3 Ottobre 2013, ore 09:36 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX Verso un nuovo sistema tributario, l intervista a Fausto Cosi
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1 3 Ottobre 2013, ore 09:36 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX Verso un nuovo sistema tributario, l intervista a Fausto Cosi Fausto Cosi, presidente dell'associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari, anticipa al Quotidiano IPSOA i temi che saranno oggetto di approfondimento nel corso del III FORUM TAX organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA. Il disegno di legge delega recante disposizioni per la revisione del sistema fiscale mira - tra le altre cose - a realizzare un monitoraggio più stringente in materia di evasione, elusione fiscale ed erosione della base imponibile, a delineare una disciplina dell'abuso del diritto e a introdurre un sistema di governance fiscale, volto a determinare forme di responsabilità in caso di inadempienze particolarmente gravi in materia tributaria. Quali potrebbero essere le implicazioni, per la gestione finanziaria delle società, della concretizzazione di un tale approccio ai concetti di evasione, elusione e abuso del diritto e quale l impatto specifico sull attività e sulle responsabilità del CFO? Siamo d accordo col preambolo della Delega al Governo, che recita Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. Ci auguriamo che quanto verrà deciso sia in linea con queste guidelines e che gli organismi preposti le applichino con spirito di equità, trasparenza e buon senso. La legge delega è molto ampia e comporta un approfondita revisione del sistema fiscale, pertanto gli impatti sulle aziende in prima battuta saranno di effettuare un notevole sforzo conoscitivo delle nuove norme e dell effettiva applicazione delle stesse. Ciò porterà ad un maggiore impegno ed attenzione del CFO alle tematiche fiscali, poichè, al di là di possibili implicazioni penali e amministrative che possono interessarlo direttamente, dovrà assicurare con maggiore precisione che le disposizioni fiscali vengano assolutamente rispettate, onde evitare all azienda impatti negativi derivanti da accertamenti per comportamenti ritenuti non corretti, con ricadute che potrebbero essere estremamente pesanti. Si rende pertanto necessario un più stretto coordinamento tra il management fiscale dell azienda e le funzioni amministrative e finanziarie. Il CFO deve assicurare che ci sia uno scambio di informazioni continuo e strutturato tra le varie funzioni interessate e non solo limitato al momento della formazione del bilancio e della dichiarazione fiscale. La formazione nell area fiscale diventa una necessità strategica. Negli ultimi anni, il volume delle transazioni cross-border tra imprese consociate appartenenti al medesimo gruppo è aumentato notevolmente: di conseguenza, l identificazione delle modalità di determinazione dei prezzi di trasferimento ha assunto una rilevanza e una complessità crescenti. Particolarmente delicati risultano essere, nell attuale contesto economico, i trasferimenti intercompany di beni immateriali. Quali sono le criticità incontrate dalle società nella determinazione dei prezzi di trasferimento in generale e degli intangibles in particolare? Qual è il ruolo del CFO in tale contesto? La tematica del transfer pricing ha preso piede negli anni recenti, nell ottica di assicurare un equa ripartizione dei profitti tra le diverse subsidiaries delle multinazionali, evitando possibili trasferimenti di profitti da Paesi ad alta pressione fiscale ad altri più moderati. La determinazione dei prezzi di trasferimento secondo criteri rispondenti al principio arm s length (determinazione delle condizioni che verrebbero applicate tra parti indipendenti per transazioni similari) è uno dei temi più complessi e controversi incontrati nei gruppi multinazionali. Principi e direttive emanati da organismi contabili internazionali autorevoli sono spesso teorici e di difficile interpretazione e applicazione, nonché carenti. E purtroppo le società devono difendersi da contestazioni da parte delle autorità preposte al loro controllo. La criticità principale incontrata dalle società nella determinazione dei prezzi di trasferimento in generale e degli intangibles in particolare è la reperibilità di prezzi di mercato che possano fare da riferimento, e
2 quindi possano servire a dimostrare che i trasferimenti intercompany sono stati effettuati su base arm s length. Consideriamo il settore telecomunicazioni: la determinazione dei prezzi di trasferimento, soprattutto riferiti a software (intangible asset per eccellenza) costituente la parte preponderante del prodotto (l hardware è decisamente di minor peso), l individuazione di beni comparabili presi a base per la determinazione del transfer p rice stesso nelle transazioni cross-border è di estrema difficoltà se non impossibile. Questo è un vero punto critico poiché le reti di telecomunicazioni e internet, oggetto di contratto, rivestono configurazioni differenti nei vari paesi a motivo di esigenze peculiari del cliente e dello stesso paese di residenza e integrano fattispecie di differenti strutture di costi. Le stesse condizioni finanziarie (state budget) del paese che vuole dotarsi di una rete di telecomunicazioni aggiornata possono portare a differenti considerazioni nella formulazione dei prezzi. Poiché in caso di verifica è facile incorrere in contestazioni e controversie, il ruolo del CFO è di creare e tenere sempre aggiornato, in accordo col Tax Manager, un sistema di documentazione idonea a controbattere ogni rilievo. Ciò potrebbe essere attuato (non senza qualche difficoltà) attraverso i seguenti steps: - creazione di un manuale in cui vengono definiti i criteri di determinazione dei transfer pr ices per ciascuna linea di prodotto, stabiliti con la società di revisione e in ottemperanza a principi OCSE; - tenere aggiornato l archivio dei contratti (tradotti in italiano se redatti in lingua diversa); - tenere una contabilità di prodotto con l evidenziazione dei costi accumulati su ogni contratto; - un prospetto indicante le principali differenze (configurazione di rete). L auspicio è che l argomento dei trasferimenti intercompany venga trattato in modo equo e non sia visto soltanto come una fonte di maggiori introiti fiscali. La normativa vigente stabilisce che la base imponibile IRAP deve essere determinata assumendo i componenti positivi e negativi secondo il valore iscritto in bilancio ed accertata dall Amministrazione finanziaria secondo i criteri di corretta qualificazione, di imputazione temporale e di classificazione previsti dai principi contabili (nazionali o internazionali), indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico. Alla luce della Sua esperienza in qualità di CFO, quali sono i risvolti pratici, per le società, dell attuale normativa sulla determinazione della base imponibile IRAP? In quali direzioni potrebbe muoversi la semplificazione di quest ultima, facendo riferimento ad esempio alle modalità per la predisposizione del budget finanziario? L IRAP è un aggravio di costi notevole per le aziende. Sono anni che ne auspichiamo l abolizione o un suo ridimensionamento, togliendo almeno la componente del costo del lavoro, che grava soprattutto sulle imprese ad alta intensità di occupazione. È assurdo poi che venga pagata anche dalle società in perdita, nel cui caso l aggravio fiscale diventa più alto che nelle aziende in utile, contravvenendo al principio che le imposte devono essere pagate in base alla capacità contributiva. Un interessante e attuale dibattito in materia fiscale è quello che riguarda la possibilità per l Amministrazione finanziaria di contestare gli effetti prodotti da un operazione o dalla conclusione di un contratto sulla base dell antieconomicità degli stessi. Con il termine antieconomicità, si fa riferimento all'alterazione di componenti positivi e/o negativi di reddito in violazione del principio della corretta rappresentazione (come, ad esempio, la puntuale registrazione di ricavi o compensi e inerenza di costi e spese). Qual è la Sua opinione in merito? Potrebbe indicare alcuni esempi di operazioni concrete realizzate dalle società e passibili di essere considerate antieconomiche? Il concetto di antieconomicità è legato all elusione e più in generale al divieto dell abuso del diritto. A volte è difficile stabilirlo: vediamo il caso delle perdite su crediti, che in questo momento di crisi economica è un fenomeno molto diffuso. Devono essere dimostrate, ai fini della loro deducibilità, le ragioni di inconsistenza patrimoniale del debitore o di inopportunità delle azioni esecutive, altrimenti sono considerate operazioni antieconomiche e pertanto non deducibili.
3 Esempio: perdita su crediti in caso di transazione col debitore: la perdita viene ritenuta deducibile quando debitore e creditore non sono parte dello stesso gruppo e la difficoltà finanziaria del primo risulta documentata (ad esempio, dall istanza di ristrutturazione presentata dal debitore oppure dalla presenza di debiti insoluti anche verso terzi). La perdita su crediti in questo caso viene giustificata sotto il profilo della convenienza economica. Da come è formulata la domanda, il termine antieconomicità sembra inteso come un comportamento contro l economia, ossia non obbediente alle leggi economiche di un dato sistema sociale. Nella realtà aziendale vi è violazione nell applicazione di corretti principi contabili (specialmente la competenza temporale) che porta ad una rappresentazione non veritiera dei dati di bilancio e conseguente potenziale danno a terzi che operano con l azienda. Un esempio concreto è la stipula di un contratto che non tiene conto di importanti valutazioni di elementi di rischio, quali costi di warranties, retrofits e, soprattutto, contingencies connessi con la natura stessa del contratto. La non considerazione di tali elementi, per cattiva pianificazione di possibili eventi o altro, possono portare, in caso di contratti di rilevanti importi, a situazioni devastanti. Un esempio di attentato all economia è rappresentato da un contratto derivato che anziché essere utilizzato correttamente ed in maniera trasparente per coprire rischi aziendali è tramutato in un operazione speculativa. Copyright - Riproduzione riservata
4 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX L intervista al Generale Gaetano Mastropierro 7 Ottobre 2013, ore 09:51 La ricerca di efficaci strategie di azione da parte delle Amministrazioni fiscali passa attraverso l introduzione di incentivi per i contribuenti più corretti e di disincentivi per quelli che scelgono di perseverare in comportamenti di aggressive tax planning. In tale contesto, diventa cruciale la costruzione di un migliore rapporto Fisco-contribuenti, basato su dialogo, fiducia reciproca e collaborazione, piuttosto che sul confronto conflittuale. Tax compliance transfrontaliera, scambio di informazioni, grandi contribuenti e delega fiscale nell intervista al Generale Gaetano Mastropierro, Comandante della Scuola di Polizia Tributaria Roma/Ostia. Il modello di accordo fiscale internazionale adottato da Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito nell ambito della disciplina statunitense FATCA ha l obiettivo di assicurare la tax compliance transfrontaliera e di rendere effettiva la trasparenza nei rapporti tra le Amministrazioni finanziarie coinvolte. Si tratta di un accordo quadro che rappresenta la base per lo sviluppo, a livello OCSE, di un modello globale di trattato per lo scambio automatico di informazioni, il quale dovrebbe prevedere tra le altre cose- standard di reporting e due diligence da parte degli istituti finanziari. Quali potrebbero essere le implicazioni, per Amministrazioni finanziarie e contribuenti, dell adozione dello scambio di informazioni automatico quale standard nella cooperazione fiscale, e quali i possibili sviluppi in sede OCSE? Possiamo ritenere che nel breve periodo si realizzerà una condizione di trasparenza globale in ambito fiscale? Lo scambio di informazioni automatico rappresenta lo strumento di cooperazione standard nei rapporti tra Paesi appartenenti all Unione europea. La Direttiva n. 2011/16/UE che ha abrogato, a partire dal 1 gennaio 2013, la Direttiva n. 77/799/CEE stabilisce lo scambio di informazioni automatico quale regola generale per la collaborazione in materia fiscale. Una disposizione di particolare interesse è infatti quella contenuta all art. 8 ( Ambito di applicazione e condizioni dello scambio automatico obbligatorio di informazioni ), secondo il quale l autorità competente di ciascuno Stato membro comunica all autorità competente di qualsiasi altro Stato membro, mediante scambio automatico, le informazioni disponibili sui periodi d imposta a partire dal 1 gennaio 2014, riguardanti i residenti in quest ultimo Stato membro, sulle seguenti categorie specifiche di reddito e di capitale: - redditi da lavoro; - compensi per dirigenti; - prodotti di assicurazione sulla vita non contemplati in altri strumenti giuridici dell Unione sullo scambio di informazioni e misure analoghe; - pensioni; - proprietà e redditi immobiliari. Tutto ciò implica, per le Amministrazioni finanziarie, obblighi di cooperazione mediante lo scambio di informazioni a prescindere da specifiche richieste provenienti dalle omologhe autorità di altri Stati membri. I contribuenti, a loro volta, sono soggetti a misure di trasparenza più effettive ed efficaci sul versante della lotta all evasione e all elusione fiscale. L esigenza di combattere i fenomeni erosivi della base imponibile mediante strumenti di cooperazione più incisivi è avvertita anche a livello OCSE, i cui interventi in materia prevedono un ricorso sempre più generalizzato e diffuso allo scambio di informazioni automatico, mediante la predisposizione di modelli di tipo multilaterale. Le azioni internazionali di contrasto all evasione fiscale e agli schemi di pianificazione fiscale aggressiva non possono prescindere da interventi coordinati e mirati, diretti ad agevolare l accesso alle informazioni sui flussi di denaro e la tracciabilità dei pagamenti: l effettiva implementazione
5 dello scambio di informazioni in materia fiscale tra le Amministrazioni finanziarie gioca un ruolo decisivo in questo contesto. Quali sono le più rilevanti problematiche pratico-applicative delle procedure per lo scambio di informazioni tra Amministrazioni finanziarie? Le richieste di informazioni in materia fiscale sono avanzate da uno Stato membro (cd. Stato richiedente ) all altro (cd. Stato richiesto ) sulla base degli accordi in vigore, in particolare, ai sensi dell art. 26 della convenzione contro le doppie imposizioni applicabile o in virtù dell art. 5 dell accordo specifico sullo scambio di informazioni (Tax Information Exchange Agreement). L OCSE precisa che, al fine di agevolare lo scambio di informazioni e consentire allo Stato richiesto di fornire informazioni complete, efficaci e nel più breve tempo possibile, la richiesta deve indicare nel dettaglio i fatti alla base della stessa, nonché i dati dei quali si richiede l acquisizione. A tal fine, dovrebbero essere individuati chiaramente: - il contribuente sottoposto a verifica e gli eventuali intermediari coinvolti nella transazione; - i motivi per i quali l informazione è richiesta e la natura del procedimento di verifica; - le imposte e il periodo fiscale oggetto di verifica; - l informazione in concreto richiesta e la motivazione sulla sua pertinenza; - l uso a cui l informazione, una volta ricevuta, è destinata; - la disposizione convenzionale in virtù della quale l informazione è richiesta. Alcune criticità potrebbero sorgere con riferimento all esigenza di tutela dei diritti del contribuente. Rileva, in particolare, non soltanto l obbligo di riservatezza imposto allo Stato richiesto con riferimento al contenuto delle informazioni ma anche la necessità, in casi particolari, di non rendere edotto il contribuente della sussistenza di un procedimento di cooperazione amministrativa a suo carico (cd. nontipping off rule ). Anche a livello nazionale, la necessità di combattere l evasione fiscale ha determinato lo sviluppo di strumenti di controllo particolarmente incisivi: nel mese di giugno del 2013 è entrato in vigore il provvedimento che autorizza l Agenzia delle Entrate ad accedere direttamente, tramite il cd. Sistema interscambio dati, alle informazioni relative ai conti correnti bancari, ai depositi di titoli azionari, alle gestioni patrimoniali, ai fondi pensione e alle carte di credito. La possibilità per l Agenzia di incrociare i dati sui conti correnti con le dichiarazioni dei redditi per individuare più facilmente gli evasori pone davvero fine ad ogni comportamento evasivo? I contribuenti possono ritenere di trovarsi di fronte a una vera e propria Super-anagrafe tributaria? Il Sistema interscambio dati è uno strumento che dovrebbe rendere più efficace la lotta all evasione e all elusione fiscale. In passato, l accesso ai conti correnti avveniva soltanto in casi eccezionali ed era subordinato ad autorizzazione da parte dell autorità giudiziaria. Il provvedimento del giugno 2013 vuole essere una soluzione di compromesso tra, da un lato, le esigenze dell Amministrazione finanziaria di combattere i diffusi fenomeni evasivi ed elusivi, dall altro, le preoccupazioni del garante per la tutela della privacy dei cittadini. Il sistema, scollegato da ogni altro canale di interscambio, consentirà ai dati di viaggiare su canali blindati, senza che si configuri necessario l intervento di personale. Come dichiarato nelle immediatezze dell adozione del provvedimento dal Presidente dell autorità garante della privacy, Antonello Soro, il Sistema interscambio dati infligge il colpo di grazia all evasione, ora non sfuggirà più nulla, ora i conti correnti non avranno più segreti, ogni spesa finirà nel grande cervellone dell Agenzia delle Entrate (...) è l unico strumento che può funzionare. Ė ancora prematuro sostenere che il Sistema in questione porrà effettivamente fine ad ogni comportamento evasivo. Ci troviamo, però, senza dubbio di fronte ad una vera e propria Super-anagrafe tributaria che, come dichiarato dal Direttore dell Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, annulla di fatto il segreto bancario consentendo al Fisco di incrociare i dati sui conti correnti con le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti. Il disegno di legge delega fiscale è orientato ad attuare una complessiva razionalizzazione e
6 sistematizzazione del sistema tributario, oltre che a proseguire l azione di contrasto all evasione, all elusione e a tutte le pratiche che possono determinare l erosione della base imponibile. Il raggiungimento di tali obiettivi è strettamente connesso alla definizione del concetto di abuso del diritto, inteso come uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un indebito risparmio d'imposta. La delega fiscale punta anche a delineare un sistema di governance fiscale e a sviluppare una enhanced relationship tra Amministrazione finanziaria e contribuenti: quali sono gli strumenti specifici che potrebbero essere adottati a questi fini? La ricerca di efficaci strategie di azione da parte delle Amministrazioni fiscali passa attraverso l introduzione di incentivi per i contribuenti più corretti e di disincentivi per quelli che scelgono di perseverare in comportamenti di aggressive tax planning. In tale contesto, diventa cruciale la costruzione di un migliore rapporto Fisco-contribuenti, basato su dialogo, fiducia reciproca e collaborazione, piuttosto che sul confronto conflittuale. Le esperienze di molti Paesi dimostrano la validità di relazioni collaborative tra le Amministrazioni finanziarie e i contribuenti, nonché tra le prime e i consulenti fiscali, in considerazione del ruolo di intermediazione da essi svolto. Per i soggetti di maggiori dimensioni, il Governo è stato delegato a disciplinare sistemi aziendali strutturati di gestione e controllo del rischio fiscale, con una chiara attribuzione di responsabilità nel quadro complessivo dei controlli interni. L obiettivo è quello di favorire, nelle imprese, la diffusione di modelli basati non più esclusivamente sulla minimizzazione degli oneri fiscali, ma su una vera e propria gestione del rischio di compliance. L adozione di tali modelli implica l adozione di una mappa dei rischi fiscali e la definizione di una chiara attribuzione delle responsabilità, nel quadro del complessivo sistema dei controlli interni e di governance aziendale. Siffatte nuove modalità di gestione dei rischi potrebbero rappresentare la piattaforma su cui innestare nuove e più evolute forme di verifica da parte dell Amministrazione finanziaria. L enfasi del controllo si sposterebbe sulla verifica dell affidabilità e coerenza del sistema di gestione e controllo dei rischi dell impresa, in un rapporto di interlocuzione con gli organi di gestione aziendale e con gli auditors. Con riferimento ai grandi contribuenti, l Agenzia delle Entrate ha reso noto di aver intrapreso da tempo un percorso ispirato alla strategia della cd. enhanced relationship. Essa consiste nella ricerca di un dialogo con le grandi imprese, finalizzato alla prevenzione piuttosto che alla repressione delle violazioni fiscali, mediante il confronto preventivo su tematiche di particolare impatto, quali il transfer pricing e le operazioni di finanza strutturata. Nel medesimo contesto si inserisce la consultazione che l Agenzia delle Entrate ha lanciato il 25 giugno 2013, per la realizzazione di un progetto-pilota che porterà in futuro alla determinazione di un nuovo regime dei rapporti Fisco-grandi contribuente. Il progetto si ispira a quanto individuato in ambito OCSE nel framework della cooperative compliance ( regime di adempimento collaborativo ), il quale delinea forme più avanzate e trasparenti di collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Copyright - Riproduzione riservata
7 3 Ottobre 2013, ore 09:36 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX Verso un nuovo sistema tributario, l intervista a Fausto Cosi Fausto Cosi, presidente dell'associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari, anticipa al Quotidiano IPSOA i temi che saranno oggetto di approfondimento nel corso del III FORUM TAX organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA. Il disegno di legge delega recante disposizioni per la revisione del sistema fiscale mira - tra le altre cose - a realizzare un monitoraggio più stringente in materia di evasione, elusione fiscale ed erosione della base imponibile, a delineare una disciplina dell'abuso del diritto e a introdurre un sistema di governance fiscale, volto a determinare forme di responsabilità in caso di inadempienze particolarmente gravi in materia tributaria. Quali potrebbero essere le implicazioni, per la gestione finanziaria delle società, della concretizzazione di un tale approccio ai concetti di evasione, elusione e abuso del diritto e quale l impatto specifico sull attività e sulle responsabilità del CFO? Siamo d accordo col preambolo della Delega al Governo, che recita Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. Ci auguriamo che quanto verrà deciso sia in linea con queste guidelines e che gli organismi preposti le applichino con spirito di equità, trasparenza e buon senso. La legge delega è molto ampia e comporta un approfondita revisione del sistema fiscale, pertanto gli impatti sulle aziende in prima battuta saranno di effettuare un notevole sforzo conoscitivo delle nuove norme e dell effettiva applicazione delle stesse. Ciò porterà ad un maggiore impegno ed attenzione del CFO alle tematiche fiscali, poichè, al di là di possibili implicazioni penali e amministrative che possono interessarlo direttamente, dovrà assicurare con maggiore precisione che le disposizioni fiscali vengano assolutamente rispettate, onde evitare all azienda impatti negativi derivanti da accertamenti per comportamenti ritenuti non corretti, con ricadute che potrebbero essere estremamente pesanti. Si rende pertanto necessario un più stretto coordinamento tra il management fiscale dell azienda e le funzioni amministrative e finanziarie. Il CFO deve assicurare che ci sia uno scambio di informazioni continuo e strutturato tra le varie funzioni interessate e non solo limitato al momento della formazione del bilancio e della dichiarazione fiscale. La formazione nell area fiscale diventa una necessità strategica. Negli ultimi anni, il volume delle transazioni cross-border tra imprese consociate appartenenti al medesimo gruppo è aumentato notevolmente: di conseguenza, l identificazione delle modalità di determinazione dei prezzi di trasferimento ha assunto una rilevanza e una complessità crescenti. Particolarmente delicati risultano essere, nell attuale contesto economico, i trasferimenti intercompany di beni immateriali. Quali sono le criticità incontrate dalle società nella determinazione dei prezzi di trasferimento in generale e degli intangibles in particolare? Qual è il ruolo del CFO in tale contesto? La tematica del transfer pricing ha preso piede negli anni recenti, nell ottica di assicurare un equa ripartizione dei profitti tra le diverse subsidiaries delle multinazionali, evitando possibili trasferimenti di profitti da Paesi ad alta pressione fiscale ad altri più moderati. La determinazione dei prezzi di trasferimento secondo criteri rispondenti al principio arm s length (determinazione delle condizioni che verrebbero applicate tra parti indipendenti per transazioni similari) è uno dei temi più complessi e controversi incontrati nei gruppi multinazionali. Principi e direttive emanati da organismi contabili internazionali autorevoli sono spesso teorici e di difficile interpretazione e applicazione, nonché carenti. E purtroppo le società devono difendersi da contestazioni da parte delle autorità preposte al loro controllo. La criticità principale incontrata dalle società nella determinazione dei prezzi di trasferimento in generale e degli intangibles in particolare è la reperibilità di prezzi di mercato che possano fare da riferimento, e
8 quindi possano servire a dimostrare che i trasferimenti intercompany sono stati effettuati su base arm s length. Consideriamo il settore telecomunicazioni: la determinazione dei prezzi di trasferimento, soprattutto riferiti a software (intangible asset per eccellenza) costituente la parte preponderante del prodotto (l hardware è decisamente di minor peso), l individuazione di beni comparabili presi a base per la determinazione del transfer p rice stesso nelle transazioni cross-border è di estrema difficoltà se non impossibile. Questo è un vero punto critico poiché le reti di telecomunicazioni e internet, oggetto di contratto, rivestono configurazioni differenti nei vari paesi a motivo di esigenze peculiari del cliente e dello stesso paese di residenza e integrano fattispecie di differenti strutture di costi. Le stesse condizioni finanziarie (state budget) del paese che vuole dotarsi di una rete di telecomunicazioni aggiornata possono portare a differenti considerazioni nella formulazione dei prezzi. Poiché in caso di verifica è facile incorrere in contestazioni e controversie, il ruolo del CFO è di creare e tenere sempre aggiornato, in accordo col Tax Manager, un sistema di documentazione idonea a controbattere ogni rilievo. Ciò potrebbe essere attuato (non senza qualche difficoltà) attraverso i seguenti steps: - creazione di un manuale in cui vengono definiti i criteri di determinazione dei transfer pr ices per ciascuna linea di prodotto, stabiliti con la società di revisione e in ottemperanza a principi OCSE; - tenere aggiornato l archivio dei contratti (tradotti in italiano se redatti in lingua diversa); - tenere una contabilità di prodotto con l evidenziazione dei costi accumulati su ogni contratto; - un prospetto indicante le principali differenze (configurazione di rete). L auspicio è che l argomento dei trasferimenti intercompany venga trattato in modo equo e non sia visto soltanto come una fonte di maggiori introiti fiscali. La normativa vigente stabilisce che la base imponibile IRAP deve essere determinata assumendo i componenti positivi e negativi secondo il valore iscritto in bilancio ed accertata dall Amministrazione finanziaria secondo i criteri di corretta qualificazione, di imputazione temporale e di classificazione previsti dai principi contabili (nazionali o internazionali), indipendentemente dalla effettiva collocazione nel conto economico. Alla luce della Sua esperienza in qualità di CFO, quali sono i risvolti pratici, per le società, dell attuale normativa sulla determinazione della base imponibile IRAP? In quali direzioni potrebbe muoversi la semplificazione di quest ultima, facendo riferimento ad esempio alle modalità per la predisposizione del budget finanziario? L IRAP è un aggravio di costi notevole per le aziende. Sono anni che ne auspichiamo l abolizione o un suo ridimensionamento, togliendo almeno la componente del costo del lavoro, che grava soprattutto sulle imprese ad alta intensità di occupazione. È assurdo poi che venga pagata anche dalle società in perdita, nel cui caso l aggravio fiscale diventa più alto che nelle aziende in utile, contravvenendo al principio che le imposte devono essere pagate in base alla capacità contributiva. Un interessante e attuale dibattito in materia fiscale è quello che riguarda la possibilità per l Amministrazione finanziaria di contestare gli effetti prodotti da un operazione o dalla conclusione di un contratto sulla base dell antieconomicità degli stessi. Con il termine antieconomicità, si fa riferimento all'alterazione di componenti positivi e/o negativi di reddito in violazione del principio della corretta rappresentazione (come, ad esempio, la puntuale registrazione di ricavi o compensi e inerenza di costi e spese). Qual è la Sua opinione in merito? Potrebbe indicare alcuni esempi di operazioni concrete realizzate dalle società e passibili di essere considerate antieconomiche? Il concetto di antieconomicità è legato all elusione e più in generale al divieto dell abuso del diritto. A volte è difficile stabilirlo: vediamo il caso delle perdite su crediti, che in questo momento di crisi economica è un fenomeno molto diffuso. Devono essere dimostrate, ai fini della loro deducibilità, le ragioni di inconsistenza patrimoniale del debitore o di inopportunità delle azioni esecutive, altrimenti sono considerate operazioni antieconomiche e pertanto non deducibili.
9 Esempio: perdita su crediti in caso di transazione col debitore: la perdita viene ritenuta deducibile quando debitore e creditore non sono parte dello stesso gruppo e la difficoltà finanziaria del primo risulta documentata (ad esempio, dall istanza di ristrutturazione presentata dal debitore oppure dalla presenza di debiti insoluti anche verso terzi). La perdita su crediti in questo caso viene giustificata sotto il profilo della convenienza economica. Da come è formulata la domanda, il termine antieconomicità sembra inteso come un comportamento contro l economia, ossia non obbediente alle leggi economiche di un dato sistema sociale. Nella realtà aziendale vi è violazione nell applicazione di corretti principi contabili (specialmente la competenza temporale) che porta ad una rappresentazione non veritiera dei dati di bilancio e conseguente potenziale danno a terzi che operano con l azienda. Un esempio concreto è la stipula di un contratto che non tiene conto di importanti valutazioni di elementi di rischio, quali costi di warranties, retrofits e, soprattutto, contingencies connessi con la natura stessa del contratto. La non considerazione di tali elementi, per cattiva pianificazione di possibili eventi o altro, possono portare, in caso di contratti di rilevanti importi, a situazioni devastanti. Un esempio di attentato all economia è rappresentato da un contratto derivato che anziché essere utilizzato correttamente ed in maniera trasparente per coprire rischi aziendali è tramutato in un operazione speculativa. Copyright - Riproduzione riservata
10 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX Sulle attività estere la (mini)patrimoniale c'è già 3 Ottobre 2013, ore 09:33 Le attività immobiliari sono colpite dall IMU e dall IVIE, le attività finanziarie dall imposta di bollo sui conti correnti e prodotti finanziari e, se detenute all estero, dall IVAFE e le attività oggetto di scudo fiscale da altre imposte di bollo; altre forme di imposizione sul patrimonio interessano beni di lusso, quali imbarcazioni, aerei e macchine sportive. Dell introduzione di un imposta patrimoniale di sistema si parla oggi nel corso del III FORUM TAX, organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA in collaborazione con ANDAF. di Antonio Tomassini - Partner DLA Piper Studio Legale Tributario Associato Il dibattito sull'introduzione di una imposta patrimoniale "di sistema", molto vivo all'epoca del governo Monti, si è un po spento, verosimilmente perché soffocato dalle vicende politiche e dal tira e molla su abbandono dell'imu, introduzione della service tax e relative confusioni terminologiche e di contenuti. Invero introdurre una forma di imposizione patrimoniale nel nostro ordinamento è tutt'altro che impresa agevole, non solo e non tanto per le talvolta affiorate problematiche di costituzionalità rispetto al principio di capacità contributiva (che riteniamo ampiamente superabili) ma soprattutto perché, come scriveva Einaudi già nel 1946 in un saggio intitolato proprio "L'imposta patrimoniale" (ristampato nel 2011), per introdurre un'imposta di tale natura occorre cambiare la "psicologia del contribuente". Muovendo dalla convinzione che un'imposta patrimoniale andrebbe attentamente coordinata con le forme di imposizione reddituale (ed invero anche patrimoniale, v. infra) vigenti, posto che anche le imposte patrimoniali si pagano "con i redditi", una sua introduzione organica, magari accompagnata da una analisi su come monitorare il patrimonio del contribuente (una sezione della dichiarazione potrebbe non bastare, se non integrata con altri flussi) e sui costi di questo monitoraggio in capo al Fisco, la sua introduzione non può essere guardata aprioristicamente con sfavore. Anzi sotto un certo profilo, visto che molti dei patrimoni sono stati accumulati con il ricorso a pratiche di evasione fiscale, essa potrebbe essere riguardata anche come uno strumento perequativo (per evitare discriminazioni si potrebbe pensare ad un sistema di detrazioni per chi invece le imposte le ha sempre pagate, oppure per chi ha già scontato prelievi successori, che sono anch'essi patrimoniali). Certo è che un'imposta patrimoniale generale non potrebbe essere "lineare" ed "uniforme" e non potrebbe non tenere in considerazione la storia fiscale del contribuente. Allo stato, tuttavia, pur mancando una patrimoniale integrata nel nostro sistema e di generale applicazione, il risparmio degli italiani (circa miliardi secondo le stime più accreditate, escludendo il patrimonio cosiddetto off shore), che - per inciso - in termini macroeconomici rende il nostro Paese ancora sostenibile nonostante il macigno del debito pubblico (circa miliardi), è oggi più che mai nel mirino del Fisco. La legge europea appena promulgata sta addirittura colpendo anche quegli investimenti lasciati da parte dalla manovra Monti per ragioni che potremmo definire sociali (in quanto investimenti che consentono agli individui di rendersi meno dipendenti dal supporto dello Stato), come polizze vite (di ramo I) e fondi pensione e sanitari. Le attività immobiliari sono colpite dall IMU (ora oggetto di ripensamento) e dall imposta sul valore degli immobili detenuti all estero (IVIE), le attività finanziarie dall imposta di bollo sui conti correnti e prodotti finanziari e, se detenute all estero, dall imposta su valore delle medesime (IVAFE) e le attività oggetto di scudo fiscale da altre imposte di bollo. Altre forme di imposizione sul patrimonio hanno interessato beni di lusso, quali imbarcazioni, aerei e macchine sportive. Soffermandoci sulle minipatrimoniali estere, dopo che ci si era interrogati sulla loro compatibilità con il principio comunitario della libera circolazione dei capitali sancito dall art. 63 del Trattato UE, IVIE e IVAFE sono state riguardate da significative modifiche con la recente legge di Stabilità (n. 228/2012): - l'entrata in vigore per entrambe le imposte viene posticipata al 2012 (non più 2011); - i versamenti già effettuati sono considerati quali versamenti eseguiti in acconto per l anno 2012; - i versamenti sono omologati a quelli delle imposte sui redditi;
11 - l aliquota dell IVIE ridotta allo 0,4% viene estesa a tutte le abitazioni principali all estero e non solo ai soggetti che prestano lavoro all estero per lo Stato italiano; - gli immobili situati all estero soggetti ad IVIE adibiti ad abitazione principale e non locati non sono soggetti ad imposizione ai fini delle imposte dirette in deroga alle previsioni ordinarie contenute nell art. 70 TUIR (quindi si produce l effetto sostitutivo delle imposte sui redditi come per l IMU); - l IVAFE in misura fissa (34,20 euro) non è limitata ai soli libretti e conti correnti detenuti nei Paesi dell Unione europea, in Islanda e in Norvegia, ma è estesa a tutti i libretti e conti correnti detenuti all estero, anche in Paesi terzi. Alcune perplessità sulle minipatrimoniali estere invero restano, a partire da quelle di bollo che colpiscono i capitali scudati con un meccanismo di imposta su imposta da cui si dovrebbe rifuggire quando si è adottato un provvedimento estemporaneo come lo scudo fiscale, fino ad arrivare alle forme di discriminazione connesse all'ivie ed all'ivafe. In quest'ultimo caso ci si riferisce alle analoghe più tenui o inesistenti forme di imposizione sulla medesima tipologia di beni, sol perché situati in Italia, e alle discriminazioni prodotte dal confronto fra le stesse due imposte; si pensi ad un immobile detenuto attraverso una società (non interposta, quindi "reale") per il quale il contribuente italiano viene assoggettato ad IVAFE con la più favorevole aliquota dello 0,1% rispetto a quella dello 0,76% valida per l'ivie che si sarebbe applicata ove l'immobile fosse detenuto direttamente. Copyright - Riproduzione riservata
12 2 Ottobre 2013, ore 10:22 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX Nuovo redditometro: contraddittorio senza pregiudizi con ampia facoltà di prova contraria In sede di controllo della posizione fiscale delle singole persone fisiche mediante l applicazione della metodologia redditometrica, l Agenzia delle Entrate dovrà esaminare una grande quantità di dati che non sempre evidenziano elementi sintomatici di evasione dell IRPEF. A tale riguardo, sarà fondamentale l espletamento di un contraddittorio (peraltro, obbligatorio) il più possibile sereno e senza pregiudizi, alla luce del quale la strumentazione in esame dovrà essere filtrata e utilizzata con equilibrio e senza automatismi, con ampia facoltà di prova contraria da parte del contribuente. Il tema sarà oggetto di approfondimento nel corso del III FORUM TAX, organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA in collaborazione con ANDAF, che si terrà a Milano il 3 ottobre di Alberto Comelli - Avvocato, Professore Associato di diritto tributario presso l'università degli Studi di Parma La disciplina dell accertamento sintetico redditometrico, quale species del genus che possiamo denominare accertamenti sintetici del reddito complessivo delle persone fisiche, è prevista dall art. 38, comma 4 e seguenti, D.P.R. n. 600/1973 ed è stata largamente modificata dall art. 22 del D.L. n. 78/2010. In particolare, è più precisa, rispetto alla precedente formulazione della norma, l individuazione dei criteri sui quali si fonda il decreto del Ministro dell Economia e delle finanze che determina il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva. Questo decreto, in virtù dell art. 38, comma 5, si basa sulla analisi di campioni significativi di contribuenti, che valorizza differenti parametri, tra i quali si segnalano, per espressa previsione normativa, da un lato, il nucleo familiare e, dall altro lato, l area territoriale di appartenenza. La disposizione in esame, peraltro, ha lasciato nell ombra l esatta individuazione del perimetro concettuale del nucleo familiare, devolvendola, di fatto, al decreto ministeriale di cui sopra. Più intuitivo e, quindi, meno problematico sul versante interpretativo, appare il concetto di area territoriale di appartenenza della persona fisica, laddove il fattore geografico non può non riflettersi, in modo significativo, sul campione di contribuenti in questione. Il decreto del Ministro dell Economia e delle finanze è stato adottato il 24 dicembre 2012 ed è applicabile agli anni d imposta a decorrere dal Ivi si afferma (art. 1, comma 2) che per elemento indicativo di capacità contributiva si intende la spesa sostenuta dal contribuente per l acquisizione di servizi e di beni e per il relativo mantenimento, con espresso rinvio agli elementi indicati nell allegata tabella A. Ai fini della precisa individuazione del contenuto induttivo di questi elementi, lo stesso decreto afferma che occorre considerare la spesa media, per gruppi e categorie di consumi, del nucleo familiare di appartenenza del contribuente (art. 1, comma 3). Il relativo contenuto induttivo, poi, corrisponde alla spesa media risultante dall indagine annuale sui consumi delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale, ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, effettuata su campioni significativi di contribuenti appartenenti ad undici tipologie di nuclei familiari distribuite nelle cinque aree territoriali in cui è suddiviso il territorio nazionale, oltre a considerare, in aggiunta, le risultanze di analisi e studi socio economici, anche di settore (art. 1, comma 4). Innanzi tutto, non viene espressamente precisato nel decreto in esame a quale concetto di nucleo familiare si sia scelto di fare riferimento. Privilegiando un approccio fin troppo pragmatico, dall allegata tabella B si desume che anche una persona sola, a prescindere dalla sua età, forma una famiglia, con una evidente contraddizione in termini. Come può uno studente fuori sede, che, per ipotesi, vive da solo, essere considerato un autonomo nucleo familiare? Lo stesso dicasi per i cosiddetti single, i quali vivono da soli. Ancora più singolare, tuttavia, appare l innesto ad ampio spettro nella disciplina dell accertamento redditometrico di una componente statistica molto rilevante: la locuzione spesa media compare tre volte nell art. 1 e una volta nell art. 3, mentre il riferimento ad analisi e studi socio economici compare
13 due volte nell art. 1 (ove si specifica: anche di settore ) e una volta nell art. 3. Gli Uffici dell Agenzia delle Entrate, in sede di controllo della posizione fiscale delle singole persone fisiche mediante l applicazione della metodologia redditometrica, dovranno esaminare una grande quantità di dati che non sempre evidenziano elementi sintomatici di evasione dell IRPEF. A tale riguardo, sarà fondamentale l espletamento di un contraddittorio (peraltro, obbligatorio) il più possibile sereno e senza pregiudizi, alla luce del quale la strumentazione in esame dovrà essere filtrata e utilizzata con equilibrio e senza automatismi, con ampia facoltà di prova contraria da parte del contribuente sottoposto al controllo. Copyright - Riproduzione riservata
14 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX Superanagrafe e scudo fiscale 2 Ottobre 2013, ore 09:39 È al via la Superanagrafe dei rapporti finanziari, che consentirà al fisco di conoscere non solo gli estremi dei rapporti intrattenuti dalla clientela con le banche, le fiduciarie e gli altri intermediari italiani, ma anche i relativi saldi e movimenti. Il tema sarà oggetto di approfondimento nel corso del III FORUM TAX, organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA in collaborazione con ANDAF, che si terrà a Milano il 3 ottobre di Marco Piazza - Professore di economia e tecnica degli scambi internazionali presso l'università Cattolica del Sacro Cuore di Milano L art. 11, commi 2 e 3, D.L. n. 201 del 2011, attuato con il provvedimento del Direttore dell Agenzia delle Entrate del 25 marzo 2013, ha stabilito che gli operatori finanziari sono obbligati fare una comunicazione periodica integrativa all Anagrafe contenente questi dati. La comunicazione sarà annuale e non mensile come quella relativa all esistenza del rapporto e sarà trasmessa entro il 20 aprile dell anno successivo a quello a cui sono riferite le informazioni. In via transitoria è stabilito che le informazioni relative all anno 2011 vengano trasmesse entro il 31 ottobre 2013 e le informazioni relative all anno 2012 vengano trasmesse entro il 31 marzo Chi ha rimpatriato attività illecitamente detenute all estero fruendo dello scudo fiscale e attualmente, avendo deciso di mantenere il cosiddetto regime di riservatezza del rapporto scudato, sta pagando l imposta di bollo speciale annuale di cui all art. 19, comma 6, D.L. n. 201 del 2011 (pari attualmente al 4 per mille del valore delle attività segretate) si chiede, quindi, se la segretazione abbia ancora senso. Per rispondere al quesito si dovrebbe sapere come l Agenzia delle Entrate utilizzerà i dati immessi in Anagrafe, ma, come apprendiamo dalla lettura del provvedimento del 25 marzo 2013, le modalità di utilizzo dei dati derivanti dalla comunicazioni integrative saranno definite con un prossimo provvedimento. I fatti noti sono che: - sin dal varo dell Anagrafe dei Rapporti finanziari, la circolare 4 aprile 2007, n. 18/E ha espresso l avviso che tra i rapporti da comunicare all Archivio siano compresi anche quelli in regime di riservatezza, regime che comunque può essere eventualmente opposto all Amministrazione finanziaria all atto della richiesta di informazioni specifiche circa i contenuti del rapporto (indagini finanziarie a seguito di verifiche mirate sullo specifico contribuente); - nonostante un intenso dibattito iniziale, quasi tutti gli intermediari finanziari hanno aderito alla tesi dell Agenzia, specie dopo che il Garante della Privacy, con risposta del 26 luglio del 2007, protocollo n /53082, ha dichiarato che la circolare n. 18/E non comporta violazioni della disciplina di sua competenza e l ABI, con la lettera circolare TR/ del 30 luglio 2007 ha diffuso il contenuto della nota dell Agenzia n. 2007/88838 del 7 giugno precedente, in cui viene spiegato il motivo per cui, a parere delle Entrate, la comunicazione dell esistenza di un rapporto segretato in Anagrafe è compatibile con il regime di segretazione. In particolare, la nota precisa che il quadro di riservatezza proprio dei suddetti rapporti ha valenza esclusivamente fiscale, non essendo lo stesso opponibile, in base all articolo 17 del Dl. 350/01, per le indagini penali. Ne discende che l esclusione dei rapporti in argomento sarebbe ingiustificata anche in riferimento al comma 4, articolo 37, del Dl. 223/06, che prevede espressamente l accesso all Archivio dei rapporti dei soggetti contemplati dall articolo 4, comma 2, lettera a), b), c) ed e) del decreto 4 agosto 2000, n. 269 [ ]. Anche Assofiduciaria, nelle circolari COM_2007_11 e COM_2009_056, ha aderito all impostazione dell Agenzia; - il dibattito si è riacceso in seguito al varo della comunicazione integrativa annuale, considerato anche che nel provvedimento del 25 marzo 2013 non veniva fatto alcun cenno allo scudo fiscale. Tuttavia nelle istruzioni alla comunicazione integrativa pubblicate il 9 agosto 2013 si legge, al par. 9:
15 «Poiché tutti i conti perverranno in maniera indistinta, appare coerente che nel flusso vengano inclusi anche i conti scudati, corredati dalle informazioni richieste dai commi 2 e 3 dell articolo 11 del Dl. 201/2011 e quindi anche con l evidenza degli importi dei saldi e dei totali dare e avere delle movimentazioni di periodo. Peraltro, tale soluzione, oltre a risultare adeguata ai fini della elaborazione delle liste selettive in quanto pone i contribuenti tutti sullo stesso piano, non sembra incidere sul principio di riservatezza, previsto dall articolata disciplina dell emersione di attivita detenute illecitamente all estero, atteso che il trattamento delle informazioni scudate avviene tramite un algoritmo e senza alcuno intervento umano». In sostanza, per l Agenzia il conto resta segretato anche se in Anagrafe risultano i relativi saldi e movimenti. Dalle istruzioni del 9 agosto traspare, inoltre, che - anche se i dati saranno utilizzati per elaborare le liste selettive ai fini degli accertamenti basati sul redditometro e per controllare le dichiarazioni dell ISEE (indicatore della situazione economica equivalente), previo via libera del Garante della Privacy, non appena saranno pronte le bozze dei provvedimenti attuativi della procedura i dati scaturiti dalle comunicazioni annuali integrative (saldi e movimenti) non saranno visibili agli Uffici periferici, i quali, per accedere alle informazioni sui conti dei contribuenti dovranno utilizzare la tradizionale procedura di indagine finanziaria mediante posta elettronica certificata. Queste conclusioni sono confermate dall iter formativo del provvedimento come descritto nei pareri del Garante della Privacy del 17 aprile e del 15 novembre Più in dettaglio, dal parere del Garante del 17 aprile 2012 desumiamo che nella prima versione del provvedimento era espressamente previsto che i dati contabili, trattati unicamente per la formazione con procedure centralizzate di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione, non implementeranno i dati accessibili attraverso la procedura delle indagini finanziarie ; precisazione scomparsa nella versione definitiva, in quanto l Agenzia ha deciso rinviare ad un successivo provvedimento la disciplina del trattamento di tali dati; Tuttavia, come riferisce il Garante nel parere del 15 novembre 2012, l Agenzia ha, in ogni caso, dichiarato che i dati contenuti nella comunicazione integrativa annuale non saranno visibili ai soggetti autorizzati all accesso all attuale archivio dei rapporti finanziari. Questa affermazione è rassicurante dal punto di vista della privacy, dato che molti sono convinti (probabilmente a ragione) che i dati sui saldi e movimenti dei conti non debbano entrare in possesso di un numero elevato di persone, non solo per motivi di privacy, ma anche di sicurezza. È poi rilevante anche per i soggetti che detengano tuttora rapporti finanziari segretati per i quali pagano l imposta di bollo speciale. Se, infatti, come sembra, gli Uffici non disporranno, in sede di verifica, dei dati provenienti dalle comunicazioni integrative, i contribuenti che ritengano di non aver bisogno di esibire lo scudo fiscale per contrattare eventuali accertamenti induttivi basati sul tenore di vita e gli investimenti effettuati (risultanti da altri strumenti di indagine del fisco, quali i pubblici registri, il catasto, le risultanze degli atti assoggettati a registrazione, i dati dello spesometro, etc.) potranno avere ancora interesse a mantenere il regime di riservatezza.
16 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX La recente giurisprudenza in materia doganale 2 Ottobre 2013, ore 08:34 Il recente orientamento della Corte di Cassazione in materia doganale si rileva particolarmente sfavorevole per il contribuente, che nelle pronunce dell ultimo triennio ha visto trattare dalla Suprema Corte temi di vivo interesse per le aziende impegnate negli scambi internazionali di merci in misura molto restrittiva, quanto discutibile. Il tema sarà oggetto di approfondimento nel corso del III FORUM TAX, organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA in collaborazione con ANDAF, che si terrà a Milano il 3 ottobre di Benedetto Santacroce - Professore presso l Università Niccolò Cusano di Roma; Avvocato tributarista - studio Santacroce Procida Fruscione Su tutti, per la prima volta è stato affrontato il tema delle sanzioni doganali, con una del tutto innovativa esegesi della norma di riferimento, rappresentata dall art. 303, D.P.R. n. 43 del 1973 (TULD). In particolare, tale norma sanziona, per l importazione, le differenze tra dichiarato ed accertato relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci, escludendo dalle fattispecie le errate dichiarazioni di origine, unico elemento non nella completa disponibilità dell importatore. Tuttavia, estendendo davvero di molto la portata della norma, la Corte di Cassazione ha invece inteso far rientrare anche l origine tra le fattispecie sanzionabili; per i Giudici, infatti, i termini impiegati nel comma 1, art. 303, TULD (qualità, quantità e valore), costituiscono un esemplificazione dell elemento oggettivo destinato all importazione e specificamente considerato ai fini del pagamento del dazio e che, in linea generale, nel concetto di qualità di una merce - che invece, per pacifica interpretazione logico sistematica, attiene alla sola classificazione doganale delle merci - rientra qualsiasi caratteristica, proprietà o condizione che serva a determinarne la natura, e a distinguerla da altre simili e, dunque, anche l origine, in quanto elemento sintomatico delle specificità del prodotto (Cass. civ. sentenze n /2012 n. 9266/2013). In secondo luogo, rimane sempre vivo l annoso tema relativo all applicazione dell art. 220 Reg. CE 2913 del 1992, recante il Codice Doganale Comunitario (CDC), nel caso di importazioni nell UE con certificati di origine errati, in genere ideologicamente falsi. Si tratta di un tema assai controverso in quanto il diritto comunitario ha espressamente contemplato una norma di garanzia per il legittimo affidamento degli operatori economici che subiscono le conseguenze di comportamenti inesatti da parte di altri soggetti e autorità e, quindi, non direttamente a loro imputabili (es. il caso dei certificati di origine inesatti, ricevuti e dichiarati degli importatori per usufruire di un regime daziario più favorevole che, invece, vengono a distanza di mesi o anni disconosciuti dalle autorità comunitrie). La norma comunitaria, tuttavia, è costruita in maniera assai rigida, complessa e articolata e sulla relativa interpretazione e applicazione spesso le autorità doganali e gli operatori comunitari trovano aspro terreno di scontro. Nelle ultime decisioni della Corte di Cassazione, tuttavia, si riscontra un interpretazione anche qui assai restrittiva, tesa troppo spesso a negare la non contabilizzazione a posteriori dei dazi all importazione, spesse volte attribuendo alla responsabilità degli importatori errori (ad esempio in vigilando o legati alla professionalità degli stessi) che rendono di fatto inaccessibile il sistema di esonero previsto dalla norma (Cass. Civ. sentenze n /2012 n /2013) Ancora, in materia di depositi IVA, continua a trovare una rigida posizione giurisprudenziale il tema della qualificazione dell IVA in dogana come tributo di confine diverso da quello interno. Dal punto di vista della regolazione comunitaria, l imposta è infatti unica e, in ogni caso, il suo pagamento, comunque avvenuto (ad esempio, con il sistema del c.d. reverse charge), estingue la relativa obbligazione. Tuttavia, per la Suprema Corte, relativamente all IVA in dogana tale principio non può essere ammesso in quanto si tratta di un tributo sostanzialmente differente dall IVA nazionale. Con giurisprudenza costante e anche qui profondamente discutibile, per i Giudici il mancato assolvimento dell IVA all importazione di beni non comunitari destinati all'ammissione in libera pratica senza che ne ricorrano le condizioni, non può essere compensato dall'assolvimento, mediante autofatturazione, dell'iva interna, in considerazione della diversità tra i due tributi: l IVA all importazione è un diritto di confine che deve essere accertato e riscosso nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo, mentre l IVA nazionale viene
17 autoliquidata e versata in relazione alla massa di operazioni attive e passive poste in essere dal contribuente [ ]. Non è quindi configurabile come duplicazione dell'iva interna l'iva all'importazione, che segue la disciplina dei diritti di confine, e la cui mancata corresponsione, nella specie, si risolverebbe in un indebita attribuzione di benefici daziari (Cass. Civ. sentenze n /2010 n /2013). Una recente ed interessantissima pronuncia ha poi per la prima volta affrontato il tema della correttezza del valore in dogana in caso di transfer price adjustments (Cass. Civ., sentenza n. 7716/2013), tema questo sempre più vivo nella pratica delle imprese multinazionali impegnate negli scambi con l estero. Come cennato, la Cassazione è dunque arrivata a decidere sul tema a livello sostanziale, anche qui però con un posizione molto restrittiva, negando l accesso alla revisione dell accertamento in quanto, per come è strutturata la disciplina proprio di questo istituto (sia con riferimento all art. 78 CDC, sia all art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990), questa non potrebbe essere esperita perché le variazioni di prezzo dovute ai TP adjustments intervengono solo in un momento successivo allo sdoganamento, quando invece le inesattezze al momento dello sdoganamento sono le uniche alle quali è possibile ricorrere per accedere alla revisione. Inoltre, la Cassazione suggerisce che l unico metodo per eventualmente gestire il tema è il ricorso alla procedura semplificata della dichiarazione incompleta, che però è di fatto inaccessibile perché difficilissima da gestire e da chiudersi comunque in un massimo di 30 o 120 giorni. Ancora, non può non osservarsi che la Corte di Cassazione - esplicitando una posizione per lo meno criticabile - è addirittura arrivata a bollare come elusiva la scelta del contribuente di operare degli adjustments ai fini delle imposte sui redditi, addirittura precisando che la presenza di un abuso del diritto, ai fini delle imposte sui redditi, vale - in altri termini - ad integrare anche una frode relativa ai dazi doganali, mediante la richiesta di riduzione del valore delle merci, sulla base del prezzo di una transazione considerata non attendibile dalla legge. Fermo ogni ulteriore commento su questa decisione, ragionando in chiave prospettica, si rimane dell opinione che, in assenza di altri metodi, proprio con la revisione dell accertamento potrebbe invece essere gestito quello che appare il migliore dei metodi, ossia quello del ruling. Fuori dalle ipotesi tipizzate, infatti, nulla appare vietare che le Autorità doganali e gli operatori possano addivenire a degli agreements per la determinazione del valore, oltre che per l immissione in libera pratica, per le modalità e le tempistiche per il pagamento dei diritti doganali e di confine gravanti sulle merci. E viceversa, per i ruling accordati dall Agenzia delle Entrate, ai fini delle imposte sui redditi. In questo modo, le Autorità doganali, mantenendo le proprie prerogative, potrebbero dare sostanza al dettato del più volte citato articolo 29 del CDC, a mente del quale è fatto onere per le stesse di valutare le circostanze proprie della vendita, valutando l accettabilità, ai fini delle operazioni di importazione e di esportazione, dei sistemi di pricing determinati ai fini delle dirette (Cass. sentenza n. 7716/2013). In ultimo, non può non farsi cenno di un importantissimo tema di prossima discussione che si auspica venga trattato con approccio meno formalistico e restrittivo da parte della Suprema Corte e che attiene all interpretazione degli artt. 29 e ss. CDC, in materia di corrispettivi e diritti di licenza (royalties) e valorizzazione delle merci in dogana. Uno dei temi che negli ultimi anni ha maggiormente impegnato gli operatori del settore e che ha trovato esiti estremamente oscillanti nella giurisprudenza di legittimità è quello dell inclusione o meno delle royalties corrisposte dall importatore nel valore dichiarato in dogana. Questi elementi, infatti, concorrono nella base imponibile ove il loro pagamento, ex art. 32 CDC, sia una condizione della compravendita internazionale dei beni. L elemento fondamentale sta nel fatto che, nei moderni assetti commerciali, è normale che i licenzianti dei marchi e i venditori delle merci incorporanti quegli stessi marchi siano soggetti giuridicamente distinti e, pertanto, il pagamento delle royalties ai licenzianti non inficia la vendita delle merci da parte dei produttori. Interpretando una prassi della Commissione UE (doc. 800/2002), tuttavia, le dogane tendono a presumere la realizzazione del requisito della condizione della vendita configurando, in ragione di clausole contrattuali contenute negli accordi di licenza, l esistenza di un legame tra licenziante e produttore che vada oltre il mero controllo di qualità delle merci, legame che, ai sensi dell art. 143 delle Disposizioni di Attuazione del CDC, si estrinseca in un potere di costrizione ed orientamento dettato da vari indicatori (es. approvazione modelli, approvazione stili, imposizione prezzi, ecc..). Per gli operatori, invece, è normale che nella moderna prassi commerciale il controllo di qualità da parte del licenziante è assai diffuso e non implica necessariamente l esistenza di un controllo, sia pure indiretto, sui fornitori extracomunitari. Su questo tema, che come detto ha avuto esiti estremamente oscillanti in giurisprudenza, sarà a breve chiamata a decidere la Corte
18 di Cassazione che si auspica riuscirà a fornire elementi di chiarezza su un tema estremamente complesso, anche per rendere certa e sicura l attività degli operatori e quella degli uffici di controllo (CTR n. 74/7/2013). Copyright - Riproduzione riservata
19 1 Ottobre 2013, ore 08:13 IPSOA con ANDAF - III Forum TAX Notificazioni dirette a mezzo posta a destinatari temporaneamente irreperibili: il postino suona sempre due volte La notificazione di provvedimenti impositivi, esattivi e impoesattivi tramite il servizio postale presuppone l intervento di un agente notificatore e il rispetto dell iter prescritto dalla legge n. 890/1982, tenuto anche conto che le mere comunicazioni dirette a mezzo posta, parificate dalla giurisprudenza di legittimità all ordinaria posta raccomandata, non assicurano la conoscibilità dell atto notificando in capo a destinatari temporaneamente assenti. Il tema sarà oggetto di approfondimento nel corso del III FORUM TAX, organizzato dalla Scuola di Formazione IPSOA in collaborazione con ANDAF, che si terrà a Milano il 3 ottobre di Mariagrazia Bruzzone - Avvocato in Genova Nella prassi operativa è frequente la spedizione diretta di atti tributari, senza l intervento di un agente notificatore. La giurisprudenza di legittimità, nell avallare queste forme di comunicazione, manifesta incertezze sull individuazione della disciplina applicabile e sulle formalità da rispettare per il perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti di destinatari temporaneamente irreperibili (cfr. M.Bruzzone, Garanzie di conoscibilità nelle notifiche di atti tributari a destinat ari irreperibili, in Corr. trib. n. 22/2013, pag.1757). La disciplina regolamentare sull ordinaria posta raccomandata Assumendo la validità della spedizione diretta a mezzo posta di provvedimenti impositivi ed esattivi, senza l intervento di un agente notificatore e senza la compilazione della relata di notifica, in alcune pronunce la Suprema Corte finisce per supporre l inapplicabilità della legge n.890/1982, sostenendo l operatività del D.M. 9 aprile 2001 sull ordinaria posta raccomandata (cfr. Cass., Sez. trib., 19 settembre 2012, n ; Id., 27 maggio 2011, n ). Ma non tiene conto che la disciplina regolamentare non garantisce affatto la conoscibilità dell atto notificando in caso di temporanea irreperibilità del destinatario, limitandosi a prevedere un termine di permanenza di trenta giorni presso l ufficio postale per gli invii a firma, senza prevedere nulla riguardo al perfezionamento della c.d. compiuta giacenza. Sarebbe irragionevolmente lesivo del diritto alla difesa, quindi incostituzionale, assumere che lo spirare del trentesimo giorno dal deposito presso l ufficio postale possa rappresentare, al contempo, l ultimo giorno di giacenza e il perfezionamento della compiuta giacenza, rilevante ai fini della decorrenza del termine d impugnazione. Sarebbe censurabile, infatti, sia la brevità del termine di giacenza (30 giorni), sia la mancata previsione dell invio di una raccomandata informativa (nel gergo postale, CAD ) al destinatario del piego, come già chiarito dalla Consulta nella sentenza n. 346/1998, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo l art. 8, comma 2, legge n. 890/1982, nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dall art. 2 del D.L. n. 35/2005. La legge n. 890/1982 sulle notificazioni a mezzo posta I canoni dell interpretazione adeguatrice impongono il superamento dell interpretazione sopra prospettata, confermando l impossibilità di estendere l applicazione della disciplina regolamentare sull ordinaria posta raccomandata alla notificazione di provvedimenti impositivi, esattivi e impoesattivi. Per questi provvedimenti la notificazione a mezzo del servizio postale non può prescindere dall intervento di un agente notificatore abilitato, attestato nella relata di notifica, e, nei casi di temporanea assenza del destinatario, deve essere rispettato l iter prescritto dalla legge n. 890/1982, al fine di assicurare quelle garanzie di conoscibilità che la stessa Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 346/1998, ha già riconosciuto come indispensabili per la salvaguardia del diritto alla difesa. In particolare, l agente postale preposto alla consegna deve dare notizia al destinatario del tentativo di notifica del piego e dell avvenuto deposito nell ufficio postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo
20 di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (CAD), e il momento perfezionativo del procedimento notificatorio coincide con la data di ritiro del piego, se anteriore alla scadenza del termine di 10 giorni decorrente dalla spedizione al destinatario del prescritto avviso; in mancanza di ritiro del piego, la scadenza dell anzidetto termine di 10 giorni perfeziona comunque la notificazione per compiuta giacenza. Copyright - Riproduzione riservata
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