si può scommettere sulle pratiche degli indignados e di altri movimenti Tra cybercultura e carisma A ciò, si deve aggiungere la diffidenza con cui movimenti si sono rapportati in questi anni alla dimensione della rappresentanza politica e i ripetuti fallimenti da essi incontrati nell investite le loro istanze, direttamente o per interposta persona, nel processo elettorale. Proprio nel momento in cui la rivendicazione della democrazia si fa più urgente, anche all interno di ambiti culturali e politici un tempo inclini a privilegiare altre parole d ordine, la democrazia «reale» attraversa una crisi di legittimazione sempre più forte, a cui le soluzioni tampone del plebiscitarismo, della personalizzazione o dell ingegneria elettorale sembrano offrire una risposta sempre più precaria. A fronte di un simile scenario, al movimento Cinque stelle va riconosciuto il merito di avere colto il problema, ossia la sclerosi dei meccanismi della democrazia rappresentativa, impegnandosi a proporre un alternativa. Tuttavia, il loro tentativo di iniettare elementi di democrazia diretta nelle istituzioni rappresentative attraverso un mix di cybercultura anni Novanta, leaderismo carismatico e logica proprietario-aziendale ha ben presto, forse immediatamente, mostrato la corda, offrendo una conferma a quelle critiche che, fin dai tempi di La costituzione degli ateniesi dello Pseudo Senofonte, individuano nella democrazia diretta l anticamera del dispotismo e il contesto ideale per la manipolazione dei demagoghi. A fronte di un simile scenario ci si potrebbe limitare a invocare in termini quasi metafisici l incompatibilità della rappresentanza con lo Zeitgeist del presente, dando per scontata implicitamente la sua perfetta aderenza ai contesti di un passato più o meno recente e rimanendo sul vago quando si tratta di indicare i possibili dispositivi istituzionali verso cui indirizzarsi. Non è questa la strada scelta da Greaeber che, nella parte centrale del suo libro, si impegna a individuare in termini positivi i contenuti istituzionali con cui riempire la richiesta di democrazia che i movimenti di questi ultimi anni hanno agitato con forza. Punto di partenza è la classica contrapposizione fra democrazia degli antichi e dei moderni di cui Graeber propone una rivisitazione alla luce dell esperienza americana. Nel progetto repubblicano e federale dei Founding fathers è individuato il tentativo di stabilire un regime misto funzionale all affermazione di un aristocrazia elettiva in grado di arginare le declinazioni alternative del concetto di democrazia diffuse a livello popolare e alimentate dal riferimento a pratiche di deliberazione collettiva provenienti da ambiti assai diversi che vanno dalle navi dei pirati alle tribù dei nativi. Lo sguardo poi si allarga alle forme di elaborazione del consenso partecipato evidenziate dalle ricerche etnografiche in varie parti del globo, da Bali al Madagascar. Nella morsa della finanza La posta in gioco, in proposito, risiede non solo nel riconoscimento delle radici molteplici dell idea di democrazia, contro l idea secondo la quale si tratterebbe di un prodotto interno solo alla storia occidentale, quanto nella sua dissociazione dal principio del voto a maggioranza a cui la incardina proprio la tradizione che in Atene individua la propria origine. E proprio qui sta la chiave, a parere di Graeber, per rilanciare una scommessa sulla democrazia diretta. In tal senso, le pratiche che hanno innervato l esperienza di Occupy!, così come quelle di altri movimenti degli ultimi anni, assumono il senso sia di indizio circa la diffusione di una sensibilità orizzontalista sia di anticipazione circa le modalità per offrire a essa una traduzione politica. David Graeber è un antropologo, e un antropologo anarchico. Per valutare il suo discorso è bene tenerne sempre conto, magari facendo riferimento a un suo precedente volume, dal titolo appunto di Frammenti di antropologia anarchica (Eleuthera). Di conseguenza, non stupisce la centralità strategica che Graeber attribuisce a trasformazioni lente di lungo periodo, antropologiche appunto, che assumono una temporalità che eccede quella della dimensione più immediatamente legata alla congiuntura politica. Detto ciò, si possono nutrire perplessità circa l estendibilità, nel tempo e nello spazio, al di là di contesti locali o non segnati dall entusiasmo del momento «insurrezionale», delle forme di democrazia diretta non basata sul voto a maggioranza. Se da una parte si sfugge alla semplificazione di risolvere la questione della partecipazione orizzontale attraverso il determinismo tecnologico, come avviene, a livelli diversi di intensità più o meno elevati, nelle varie teorie sulla webdemocracy, dall altra l accento posto sulla condivisione decisionale e sui lunghi processi di produzione partecipata del consenso sembra rimandare a un panassemblearismo sui cui effetti potenzialmente opprimenti non manca di spendere qualche parola lo stesso Graeber. Inoltre, non si deve dimenticare come la crisi che investe le forme «reali» della democrazia rappresentativa rimandi a una più generale crisi della politica e delle sue capacità di presa e direzione su una geografia multiscalare e su regimi parziali ad elevato grado di autonomia, in primis quello dell economia e della finanza. Si tratta di un impasse con cui in questi anni hanno dovuto fare i conti anche i movimenti. Per superarla, l esercizio locale di forme di democrazia radicale e la loro messa in rete costituisce senza dubbio un passaggio fondamentale ma non sufficiente. Per chi non ha la pazienza di affidarsi ai tempi lunghi del cambiamento antropologico risulta necessario muoversi su più piani, spaziali e sistemici, destituenti e costituenti, rispetto ai quali un unica ricetta non può bastare.

11 SABATO 12 APRILE 2014 il manifesto pagina 11 CULTURE oltre tutto THE GARBAGE PATCH STATE AL MAXXI Lo «stato di plastica» che galleggia sugli oceani compie un anno e apre la sua ambasciata al Maxxi. Fondato a Parigi l 11 aprile 2013 dall artista Maria Cristina Finucci il «Garbage Patch State» celebra la sua prima Festa nazionale con un installazione sulla piazza del museo e l apertura della sua prima ambasciata. L accumulo di rifiuti plastici nei tre oceani e ora anche nel Mediterraneo, ha causato negli anni la formazione di 5 isole con una estensione totale di 16 milioni di km2 (quasi come la Russia, o gli Stati Uniti e il Brasile insieme) in continua crescita. Isole fatte di materiale plastico che ha la peculiarità di sciogliersi nell acqua, senza biodegradarsi, mimetizzandosi sotto il livello del mare. Questi i temi che hanno ispirato il progetto e l azione provocatoria di Marina Finucci. SAGGI «Killing Machine» di Mark Mazzetti, pubblicato da Feltrinelli Le guerre invisibili nel nome della Cia Simone Pieranni «U no spostamento di luci trasforma l uno nell altra, la farsa è una segreta tragedia, la tragedia è una beffa sublime». È quanto scrive Thomas Mann in Dolore e grandezza di Wagner. Cosa c entra con la Cia? C entra, perché i fatti raccontati in Killing Machine del premio Pulitzer Mark Mazzetti (Feltrinelli, pp. 348, euro 19) oscillano tra il tragico e il comico. Si tratta di una galleria di personaggi, decisioni, anche fatali, che dipingono un universo di disinteresse per il rovescio delle proprie azioni su altre vite, evidenziando il cinismo, a tratti grottesco, di uno Stato, quello americano, che ha voluto e rivendicato il ruolo di «sceriffo del mondo». Mazzetti illustra «eventi» che appaiono come una tragedia ma che, se presi nei particolari, hanno il carattere di commedia. Senza essere irriverenti verso le morti causate dalle attività di killeraggio in giro per il mondo, non è un mistero che siamo arrivati a questo momento della storia dell umanità ragionando su eventi mondiali, come ad esempio le guerre, imbevuti di miti, leggende, rapporti, indiscrezioni, rumors, leaks, informative su 007 e agenti speciali. Questi ultimi risiedono nello spazio dell immaginario dedicato a persone spettacolari nelle loro imprese, coadiuvati dal consueto armamentario tecnologico, di collaboratori, di governi disposti ad assecondarli e armi vere e proprie, compresi droni capaci di uccidere o di compiere agguati senza curarsi troppo dei «danni collaterali». Oppure abbiamo l idea dei servizi di intelligence che prendono cantonate tremende, quando non sono direttamente coinvolti in bufale quelle che sono state chiamate le «pistole fumanti». Siamo di fronte a ridicoli e tragici - orpelli di Stati nazione moderni, vanagloriosi retaggi di vecchi militari, che coincidono il più delle Stato e privati, intelligence e militari. I problemi principali sono due. Il primo: la Cia ha sempre sofferto l ingerenza del Pentagono, specie quando con Bush le operazioni sotto copertura sono diventate talmente tante da spingere la Cia a un ragionamento molto semplice: torturare non serve (come dimostrato da un recente report del Senato statunitense), bisogna rasare a zero; in pratica, conviene uccidere invece che torturare. Problema numero due: gli analist officer ex Agenzia, o i vecchi generali con il pallino della guerra e il terrorismo che minaccia i placidi caminetti delle case americane, hanno grande agibilità negli Stati uniti. Perché hanno potere. Ecco il secondo problema: i contractors privati, spesso assunti e coordinati da generali in pensione, a caccia di informazioni, vere o false che siano. Se poi queste informazioni telecomandano i droni a radere al suolo villaggi di civili (come accade nella celebre serie americana Homeland, un riferimento dovuto, leggendo il libro di Mazzetti) poco male, un errore è sempre da mettere in conto. Ci sono tante storie e intrecci nel libro di Mazzetti, ma la parte più interessante è quella legata alle attività di Obama, presidente fautore del passaggio storico, in termini di intelligence, che vede il passaggio dal «martello» al «bisturi». Obama, scrive Mazzetti, «non è il primo presidente democratico progressista a sposare le operazioni nere, scientifiche e omicide. John F. Kennedy mise la firma definitiva sullo sbarco alla Baia dei Porci e aumentò le operazioni clandestine in Vietnam. (...) E il primo direttore Cia di Obama (Leon Panetta, n.d.r.) si è rivelato il più influente dai tempi di Casey durante l amministrazione Reagan». Obama, non a caso, ha approvato tutti i programmi lasciati in eredità da Bush. Mazzetti racconta un fatto recente, che permette di approfondire la disponibilità di Obama a operazione «coperte», ovvero quelle che dovevano portare all uccisione di un obiettivo prefissato (stiamo parlando di persone sospettate di essere pericolosi terroristi, ed è un peccato che l opera di Mazzetti non abbia potuto utilizzare tutto quanto uscito fuori dallo scandalo Datagate): Panetta si presentò un giorno alla Casa Bianca con una serie di potenziali operazioni paramilitari della Cia, da fare approvare. All epoca le stridenti differenze tra la raccolta di informazioni, tipica attività di un servizio di intelligence e le pratiche omicide, erano già state ampiamente superate. Panetta voleva altri droni armati e l autorizzazione a chiedere il permesso del Pakistan per voli in corridoi più ampi delle zone tribali, i cosiddetti «flight boxes». Obama all epoca aveva già aumentato il numero di agenti sotto copertura in Pakistan, che spesso agivano all insaputa dei servizi segreti pakistani, che pure erano utilizzati in forma collaborativa dalla Cia in funzione anti taliban in Afghanistan. «La Cia si era talmente innamorata dei suoi droni, da non porre ai propri analisti la domanda fondamentale: fino a che punto i bombardamenti telecomandati creavano più terroristi di quelli che ammazzavano?». Alla fine, nella Situation Room, Obama accettò tutte le richieste di Panetta: «La Cia, disse il Presidente, otterrà quello che vuole». Hélène adesso non è più sola Arianna Di Genova H élène pesa sessantadue chili.. e puzza di sudore. È una scritta sul muro del bagno della scuola, quella che costringe poi, la stessa Hélène, a prendere l autobus da sola, senza più Anne-Julie né Sarah né Chloe. Quando tutto sembra perduto, i corridoi desolatamente vuoti oppure pieni di presenze che è bene non «vedere» tanto sono maleducate e sprezzanti, e l angoscia se ne sta lì a spezzare il respiro, c è un unica via di salvezza. Emigrare in altri mondi, magari leggendo un libro. Partire per un viaggio in età vittoriana, sfogliando non pagine dell ultimo best-seller scritto a tavolino per il pubblico di teenager, ma Jane Eyre di Charlotte Brontë. «È il migliore che io abbia mai letto, anche se sono arrivata soltanto a metà». Profondamente poetica, Jane, la volpe & io delle canadesi Isabelle Arsenault (illustratrice) e Fanny Britt (autrice) è una graphic novel portata in Italia da Mondadori (pp. 100, euro 16) che l anno scorso è stata indicata tra le prime dieci più belle del 2013 dal New York Times. In effetti, lo è sul serio. Vuoi per quei «riquadri» in un bianco e nero antichizzante, o leggermente seppiati, che rendono universale la sensazione di solitudine di qualsiasi adolescente (con le incursioni del colore quando entra in scena Jane Eyre, alter-ego e immagine di un riscatto possibile), vuoi per il testo che sottolinea la malinconia esistenziale della protagonista, che vede sbiadire la sua identità e il suo precedente mondo, giorno dopo giorno. La vita di Hélène - la ragazza sempre fuori posto - sembra scandita dalla monotonia di ore sempre uguali, fino a che - inaspettata - arriva la gita scolastica. Un campo d inglese vicino al lago, si dorme in tenda per quattro notti e si tira con l arco. Tutti andranno, lei compresa. Che accetta quell incerto futuro di malavoglia, paonazza per l imbarazzo di dovere condividere la sua intimità con le compagne. Anche la prova costume ai grandi magazzini, accompagnata da sua madre, è un disastro annunciato. «Nel costume nero, sono una salsiccia in lutto. Jane Eyre sarà anche orfana, sporca e trascurata, sola e abbandonata, ma non è mai stata una salsiccia», pensa Hélène al colmo della disperazione. Lo sa già che al momento della scelta dei gruppi per le tende, lei si troverà fra le emarginate. E infatti sarà proprio così. Al centro di burle continue, presa di mira dalle più «sveglie», le cose si mettono male. Fino a che una notte, mentre se ne sta rincantucciata lontana da tutti a leggere il suo romanzo, incontra una volpe: l animale si rivelerà un formidabile portafortuna: Hélène fa amicizia, come per miracolo, con Geraldine, una ragazzina che se ne infischia delle regole delle più forti. E sceglie le sfigate, va spontaneamente a dormire, ridere, sghignazzare da loro. La solitudine si dissipa.. Anche quel «grasso» che le imputano le compagne, evapora come per magia. Hélène pesa 41 chili, perfettamente in linea con la sua crescita. Alla faccia delle bulle. Nei cieli con i loro droni e sulla terra con tecniche di spionaggio, gli scenari «oscuri» dell America e non solo volte con spiritati incubi di incalliti complottisti sempre pronti a suggerire l esistenza dell «eterodirezione», l operaziona segreta, sporca, clandestina. Scoppia una rivolta? È voluta da qualcuno. Fomentata da qualcun altro e messa in pratica da loro, dalle spie. Cade un governo? C è di mezzo il servizio segreto, sia americano o russo (vedi Ucraina). La questione, però, è che spesso è tutto vero. E Mark Mazzetti nel suo libro descrive queste traiettorie, non lasciando nulla al caso, a parte un anedottica che piace molto agli americani. Facendo la tara da queste specificità yankee, Mazzetti descrive quanto tutti hanno pensato: la Cia lavora di brutto. Bene o male, ma è sempre lì a organizzare operazioni di copertura. E l 11 settembre ha dato il via libera alla licenza più ambita: quella di uccidere. In questo modo l Agenzia ha cominciato a gestire budget sempre più ampi, collaboratori in ogni luogo, sviluppando conoscenze e reti informative. Fin da subito però sono emersi alcuni problemi, a causa del sistema americano capace di mischiare SCAFFALE «Una sola stella nel firmamento. Io e mio figlio Federico Aldrovandi» di Patrizia Moretti Il ragazzo che non doveva morire Cecilia D Elia S opravvivere al proprio figlio è un dolore indicibile, sopravvivere al proprio figlio ammazzato toglie il fiato; sopravvivere al proprio figlio mentre il mondo costruisce un immagine deformata di lui e fa il vuoto intorno a te è impresa impossibile. Ma accade. È successo a Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, che oggi lo racconta in uno struggente libro, scritto con Francesca Avon: Una sola stella nel firmamento. Io e mio figlio Federico Aldrovandi (Il saggiatore, pp. 184, euro 14,50). «Io e mio figlio», perché questa è una pagina della storia italiana che narra di un paese dove capita di morire ammazzato da chi dovrebbe tutelarti e difenderti. Patrizia Moretti sente di dover riconsegnare a suo figlio la dignità di una memoria veritiera, perché anche di questo è fatta la giustizia. Sa di dover ricomporre l immagine infangata del figlio, quella del balordo che se l è cercata. Si sente come la mamma scoiattolo della favola, che uscita a cercare cibo al ritorno trova la casa distrutta dall oceano e cerca disperatamente i suoi figli. Così anche lei lotta contro l oceano infinito. Tutto comincia la mattina del 25 settembre 2005 a Ferrara. Federico ha 18 anni, torna a casa da una serata con gli amici a Bologna, ha scelto di fare l ultima parte di strada a piedi. Morirà in via Ippodromo. Il suo decesso viene constatato alle Patrizia Moretti ci riconsegna i pezzi di un puzzle che faticosamente negli anni ha cominciato a comporsi, ma all epoca lei dovette aspettare le 11 per apprendere che il figlio era morto. Eppure da tre ore lei e il marito stavano tempestando di telefonate Questura e ospedali Una pagina di storia italiana ricostruita dalla madre del giovane ucciso a Ferrara. E la sua indomita battaglia per tentare di avere giustizia per avere notizie del loro ragazzo. In quelle tre ore, il suo corpo era rimasto a terra in via Ippodromo. Per la polizia Federico è morto per overdose ma lo zio, infermiere all obitorio, ha visto il corpo del nipote ricoperto di ferite e «tutto storto». Una famiglia sconvolta e stordita dal dolore si ritrova in quei giorni sola di fronte alle autorità di polizia e alla stampa locale che raccontano di Federico morto per un malore. Il questore convoca i genitori per spiegare che Federico è morto da solo e prova a scoraggiarli dal nominare un avvocato. Soli, a parte qualche amico, mentre la città si convince della versione offerta dalla polizia, aspettano i risultati della perizia tossicologica. Ci metteranno tre mesi ad arrivare. Nel sangue troveranno quantità insignificanti di sostanze: nulla che possa avallare la versione di un ragazzo in preda a una crisi d abuso. Forze di polizia e autorità inquirenti collaborano a costruire una narrazione che non le compromettano. Nessuna redazione locale in quei giorni pubblica la foto di Federico massacrato. Eccolo l oceano da sfidare. Non è la forza della natura come nella favola del castoro ma la violenza e l omertà degli uomini. A Natale, il primo senza Federico, Patrizia decide di raccontare in rete chi era suo figlio. Il 2 gennaio 2006 nasce il blog dedicato a Federico Aldrovandi. Arrivano migliaia di commenti. Liberazione e il manifesto iniziano a parlarne. Poi Repubblica e il Corriere,e Chi l ha visto. Titti De Simone, allora parlamentare di Rifondazione, interroga il ministro Giovanardi che ammette l uso violento dei manganelli, rotti a furia di percuotere, ma parla, come continuerà a ripetere, di un ragazzo eroinomane. Il libro ripercorre le tappe dell impegno di Patrizia, del padre Lino, del fratello Stefano per avere giustizia e ristabilire la verità; i concerti organizzati con gli amici di Federico, le canzoni a lui dedicate. Gli alleati più vari, come i tifosi della Spal e poi altre tifoserie. Infine quattro agenti vengono iscritti nel registro degli indagati, il questore viene trasferito e una donna di origini camerunensi dice quello che aveva visto e sentito la mattina in cui Federico fu ucciso. Arriva il processo e la sofferenza dei racconti. La sentenza. Colpevoli. «È giusto che ci sia una condanna non sono neppure riuscita a sentire di quanti anni ma non è così importante». Anche se un pezzo continua a mancare, quei tre quarti d ora da quando Federico ha lasciato gli amici a quando Annamaria Tsagueu l ha visto. E quei poliziotti sono ancora poliziotti, pur essendo colpevoli. E ci sono anche degli irriducibili, come i poliziotti del Coisp che hanno manifestato sotto le finestre del Comune di Ferrara, dove lavora Patrizia, o il senatore Giovanardi che ancora contesta che la macchia sotto la testa di Federico sia sangue. Il libro è anche la storia di Patrizia, del suo dolore privato e della sua presa di parola pubblica. Per reagire ha dovuto imbrigliare il furore che si porta dentro. Ma di Federico ha saputo ricomporre la memoria e l immagine che lei stessa ha scelto, la foto che tutti conosciamo, uno sguardo che è «un rimprovero muto» di quel ragazzo che, nato prematuro, un giorno strappò il tubicino che lo aiutava a respirare per il desiderio di cominciare a vivere. La stessa della copertina del libro, Federico bellissimo che ti guarda negli occhi.

12 pagina 12 il manifesto SABATO 12 APRILE 2014 A teatro VISIONI Ispirato all opera di Ödön von Horvath, una «piccola vicenda di grandi ingiustizie e miserie», torna Christoph Marthaler con «Glaube Liebe Hoffnung» Gianni Manzella MILANO C ome sempre avviene nelle creazioni di Christoph Marthaler, anche in Glaube Liebe Hoffnung l inizio è lento, immobile. Sembra non succedere nulla. Un uomo entra in scena con una lunga scala, mentre nella buca dell orchestra invisibili musicisti provano qualche accordo altrettanto rarefatto. Indossa una tuta blu, da operaio. Appoggia la scala alla facciata dell edificio che occupa tutto il fondo della scena. Vi sale per montare delle grandi lettere sul cornicione che sovrasta una parete vetrata. Si guarda intorno. Esce e rientra. Sposta la scala e risale. Mentre ridiscende i pioli cedono e lui scivola giù, con una piccola gag che dà subito un tono leggero al lavoro. È già trascorsa una decina di minuti, ora la scena è vuota ed ecco irrompere in mezzo all orchestra uno che prende a far gesti nell aria che acquistano senso soltanto quando irrompono anche tutti gli altri. Schierati fianco a fianco attaccano un corale vocalizzo. Li riconosciamo subito quei suoi personaggi. Sono gli stessi che ci accompagnano fin dai tempi di Stunde Null. Anonimi, qualunque sia il loro ruolo sociale o il campione sociologico che rappresentano. Vestiti sempre in maniera impersonale, senza desiderio di eleganza, fuori da un tempo storico riconoscibile. Il tempo che conta è quello che scorre sulla scena, un tempo da condividere, da riempire con azioni e parole e con quel sommesso canto corale e quell irresistibile vento di follia che rappresentano l elemento più riconoscibile del «Marthaler touch»; la sua capacità di cambiare il nostro sguardo sulle cose per profondità e leggerezza, intrecciando costruzione testuale e drammaturgia musicale in un gioco continuo di cortocircuiti mentali. E allora, lo notavamo altre volte, quell attesa iniziale sembra fatta per darci il modo di posizionare lo sguardo, di trovare il nostro posto in un mondo che tuttavia vive anche senza di noi, di abituarci alla sua luce e alle facce dei suoi più abituali frequentatori. Ma qui, in Glaube Liebe Hoffnung, il tempo dell attesa si dilata fino a invadere tutta l azione. Diventa la chiave di quello che è forse lo spettacolo più enigmatico del geniale regista svizzero (presentato un paio di anni fa al festival di Avignone, è ancora per questa sera allo Strehler di Milano). Alla base c è la «piccola danza macabra in cinque quadri» scritta da Ödön von Horvath all inizio degli anni trenta, Fede amore speranza (era Fede speranza carità nella traduzione pubblicata parecchi anni fa da Adelphi, con un evidente adesione alla più comune dizione delle virtù teologali). Titolo di per sé disperante giacché di quelle virtù niente è rimasto nel mondo evocato da Horvath, vi è anzi una disperazione tanto più straziante quanto più leggera appare la vicenda della protagonista, una mancanza di amore tanto più atroce quanto più appare essere questa l unico sentimento convintamente praticato, lungo una scala sociale rappresentativa di vari strati. La giovane Elisabeth vorrebbe comprare una licenza di commercio e per questo sarebbe anche pronta a vendere il proprio corpo Quel vento di follia che spazza il mondo Sullo sfondo di un Europa stroncata dalla crisi del 29 con il nazismo alle porte, il regista mette in scena la Storia per raccontarci il presente all Istituto di anatomia e sbatte invece contro ogni sorta di ostacolo legale e umano, tutti pronti a voltarle le spalle pur di non turbare i propri interessi, che sia una prospettiva di guadagno o la carriera. La crisi mondiale del 29 ancora si fa sentire e il nazismo è alle porte, la commedia non andrà più in scena a Berlino. Il lavoro di Marthaler nel teatro non è però mai quello di mettere in scena un testo, se con ciò si intende la sua rappresentazione. Siamo nel campo della creazione, e non fa differenza se dietro ci stanno Shakespeare o Georg Büchner, se si parte da un delirante collage di discorsi politici o da un musical di Broadway come nell ancora recente Meine faire Dame che fa a pezzi il più celebre My fair lady. Non è solo il fatto che qui di Elisabeth ce ne sono due, quasi sempre presenti insieme, con lo stesso vestitino corto ma di un colore diverso (sono Olivia Grigolli e Sasha Rau). E spesso la stessa scena viene replicata più volte, con qualche variazione. Non è solo che la mano drammaturgica della fidata Stefanie Carp si fa sentire e la base testuale si allarga in direzioni imprevedibili, come si comprende fin dalle prime battute, un ingarbugliato discorso di ringraziamento alle commissioni impegnate nella lotta alla tratta internazionale delle ragazze difficilmente attribuibile al testo di Horvath. Che naturalmente c è, con tutta l indignazione ma anche la lucidità d analisi che il giovane scrittore sa produrre in quegli anni. Ma è come se Marthaler l usasse per raccontarci qualcos altro, che ciascuno deve scoprire da sé. Così la facciata vetrata dell Istituto di anatomia davanti a cui si svolge la prima scena non per caso, ROMA Emma Dante e Carolyn Carlson al Festival di Villa Adriana TRE MOMENTI DELLO SPETTACOLO «FEDE, AMORE, SPERANZA (GLAUBE LIEBE HOFFNUNG)» DI ÖDÖN VON HORVÁTH Dopo due anni di stop - complice il taglio dei fondi, torna il festival romano di Villa Adriana che offre una panoramica sulle novità più interessanti della scena internazionale del teatro, della musica e della danza: Brasile, Usa, Francia, Germania, Australia, Olanda, Uganda, Italia sono alcuni dei Paesi da cui provengono gli artisti che si esibiranno sul palco all'aperto che sarà allestito nel sito archeologico. Per il teatro, Emma Dante proporrà due repliche di «Verso Medea»; Mimmo Cuticchio e Ambrogio Sparagna si cimenteranno, per la prima volta insieme, nell'inedito «I Quattro Canti di Palermo», mentre il griot Gabin Dabiré nella prima assoluta di «Night Commuters», insieme a numerosi altri artisti africani, racconterà la lotta per la sopravvivenza dei ragazzi del nord dell'uganda. Altra prima assoluta «Le rovine di Adriano», con Urbano Barberini che accompagnato da Danilo Rea al pianoforte, racconterà la storia della discarica di Corcolle «una vicenda che ha fatto il giro del mondo, culminata in una vittoria della società civile sulla politica degli affari». Per il circo contemporaneo, gli australiani Circa presenteranno «Beyond». Per quanto riguarda la danza, il coreografo brasiliano Bruno Beltro presenterà «H3»; quattro le proposte della Martha Graham Dance Company: la «Sagra della Primavera», «Rust», «Diversion of Angels» e «Errand». In «Dialogue with Rothkò» (prima italiana) Carolyn Carlson offre un tributo al pittore. Per la musica, il violoncellista Mario Brunello eseguirà «Odusia», traduzione latina di Odissea; il jazzista Richard Galliano, Ute Lemper presenterà il recital «Canzoni dal secolo breve», con Kurt Weill, Edith Piaf, Jacques Brel, Marlene Dietrich, Hanns Eisler, Bertold Brecht, Astor Piazzolla, Frederick Hollaender, Nino Rota. ci rendiamo conto, ancora in fase di completamento diventa a sua volta la base di un processo metamorfico che sovverte l abituale fissità delle scenografie di Anna Viebrock, quei grandi spazi reclusori da cui sembra impossibile uscire, anonimi non luoghi in odore di passato prossimo, dal bunker di Stunde Null alla nave degli Spezialisten o la sala di attesa di Groundings. Ecco invece che da un lato si accende un cartello luminoso con la scritta «Umbau», cambio di scena, lavori in corso. E gli attori si danno a spostare pareti, tirar fuori letti e scrivanie che vi si nascondono, montare e rimuovere ringhiere E tutto quel lavorio non solo è parte integrante dello spettacolo, ma in qualche modo ne determina il senso (di marcia) al pari di quelle continue ripetizioni o delle didascalie enunciate dal più compassato degli attori, con tono quasi brechtiano. Recitano, è chiaro. La loro commedia, una sorta di commedia con musiche che si sovrappone a quella di Ödön von Horvath, e lentamente l assorbe. Marthaler è musicista di formazione, si sa quale ruolo occupi la drammaturgia musicale nel suo lavoro, quanto interagisca con i corpi degli attori (e sono attori straordinari, dal grosso Josef Ostendorf alla straripante Bettina Stucky), anche da questo dipende la sua capacità di divertire, di non annoiare mai. Qui parte dalla «ben nota Marcia funebre di Chopin» imposta dalla prima didascalia del testo, per farne un tormentoso Leitmotif che si insinua in un tessuto musicale privo di confini di tempo o di genere, da una Marcia di Radetzky distorta fino alla cacofonia a canzoni che ci ricordano Elton John e Brigitte Bardot. Sovente gli interpreti si immobilizzano e attaccano un canto corale, sotto la guida di quel maestro concertatore che se ne sta da solo in quella buca dell orchestra popolata solo dai fantasmi dei musicisti, cioè dai loro leggii. Lamentazioni militaresche come Der gute Kamerad, che qui non riescono ad apparire luttuose. Vecchie canzoni tedesche che parlano di una «felicità ridente che sta passando lieve». Per finire con Les temps des cerises, che ricorda di un altra rivoluzione di maggio. Perché c è stato il tempo del disordine, dice alla fine l uomo che ha condotto la prova d orchestra. In un lontanissimo passato. Lo stato è crollato, ci si è rifugiati in piccoli gruppi. Il loro è una corale, e ci ha raccontato una vecchia storia. Ora viviamo nell Arcadia. Uscendo però non ne siamo così sicuri, noi che siamo rimasti in quel passato.

13 SABATO 12 APRILE 2014 il manifesto pagina 13 VISIONI GOOGLE GLASS Dal 15 aprile Google renderà disponibili al pubblico i suoi occhiali speciali «Glass», primo esempio di tecnologia da indossare su cui il colosso di Mountain View ha fatto una grande scommessa. Il costo è ancora alto dollari - e saranno disponibili in quantità limitata per chi li ordinerà online da lunedì prossimo. Questa mossa è dunque da intendersi come un ampliamento del programma di test, dopo la prima fase che è stata appannaggio di pochi utenti selezionati. In due anni, Google ha venduto a programmatori e sviluppati circa 10 mila dispositivi. Sono molte le funzionalità garantite: dalla lettura di siti web e notizie online, controllo dei social network, visualizzazione delle mappe e delle indicazioni stradali attraverso le Google Maps, videoconferenze, cattura di fotografie e video da condividere online e tanto altro. Sono varie però le preoccupazioni per la privacy a cui Google dovrà rispondere. INTERVISTA Federico Francesco Ferrero, vincitore del talent tv «Masterchef» «Resistere contro le aziende che controllano il cibo» Francesca Angeleri C osa non è: antipatico, spocchioso. Soprattutto non è uno chef. «Non basta vincere Master Chef per diventarlo. In più a me piace cucinare di tutto, ma solo la prima volta. Poi mi annoio. Mentre il lavoro di un grande chef è quello di mettere a punto una ricetta nei minimi particolari, con fatica e perfezionismo. Preferirei, piuttosto, che qualcuno di loro adottasse le mie idee in merito al cibo.» Federico Francesco Ferrero è una scoperta. È una persona fuori dal comune, dai cliché, ha idee scomode e il politically correct non fa parte di lui. «Si può essere competenti, sicuri e avere successo senza piacioneria. La gente scambia la sicurezza con spocchia. Se io ho vinto Master Chef è perché ho accolto i suggerimenti e mi sono lasciato guidare.» E infatti non sono certo le ricette il fulcro del suo pensare. Perché di pensare si tratta, e di parole. Parole vere. Al programma ci ha partecipato perché iscritto a sorpresa da un amica. Ferrero è un grande gastronomo «era chiaro a tutti, tranne che a me. «Infatti, pare spodestasse «Si parte dalla cultura, mai dalla tecnologia. Il problema è la gente in anestesia totale» FEDERICO FRANCESCO FERRERO AI FORNELLI DI «MASTERCHEF» Cristina Piccino L a notizia è che il comune di Milano si impegna a aprire una nuova sala cinematografica, anzi a riaprine una chiusa, e cioè il cinema Nuovo Orchidea. Di per sé, vista la tendenza inversa di sale che continuano a chiudere sarebbe già una grande notizia. In più c è che l evento di riapertura - per ora temporanea, il 15 e il 16 aprile - viene organizzato insieme alla rete di festival cittadini, il Milano Film Network, che col titolo #nuovocinemamilano, lancia il progetto di una distribuzione continuativa, che duri cioè tutto l anno al di là dell evento festiavaliero. Anche questa è un indicazione importante, perchè i festival - specie quelli più «piccoli» e indipendenti dalle logiche commerciali - sono già in Italia una sorta di circuito alternativo - e molto più ricco - alla normale distribuzione. Si inaugura - martedì 15 aprile ore con Is the Man Who is Tall Happy?, il nuovo film di Michael Gondry, in anteprima italiana (e in collaborazione con i Wonder e Biografilm). Una conversazione tra il regista e il linguista e filosofo americano Noam Chomsky tra le mura sghembe del Ray and Maria Stata Center, disegnato da Frank Gehry per il Massachusetts Institute of Technology dove Chomsky è professore emeritus. Scenografia concettualmente perfetta per un incontro come questo, in cui tra l altro lo stesso Chomsky appare pochissimo, e quasi sempre in quadratini che occupano una piccola porzione dello schermo. È la sua voce che ci guida, alternando memorie autobiografiche a elaborazioni del suo pensiero teorico, sullo sfondo di una fittissima, coloratissima, selva di disegni animati a pennarello da Gondry. Sette gli altri titoli in cartellone. Tra questi Eat Sleep Die di Gabriela Pichler (premio miglior film Sguardi Altrove 2013), la storia di Rassa, una ragazza musulmana e della sua «lotta» col sistema burocratico nel paesino svedese in cui vive. A seguire 7 Cajas di Juan Carlos Maneglia e Tana Schembori (Premio del pubblico al festival del cinema africano 2013). Girato nell enorme NOUVELLE CUiSINE Entrecote e creme brulée, così ti risollevo l audience I critici gastronomici arricciano il naso, come Michael Pollan che sulle colonne del New York Times tuona: «Più la gente vede arrostire una fetta di manzo in tv, meno la fa davvero. Risultato siamo inondati di show di cucina, e proprio per questo si assiste all inesorabile declino della cucina di casa». Sarà ma se vi gettate uno sguardo intorno, è tutto un brulicare di corsi per cuochi e aspiranti cuochi. In tv - poi - dove sul fronte talent si declina ormai ogni cosa, è il trionfo della «ricetta mania». «MasterChef», è il numero uno del genere, il talent show per eccellenza creato dal regista britannico Franc Roddam e trasmesso per la prima volta dalla BBC nel Un tale successo che ha già «figliato» una versione per baby-cuochi «Junior Master Chef» e si appresta a proporre dal 17 aprile sempre su Sky la prima edizione italiana di «Hell s Kitchen», uno dei maggiori successi nel mondo dei grandi cooking show di intrattenimento. 16 cuochi italiani guidati e giudicati da una vera e propria «superstar della cucina», Carlo Cracco. in totale naturalezza i padroni di casa dalle loro cucine per preparare manicaretti sopraffini anche alle 2 di notte. Già da piccolo fantasticava sul cibo, insieme a un gruppo di amici che si sono trasportati nel tempo. Quando erano impossibilitati a investire in trattorie i soldini guadagnati come animatori nelle colonie, i nostri, sognatori e anche un po stranini, diciamolo, per essere degli adolescenti, si inventavano le «cene psicologiche», costituite da piatti fantasticati e inesistenti e, manco a dirlo, difficilissimi. «Adesso che il programma è finito posso dire che il filo rosso del cibo mi ha sempre accompagnato.» «Il segreto della vita è scoprire qual è il proprio desiderio. Non il proprio sogno. Grazie a questa esperienza ho potuto focalizzare che il desiderio della mia vita è ed è sempre stato imperniato attorno al miracolo della cucina. Una cosa che era e diviene qualcos altro. Non mi interessano le definizioni, essere uno chef oppure un medico. Spero di continuare a essere me stesso nella mia proteiformità. Di rimanere in me e non fuori da me, di incontrare persone, realizzare questo e altri desideri e soprattutto di riconoscerli. Se questo avverrà con la cucina sarò fortunato.» Il 23 Aprile pubblica il suo suo primo libro dall ironico titolo di Missione Leggerezza (Rizzoli). Un po James Bond un po talent star della porta accanto, in esso Ferrero espone il suo culinar-pensiero «Parlare di cibo è sempre stata una passione, per me. La differenza è che ora qualcuno mi sta a sentire. Bisogna fare un opera di Resistenza. Resistere a questo movimento folle che vuole medicalizzare il cibo. Il corpo umano non è un motore a scoppio. I meccanismi metabolici sono molto più complessi. Il metabolismo ha un intelligenza sua propria per cui prende da ogni pasto le sostanze che servono e, se ne incamera di più, a causa delle nostre ossessioni gastro-medicali, le elimina. Se dovessimo ingurgitare tutti i nutrimenti che dicono che ci fanno bene dovremmo mangiare tutto il giorno! Il cibo come nutraceutico è un concetto folle.» Resistere anche «allo stra potere delle aziende che controllano il cibo e che ci fanno credere che non abbiamo abbastanza tempo e quindi dobbiamo comprare del cibo finto. Non dobbiamo acquistare il pomodoro del supermarket perché non sa di niente, non perché è velenoso». Il punto quindi non sono i fornelli, né i media, né il successo che ne consegue «si parte dalla cultura mai dalla tecnologia. Progresso è cultura e conoscenza. Persone in grado di leggere dei libri avranno forza di resistere, apertura mentale, coscienza dell importanza delle proprie radici. Il problema è che la gente è in anestesia totale, rispetto al gusto, al buon gusto, alla vita.» Il ragionamento è serio e piuttosto complesso. Il progetto, almeno quello personale del vincitore-scrittore, del libro in questione è ambizioso, una missione «voglio riportare le persone a desiderare. Oggi, col mi piace hai una sola possibilità: gradire o meno una cosa. Non schiacciare il like non equivale al suo contrario. La nota al fondo di 1984 di Orwell sosteneva che quando una lingua fosse stata semplificata (come è successo con il greco modificato, per facilitazione, con decreto)) e fossero stati tolti gli aggettivi per descrivere il dissenso, in seguito avrebbero bruciato i libri e l uomo non avrebbe più avuto il vocabolario per dissentire. I desideri sono diventati bisogni imposti. Se portiamo l uomo ad assaggiare un pomodoro vero, del contadino, non desidererà più quello del supermercato. E troverà la forza di uscire 20 minuti prima dall ufficio dove per altro non sta a far nulla fino alle 8 di sera. Troverà il tempo per i figli, per una vacanza, per pretendere la giusta retribuzione, per godersi un libro, andare a teatro, a un concerto. Per essere vivo». MILANO Il Network dei festival riapre per due giorni il Nuovo Orchidea Una sala in comune per la città mercato di Asuncion, dove lavorano duemila persone, rivisita i generi del cinema americano classico seguendo le avventure di un ragazzino ossessionato dai film hollywoodiani. Interior Leather Bar è la proposta invece del festival Glbt Mix, il film di James Franco e Travis Matthews mostra i conflitto di una troupe alle prese con la ricostruzione dei 40 minuti mancanti in Cruising. Da giovedì 17 la rassegna si sposta all Oberdan, la sala della Cineteca nazionale, con El Impenetrable, di Daniele Incalcaterra e Fausta Quattrini (premiato a Filmmaker 2012), diario alla prima persona del regista (anche protagonista) alle prese con un eredità «scomoda»: un terreno in Paraguay, nella foresta del Chaco, che vorrebbe restituire agli indios. Ma la realtà sfugge al controllo, e Incalcaterra si trova davanti al sistema dei grandi proprietari terrieri appoggiati dal potere che non vogliono rinunciare a quelle terre. La sua battaglia diviene una forma cinematografica, corpo a corpo vitale tra la macchina da presa, la narrazione e la natura «impenetrabilità»della realtà con cui si confronta. Molto bello è anche In Bloom di Nana Ekvitmishili, rirtratto femminile (premio del pubblico al Milano film festival ) nella Georgia postsovietica degli anni 90. info ManiFashion PPatrick Kelly e la rivoluzione dei bottoni Michele Ciavarella V a dato merito agli americani di saper valorizzare i loro (scarsi) talenti della moda, passati e presenti. Dal Museum of Art di Philadelphia arriva la bellissima notizia della mostra Patrick Kelly: Runway of Love (27 aprile 30 novembre), una retrospettiva dedicata all unico stilista afro-americano che, in pochi anni, ha sconvolto Parigi sovvertendo i canoni statici della moda e gli stereotipi razziali, prima di morire di AIDS a soli 35 anni, il giorno di Capodanno del Nato a Vicksburg nel Mississippi nel 1954, a 18 anni Kelly è ad Atlanta a vendere abiti riciclati ottenuti da modelli vintage dei grandi sarti europei e si diverte a fare il vetrinista per le boutique di Yves Saint Laurent, gratuitamente. Poi arriva alla Parson School di New York e, resosi conto che la sua idea di moda non avrebbe preso piede negli Usa già reaganiani, si trasferisce a Parigi nel 1980 e nel 1985 allestisce la sua prima sfilata di abiti femminili che presenta con una sola frase: «Voglio che i miei abiti ti facciano sorridere». Attacca bottoni colorati ovunque, sulle scollature, sulle cuciture, sulle maniche, sul punto vita. Con i bottoni costruisce cuori applicati, grandi come spille o enormi come corsetti. Li sovrappone ad abiti lunghi, sui jeans, sulle giacche: la critica grida alla rinascita del «Surrealismo à la Schiaparelli», una rivoluzione contro il formalismo dell edonismo reaganiano, tanto la sua visione è originale. Il suo arrivo sulle passerelle parigine, un po anchilosate dalle istanze piccolo borghesi, provoca una tempesta: con il suo glamour mischiato allo streetstyle, in un solo colpo fa morire l idea della monumentalità della moda e apre una breccia da cui nasceranno le visioni dei Mugler, Montana, Gaultier. Ma lui è un afro-americano che ama Josephine Baker, Madame Grès e Saint Laurent, si è formato tra ghetti neri e club gay, mischia spille e senso del colore, è esuberante e colto. Un turbine di creatività che scuote a tal punto l ambiente che Pierre Bergé, socio e compagno di Saint Laurent, lo finanzia per aprire la sua Maison e la severa Chambre Syndicale des Couturier lo associa, primo americano (e di colore) ad averne l onore. Il successo gli arriva spinto dalla stampa specializzata e dalle celebrity importanti di quegli anni, tra cui Isabella Rossellini, Grace Jones e, inaspettatamente, la novantenne Bette Davis che fa della sua casa di Neuillysue-Seine un centro di propaganda dello stile Kelly. Movimentatore delle notti parigine, i suoi abiti arrivano nei department stores più influenti, il successo commerciale è pari alla sua notorietà, la banca Warnaco entra nella sua società e già si parla della sua successione al trono di Saint Laurent. Ma l Aids spegne improvvisamente l astro di Patrick Kelly e, come una sciagura, quella tempesta si trasforma in una meteora. Peccato che gli stilisti giovani di oggi non sappiano neanche chi sia. Studiandolo, potrebbero imparare come la moda elabora il suo passato, ma non lo copia. manifashion.ciavarella@ gmail.com

14 pagina 14 il manifesto SABATO 12 APRILE 2014 NUOVA FINANZA PUBBLICA Qe, quali effetti? Marco Bertorello D a tempo la Bce si dichiara pronta ad agire in maniera non convenzionale per contribuire a far uscire l Eurozona dalla crisi. Ora sembra più chiaro come si potrebbe concretizzare l azione di Francoforte. La settimana scorsa il suo presidente Mario Draghi ha annunciato la possibilità del cosiddetto quantitative easing (qe), cioè di un programma di acquisto di titoli, presumibilmente pubblici, dei vari paesi dell area euro. Per la prima volta si è mostrato possibilista persino un falco come il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, anche se in seguito ha aggiustato il tiro, ma ormai il segnale era stato lanciato con conseguente euforia delle borse. Da tempo molti, anche tra i critici dell Unione Europea, auspicavano un tale intervento. I più ostili all euro addirittura consideravano il mancato progetto di acquisto di titoli pubblici da parte della Banca centrale come una delle ragioni per uscire dall euro e tornare al protagonismo di una propria banca nazionale. Si tratta però di riflettere sul potenziale di cambiamento rappresentato da tale protagonismo. Innanzitutto il ruolo della Banca europea va contestualizzato all interno della generale fase monetaria espansiva. L unica vera politica adottata contro la crisi dalle autorità è infatti quella monetaria. Il quantitative easing è stato già adottato dalle principali banche centrali, da quella statunitense a quella giapponese, passando per quella svizzera e inglese, con risultati modesti in relazione alla massa monetaria messa in circolazione. Seppur vi fossero, e vi sono tuttora, degli ostacoli ad adottarla in Europa, la Bce aveva sopperito a tale strumento con prestiti al sistema bancario (fino a 1000 miliardi), e come le altre autorità monetarie aveva ridotto i tassi d interesse in modo considerevole. Insomma il protagonismo della Bce, per quanto in forme parzialmente diverse, vi è stato eccome. Non a caso si è attenuata la crisi dei debiti sovrani. Oggi potrebbe esserci un accelerazione, ma con incongruenze e limiti specifici alle dinamiche presenti nel Vecchio continente. Il qe potrebbe rispondere a differenti necessità considerato il perdurare della stagnazione. Senz altro favorisce le banche, comprese quelle tedesche, che potrebbero essere ricapitalizzate in vista dei prossimi controlli vendendo alla Bce una parte di titoli pubblici che posseggono. Potrebbe poi essere un modo indiretto per finanziare le imprese europee. Oppure per determinare l abbassamento del valore dell euro ai fini di rafforzare le esportazioni. Indubbiamente contribuisce a rilanciare i mercati finanziari, favorendo in qualche modo un effetto ricchezza che dovrebbe rilanciare i consumi, ma che difficilmente potrà rappresentare un elemento di tranquillità per i ceti popolari, tradizionalmente incapaci di accumulare ricchezza, ma con significative capacità di spesa. Importante, infine, risulta la scelta tra acquistare titoli dei soli paesi periferici oppure di tutti, in quanto nel secondo caso il differenziale dello spread rimarrebbe immutato e non rappresenterebbe un reale riequilibrio tra centro e periferia. Il risparmio sui costi del debito può essere rilevante, ma non rappresenta un cambio nella gestione delle finanze pubbliche, tanto più che con il qe si ribadisce che dovranno proseguire austerità e rigore, specie sul versante del welfare e del mercato del lavoro. La scelta di salvare la finanza a mezzo della finanza ha già dimostrato, negli altri paesi che l hanno adottata più massicciamente, di non attenuare le sperequazioni sociali, anzi pone condizioni per nuove bolle e conferma come non vi sia contrapposizione tra finanza ed economia reale, quanto tra economia e vita reale delle classi subalterne e popolari. Vedremo se l Europa sarà un eccezione oppure se verrà meno un altro alibi all inefficacia sistemica. EMILIA ROMAGNA Sabato 12 aprile, ore GIANCARLO SIANI Incontro dibattito a tema «Informare ad ogni costo Giancarlo Siani - Cronista libero», partecipano: Giuseppe Scognamiglio e Carlo Russo di Radio Siani. Evento organizzato nell ambito di «Dare un nome al mondo - ovvero il cammino della legalità», un progetto promosso dalla Provincia di Parma, in collaborazione con la Cooperativa Giolli e Associazione Libera di Parma, dedicato alla promozione della cultura della legalità. Auditorium Bodoni, viale Piacenza, 14, Parma FRIULI VENEZIA GIULIA Martedì 15 aprile, ore 18 NATURA E STORIA Incontro dibattito - in collaborazione col circolo Tina Modotti - per palare di dialettica della natura e dialettica della storia, quindi del materialismo dialettico e storico, che è alla base della presa di coscienza anticapitalista da parte dei lavoratori e dei popoli. Introduce Dario Visintini del Comitato Lavoratori e utenti dei servizi essenziali. Circolo Tina Modotti, via Ponziani, 14, Trieste LAZIO Sabato 12 aprile, ore ANNI 70 Nell ambito della mostra dedicata agli anni 70, un incontro per parlare con Gabriella Armando e Gina Bellot di un progetto editoriale al femminile, Roma e le Nuove Edizioni Romane. Palazzo delle Esposizioni - Forum, via Milano 13, Roma Sabato 12 aprile, ore 21 NEW INDACO Stasera concerto del gruppo romano dei New Indaco. Ingresso 1 euro tessera + 7 sottoscrizione. Cccp Tufello, via Capraia, 81, Roma Lunedì 14 aprile, ore 11 ELITE UCRAINE Nell ambito dei seminari dell osservatorio sull elite contemporanee, diretto da Rita di Leo, organizza quale studioso del paese, il seminario dedicato alle élite ucraine. Il titolo del seminario è «Russia/ Ucraina: un confronto impari». Apre il seminario Rita di Leo, Professore emerito di Relazioni internazionali. Partecipano: Tommaso di Francesco del manifesto, Claudio Foliti, ricercatore Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale. Coordina e conclude: Marco Cilento, Docente di Scienza politica. Ex- Caserma Sani, via Principe Amedeo 184, aula 10, Roma MARCHE Sabato 12 aprile, ore 18 LA CHIAMEREMO RITA Incontro con Giuseppe Collamati, autore del libro «La chiameremo Rita», la storia vera di Vittorio Verdolini scampato all eccidio di Treubrietzen. Palazzo dei Convegni, Jesi SICILIA Sabato 12 aprile RENATO TOSINI Fino al 25 aprile è aperta al pubblico la mostra di Renato Tosini alla galleria Francesco Pantalone arte contemporanea. Un omaggio ad un artista che ha attraversato con pienezza iil XXI secolo e che ha ancora molto da dare con la sensibilità acuta di chi conosce bene il valore delle cose e delle persone. Galleria Francesco Pantaleone arte contemorana, via Vittorio Emanuele 303, Palermo Tutti gli appuntamenti: eventiweb@ilmanifesto.it COMMUNITY le lettere Il sale della vita Cara Rossana, quanta inconsapevole e geniale preveggenza nei compagni di scuola che diedero a Karol il soprannome Solik. Ha attraversato la vita e il mondo con il sale del coraggio, della passione, della curiosità, dell'intelligenza. E ha reso la nostra vita meno insipida. Grazie. Manuela e Bruno Cartosio Indimenticabile «Solik» Cara Rossana Rossanda, so che hai dedicato questi ultimi anni alla cura del tuo compagno di vita K.S. Karol che ieri se n è andato. Una quotidiana pratica d amore per un uomo debilitato dall età e da una biografia davvero avventurosa. Russo nato in Polonia, militante ribelle e viaggiatore prima nell Europa in guerra e poi nel mondo diviso in blocchi. Cosmopolita vero, ironico, mai dogmatico, ha impersonato la sinistra più onesta e coerente. Ma è stato soprattutto un prototipo di cittadino europeo, con una visione alta della storia e della ricerca di giustizia sociale. Il racconto da lui stesso scritto della sua gioventù, «Solik», resta per me indimenticabile. Negli ultimi anni non ci vedeva più e l intera sua esistenza ha avuto per tramite Rossanda. So che ne è valsa la pena. Un abbraccio. Gad Lerner Grazie, K.S. Karol Siamo tanti, della mia generazione, a doverti molto. È stato un privilegio conoscere il mondo attraverso gli occhi tuoi e del Manifesto. Imparare che gli ideali forti non impediscono di vedere la verità, spingono a cercarla. Non aver paura di guardare in faccia i lati oscuri di noi europei, e della sinistra per combatterli. Apprezzare la curiosità, il rigore, la lucidità, il sapere che servono tutti a una società giusta. Un abbraccio forte a Rossana, e al Manifesto. Un abbraccio ai fondatori, alla redazione, alla famiglia larga di questo giornale. Ai tanti compagni sparsi che come me avete fatto crescere. Raffaella Bolini Cittadino del mondo Ciao K. S. Karol, cittadino del mondo, comunista eretico. Ha fatto conoscere le rivoluzioni del 900 a un'intera generazione. Franco Maria Fontana Una bella storia Karol, una vita bella come un film, uno straordinario giornalista. Averlo conosciutoè grande onore. Rossana ti voglio bene. Carmine Fotia Biografia straordinaria Addio Karol, uomo adorabile, spiritoso, avventuroso, e con una biografia straordinaria. Paola Tavella Il calcio e la politica Amava Rossana, il giornalismo, la politica. E il calcio. Parlavamo di politica e di mondo, vedemmo insieme Lazio-Catanzaro in B. Ciao Karol. Giorgio Casadio Tanto di ombrello Vanno per arrestare Dell Utri ma è latitante... davvero impensabile!! E sul sito dello stesso Corriere della Sera che per la firma di Luigi Ferrarella, ci ricorda che in Italia sono in galera 156 evasori fiscali, contro gli della Germania, una percentuale che in Italia è dello 0,4% contro la media UE del 4,1 si legge che lo stesso PG che ha dichiarato idoneo il delinquente Berlusconi per essere affidato ai servizi sociali, dichiara con «ossimoricamente» ferma&vibrante determinazione, che per Berlusconi ci sarà revoca dei servizi sociali se diffama le toghe. Badate bene, «SE» diffama, cosa che mai e poi mai il noto delinquente si è sognato di fare. E noi cittadini con ferma e vibrante soddisfazione, mantenendo la giusta distanza, continuiamo a riporre l ombrello dove lo suggerisce Altan. Tanto non piove, e se proprio dovesse piovere e ci servisse l ombrello, possiamo sempre farlo uscire da dietro, picchiando davanti, come ci insegna Tafazzi. Comunque per alleviare eventuali dolori, potremo sempre usare gli 80 che il «Primo ministro prodigio«che il fato ci ha regalato, amico di Verdini che è amico di Berlusconi che è amico di Dell Utri, regala a tanti portatori di ombrello. Vittorio Melandri Latitanza Dell Utri Vogliamo dire che il Ministro degli Interni dovrebbe dimettersi? Da mesi si sapeva della imminente sentenza su Dell Utri e dei pericoli di fuga. Due libri di psicoanalisti si interrogano sul tradimento: "La Potente" di Paola Camassa e "Non è più come prima" di Massimo Recalcati. Il primo è un romanzo di grande eleganza e tensione narrativa; il secondo è un bel saggio sul tradimento e sul perdono nella vita amorosa che si conclude con un breve ma intenso racconto. Tradire è l atto costitutivo della nostra libertà ed è strettamente intrecciato con la perdita. La rinuncia alla madre vissuta come protesi onnipotente di sé non è solo il momento critico della necessaria separazione da lei: è anche un reciproco tradimento fortemente voluto che consente alla madre di ritrovare il suo posto di donna nella vita e al figlio di affermare la propria differenza da lei, la propria distinta esistenza. Questo tradimento che fonda la presenza dell altro come oggetto separato da sé e l amore stesso come riparazione della perdita, è strettamente legato al riconoscimento del fatto che nessuna relazione erotica può essere satura e autosufficiente. L altro non esiste senza un altro ulteriore che lo definisce e lo trascende e ciò crea una concatenazione potenziale di oggetti amati infiniti il cui inseguimento farebbe del tradimento una regola assoluta. L amore ha due nemici che si sostengono a vicenda: il INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it VERITÀ NASCOSTE Il tradimento e il lutto Sarantis Thanopulos legame ideale, la pretesa di tornare nel prima della relazione amorosa (nell illusione di un appropriazione narcisistica del mondo), e la promiscuità, la sostituibilità disinvolta degli oggetti amati. L amore trova il suo senso nell esclusività del suo oggetto che non è una condizione a priori ma il prodotto di una scelta di relazione che se da una parte trae dal confronto con gli altri potenziali oggetti l ispirazione di un suo costante rinnovamento, dall altra realizza attraverso la propria autolimitazione, che evita la dispersione, il massimo del coinvolgimento. Amare è libertà, e questo implica l infedeltà, ma anche ricerca della profondità che richiede un intesa che esclude il tradimento. Legarsi e liberarsi è il destino degli amanti che convivono con la perdita e aggiornano di continuo il loro accordo. Il lutto è loro congeniale perché se, come giustamente Recalcati osserva, l amore non è la ricerca frenetica del nuovo, è vero anche che la riproposizione del medesimo lo svuota. Amare l altro ancora e ancora, nel modo di sempre, richiede anche la capacità di accettare di perderlo per ritrovarlo in forme inconsuete, scoperte per la prima volta. Il lutto che fa parte del discorso amoroso consente di mantenere una costante tensione tra la conservazione nostalgica dentro di sé dell altro come identico a se stesso e l esigenza di vederlo trasformarsi nella sua esistenza esterna secondo declinazioni nuove che non saturano il desiderio nei suoi confronti. L amore vive finché questa tensione tra l identico e il nuovo (che rinnova la percezione del passato e rende riconoscibile il futuro) si mantiene Enzo C. No-Tav, il via all accordo Gli articoli del Manifesto, gli approfondimenti, sono sempre importanti e interessanti. Non ho trovato, però, nessuna cronaca riguardo la ratifica dell accordo Italia-Francia sul corridoio ferroviario, la linea ad alta velocità Torino-Lione. Bisogna ricordare i diversi aspetti che coinvolgeranno questa triste votazione e responsabilità. C è l aspetto dei diritti violati agli abitanti della tratta coinvolta. L aspetto ambientale, l inquinamento e malattie che i lavori produrranno. C è l aspetto della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini. C è l aspetto dello sfruttamento economico dei lavoratori. Forse ho dimenticato qualcosa ma quanto elencato mi sembra veramente pesante. Lo specchio del nostro Paese che, anche con il voto di scambio, sta dando un pessimo esempio di una politica e di una società dove credo nessuno vorrebbe viverci. Un incubo! Cerchiamo di ricordare perché e per cosa cerchiamo di difendere i nostri sacrosanti diritti, i beni comuni, l acqua, l aria e l ambiente, che nessuno può permettersi di svendere sulla pelle di tutti noi. Siamo tutti no Tav. Silvia Cortesi Milano Le bufale di Renzi Riferimento Bonus Irpef, Renzi ribadisce che chi ha già pagato, ora riscuoterà. Non è affatto vero. I Pensionati, quelli che hanno sempre pagato, non riceveranno nemmeno il Bonus Irpef. Continueranno ad essere tassati, pur avendo lavorato sino a tardissima età, versando notevole contribuzione. Si aggiunga il contributo di solidarietà a carico dei pensionati per favorire l occupazione, mai smentito. I pensionati anziani, che hanno pagato per una vita, ricevono una pensione al lordo, il cui netto non è sufficiente a vivere, dovendo pagare il tutto incominciando dall assistenza sanitaria, tickets e medicinali, necessari per l età avanzata. Mario De Florio Caserta viva. Il tradimento può essere parte del lutto amoroso (l ultimo appello a rinnovare un legame che ha perso la sua tensione tra intesa e libertà, tra consuetudine e rinnovamento) o del lutto che segnala la fine dell amore. Il perdono - come dono rinnovato di sé - ha un senso solo nel primo caso. Perdoniamo chi ci ha tradito se continuiamo ad amarlo e ci è possibile riconquistarlo: perché lo ritroviamo vivo dentro di noi e ancora disponibile ad amarci nell inalienabile esteriorità del suo desiderio. A seguire con attenzione il libro della Camassa, non si tratterebbe in realtà di perdono ma di capacità di ritrovamento del traditore e del tradito in quelle comuni ragioni d amore che hanno determinato il tradimento.

15 SABATO 12 APRILE 2014 il manifesto pagina 15 il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. Bargoni 8 FAX , TEL REDAZIONE redazione@ilmanifesto.it AMMINISTRAZIONE amministrazione@ilmanifesto.it SITO WEB: TELEFONI INTERNI SEGRETERIA 576, ECONOMIA 580 AMMINISTRAZIONE ARCHIVIO POLITICA MONDO CULTURE 540 TALPALIBRI VISIONI SOCIETÀ 590 LE MONDE DIPLOM LETTERE 578 iscritto al n del registro stampa del tribunale di Roma autorizzazione a giornale murale registro tribunale di Roma n ilmanifesto fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge n.250 ABBONAMENTI POSTALI PER L ITALIA annuo 320 semestrale 180 versamento con bonifico bancario presso Banca Etica intestato a il nuovo manifesto società coop editrice via A. 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RESPONSABILE Norma Rangeri CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri Il sospetto è che il pericolo non viene solo dai disegni autoritari dei nuovi inquilini del Palazzo, ma soprattutto dalla stanchezza imperante della cittadinanza Di questo avviso è Piero Bevilacqua, che (il manifesto, 5 aprile) ha fatto propria e approfondito la denuncia. «Come si fa chiedeva a non vedere già oggi la curvatura autoritaria che sta prendendo il nostro Stato?» E in effetti su una cosa non possono esserci dubbi: l acquiescenza della cosiddetta opinione pubblica, che in un paese che ha sempre avuto una sfera pubblica debole, fragile e rachitica è da sempre un problema. Delle due l una. O la denuncia di "Libertà e Giustizia" è fondata, e allora non si dovrebbe parlare d altro, visto che di mezzo ci sarebbe né più né meno che la nostra invero malandata democrazia costituzionale. Oppure è un abbaglio preso da chi proprio non intende il senso magnifico e progressivo delle tendenze in atto. E allora pure se ne dovrebbe parlare, visto che i firmatari non sono propriamente dei lillipuziani né dei sovversivi, e qualche problema ci sarebbe ove un gruppo pardon, un «manipolo» di giuristi e intellettuali di spicco mostrasse di non capire nulla di quanto sta accadendo, e si abbandonasse incauta a giudizi tanto estremi e gravi, oltre che fuor di luogo. Invece nulla, o quasi. Silenzio. Acqua sul marmo. Il che, in qualche modo, dimostra di per sé la fondatezza dell allarme. Se figure tanto autorevoli possono dire cose tanto serie nell indifferenza generale, viene il sospetto che in Italia ormai possa accadere di tutto magari proprio quello che l appello denuncia senza che nessuno reagisca e forse nemmeno se ne accorga. Ma, a parte queste considerazioni, è sin troppo evidente che l appello segnala pericoli reali. Peraltro in campo (ha ragione Bevilacqua) già da alcuni decenni. Il sindaco d Italia che, forte di due milioni di voti alle primarie (poco più del 4% del corpo elettorale), corre imponendo le sue sedicenti riforme, incarna la propensione decisionistica che ha accompagnato negli anni Novanta l agonia della prima Repubblica. E dà corpo al leaderismo che ne ha costituito il naturale corollario. Queste sue strabilianti trovate santificano la tendenza a emarginare le assemblee elettive e le parti sociali. E a consegnare tutte le chiavi del comando (legislazione compresa) all esecutivo e al suo capo. Esattamente l incubo che i padri costituenti tentarono di allontanare una volta per tutte dal nostro paese. D altra parte, perché le cose dovrebbero andare altrimenti? Questo modello piace a (quasi) tutti nel Palazzo. È il modello europeo, dove in sostanza a decidere sono la Commissione (formalmente 28 membri, in realtà tre o quattro, a cominciare dal commissario per gli affari economici e monetari) e la Banca centrale. Ed è il modello della globalizzazione, dove lo scettro è in mano ai detentori di grandi capitali e alle agenzie di rating. Non per caso né per destino, come si pretende ogni qual volta qualcuno osi eccepire. Al contrario: per decisione politica, giacché nulla, in linea di principio, impedisce di reintrodurre le regole che in passato vincolavano il movimento di capitali, incompatibile, se libero, con la sovranità degli Stati e dei corpi sociali. L appello dunque lancia un allarme più che motivato, e il silenzio che lo ha di fatto accolto mette in evidenza un problema grave che lo diciamo da anni coinvolge la responsabilità primaria dell informazione in questo paese. Addomesticata, allineata o forse soltanto funzionale all andazzo, quindi incapace di svolgere la funzione critica che le competerebbe. C è però un aspetto che rischierebbe di rimanere fuori dalla visuale, ove ci si chiuso in redazione ore tiratura prevista limitasse al tema dell autoritarismo, strisciante o conclamato, di Renzusconi e dei suoi alfieri. Come risponde il paese a questo nuovo attacco ai diritti e alle garanzie? Come reagisce alle minacce che il governo porta alla Costituzione e ai fondamenti della democrazia repubblicana? Anche qui, silenzio. Indifferenza. Acquiescenza. Si capisce, intendiamoci. Sono, lo si diceva, alcuni decenni (tre, per la precisione) che questa storia va avanti. Per responsabilità di ambo le parti governanti, e a suon di colpi di mano detti riforme istituzionali. Di leggi elettorali oligarchiche, di regolamenti parlamentari-bavaglio. E di insulti alla condizione materiale delle persone: all occupazione, al reddito, alle condizioni di lavoro, allo Stato sociale. Per forza la «gente», nauseata e atterrita, si allontana dalla politica (un quarto degli italiani non va nemmeno più a votare). Per forza i politici parliamoci chiaro: tutti sono guardati con un misto di rancore e diffidenza. Considerati il braccio armato di una crisi che devasta vite e pensieri. Per forza l idea che la politica sia una cosa sporca non solo va per la maggiore, ma si aggrava per il fondato timore che sia anche fonte di disastri. Sta di fatto che l apatia e la rassegnazione la fanno da padrone. Insieme a un risentimento senza obiettivi, di cui si pascono gli imprenditori dei nuovi populismi. Allora viene il sospetto che il pericolo non venga solo né tanto dai disegni autoritari dei nuovi inquilini del Palazzo, ma anche e soprattutto dalla stanchezza imperante in una cittadinanza che non resiste più e non protesta più. Che ha ormai accettato di trasformarsi in sudditanza perché non crede nella possibilità di farsi in qualche modo valere. Forse non è il possibile dilagare della disobbedienza l assillo di lor signori, né tanto meno il rischio di una rivolta sociale. L essenziale è piuttosto assicurarsi l inerzia di noi tutti. O, come diceva il buon Jannacci, il nostro omeopatico rincoglionimento. Il che, a cent anni dalla rivoluzione russa e a un quarto di millennio da quella francese, non è quel che si dice un bel risultato. LA «MORTE OPPORTUNA», A CHE PUNTO SIAMO? Questa rubrica ha l'obiettivo di durare il meno possibile. Il 13 settembre abbiamo consegnato alla Camera le firme per attivare l'iniziativa delle leggi - come da Costituzione - sulla proposta per la legalizzazione dell'eutanasia. Grazie a «il manifesto», fino a quando il Parlamento non si sarà espresso renderemo conto settimanalmente di quanto accade dentro e fuori dal Palazzo: chi sostiene e chi si mette di traverso, chi prende impegni e chi li rispetta, chi decide di trasformare il proprio dramma in battaglia di libertà per tutti. L'obiettivo è che il cittadino italiano conquisti lo stesso diritto di quello olandese o belga a decidere sulla propria «morte opportuna», come il teologo Pohier definiva l'eutanasia. Quella «morte opportuna» che Loris Fortuna prima e Piero Welby poi hanno cercato di inserire nell'agenda politica italiana. Continuiamo a provarci. Anche con il vostro aiuto, contiamo di farcela. (Marco Cappato, promotore della campagna Eutanasia legale) Annamaria Rivera N on potrebbe essere più opportuna la manifestazione di oggi contro la precarietà e l austerità, per il diritto al lavoro, al reddito, all alloggio, in definitiva alla dignità. La fase attuale, infatti, è marcata non solo da disoccupazione, precarietà e impoverimento di massa, dalla durezza dell attacco al salario e alle condizioni di lavoro, dalle privatizzazioni e dalla drastica riduzione degli spazi di democrazia. Ma anche dalla tendenza a tematizzare la questione sociale secondo un lessico e una strategia punitivi. Chiunque rivendichi attivamente il diritto a una vita dignitosa o solo provi a ritagliarsi spazi di sopravvivenza, al di fuori della legalità formalisticamente intesa, è un nemico sociale in potenza. Sembra quasi che siano di ritorno le ottocentesche «classi pericolose». Oggi, in Italia, a essere trattati da «classi pericolose» sono prevalentemente senzatetto, immigrati, occupanti di case, «accattoni molesti o petulanti», formula spesso usata come sinonimo di «zingari». In una fase di grave crisi economica, allorché vacilla lo Stato sociale e l area della povertà si allarga a dismisura, perfino alle classi medie, prevalgono il discorso sicuritario e l ordine pubblico: per simulare autorevolezza agli occhi dei cittadini, conquistarne il consenso elettorale, soprattutto occultare l incapacità di presa sulle grandi decisioni riguardanti finanza ed economia, quindi la questione sociale. Torna in auge ciò che Luigi Ferrajoli ha definito sottosistema penale di polizia: le garanzie individuali dello stato di diritto non vigono più per marginali, stranieri e altre categorie stigmatizzate, in primis gli «oziosi e vagabondi», per usare un lessico d antan. Per cui, anziché colpire l infrazione di una norma o la lesione di un bene giuridico, si sanzionano stili di vita, disoccupazione, mancanza di alloggio, in definitiva disagio sociale e povertà. Intorno a questo, da un buon numero d anni si è determinato in Italia un certo consenso tra destra e sinistra, ma mai come ora è apparsa così palese la sostanziale identità di vedute. Un esempio lampante è costituito dal Patto di sicurezza metropolitana stretto dai sindaci di Padova, Venezia e Treviso, contro «accattoni molesti o petulanti», contro il «racket dell accattonaggio e per la sicurezza dei cittadini». Stiamo citando Giovanni Manildo, sindaco di Treviso, avvocato cattolico al quale né la fede né il diritto, ancor meno l appartenenza al Pd, hanno insegnato a prendersi cura dei cittadini più sfortunati. In modo analogo si esprimono gli altri due sindaci, quello di Padova, Guido Rossi, un ex Dp, oggi Pd, e Giorgio Orsoni, giurista e del Pd pure lui. Tutti e tre reclamano una banca-dati relativa ai tre comuni «per riconoscere subito i professionisti dell elemosina» (è l ex Dp che parla) nonché fogli di via ed espulsioni. Tutto ciò per sconfiggere il pericoloso esercito di «accattoni abituali», costituito da poche decine di persone. Gentilini e gli altri forcaioli leghisti non sono passati invano. Finora mancano le ronde, ma lo stile è quello, le retoriche del tutto simili, identico lo scopo: additare e colpire il capro espiatorio più facile e in tal modo distrarre l attenzione dei cittadini dalla drammaticità della questione sociale e dall inconsistenza dell operato delle loro amministrazioni, che in due casi, Treviso e VERSO L' EUTANASIA LEGALE L agenda Fortuna-Welby Al Congresso Mondiale per la libertà di ricerca scientifica Andrea Boggio ha presentato l'indice della libertà di ricerca e autodeterminazione che mostra come l'italia si trovi tra Brasile e Croazia al 35 posto della classifica. Nell'indicatore della libertà sul fine vita, l'italia si aggiudica il 25 posto in una graduatoria di 35 paesi, come Cina e Yemen. Il 18 marzo Giorgio Napolitano ha inviato una lettera aperta a Carlo Troilo, consigliere dell'associazione Luca Coscioni, in cui ha ribadito, come nel 2006 rispondendo a Piergiorgio Welby, che «il Parlamento non dovrebbe AUSTERITÀ La società disciplinare contro l esercito di "vagabondi" Prevalgono il discorso securitario e l ordine pubblico per occultare l incapacità di presa sulle grandi decisioni riguardanti la finanza e l economia Matteo Mainardi ignorare il tema delle scelte di fine vita» aprendo così qualche spiraglio. Dalla Commissione Affari sociali alla Camera si sono levate le voci di Patriarca (Pd) disponibile a parlare di testamento biologico «ma senza sfociare nell'eutanasia» e di Binetti (PI) che parla di «rifiuto della vita». Nella Capigruppo, la presidente della Camera Boldrini ha sottoposto il tema alle forze politiche «per le valutazioni che riterranno di dover fare». Se nel Pd e in Forza Italia, così come tra Padova, includono anche Sel. La stessa finalità si può intravvedere dietro il proliferare d iniziative sicuritarie in altre città. Anche Firenze, che non è nuova a tali imprese (ricordate la campagna del 2007 contro il «racket dei lavavetri»?), si è dotata di una task force con lo scopo di fare pulizia etnica nella stazione di Santa Maria Novella: controlli serrati ai danni di «accattoni, abusivi e senzatetto» e fogli di via per persone ree di manifesta povertà. Quale reato configura, infatti, aiutare viaggiatori maldestri alle prese con le biglietterie automatiche od offrirsi di trasportare i loro bagagli in cambio di una mancia? «Sono tutti cittadini comunitari che non sempre commettono reati e dunque possiamo solo multarli e allontanarli», si lamenta un agente della polizia ferroviaria, citato il 5 febbraio da Luca Serranò in un articolo di Repubblica più che allineato. Non è da meno la giunta milanese, anch essa comprendente Sel, che s illustra per gli sgomberi d insediamenti rom e la recente trovata di sbarrare con cancelli la strada che conduce alla «ricicleria» comunale. Scopo dichiarato è impedire ai rom di attendere le auto di chi porta a smaltire i rifiuti per procurarsi oggetti da riciclare e vendere. Mentre si parla di decrescita e di obsolescenza programmata delle merci, si finge d ignorare che l attività di recupero e riutilizzo dei rifiuti svolta dai rom configura «una pratica virtuosa» e «oggettivamente ambientalista», per citare Aleramo Virgili, della Rete nazionale operatori dell usato. Quanto alla Capitale, non si può dire che la giunta Marino si distingua per netta inversione di tendenza. Di recente Amnesty International è tornata a denunciare la sostanziale perpetuazione del famigerato Piano nomadi, la politica degli sgomberi forzati dei campi detti abusivi, la segregazione etnica in insediamenti privi del minimo comfort, l esclusione dei rom dall edilizia residenziale pubblica, la repressione di attività informali come i mercatini dell usato, spesso unica fonte di reddito. Se si aggiungono le iniziative repressive ad opera di polizia e magistratura - gli sgomberi di decine di occupazioni e le misure cautelari inflitte ad attivisti/e del movimento per il diritto all abitare -, si può avere un idea di quale sia a Roma l offensiva contro le «classi pericolose». A sancire questa tendenza, un iniziativa governativa recente: il cosiddetto Piano casa, approvato con decreto dal consiglio dei ministri il 12 marzo. Quest insieme di misure, presentate come la soluzione alla questione abitativa, contiene un articolo perfido, il 5, che stabilisce l assoluto divieto, anche retroattivo, di concedere residenze e allacci delle utenze agli occupanti abusivi. Il che interdice di accedere al servizio sanitario nazionale, d iscrivere i figli a scuola, di esercitare il diritto di voto e così via. Il primo ad applicarlo è stato il Comune di Parma, governata da un sindaco e una giunta 5 Stelle, che s erano presentati come nemici della speculazione edilizia e strenui difensori dei più deboli. A ben riflettere, i professionisti della società disciplinare danno prova di autolesionismo e sconsideratezza, poiché reprimono non forme di sovversione, ma di mutualismo e di Welfare auto-organizzato, in fondo. Quelle che per ora impediscono che la disperazione sociale esploda in conflitti violenti e generalizzati o in suicidi di massa alla Jonestown. M5S, Lega, Sel e Scelta Civica, non mancano singoli parlamentari favorevoli, nessuno ha finora avuto la forza di calendarizzare il dibattito. Galan (Fi) si dice convinto che a bloccare il dibattito ci sia «il patto che sorregge il governo, un accordo tra Renzi e Alfano sul fatto che questa roba non si affronti proprio». I firmatari della proposta di legge popolare per l'eutanasia legale aspettano una risposta da 212 giorni. Il presidente della Repubblica da 26. * Associazione Luca Coscioni

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