Luigi Viola* (3 aprile 2015)

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1 Piketty e il diritto: dal political constitutionalism al (necessario) ruolo delle Corti Luigi Viola* (3 aprile 2015) Gli ultimi mesi del 2013 sono stati caratterizzati dalla pubblicazione in Francia di un libro di Thomas Piketty, Le capital au XXI e siècle 1 che ha sostanzialmente scombussolato gli studi economici, riportando al centro dell indagine un tema trascurato (le disuguaglianze sociali) ed influenzando in maniera assai significativa il dibattito relativo a molti temi centrali (attuale crisi economica; ruolo della tassazione sugli alti redditi; ecc.); il libro è stato tradotto in molte lingue 2 ed ha dato vita ad un dibattito assai articolato che oggi ha ormai superato il campo dell economia per raggiungere il livello della decisione politica 3. Al di là delle polemiche sorte intorno ai presunti errori di calcolo contenuti nel libro o negli articoli dei suoi detrattori 4, appare evidente come si tratti di un libro destinato ad influenzare profondamente il dibattito nel campo economico-sociale: <<si tratta in effetti di un lavoro di amplissimo respiro, una sorta di trattato di economia politica nel solco dei grandi classici come Ricardo, Marx o Marshall. Una boccata d ossigeno per la professione degli economisti, per cui la norma è oramai la corsa alla pubblicazione di articoli su riviste prestigiose, spesso con contributi di importanza marginale rispetto alla letteratura esistente 5 >>. Merito del libro è indubbiamente quello di aver riportato al centro dell attenzione il problema della distribuzione del reddito che <<dopo i pionieristici contributi di Simon Kuznets, negli anni Cinquanta,.(aveva) gradualmente perduto importanza, fino a diventare, a partire dagli anni Settanta, un tema di nicchia>> e di aver dimostrato, <<utilizzando un quadro analitico estremamente intuitivo,.. che la parte dei profitti sul reddito nazionale interagisce con il rapporto tra capitale e prodotto. L argomento di Piketty si regge su una diseguaglianza fondamentale, per cui il tasso di rendimento sul capitale è superiore al tasso di crescita dell economia (r > g); questo vuol dire che in ogni periodo al capitale andrà una quota crescente del reddito nazionale; questo surplus a sua volta sarà investito e andrà ad aumentare la quota di capitale sul prodotto, in un processo che si autoalimenta potenzialmente all infinito. I patrimoni ereditati si ricapitalizzano quindi più in 1 Pubblicato dalle Éditions du seuil, Parigi. 2 La traduzione italiana è stata pubblicata da Bompiani nel Assai significativo appare il fatto che alcune delle sue proposte siano state riprese dal Presidente Obama nel suo sesto discorso sullo stato dell Unione del 20 gennaio 2015 e che se ne sia parlato all ultimo World economic forum di Davos. 4 FRANCESCHINI E., Piketty-Ft, battaglia continua su capitalismo e disuguaglianze. E il quotidiano sbaglia i conti, in Repubblica-on line del 30 maggio SARACENO F., Il capitale di Piketty in Il Mulino, 2014, 2, 294 e ss e in

2 fretta di quelli di nuova costituzione, legati al lavoro e alla produzione: il passato divora il futuro, per utilizzare l efficace espressione dell autore 6 >>. In questa sede, non interessa ovviamente la valutazione delle tesi di Piketty in materia di origine, effetti e modalità di correzione delle disuguaglianze sociali (problematiche che esulano notevolmente dalle capacità dell autore), ma solo una modesta valutazione di quale sia l impostazione generale dell opera (ad avviso di chi scrive, fondamentale, per molte ragioni), con riferimento al mondo del diritto ed alle problematiche giuridiche più direttamente intese. A livello di enunciazioni generali, lo stesso Piketty evidenzia immediatamente come la propria prospettiva di ricerca non sia limitata solo all economia, ma allargata all interezza delle scienze sociali; il tutto in applicazione di un impostazione di base che tende ad evidenziare più volte, come <<en verité, l économie n aurait pas dû chercher à se séparer des autres disciplines des sciences sociales, et ne peut se développer qu en leur sein. On sait trop peu de chose en sciences sociales pour se diviser bêtement de la sorte. Pour espérer faire des progrès sur des questions telles que la dynamique historique de la répartition des richesses et la structure des classes sociales, il est bien évident qu il faut procéder avec pragmatisme, et mobiliser des méthodes et des approches qui sont celles des historiens, des sociologues et des politistes autant que celles des économistes 7 >> ; l economia politica non può pertanto essere che una <<sous-discipline des sciences sociales, aux côtés de l histoire, de la sociologie, de l anthropologie, des sciences politiques et de tant d autres 8 >>. Del resto, Le capital au XXIe siècle si evidenzia anche per altre aperture che vanno ben oltre il perimetro delle scienze sociali e che investono le arti e, soprattutto, la letteratura; il vero e proprio perno del libro ruota, infatti, intorno al cd. << dilemma di Rastignac del Père Goriot di Balzac: a che pro lavorare duro, se si può migliorare la propria posizione di molto sposando una ricca ereditiera? 9 >> e non sono per nulla infrequenti le citazioni di libri di Balzac e di Jane Austen. 6 Le citazioni sono da SARACENO F., Il capitale di Piketty cit. 7 PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, Paris, Seuil, 2013, nel capitolo Le cadre théorique et conceptuel dell Introduzione (la citazione è dall edizione digitale); l opera di Piketty è pertanto <<autant un livre d histoire que d économie>>. 8 PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit., penultimo capitolo, Pour une économie politique et historique, in cui sono ampiamente evidenziati i rischi, sia di una scienza economica separata dalle altre scienze sociali, sia dell abbandono da parte delle altre scienze sociali, dello studio dei fatti economici: <<dans le fond, ces deux formes de démission reviennent au même, car elles conduisent à laisser le champ libre à d autres>> 9 Le citazioni sono da SARACENO F., Il capitale di Piketty cit.. Si tratta del discorso che l affascinante Vautrin (in realtà, si tratta di un pregiudicato) tiene ad Eugéne de Rastignac, giovane provinciale studente di diritto; in poche parole, Vautrin spiega a Rastignac <<que la réussite sociale par les études, le mérite et le travail est une illusion>> e che niente potrà eguagliare, a livello economico e di riconoscimento sociale, lo sposare <<M.lle Victorine, jeune fille effacée vivant à la pension et qui n a d yeux que pour le bel Eugéne>> (PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit. cap. Le discours de Vautrin della Parte Terza); cosa non facile (la fanciulla non è bella) ma che gli permetterà di mettere le mani su un bel capitale, a condizione ovviamente di assassinarne il fratello (BALZAC H., Papà Goriot, Milano, Garzanti, 2008).

3 Pur in una struttura metodologicamente aperta ai contributi di tutte le scienze sociali e della letteratura, lo spazio attribuito al diritto non è poi molto e non è pertanto facile individuare i punti rilevanti per poter individuare quale sia il contributo assunto dal diritto nell analisi di Piketty (probabilmente, non molto rilevante, se si eccettua il riferimento alla serie storica francese della tassazione delle successioni ed all istituto successorio 10 che costituisce uno dei dati più importanti utilizzati nella trattazione) e, soprattutto, quale sia la concezione del diritto di Piketty (cosa decisamente più interessante, vista l importanza che l opera potrebbe assumere in un prossimo futuro ed i possibili limiti, sotto il profilo giuridico 11, di un analisi, per il resto, caratterizzata dal carattere fortemente innovativo). In questa seconda prospettiva, particolarmente interessante e decisiva si presenta l analisi del terzultimo capitolo della Parte Quarta del libro. In particolare, il terzultimo capitolo di Le capital au XXIe siècle (non a caso, intitolato Juridisme et politique) affronta il tema del debito pubblico, dei criteri di Maastricht (fissati sulla base di un modello economico che, ancora oggi, non è stato chiarito) e della fissazione dei criteri di bilancio e indebitamento degli Stati; secondo Piketty, appare assai rischioso <<figer des critéres budgétaries dans le marbre juridique ou constitutionnel>> (cosa che purtroppo è stata fatta in questi anni); ancora più rischioso appare a Piketty attribuire compiti decisori in materia alle Corti supreme o costituzionali: <<laisser à un juge constitutionnel (ou à des comités d experts) le soin de juger au cas par cas de l opportunité de telles décisions constituerait une forme de régression democratique. En outre, cela ne serait pas sans risque. Toute l histoire démontre en effet la fâcheuse tendance des juges constitutionnel à se lancer dans des interprétations extensives et hasardeuses et généralement très conservatrices- des textes juridiques sur les questions fiscales et budgétaires 12 >>. Il giudizio negativo di Piketty in ordine all intervento delle Corti costituzionali non si ferma poi alla rilevazione del <<conservatorisme jurique actuellement particuliérement dangereux en Europe, où l on a souvent tendance à faire passer le droit absolu à la libre circulation des personnes, des biens et des capitaux avant celui des États a promouvoir l interêt général, ce qui comprend le droit de faire payer des impôts 13 >>, ma raggiunge 10 Soprattutto nel Capitolo Code civil et l illusion de la Révolution française nella Parte Terza del libro. 11 Per una prima critica dell approccio di Piketty, alla luce dell Analisi economica del diritto, si veda SABATTINI G. Piketty, rivoluzionario ma solo fino un certo punto, in <<Piketty si limita ad invocare l introduzione di un sistema fiscale super progressivo, solo a tutela di un modo di funzionare più accettabile del capitalismo, e non invoca invece l introduzione di regole per garantire la salvaguardia permanente della funzione sociale della ricchezza accumulata, secondo la prospettiva dell analisi economica del diritto di Harold Demsetz e Ronald Coase>>. 12 PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit., terzultimo capitolo della Parte Quarta, Juridisme et politique. 13 PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit., terzultimo capitolo della Parte Quarta, Juridisme et politique. Per la verità, la libera circolazione non viene ad integrare solo un principio giuridico, ma costituisce anche espressione di un determinato modello economico; il riferimento al principio di libera circolazione, più che una forma di contestazione del giuridico, viene pertanto ad integrare una contestazione ( trasversale alla scienza economica e giuridica) di una determinata impostazione.

4 livelli più elevati nelle note in cui si rileva come la Corte suprema americana abbia <<bloqué l impôt sur le revenu à la fin du XIX e et au début du XX e, puis le salaire minimum pendant les années 1930, tout en jugeant l esclavage puis la discrimination raciale parfaitement compatibles avec les droits fondamentaux pendant près de deux siecles>> e si paventa il rischio che <<si l on cherche à judiciariser ces questions, il n est d ailleurs pas exclu que des solutions come l impôt progressif sur le capital soient jugées juridiquement impossibles 14 >>, così bloccando l applicazione della più importante proposta operativa del libro. Antidoto allo strapotere delle corti è pertanto solo l attribuzione del potere decisorio ad un Parlamento sovrano e al dibattito democratico (<<dans tous les cas, ces décisions doivent relever d un Parlement souverain et du débat démocratique 15 >>); ed è proprio il riferimento finale al Parlement souverain e al débat démocratique a rivelare l impostazione fondamentale del libro; in tutta la trattazione sono, infatti, assai frequenti (chi scrive ne ha individuati almeno 71) i riferimenti al ruolo centrale dei Parlamenti e del dialogo democratico, individuati sostanzialmente come l unico motore della grande trasformazione auspicata da Piketty, in contrapposizione ad un conservatorismo che trova espressione anche nell intervento delle Corti supreme e delle Corti costituzionali, cui è anticipatamente attribuito (soprattutto nel capitolo intitolato Juridisme et politique) un ruolo di blocco di alcune delle soluzioni auspicate (soprattutto l imposta sui grandi patrimoni). Quanto sopra rilevato permette agevolmente di collocare Piketty, nella topografia del costituzionalismo odierno, all interno di quell orientamento, di matrice anglosassone, che viene spesso definito political constitutionalism (nei paesi del Commonwealth) o popular constitutionalism (nel contesto statunitense) e che si caratterizza per <<una reinterpretazione in chiave eminentemente politica del costituzionalismo contemporaneo 16 >>. Le ragioni della rinascita della versione politica del costituzionalismo devono essere individuate, <<nell ambito del Commonwealth.nell introduzione del controllo di costituzionalità in diversi contesti e nell approvazione, nel Regno Unito, di un Bill of Rights. Negli Stati Uniti, invece, la composizione a maggioranza conservatrice della Corte Rehnquist, nonché alcune decisioni controverse (Bush v. Gore, in primo luogo), hanno alienato le simpatie progressiste per la Corte Suprema 17 >>; già in prima battuta, appare 14 PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit., terzultimo capitolo della Parte Quarta, Juridisme et politique, note 49 e Così l ultimo periodo del terzultimo capitolo, Juridisme et politique della Parte Quarta di PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit. 16 La migliore trattazione dei due movimenti è costituita da GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism in Quad. costit., 2010, 733 e ss. 17 GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism, cit., 733. La sentenza della Corte suprema degli Stati uniti d America 12 dicembre 2000, Bush v. Gore è pubblicata in italiano in Foro it., 2001, IV, 195, con nota di BARSOTTI V., Bush v. Gore e il mancato esercizio delle <<virtù passive>> e PASSAGLIA P., La corte suprema statunitense decide il caso Bush v. Gore; sulla vicenda si

5 pertanto evidente come si tratti di impostazione perfettamente aderente, almeno nella versione americana, alla formazione di Thomas Piketty che certo deve essere considerato un progressista, con una formazione anche di forte matrice americana (anche se fortemente contestata nel libro); soprattutto appare evidente la poca simpatia per le Corti Supreme che ha portato alla rivalutazione di episodi risalenti (l opposizione al New Deal; la giustificazione iniziale dello schiavismo e della segregazione razziale) e che porta già ad individuare nelle Corti un possibile oppositore della proposta fondamentale del libro, costituita dal controllo e dalla tassazione dei grandi patrimoni. Comune al political e popular constitutionalism è poi anche la critica di alcuni aspetti della globalizzazione, costituiti soprattutto, dall aumento degli ambiti di intervento delle Corti: <<le dinamiche della globalizzazione, assieme alla crescita di nuovi spazi giuridici sovranazionali e alle trasformazioni costituzionali che hanno investito nelle ultime decadi diversi Stati, hanno posto il potere giudiziario (in particolare, quello delle corti supreme) al centro di alcuni importanti processi di costituzionalizzazione. L ascesa e l influenza della giurisdizione costituzionale ha portato alcuni autori a parlare di giuristocrazia, ossia dell emergere di un élite di giuristi e giudici in grado di condizionare in maniera sostanziale, esercitando un egemonia preservazionista, le sorti costituzionali di un ordinamento. Nello specifico, la costituzionalizzazione dei diritti e il rispettivo trasferimento delle competenze a decidere su questioni fondamentali dalla sede politica a quella giurisdizionale avrebbero avuto come conseguenza principale il consolidamento di un determinato blocco sociale, il quale garantirebbe la propria influenza sulla comunità anche nel futuro, sottraendo al processo democratico la decisione su alcune questioni, spesso di natura redistributiva 18 >>; anche in questo caso, il riferimento di Piketty al <<conservatorisme jurique>> delle Corti sovranazionali chiamate ad applicare i principi di libera circolazione (soprattutto, la Corte di Giustizia UE) induce a ravvisare nell impostazione dell autore uno egli elementi tipici del popular constitutionalism, costituito dall individuazione, nelle Corti, di una forma di <<giuristocrazia>> (molto vicina al juridisme della visione di Piketty) considerata espressione di un blocco sociale tendente a sottrarre al dibattito sociale le fondamentali questioni redistributive poste a base del libro. L altro elemento di forte comunanza tra la visione giuridica di Piketty e le diverse versioni del political e popular constitutionalism è poi costituita dall approdo finale della complessiva messa <<in discussione (del) primato della giurisdizione costituzionale nell interpretare la costituzione>>, costituito dal definitivo approdo ad una concezione che pone al centro del processo decisionale il parlamento: <<per i costituzionalisti politici, la sede istituzionale più idonea per tenere in debita considerazione la diversità di opinioni veda anche CERASE M., Le elezioni presidenziali del 2000 innanzi alla corte suprema degli Stati Uniti in Giur. costit., 2000, GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism, cit., 733 che cita, al proposito, Hirschl e Ewing. Lo stretto legame esistente tra globalizzazione e tutela dei diritti è plasticamente evidenziato da FERRARESE M.R. Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, Bologna, Il Mulino, 2002, 135 e ss.

6 rimane il parlamento. Un assemblea rappresentativa è composta solitamente da numerosi rappresentanti, dai quali possono provenire ragioni di natura diversa, e procede a partire da proposte legislative che vengono poi pubblicamente discusse ed eventualmente emendate. Le decisioni ritenute insoddisfacenti possono essere velocemente riformulate. La competizione elettorale rende il parlamento più attento alle istanze provenienti dalla cittadinanza. I rappresentanti hanno potenzialmente buone ragioni per ascoltare le preoccupazioni e gli argomenti provenienti dalla comunità politica di riferimento, così come sono spinti a difendere le loro proposte pubblicamente cercando di presentarle come le migliori nell interesse pubblico 19 >>. Anche in questo caso, appare evidente la forte consonanza tra i ricorrenti riferimenti di Piketty al Parlement souverain e al débat démocratique e le posizioni del political e popular constitutionalism; consonanza che è poi completata dal riferimento al ruolo conoscitivo dei parlamenti che <<possono chiedere informazioni o consultare altre persone considerate esperte, dando la possibilità a più soggetti, anche esterni all istituzione, di partecipare al processo 20 >> e che, nella visione di Piketty, dovrebbero beneficiare della funzione conoscitiva e ricognitiva dei grandi patrimoni che dovrebbe essere riconosciuta ad una prima tassa, ad aliquota molto bassa, da applicarsi alle grandi fortune. A questo punto, appare sostanzialmente inutile continuare nell analisi delle categorie più prettamente giuridiche del political e popular constitutionalism 21 che non sono sostanzialmente richiamate da Piketty (certamente più interessato alla letteratura o ad altre scienze sociali, come la storia); decisamente più interessante appare, infatti, procedere all analisi dei limiti delle impostazioni riportabili al costituzionalismo politico o popolare e del consequenziale rischio che anche la proposta di Piketty possa impantanarsi nei limiti di teorie costituzionali troppo semplicistiche. A questo proposito, la dottrina più autorevole ha sottolineato come il movimento del political o popular constitutionalism proponga, alla fine, un modello di democrazia che, più che rappresentativa, deve essere definita come meramente elettorale: <<un altro limite inerente all enfasi sul momento elettorale riguarda la formazione dell opinione pubblica e dei singoli cittadini. Se si riduce la dimensione politica ai cicli elettorali il rischio è quello di assecondare una visione impoverita dalla democrazia. Per riprendere una distinzione di Nadia Urbinati, se non vengono presi in considerazione altri momenti della vita politica (istituzionale e non), includendo possibilmente altre voci che possano attivare diverse 19 Le citazioni sono sempre da GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism, cit., 733 e GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism, cit., Come la distinzione tra <<ragioni in uscita>> proprie della giustificazione delle decisioni giudiziali e <<ragioni in entrata>> proprie della giustificazione delle decisioni dei parlamenti; sul punto si rinvia a GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism, cit., 736 e 738 (che cita, al proposito, Jeremy Waldron) e a CAMERLENGO Q., La saggezza della Corte costituzionale in Riv. trim. dir. pubbl., 2011, 3, 647, nota 134.

7 forme di partecipazione, si finisce per proporre non una democrazia rappresentativa, ma una democrazia elettorale. In altre parole, se il costituzionalismo giuridico può portare alla giuristocrazia, allora il costituzionalismo politico può condurre all elettocrazia 22 >>. Una volta ridotta la democrazia rappresentativa ad una forma di elettocrazia, il pericolo evidente è che l espressione del corpo elettorale possa essere influenzata dai fenomeni degenerativi, come il <<gerrymendering, con cui si ritagliano distretti elettorali per favorire determinati candidati in base alla prevalenza di alcuni interessi o legami con il candidato in una specifica area urbana, o il tema del finanziamento delle campagne elettorali, (che) sono solitamente orientati attorno ad evidenti interessi elettorali e difficilmente l agire politico può in tal senso auto-correggersi. In assenza di un istituzione almeno parzialmente estranea al processo elettorale, sarà difficile potere sottrarre la disciplina della competizione elettorale al gioco delle forze politiche che già la animano 23 >>. Nella prospettiva critica sopra richiamata, l impianto costituzionale del libro di Piketty importa l evidenziazione di una serie di (prime) considerazioni. La prima investe le conseguenze politiche ed istituzionali dell accumulo di grandi patrimoni; a chi scrive, appare, infatti, evidente, anche senza particolari indagini empiriche, come la formazione di grandi patrimoni importi, non solo l accesso a forme di investimento più redditizie di quelle ordinarie (come documentato dal libro di Piketty), ma anche l accesso ed il controllo di canali di rappresentanza politica privilegiati e, comunque, di punti di snodo idonei ad influire sul risultato elettorale; anche senza richiamare l esperienza italiana (in cui il controllo di una fetta importante dei mezzi di comunicazione di massa si è tramutato in un controllo dei meccanismi elettorali e politici per un periodo rilevantissimo) appare immediatamente evidente come i titolari di grandi fortune possano condizionare ampiamente il gioco elettorale, in virtù, sia di meccanismi del tutto leciti (finanziamento di candidati e della politica in generale; lobbying; controllo dei mezzi di comunicazione di massa; diretto intervento nell agone politico; ecc.), sia di meccanismi purtroppo illeciti (come la corruzione; il gerrymandering richiamato da Goldoni; il conflitto di interessi caro all esperienza italiana; ecc.). L accumulo di grandi patrimoni non genera pertanto solo l ulteriore incremento del valore dell asset, ma anche un surplus di rappresentanza politica e sociale ed un considerevole aumento della possibilità di influire sulle decisioni pubbliche; da cui una serie di politiche istituzionali (quelle richiamate da Piketty) che tendono a favorire i grandi patrimoni, se ne disinteressano (così oggettivamente favorendone l ulteriore concentrazione e la perdita di trasparenza sugli assetti proprietari e finanziari) o, apertamente, rifiutano di approvarne un programma di tassazione. 22 GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism, cit., GOLDONI M., Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il political e il popular constitutionalism, cit., 752; l autore aveva già sottolineato, alla pagina 751, come <<per determinare se il diritto di voto viene fatto valere in misura uguale per tutti i cittadini è necessario inserirlo in un contesto più ampio di pratiche, assetti istituzionali e tradizioni che dotano tale diritto di un significato>> ed in tali <<tradizioni>> deve indubbiamente essere inserita la garanzia esterna dei meccanismi elettorali da parte di organi imparziali.

8 Parafrasando la fase finale di Le capital au XXIe siècle (<<le refus de compter fait raramente le jeu des plus pauvres>>), i poveri dovrebbero pertanto interessarsi seriamente, non solo <<à l argent, à sa mesure, aux faits et aux évolutions qui l entourent 24 >>, ma anche e soprattutto degli assetti politici ed istituzionali conseguenziali, che costituiscono la versione politica del processo di concentrazione di grandi capitali. In questa prospettiva, affidare tutte le proprie speranze al (poco consistente) movimento del political o popular constitutionalism 25, scartando le tante e più sfumate risorse della moderna democrazia rappresentativa, appare poco saggio e, soprattutto, destinato ad una sconfitta, in un certo senso, preventivata ; appare, infatti, di tutta evidenza come, alla fine, il débat démocratique all interno del Parlement souverain possa essere fortemente influenzato dalla forza di persuasione dei grandi patrimoni, per effetto, sia di legami strutturali e di lunga data tra personale politico e capitale (derivanti, in buona sostanza, dalla necessità di finanziare la politica), sia di una politica di persuasione specifica e mirata alla neutralizzazione di nuove iniziative di tassazione (soprattutto, se sostanzialmente espropriative, come nelle versioni più forti evocate da Piketty). Altrettanto poco saggio appare poi scartare la possibilità di un sostegno esterno da parte della giuristocrazia, sulla base di una polemica che, in buona sostanza, ha pochissimo a che fare, sia con la formazione di Piketty, sia, soprattutto, con gli obiettivi che si è prefisso di raggiungere; in una prospettiva più ampia, i molteplici strumenti del moderno costituzionalismo (tra cui è anche ed ovviamente presente la via giudiziaria ad alcune trasformazioni istituzionali e sociali) possono, infatti, svolgere un ruolo importante in un processo di affermazione di un nuovo modello di tassazione (sicuramente non indolore per i grandi patrimoni) che non appare sicuramente facile ed immune da ostacoli. Del resto, la stessa analisi prospettata da Thomas Piketty e l approdo finale ad un principio di <<trasparence économique et contrôle démocratique du capital 26 >> evidenziano proprio le caratteristiche essenziali, non del costituzionalismo politico o popolare, ma degli opposti schemi della giuristocrazia ; sono, infatti, massicciamente presenti gli elementi della globalizzazione (lo stesso Piketty evidenzia più volte e giustamente come un politica di trasparenza e tassazione di grandi patrimoni debba necessariamente essere globale o, almeno, interessare ambiti importanti come l Unione Europea o gli Stati Uniti) e dell amministrativizzazione (il principio di trasparenza economica e finanziaria richiede, infatti, un sostanziale implementazione che non può fare a meno dell intervento di organismi, forse indipendenti, di controllo e degli strumenti del diritto societario e 24 PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit., ult. cap., Le jeu des plus pauvres. 25 PASQUINO P., Regole di maggioranza e democrazia costituzionale in Riv. trim. dir. pubbl., 2011, 4, 945 nota 29 rileva giustamente come, a parte l ipotesi (del tutto teorica) di comunità di ridottissime dimensioni, <<il popular constitutionalism di cui si discute da qualche anno negli Stati Uniti (sia rimasto) senza costrutto>>. 26 Così l ultimo capitolo della parte quarta di PIKETTY T., Le capital au XXI e siècle, cit..

9 amministrativo) che costituiscono alcune delle caratteristiche più importanti ed essenziali della cd. globalizzazione giuridica 27. In buona sostanza, pertanto, il political e popular constitutionalism rischia di essere una teoria costituzionale troppo ristretta per le trasformazioni auspicate da Piketty che, per realizzarsi, hanno bisogno di una cornice completamente diversa, costituita da un dialogo tra legislatore e Corti, ovvero da quella che è la cornice del moderno costituzionalismo globalizzato. In questa prospettiva, è certo necessaria una conversione sulla via di Damasco del legislatore ad un sistema di tassazione e controllo dei grandi patrimoni assai diverso da quello attuale; altrettanto evidente è però come una simile svolta non possa raggiungere alcun risultato se non accompagnata da una convinta azione amministrativa dedicata all esecuzione della normativa (sicuramente caratterizzata da nodi problematici da sciogliere anche in sede amministrativa) e da analoga conversione delle Corti destinate al vaglio di costituzionalità della legge (passaggio ineliminabile e che potrebbe determinare la prematura dipartita della nuova normativa) 28 ; da non trascurare è poi il ruolo che potrebbero svolgere, in questo movimento circolare, movimenti di azione pubblica (chiamati a pungolare l amministrazione) e la stessa dottrina giuridica, cui spetta il compito di elaborare un quadro concettuale di riferimento permeabile e non ostile alle idee di Piketty. Da quanto sopra rilevato, appare evidente come l ambientazione giuridica delle tesi di Piketty non appaia del tutto soddisfacente ed abbia bisogno di qualche riassetto, non essendo per nulla convincente l adozione dello strumentario (alla fine, assai limitato) del political e popular constitutionalism; è pertanto auspicabile qualche nuovo intervento dell autore o di altri del movimento che venga ad ambientare meglio la nuova soluzione all interno del costituzionalismo contemporaneo. Quanto sopra rilevato, non sminuisce però il valore del libro ed il decisivo cambio di paradigma che ne è alla base; in sostanziale sintonia con il commentatore citato all inizio di questo breve scritto, non si può pertanto che concludere, rilevando come sia proprio dei grandi libri il sollevare nuovi dibattiti ed interrogativi: <<più che di difetti, si tratta di interrogativi, che il lavoro di Piketty ha il merito di stimolare. E che, ne sono sicuro, saranno discussi in futuri lavori altrettanto rigorosi e importanti 29 >>. 27 A questo proposito il riferimento obbligatorio è a FERRARESE M.R., Globalizzazione giuridica, in Encicl. Dir Annali, Milano, Milano, 2011, vol. IV, 547, 8; Id. Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni cit.; Id. Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, Bologna, Il Mulino, Del resto, è lo stesso Piketty a percepire il problema quando richiama il ruolo conservatore assunto, in alcune vicende, dalla Corte suprema degli Stati Uniti d America o dal Conseil constitutionnel; affidare un ruolo di preminenza al dibattito parlamentare non risolve però il problema di un possibile (negativo) controllo di costituzionalità della legge e non è certo pensabile modificare radicalmente l attuale organizzazione costituzionale, eliminando il detto controllo. Il problema pertanto permane e può essere superato solo dall elaborazione di una teoria giuridica favorevole alle tesi di Piketty. 29 SARACENO F., Il capitale di Piketty cit..

10 * Consigliere presso il T.A.R. Toscana e Professore a contratto di diritto dell Unione europea applicato allo sport nell Università degli Studi di Udine. Abstract Lo scritto cerca di operare una sintesi degli spunti in materia di diritto ed organizzazione istituzionale presenti nel libro di Thomas Piketty, Le capital au XXIe siècle, apparso nel corso del 2013 e che ha notevolmente influenzato il dibattito sulle disuguaglianze sociali. Ne emerge una considerevole vicinanza tra le tesi esposte nel libro ed i movimenti del political e popular constitutionalism; a parere dell autore, si tratta però di un concezione che rischia di rallentare notevolmente o impedire l affermazione delle tesi di Piketty, che affondano le proprie radici e potrebbero meglio affermarsi in un contesto più aperto alla globalizzazione ed al costituzionalismo moderno.

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