visioni d insieme Il Neolitico in Italia Vincenzo Tinè Il processo di neolitizzazione in Italia: cronologia e dinamiche culturali

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1 visioni d insieme Vincenzo Tinè Riferimenti bibliografici e fonti iconografiche Civiltà dell argilla. Le prime comunità del Neolitico, a cura di M. A. Fugazzola Delpino, A. Pessina, V. Tinè, Catalogo della mostra, Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico L. Pigorini, Roma M. A. Fugazzola Delpino, V. Tinè, Le statuine fittili femminili del Neolitico italiano. Iconografia e contesto culturale, «Bullettino di Paletnologia Italiana», 93-94, , pp A. Pessina, G. Muscio, Settemila anni fa il primo pane. Ambienti e culture delle società neolitiche, Catalogo della mostra, Museo Friulano di Storia Naturale, Udine A. Pessina, V. Tinè, Archeologia del Neolitico. L Italia tra VI e IV millennio, Carocci, Roma (in c. d. s.). Spirali del tempo, meandri del passato. Gli scavi archeologici a La Vela di Trento dal 1960 al 2007, a cura di E. Mottes, Catalogo della mostra, Soprintendenza per i Beni Archeologici, Provincia Autonoma di Trento, Trento S. Tinè, Passo di Corvo e la civiltà neolitica del Tavoliere, Sagep Editrice, Genova Il Neolitico in Italia Il processo di neolitizzazione in Italia: cronologia e dinamiche culturali La fase della neolitizzazione, cioè della più antica diffusione della civiltà neolitica, è oggetto di particolari attenzione della ricerca, dato che da essa derivano le caratteristiche dinamiche di acculturazione e trasmissione dei tratti socio-economici. Nel contesto mediterraneo ed europeo caratterizzato da un mosaico di macrozone culturali, piuttosto differenziate tra di loro e non chiaramente collegate da transizioni percepibili (fig. 1) l Italia ha svolto un ruolo di cerniera tra Oriente e Occidente, acquisendo e trasformando gli elementi culturali provenienti dall Europa sud-orientale, per trasmetterli poi alle regioni occidentali del Mediterraneo. L indicatore archeologico principale della neolitizzazione nel bacino centrooccidentale del Mediterraneo è rappresentato da una tecnica peculiare di decorazione della ceramica, realizzata imprimendo sulla superficie ancora cruda del vaso le dita o strumenti di vario genere. Ceramiche impresse, articolate in una serie di gruppi regionali ma chiaramente riconducibili ad un ceppo comune, caratterizzano, infatti, le due opposte sponde peninsulari: quella adriatica e quel- Fig. 1 Le facies culturali a ceramiche impresse nel Neolitico antico del Mediterraneo.

2 md la tirrenica, identificando anche le due principali famiglie stilistiche nei rispettivi areali di diffusione, complessivamente estesi dalle coste orientali dell Adriatico fino a quelle atlantiche del Portogallo. Il problema dell origine delle ceramiche impresse in questa grande area mediterranea si identifica, dunque, con quella del più antico Neolitico. Mentre è chiaro il ruolo di ponte della penisola italiana, non altrettanto lo sono i meccanismi di evoluzione e trasformazione che precedono la tappa italiana del percorso di diffusione del Neolitico: dal Vicino Oriente all area egea e balcanica, fino al Sud-Est peninsulare. Sono, infatti, ancora molto limitate le conoscenze sul Neolitico della Grecia nord-occidentale e dell Albania, ma in queste aree alcuni siti con ceramiche impresse sembrano individuare le tappe intermedie dell ondata neolitizzatrice, proveniente da quel grande bacino formativo delle culture neolitiche europee che è stata la Tessaglia. Quel che è oramai certo è che le più antiche testimonianze del Neolitico nella nostra penisola si collocano, intorno al 6000 a.c., in un area precisa: quella del Sud-Est (fig. 2). Sulle coste adriatiche e ioniche della Puglia, della Basilicata e della Calabria settentrionale e nel loro retroterra, lungo le vie principali di penetrazione fluviale come nella Valle dell Ofanto e nel Materano scavi recenti hanno individuato gli avamposti coloniali di questa diffusione. In siti come Coppa Nevigata (FG), Pulo di Molfetta (BA), Rendina (PZ),Trasano (MT) e Fig. 2 I più antichi siti del Neolitico italiano nel Sud-Est peninsulare. Bern GERM ANY Zürich Vaduz LIECHTENSTEIN Innsbrück Salzburg AUSTRIA Graz Budapest 107 SW ITZERLAND HUNGARY FRANCE Ljubljana SLOVENIA Zagreb CROATIA Krk Bihac Tuzla BOSNIA and HERZEGOVINA Nice M onaco LIGURIANSEA San Marino A D R Zadar Split Sarajevo Mostar Bastia ITALY I A T I Hvar Korcula Dubrovnik YUGOSLAVIA CORSE (Fr) Ajaccio Rome Rendina C S E A Prato Don Michele Defensola Coppa Nevigata Mass.Candelaro Pulo dimolfetta Scam uso Trasano Torre Canne Torre Sabea SARDINIA TYRRHENIAN SEA Favella M E D I T IONIAN SEA StraitofM essina E R R A N E A N SICILY ALGERIA Tunis TUNISIA S E A MALTA Valletta

3 visioni d insieme 6 Vincenzo Tinè Il Neolitico in Italia 108 Fig. 3 Fig. 4 Favella (CS) sorgono villaggi di medie dimensioni e già ben strutturati nei principali tratti ergologici: dalle grandi capanne lignee intonacate, alle sepolture in fossa singola, alle basi economiche pienamente produttive. Le ceramiche impresse arcaiche, che accompagnano questi primi insediamenti neolitici (fig. 3), sono le progenitrici di quelle evolute, che segnano l espansione del Neolitico nel resto della penisola e in Sicilia durante le fasi successive del Neolitico antico (ca a.c.). Nel corso del Neolitico medio (ca a.c.) si sviluppano, invece, diversi stili di ceramiche dipinte nell area centro-meridionale adriatica (fig. 4) e di ceramiche a decorazione lineare incisa in quella tirrenica. Una nuova koinè culturale caratterizza, infine, tutta l area peninsulare e la Sicilia negli ultimi secoli del IV millennio con la diffusione, pressoché ubiqua, di una ceramica priva di decori ma con caratteristiche superfici ben levigate e anse a forma di rocchetto per tessere della cosiddetta Cultura di Diana (fig. 5). Del tutto diverso e autonomo si presenta il panorama culturale dell Italia padana e alpina, dove altri flussi neolitizzatori, di origine balcanica e centro-europea, sembrano essere all origine del mosaico culturale del cosiddetto Primo Neolitico. La risalita peninsulare delle ceramiche impresse si arresta, infatti, alla Romagna e alla Liguria/Basso Piemonte da dove penetreranno in Provenza e nelle altre aree costiere del Mediterraneo occidentale. Nell area settentrionale si erano già formati e saldamente stabiliti altri gruppi etno-culturali, che dai rispettivi siti eponimi prendono il nome di Fiorano in Veneto e Emilia (fig. 6), Gaban nel Trentino, Fagnigola-Sammardenchia nel Friuli, Vhò nell area centro-padana e Isolino in quella dei laghi lombardi. Questo multiforme panorama culturale del VI millennio a.c. si trasforma, nel millennio successivo, in un unica omogenea area culturale, una vera e propria monocultura padana che prende il nome dai caratteristici Vasi a Bocca Quadrata (fig. 7). Il suo svolgimento, attraverso due fasi stilistiche successive, giunge fino alle soglie del IV millennio, quando questa grande unità culturale si frammenta in una serie di aspetti di tradizione locale (cosiddetta III fase dei VBQ) e di influenza dall area francese e elvetica (culture di Chassey e Lagozza). Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7

4 md Le strutture di abitato A partire dal Neolitico la casa rappresenta molto più di una semplice macchina per vivere, dato che le diverse tipologie architettoniche non sono solo una funzione delle risorse o delle capacità costruttive ma l espressione culturale del modo in cui le comunità di villaggio erano strutturate e strutturavano il loro mondo. Le strutture abitative in senso lato, cioè non solo le capanne ma anche le strutture di produzione e di recinzione dei villaggi, sono state, infatti, il teatro principale del caratteristico Modo di Produzione Domestico (descritto da Marshall Sahlins) dell economia neolitica. Secondo l archeologo inglese Ian Hodder l ideologia di questa epoca era caratterizzata proprio dalla contrapposizione strutturale tra domus e agrios, visti come poli antitetici di cultura e natura. La casa e le altre strutture di abitato rappresenterebbero il principale focus dell elaborazione simbolica neolitica e la metafora di strategie socioeconomiche e di relazioni di potere, basate sull esclusione, il controllo e la domesticazione del mondo selvatico. Nella documentazione archeologica dell Italia meridionale gli scavi nel sito di Rendina in Basilicata hanno dimostrato l utilizzo, fin dal più antico Neolitico, di grandi capanne rettangolari o ellittiche, con pali portanti fondati in buche e a cui era connesso un telaio vegetale intonacato. Nelle fasi più avanzate, strutture con planimetrie rettangolari absidate e tecniche di fondazione più complesse, con muretti litici a doppio paramento destinati ad accogliere i pali della struttura a telaio intonacata, sono attestate in diversi siti pugliesi come Balsignano e Passo di Corvo (fig. 8). Nell Italia centrale, gli scavi del villaggio di Catignano in Abruzzo hanno rivelato l utilizzo, anche in quest area, di capanne rettangolari absidali, con fondazioni in buche di palo o canalette, mentre sul versante tirrenico una documentazione strutturale del tutto analoga proviene dal sito di Casale del Dolce, presso Anagni. Capanne rettangolari in legno erano in uso anche nel vilaggio, oggi sommerso dalle acque del Lago di Bracciano, de La Marmotta. In questo sito l esplorazione di un ampia area dell insediamento neolitico ha messo in luce la strutturazione regolare dell abitato, con una disposizione a schiere parallele delle case rispetto all antica sponda del lago. Anche nell area padana alcuni scavi recenti, condotti su estensioni significative e su livelli preservati dal notevole impatto agrario di età storica, hanno chiarito le modalità abitative dei villaggi neolitici, inquadrando la funzione complementare dei cosiddetti fondi di capanna, le strutture in fossa che fini a pochi anni fa erano interpretate come case infossate. Nel sito di Lugo di Romagna, riferibile alla facies di Fiorano del Neolitico antico padano, eccezionali condizioni di conservazione hanno consentito il recupero di quella che è forse la più ricca e articolata evidenza strutturale del Neolitico italiano. Fig. 8 Fig. 3 Ceramiche impresse del Neolitico antico peninsulare da La Defensola, Foggia. Fig. 4 Ceramiche dipinte e acrome (Fig. 5) del Neolitico medio e recente meridionale da Passo di Corvo, Foggia. Fig. 6 Ceramiche del Neolitico antico e medio (Fig. 7) settentrionale dal Riparo Gaban e da La Vela, Trento. Fig. 8 Modello ricostruttivo di un unità abitativa a Passo di Corvo, Foggia (Neolitico medio). 109

5 visioni d insieme 6 Vincenzo Tinè Il Neolitico in Italia Strutture di combustione: (Fig. 9a) forno a volta di terra di Favella, Cosenza (Neolitico antico) e (Fig. 9b) ipotesi ricostruttiva; (Fig. 10a) fosse con ciottoli e carboni di Grotta San Michele di Saracena, Cosenza (Neolitico antico) e (Fig. 10b) ricostruzione sperimentale. Fig. 9a Le strutture di combustione neolitiche sono rappresentate da focolari, spesso semplicemente appoggiati al suolo, ma anche costruiti con sottofondi in pietre e/o argilla e da forni. Questi ultimi vengono realizzati con strutture a volta di terra, morfologicamente simili ai forni di età storica, come quelle di Lugo o di Trasano, in Basilicata (figg. 9a e 9b). Molto diffuse sono anche le strutture di combustione scavate nel terreno, in cui vengono fatti arroventare ciottoli su cui stendere gli alimenti da cuocere alla griglia o al forno, coperti di frasche e terra Fig. 9b Le capanne di Lugo di Romagna La capanna di Lugo (fig. 1.1) è stata distrutta da un violento incendio e poi ricoperta da 14 m di coltre alluvionale, che ha preservato le strutture e gli arredi ad un livello di chiarezza eccezionale nelle nostre regioni e che ricorda i siti meglio conservati dell Europa sud-orientale. La planimetria della capanna di Lugo è regolarmente rettangolare, l orientamento è NNW-SSE e le dimensioni massime sono di 10x7 m; le pareti sono composte da una trama a graticcio di canne, fissate a travetti verticali e rivestite da ampie quantità di intonaco. La copertura, probabilmente a doppio spiovente, era fondata su una doppia fila di pali assiali; possibili soppalchi laterali sono indiziati dal rinvenimento di cortine di assi lignee carbonizzate lungo i lati lunghi. Lo spazio interno era suddiviso in due ambienti e occupato da un focolare centrale, mentre un forno con copertura a volta era collocato a ridosso della parete settentrionale. Diversi vasi integri sono stati rinvenuti sul pavimento della capanna, in particolare nel vano sud, dove anche la presenza di macine, Fig. 1.1 Planimetria della capanna con forno e focolare interni di Lugo di Romagna, Ravenna (Neolitico antico). industria litica e resti di cereali fa ipotizzare un area destinata alla conservazione e alla preparazione del cibo. L estensione dello scavo ha permesso di chiarire, a Lugo, anche il rapporto tra la vera e propria capanna e alcune strutture limitrofe in fossa: un pozzetto-silos per immagazzinare derrate e una fossa-cava per l argilla con cui intonacare le pareti.

6 md secondo il modello noto in etnografia come forno polinesiano (figg. 10a e 10b). Pozzi, cisterne ipogeiche e recinti per il bestiame rappresentano ulteriori tipologie strutturali documentate dagli scavi in estensione di siti neolitici italiani ma le strutture para-abitative più caratteristiche sono certamente i fossati. Con questo termine si definiscono strutture ipogeiche con sviluppo lineare, che recingono i villaggi neolitici con possibili funzioni difensive e/o collegate a esigenze di stabulazione, drenaggio o anche adduzione idrica. Fig. 10a Fig. 10b 2 I fossati di recinzione I primi fossati neolitici ad essere rivelati dalla ricerca archeologica furono individuati nel siracusano dagli scavi ottocenteschi di Paolo Orsi, ma i più grandiosi e celebri fossati del Neolitico italiano sono quelli del Tavoliere, nella Puglia settentrionale. La loro scoperta risale alla Seconda guerra mondiale, quando l archeologo inglese John Bradford, effettuando una serie di riprese aeree della zona come ufficiale della RAF, notò una serie di anomalie concentriche, assolutamente enigmatiche ma chiaramente riferibili a strutture antiche sepolte (vedi fig. 11 del testo). Gli scavi effettuati nel dopoguerra dallo stesso Bradford e da altri studiosi inglesi e italiani hanno condotto alla scoperta di quella che è forse la più complessa civiltà neolitica del nostro paese. Le tracce sulle foto aeree sono risultate, infatti, riferibili ai cosiddetti crop marks, cioè alle variazioni nella crescita della vegetazione determinate dalla presenza di una maggiore umidità nel terreno di riempimento dei fossati di recinzione di villaggi neolitici. Un ipotesi funzionale come strutture drenanti è stata proposta per i fossati del principale di questi siti, Passo di Corvo, ed è probabilmente estendibile anche alla maggior parte degli altri villaggi del Tavoliere, insieme a quella complementare di raccolta dell acqua e di difesa degli armenti. In ogni caso il valore ideale di delimitazione dello spazio culturale rispetto a quello naturale era certamente avvertito dagli artefici di queste grandiose opere collettive, che rappresentano il tratto caratteristico di molte culture del Neolitico italiano, non solo nel Meridione, dove sono attestati anche nella Valle dell Ofanto (Rendina) e nel Materano (Serra d Alto), ma anche in Abruzzo (Ripoli) e nella Val Padana (Faenza), fino alla Val d Adige (La vela di Trento) e alla Pianura Friulana (Sammardenchia). Sistemi di recinzione con palizzate lignee sono documentati in ambito padano da scavi recenti in siti di varie fasi del Neolitico, dalle più antiche, come a Lugo di Romagna con piccolo fossato (fig. 2.1), a quelle avanzate e recenti, come a Le Mose e a Travo (PC). Fig. 2.1 Ricostruzione del sistema di fossati e palizzata di Lugo di Romagna, Ravenna (Neolitico antico). 111

7 Il territorio e l insediamento Le relazioni tra territorio e insediamento e le forme in cui quest ultimo si organizza nelle diverse epoche dell antichità sono oggetto di studio dell archeologia spaziale. Si tratta di una disciplina che ha acquisito notevole importanza a partire dagli anni 70 del secolo scorso e che rappresenta una delle più stimolanti aree di ricerca per il Neolitico. In quest epoca, infatti, l uomo per la prima volta non si limita più al solo sfruttamento delle risorse naturali ma interviene attivamente per modificare il territorio con strategie produttive che creano un nuovo paesaggio, non più naturale ma antropico.varie tecniche di ricognizione superficiale,prospezione geoarcheologica e trattamento informatico dei dati territoriali (GIS) sono oggi utilizzate per gestire informazioni ad ampia scala, riguardanti i comprensori geografici su cui insistono siti neolitici già noti da indagini stratigrafiche e di cui si cerca di ricostruire il contesto territoriale, in termini di paleoambiente e di sfruttamento economico. L esempio più significativo dell applicazione di queste metodologie di ricerca al Neolitico italiano riguarda il Tavoliere di Foggia, la più grande pianura del Meridione,estesa su un area di kmq.la straordinaria evidenza con cui sono leggibili sulle foto aeree le tracce dei fossati, che recingevano i villaggi neolitici del Tavoliere (fig. 11), ha consentito interventi mirati di ricognizione archeologica, restituendo un quadro insediamentale ricco e articolato, mentre accurati studi geomorfologici hanno contribuito a definire l evoluzione del paleoambiente. L attuale paesaggio di steppa semiarida è risultato, così, la conseguenza delle trasformavisioni d insieme 6 Vincenzo Tinè Il Neolitico in Italia 112 Fig. 11 Villaggio trincerato neolitico individuato dalle fotografie aeree nel Tavoliere, Foggia (Neolitico antico e medio). 3 I villaggi neolitici del Tavoliere Le ricognizioni archeologiche condotte su 200 degli oltre 1000 siti neolitici del Tavoliere indiziati dalle foto aeree, hanno permesso di ricostruire nel dettaglio le dinamiche insediamentali caratteristiche delle diverse fasi (fig. 3.1). 180 siti sono riferibili, sulla base delle ceramiche rinvenute in superficie, al Neolitico antico (fig. 3.2); si estendono di norma su aree di ampiezza inferiore ai 2 ha e presentano strutture di recinzione con singolo o doppio fossato, definendo un modello insediamentale di tipo fattoria monofamiliare. 58 siti appartengono, invece, alle fasi iniziali del Neolitico medio (fig. 3.3); 49 di essi erano già frequentati nel Neolitico antico mentre 8 risultano di nuova fondazione. Si tratta, ora, di veri e propri villaggi con fossati perimetrali concentrici e grandi fossati esterni aperti a spirale, che abbracciano aree anche superiori a 100 ha, probabilmente sottoposte a coltivazione e non direttamente insediate. La tendenza all ampliamento degli stanziamenti e alla concentrazione della popolazione è evidenziata da fenomeni di sinecismo tra villaggi contigui, come avviene nel più famoso di questi villaggi, Passo di Corvo, che incorpora il piccolo centro limitrofo di Campo dei Fiori. I vecchi siti-fattoria continuano ad essere documentati nel Neolitico medio del Tavoliere ma i nuovi, grandi villaggi sembrano assumere una funzione di centri di riferimento territoriali secondo un modello di insediamento gerarchico. Solo 28 siti, infine, appartengono alle fasi avanzate del Neolitico medio e al Neolitico recente, di cui 8 nuovi (fig. 3.4). Questi villaggi sono privi di fossati di recinzione e dei fossati interni a C e sembrano costituiti solo da poche strutture abitative. La loro dispersione è indicativa di un nuovo modello insediamentale e economico, dato che sono molto rari nella zona pianeggiante mentre appaiono nettamente più concentrati sulle aree collinari, soprattutto sulle rive del Fortore. Lo spostamento della popolazione dalla piana alle colline va collegato all evolversi

8 md zioni introdotte dall uomo a scopo produttivo sull ambiente naturale del Tavoliere: dalla deforestazione a scopo di sfruttamento agrario dei tempi neolitici alla sua massiccia conversione pastorale in età tardo-romana.anche il clima, attualmente oscillante tra sub-arido e arido, doveva essere sensibilmente più umido durante il Neolitico, coincidente con l optimum climatico atlantico ( a.c.). Il Tavoliere rappresenta il modello più complesso e meglio conosciuto delle relazioni uomo-ambiente nel Neolitico italiano, ma diverse altre sono le situazioni note, soprattutto al livello spaziale più ristretto del cosiddetto territoriosito. Lo studio dei bacini di approvvigionamento (Site-Catchment Analysis), che rappresentano lo scenario delle attività di produzione dei gruppi agro-pastorali neolitici, consiste nella definizione delle risorse produttive contenute nell ambiente circostante un certo sito, valutando aspetti geomorfologici e geopedologici e tendo conto del sistema di sfruttamento moderno, che può fornire indicazioni sulla sua vocazione produttiva. Le informazioni provenienti dal contesto territoriale vengono quindi interfacciate con gli indicatori economici desunti dallo scavo nel sito: resti faunistici e botanici i cosiddetti indicatori economici diretti ma anche gli elementi culturali collegabili a pratiche produttive, come macine, falcetti, contenitori per stoccaggio o strumenti e accessori per produzioni casearie (indicatori indiretti). Una grande variabilità ambientale, a cui corrisponde un ampio spettro di risposte adattive da parte dei vari gruppi, caratterizza da questo punto di vista le diverse epoche e aree del Neolitico italiano. 113 in senso arido delle condizioni climatiche in queste fasi, secondo un modello di collasso ambientale che coinvolge la società dei villaggi trincerati del Tavoliere. Fig. 3.1 Lo schema dell insediamento nel Tavoliere di Foggia nelle diverse fasi del Neolitico: (Fig. 3.2) Neolitico antico; (Fig. 3.3) Neolitico medio, fasi iniziali; (Fig. 3.4) Neolitico medio, fasi avanzate e Neolitico recente.

9 Le basi economiche e i circuiti di scambio La diffusione del Neolitico in Italia comporta, come nel resto d Europa, un processo di radicale trasformazione biologica, prima ancora che tecnologica, economica e culturale. Essa si accompagna, infatti, all importazione di nuove specie vegetali e animali domestiche, originarie del Vicino Oriente (cfr. il contributo di Francesca Giusti, infra). Il problema principale che si pose ai coloni neolitici fu proprio quello di adattare queste specie allogene all ambiente peninsulare, insulare e padano e, in questi diversi contesti geografici, agli habitat specifici: costieri, collinari, di fondovalle, ecc. Ripercorrere le tracce della neolitizzazione presuppone la ricostruzione di questo percorso di adattamento ambientale, valutando successi e insuccessi delle strategie adottate. Dal punto di vista climatico va ricordato, innanzi tutto, che il Neolitico coinvisioni d insieme 6 Vincenzo Tinè Il Neolitico in Italia 4 Il rapporto tra siti e territorio 114 Nel territorio appenninico dell Italia centrale sono stati documentati con la tecnica della SCA (Site Catchment Analyis) sia siti in grotta e all aperto, con forme di sussistenza di tradizione ancora paleo-mesolitica come Maddalena di Muccia (fig. 4.1), dove la caccia conserva un ruolo significativo, sia possibili stazioni invernali per greggi transumanti di caprovini, come Ripabianca di Monterado (fig. 4.2). Questi centri specializzati si affiancano ai siti neolitici classici, con economia mista agro-pastorale, situati sui suoli leggeri dei bassopiani, come Pianaccio di Tortoreto e Ripoli (fig. 4.3). Il nuovo modello economico, prettamente agrario, è comunque accompagnato da una discreta componente pastorale. In altri casi le relazioni sito-territorio sono più complesse e meno univoche. Per esempio, in Friuli, la vasta entità territoriale definita come villaggio neolitico di Sammardenchia è di fatto un palinsesto di siti distribuiti con schema puntiforme su un area di ca. 600 ha. Le analisi geoarcheologiche hanno confermato l ipotesi di un modello di insediamento diffuso, caratterizzato da rioccupazioni successive di aree diverse in momenti diversi, secondo cicli di occupazione e abbandono collegabili a sistemi produttivi di tipo shifting agriculture. Fig. 4.1 Fig. 4.2 Fig. 4.3 Il modello territoriale di alcuni siti neolitici dell Italia centrale: (Figg. 4.1 e 4.2) Maddalena di Muccia e Ripabianca di Monterado (Neolitico antico), (Fig. 4.3) Ripoli (Neolitico medio e recente).

10 md cide quasi perfettamente in Italia con il periodo atlantico ( a.c.), che segna un ulteriore miglioramento del clima dopo il già sensibile cambio neoclimatico verificatosi con l inizio dell Olocene. Nell Italia sud-orientale, dove ha luogo il primo contatto dei neolitici con il nostro territorio, vengono inizialmente privilegiate le pianure costiere e le vallate fluviali direttamente collegate alla costa e, solo successivamente, le aree interne appenniniche. Il paesaggio vegetale sembra essere stato caratterizzato dalla presenza di boschi radi di querce caducifoglie e altre specie termofile, alternate a ampie radure erbose, così da risultare particolarmente idoneo alla coltivazione dei cereali.tra questi, i primi ad essere coltivati furono il farro, il farricello e l orzo, documentati nei siti del più antico Neolitico, mentre il grano duro e l avena con le leguminose sono coltivati sistematicamente solo in fasi più avanzate del Neolitico meridionale. 5 Il ruolo delle analisi paleobotaniche Nell Italia centrale lo scavo del sito sommerso de La Marmotta sul Lago di Bracciano (Roma) ha restituito una documentazione paleobotanica eccezionale, che comprende diverse specie di cereali (farro, farricello, orzo e grano tenero e duro) e di leguminose (lenticchia, veccia, pisello), ma anche vite e papavero da oppio, che sembrano essere stati sottoposti a trattamenti sistematici di selezione e stoccaggio. Falcetti col manico di legno decorato e lamelle di selce inserite con mastice venivano utilizzati per la raccolta delle messi (fig. 5. 1). L evidenza da La Marmotta ci informa anche sul ruolo fondamentale della raccolta della frutta nell economia di sussistenza di questi gruppi: susine, prugne, ciliegie, pere, mele e fichi, ma anche fragole, more, lamponi e nocciole. Nell Italia settentrionale le analisi polliniche segnalano la persistenza dal periodo Boreale di quercia, pino, tiglio e acero sulle colline e nella pianura, a cui si associano progressivamente, come effetto dell intervento antropico, il castagno, la noce e il pruno, mentre sulle alture predominano sempre abete e faggio. In questo paesaggio densamente forestato i coloni neolitici intervengono con sistematiche opere di disboscamento, attuate tramite incendio e/o scalvatura e rinsecchimento degli alberi di alto fusto, liberando piccole aree da sottoporre a pratiche agricole, che tendono a sfruttare il residuo umico, per poi abbandonarle a favore di nuove aree buscate, seguendo una rotazione che facilita la naturale rigenerazione dei terreni. Le diverse specie domestiche sembrano essere state introdotte simultaneamente nell area settentrionale, come esito di un sistema di policoltura già sperimentato con successo altrove, probabilmente nell Europa orientale, da cui provengono anche i principali influssi culturali. I dati più completi vengono dalla Pianura Friulana, dove la ricca documentazione archeobotanica del sito di Sammardenchia (Udine) comprende le principali specie di cereali (figg e 5. 3), tra cui anche un frumento vestito di probabile origine caucasica e di leguminose. Nel Neolitico medio e recente del Settentrione, tra le nuove specie coltivate compaiono anche il lino e il papavero, documentati nei siti perilacustri oggi sommersi della Lagozza di Besnate e dell Isolino di Varese. Fig. 5.2 Fig Fig. 5.1 Fig. 5.1 Falcetto in legno con lamelle di selce da La Marmotta, Roma (Neolitico antico). Fig. 5.2 Semi carbonizzati di cereali da Sammardenchia, Udine (Neolitico antico). Fig. 5.3 Una coltivazione di farro.

11 visioni d insieme 6 Vincenzo Tinè Il Neolitico in Italia Il problema della domesticazione animale in Italia è più complesso e meno trasparente. Capre e pecore sono state senza dubbio introdotte dall esterno già allo stato domestico, dato che non esistono in Italia i loro possibili progenitori selvatici, ma bue e maiale possono essere stati selezionati localmente dall uro e dal cinghiale, entrambe specie endemiche in Italia (fig. 12). Possibili forme transizionali, tipiche di una fase di selezione di mutanti tramite incrocio, sono state documentate in vari siti meridionali del più antico Neolitico, come nella Grotta dell Uzzo (Trapani) o in quella di Latronico (Potenza). Un ruolo primario nella neolitizzazione è rivestito dalla pecora, una specie più idonea rispetto alla capra a sopportare lunghi trasferimenti, magari via mare, come quelli necessari per la sua introduzione nella penisola. Pecore e capre sono, comunque, in tutte le fasi, le specie più rappresentate nei resti faunistici rispetto a maiali e a buoi. Il ruolo dell allevamento è di fondamentale importanza nell economia neolitica italiana. Le specie domestiche risultano, infatti, nettamente prevalenti su quelle selvatiche, relegando le attività venatorie ad un ruolo marginale, tranne che in pochi siti specializzati, come Grotta Continenza (L Aquila) per la caccia e Grotta dell Uzzo (Trapani) per la pesca. La caccia era praticata, con arco e frecce, soprattutto al cinghiale, al cervo e all uro; la pesca prevalentemente con lenza e amo da terra, ma anche con nasse e reti da barche o arpioni microlitici in apnea (alla cernia) e la raccolta dei molluschi con strumenti litici idonei alla loro apertura, come quelli documentati a Coppa Nevigata (Foggia). 116 Fig. 12 Specie selvatiche e domestiche individuate nel sito di Piancada, Udine (Neolitico antico): uro, maiale e montone.

12 md Le forme del rituale Il mondo neolitico popolato da spiriti, antenati ed esseri viventi era fondato su un complesso sistema di credenze, valori e ideali. Di questo universo concettuale e simbolico resta solo una traccia evanescente nella cultura materiale, che era prodotta non solo per fini strettamente utilitari ma anche per registrare e comunicare le diverse forme dell esperienza sociale e religiosa. Tra le diverse categorie di reperti archeologici, quelle che più direttamente evocano la dimensione spirituale di quest epoca sono forse le statuine femminili in terracotta, note come Dee Madri.Tipiche di un vasto mondo neolitico, con radici nella rivoluzione dei simboli del Levante e largamente diffuse nell Europa sud-orientale, queste statuine compaiono con iconografie caratteristiche anche nelle diverse culture del Neolitico italiano. 6 Materie prime e scambi Anche lo studio dei sistemi di approvvigionamento delle materie prime e dei circuiti di scambio di determinati manufatti, concepiti come segni di status o simboli di prestigio, rappresenta una delle principali chiavi interpretative dell economia e della società neolitica. Lo stabilirsi di queste prime reti di scambio è il risultato forse più evidente della complessità sociale neolitica, che prevedeva forme estese e organizzate di relazione intergruppo per soddisfare le nuove esigenze di consumo, innescate dalla disponibilità di un surplus alimentare. Tra le materie prime litiche più caratteristiche della nuova epoca possono annoverarsi le pietre verdi alpine e l ossidiana di Lipari. Le prime sono rocce metamorfiche caratteristiche delle regioni dell arco alpino nord-occidentale (Liguria, Piemonte e Valle d Aosta), dove sotto l etichetta scientifica di metaofioliti HP si concentrano vari litotipi, caratterizzati da notevole compattezza e resistenza e da una tipica colorazione verdastra: eclogiti, giadeiti, serpentiniti, ecc. I prodotti finiti o gli abbozzi prelavorati, ottenuti da queste rocce in siti-officina specializzati come Alba o Brignano Frascata (Cuneo), ebbero un vasto successo in tutta Italia e in un ampio territorio europeo (fig. 6. 1). In particolare le stupende asce da parata, tanto sottili e lunghe (fino oltre 30 cm) da non avere nessuna utilità pratica ma solo simbolica e di prestigio, arrivano ad essere diffuse in Francia, Germania, Gran Bretagna e perfino in Irlanda. Come le pietre verdi anche l ossidiana ha fonti ben localizzate, essendo solo quattro quelle italiane di questo peculiare vetro vulcanico: Lipari, Palmarola, Pantelleria e Monte Arci in Sardegna. L ossidiana di Lipari è quella di migliore qualità ed era forse già nota a certi gruppi epipaleolitici siciliani (Grotta dell Uzzo di San Vito Lo Capo e Grotta Oriente nelle Egadi), ma sembra essere stata sfruttata soprattutto a partire dalle fasi non iniziali del Neolitico antico, quando si ritrova in un gran numero di siti peninsulari, raggiungendo la Liguria e la Francia meridionale sul Tirreno e la Fig. 6.1 Fig. 6.2 Piana friulana sull Adriatico (fig. 6. 2). I villaggi di cultura stentinelliana della Calabria tirrenica ebbero probabilmente un ruolo fondamentale nella fortuna di questo materiale presso le comunità neolitiche peninsulari. In siti come Curinga, nella Piana di Lamezia, la percentuale di ossidiana nel complesso delle industrie litiche arriva a superare il 90%. A questi gruppi, a cui appartiene anche il più antico sito neolitico delle Eolie, quello del Castellano Vecchio di Lipari, si deve l iniziativa principale nelle fasi di approvvigionamento e lavorazione preliminare dell ossidiana, sottoforma di prenuclei, veri e propri lingotti pronti per essere trasportati e rilavorati. Le presenze di ossidiana scendono drasticamente al 10-30% già nei siti stentinelliani dell opposta costa ionica calabrese, per poi assestarsi su valori molto bassi (poche unità percentuali in media) nel resto dell Italia neolitica, dove l ossidiana sembra essere stata considerata come un materiale di prestigio, di valore intrinseco più che funzionale. Fig. 6.1 Ascia in pietra verde da La Vela, Trento (Neolitico medio). Fig. 6.2 Nucleo in ossidiana di Lipari da Sammardenchia, Udine (Neolitico antico). 117

13 visioni d insieme 6 Vincenzo Tinè Il Neolitico in Italia Fig. 13 Pintaderas da Rendina, Potenza (Neolitico antico). Oltre che come rappresentazioni di divinità, queste immagini sono state interpretate in Europa come ritratti di personaggi viventi o di antenati, rappresentazioni della corporalità o della femminilità/maternità, sistemi di comunicazione simbolica, bambole per bambini o anche come simulacri a scopo didattico per adolescenti.tenendo conto, però, della rarità del loro rinvenimento nei siti italiani solo poche decine in tutto a differenza dell Europa sud-orientale, dove nella sola Cultura Cucuteni della Romania le statuine note sono oltre e della ripetitività del soggetto, rappresentato sempre secondo canoni precisi, le figurine italiane riflettono più probabilmente iconografie di culto o comunque collegate a scopi rituali. 7 Le Dee Madri 118 Nelle statuine delle fasi più antiche del Neolitico meridionale, analogamente a quanto avviene nel Levante e nell Europa sud-orientale, l accento sembra posto soprattutto sui caratteri sessuali primari, che rappresentano il centro focale di rappresentazioni comunque sostanzialmente volumetriche e naturalistiche, come nella statuina di Rendina (Potenza; fig. 7.1). Un collegamento esplicito alla riproduzione e al parto sembra suggerito anche nella posa seduta o accucciata di alcune di queste più antiche statuine italiane. Nel corso del Neolitico medio una più sviluppata sensibilità grafica tende a ridurre le volumetrie plastiche delle fasi precedenti a semplici supporti stilizzati, dove il messaggio principale è affidato a precisi indicatori simbolici, come le farfalle e la biscia sul petto della statuina da Passo di Corvo (Foggia; fig. 7.2), di notevole potenza espressiva. Nel Neolitico recente della Puglia, la definizione di veri e propri stereotipi per la rappresentazione della divinità è suggerita dalle testine rinvenute a Cala Scizzo e a Grotta Pacelli (Bari; fig. 7.3), dove la schematizzazione a T dei volti e le complicate acconciature esaltano il carattere inequivocabilmente ieratico di queste rappresentazioni. Statuine di tipo schematico si ritrovano anche nelle culture dell area medioadriatica ma l area di più ampia diffusione sembra essere quella padano-alpina, dove i gruppi culturali del Primo Neolitico sono sistematicamente dotati di iconografie proprie e caratteristiche. In particolare, nel gruppo trentino del Gaban (Trento) spicca una minuscola statuina su placca ossea (fig. 7.4), di tipo piuttosto schematico e a sviluppo esclusivamente planare, ma accuratamente intagliata e ricoperta da particolari significativi, come la collana con pendente o il motivo a spiga al di sopra dell area genitale, simbolo esplicito della rinascita vegetale a partire dal grembo della madre/terra. Una serie di statuine del tutto particolari caratterizza, invece, la cultura centropadana del Vhò di Piadena (Cremona): lo schema fungiforme (fig. 7 5), risultante dalla sovrapposizione di teste a calotta su torsi piatti e arti tubolari espansi, sembra comunicare una ricercata ibridazione dell elemento femminile con quello maschile in un unità di generi che è tipica di diverse culture del più antico Neolitico europeo. Anche nel Settentrione il passaggio al Neolitico medio e la diffusione della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata vede affermarsi tipologie più schematiche, Fig. 7.1 Fig. 7.2 Fig. 7.3 Fig. 7.4 Fig. 7.1 Statuina fittile da Rendina, Potenza (Neolitico antico). Fig. 7.2 Statuina fittile da Passo di Corvo, Foggia (Neolitico medio). Fig. 7.3 Statuina fittile da Cala Scizzo, Bari (Neolitico recente). Fig. 7.4 Statuina in osso dal Riparo del Gaban, Trento (Neolitico antico). Fig. 7.5 Statuina fittile dal Vhò di Piadena, Mantova (Neolitico antico). Fig. 7.6 Statuina fittile dalla Caverna delle Arene Candide, Savona (Neolitico medio).

14 md Oltre alle statuine, diverse altre classi di materiali appaiono riferibili alla sfera del sacro o della comunicazione simbolica: idoli schematici in pietra, osso e terracotta, motivi antropomorfi o zoomorfi dipinti o modellati su vasi, statuette di bovini, ciottoli dipinti e le caratteristiche pintaderas, ovvero stampi in terracotta per tatuaggi corporali temporanei di complicati motivi ornamentali (fig. 13). L altro grande bacino informativo sull universo ideologico e le pratiche sociali dei neolitici è rappresentato dal rituale funerario, dato che la struttura della tomba, i materiali di corredo e l organizzazione dello spazio sepolcrale costituiscono i più preziosi correlati archeologici per questo tipo di analisi. 8 Il rituale funerario dove la figura femminile di solito ridotta a busto (fig. 7 6) è evocata da pochi dettagli ricorrenti, come i capelli sciolti, i piccoli seni, il naso a becco e le braccia conserte o addirittura fuse col torso in un semplice ma efficace modello a gruccia. Il contesto archeologico di rinvenimento di queste statuine è di norma abitativo, in grotta o in villaggi all aperto, spesso frammentate forse volutamente per sancirne il disuso in prossimità di quelle capanne dove assolvevano una funzione di effigi tutelari del gruppo familiare. La recentissima scoperta di una grande statuina integra in una tomba del Neolitico medio a Vicofertile (Parma) rappresenta una straordinaria eccezione a questa norma, individuando un ruolo peculiare della defunta, forse una sciamana o comunque una donna con uno status particolare. Fig. 7.5 Fig. 7.6 La semplice inumazione in fossa, con lo scheletro rannicchiato su un fianco e senza alcun corredo, è la modalità di seppellimento più tipica del Neolitico antico peninsulare. Si tratta sempre di sepolture isolate o a coppie, ricavate all interno dello spazio abitativo di villaggi all aperto. Piuttosto diffusa è anche la pratica dell inumazione in strutture preesistenti, come fosse-silos, fosse-cava, pozzi e fossati. Nelle fasi più avanzate del Neolitico antico e nel Neolitico medio del Meridione si diffonde l uso di contornare le fosse con un recinto di pietre o di grandi lastre nel tipo della cosiddetta tomba a cista, che inaugura una tendenza alla monumentalità dei sepolcri, accompagnata dall introduzione dei corredi funerari, composti prevalentemente da vasi o utensili litici. Nelle fasi di passaggio tra Neolitico medio e recente (culture di Serra d Alto e di Diana) compaiono infine, nel Sud, le prime vere necropoli, con deposizioni singole e multiple, cenotafi e deposizioni secondarie, tutti indici di una articolata concezione delle modalità di trattamento dei defunti. Ritualità particolari, legate a precisi momenti e contesti, prevedono già nel Neolitico antico dell area peninsulare l incinerazione e altre forme di deposizione secondaria dei resti. Nella Grotta Continenza in Abruzzo un gruppo di vasi è stato collocato in una nicchia della parete: due di essi contenevano i resti incinerati di due bambini di quattro e otto anni, mentre i rimanenti contenevano frammenti di ocra rossa e di ossa umane. Sopra i vasi, infine, erano state deposte le ossa bruciate di una donna. Nell area padana-alpina alle rare testimonianze di sepolture individuali in fossa per il Primo Neolitico segue una straordinaria evidenza per le pratiche funerarie della Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. Si tratta di un ampia serie di necropoli, che comprendono un numero variabile di tombe individuali, comunque limitato a piccoli gruppi, raggruppate talora secondo evidenti associazioni familiari o di coppie coniugali, come indicano le analisi antropologiche condotte nella necropoli di Le Mose (Piacenza). Il rituale prevede inumazioni in semplice fossa terragna nell area emiliana e tombe a cista nella Valle dell Adige, come nella necropoli de La Vela (Trento) e nelle grotte della Liguria, come alle Arene Candide e alla Pollera (Savona). Il corredo, spesso presente anche in tombe di infanti e di donne, comprende: vasi, asce in pietra levigata, lame in selce e in ossidiana, punte di freccia, collane e bracciali in pietra e conchiglia. In alcuni contesti di recente indagine dell Emilia sembrano documentati anche sporadici casi di incinerazione, talora in connessione con sepolture ad inumazione (sacrifici?). La netta evoluzione del costume funerario nelle fasi più avanzate del Neolitico italiano costituisce il più importante indicatore della crescente complessità delle sue strutture socio-economiche, accompagnandosi ad altri tratti culturali nella definizione di gruppi ad alta complessità, come quelli dei Vasi a Bocca Quadrata nella Pianura Padana o delle ceramiche figuline dipinte nel Meridione. 119

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