SOSTEGNO A CHI SOSTIENE : IL PROGETTO DI PROMOZIONE DELLA SALUTE DEL CAREGIVER NEL PIANO PER LA SALUTE DELL AZIENDA U.S.L.

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1 ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN IGIENE E MEDICINA PREVENTIVA Direttore Prof.ssa M. Marinelli SOSTEGNO A CHI SOSTIENE : IL PROGETTO DI PROMOZIONE DELLA SALUTE DEL CAREGIVER NEL PIANO PER LA SALUTE DELL AZIENDA U.S.L. DI CESENA TESI DI SPECIALIZZAZIONE Presentata dalla Dott.ssa FRANCESCA RIGHI Relatore Chiar.mo Prof. ERICA LEONI Anno Accademico

2 INDICE Premessa 3 Il Piano per la Salute: uno strumento per la promozione della salute nella comunità 5 L analisi partecipata dei bisogni di salute della comunità cesenate 8 Transizione demografica ed epidemiologica 14 Profilo demografico del territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena 17 Il Territorio 17 Indicatori di stato della popolazione 18 Indicatori di movimento della popolazione 22 Comportamenti riproduttivi e cambiamenti di stato civile 25 Nuovi bisogni di salute: Sostenere chi sostiene 28 Introduzione 28 L assistenza all anziano non autosufficiente 30 L assistenza formale 31 Rete dei servizi di assistenza agli anziani nel territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena 33 Le reti di aiuto informale: caratteristiche e tendenze 36 Il sostegno informale e il malessere del caregiver 37 L assistenza agli anziani fornita da immigrati 40 Dai bisogni ai diritti delle persone che curano 44 L operatore che presta aiuto e il rischio di burn-out 47 Il contesto normativo 49 Progetto per il sostegno al caregiver nell Azienda Sanitaria di Cesena 53 La rilevazione dei bisogni del caregiver 56 Area Minori 60 Area Handicap 62 Area Anziani 66 Area Dipendenze Patologiche 68 1

3 Area Patologie Cliniche e Salute Mentale 70 Programma delle azioni: schede di progetto 72 Conclusioni 96 Bibliografia 98 2

4 Premessa La salute è un bene fondamentale per l individuo e per la collettività. Con queste parole si apre il Piano Sanitario Nazionale auspicando la realizzazione di un patto di solidarietà per la salute che impegni e responsabilizzi le istituzioni sanitarie e gli altri attori sociali della comunità a lavorare insieme per la tutela e la promozione della salute. La partecipazione attiva della comunità all elaborazione delle politiche e dei programmi che possono avere un impatto sulla salute, è una delle strategie raccomandate dalla Carta di Ottawa (1986) 1 : La promozione della salute agisce attraverso una concreta ed efficace azione della comunità nel definire le priorità, assumere le decisioni, pianificare e realizzare le strategie che consentano di raggiungere un migliore livello di salute. I dati epidemiologici,nei Paesi evoluti, mostrano che i bisogni di salute ed i fattori causali che hanno un potenziale impatto sulla salute della comunità, sono solo in minima parte sotto il controllo del Servizio Sanitario. I principali determinanti della salute sono, infatti, anche di natura sociale, ambientale ed economica e solo con l intervento dei diversi settori della società si possono affrontare con successo. Interventi volti a ridurre le condizioni di povertà e di esclusione sociale, iniziative finalizzate a promuovere il ruolo sociale dell anziano, interventi a sostegno delle famiglie che assistono malati cronici e disabili, una pianificazione urbanistica che tuteli le aree verdi e migliori la sicurezza stradale, interventi a favore dello sviluppo del volontariato sono solo alcuni esempi di azioni, realizzate da soggetti non sanitari, che possono portare a miglioramenti sostanziali dello stato di salute. Per migliorare lo stato di salute e rispondere ai bisogni dei cittadini è necessario, quindi, spostare l attenzione dalle politiche di servizi sanitari alle politiche di salute, realizzando interventi 1 Estratto da la Carta di Ottawa,

5 intersettoriali che coinvolgano attivamente le diverse categorie sociali della comunità (politici, cittadini, organizzazioni di volontariato, scuola, sindacato, imprenditori, operatori sociosanitari, mondo della comunicazione, etc.) e siano orientati ad un obiettivo comune: il miglioramento della qualità della vita, in particolare per coloro che vivono in condizioni svantaggiate. La realizzazione del patto di solidarietà per la salute appare la via da seguire, ma per concretizzarsi, necessita di una diffusa presa di coscienza e di responsabilizzazione che può nascere solo da un processo di partecipazione autentico della comunità alla elaborazione, attuazione e verifica delle politiche di salute. Questo processo è bene che si avvii, come affermato dalla Carta di Ottawa, fin dalla fase di analisi dei bisogni e individuazione delle priorità sulle quali intervenire. La Regione Emilia-Romagna ha colto questi indirizzi internazionali e nazionali e li ha resi attuativi nel Piano Sanitario Regionale (1), nel quale si individua il Piano per la Salute come strumento con cui vengono elaborati programmi di miglioramento della salute e dove si rendono disponibili spazi di partecipazione ai cittadini e alle altre categorie sociali. Nell Azienda Sanitaria di Cesena, nell ambito del Piano per la Salute, si è realizzato un intervento finalizzato al raggiungimento di tali obiettivi, e sviluppato con una significativa partecipazione dei diversi attori della comunità. Si ritiene che tale intervento possa rappresentare un modello utile per affrontare i problemi sanitari emergenti. 4

6 Il Piano per la Salute: uno strumento per la promozione della salute nella comunità Il Piano per la Salute (PpS) è definito dal Piano Sanitario Regionale come un piano poliennale di azione elaborato e realizzato da una pluralità di attori, coordinati dal governo locale, che impegnano risorse umane e materiali allo scopo di migliorare la salute della popolazione anche attraverso il miglioramento della assistenza sanitaria. Il PpS di durata triennale viene elaborato, coerentemente agli indirizzi e alle strategie definiti dalle politiche di salute, sulla base della situazione demografica, epidemiologica e socioeconomica locale e identifica obiettivi di salute da raggiungere in uno specifico ambito territoriale. Il PpS è guidato dagli Enti Locali con il supporto tecnico delle competenze dell Azienda Sanitaria e coinvolge altre organizzazioni, gruppi di popolazione e singoli individui all interno e all esterno del Servizio Sanitario Nazionale. Essenziale rimane il ruolo del Governo Regionale nell'indicare priorità, assicurare competenze tecniche di supporto e garantire un adeguata uniformità di applicazione sull'intero territorio regionale pur nel rispetto delle specificità locali. In questo modo si intende realizzare un approccio che combini in sé strategie di promozione della salute, di prevenzione della malattia e di miglioramento della efficacia, efficienza ed equità dei servizi. Il tutto in uno scenario di cooperazione intersettoriale per agire su quella combinazione di fattori, non strettamente legati al settore sanitario, che conducono al maggior guadagno in salute di una popolazione. La salute e il benessere della comunità diventano l esito finale cui ogni politica pubblica deve tendere e con cui deve confrontarsi. Le diverse politiche dovrebbero facilitare al cittadino, sia come singolo individuo sia organizzato in gruppi, le scelte sane e rendere più difficili (e onerose) quelle dannose alla salute. 5

7 La realizzazione del Piano richiede il coinvolgimento e la partecipazione più vasta possibile dei diversi attori sociali presenti nella comunità, il rafforzamento delle alleanze esistenti e la creazione di nuove, ove possibile. In sintesi nel PpS sono individuati: i più importanti bisogni di salute della popolazione locale e le risposte in termini di promozione della salute e prevenzione della malattia che l Azienda Sanitaria, gli Enti Locali e le altre organizzazioni coinvolte si impegnano a dare su di un vasto fronte intersettoriale, interdisciplinare ed interprofessionale; i principali bisogni di assistenza sanitaria e sociale della popolazione locale e le modalità di risposta in termini di offerta di servizi da parte di Aziende Sanitarie, Enti Locali, terzo settore e privato accreditato; la natura degli impegni nei vari settori ed attività (compreso il settore sanitario) necessari a rispondere ai bisogni della popolazione locale sopra identificati; le modalità di interconnessione fra le azioni di competenza dei vari enti e organizzazioni con indicate risorse e tempi; le modalità di verifica, durante il percorso e nelle fasi conclusive, del grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il processo di costruzione del Piano prevede, secondo le linee guida regionali, le seguenti fasi di attuazione: FASE 1: La promozione e l attivazione del PpS L obiettivo principale di questa fase è promuovere il coinvolgimento dei cittadini nella definizione dei PpS nei territori corrispondenti alle Aziende Sanitarie di appartenenza. La promozione della salute comporta un assunzione di responsabilità ampia e diffusa, anche al di fuori del SSN; è importante far acquisire la consapevolezza, non solo alle istituzione classicamente deputate alla salute, ma anche ai cittadini e agli altri 6

8 attori sociali affinché acquisiscano un ruolo di promotori della salute collettiva. FASE 2: La ricognizione/rilevazione dei bisogni e problemi Consiste nella raccolta dell insieme dei problemi e dei bisogni della collettività presa in esame. E un processo di accumulazione continua di informazioni sulla salute attraverso un analisi dei dati provenienti da fonti anche diversificate (dati correnti, studi ad hoc..) ai quali vanno affiancate le informazioni anche qualitative (opinioni e percezioni dei cittadini) raccolte attraverso momenti di ascolto. FASE 3: La selezione delle priorità Si analizzano le varie proposte emerse dall analisi descritta in precedenza e si individuano le scelte sugli ambiti di intervento prioritario. FASE 4.: L elaborazione del PpS Il PpS prende concretamente forma, si individuano gli obiettivi e il programma delle azioni sulla base delle linee di indirizzo e delle priorità scaturite dalle fasi precedenti. FASE 5: L attuazione del PpS E la fase operativa nella quale si realizzano le azioni programmate. FASE 6: Il monitoraggio e la valutazione del raggiungimento degli obiettivi E' la fase di valutazione della qualità del lavoro svolto e dei risultati raggiunti. Questo momento consente anche di adattare e riaggiustare sia le attività programmate sia gli obiettivi prefissati in funzione di nuove esigenze e situazioni verificatesi in itinere. Da questa fase il processo riparte con l analisi della nuova situazione. 7

9 L analisi partecipata dei bisogni di salute della comunità cesenate Il coinvolgimento, la partecipazione e la creazione di connessioni rappresentano le condizioni fondamentali del processo di sviluppo della comunità e possono contribuire (o quantomeno è ciò che si auspica) a migliorare il rapporto tra istituzioni (in particolare sanitarie) e società civile. È in quest ottica che nel settembre 2000 l esecutivo della Conferenza Sanitaria Territoriale di Cesena (che comprende i Sindaci, il Presidente della Provincia e il Direttore Generale dell Azienda Sanitaria), ha deciso di attivare un processo di elaborazione e attuazione del PpS, secondo quanto previsto dal PSR , affidando ad un Gruppo Tecnico (composto da operatori sanitari, operatori dei servizi sociali, dell università e del volontariato) il compito di proporre e attuare un programma di lavoro con i seguenti obiettivi: elaborare e attuare un Piano per rispondere ai bisogni di salute prioritari del territorio della Conferenza Sanitaria Territoriale di Cesena; migliorare la conoscenza relativamente ai problemi, ai bisogni di salute e alle risorse presenti nella comunità (reti, progetti, esperienze, attori sociali ); promuovere e organizzare momenti di riflessione e confronto sui temi dei problemi e bisogni di salute, sui determinanti e sui criteri prioritari di scelta per gli interventi; sperimentare esperienze di coinvolgimento e partecipazione della comunità alla costruzione di politiche per la salute; contribuire a produrre un profilo di salute contenente anche dati e informazioni relative alla percezione dei bisogni da parte dei rappresentanti delle diverse categorie sociali della comunità; promuovere una responsabilizzazione diffusa dei diversi attori; sviluppare reti e collaborazioni; migliorare il rapporto tra istituzioni e società civile; 8

10 contribuire allo sviluppo della comunità. Per individuare gli obiettivi di salute prioritari sui quali impostare un programma di azioni è stata avviata dal mese di febbraio 2001 un analisi dei bisogni di salute nella comunità cesenate. L ambito territoriale interessato è quello della Azienda Sanitaria di Cesena: circa 180 mila abitanti distribuiti in 15 Comuni. La raccolta dei dati e delle informazioni è avvenuta attraverso due modalità: La prima di tipo quantitativo è stata realizzata attraverso i dati epidemiologici (es. dati di mortalità, di malattia ), i dati di servizio (es. accessi ad un tipo di servizio..) ed i dati socioeconomici-ambientali. Sulla base di queste informazioni e di quanto emerso dai documenti regionali, sono state elaborate da un gruppo di tecnici e di esperti delle schede epidemiologiche descrittive contenenti informazioni sulla rilevanza (gravità e diffusione) del problema/bisogno (ad es. neoplasie, malattie cardiovascolari, ecc.) i determinanti, i livelli di intervento, i costi economici e sociali, i progetti in atto. La seconda modalità di tipo qualitativo è stata la raccolta delle opinioni di cittadini e dei rappresentanti delle diverse categorie sociali della comunità (amministratori pubblici, operatori dei servizi, volontariato, sindacato, mondo produttivo, scuola, famiglie, ecc ) attraverso interviste di gruppo (focus group). I gruppi sono stati individuati prevalentemente tra quelli già costituiti e attivi (es. commissioni consiliari, consulte del volontariato, comitati di distretto, comitati consultivi misti, gruppi territoriali omogenei di medici di medicina generale, etc.), alcuni gruppi sono stati costituiti ad hoc (es. studenti, insegnanti, operatori sanitari..). I gruppi sono stati scelti in 9

11 modo non casuale: i tempi e le risorse a disposizione non erano tali da consentire la formazione di un campione scientificamente rappresentativo (es. randomizzazione). Nella selezione si è ricercata comunque la massima rappresentatività delle diverse categorie sociali della comunità e dei diversi ambiti territoriali. L obiettivo delle interviste era di sperimentare modalità di coinvolgimento della comunità nell analisi dei bisogni e di raccoglierne le opinioni. Nella fase di analisi della percezione dei bisogni di salute della comunità di Cesena abbiamo utilizzato il focus group come strumento di raccolta dati, teso a far emergere gli atteggiamenti e le percezioni soggettive della popolazione su tematiche inerenti la salute. Il focus group è una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale, basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità. Un punto rilevante del focus group è l'atmosfera partecipativa e meno artificiale che agevola il confronto di idee, di opinioni e di esperienze tra i membri del gruppo. A differenza dell intervista individuale, nella quale colui o colei che risponde si relaziona esclusivamente con una persona (l intervistatore), nel focus group le risposte vengono contaminate dalle reazioni degli altri. Uno dei punti caratteristici, infatti, di questa tecnica è la centralità dell interazione, che dà la possibilità di riportare le esperienze dei partecipanti utili alla discussione e mostra come le opinioni si incontrino e si influenzino vicendevolmente. Quest'aspetto ha il vantaggio di far emergere la spontaneità delle interazioni che rende lo scenario del focus group più autentico e naturale. I partecipanti, infatti, durante l interazione mettono insieme le loro opinioni ed esperienze, creando una maggiore vivacità nella discussione stessa. In questo modo il ricercatore può scoprire non solo quello che i partecipanti pensano, ma anche come lo pensano e perché lo pensano. 10

12 L accesso a queste informazioni è possibile grazie all interazione del gruppo: una caratteristica assolutamente unica del focus group è la possibilità che i partecipanti hanno di costruire e formarsi un opinione nel corso della discussione stessa, che può risultare anche diversa da quella espressa inizialmente. Il risultato più ovvio osservabile attraverso l interazione è il modo in cui i partecipanti rispondono gli uni agli altri, fornendo accordi e disaccordi, facendo domande e dando risposte. Ne consegue che spesso tutto ciò consente di far emergere i reali punti di vista delle persone, i giudizi (a volte anche i pregiudizi), le opinioni e le aspettative dei soggetti in maniera più approfondita di quanto non consentano altre tecniche di indagine. Infatti, i partecipanti spesso dicono che l aspetto più interessante delle loro discussioni sta nella possibilità di confrontarsi con le idee e le esperienze degli altri. Il nostro tema d indagine erano i bisogni di salute della comunità del cesenate: quali sono, su quali è importante intervenire e perché?. Prima di questa domanda chiave si è ritenuto opportuno preparare ogni gruppo con una fase introduttiva di riscaldamento (durata di circa 5-10 min.) proponendo delle libere associazioni sulla parola SALUTE. Quest iniziale discussione ha fornito un opportunità per attivare l interazione tra i partecipanti e per condividere un concetto di salute che richiamasse quello proposto dalla OMS (stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo assenza di malattia ). Nella fase centrale dell incontro, durato circa un ora e mezzo, ogni partecipante ha espresso la propria opinione liberamente sui bisogni di salute locali e sui motivi che sostengono tali opinioni; queste sono state annotate su di un cartellone. Dopo questo momento è stato chiesto ad ogni partecipante di scegliere tre bisogni ritenuti prioritari tra quelli emersi dalla discussione. La conduzione dei gruppi è stata affidata ad un facilitatore che ha proposto il tema da discutere e ha fornito alcune regole d interazione. 11

13 Il facilitatore era affiancato da un altro operatore, il notaio, che sintetizzava i bisogni e li annotava su di un cartellone. Alla fine di ogni focus group è stato distribuito un questionario di gradimento per valutare sia gli obiettivi che ci si proponeva di raggiungere sia il procedimento stesso del gruppo focus. Come è emerso dai dati raccolti, la maggior parte dei partecipanti ha valutato l intervista di gruppo piuttosto positivamente; in una scala Likert a 5 punti, oltre il 92% delle risposte si sono posizionate sui valori molto positivamente e abbastanza positivamente, sia per quanto riguarda l esperienza di coinvolgimento sia per la capacità del focus group di raccogliere indicazioni significative rispetto ai bisogni di salute della comunità. I risultati raccolti attraverso il lavoro dei gruppi focus sono stati confrontati con quelli epidemiologico-statistici prodotti dai gruppi multiprofessionali di esperti. Il risultato finale è stato quello di identificare cinque macro bisogni che, dopo aver ottenuto una validazione da parte dei partecipanti all analisi (gruppi focus e altri operatori sociosanitari), sono stati proposti alla Conferenza Sanitaria Territoriale per la scelta delle priorità sulle quali costruire il piano. La Conferenza ha scelto di impegnarsi su tre bisogni con le seguenti motivazioni: Cultura della salute e stili di vita sani È un bisogno particolarmente percepito dai gruppi focus intervistati. Il bisogno è trasversale a tutte la fasce della popolazione, può permettere di intervenire su problemi di salute importanti e diffusi nella popolazione Sicurezza stradale L incidentalità stradale nel nostro territorio è particolarmente rilevante sia nei confronti dei dati regionali che nazionali. E un fenomeno che causa morte e disabilità, in particolare per le giovani 12

14 generazioni; esistono nel territorio molte risorse che possono essere coinvolte in uno specifico PPS Sostegno a chi deve sostenere (bisogni di salute degli operatori e dei familiari che prestano assistenza domiciliare ai disabili, agli anziani non autosufficienti, ai malati cronici e alle persone con problemi di salute mentale) È un bisogno particolarmente segnalato dai focus group. Si riferisce a fasce di popolazione che spesso vivono in condizioni di esclusione sociale e in situazioni familiari fragili E stato quindi conferito il mandato a un gruppo, composto da amministratori pubblici, sindaci o assessori, di guidare (coadiuvati da operatori dell Azienda Sanitaria e da altri rappresentanti del sociale organizzato) i tre gruppi di progetto intersettoriali per la definizione del programma di intervento. I tre bisogni di salute sono stati ulteriormente analizzati e sono stati identificati una serie di obiettivi da raggiungere per dare una concreta risposta ai bisogni. Sono state delineate le linee strategiche di intervento da seguire e sono stati raccolti, dai diversi attori della comunità i primi programmi di azione relativi agli obiettivi del Piano (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7). 13

15 Transizione demografica ed epidemiologica L Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la transizione demografica come la rivoluzione della salute umana del 20 secolo. Tale fenomeno può essere sinteticamente definito come il passaggio da una società ad alta natalità e mortalità a nuove aggregazioni caratterizzate da una bassa natalità ed una bassa mortalità. Il modello empirico che descrive la transizione è schematizzato, nella sua forma generale in figura 1. Fig.1 La transizione demografica nei suoi aspetti essenziali Natalità Mortalità Popolazione Anno Come si può osservare nel corso del 19 secolo si è verificata una brusca caduta della mortalità generale, conseguente al decremento della mortalità infantile. Questo primo cambiamento ha comportato una serie di effetti a cascata che hanno profondamente modificato la società umana, non solo per quanto riguarda il suo profilo demografico, ma anche in relazione alle sue necessità assistenziali e sanitarie. Il principale fattore che ha determinato una riduzione della mortalità infantile, è stato probabilmente il miglioramento dell alimentazione, frutto sia degli effetti economici della rivoluzione industriale, sia di un maggior intake calorico soprattutto nelle classi meno abbienti. Importanti effetti sono stati prodotti, anche, dal 14

16 miglioramento dell igiene del parto e dalla edificazione o ristrutturazione delle reti idriche e fognarie. Un secondo effetto prodotto dalla riduzione della mortalità infantile è legato ad un successivo decremento della natalità. In base ad alcune analisi (8) realizzate per verificare la correlazione esistente tra natalità e mortalità infantile si osserva come essa sia molto elevata e non dipendente da fattori culturali o sociali. In altri termini, mortalità e natalità tendono a coincidere e, al ridursi dell una, cala anche l altra. L effetto combinato dell aumento della sopravvivenza e della riduzione della natalità contraddistingue un fase demografica in cui si assiste ad un invecchiamento delle popolazioni sia per l incremento assoluto dei sopravviventi oltre i 65 anni sia per la relativa rarefazione delle giovani generazioni. In questi ultimi decenni infatti la vita riproduttiva della donna risulta assai abbreviata ed in Italia attualmente il tasso di fertilità è pari a 1,2 figli per donna. Tali cambiamenti non potevano non avere importanti effetti a cascata sul quadro epidemiologico. Il termine transizione epidemiologica riflette tale mutamento e riguarda il grande passaggio avvenuto da un quadro tendenzialmente dominato dalle malattie infettive ad uno monopolizzato da quelle cronico-degenerative. L età media della popolazione rappresenta il fattore chiave per spiegare tale passaggio. Aumentano infatti le coorti potenzialmente suscettibili di ammalare di patologie a lunga latenza, con caratteristiche di multifattorialità eziologica e soprattutto con esiti sostanzialmente diversi rispetto alle malattie infettive. Si passa da un tipo prevalente di esito tutto o niente ad una situazione caratterizzata da una perdita delle capacità funzionali dell individuo colpito. Assistiamo oggi al curioso fenomeno di una società che avendo guadagnato come non mai nella storia umana anni alla sua attesa di vita, diviene più vecchia, più disabile e più popolata di individui poco autosufficienti ed autonomi. 15

17 I trend demografici mostrano inoltre che in tutto il mondo occidentale, l attesa di vita è in aumento, ma gran parte di tale guadagno si traduce in anni di vita dipendente, trascorsi cioè in condizioni di non autosufficienza e di dipendenza da personale o da residenze assistenziali. In Italia gli anziani ultra65enni con disabilità grave sono circa il 16%, mentre in quelli ultra75enni si riscontra una disabilità grave nel 24% (9). Tali mutamenti hanno modificato pesantemente la nostra nozione di salute. È infatti evidente che la guarigione non appare oggi un obiettivo realistico per i milioni di persone ammalate di patologie croniche come l artrosi, l enfisema, le sequele del diabete, le malattie neoplastiche e cardiovascolari e quant altro. L obiettivo si è spostato dal concetto di guarigione a quello di protezione e incremento delle residue capacità funzionali, assimilando al concetto di salute, l idea di autosufficienza ed indipendenza, condizioni che rendono possibile ad un anziano di condurre una vita sociale e di espletare tutte le funzioni tipiche di un cittadino della società contemporanea. Lo star bene diviene dunque un bilancio tra problemi e risorse, in una pluralità di dimensioni di cui la salute fisica è solo una componente; il reddito, le risorse sociali, le capacità funzionali residue svolgono un ruolo di importanza cruciale in tale bilancio. Questo impone un radicale ripensamento del nostro servizio sanitario, dal momento che il suo attuale impianto risente profondamente di una concezione molto legata alla cure e al ricovero ospedaliero. Certamente la sfida della nuova sanità si sposta sul territorio, nelle case degli anziani, tra i medici di medicina generale; l assistenza avrà bisogno di tecnologie, ma anche di risposte organizzative nuove, di multidisciplinarietà e di capacità di valutazione in senso multidimensionale (8). 16

18 Profilo demografico del territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena I concetti precedentemente illustrati trovano un riscontro anche negli aspetti socio-demografici del territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena e costituiscono una cornice fondamentale per capire in quale contesto si sta sviluppando il PpS e in particolare la tematica del sostegno a chi sostiene. Il Territorio La popolazione residente nei comuni del territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena (al 31/12/2000) è costituita da abitanti (di cui il 51% femmine), dislocati su una superficie di 1116,7 Km 2, comprendente 15 comuni, con densità pari a 164 residenti per Km 2 (Tab. 1). Il territorio dell Azienda rappresenta il 5% di quello regionale ed è popolato dal 4,6% degli abitanti della Regione; la densità di popolazione è inferiore sia a quella regionale (181 vs 164) che a quella italiana (192). La maggior parte della popolazione (85%) risiede in pianura e solo il 4% in montagna, nonostante il territorio sia equamente distribuito tra le tre zone altimetriche (pianura, collina, montagna) (10) Gli abitanti sono prevalentemente dislocati sull asse della via Emilia e sulla costa. 17

19 Tab.1 Residenti, superficie, densità di popolazione e % di territorio urbanizzato per i comuni del territorio dell Ausl di Cesena. Anno Comune Residenti Maschi Residenti Femmine Residenti Totali superficie (Kmq)* densità di pop.(res./kmq)* % territorio urbanizzato su sup. totale** Bagno Di Romagna ,4 26 0,8 Borghi ,1 68 1,3 Cesena , ,1 Cesenatico , ,8 Gambettola , ,0 Gatteo , ,8 Longiano , ,5 Mercato Saraceno ,8 62 0,8 Montiano , ,6 Roncofreddo ,7 54 2,2 San Mauro Pascoli , ,9 Sarsina ,9 37 1,0 Savignano Sul Rubicone , ,0 Sogliano Al Rubicone ,4 31 1,0 Verghereto ,7 18 0,9 Tot. Comuni del cesenate , ,2 Fonti: Regione Emilia-Romagna (Ufficio sistemi statistici), Istat (*) e Ufficio Cartografico Provincia Forlì Cesena (**) Indicatori di stato della popolazione Dal 1981 al 2000 la popolazione dei Comuni del cesenate ha registrato un aumento pari al 5% con andamento generale crescente, più veloce negli ultimi 4 anni (Fig. 2). Elaborazioni regionali 2 prevedono di raggiungere nel 2010 i abitanti con una crescita meno rapida rispetto agli anni I comuni che negli ultimi anni hanno registrato una crescita di popolazione più veloce sono stati Cesenatico, Savignano sul Rubicone, S. Mauro Pascoli e Longiano. 2 Proiezioni al 2010 secondo il modello MUDEA scenario medio 18

20 Fig Popolazione residente nei Comuni del territorio dell'ausl di Cesena. Anni Previsione 2010 Popolazione Anni previsione al 2010 (modello Mudea) Regione Emilia-Romagna La struttura per età della popolazione del nostro territorio, rappresentata dalla piramide delle età (Fig. 3-5), è andata mutando nel corso del tempo e ulteriori cambiamenti sono previsti per il Dal 1991 al 2000 si registra un aumento in percentuale della popolazione sopra i 30 anni, in particolare della componente anziana sopra i 70 anni di sesso femminile e allo stesso tempo una diminuzione nelle classi 5-24, in leggero aumento la classe 0-4. La presenza femminile rimane costante attorno al 51%. Per il 2010 sono previsti ulteriori aumenti nelle fasce dai 35 anni in su, diminuzioni tra i anni e leggero aumento nei 0-14 anni. Alcune considerazioni emergono dalle osservazioni precedenti: - la base della piramide delle età è stretta (0-24 anni) per il crollo delle nascite registrato già dalla metà degli anni 70; 19

21 - si nota un leggero aumento nella classe 0-4 (anno 2000) e si prevedono aumenti più consistenti tra i 0-14 anni per il 2010 dovuti all aumento delle nascite registrate dal 1993; - le percentuali più alte sono in corrispondenza delle età centrali sia per l aumento delle nascite dai primi anni 60 a metà degli anni 70 sia per la crescente presenza di immigrati stranieri; - le classi di età sopra i 60 anni sono in aumento, in concordanza con l allungamento della vita media in particolare per le femmine; - le femmine ultraottantenni sono il doppio dei coetanei maschi. età Fig 3-5 Comuni del territorio dell'ausl di Cesena. Piramide età 1991 Femmine Maschi % pop. età Comuni del territorio dell'ausl di Cesena. Piramide età 2000 Femmine Maschi % pop. età Comuni del territorio dell'ausl di Cesena. Piramide età Femmine Maschi

22 Dal 1981 al 2000 la popolazione anziana ( 65 anni) e quella dei grandi anziani (età 75 anni) è aumentata (Fig. 6), mentre contemporaneamente è diminuita quella giovanile (0-14 anni) che, dopo una flessione, dal 1996 al 2000, presenta andamento costante. In particolare i grandi anziani sono più che raddoppiati dal 1981 al 2000 (4.3% vs 9.0%). 25 Fig 6 Comuni del territorio dell'ausl di Cesena: percentuale di anziani, grandi anziani (>=75) e giovani. Anni percentuale anni % popolazione anziana % popolazione giovanile % grandi anziani La maggior percentuale di popolazione anziana si registra nel comune di Verghereto (29.7%), sopra il 20% sono anche i comuni di Sogliano al Rubicone, Bagno di Romagna, Sarsina, Cesena, Montiano e Mercato Saraceno. I comuni più giovani sono invece Borghi e S. Mauro Pascoli. La percentuale di anziani residenti nel territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena è superiore a quella nazionale e 21

23 inferiore a quella regionale, mentre la percentuale di popolazione giovanile è inferiore a quella nazionale e superiore a quella regionale. L indice di dipendenza totale indica il numero di persone in età non attiva (0-14, 65 e oltre) per 100 persone in età attiva (15-64 anni). Tale indice non tiene conto del fatto che l accesso al lavoro in genere è spostato ad età più mature e che l età pensionabile può essere diversa da quella dei 65 anni, pertanto può solo fornire un indicazione relativa dello stato di dipendenza. Dal 1990 al 2000 (Fig.7) si è registrata una crescita (più veloce negli ultimi 3 anni) del numero delle persone non attive rispetto a quelle attive: nel 2000 per 100 persone attive ve ne sono 47 in età non attiva. Fig Comuni del territorio dell'ausl di Cesena: indice di dipendenza totale. Anni indice di dipendenza totale I primi dati del censimento 2001 mettono in luce un altro aspetto relativo al cambiamento della numerosità dei nuclei familiari, vale a dire la riduzione del numero medio di componenti la famiglia, passato da 2,9 a 2,6. anni Indicatori di movimento della popolazione Dal 1982 al 2000 si nota un decremento del saldo naturale (differenza tra il totale dei nati e quello dei morti) che ha portato i morti a superare i nati e un aumento del saldo migratorio (differenza 22

24 tra il totale degli immigrati e degli emigrati) con immigrati che hanno superato gli emigrati. L aumento della popolazione evidenziato in Fig. 2 è quindi dovuto al saldo migratorio positivo che compensa e supera il saldo naturale negativo (Fig. 8). Fig Comuni del territorio dell'ausl di Cesena: saldo naturale e saldo migratorio. Anni Per quanto concerne il tasso grezzo di mortalità (Rapporto tra numero di morti e popolazione residente in un anno) si nota un andamento un poco instabile con tendenza all aumento fino al 1997 ed una sostanziale stabilità dal 1998 al 2000 in concomitanza con l andamento della mortalità. Il tasso grezzo di natalità (Rapporto tra numero di nati e popolazione residente), dopo il calo presentato nel 1993, in cui raggiungeva il suo valore minimo (7.5 per mille) è andato via via crescendo a causa dell aumento delle nascite (fig. 9). I due tassi tendono ad incontrarsi e, se le attuali tendenze verranno rispettate, si avrà in breve un saldo naturale positivo cioè i nati supereranno i morti. Fig. 9 numero si per 1000 ab. 11,0 10,5 10,0 9,5 9,0 8,5 8, saldo naturale saldo migratorio Comuni del territorio dell'ausl di Cesena: tassi grezzi di mortalità e natalità. Anni anni

25 I valori del nostro tasso grezzo di mortalità sono in linea con quelli italiani (9.6 vs 9.9 per mille abitanti) e sono inferiori rispetto a quello della Regione (11.4); per quanto concerne la natalità, il nostro territorio (8.9 per ab.) si colloca in posizione intermedia tra Italia (9.3) ed Emilia Romagna (8.5). Il saldo migratorio è negativo nei comuni di Verghereto, Sarsina, Mercato Saraceno e Sogliano al Rubicone, mentre tale indicatore è positivo a Cesena, S. Mauro Pascoli, Savignano sul Rubicone Cesenatico e Gatteo, dove gli immigrati superano in modo piuttosto consistente gli emigrati. Il tasso grezzo di immigrazione (Rapporto tra numero di immigrati e popolazione residente in un anno) come quello di emigrazione (Rapporto tra numero di emigrati e popolazione residente in un anno) sono andati decrescendo fino al 1991 anno dal quale si è registrata un inversione di tendenza per ambedue gli indicatori (più veloce per il tasso di immigrazione) (fig.10). Il tasso di immigrazione dell intero territorio dei comuni del cesenate è inferiore a quello regionale (28.3 vs 35 per mille abitanti) come pure quello di emigrazione (19 vs 25.2 per mille abitanti). tassi Fig. 10 Comuni del territorio dell'ausl di Cesena: tassi grezzi di immigrazione ed emigrazione. Anni

26 L indice migratorio (costituito dal rapporto fra la differenza tra iscritti e cancellati dall anagrafe e la somma di iscritti e cancellati dall anagrafe in un anno) misura il grado di attrazione o di repulsione di un territorio: più il suo valore è vicino a 1, più l area attrae, più è vicino a 1 più l area allontana. L intero territorio dei comuni del cesenate presenta un indice migratorio, pari a 0.20, superiore a quello medio regionale di Comportamenti riproduttivi e cambiamenti di stato civile Il tasso di fecondità totale esprime il numero medio di figli per donna in età feconda (14-49 anni) e, qualora assuma valore pari a 2.1, assicura la stazionarietà della popolazione. Nel 1994 tale indicatore era, per la provincia di Forlì 3 (1,0), superiore a quello regionale (0.96) e inferiore a quello italiano (1.21). Tab. 2 Indicatori sociali. Istat Anno 1998 Indicatori Provincia Forlì Cesena Regione Emilia Romagna Italia Tasso di fecondità totale per donne (1994) 1,0 0,96 1,21 Tasso IVG per donne in età feconda (15-49 aa) 8,1 10,6 9,5 Tasso di nuzialità (matrimoni per 1000 ab) (1997) 4,5 4,1 4,8 Tasso di separazione (separazioni per 1000 ab) 1,3 1,5 1,1 Tasso di divorzialità (divorzi per 1000 ab) 0,7 0,8 0,6 3 La provincia di Forlì comprendeva nel 1994 il territorio delle province di Forlì-Cesena e Rimini 25

27 Il tasso grezzo di fecondità (rapporto tra nati e donne in età feconda), per i comuni del cesenate considerati nel complesso, è passato dal 32 per 1000 nel 1991 al 37 per mille del 2000, a conferma della tendenza recente all aumento della natalità. Le Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG) delle donne residenti sono 8.1 per 1000 donne in età feconda (15-49 anni), inferiori a quelle di Italia (9.5) e Regione (10.6). Per quanto concerne i matrimoni nella provincia di Forlì Cesena (4.5 per mille) ci si sposa di meno rispetto all Italia (4.8) e di più rispetto alla Regione (4.1). Le separazioni e i divorzi sono più frequenti in Regione, seguono a scalare Provincia e Italia. Queste separazioni coinvolgono figli nel 67.3% dei casi provinciali, nel 61.5% regionali e nel 74.2% italiani. L età media alla separazione è circa 40 anni per i maschi e 37 per le femmine quelle al divorzio rispettivamente 40 e

28 27

29 Nuovi bisogni di salute: Sostenere chi sostiene Introduzione Oggi le famiglie svolgono un importante ruolo nel gestire le attività di cura e sostegno delle persone più fragili (bambini, anziani, portatori di handicap,ecc.), spesso con l aiuto delle reti di vicinato e delle realtà associative presenti sul territorio. Il concetto di cura è ricco di sfaccettature e di implicazioni: cura sono le prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, dei Servizi Sociali, ma sono pure le azioni mosse da affetto, amicizia, solidarietà. Si associa spesso a cura il concetto di dovere : la cura è intesa come onere, responsabilità, impegno morale. Tuttavia essa dovrebbe essere considerata prima di tutto un diritto : ciascuno infatti ha il diritto di essere curato, ma anche quello di curare le persone che ama e alle quali è legato. Riconoscere, promuovere e valorizzare la cura ha e non può non avere implicazioni profonde nelle politiche sociali e del lavoro. Significa progettare gli interventi necessari partendo dalle esigenze delle persone e del contesto relazionale in cui esse sono inserite. I servizi debbono essere organizzati non solo pensando alle persone da curare, ma anche a chi cura o potrebbe essere disponibile a farlo. In tale prospettiva anche l attività volontaria acquista una sua peculiarità, in quanto per essere completamente efficace, non può presentarsi come gesto isolato e occasionale, che, seppur lodevole, rischia la marginalità. Tutti questi aspetti trovano un contesto appropriato nella legge di riforma dell assistenza (11) se ad essa verrà data effettiva e corretta applicazione. Il suo punto di forza è l assunzione di corresponsabilità, con ruoli diversi, ma coordinati e integrati, tra soggetti pubblici e privati (tra i quali hanno massimo rilievo le 28

30 associazioni e le relazioni familiari e di prossimità), nei confronti dei bisogni di sostegno e di cura delle persone. Il riconoscimento della centralità del ruolo svolto dai caregivers (persone che danno aiuto), supportato da adeguati strumenti organizzativi finalizzati all integrazione degli interventi, può costituire un primo e significativo punto di svolta delle politiche assistenziali (12). 29

31 L assistenza all anziano non autosufficiente Se l evidenza demografica aiuta a comprendere come mai il fabbisogno di assistenza alle persone anziane sia cresciuto nel corso degli ultimi decenni, molteplici sono i fattori che hanno contribuito a far si che prestare assistenza in famiglia oggi sia più difficile di un tempo. I familiari sopportano spesso un carico assistenziale improprio e molto pesante, accudendo personalmente i propri parenti anziani nella maggior parte dei casi, mentre in misura minore ci si avvale del supporto di operatori ed istituzioni. Tradizionalmente l assistenza è un attività prestata prevalentemente da donne, in particolare da mogli, figlie e nuore in età compresa tra i 45 e i 70 anni. La crescita del contributo femminile al mercato del lavoro rende, tuttavia, questa disponibilità sempre meno realistica, per almeno due motivi. In primo luogo, nel corso degli ultimi trent anni si è registrata una crescita percentuale di attività femminile, passato tra il 1970 e il 2000 dal 21,8% al 35,8% (dati ISTAT). In secondo luogo, a seguito delle difficoltà economiche del sistema pensionistico, si registra un tendenziale innalzamento del limite dell età pensionabile, con evidenti effetti di riduzione dell offerta potenziale di assistenza proveniente dal segmento femminile della popolazione. Il crescente carico degli impegni assistenziali verso i familiari anziani tende, pertanto, a scontrarsi con l accresciuta partecipazione delle donne al lavoro retribuito, un impegno che, proprio per questa difficoltà di conciliazione, continua a mantenere per molte donne (non sempre per libera scelta) i connotati della marginalità e della stagionalità, della brevità e della discontinuità. Va sottolineato anche un altro aspetto: in un futuro ormai prossimo, in considerazione dell evoluzione strutturale e sociale che 30

32 la famiglia italiana sta vivendo, soprattutto in termini di riduzione del quoziente di natalità, attestato nel 1998 a 1,2 figli per donna (Eurostat 1999), e del numero medio di componenti, sceso nel 1997 a 2,7 componenti (Istat 1999), difficilmente la stessa famiglia potrà continuare a garantire ai futuri anziani un apporto assistenziale adeguato.il numero delle famiglie formate da soli anziani tenderà a crescere e, nell ipotesi di una consistente riduzione del supporto assistenziale informale, la dipendenza dei singoli anziani dalla collettività esterna è destinata ad aumentare. Un altro fattore che caratterizza la realtà italiana è il ridotto numero di anziani ospitati in strutture di ricovero a carattere residenziale. Se questo ridotto ricorso a soluzioni residenziali, da un lato, contribuisce a spiegare il ruolo centrale finora rivestito dalla famiglia nell assistenza all anziano non più autonomo, dall altro, ne costituisce una conseguenza, rendendo evidenti le difficoltà che la stessa famiglia incontra quando, non riuscendo più a sostenere il peso di un carico assistenziale crescente, non può contare su valide soluzioni alternative, anche alla luce dell insufficiente diffusione dei servizi di assistenza domiciliare nel territorio italiano (13, 14). L assistenza formale Tra i vari interventi istituzionali a favore degli anziani vanno ricordate le tradizionali case di riposo, abitate da anziani autosufficienti o parzialmente autosufficienti. Gli ospiti generalmente dispongono di una camera singola o pluriletto con bagno e si rivolgono alla struttura per gli altri servizi assistenziali, ricreativi, sanitari e riabilitativi. La struttura protetta, invece, è abitata da anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti che necessitano della struttura per i servizi assistenziali, ricreativi, sanitari e riabilitativi. In Italia la struttura più diffusa è la casa di riposo, non solo per le persone autosufficienti ma anche per i disabili. Essa, tuttavia, non sembra adeguata ad accogliere anziani non autosufficienti, di età 31

33 molto avanzata e quindi con esigenze assistenziali e sanitarie tali da richiedere l intervento di personale altamente qualificato (14, 15). Altrettanto carente appare l attuale diffusione delle cosiddette residenze sanitarie assistenziali (Rsa), strutture a contenuto misto, sanitario e socio-assistenziale, previste proprio per far fronte alle crescenti esigenze assistenziali provenienti da quegli anziani cui la famiglia non riesce ad assicurare un adeguata assistenza medicoinfermieristica continuativa. Al 1997 risultavano infatti realizzati in tali strutture solo posti letti (16), pari al 17% di quelli originariamente previsti dalla legge finanziaria del Anche per altre forme innovative di intervento, quali l Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), che prevede supporti sociali, psicologici, medici, infermieristici e riabilitativi a domicilio e l Ospedalizzazione Domiciliare (OD), consistente in assistenza infermieristica, visite mediche e consulenze specialistiche sempre a domicilio, si riscontrano a tutt oggi livelli di diffusione molto inferiori alle aspettative. In particolare, a metà degli anni novanta, la prima risultava avviata solamente in 224 realtà locali (17), mentre la seconda esiste in poche unità sperimentali, concentrate nelle più grandi città del Nord Italia (18). Non bisogna, comunque, sottovalutare il fatto che per poter attivare queste forme assistenziali, è indispensabile la disponibilità della famiglia di appartenenza del paziente. Tra le forme di sostegno formalmente previste in Italia per l anziano non autosufficiente, una menzione particolare va alle provvidenze economiche erogate dallo Stato, quali assegni e pensioni di invalidità, corrisposti a persone parzialmente o totalmente inabili e subordinati al reddito percepito dall individuo, nonché le indennità di accompagnamento, svincolate da limiti di reddito e finalizzate al mantenimento dell anziano nel contesto familiare originario. Negli ultimi anni, ai trasferimenti monetari concessi dallo Stato a favore delle persone che assistono anziani non autosufficienti a domicilio, si sono aggiunte forme di contribuzione da parte di Regioni 32

34 e Comuni ( come ad esempio l assegno di cura previsto dalla Regione Emilia-Romagna) (19). Rete dei servizi di assistenza agli anziani nel territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena Nell ambito delle strutture protette presenti sul territorio dell Azienda Sanitaria di Cesena e convenzionate con l Azienda stessa è possibile distinguere diverse tipologie di servizi offerti alla popolazione anziana: le Case Protette sono 15 per un totale di 564 posti letto convenzionati e risultano distribuite omogeneamente nei comuni del territorio (Anno 2000); le Residenze Sanitarie Assistenziali sono 3 per un totale di 64 posti convenzionati per ricoveri ordinari e 6 posti per ricoveri temporanei (Anno 2000); I Centri Diurni sono 3 per un totale di 49 posti (Anno 2000); La lista di attesa per entrare nei Servizi è unica e i tempi di attesa si sono ridotti notevolmente negli ultimi anni. L accesso alla rete dei servizi (Casa protetta, RSA, Centro Diurno, Assegno di cura) viene deciso dall Unità di Valutazione Geriatria (UVG), che analizza le domande di assistenza avanzate dagli anziani e stabilisce il tipo di intervento di cui necessita ogni singolo caso e le priorità. L UVG va intesa come un organo di coordinamento tra l ospedale, il distretto e le unità operative del territorio, dotato di responsabilità tecnica sull andamento e lo smistamento dell assistenza. E composta da un team di professionisti rappresentati da: un medico, preferibilmente geriatra, da un assistente sociale (responsabile del caso), da uno psicologo, da un infermiere professionale, cui si affiancano come collaboratori vari specialisti e possibilmente anche il medico di base del paziente. 33

35 Per quanto riguarda i Servizi Ospedalieri, si sottolinea il problema correlato principalmente con le dimissioni dell anziano e il suo ritorno in un nucleo familiare non sempre preparato ed attrezzato ad affrontare la disabilità e la non autosufficienza insorta o peggiorata. Presso il reparto Lungodegenze è già operativo un protocollo di dimissioni protette che si articola in due percorsi: il primo riguarda i pazienti con bisogni di continuità assistenziale per il rientro a domicilio e prevede anche l acquisizione di presidi ed ausili. Il secondo è rivolto, invece, ai pazienti con bisogno di inserimento in struttura residenziale e prevede la segnalazione all UVG. Gli interventi messi in campo nella realtà cesenate per evitare, se possibile, l ospedalizzazione del paziente anziano (ritenuta un evento traumatico, soprattutto a livello psichico e da proporre solo quando per motivi clinici e sociali non è possibile farne a meno e/o ridurne la durata) sono l Assistenza Domiciliare Programmata (prevede la sola visita medica al paziente non in grado di deambulare), Infermieristica, Integrata (prevede il coinvolgimento di altri operatori oltre al medico di base) e l Ospedalizzazione Diurna (O.D.). Per quanto riguarda i Servizi Sociali sono presenti in maniera capillare sul territorio, con almeno una figura di assistente sociale per ogni comune. I Servizi Sociali rappresentano un accesso particolare per l anziano e la sua famiglia con un percorso individuato dalla legge regionale n.5/94 (20). L assistente sociale si fa carico del caso e attiva i servizi atti ad offrire una risposta adeguata al bisogno rilevato nell anziano. Tra i servizi che possono essere attivati ricordiamo l Assistenza Domiciliare di base (igiene, pulizia, ) di cui i cittadini possono usufruire corrispondendo una quota di compartecipazione che viene stabilita sulla base del reddito. Tale forma di assistenza è prevista anche nell ambito dei piani assistenziali integrati sociosanitari (parte è rimborsata dalla stessa Azienda Sanitaria) e cerca di 34

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