Corte appello Firenze, 9 settembre 2005, sez. I REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE APPELLO DI FIRENZE, SEZIONE I CIVILE

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1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE APPELLO DI FIRENZE, SEZIONE I CIVILE composta dai magistrati: Dott. Giovacchino Massetani Presidente Dott. Bruno Rados relatore Consigliere Dott. Giulio De Simone Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2467/A/2002 del ruolo generale degli affari contenziosi civili e vertente tra: AA, IN PROPRIO E QUALE LEG. RAPPR. DELLA PP A S.R.L., elettivamente domiciliato in Lastra a Signa (FI), Via CC n. 26 int. 7, presso e nello studio dell'avv.to DD che lo rappresenta e difende unitamente all'avv.to EE del Foro di Lamezia Terme, come da delega a margine dell'atto di appello; Appellante E FF S.R.L. (già GG s.r.l., e prima ancora, GG s.p.a.) con sede a Milano C.F. e P. IVA 00, in persona dell'amministratore delegato e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Firenze, Via HHNà 14, presso e nello studio dell'avv.to II che la rappresenta e 1 Giurisprudenza

2 difende unitamente all'avv.to LL e all'avv.to MM del Foro di Milano, come da procura in atti; Appellata e Appellante Incidentale "La causa passava in decisione sulle conclusioni precisate nella udienza del " CONCLUSIONI DELL'APPELLANTE AA: "Voglia l'ecc.ma Corte di Appello di Firenze, in riforma dell'impugnata sentenza: a- in via preliminare, dichiarare l'incompetenza per territorio del Tribunale di Pisa che ha deciso la causa in primo grado; b- sempre in via preliminare dichiarare la carenza di legittimazione attiva della GG s.r.l; c - nel merito, dichiarare infondata in fatto ed in diritto la domanda proposta in primo grado dalla GG s.r.l. poiché quest'ultima non è titolare del diritto fatto valere in giudizio; d - in ogni caso, condannare la GG s.r.l. al pagamento in favore del sig. AA delle spese e competenze anche del giudizio di primo grado; e - in via subordinata ed in caso di rigetto degli altri motivi d'appello, compensare in tutto o in parte ovvero ridurre l'entità dell'importo liquidato in favore della GG s.r.l. a titolo di spese e competenze del giudizio di primo grado; f - condannare l'appellata alla rifusione in favore di entrambi gli appellanti delle spese e delle competenze del presente giudizio." CONCLUSIONI DELL'APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE FF S.R.L.: "Piaccia all'ecc.ma Corte di Appello di Firenze, contrariis reiectis e previa ogni opportuna declaratoria, così giudicare: I)- In via principale: rigettare tutte le domande dell'appellante. 2 Giurisprudenza

3 II) - In via incidentale: previa, occorrendo, riforma della sentenza Trib. Pisa, , n. 873, a)trasferire ai sensi dell'art. 25 co. 3 lett. a) a proprio favore il marchio n. deposito 1797CZ, n. registrazione b)in caso di accoglimento della conclusione d) dell'atto di citazione in appello, estendere a A gli effetti della sentenza di primo grado, per la parte realtiva i) all'accertamento positivo degli illeciti di PP A s.r.l., e ii) all'inibitoria della loro continuazione. III - in via istruttoria: con ogni riserva. V - in ogni caso: con vittoria di spese, diritti ed onorari anche del precedente grado di giudizio, oltre IVA, CIP 2% e rimborso forfettario spese anche ex art. 15 TP." SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il la GG s.r.l., conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Pisa, A, in proprio e quale legale rappresentante della PP A s.r.l. con sede in Lamezia Terme, esponendo che fin dall'agosto 1997 era titolare del nome a dominio utilizzato per contraddistinguere il proprio sito web; che la registrazione del "domain name" era avvenuta sulla base del consolidato suo diritto di esclusiva sul marchio GG di uso a partire dal 1920 e di registrazione nel 1947; che con lettera del , indirizzata ad essa attrice e alla RR dei domini italiani su Internet la PP A s.r.l. aveva diffidato la prima dall'utilizzo, diffusione e pubblicazione del marchio di cui si dichiarava proprietaria a seguito di deposito di domanda di registrazione in data 17 giugno1997; che in particolare la PP aveva invitato la RR a verificare la regolarità dell'assegnazione all'attrice del menzionato "domain name" ed a procedere alla revoca della stessa, chiedendo inoltre alla GG il risarcimento danni; che l'iniziativa della PP era stata bloccata con l'ottenimento, in sede cautelare, dell'ordinanza con cui il G.I. aveva inibito qualsiasi uso diretto o indiretto del marchio depositato da PP. Assumendo che il comportamento di parte convenuta configurava un illecito in materia di marchi e di concorrenza sleale, chiedeva: a) l'accertamento negativo degli illeciti attribuitile dalla PP; b) l'accertamento positivo degli atti di contraffazione del marchio e di concorrenza sleale commessi da parte convenuta; c) l'emanazione della consequenziale condanna al risarcimento danni e la pubblicazione della emananda sentenza. 3 Giurisprudenza

4 Si costituiva in giudizio il A, in proprio e quale legale rappresentante della PP A s.r.l, eccependo preliminarmente l'incompetenza per territorio del Tribunale pisano per essere competente ex art.56 legge sui marchi, il Tribunale di Lamezia Terme quale domicilio di parte convenuta; eccepiva quindi la carenza di legittimazione attiva in capo alla GG s.r.l. perché titolare del marchio d'impresa era la GG S.p.A., nonché la carenza di legittimazione passiva del A in proprio; contestava infine la fondatezza nel merito delle domande attrici, spiegando in via riconvenzionale domande reintegratorie e di risarcimento danni. Quindi, all'esito dell'istruzione concretatasi nella sola produzione di documenti, con sentenza in data il Tribunale pisano in composizione monocratica: 1) dichiarava che GG s.r.l. era titolare esclusiva dei diritti di utilizzazione del marchio "GG"; 2) dichiarava che la registrazione e l'utilizzazione da parte dell'attrice del domain name non costituiva attività di contraffazione o comunque illecita; 3) accertata la natura contraffattoria e di illecito concorrenziale dell'uso, da parte della s.r.l.pp, del marchio inibiva alla medesima l'uso commerciale diretto o indiretto di tale marchio e di ogni altro segno distintivo comunque contenente il nome GG anche mediante utilizzo in pagine web e siti Internet; 4) rigettava le altre domande attrici e le riconvenzionali della convenuta; 5) dichiarava compensate le spese del giudizio nei confronti del A in proprio per non aver l'attrice addotto alcun elemento di prova a sostegno del coinvolgimento personale del medesimo; 6) dichiarava compensate per un quarto le spese del giudizio fra l'attrice e la PP s.r.l., che liquidava per l'intero in complessivi euro ,60=, di cui euro ,26= per onorari ed euro 2.890,70= per diritti. Il primo giudice respingeva l'eccezione di incompetenza territoriale sotto il profilo che gli atti di contraffazione e di concorrenza sleale addebitati alla PP si erano concretati nelle sollecitazioni dalla stessa effettuate nei confronti della RR, avente sede in SS (PI) e, inoltre, che la domanda di accertamento negativo degli illeciti avanzata dalla GG in ordine agli illeciti attribuitile dalla PP si sarebbero parimenti realizzati in Pisa. Infondata era da ritenersi inoltre l'eccezione di "carenza di legittimazione attiva" dell'attrice, irrilevante essendo che quest'ultima si era trasformata da S.p.A in s.r.l. Quanto al merito, posto che il domain name, ove utilizzato da un imprenditore, diventa un segno distintivo dell'impresa suscettibile di entrare in conflitto con altri segni distintivi, il Tribunale riteneva sussistere gli illeciti addebitati alla PP sia sotto il profilo della pedissequa imitazione del "cuore" del marchio attoreo ("GG") dotato di particolare forza e notorietà, sia sotto il profilo della interferenza giuridica fra l'attività svolta rispettivamente dall'attrice (che operava nel settore degli apparecchi per impianti igienici e sanitari) e dalla convenuta 4 Giurisprudenza

5 (consistente, fra l'altro, nel commercio all'ingrosso e al dettaglio di articoli per impianti idraulici, igienici, accessori per bagno, ecc.). In particolare, il primo giudice respingeva siccome non provata la domanda di risarcimento danni proposta dalla GG s.r.l., nonché quella avanzata dalla medesima in atto di citazione per la registrazione del marchio ex artt.25.2 lett. e) ovvero ex art.25.3lett.a) della legge sui marchi perché ciò presupponeva una registrazione già avvenuta ovvero il passaggio in giudicato della sentenza accertante il diritto alla registrazione: in ogni caso tale domanda non era stata ripetuta in sede di precisazione delle conclusioni. Contro tale sentenza propone appello A, in proprio e quale legale rappresentante della PP A s.r.l., chiedendone la riforma nei sensi di cui in epigrafe sulla base dei seguenti motivi: 1)il primo giudice ha errato nel respingere l'eccezione di incompetenza territoriale, nessun rilievo presentando, ai fini dello spostamento dal foro di Lamezia Terme quale domicilio del convenuto ex art. 56 legge sui marchi, il tentativo di controparte di invocare il criterio del "forum commissi delicti" e di individuare quali asseriti atti illeciti lesivi dei suoi diritti le comunicazioni inoltrate dalla PP alla RR, avente sede in SS (PI), la quale non ha alcun potere decisorio, ma solo funzioni di mero accertamento e di controllo; 2)errato è altresì il rigetto dell'eccezione di carenza di legittimazione attiva della GG, non essendovi traccia in atti del fatto, dato per scontato dal Tribunale, che la GG S.p.A si sia trasformata in s.r.l.; 3)la sentenza impugnata è inoltre errata nell'accogliere nel merito la domanda proposta dall'attrice, la quale non ha fornito la prova di essere titolare del diritto dedotto in giudizio, ovverosia del marchio di cui ha chiestola tutela, per le ragioni esposte al numero precedente; 4)altro grave errore del primo giudice concerne il governo delle spese di lite, in primo luogo per la integrale compensazione delle stesse nei confronti del A in proprio nonostante abbia ritenuto che il comportamento di costui, costretto a costituirsi in giudizio affrontando notevoli spese, fosse esente da qualsiasi censura; in secondo luogo per aver quantificato in misura esorbitante l'importo delle spese in questione a carico della PP s.r.l., tenuto conto del valore della causa e dell'esaurirsi della stessa in sole quattro udienze e senza alcuna attività istruttoria. Si è costituita la appellata FF s.r.l. (già GG S.p.A. e quindi GG s.r.l.) chiedendo il rigetto della impugnazione siccome infondata e spiegando a sua volta appello incidentale per ottenere, in parziale riforma della sentenza impugnata, l'accoglimento della domanda da essa proposta ex art.25 l. m. nonché - in via subordinata e per l'ipotesi che sia accolto l'appello avversario per la condanna della GG a rifondere le spese processuali di primo al A in proprio - l'estensione a quest'ultimo della pronuncia emessa (anche in punto rimborso spese del giudizio) nei confronti della PP s.r.l. 5 Giurisprudenza

6 Quindi, sulle conclusioni riportate in epigrafe, all'udienza del , concessi alle parti i termini ex art. 190 c.p.c. per ulteriori memorie scritte, la Corte ha trattenuto la causa in decisione, deliberando all'udienza camerale del 22 marzo MOTIVI DELLA DECISIONE L'appello principale è fondato limitatamente alla parte dell'ultimo motivo che concerne la quantificazione delle spese processuali liquidate a carico della PP A s.r.l. Tutte le altre doglianze, che riproducono in sostanza eccezioni e deduzioni già confutate dal primo giudice, sono infondate. Correttamente infatti il Tribunale pisano ha disatteso l'eccezione di incompetenza territoriale ritenendosi competente sotto il profilo del "forum commissi delicti" ex art.57 l.m. A tal riguardo non giova a parte appellante rilevare che la RR ha solo funzioni di accertamento e di controllo, senza alcun potere decisorio sulle situazioni giuridiche dei soggetti interessati. Ciò non esclude infatti il carattere illecito dell'attività svolta dalla PP A s.r.l. nel circondario pisano, articolatasi in primo luogo nella registrazione del nome di dominio nonostante la notorietà del marchio d'impresa GG e, quindi, negli ostacoli frapposti alla TT nella registrazione del nome di dominio corrispondente al proprio marchio d''impresa. Invero, l'assegnazione in uso dei domain names è sostanzialmente automatica perché la RA si limita ad effettuare controlli di natura tecnica sulla completezza delle domande, senza entrare nel merito, salvo il divieto di registrazione dei nomi di dominio riservati, assegnabili solo a soggetti determinati. Il criterio fondamentale è quello del first come first served (chi chiede la registrazione di un domain name può ottenerla, sempre che il second level non coincida con altro già registrato): un segno può essere utilizzato come domain name quando abbia avuto esito negativo la ricerca di anteriorità identiche condotte dalla RA esclusivamente sui domain names già registrati, senza cioè che l'esame si estenda al confronto con antecedenti registrazioni del medesimo segno come marchio (v. Trib. Genova 18 dicembre 2000: «Tra i compiti della RR non rientra quello di verificare l'eventuale conflitto tra il domain name e la disciplina relativa ai marchi e agli altri segni distintivi»). Le regole di naming non si occupano del rapporto tra domain name e marchio e ".. pertanto l'interferenza tra domain name e nomi o marchi prescinde totalmente dalla registrazione: la procedura prevista dalle regole di naming tuttora non assicura un idoneo filtro a tutela dei segni distintivi dell'imprenditore..." (v. TRIB. NA sentenza ). Ne consegue che, se anche - secondo quanto ritenuto in giurisprudenza - la pur regolare registrazione è inidonea a conferire diritti di sorta (v. Trib. Cagliari 25 febbraio 2000 ; Trib. Vicenza 6 luglio 1998; Trib. Roma 2 agosto 1997), non è peraltro dubbio che, in base a 6 Giurisprudenza

7 quanto sopra esposto, non solo le "comunicazioni" (aventi carattere di diffida) inoltrate dalla PP alla concorrente TT ed alla R.A., avente sede nel circondario di Pisa, costituiscono un atto preparatorio alla contraffazione del marchio, ma l'illecito perpretato dalla medesima con la registrazione (parassitaria) del proprio domain name ottenuta dalla R.A. costituiscono attività illecite (anche ai sensi dell'art.1598 c.c.) idonee a radicare la competenza territoriale del giudice adìto. Infondato e pretestuoso è il secondo motivo di gravame concernente la pretesa "carenza di legittimazione attiva" della odierna appellata-appellante incidentale. Va qui precisato che nella specie si tratta dell'accertamento della estraneità del convenuto al rapporto giuridico dedotto in giudizio, che non involge una questione di legittimazione ad causam, ma si risolve in una questione di merito. Non è infatti nella specie questione di "legitimatio ad causam' della TT ma solo, nel merito, della titolarità in capo alla medesima del diritto da essa fatto valere in giudizio. Invero è principio consolidato che" la legittimazione ad agire consiste nella titolarità del potere e del dovere - rispettivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva - di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta dall'attore, indipendentemente dalla effettiva titolarità, dal lato attivo o passivo, del rapporto stesso. Quando, invece, le parti controvertono sulla effettiva titolarità, in capo al convenuto, della situazione dedotta in giudizio, ossia sull'accertamento di una situazione di fatto favorevole all'accoglimento o al rigetto della domanda attrice, la relativa questione non attiene, alla legitimatio ad causam, ma al merito della controversia "(Cassazione civile, sez. III, 28 ottobre 2002, n ; Cassazione civile, sez. III, 7 dicembre 2000, n ; Cassazione civile, sez. I, 24 luglio 1997, n. 6916). La questione relativa alla legittimazione, pertanto, si distingue nettamente dall'accertamento in concreto che l'attore e il convenuto siano, dal lato attivo e passivo, effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio (v. Cassazione civile, sez. lav., 13 maggio 2000, n. 6160). Tanto premesso, si osserva ancora che, sulla base della documentazione prodotta in questo grado del giudizio dalla TT - ammissibilmente: (v. per tutte, da ultimo, Cass. sez. I n. 60; Cass. sez. II n. 4765:" il divieto di ammissione di nuove prove in grado di appello, stabilito dall'art. 345 c.p.c., nel testo modificato dall'art. 52 l. 26 novembre 1990 n. 353, si riferisce esclusivamente alle prove costituende, e quindi non riguarda i documenti che, in quanto prove precostituite, possono essere prodotti anche in secondo grado") - risulta che in data 4 giugno 1998 la GG S.p.A si è trasformata in GG s.r.l. (v. doc. 19, pag.45) e quindi, il 31 dicembre 2000, ha modificato la propria denominazione in FF s.r.l.(doc. cit., pag.75): tali trasformazioni non incidono ai sensi dell'art.2498 c.c sulla titolarità dei diritti e degli obblighi facenti capo alla società appellata. Col terzo motivo gli appellanti censurano l'accoglimento nel merito della domanda avanzata dalla TT sotto l'unico profilo - che reitera in sostanza la doglianza di cui al secondo motivo già confutata per le ragioni sopra esposte - che detta società "..non ha fornito la prova di 7 Giurisprudenza

8 essere titolare del rapporto dedotto in giudizio, ovverosia del marchio di cui ha chiesto la tutela.." Ne consegue che non è stato oggetto di impugnazione il merito in senso stretto, vale a dire che, secondo quanto non impugnativamente ritenuto dal primo giudice: la TT è titolare esclusiva del marchio d'impresa "GG", da essa utilizzato fin dal 1920 e registrato nel 1947; tale marchio - il cui "cuore" (le parole "GG") possiede una particolare forza per il suo prescindere da ogni richiamo ai prodotti cui attiene - risulta ampiamente pubblicizzato ed ha acquistato una consolidata notorietà, anche fuori del settore specialistico, nel campo dei sanitari ed accessori per bagno; l'utilizzazione del nome di dominio da parte della PP s.r.l. costituisce contraffazione del marchio omonimo della società appellata, attesa la interferenza giuridica fra l'attività svolta rispettivamente dalla TT (che opera nel settore degli apparecchi per impianti igienici e sanitari) e della stessa PP (consistente, fra l'altro, nel commercio all'ingrosso e al dettaglio di articoli per impianti idraulici, igienici, accessori per bagno, ecc.). Costituisce così principio ormai consolidato della giurisprudenza di merito che «per la sua capacità di identificare l'utilizzatore del sito web ed i servizi di varia natura da essi offerti al pubblico, il domain name assume le caratteristiche e la funzione di un vero e proprio segno distintivo, che può dar luogo a problemi sul piano della tutela della proprietà intellettuale, potendosi verificare casi di confusione con i segni distintivi di altre imprese, anche non presenti sulla rete Internet» (v. TRIB. NAPOLI sentenza ; Trib. Napoli 24 marzo 1999). Il "domain name" può reputarsi come segno distintivo ove utilizzato da un imprenditore, suscettibile di entrare in conflitto oltre che con altri "domain names" eventualmente simili, anche con altri segni tipici quali il marchio e, nel caso di conflitto, può chiedersi l'inibitoria prevista dall'art. 63 l. marchi (v.tribunale Roma, 9 marzo 2000, secondo il quale il "domaiun name" registrato presso la "Italian RR" costituisce segno distintivo dell'impresa). Il "domain name" può invero essere qualificato come "un segno distintivo" del contenuto di un sito internet (c.d. "segno distintivo atipico") e pertanto deve essere assoggettato alla disciplina legale dei segni distintivi, dal momento che anche attraverso l'utilizzo di un determinato "domain name" è possibile svolgere attività di concorrenza sleale e generare confusione nel mercato dei consumatori (v. Tribunale Teramo, 5 novembre 2002). Pertanto è senz'altro illecito l'uso di un "domain name" confondibile con un segno distintivo altrui anteriore (v. Trib. Milano 7 agosto 2001). La registrazione dei siti, effettuata dalla TT (R.A.) italiana, si regge sul principio, meramente cronologico, first come first served: chi chiede la registrazione di un domain name può 8 Giurisprudenza

9 ottenerla, sempre che il second level non coincida con altro già registrato (per ragioni tecniche il domain name può essere assegnato una sola volta), mentre la R.A. svolge esclusivamente un controllo tecnico, cui è estraneo il giudizio di corrispondenza con altri nomi commerciali anteriori per cui la pur regolare registrazione è inidonea a conferire diritti di sorta; pertanto l'uso di un domain name pur correttamente attribuito dal punto di vista tecnico può ben integrare gli estremi - a seconda dei casi - della lesione del diritto al nome, o della concorrenza sleale, o della legge marchi (Tribunale Napoli 26 febbraio 2002; Tribunale Firenze, 7 giugno 2001). Il "domain name" ha doppia natura tecnica - di indirizzo delle risorse logiche della rete Internet e distintiva. in quanto segno distintivo - costituito dalla parte caratterizzante il nome di dominio denominata "Second Level Domain" - può entrare in conflitto con altri segni in applicazione del principio dell'unitarietà dei segni distintivi statuito dall'art. 13 legge marchi. La risoluzione del conflitto tra segni distintivi deve avvenire in base alla normativa statuale interna e comunitaria che prevale sulle regole di assegnazione dei nomi di dominio Internet (c.d. regole di Naming) aventi esclusiva natura privatistica e, pertanto, non idonee ad incidere sui diritti dei terzi. La pratica confusoria illecita nota come "domain grabbing", consistente nella registrazione, presso la "UU", del marchio altrui come nome di dominio, al solo fine di appropriarsi della notorietà del segno, costituisce in sè e per sè atto di contraffazione - censurabile ai sensi degli art. 1, n. 1, lett. c), 13, comma 2 e 17 legge marchi - anche prescindendo dall'uso effettivo del nome di dominio - e con riferimento al marchio rinomato, dai criteri di specialità e territorialità - in quanto attività idonea ad impedire in modo assoluto al titolare del marchio l'utilizzo in Internet come nuovo ed ulteriore segno distintivo. L'utilizzo del marchio altrui come nome di dominio deve essere, pertanto, inibito. Così pure deve accogliersi la pronuncia di condanna generica a favore del titolare del marchio, non potendosi escludere in via di principio che l'ostacolo frapposto da parte del soggetto non legittimato al titolare del marchio nella registrazione di un proprio nome di dominio sia fonte di pregiudizio economico (Tribunale Parma, 26 febbraio 2001, in Riv. dir. ind. 2002, II, 350). Infondato è anche l'ultimo motivo nella parte in cui si censura la avvenuta integrale compensazione delle spese del giudizio di primo grado nei confronti del A in proprio: ciò sia per il fatto, non contestatamente riferito da controparte, che detto A è socio ed amministratore unico della PP s.r.l., sia perché lo stesso si è avvalso (e continua ad avvalersi in questo grado del giudizio) dell'operato degli stessi difensori che hanno resistito in giudizio per la PP s.r.l., di modo che rimane più che giustificata la compensazione disposta dal Tribunale. Si prospetta invece fondata la doglianza di eccessività dell'importo liquidato per spese processuali a carico della PP s.r.l. Posto infatti che il primo giudice non ha, neanche implicitamente, ritenuto trattarsi di causa di particolare importanza giustificante l'aumento di cui all'art.4 della Tariffa, pur volendo ascrivere la liquidazione anche alla precedente fase cautelare, gli onorari liquidati per l'intero in euro ,26= appaiono eccedenti i limiti dello scaglione previsto per le cause di valore indeterminato, tenuto conto che il giudizio di primo grado di è esaurito in quattro udienze senza espletamento di attività istruttoria. Al riguardo, in difetto di notula (non rinvenuta nel fascicolo di parte della TT), si liquida come adeguata la 9 Giurisprudenza

10 somma di euro 7.500,00=, di modo che, in parziale riforma della sentenza impugnata, le spese gravanti sulla PP vanno liquidate per l'intero in complessivi euro ,68=, di cui euro 7.500,00= per onorari ed euro 2890,70= per diritti. Infondato è anche l'appello incidentale proposto dalla TT in ordine al mancato accoglimento della domanda di trasferimento della registrazione del marchio Al di là delle altre considerazioni del primo giudice, è infatti assorbente e decisivo il rilievo che tale domanda, avanzata in atto di citazione e non più riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, deve ritenersi rinunciata; anzi, a ben vedere, non è dato ravvisare alcuna chiara e formale domanda al riguardo, dal momento che essa non è presente non solo nelle conclusioni definitive, ma neanche in quelle dell'atto di citazione, essendo contenuta - come prospettiva di intenti non più attuata - nella narrativa dell'atto di citazione, ove al punto 10.2 è scritto che "..la società esponente intende assumere a proprio nome la domanda di registrazione del marchio depositato da PP ovvero.. ottenere il trasferimento dell'attestato di registrazione qualora nelle more del procedimenti di merito la registrazione sia già avvenuta..". In tale situazione, nessun rilievo a favore dell'ammissibilità della domanda in esame possono avere le ragioni di economia processuale, di per sé apprezzabili, cui si richiama la TT. Tenuto conto della parziale soccombenza della TT relativamente al mancato accoglimento del suo appello incidentale, avente peraltro rilievo marginale, ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti nella misura di un quarto anche le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo, gravando il residuo in solido sugli appellanti principali, prevalentemente soccombenti. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunziando: a) rigetta l'appello incidentale proposto dalla FF s.r.l. contro la sentenza del Tribunale di Pisa in data 4 giugno - 9 agosto 2002 e, in parziale riforma della stessa e in accoglimento dell'appello principale proposto da A, in proprio e quale legale rappresentante della PP A s.r.l., liquida per l'intero le spese processuali di primo grado gravanti sulla PP A s.r.l. nella minor somma di complessivi euro ,68=, di cui euro 7.500,00= per onorari ed euro 2890,70= per diritti; b) conferma nel resto la sentenza impugnata; c) dichiara compensate fra le parti nella misura di un quarto le spese ulteriori del giudizio, che si liquidano per l'intero in complessivi euro ,20=, di cui euro 7.870,00= per onorari ed 10 Giurisprudenza

11 euro 2.202,00= per diritti e condanna la PP A s.r.l. e A in solido a rimborsare alla FF s.r.l il residuo, pari ad euro 8.309,40=, oltre IVA e CAP. Firenze, 22 marzo 2005 Il Consigliere estensore Il Presidente Depositata in cancelleria il col n Giudice Bruno Rados 11 Giurisprudenza

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