Istituzioni di Fisica Nucleare e Subnucleare

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1 Istituzioni di Fisica Nucleare e Subnucleare Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo Universitá di Roma Tor Vergata Lezione 5 A.A Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

2 Interazione radiazione-materia In questa lezione descriveremo i principali processi che avvengono nell interazione della radiazione con la materia e le tecniche sperimentali per rivelarle. Con il termine di radiazione indichiamo sia particelle cariche (elettroni, protoni, ecc.) che neutre (fotoni, neutroni, ecc.) con energie superiori al kev. Lo studio di questi processi d interazione radiazione-materia è di fondamentale importanza perchè essi sono alla base dei metodi di rivelazione delle particelle e sono quindi necessari per comprendere il funzionamento di rivelatori ed esperimenti. Possiamo dividere la trattazione in due categorie: 1) Interazione di particelle cariche: Perdita di energia per ionizzazione; Perdita di energia per radiazione (Cherenkov, radiazione di frenamento); Multiplo scattering. 2) Interazione di particelle neutre: Fotoni Effetto fotoelettrico; Effetto Compton; Produzione di coppie. Neutroni Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

3 Interazione di particelle cariche pesanti Una particella carica pesante (escluso elettroni e positroni) veloce che si muove in un mezzo materiale perde energia quasi con continuità e viene lievemente deflessa dalla sua direzione iniziale. Questi due effetti sono il risultato di due tipi di collisioni: (i) Collisioni inelastiche con gli elettroni atomici del materiale, in particolare con quelli più esterni; queste collisioni danno luogo a ionizzazione e/o eccitazione degli atomi del mezzo; un atomo eccitato si diseccita emettendo uno o più fotoni. Queste collisioni sono la fonte principale della perdita di energia della particella incidente carica. (ii) Collisioni elastiche con i nuclei. Queste collisioni sono meno frequenti; non portano a perdita di energia, ma a variazione della direzione della particella incidente. Le collisioni descritte in (i) e (ii) avvengono statisticamente un numero elevatissimo di volte per unità di percorso della particella. La perdita di energia in ogni collisione è una piccolissima frazione dell energia cinetica totale della particella incidente. Siccome però il numero delle collisioni in un mezzo denso è molto grande, ne risulta una perdita di energia che, per particelle veloci, è dell ordine di 2 MeV per ogni cm percorso in un mezzo con la densità dell acqua. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

4 Formula di Bethe-Bloch Un approssimazione molto buona dell andamento della perdita di energia per unità di percorso, dovuta a ionizzazione ed eccitazione, è data dalla formula di Bethe-Bloch: Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

5 Formula di Bethe-Bloch Cerchiamo di evidenziare le dipendenze principali di questa formula. Possiamo dire che la perdita di energia per ionizzazione ha questo andamento: de dx z2 ρ 1 β 2 ln(βγ) E quindi proporzionale alla carica al quadrato z 2 della particella e alla densità del mezzo. Riguardo l andamento con la velocità della particella, abbiamo che: 1) Ad energie non relativistiche, il fattore 1 β 2 domina e la perdita di energia per ionizzazione ha un andamento decrescente. La decrescita termina ad un valore di circa v 0.96c; 2) La perdita di energia raggiunge quindi un minimo, detto punto di minima ionizzazione, a questo valore di velocità. Particelle di questa energia sono dette particelle al minimo di ionizzazione. Si può notare che il valore del minimo di ionizzazione è praticamente lo stesso per tutte le particelle con la stessa carica. 3) Al crescere ulteriormente dell energia, il termine 1 β 2 diventa meno importante ed inizia una risalita dominata dal termine ln(βγ). Questo fase della curva è detta risalita relativistica. La risalita è attenuata dalla correzione di densità. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

6 Formula di Bethe-Bloch Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

7 Curva di Bragg Dall andamento della formula di Bethe-Bloch si capisce che una particella rilascia tanta più energia nella materia, quanto più rallenta e si avvicina a fine corsa. Infatti, molta più energia per unità di lunghezza viene deposita alla fine del cammino piuttosto che all inizio. Questo effetto è ben chiaro nell immagine, che mostra la quantità di ionizzazione creata da una particella pesante in funzione del suo percorso, che via via rallenta. Questa curva è detta Curva di Bragg, che ha il picco vicino alla fine della traiettoria. Questo comportamento è molto usato per applicazioni mediche, dove si vuole rilasciare una grande quantità di energia in un determinato punto per distruggere un tessuto maligno senza danneggiare i tessuti circostanti. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

8 Perdita di energia per radiazione Cherenkov La radiazione Cherenkov compare quando un particella in un mezzo si muove più rapidamente di quanto faccia la luce nello stesso mezzo. La velocità della luce in un mezzo è data da: βc = v = c/n dove n è l indice di rifrazione del mezzo. Una particella che emetta luce Cherenkov deve avere quindi una velocità : v part > c/n In questo caso, si forma un onda elettromagnetica d urto. Il fronte d onda coerente ha forma conica ed è emesso ad un angolo: cos θ = 1/βn rispetto alla traiettoria della particella. In generale, vengono irradiati fotoni con uno spettro di energie continuo. L energia persa per effetto Cherenkov è rilevante solo ad energie relativistiche, ed è già inclusa nella formula di Bethe-Bloch. Anche a queste velocità, comunque, la perdita di energia è relativamente bassa. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

9 Perdita di energia per radiazione Cherenkov La dipendenza dell angolo di emissione del cono dalla velocità della particella è utilizzata per costruire i rivelatori Cherenkov (che vedremo dopo). Questi rivelatori forniscono le migliori misure di velocità disponibili. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

10 Perdita di energia di elettroni e positroni Come le particelle pesanti, anche quelle leggere perdono energia per ionizzazione. Però, a causa della loro piccola massa, un altro meccanismo di perdita di energia diventa importante: l emissione di radiazione elettromagnetica nell urto con il campo elettrico di un nucleo. Questa radiazione è detta di frenamento o bremsstrahlung. Classicamente questa radiazione proviene dall accelerazione di un elettrone quando è deviato dalla traiettoria diritta a causa dell interazione con il campo di un nucleo. Al crescere dell energia, la probabilità di emissione di bremsstrahlung diventa molto grande, e le perdite di energia per frenamento superano quelle per ionizzazione. L energia a cui le due si equivalgono è detta energia critica. Avremo quindi che: ( de dx ) tot = ( de dx ) ioniz per elettroni e positroni. Roberta Sparvoli + ( ) de dx radiaz Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

11 Bremsstrahlung In pratica, elettroni e positroni sono le sole particelle che risentono fortemente di perdita di energia per radiazione. Questo si capisce se si calcola la sezione d urto per bremsstrahlung. Si trova che: ( ) e σ re = mc 2 ed è quindi inversamente proporzionale al quadrato della massa. Le perdite di elettroni nei muoni, le seconde particelle più leggere dopo gli elettroni (m = 106 MeV), sono circa volte più piccole di quelle degli elettroni! Si può ricavare che la perdita di energia per unità di percorso è : dove N a =numero di atomi cm 3 = ρ N A /A, dove N A è il numero di Avogadro. Il termine logaritmico ha origine dallo screening del nucleo da parte degli elettroni atomici e quindi la sezione d urto è limitata. Si vede quindi che la perdita di energia per radiazione di elettroni cresce linearmente con l energia. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

12 Energia critica Abbiamo detto che l energia critica E c è definita come: ( ) ( ) de de = per E = E c dx dx ioniz radiaz Al di sopra di questa energia, le perdite di energia per radiazione superano quelle per ionizzazione, e viceversa. Ciò non dovrebbe sorprendere, perchè la sezione d urto per radiazione cresce linearmente con l energia. Una formula approssimata per l energia critica è data dalla formula di Bethe e Heitler: E c 1600 m ec 2, Z dove m e c 2 è la massa dell elettrone e Z e il numero atomico del materiale. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

13 Lunghezza di radiazione Per energie molto superiori all energia critica, la perdita di energia per radiazione è praticamente l unica da considerare. In questa situazione, integrando la perdita di energia per radiazione trovata prima, possiamo scrivere: ( ) x E = E 0 exp dove E 0 è l energia iniziale ed E è l energia dopo uno spessore x di materiale. La lunghezza di radiazione L rad definisce la distanza oltre la quale l energia dell elettrone è calata di un fattore 1/e a causa delle perdite per radiazione. L utilità di L rad diventa evidente se si esprime lo spessore x del materiale in unità di L rad. Avremo quindi uno spessore t, espresso in lunghezze di radiazione. La perdita di energia per radiazione diventa: L rad (de/dt) E 0 Le perdite di energia per radiazione, se espresse in termini di lunghezze di radiazione, sono indipendenti dal tipo di materiale. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

14 Scattering multiplo Oltre alle collisioni anelastiche con gli elettroni del mezzo, una particella carica può avere urti elastici con i nuclei, sebbene con probabilità inferiore. Una particella può subire un solo scattering, ma può anche fare molti scattering coulombiani (la sezione d urto cresce rapidamente quando gli angoli di scattering diminuiscono). La particella può lasciare il materiale dopo aver fatto molte collisioni a piccolo angolo: è questo lo scattering multiplo. Siccome ogni piccolo scattering individuale è un processo casuale, ci aspettiamo che l angolo medio di scattering di particelle che attraversano il materiale sia 0, ma in generale il valore quadratico medio non è pari a zero. Si può calcolare che questo valore quadratico medio vale approssimativamente: ( ( )) 20 MeV /c x x < θ2 > = z ln, pβ L rad L rad dove x è lo spessore del materiale, z è la carica della particella e p il suo momento. Vediamo quindi che lo scattering multiplo aumenta con la z della particella e diminuisce al crescere della sua energia. L effetto cumulativo di piccole deflessioni angolari porta ad una deflessione netta della particella dalla sua direzione iniziale. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

15 Interazione di fotoni Il comportamento dei fotoni nella materia è molto differente da quello delle particelle cariche. I fotoni non sono soggetti alle molte collisioni inelastiche con gli elettroni atomici. Le principali interazioni dei fotoni sono l effetto fotoelettrico, la diffusione Compton e la creazione di coppie. In generale i fotoni sono più penetranti (nella materia) delle particelle cariche; un fascio di fotoni non viene degradato in energia, ma viene attenuato in intensità secondo la formula: I (x) = I (0) e µx dove µ è il coefficiente di assorbimento per i fotoni: µ = N a σ = σn A ρ/a dove N A = numero di Avogadro, ρ = massa specifica del mezzo, A = peso molecolare o atomico, N a = densità degli atomi, σ = sezione d urto totale, che somma le tre sezioni d urto per i processi sopra nominati. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

16 Effetto fotoelettrico Nell effetto fotoelettrico un fotone è assorbito da un elettrone atomico con la conseguente emissione dell elettrone, γe e. Per conservare l impulso, l effetto fotoelettrico può avvenire solo con elettroni legati; il resto dell atomo rincula. L energia dell elettrone uscente è data da E e = hν E.L., dove E.L. è l energia di legame dell elettrone. La figura mostra la sezione d urto dell effetto fotoelettrico in funzione dell energia nel caso del Pb. La sezione d urto decresce fortemente con l aumentare dell energia e diventa molto piccola per energie superiori ai 100 kev. Notare la serie di picchi corrispondenti all energia di ionizzazione degli elettroni della K-shell e alle shell di ordine più elevato: L, M. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

17 Effetto Compton Nell effetto Compton si ha l urto elastico di un fotone su di un elettrone, γe γe. Gli elettroni della materia sono elettroni legati; se il fotone incidente ha un energia molto superiore all energia di legame degli elettroni, questi possono essere considerati come liberi. La cinematica dell urto Compton fornisce per l energia del fotone dopo l urto, hν, la seguente espressione: hν = hν 1 + Γ(1 cosθ) con Γ = hν/m e c 2 e θ angolo di scattering del fotone. La sezione d urto per effetto Compton è calcolabile nell elettrodinamica quantistica (formula di Klein-Nishina): dove r e è il raggio classico dell elettrone. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

18 Effetto Compton L integrazione della formula di Klein-Nishina dà la sezione d urto totale Compton illustrata nella figura. La sezione d urto si può scomporre in due termini: il primo è la sezione d urto d assorbimento σ a, che è proporzionale all energia media trasferita all elettrone di rinculo, mentre il secondo è la sezione d urto di scattering σ s, proporzionale alla frazione di energia totale del fotone diffuso. Notare che tale processo è dominante nella regione fra qualche MeV per il Pb. Come si vede la sezione d urto complessiva per effetto Compton decresce all aumentare dell energia del fotone. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

19 Creazione (produzione) di coppie Nella creazione di coppie un fotone si trasforma in una coppia e + e : γ + Z Z + e + + e, dove Z è in genere un nucleo atomico o un elettrone. La reazione ha un energia di soglia di 2m e c 2 = MeV. La sezione d urto per creazione di coppie cresce rapidamente all aumentare dell energia dei fotoni incidenti, divenendo ad alte energie l unico processo efficace per l assorbimento dei fotoni. Nella figura è riportata la sezione d urto di produzione di coppie per il piombo. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

20 Sezione d urto totale per fotoni Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

21 Sciami elettromagnetici Nella materia un fotone di alta energia converte in una coppia elettrone-positrone, ciascuno dei quali può irraggiare fotoni energetici via bremsstrahlung. Questi ultimi si trasformano in coppie che irraggiano, ecc. In definitiva, si ha uno sciame elettromagnetico con un gran numero di fotoni, elettroni e positroni. Il processo continua fino a quando le energie degli elettroni e positroni vanno al di sotto dell energia critica. A questo punto essi perdono energia solo per ionizzazione ed eccitazione. Lo sviluppo della cascata è un processo statistico. Si può visualizzarlo in modo semplice. Il fotone originario di energia E 0 converte in una coppia e + e dopo una lunghezza di radiazione L rad e l energia media dell elettrone o del positrone è E 0 /2. Nella successiva lunghezza di radiazione, l elettrone e il positrone emettono ognuno un fotone di bremsstrahlung, avente all incirca metà dell energia della particella carica che lo ha emesso. A questo punto, dopo 2 L rad, si hanno due fotoni e una coppia e + e. Nella successiva lunghezza di radiazione (a 3 L rad ) i due fotoni sono convertiti in coppie e + e, mentre la coppia e + e precedente avrà irraggiato due fotoni: il numero di particelle presenti è quindi 8 = 2 3, di cui 6 e +, 6 e e 2 γ; l energia media di ognuna è E 0 /8. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

22 Sciami elettromagnetici Proseguendo nella cascata, dopo t lunghezze di radiazione il numero di particelle γ, e, e + presenti è N 2 t, ognuna avente un energia media E N E 0 /2 t. Si sarebbe ottenuto lo stesso risultato se si fosse iniziato con un e invece che con un γ. Notare che abbiamo misurato lo spessore del materiale in lunghezze di radiazione, t = x/l rad. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

23 Sciami elettromagnetici Ci si può chiedere quale sia la massima penetrazione della cascata. Misurando l energia in unità dell energia critica, E/E c, si ha: A energie più basse di E c, il meccanismo dominante di perdita di energia degli elettroni non è più quello della bremsstrahlung, ma i processi continui di eccitazione-ionizzazione che non continuano la moltiplicazione del numero di particelle. Il numero massimo di particelle presenti a un certo istante nello sciame è quindi: Questo semplice modello dà solo un idea qualitativa: il numero di particelle in una cascata aumenta esponenzialmente fino al massimo, dopo il quale diminuisce gradualmente. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

24 Interazioni dei neutroni Il neutrone non ha carica elettrica, come il fotone; ma ha un momento di dipolo magnetico, attraverso il quale può interagire elettromagneticamente. L interazione dei neutroni con la materia è dominata dall interazione forte; in pratica la sezione d urto varia molto con l energia (velocità ) dei neutroni. Si distinguono normalmente diverse regioni energetiche: Neutroni di alta energia per energie cinetiche T n > 100 MeV. In questa regione i neutroni si comportano come i protoni, con sezioni d urto totali comprese fra 40 e 60 mb. Lo studio dei neutroni in questo intervallo energetico rientra negli studi tipici della fisica delle particelle. Lo studio del comportamento a energie inferiori rientra invece nella fisica nucleare. Neutroni veloci per 200 kev < T n < 40 MeV. Neutroni epitermici per 0.1 kev < T n < 100 kev. Neutroni termici o lenti quando hanno energie cinetiche confrontabili con le energie tipiche del moto termico in materiali, cioè T n KT (1/40) ev. Neutroni freddi e ultrafreddi per energie cinetiche di milli-ev e micro-ev. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

25 Interazioni dei neutroni Per energie inferiori a 100 MeV, i neutroni sono soggetti a processi diversi: Urto elastico con nucleo, n + A n + A. L urto elastico è il processo più importante per energie dell ordine del MeV. Urto inelastico con eccitazione di un nucleo, n + A n + A. Il nucleo eccitato A si diseccita con emissione di raggi γ. Anche questi processi sono importanti per energie attorno al MeV. Cattura neutronica radiativa da parte di un nucleo: n + (Z, A) γ + (Z, A + 1); la sezione d urto per questo processo è inversamente proporzionale alla velocità e diventa grande a basse energie. Reazioni di cattura nucleare del tipo (n, p), (n, d), (n, α), ecc. La sezione d urto ha una dipendenza del tipo 1/v e quindi i processi diventano importanti per neutroni termici. Fissione nucleare, cioè cattura del neutrone con rottura del nucleo (pesante) in due frammenti ed emissione di alcuni neutroni (termici e veloci). Anche la fissione è più probabile per neutroni lenti. In fisica nucleare e per scopi ingegneristici è di solito necessario rallentare i neutroni veloci. Il processo più importante per ottenere il rallentamento è tramite urto elastico con nuclei con i quali non avvengono altri processi. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

26 Tecniche di rivelazione delle particelle Le particelle subatomiche sono troppo piccole per essere osservate tramite metodi ottici, ma possono essere osservate indirettamente tramite i meccanismi di trasferimento di energia nella materia. Nelle pagine precedenti si è visto che le particelle cariche veloci ionizzano ed eccitano, lungo la loro traiettoria, gli atomi del mezzo attraversato. E questo il principio di funzionamento di tutti i tipi di rivelatori. L informazione è trasformata in segnali elettrici, che vengono poi analizzati con metodi elettronici. I rivelatori a ionizzazione sfruttano direttamente la ionizzazione prodotta, raccogliendo elettroni di ionizzazione e ioni positivi (di solito in un gas) e trasformandoli in segnali elettronici. Nei contatori a scintillazione si utilizza la luce emessa nella diseccitazione degli atomi e delle molecole eccitate al passaggio della particella carica veloce. In alcuni tipi di rivelatori, come le camere a bolle, lungo il percorso della particella la ionizzazione provoca una variazione di stato del mezzo; in altri, come nelle emulsioni nucleari, la ionizzazione del mezzo attiva un processo chimico, che viene completato con lo sviluppo. Per essere rivelate, le particelle neutre come il fotone debbono interagire e dar luogo a particelle cariche (sono queste ultime che vengono osservate ). Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

27 Caratteristiche generali dei rivelatori Non esiste un rivelatore sensibile a tutti i tipi di radiazione e a tutte le energie. Ogni rivelatore viene progettato per essere sensibile ad alcuni tipi di radiazione in un dato intervallo energetico. Nei rivelatori, distinguiamo alcune proprietà fondamentali: Efficienza del rivelatore ɛ: è la probabilità che il rivelatore registri una radiazione che vi incide; è data dal rapporto tra gli N reg eventi registrati e le N particelle che incidono sul rivelatore, ɛ = N reg /N (con 0 ɛ 1). Viene di solito studiata tramite metodi di simulazione al calcolatore sulla base della conoscenza del processo di rivelazione, della geometria e della massa del rivelatore, del fondo intrinseco, ecc. Può essere misurata sperimentalmente utilizzando un fascio noto di particelle. Risoluzione spaziale: è la precisione con cui viene localizzato nello spazio il passaggio di una particella carica. Si passa dai circa 1 µm delle emulsioni nucleari ai 5 ± 10 µm di un rivelatore a microstrip a silicio, ai molti centimetri di un contatore Cherenkov. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

28 Caratteristiche generali dei rivelatori Risposta temporale del rivelatore: è legata al tempo intrinseco che il rivelatore impiega a formare un segnale elettronico dopo l arrivo della radiazione. Per ottenere una miglior risposta è importante che il tempo di salita dell impulso sia il più breve possibile. La risposta temporale è di tipo gaussiano, per cui la semilarghezza a metà altezza è considerata la risoluzione temporale σ t. Si va da risoluzioni temporali migliori di 1 ns (contatori a scintillazione, Cherenkov) a quelle di 1 ms (camera a bolle). La durata del segnale è importante perchè - durante questo tempo - un secondo evento potrebbe non essere registrato. Il tempo morto è il tempo che intercorre tra il passaggio di una particella e il momento in cui il rivelatore è pronto a registrare il passaggio di una particella successiva. Durante il tempo morto lo strumento non è sensibile. Risoluzione energetica: è legata alla possibilità del rivelatore di distinguere due energie vicine. Se i segnali sono separati in tempo, la risoluzione energetica è la semilarghezza della distribuzione energetica, misurata per esempio con particelle di energia nota in un fascio di particelle. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

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30 Camera a bolle La camera a bolle è un rivelatore oramai in disuso, che tuttavia è stato molto importante perchè ha permesso di visualizzare tramite fotografie le interazioni tra particelle e la produzione di nuove. Una camera a bolle contiene un liquido, che, al momento del passaggio delle particelle, si trova in una condizione metastabile. Un esempio di questo stato particolare potrebbe essere acqua alla temperatura di 110 gradi C e alla pressione di una atm: l acqua dovrebbe bollire, ma per una piccola frazione di secondo non lo fa. Il liquido inizia a bollire dove ci sono impurezze, per esempio ai bordi del recipiente, e anche attorno a un insieme di cariche positive e negative. Una particella carica veloce che attraversi una camera a bolle ionizza molti atomi del liquido. In ognuna di queste interazioni la particella carica veloce perde una piccola parte della sua energia e non viene deviata in modo apprezzabile. Lungo il percorso della particella vengono a trovarsi degli elettroni liberi (ioni negativi) e degli atomi senza un elettrone (ioni positivi) attorno a cui il liquido inizia a bollire. Se si scatta una fotografia nel momento in cui le bollicine hanno un diametro di poco meno di un millimetro, si visualizza il percorso delle particelle. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

31 Camera a bolle Per poter utilizzare di nuovo la camera a bolle occorre aumentare la pressione per far sì che il liquido cessi di bollire. Al momento opportuno si abbassa di nuovo la pressione e la camera è di nuovo pronta. Questo momento deve essere sincronizzato, perchè deve precedere di alcuni millesimi di secondo l arrivo delle particelle veloci. Una camera a bolle è di solito circondata da un grosso magnete, che produce un forte campo in tutto lo spazio della camera (tipicamente B = 2 Tesla). Le particelle cariche che la attraversano vengono deflesse dal campo magnetico lungo una traiettoria circolare il cui raggio dipende dalla quantità di moto delle particelle. Quindi, analizzando le tracce, si possono ottenere informazioni sulla massa delle particelle e sulla loro velocità. Si sono realizzate camere a bolle aventi come liquido operativo idrogeno, deuterio, neon più idrogeno, elio e altri. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

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36 Rivelatori a scintillazione Uno scintillatore deve avere una buona efficienza nel convertire l energia depositata in luce. Inoltre, la luce deve essere emessa rapidamente (fluorescenza). Scintillatori organici. Sono formati da composti aromatici contenenti strutture chimiche ad anello, come il benzene. Questi scintillatori emettono luce con tempi di decadimento di pochi nanosecondi. Esistono cristalli organici (per esempio antracene), liquidi organici in soluzioni liquide di uno o più materiali scintillanti e plastici, formati come quelli liquidi da soluzioni, ma allo stato solido. Il maggior vantaggio degli scintillatori plastici è legato alla loro flessibilità di impiego. Scintillatori inorganici. Si tratta di cristalli, spesso di tipo alcalino con piccole impurezze attivatrici. Il più usato è lo ioduro di sodio attivato con tallio, NaI(Tl). Altri sono Bi 4 Ge 3 O 12 (germanato di bismuto, BGO) e BaF 2 (fluoruro di bario). Si tratta di scintillatori con elevata efficienza luminosa, ma che sono uno o due ordini di grandezza più lenti degli scintillatori organici. Efficienza luminosa ɛ è definita come l energia necessaria per produrre un fotone luminoso. E importante perchè da essa dipende la risoluzione energetica dello scintillatore. Entro ampi limiti, la quantità di luce emessa da uno scintillatore è proporzionale all energia persa dalla particella che lo attraversa. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

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39 Fotomoltiplicatori Sono parametri importanti del fotocatodo la sua efficienza quantica e la sua risposta a radiazioni luminose di diversa lunghezza d onda. L efficienza quantica è la probabilità che un singolo fotone incidente sul fotocatodo produca un elettrone che contribuisca alla corrente del rivelatore. Se è presente più di un fotone, l efficienza quantica si definisce come il rapporto tra il numero degli elettroni prodotti (fotoelettroni) e il numero dei fotoni incidenti. L errore statistico sulla misura di perdita di energia è legato al numero di fotoelettroni. Per questo motivo occorre raccogliere sul fotocatodo la maggior parte della luce emessa, facendo talvolta uso di opportune guide di luce e ricoprendo lo scintillatore e la guida di luce con materiale riflettente o diffondente. E importante che lo spettro luminoso emesso dallo scintillatore sia compreso in una banda di lunghezza d onda uguale a quella della risposta del fotocatodo. In caso di disaccordo tra lo spettro di emissione e quello di risposta del fotocatodo, si può usare nello scintillatore un wavelength shifter (che sposta la lunghezza d onda). Ciò è in pratica possibile per scintillatori costituiti di materiali diversi. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

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47 Rivelatori a semiconduttore I rivelatori a semiconduttore, chiamati anche rivelatori a stato solido, sono costruiti con materiali cristallini semiconduttori, come il silicio e il germanio. Il principio base di questi rivelatori è analogo a quello dei rivelatori gassosi a ionizzazione, con la differenza che il mezzo è solido. Il passaggio di una particella ionizzante crea coppie elettrone-buco (invece di elettrone-ione positivo), che possono essere raccolte e moltiplicate tramite un opportuno campo elettrico. Il vantaggio di un semiconduttore è dovuto alla piccola energia necessaria per creare una coppia elettrone-buco, che è di 3.6 ev in silicio e di 3.0 ev in germanio, cioè circa un ordine di grandezza minore di quella necessaria per i gas usati nei rivelatori a ionizzazione. La ionizzazione è quindi 10 volte maggiore e si possono ottenere risoluzioni in energia migliori. La maggior parte dei rivelatori a semiconduttore, con l eccezione di quelli a silicio e ad arsenuro di gallio, richiede basse temperature per ridurre gli effetti termici. Un altra difficoltà è connessa con il possibile danneggiamento dovuto ad alte dosi di radiazioni; si cercano perciò materiali che siano utilizzabili a temperatura ambiente e che siano poco sensibili ad alte dosi di radiazione (per esempio, Ga e As). Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

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49 Rivelatori a semiconduttore L utilizzazione principale nel campo delle alte energie riguarda i rivelatori a microstrip di silicio con lo scopo primario di ottenere un rivelatore di vertice e di tracce con alta risoluzione spaziale (5 ± 10 µm). I rivelatori a semiconduttore usati nella fisica delle alte energie sono sottili (spessori di 200 ± 300 µm) e sono costituiti di materiali cristallini (silicio) di alta purezza; sono però anche usati materiali opportunamente drogati con impurezze pentavalenti o trivalenti (rispetto alla tetravalenza del Si). I segnali ottenuti sono lineari, nel senso che il segnale elettrico in uscita è direttamente proporzionale all energia depositata. Roberta Sparvoli Rachele Di Salvo (Universitá di Roma Tor Istituzioni Vergata) di Fisica Nucleare e Subnucleare Lezione 5 A.A / 71

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