ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA DI BOLOGNA

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1 ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA DI BOLOGNA FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI Corso di laurea in SCIENZE AMBIENTALI INCREMENTO DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: ANALISI DEI PRINCIPALI FATTORI CORRELATI NELLA PROVINCIA DI FORLI -CESENA Tesi di laurea in Metodi e Tecniche di Disinquinamento Relatore Prof. Ing. Carlo Stramigioli Presentata da Chiara Giovannini Correlatore Ing. Claudio Galli II SESSIONE Anno accademico 2004/2005

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3 3 Ai miei genitori

4 INDICE INTRODUZIONE.... pag. 11 CAPITOLO 1 QUADRO DI RIFERIMENTO DEL SETTORE RIFIUTI 1.1 Il contesto normativo..pag La normativa europea La normativa italiana La legislazione regionale I dati di base. pag I dati sulla produzione dei Rifiuti Urbani La composizione merceologica I dati sulla raccolta differenziata Il trattamento e smaltimento dei rifiuti Focus sulla gestione dei rifiuti pag La gestione integrata dei rifiuti Le linee guida regionali sulla gestione dei rifiuti Il mercato del recupero dei rifiuti urbani Il recupero di energia e la termovalorizzazione Le imprese italiane del settore.pag L evoluzione e le strategie in atto Le principali aziende pubbliche italiane Il caso HERA SpA

5 CAPITOLO 2 LA METODOLOGIA LCA NELLA GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI 2.1 L Analisi del ciclo di vita (LCA): generalità pag Definizione dell obiettivo e del campo di applicazione Analisi di Inventario Valutazione degli impatti Valutazione dei miglioramenti L LCA e la sua applicazione alla gestione integrata dei rifiuti..pag Definizione dell obiettivo Analisi di Inventario Valutazione degli impatti ambientali Banche dati e software per LCA.. pag Le banche dati I software per LCA Gli strumenti adottati: il software IWM pag Finestra Waste Inputs Finestra Waste Collection Finestra MRF & RDF Sorting Finestra Biological treatments Finestra Thermal treatments Finestra Landfilling Finestra Recycling Finestra Results Gli Impatti considerati... pag

6 CAPITOLO 3 LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI NELLA PROVINCIA DI FORLI -CESENA 3.1 Il contesto di riferimento.pag Inquadramento territoriale e dati di popolazione La gestione dei rifiuti La produzione dei Rifiuti Urbani... pag L evoluzione della produzione La composizione merceologica La Raccolta Differenziata L organizzazione dei servizi di raccolta. pag Il servizio di raccolta dei rifiuti indifferenziati Il servizio di raccolta ingombranti Il servizio di raccolta rifiuti differenziati Il sistema provinciale di trattamento, recupero e smaltimento... pag Impiantistica di riferimento Rifiuti Urbani avviati in discarica e a termovalorizzazione Il sistema di recupero dei materiali Le linee di indirizzo provinciali nella gestione dei Rifiuti Urbani pag Il PPGR e il Piano d Ambito Indirizzi e linee strategiche

7 CAPITOLO 4 L INDAGINE LCA APPLICATA ALLA GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI NELLA PROVINCIA DI FORLI -CESENA 4.1 Definizione dell obiettivo. pag Obiettivi dello studio Unità funzionale Confini del sistema Gli scenari di riferimento: dati di base e caratterizzazione... pag Dati di riferimento dell indagine Presentazione degli scenari Scenario RD 25% - Situazione attuale Scenario RD 35% - B Scenario RD 35% - B Scenario RD 50% - C Scenario RD 65% - D Analisi di Inventario pag Processi principali e processi sostitutivi Processo di raccolta Processo di selezione Processo di compostaggio Termovalorizzazione Discarica Produzione evitata di fertilizzanti Produzione evitata di energia elettrica Produzione evitata di prodotti da materie prime vergini Valutazione degli impatti ambientali...pag Classificazione

8 4.4.2 Caratterizzazione Presentazione dei risultati... pag Scenario RD 25% - situazione attuale Scenario RD 35% - B Scenario RD 35% - B Scenario RD 50% - C Scenario RD 65% - D CAPITOLO 5 DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONSIDERAZIONI FINALI 5.1 Analisi e interpretazione dei risultati.. pag Effetto serra Acidificazione Eutrofizzazione Formazione di smog fotochimico Considerazioni finali sugli impatti analizzati pag Gli impatti associati alle differenti opzioni gestionali Aumento della raccolta differenziata nella provincia di Forlì-Cesena: impatti associati Considerazioni sull applicazione della metodologia LCA e sul software utilizzato nell indagine... pag Stato di fatto della metodologia e applicazione nella presente tesi Il software IWM

9 CAPITOLO 6 CONCLUSIONI.. pag. 241 BIBLIOGRAFIA...pag. 245 RINGRAZIAMENTI....pag

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11 INTRODUZIONE In tutti i paesi del mondo, il controllo della produzione e della gestione dei rifiuti costituisce un problema destinato ad acquisire dimensioni sempre più preoccupanti. La crescita dei consumi e l urbanizzazione degli ultimi decenni hanno da un lato aumentato la produzione dei rifiuti e dall altro ridotto le zone disabitate in cui trattare o depositare i rifiuti. A ciò si aggiunge il fatto che il sistema rifiuti è un sistema complesso da gestire, che ha un rilevante impatto sul territorio dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale. I rifiuti rappresentano una duplice sfida per la società: in primo luogo perché devono essere recuperati e smaltiti con operazioni che comportano inevitabilmente ripercussioni ambientali e costi economici; in secondo luogo perché possono essere sintomo di modelli di consumo e di produzione inefficienti, e quindi uno spreco di materiali. Materiali che non solo creano rifiuti, ma causano anche impatti di vario genere nelle fasi di produzione e uso. Il principale strumento volto a risolvere questa problematica è indubbiamente la prevenzione nella produzione dei rifiuti, che deve essere privilegiata rispetto ad ogni altra soluzione che intervenga dopo che il danno è stato arrecato. La riduzione deve avvenire sia a livello del comparto produttivo che dei consumi. Nella sua proposta relativa a una strategia dell Unione europea per lo sviluppo sostenibile 1, la Commissione Europea evidenzia la necessità di spezzare il nesso tra crescita economica, consumo delle risorse naturali e produzione dei rifiuti. Questo tema è stato ulteriormente sviluppato nel VI Programma d azione comunitaria per 1 Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell Unione Europea per lo sviluppo sostenibile, COM(2001) 264 del

12 l ambiente, con l obiettivo di garantire una migliore efficienza delle risorse e una migliore gestione delle risorse e dei rifiuti ai fini del passaggio a modelli di produzione e consumo più sostenibili, dissociando pertanto l impiego delle risorse e la produzione dei rifiuti dal tasso di crescita economica, e cercando di garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico dell ambiente. In materia di gestione dei rifiuti, il piano di attuazione approvato al Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile (Johannesburg, settembre 2002) 2 che riprende i temi dell Agenda 21, auspica ulteriori sforzi non solo per prevenire e ridurre al minimo la produzione dei rifiuti ma anche per rafforzare quanto più possibile il riutilizzo, il riciclo e l uso di materiali alternativi innocui per l ambiente, con la partecipazione delle amministrazioni pubbliche e di tutte le parti interessate, in modo da ridurre al minimo gli effetti negativi sull ambiente ed accrescere l efficienza delle risorse. Le misure per prevenire la produzione dei rifiuti e reinserire i rifiuti nel ciclo economico chiudendo il cerchio dei materiali, ossia le misure di recupero, rappresentano quindi strumenti fondamentali nel quadro di una politica ambientale e sostenibile di gestione dei rifiuti. In linea di massima, una strategia ottimale di gestione dei rifiuti deve prevedere più elementi per minimizzare gli impatti ambientali: riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti, riciclo dei materiali, recupero dell energia e smaltimento sicuro. Nel rispetto della gerarchia dei principi dettati a livello europeo in materia di rifiuti, la corretta combinazione di tali elementi gestionali deve essere adottata tramite analisi e scelte comuni per l intero territorio oggetto di gestione. 2 A dieci anni di distanza dal summit di Rio de Janeiro del 1992, ha avuto luogo a Johannesburg il Summit Mondiale per lo sviluppo sostenibile promosso dalle Nazioni Unite, al fine di fare il punto su cosa è stato fatto negli ultimi dieci anni, soprattutto sul fronte dell applicazione dell Agenda 21 (approvata durante il summit di Rio). 12

13 I possibili scenari gestionali vanno pianificati tenendo conto dello stato di fatto del sistema di gestione rifiuti, delle condizioni naturali, sociali, economiche e tecnologiche del territorio interessato e del suo potenziale sviluppo. La realtà territoriale di riferimento può variare dalla Provincia alla Regione 3. Il fine ultimo consiste sia nella ottimizzazione che nella ripartizione dei flussi all interno di un sistema di gestione integrato di rifiuti urbani mediante la minimizzazione dei costi complessivi in relazione agli impatti ambientali e economici associati. Il concetto di sistema integrato di gestione dei rifiuti è stato introdotto in Italia dal Dlgs 22/97 in attuazione delle direttive comunitarie 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio. Questo modello gestionale prevede un approccio globale del sistema rifiuti, considerandone ogni sua fase allo scopo di ottimizzarne i percorsi di raccolta, di sfruttarne ogni contenuto di materia ed energia e di ridurne il più possibile l impatto ambientale. Il controllo e l ottimizzazione dei processi e di tutte le attività inerenti la gestione del rifiuto devono avvenire in ogni momento del suo ciclo di vita, dove per ciclo di vita si intende il percorso del rifiuto dalla fonte di produzione allo smaltimento definitivo, considerando tutte le varie fasi di trasferimento, trasformazione e trattamento. Tra le possibili modalità di trattamento, il riciclaggio, come si è già detto, rappresenta in generale l opzione più importante, in quanto è riconosciuta la sua funzione di portare risparmio di energia e di materie prime nonché provocare la diminuzione dell inquinamento diretto e indiretto. Tuttavia nell ambito di un approccio globale al sistema di gestione, il riciclaggio non deve essere considerato un obiettivo da perseguire a sé stante, quanto piuttosto un meccanismo del sistema che permette di raggiungere alcuni obiettivi di carattere ambientale. 3 Il Dlgs 22/97, che rappresenta il quadro normativo di riferimento in Italia in materia di rifiuti, all art. 23 individua gli Ambiti Territoriali Ottimali per assicurare una gestione unitaria dei rifiuti urbani, coincidenti normalmente con le Provincie. 13

14 Prima di promuovere una qualsiasi operazione di riciclaggio, è necessario, dunque, verificare che i benefici apportati si traducano in un miglioramento delle performance ambientali complessive del sistema. Aumentare il riciclaggio infatti, implica un riassetto delle fasi dell intero sistema di gestione e in primo luogo l'adozione di sistemi di raccolta in grado di aumentare la capacità di intercettazione in maniera differenziata dei rifiuti, condizione necessaria per ottenere del materiale adatto al processo di recupero. Questo come si ripercuote sugli elementi in gioco? Fino a che punto è conveniente in termini di impatto ambientale aumentare la raccolta differenziata per avere una maggiore disponibilità di materiali da avviare a recupero? Obiettivo di questa tesi è verificare i meccanismi che intervengono nell ambito di un sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani, in un contesto specifico, con l aumento della raccolta differenziata finalizzata ad un incremento del riciclaggio. Il sistema integrato di gestione rifiuti studiato è quello della provincia di Forlì-Cesena. Ogni fase del sistema di gestione rifiuti può essere considerata come un operazione che coinvolge un certo consumo di risorse, che ha una particolare interazione con l ambiente e che può fornire una certa quota di energia. Dovendo considerate tutti i flussi di materia e di energia connessi ad ogni processo e gli impatti ambientali che ne conseguono, si è ritenuto che un Analisi del Ciclo di Vita (Life Cycle Assessment LCA) del sistema di gestione rifiuti in oggetto fosse la tecnica analitica più appropriata. L esecuzione di una LCA consente infatti di considerare gli impatti ambientali derivanti dal sistema di gestione in ogni sua fase, effettuando un bilancio dei consumi delle risorse e delle emissioni nell ambiente in tutta la filiera del rifiuto. E possibile così comparare diverse opzioni tecnologiche, valutare scenari differenti di gestione dei rifiuti o, in specifico, di opzioni di riciclaggio finalizzate all individuazione del tasso ottimale di riciclo. 14

15 E riconosciuto inoltre che l applicazione della metodologia LCA a sistemi di gestione dei rifiuti, costituisce un utile strumento specie come supporto alle decisioni dei pianificatori e delle aziende che gestiscono i servizi di raccolta, trasporto, smaltimento/riciclaggio dei rifiuti. 15

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17 CAPITOLO 1 QUADRO DI RIFERIMENTO DEL SETTORE RIFIUTI 1.1 Il contesto normativo La normativa europea L attenzione da parte della allora Comunità Economica Europea alla questione ambientale ha cominciato a manifestarsi negli anni 70 con l emanazione dei primi programmi d azione comunitari per l ambiente. In essi però i problemi ambientali e dei rifiuti erano visti essenzialmente nell ottica dell individuazione delle soluzioni legate all eliminazione e al reimpiego degli scarti in modo da non comportare divari tra le condizioni di produzione e di distribuzione dei diversi beni, con possibili conseguenze sul funzionamento del mercato comune e sul commercio internazionale. In questo senso le misure previste avevano un valore correttivo, essendo finalizzate principalmente all eliminazione dei rifiuti tossici e alla protezione dell ambiente e al miglioramento della qualità della vita. L attuazione di una politica dei rifiuti è stata, ed è tuttora frutto di un processo culturale scattato a livello politico, legislativo, amministrativo (centrale e locale) e individuale, e come tutti i processi culturali, anche questo non è di facile e rapida realizzazione. Tuttavia il sistema politico, anche se con fatica e ritardo, ha compreso l assoluta priorità del problema e prima in Europa con le direttive 91/156/CEE e 91/689/CEE, poi in Italia con il Dlgs 22/97 il concetto di gestione dei rifiuti ha soppiantato (almeno nelle intenzioni) la logica del disinquinamento da rifiuti. L evoluzione del sistema è stata recepita in termini normativi direttamente da Bruxelles che, all art. 3 della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, assegna 17

18 una posizione di priorità alle strategie che gli Stati membri devono implementare per la gestione dei rifiuti, codificando l avvio del citato processo culturale. Infatti le strategie europee individuano le seguenti linee: 1) prevenzione o riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti mediante: - lo sviluppo di tecnologie pulite tese a risparmiare energia; - la messa a punto tecnica e l immissione sul mercato di prodotti concepiti e fabbricati in modo tale che il loro uso e smaltimento contribuiscano il meno possibile a incrementare quantità o nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento; - sviluppo di tecnologie tese a eliminare le sostanze pericolose contenute nei rifiuti da recuperare. 2) Recupero dei rifiuti mediante: - riciclo; - reimpiego; - riutilizzo; - ogni altra azione finalizzata a ottenere materie prime secondarie o a utilizzare i rifiuti come fonte di energia. La direttiva 91/156/CEE La direttiva 75/442/CEE rappresenta il quadro legislativo della politica comunitaria in materia di gestione dei rifiuti. Entrata in vigore nel 1977, è stata poi modificata dalla direttiva 91/156/CEE per tener conto dei principi guida della strategia relativa alla gestione dei rifiuti indicati nel programma d'azione delle Comunità europee in materia ambientale ( ). Le principali disposizioni della direttiva 91/156/CEE sono in particolare: la definizione del termine rifiuto, ulteriormente sviluppata nel Catalogo europeo dei rifiuti istituito mediante decisione 94/3/CE della Commissione, e di altri termini relativi alla gestione dei rifiuti (articolo 1); 18

19 la gerarchia dei principi di gestione dei rifiuti: prevenzione dei rifiuti, recupero, smaltimento sicuro (articoli 3 e 4); il principio della prossimità e dell autosufficienza in materia di smaltimento definitivo dei rifiuti e la creazione di una rete integrata di impianti di smaltimento (articolo 5); l obbligo, da parte degli Stati membri, di elaborare piani di gestione dei rifiuti, elemento fondamentale per la realizzazione di questa politica (articolo 7); la procedura di autorizzazione per gli stabilimenti o le imprese che effettuano le operazioni di smaltimento e recupero (articolo 9 e 10); il principio chi inquina paga (articolo 15); i requisiti concernenti le relazioni sulle misure adottate per l attuazione delle disposizioni presenti nella direttiva (articolo 16). I Programmi d azione comunitaria per l ambiente: il VI Programma Attraverso i Programmi d azione comunitaria in materia ambientale, l Europa si dota di strumenti programmatici a medio-lungo termine che uniformano le condotte politiche e operative della Comunità per il periodo di riferimento. Il I Programma d azione intervenne nel 1972 ed era riferito al periodo Attualmente vige il VI Programma 4 che ha come riferimento temporale il periodo Tale Programma si esprime in termini di responsabilità condivisa per la protezione dell ambiente e finalizza le attività di tutti gli attori sociali (Pubblica Amministrazione, imprese e cittadini) al raggiungimento dello sviluppo sostenibile, anche attraverso l ampliamento degli strumenti di tutela ambientale. Le aree prioritarie del VI Programma sono: 1. cambiamento climatico; 2. natura e biodiversità; 4 Decisione del Parlamento e del Consiglio UE 22 luglio 2002, n. 1600/2002/CE. 19

20 3. ambiente, salute e qualità della vita; 4. risorse naturali e rifiuti. In ordine a quest ultima area, il VI Programma ritiene che siano prioritari i seguenti obiettivi: assicurare che il consumo di risorse e i conseguenti impatti non superino la soglia di saturazione dell ambiente e spezzare il nesso fra crescita economica e utilizzo delle risorse. In questo contesto, per aumentare in modo drastico l efficacia delle risorse e dell energia, sarà importante, entro il 2010, raggiungere la percentuale del 22% della produzione di energia a partire da fonti rinnovabili; conseguire una sensibile riduzione delle quantità di rifiuti prodotti mediante iniziative di prevenzione, una maggiore efficienza delle risorse e il passaggio a modelli di produzione e di consumo più sostenibili; conseguire una sensibile riduzione delle quantità dei rifiuti destinati all eliminazione nonché alla quantità di rifiuti pericolosi prodotta, evitando un aumento delle emissioni in aria, acqua e nel terreno; incentivare il riutilizzo, recupero e riciclaggio dei rifiuti ancora prodotti. Appare chiaro il ruolo residuale assegnato allo smaltimento finale dei rifiuti e, di conseguenza, alla discarica, nonostante essa rappresenti, a livello europeo, la forma di eliminazione più diffusa. Tali obiettivi devono essere perseguiti tenendo conto dell approccio della politica integrata dei prodotti e della pertinente strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti attraverso le seguenti azioni: elaborazione di una strategia tematica sull utilizzo e la gestione sostenibili delle risorse, che comprenda tra l altro una valutazione sui flussi di materie prime e dei rifiuti nella Comunità, un analisi dell efficacia delle misure politiche e dell impatto dei sussidi connessi alle risorse naturali e ai rifiuti, la fissazione di obiettivi in materia di 20

21 efficace sfruttamento delle risorse e di uso ridotto delle medesime, la promozione di metodi e tecniche di produzione ed estrazione che incoraggino l efficacia ambientale e l utilizzo sostenibile delle materie prime e dell energia; attuazione di misure in materia di prevenzione dei rifiuti e gestione dei medesimi, attraverso la fissazione di obiettivi quali-quantitativi di riduzione, l incentivazione della progettazione di prodotti rispettosi dell ambiente, la sensibilizzazione dei cittadini verso modelli di consumo più sostenibili; elaborazione di una strategia sul riciclaggio, che preveda misure intese a garantire la separazione alla fonte, la raccolta e il riciclaggio dei flussi di rifiuti prioritari; responsabilizzazione del produttore; lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio e trattamento dei rifiuti; elaborazione o revisione della normativa sui rifiuti (precisando anche la distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è). Di seguito si riporta una breve sintesi della legislazione europea in materia di rifiuti. Tab. 1.1 Legislazione Comunità Europea in materia di rifiuti Normativa Direttiva 91/156/CEE del 18 marzo 1991 (Modifica della direttiva 75/442/CEE) Direttiva 91/689/CEE del 12 dicembre 1991 Direttiva 94/62/CE del 20 dicembre 1994 Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999 Argomento Relativa ai rifiuti. Relativa ai rifiuti pericolosi. Sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Relativa alle discariche di rifiuti (Gazzetta ufficiale n. L 182 del 16/07/1999.) 21

22 Direttiva 2000/53/CE del 18 settembre 2000 Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000 Decisione 2000/531/CE (modificata dalle decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE, 2001/573/CE) Direttiva 2002/96/CE del 27 gennaio Parlamento Europeo e Consiglio (modificata dalla direttiva 2003/108/CE) Decisione 2003/33/CE del 19 dicembre 2002 Comunicazione (2003)301 della Commissione Europea del 27 maggio 2003 Direttiva 2004/12/CE dell'11 febbraio Parlamento Europeo e Consiglio Relativa ai veicoli fuori uso. Sull'incenerimento dei rifiuti. (G.U.C.E. 28/12/2000, L332) Approva il nuovo Catalogo Europeo di Rifiuti (CER 2002) Sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi. Sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) Stabilisce criteri e procedure per l'ammissione dei rifiuti nelle discariche ai sensi dell'articolo 16e dell'allegato II della direttiva 1999/31/CE (GUCE L 11 del ) Verso una Strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti. Analizza le attuali tendenze nella produzione/gestione dei rifiuti e lo stato di implementazione della normativa comunitaria al fine di valutare i risultati ottenuti e gli elementi ancora da sviluppare per promuovere una reale prevenzione quali-quantitativa dei rifiuti e per incentivarne il riciclo. Modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (G.U.U.E. L47 del ) Numerose sono le novità legislative a livello europeo e nazionale destinate ad incidere profondamente sull attuale sistema di gestione dei rifiuti. 22

23 I principali atti strategici e regolamentari, intervenuti in sede europea a disciplinare il settore dei rifiuti, introdurranno diverse modifiche finalizzate a rafforzare i principi della responsabilità del produttore e a determinare l attuazione della gerarchia basata in primo luogo sulla prevenzione dei rifiuti, seguita dal recupero di materia e di energia ed, infine, dallo smaltimento sicuro dei soli rifiuti che non presentano altra possibilità di smaltimento. Tra le novità va menzionata la definizione di una Strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti, la direttiva 2004/12/CE di revisione della direttiva 94/62/CEE sugli imballaggi che individuava degli obiettivi minimi per il recupero e riciclaggio dei rifiuti da imballaggio da raggiungere entro il 30 giugno Significative sono le novità introdotte dalla nuova disciplina, in primo luogo proprio rispetto gli obiettivi di recupero che dovranno essere raggiunti entro il 31 dicembre In particolare la direttiva 2004/12/CE innalza la soglia minima di recupero dal 50 al 60% in peso, eliminando la soglia massima fissata dalla precedente formulazione della direttiva 94/62/CE nel 65%, non considerandola più necessaria per garantire il funzionamento del mercato interno. Si prevede l innalzamento anche delle percentuali complessive di riciclaggio dei materiali di imballaggio, e l introduzione di obiettivi minimi specifici per tipologia di materiale (vetro, carta e cartone, metalli, plastica, legno). Un aspetto importante è la conferma che l incenerimento dei rifiuti da imballaggio in impianti con recupero di energia concorre al raggiungimento degli obiettivi complessivi di recupero. La direttiva prevede la possibilità per gli Stati membri di incoraggiare il recupero dell energia laddove esso risulterà preferibile rispetto al riciclaggio dei materiali sotto il profilo ambientale o in considerazione del rapporto costi benefici. Tale recupero potrà essere realizzato tenendo conto di un margine sufficiente tra gli obiettivi nazionali di riciclaggio e recupero. 23

24 La Commissione Europea ha avviato inoltre una serie di consultazioni con esperti e rappresentanti degli Stati membri sull attuazione, nel settore rifiuti, della direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrata dell inquinamento 5 (direttiva IPPC, in Italia recepita integralmente con il DLgs 18 febbraio 2005, n. 59) con l obiettivo di valutare un eventuale ampliamento del campo di applicazione della stessa a tutti gli impianti di recupero dei rifiuti pericolosi e non e, soprattutto, di garantire un omogenea applicazione delle disposizioni europee a tutti gli impianti di gestione di rifiuti attualmente coperti dalla direttiva. La Commissione Europea ha istituito da tempo, ai fini della attuazione della suddetta direttiva, un apposito ufficio IPPC con sede presso il Centro Comunitario di Ricerche di Siviglia. L ufficio in questione coordina una serie di gruppi tecnici cui spetta il compito di redigere dei documenti di riferimento per l individuazione delle BAT, i cosiddetti Best Available Techniques Reference documents (Brefs). Riguardo al settore rifiuti due sono i Brefs: Waste inceneration e Waste treatment che indicheranno le migliori tecniche cui gli impianti di gestione dei rifiuti dovranno far riferimento per l ottenimento dell Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) La normativa italiana Nella seguente tabella sono riportati sinteticamente gli elementi principali relativi al vigente quadro normativo nazionale in materia di gestione dei rifiuti. 5 La direttiva 96/61/CE prevede il rilascio di un autorizzazione integrata ambientale per le categorie di impianti industriali elencati nell allegato1 alla direttiva. L autorizzazione sarà basata sulle migliori tecniche disponibili (BAT) definite come "la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. 24

25 Tab Legislazione italiana in materia di rifiuti Riferimento DLgs 22/97 (Decreto Ronchi, sue modifiche ed integrazioni) Contenuto Rappresenta il nuovo quadro normativo di riferimento. Definisce le competenze di Stato, Regioni e Comuni. Vengono fornite le definizioni di rifiuto e la doppia classificazione secondo l origine (urbani e speciali) e secondo le caratteristiche di pericolosità (pericolosi definiti nell allegato D e non pericolosi). Disciplina la predisposizione del piano Nazionale di gestione dei rifiuti, dei piani Regionali, la gestione dei rifiuti in ATO; regola quindi tutte le fasi di gestione del rifiuto, dalla raccolta allo smaltimento e fissa obiettivi per la raccolta differenziata. Disciplina le procedure di autorizzazione per la realizzazione di nuovi impianti di recupero e per l esercizio di attività di smaltimento e recupero dei rifiuti. Fissa alcune norme tecniche sul recupero. Disciplina la gestione dei rifiuti di imballaggio e di particolari categorie di rifiuto (beni durevoli, rifiuti sanitari, veicoli a motore, ecc.). Delinea il sistema per la determinazione della tariffa (in sostituzione della TARSU) che prevede la copertura totale del costo del servizio. Fissa le sanzioni per la violazione dei divieti e degli obblighi previsti dal decreto stesso e detta alcune disposizioni transitorie e finali. Stabilisce gli adempimenti per le imprese a seconda del volume di rifiuti trattati. Definisce i soggetti obbligati alla redazione del MUD. 25

26 D.M. 5 febbraio 1998 Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt.31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. DPR 158/99 Fissa le norme per la redazione e l elaborazione del metodo (modificato dalla L. normalizzato per definire la tariffa rifiuti. 488/99) La tariffa deve coprire l intero costo del servizio: la parte fissa dipende dal costo del servizio, la variabile dalla quantità di rifiuti conferiti. Sono presenti due sole fasce d utenza: domestica, non domestica. Fissa i criteri di calcolo della tariffa per le due tipologie di utenza coi relativi coefficienti di riduzione. Contiene le caratteristiche del piano finanziario. Sancisce gli adempimenti dei Comuni e attribuisce al soggetto gestore l incarico della riscossione della tariffa. Formula le disposizioni per la fase transitoria. L. 33/00 Proroga il termine ultimo per lo smaltimento dei rifiuti tal quali in discarica al 16 luglio 2001, termine ulteriormente prorogato dalla L. 335/01. L. 335/01 I rifiuti diversi dagli inerti e da quelli pre-trattati potranno continuare ad andare in discarica fino all emanazione delle norme tecniche (che stabiliranno a quali di loro sarà ancora concessa tale forma di smaltimento). D.M. 25 febbraio Regolamento recante i valori limite di emissione e le norme tecniche 2000, n. 124 riguardanti le caratteristiche e le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e co-incenerimento dei rifiuti pericolosi, in attuazione della Direttiva 94/67/CEE del Consiglio del 16 Dicembre 1994, e ai sensi dell articolo 3, comma 2, del DPR 24 maggio 1988, n. 203 e dell articolo 18, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n

27 Ddl Collegato ambientale alla Finanziaria 2002 Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 Decreto 13 marzo 2003 del Ministero dell'ambiente e della Tutela del Territorio. Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 209 Il Ddl è stato approvato definitivamente dalla Camera il 2 luglio Contiene tra gli altri, all art. 23, alcune modifiche al Dlgs. 22/97, relative ai seguenti principali aspetti: la privativa di cui al comma 1 (sulla gestione dei rifiuti urbani) non si applica alle attività di recupero dei rifiuti urbani e assimilati, a far data dal 1^ gennaio 2003; Inoltre viene soppressa la distinzione tra rifiuti di imballaggio primari, secondari e terziari. In tal modo il sistema Conai-Filiere potrà muoversi in modo più agevole nei confronti della raccolta e del riciclaggio. Mentre i pneumatici usati, in armonia con le modifiche apportate al nuovo Catalogo europeo dei rifiuti, assumono la denominazione di fuori uso. Lo scenario dei rifiuti delle gomme in questo modo cambia radicalmente perché si riconosce che quelle ricostruibili non sono rifiuti (fatto salvo ovviamente il significato del termine disfarsi ); infatti, il ministero dell Ambiente modificherà lo specifico punto del Dm 5 febbraio 1998 sul recupero agevolato dei rifiuti non pericolosi dove i pneumatici ricostruibili sono inseriti tra i rifiuti. Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. Abolisce la vecchia classificazione delle discariche, introducendo le seguenti categorie: discariche per rifiuti inerti, discariche per rifiuti non pericolosi, discariche per rifiuti pericolosi. Fissa obiettivi di riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili (RUB) da collocare in discarica: a) entro il 2008, devono essere inferiori a 173 kg/anno per abitante, b) entro il 2011, devono essere inferiori a 115 kg/anno per abitante, c) entro il 2018, devono essere inferiori a 81 kg/anno per abitante Introduce le garanzie finanziarie da versare da parte del gestore della discarica per tutta la fase di gestione operativa e post operativa per assicurare l adempimento delle prescrizioni contenute nell autorizzazione Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica. (GU n. 67 del ) Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso. (GU n. 182 del Suppl. Ordinario n.128) 27

28 D.M. 8 maggio 2003, n. 203 Decreto legislativo 11 maggio 2005, n.133 Decreto legislativo 25 luglio 2005, n.151 Decreto 3 agosto 2005 (G.U. 30 agosto 2005 n. 201) Norme affinché gli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30 % del fabbisogno medesimo (Green Public Procurement). Attuazione della direttiva 2000/76/CE in materia di incenerimento rifiuti Attuazione delle direttive 2002/95/Ce, 2002/96/Ce e 2003/108/Ce, relative alla riduzione dell uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti. Definizione dei criteri di assimilabilità dei rifiuti in discarica (le nuove regole entreranno in vigore dal 1 gennaio 2006). Per determinare l ammissibilità dei rifiuti in ciascuna categoria di discarica, sarà necessario effettuare la caratterizzazione di base : la raccolta di tutte le informazioni sul rifiuto (fonte e origine, aspetto, codice CER, descrizione del trattamento effettuato, precauzioni) necessarie ad uno smaltimento in sicurezza. La caratterizzazione deve essere effettuata con il primo conferimento e in seguito a ogni variazione significativa del processo che dà origine ai rifiuti, e comunque almeno una volta all anno. Approvazione al Senato della Legge Delega in materia ambientale. Il provvedimento, attualmente in fase di discussione, modifica in più punti l attuale impianto normativo. Il quadro normativo e pianificatorio di riferimento si completa con l accordo quadro tra ANCI e CONAI, necessario per garantire l attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubblica amministrazione, in applicazione dell art. 41 comma 3 del Dlgs 22/97; per il consorzio di filiera del vetro è valido il D.M. 04/08/1999. Nella tabella 1.3 sono schematizzati tutti i punti dell accordo ANCI CONAI. 28

29 Tab Accordo quadro di programma per la raccolta ed il recupero dei rifiuti di imballaggio (08/07/1999). Sancisce gli accordi fra ANCI e CONAI Consorzi di filiera (CNA, CIAL, COMIECO, COREPLA, RILEGNO) Il CONAI, tramite i Consorzi di filiera ha l obbligo di provvedere al ritiro dei materiali di imballaggio derivanti da raccolte differenziate nei Comuni, e di avviare il materiale ritirato a riciclo o a recupero secondo quanto indicato nel programma Generale di Prevenzione e Recupero Obbligo delle parti dei Rifiuti di Imballaggio. Ai Comuni, attraverso i gestori del servizio, spetta la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio nonché la loro messa a disposizione del relativo Consorzio di filiera in luoghi e con modi idonei. Il CONAI, tramite i Consorzi, riconoscerà ai Comuni i corrispettivi per i servizi resi: raccolta, conferimento, ecc. I corrispettivi (funzione di qualità, servizi svolti, ecc.), nonché le modalità organizzative del servizio, correlati ai diversi rifiuti in oggetto Corrispettivi sono definiti negli Allegati Tecnici di accordo tra ANCI e vari Consorzi di filiera. I corrispettivi saranno aggiornati annualmente sulla base di accordi espressi negli Allegati Tecnici (aumento dei quantitativi, variazione del costo del personale, del carburante, ecc.). Per la realizzazione dell accordo si procederà con la stipula di apposite convenzioni che disciplineranno gli obblighi dei singoli Comuni, attraverso i gestori dei servizi di raccolta e i Consorzi di filiera. Operatività dell accordo Il CONAI stabilisce inoltre un ordine di priorità per questi accordi in funzione dello stato di avanzamento nell applicazione del Dlgs 22/97 nei Comuni stessi. Al fine di verificare la corretta applicazione dell accordo le parti concordano di istituire presso l ANCI un Comitato di Verifica Comitato di verifica composto da sei esperti designati da ANCI e sei da CONAI con convocazione ordinaria ogni 6 mesi. Attualmente è in vigore il nuovo accordo ANCI CONAI Nuovo Accordo Tra le novità c è l impegno del CONAI a ritirare ed avviare a 2008 riciclaggio tutti i conferimenti di RD anche oltre i target minimi fissati dalla nuova direttiva sugli imballaggi (direttiva 2004/12/CE). 29

30 1.1.3 La legislazione regionale Si propone di seguito un quadro delle principali norme vigenti a livello regionale e relative al servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani. Tab. 1.4 Principali norme regionali in materia di rifiuti. N. Norma Titolo della norma e/o note integrative 1 Legge regionale 12 luglio 94 Disciplina dello smaltimento dei rifiuti n. 27 Tale norma è stata modificata ed integrata dalla successiva L.R. 21 aprile 99 n. 3 Riforma del sistema regionale e locale 2 Legge regionale 6 settembre 99 n. 25 Delimitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli Enti locali per l organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione sui rifiuti urbani 3 Deliberazione Giunta regionale 31 luglio 2001 n. Approvazione dei criteri ed indirizzi regionali per la pianificazione e la gestione dei rifiuti Legge regionale 21 agosto 2001 n. 27 Legge finanziaria regionale adottata, a norma dell art. 13 bis della L. regionale 6 luglio 1977, n. 31 e successive modifiche in coincidenza con l approvazione della legge di assestamento del bilancio di previsione per l esercizio 2001 e del bilancio pluriennale , primo provvedimento generale di variazione Tale norma contiene modifiche e integrazioni alla Legge regionale 25/99. 5 Legge regionale 28 gennaio 03 n. 1 Modifiche ed integrazioni alla L. regionale 6 settembre 1999, n. 25 (delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali per l organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani). 30

31 6 Deliberazione regionale n 1550/2003 L.R. 25/99 7 Legge regionale 14 aprile 2004, n. 7 Emanazione aggiornamento indirizzi e linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato e primi elementi di indirizzo per il servizio gestione rifiuti urbani Disposizioni in materia ambientale. Modifiche ed integrazioni a leggi regionali Norme in materia di conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatiche di cui alle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE inerenti la rete Natura 2000 in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 Tale norma contiene modifiche e integrazioni alla Legge regionale 25/ I dati di base I dati sulla produzione dei Rifiuti Urbani La produzione di rifiuti urbani ha fatto registrare, tra il 2000 e il 2003, una decisa riduzione dei tassi complessivi di crescita dopo gli incrementi più consistenti evidenziati negli anni precedenti. A fronte di una crescita media annua pari al 3% nel periodo si assiste infatti ad un tasso medio dell 1,3% circa tra il 2000 e il Nel 2003 la produzione nazionale si attesta sulle t/anno con una produzione pro capite media di 524 kg/(ab.*anno). Il grafico 1.1 illustra l evoluzione nella produzione rifiuti nazionale dal 1995 al

32 Grafico 1.1 Produzione rifiuti in Italia dal 1995 al 2003 (espressa in migliaia di tonnellate) Al Nord, con il 45% della popolazione italiana, nel 2003 è stato prodotto il 45% del totale dei rifiuti urbani in Italia (era il 46% nel 2002), al Centro, con il 20% della popolazione, il 22% di rifiuti urbani (22% nel 2002), al Sud, con il 36% della popolazione, il 31,9% dei rifiuti urbani (32,2 nel 2002). La tabella 1.5 riporta la produzione pro capite nelle varie regioni italiane dal 1999 al In base alla distribuzione territoriale si evidenziano significative differenze nella produzione pro capite di rifiuti urbani. Il Sud nel 2003, presenta una produzione pro capite media di 479 kg, con indici che vanno da quelli molto bassi in Basilicata e Calabria (413/440 kg) a indici più alti in Sicilia e Sardegna (520 kg/(ab.*anno)). Il Centro presenta la produzione pro capite più alta (600 kg/(ab*anno).), con la Toscana che raggiunge 680 kg/(ab.*anno). Al Nord la produzione pro capite raggiunge 528 kg/(ab.*anno). con punte di 648 kg/(ab.*anno). in Emilia Romagna e 32

33 all opposto punte molto basse quali quelle del Veneto (467 kg/(ab.*anno)) e della Lombardia 508 kg/(ab.*anno). Tab. 1.5 Evoluzione produzione pro capite di Rifiuti Urbani dal 1999 al 2003 (Fonte ONR Rapporto annuale sulla gestione rifiuti 2004) Complessivamente, pertanto, le Regioni con un pro capite superiore ai 600 kg/abitante per anno risultano 3 nel 2002 e 4 nel 2003 (la Toscana raggiunge, addirittura, i 680 kg/abitante per anno), quelle con valori compresi tra i 500 ed i 600 kg/(ab.*anno), sono 10 nel 2002 e 7 nel 2003 e quelle con valori inferiori ai 500 kg/(ab.*anno) 7 e 9 rispettivamente. Nelle figure 1.1 e 1.2 è riportata la produzione pro capite regionale al 2002 e 2003 (i diversi colori fanno riferimento a intervalli differenti da quelli sopra citati). 33

34 Fig Produzione pro capite RU per Regione, anno 2002 Fig Produzione pro capite RU per Regione, anno 2003 Il valore di produzione pro capite sensibilmente più elevato fatto registrare da alcune regioni dipende, probabilmente, dalle maggiori tipologie di rifiuti speciali che vengono, in tali regioni, assimilate agli urbani e che contribuiscono, pertanto, al dato di produzione degli stessi. Il trend della produzione dei rifiuti appare, inoltre, connesso, sia a livello nazionale che su scala regionale, con gli andamenti dei principali indicatori socio-economici, dai quali si rileva che la crescita o il calo dei consumi si 34

35 riflette su una maggiore o minore tendenza alla produzione di rifiuti ma anche che le regioni con consumi più elevati si caratterizzano per una contemporanea maggiore produzione di RU La composizione merceologica dei rifiuti I rifiuti urbani hanno registrato negli ultimi 20 anni una forte trasformazione nella loro composizione con una crescita relativa dei materiali secchi quali carta, cartone, plastiche vetro, in particolare imballaggi, una decrescita dell organico familiare e una crescita dell organico da pubblici esercizi, ristoranti, mense. Nella seguente tabella e nel relativo grafico viene presentata la composizione merceologica media dei rifiuti. Tab. 1.6 Composizione media dei rifiuti, espressa in migliaia di tonnellate e in percentuale 35

36 Grafico.1.2 Composizione merceologica media dei rifiuti I dati sulla raccolta differenziata Tra il 1999 ed il 2003 la raccolta differenziata ha fatto registrare, a livello nazionale, un incremento pari a 2,7 milioni di tonnellate corrispondente ad una crescita percentuale del 73,3 %. Nel 2003 il quantitativo di RD è stato di migliaia di tonnnellate con una percentuale pari al 21,5%. La tabella 1.7 ed il grafico 1.3 evidenziano la produzione di RD per le singole macroaree in termini totali e percentuali. Tab. 1.7 Produzione RD distinta per macroaree dal 1999 al 2003 (Fonte ONR Rapporto annuale sulla gestione rifiuti 2004) 36

37 Grafico 1.3 Percentuale di Raccolta Differenziata realizzata in ogni macroarea e in Italia 1999 al 2003 Si può rilevare come al Nord, la raccolta differenziata si attesti, nel 2003, intorno ai 4,6 milioni di tonnellate, pari al 33,5% della produzione totale di Rifiuti Urbani della macroarea stessa, al Centro raggiunga 1,1 milioni di tonnellate pari al 17,1% della produzione totale della macroarea e al Sud tonnellate pari al 7,7 % della produzione totale della macroarea. La tabella 1.8 illustra la percentuale di RD raggiunta a livello regionale nell ultimo quadriennio. 37

38 Tab. 1.8 Percentuali di RD raggiunte in ogni regione dal 2000 al 2003 (Fonte ONR Rapporto annuale sulla gestione rifiuti 2004) Osservando i dati su scala regionale si evidenzia che i livelli più alti di raccolta differenziata si raggiungono in Lombardia e in Veneto. La prima, che aveva già superato nei termini previsti gli obiettivi fissati dal D.Lgs. 22/97 6 raggiunge, nel 2003, una percentuale pari a quasi il 40%. Il Veneto, invece, che nel 2001 si collocava ancora al di sotto dei target fissati 6 Art.24, comma 1: In ogni ambito territoriale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: a) 15% entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (1999), b) 25% entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (2001), c) 35% a partire dal sesto anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto (2003). 38

39 dalla normativa per lo stesso anno (24,5%), supera addirittura il 42% di raccolta differenziata nel Nel 2002, conseguono il target del 25% già sfiorato nel 2001 il Trentino alto Adige (27,7%), l Emilia Romagna (26,5%) e la Toscana (25,9%). Queste regioni nel 2003 fanno registrare percentuali rispettivamente pari al 33,4%, 28,1% e 28,8%. Sempre nel 2003 superano l obiettivo fissato per il 2001 anche Piemonte e Friuli Venezia Giulia. Tra il 15% e il 20% si collocano i tassi di raccolta differenziata di Liguria (16,3%) ed Umbria (18%) e tra il 10% e il 15% quelli di Marche (14,9%), Abruzzo (11,3%) e Puglia (10,4%). Nella tabella 1.9 si evidenzia la composizione principale totale della Raccolta differenziata dal 1999 al 2003 in migliaia di tonnellate. Tab. 1.9 Evoluzione della composizione della RD totale in Italia, espressa in termini di migliaia di tonnellate, periodo (Fonte ONR Rapporto annuale sulla gestione rifiuti 2004) (Nota:*RAEE: Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) La frazione che fa registrare i maggiori incrementi dal 2001 al 2003 è quella della plastica la cui raccolta risulta praticamente raddoppiata; l incremento appare particolarmente rilevante tra il 2002 e il 2003 con una crescita percentuale pari al 42% circa. Si evidenzia inoltre un considerevole incremento, nel triennio , della raccolta della frazione biodegradabile ed in particolar modo dell umido, del verde e della carta. I dati evidenziano che l incremento è stato particolarmente marcato nel 2001 (+23,9% rispetto al 2000) e nel 2002 (+14,3% rispetto al 2001) ma molto più contenuto nel 2003 (+4,6% rispetto 39

40 al 2002). Decisamente altalenante appare, invece, il dato di raccolta delle diverse tipologie di imballaggi metallici. Il grafico 1.4 mostra la composizione dei rifiuti a livello nazionale con percentuale di rifiuti indifferenziati e composizione della RD relativamente all anno Grafico.1.4 Composizione dei rifiuti Urbani in Italia, con percentuale di rifiuti indifferenziati e composizione della RD (anno 2003) Nella tabella successiva si evidenziano per il 2003 i valori pro capite (kg/(ab.*anno)) per macro area geografica. Tab Produzione pro capite di RD anno 2003: composizione per macroarea (kg/(ab.*anno)) (Fonte ONR Rapporto annuale sulla gestione rifiuti 2004) 40

41 Anche in questo caso si rileva una forte disparità tra le diverse aree geografiche. Come si osserva il quantitativo recuperato al sud risulta notevolmente più basso (inferiore alla metà) di quanto recuperato al centro e al Nord. Per quanto riguarda la composizione dell RD, la frazione che raggiunge i valori quantitativi più alti è la carta in ogni macroarea, ma mentre al nord rappresenta il 27% del totale della raccolta differenziata, al centro e al sud rappresenta, rispettivamente, oltre il 41 e il 30% del totale della raccolta differenziata. Si evidenzia inoltre come al sud la raccolta del verde risulti minima Il trattamento e smaltimento dei rifiuti L obiettivo della diminuzione dei rifiuti in discarica si sta raggiungendo con la crescita delle raccolte differenziate e degli impianti di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, con la biostabilizazione, la produzione di CDR, il compostaggio e l incenerimento. Il grafico 1.5 mostra l andamento della gestione dei rifiuti urbani nel quinquennio I valori delle percentuali riportati nel grafico sono stati ottenuti rispetto al totale dei rifiuti gestiti negli anni di riferimento. Nella voce altre forme di recupero sono stati computati gli imballaggi avviati al riciclaggio da superfici pubbliche. L analisi dei dati evidenzia una forte riduzione dello smaltimento in discarica, che nell arco del quinquennio esaminato è passata dal 74,4% al 53,5%, parallelamente all aumento del trattamento meccanico biologico dei rifiuti indifferenziati e della produzione di CDR che dall 8,1% del 1999 passa al 22,2% del Per questi impianti rimangono da risolvere le modalità di effettivo riuso del CDR prodotto (da conferire in impianti industriali o in impianti dedicati o negli inceneritori) e lo smaltimento del FOS (Frazione Organica Stabilizzata) che rimane per ora indirizzato alle 41

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