Modello pragmatico-utilitaristico o intersoggettivista-razionalistico

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1 Dall etica medica alla bioetica: storia, modelli, principi Borgia L. 2 La Bioetica è una disciplina giovanissima e in continua evoluzione; il termine stesso fu coniato negli USA nel 1970 dall oncologo Van Rensselaer Potter, in un articolo dal titolo The science of survival 1. In quegli anni circolava il timore che il processo scientifico-tecnologico, pur contenendo in sé la possibilità di migliorare le condizioni di vita, se condotto in maniera indiscriminata, avrebbe potuto trascinare l umanità e le differenti forme di vita sul baratro della distruzione. Dalla portentosa esplosione dell industrializzazione all applicazione delle ricerche nel settore alimentare, dall evoluzione scientifica in campo medico all utilizzo della biochimica per la costruzione di armi chimiche e batteriologiche: tutti motivi di crescente preoccupazione che sopravvivono ancora oggi nella loro drammatica attualità, nella piena consapevolezza che l uomo, in qualsiasi momento storico sia collocato, difficilmente si ferma di fronte alle estreme conseguenze. Per scongiurare quello che sembrava un disastro inevitabile, Potter indicò la necessità di costruire un ponte 2 fra la cultura umanistica e quella scientifica: la Bioetica, che diventa così una scienza della sopravvivenza, in quanto si rivolge non solo all uomo, ma a tutto l ecosistema, per utilizzare la conoscenza scientifica non più in maniera selvaggia, ma tenendo presente le indicazioni morali e le leggi insite nella stessa biosfera. Da Potter la Bioetica si è poi diffusa nel mondo grazie ai contributi di Hans Jonas 3, che si preoccupava di salvaguardare la sopravvivenza dell umanità mediante un etica del futuro, che valutasse le azioni nei loro effetti a distanza: bisogna evitare il sommo male e non ricercare semplicemente il sommo bene, perché non tutto ciò che è realizzabile è buono e la nostra generazione ha dei doveri verso la discendenza, in quanto l umanità ha l obbligo di esserci. La Bioetica nasce dunque come momento critico 4, quando si incrina la fiducia nella capacità di autoregolazione del progresso tecnologico e della ricerca scientifica che, se avulse da un riferimento etico condiviso, perdono quella immunità derivante da una illimitata libertà di ricerca. Crolla la certezza illuministica dell identità tra progresso e bene: si avverte la necessità di verificare costantemente la legittimità morale delle procedure scientifiche 5. La Bioetica si colloca immediatamente in un contesto interdisciplinare, riferendosi a tematiche e valutazioni che da sempre erano state di pertinenza della deontologia e dell etica medica. In medicina infatti la riflessione etica è antichissima e percorre tutta la storia della scienza medica. Se volessimo identificare un breve itinerario storico dell etica medica, dovremmo riferirci a quattro eventi fondamentali 6 : 1) Il Giuramento di Ippocrate, espressione di una cultura che poneva il medico al di sopra della legge, unico custode del bene del paziente, il cui ethos si fondava sul principio di beneficienza e non maleficienza, in base al quale aveva la coscienza del bene in sé, senza alcuna considerazione dei desideri del paziente. Da questa concezione deriva il cosiddetto paternalismo medico, che ha suggellato da sempre la relazione medico-paziente, fino alla recente acquisizione del diritto di autonomia, con il quale la persona malata cerca di ristabilire un equilibrio attraverso la partecipazione consapevole alle scelte terapeutiche. Nel giuramento di Ippocrate troviamo concentrati tutti gli elementi che sono oggetto dell attuale discussione bioetica e che costituiscono la trama su cui da sempre si intesse l azione e la riflessione morale del 1 V.R. Potter., Bioethics: the science of survival, Perspectives in Biology and Medicine, V.R. Potter., Bioethics: bridge to the future, Prentice Hall, Englewood Cliffs (NJ) H. Jonas., Philosophical Essays. From ancient creed to technological man, The University of Chicago Press, Chicago 1974 (trad. it. Dalla fede antica all uomo tecnologico, Saggi filosofici, Il Mulino, Bologna 1991); Id., Das Prinzip Verantwortung, Insel Verlag, Frankfurt am Main 1979 (trad. it. Il principio responsabilità. Un etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990). 4 A.Pessina, Bioetica, L uomo sperimentale, Bruno Mondadori, Milano A. Pessina, ibidem. 6 E. Sgreccia, Manuale di Bioetica, I, Fondamenti ed etica biomedica, Vita e Pensiero, Milano, Bioetica generale e clinica

2 medico: l obbligo di non somministrare veleno, di evitare aborto procurato, di non abusare sessualmente del malato e dei suoi familiari, di rispettare il segreto professionale. Si noterà come questi obblighi, fondati sul principio del primum non nocere, costituiscono il cuore di un primo codice deontologico di natura pregiuridica, a suggello del quale venivano invocate le divinità, con la loro benedizione per chi lo avrebbe osservato e la maledizione per chi lo avrebbe trasgredito. Tutti gli attuali codici deontologici, pur nella loro specificità ed attualità, rimangono fedeli a quei principi sanciti quattro secoli prima di Cristo. 2) L avvento del Cristianesimo, con la creazione degli ospedali (unica forma di assistenza pubblica per almeno diciassette secoli), basati sul concetto teologico di assistenza come carità verso la persona umana del paziente, inteso nella sua unità di corpo e spirito, al cui cospetto il medico si trasforma in servitore, incarnando il buon samaritano della parabola evangelica. Oggi, accanto al Cattolicesimo, anche le altre Chiese Cristiane e le altre confessioni religiose hanno indicato i loro principi di etica medica, in particolare segnaliamo il Codice Islamico di Etica Medica del 1981, e le indicazioni sull aborto e la diagnosi prenatale da parte del Consiglio Ecumenico delle chiese di Ginevra (Manipulating life: ethical issues in genetic engineering) del ) Il pensiero filosofico moderno, attraverso il liberalismo etico di Hume e Smith che ha sancito l affermazione del principio di autonomia all interno dei diritti dell uomo e del cittadino, come forma di contrapposizione e bilanciamento all eccessivo potere del paternalismo medico. 4) Il processo di Norimberga, che svelò i crimini compiuti dai medici nazisti sui prigionieri, per le cosiddette sperimentazioni. Quel processo costituì uno spartiacque nella storia della professione medica, dal momento che, per la prima volta, i medici salirono sul banco degli imputati con l accusa di aver perpetrato dei crimini contro l umanità. L opinione pubblica mondiale si rese conto che il medico poteva ripudiare il sacro principio del primum non nocere per asservirsi alle esigenze della politica e della ideologia, utilizzando l essere umano non più come fine, ma come mezzo privo di qualsiasi dignità. Lo sdegno comune fu talmente profondo da minare alla base la fiducia di cui godeva per antonomasia il medico, e ci si rese conto che non bastava più appellarsi alla scienza e coscienza individuale che si riteneva fossero insite in ciascun professionista sanitario. Gli stessi ordini dei medici ritennero necessario darsi dei propri codici deontologici cogenti e vincolanti, sia per riacquistare la fiducia dell opinione pubblica, sia per isolare e punire palesemente i trasgressori che avrebbero portato discredito sull intera categoria. Dal processo di Norimberga scaturirono tutte le formulazioni dei diritti dell uomo (attraverso Dichiarazioni, Convenzioni, Raccomandazioni e Carte) e tutti i Codici di Deontologia Medica da parte dell Associazione Medica Mondiale e della Federazione Ordine dei Medici. Particolare importanza assume il Codice di Norimberga, il decalogo che sancisce i diritti dei soggetti coinvolti nelle sperimentazioni, fissando l obbligo del consenso informato come elemento imprescindibile per la conduzione di uno studio clinico. Tutto questo corpus normativo della metà del secolo scorso implicava una riflessione che doveva sfociare necessariamente in una fondazione teoretica e giustificativa: la nascita della Bioetica come disciplina sistematica fu così il naturale epilogo di un processo lungo quanto la storia della medicina. Se molteplici sono state le prospettive storiche che hanno cercato di interpretare la Bioetica, ancor più diversificati sono stati i paradigmi filosofici che hanno dato vita a dei veri e propri modelli di Bioetica, tanto da indurre qualche autore contemporaneo a ritenere che non si possa più parlare di una sola Bioetica, ma di tante bioetiche riconducibili a diversi criteri e differenti valori che appaiono spesso inconciliabili tra loro. Di seguito si riportano i modelli più rappresentativi e i relativi principi fondanti. Modello descrittivo-naturalistico o socio-biologico Si basa sul principio del progresso. Deriva dalla teoria evoluzionistica di Darwin, dal sociologismo di Weber e dal sociobiologismo di Heisenk e Wilson. Afferma che, così come si evolve la vita in base all adattamento, allo stesso modo deve evolversi la morale in quanto espressione della cultura e della storia. In questo relativismo etico, la morale si riduce a mero garante di un equilibrio evolutivo e l uomo è ridotto ad un momento della storia e della natura. Basi e modelli della Bioetica e Biogiuridica 9

3 Modello soggettivista-irrazionalista o liberal-radicale Si basa sul principio di autonomia e di libertà di derivazione illuministica. Deriva dal soggettivismo-decisionismo di Kelsen e Popper, dall emotivismo di Ayer e Stevenson, dall esistenzialismo nichilista di Sartre e dal libertarismo di Marcuse. Afferma che la morale non deve fondarsi sui fatti che sono avalutativi (values free), ma sulla scelta del soggetto che dà liceità a ciò che liberamente vuole, ponendosi come unico limite il non ledere la libertà altrui. È un concetto di libertà che prescinde da quello della responsabilità, quella interiore, che sussiste anche in assenza di una legge esterna e che, scevro da ogni limitazione, può condurre a legittimare la legge del più forte. Modello pragmatico-utilitaristico o intersoggettivista-razionalistico Si basa sul principio del rapporto costo/beneficio e sul rifiuto di qualsiasi norma e verità universale. Deriva dall utilitarismo di Hume, Bentham e Mill, secondo i quali va ricercato il massimo del piacere con il minimo di sofferenza per il maggior numero di persone. Ciò che identifica la persona non è l esercizio della ragione, ma la capacità di provare piacere o dolore: l unico movente delle azioni diventa pertanto la ricerca del piacere e del soddisfacimento dei propri interessi. Il bene non è più un valore in sé, ma si definisce in funzione dell utile per la collettività e la moralità di un atto deriva dalla quantità di piacere che produce 7. Da questi parametri deriva il concetto di qualità della vita, in base al quale i paesi anglosassoni hanno elaborato l Analisi Costi/Benefici (ACB), l Analisi Costi/Efficacia (ACE) e la Quality-Adjusted Life Years (QALY) per decidere sugli interventi terapeutici ed assegnare le risorse in ambito sanitario. Spesso queste valutazioni economiche conducono al rifiuto dell assistenza quando la si ritiene una spesa non produttiva, specie se rapportata ad una qualità di vita ritenuta non accettabile per le sofferenze che comporta o per un esito infausto della patologia. Il diritto a non soffrire inutilmente coincide con il dovere di sopprimere una vita sofferente, sulla base di una oggettivabilità e calcolabilità del piacere e del dolore. Ne scaturisce però la difficoltà di individuare i parametri in base ai quali standardizzare il piacere e il dolore, (esperienze intrinsecamente soggettive e dipendenti da variabili personali e contestuali) e l impossibilità di identificare chi può decidere sulla qualità di vita di un altro essere umano. All interno di questo modello utilitarista bisogna citare due attuali linee di pensiero abbastanza diffuse: a) il contrattualismo con il suo massimo esponente Tristan Engelhardt 8 : come Rousseau ricercava un contratto per la convivenza civile, così Engelhardt ricerca un contratto per la convivenza pubblica, stipulato da quanti hanno la facoltà di decidere, a scapito di quegli individui che non possono far parte della società a pieno titolo in quanto incapaci di scegliere razionalmente. Engelhardt, infatti, distingue tre diverse categorie di esseri umani: le persone (soggetti morali o agenti morali, soggetti autocoscienti capaci di razionalità e autodeterminazione) uniche detentrici dei diritti, i non-ancora persone (embrioni, minori ), i non-più persone (disabili, morenti, ). In quest ottica la persona non ha un valore intrinseco, ma subordinato alla sua partecipazione alla vita sociale e al riconoscimento che sono disposti ad attribuirgli i soggetti sociali in base a principi condivisi e che possono mutare al variare delle circostanze e delle priorità sociali. Questi principi sono essenzialmente due: il principio di autonomia o di permesso (attribuisce la dignità di persona all individuo in grado di esercitare attualmente l autonomia e garantisce la possibilità di rintracciare una morale condivisa) e il principio di beneficenza (auspica, ma non impone, un atteggiamento benevolo da parte dei soggetti morali nei confronti degli stranieri morali che non condividono un comune senso morale, e nei confronti dei soggetti che non fanno più parte della comunità morale perché non in grado di esercitare l autonomia) 9. 7 L. Palazzani, Introduzione alla biogiuridica, Giappichelli, Torino T. H. Engelhardt jr., The Foundations of Bioethics, Oxford University Press, New York 1986 (trad. it. Manuale di Bioetica, Il saggiatore, Milano 1991). 9 L. Palazzani, Introduzione., op. cit. 10 Bioetica generale e clinica

4 Gli individui umani non persone (così definiti da Engelhardt) potrebbero godere di una eventuale tutela giuridico-sociale indiretta, sottomessa alla volontà e/o alla opportunità sociale di garantire i soggetti umani a pieno titolo (le persone) che nei loro confronti avessero fatto un investimento, per esempio affettivo (come avviene di norma per i genitori verso i propri figli) 10. b) il principismo o principialismo, nato nel 1978 nel Kennedy Institute of Ethics della Georgetown University, in seguito al cosiddetto Rapporto Belmont, 11 redatto da una commissione che volle individuare alcuni criteri etici di base per guidare gli sperimentatori ed i comitati etici nell ambito della ricerca sull uomo. I tre principi identificati (da cui deriva il termine principialismo ) sono: principio di autonomia: capacità di agire consapevolmente e liberamente; rispetto delle persone coinvolte nelle sperimentazioni, anche quando la loro autonomia è ridotta o assente; necessità del consenso informato. principio di beneficialità - non maleficienza, di derivazione ippocratica: non arrecare danno, minimizzare i rischi, ricercare attivamente il bene; necessità di valutare il rapporto rischio/beneficio. principio di giustizia: equa distribuzione delle risorse. Nell intento della Commissione Belmont questi principi dovevano costituire solo una base etica condivisibile tra tutti gli sperimentatori. Furono poi Beauchamp e Childress 12 ad inserirli in un modello teorico e ad estenderli a tutta l area biomedica. Tuttavia non fu attribuita ad essi alcuna gerarchia né priorità e, in caso di conflitto tra i principi, la scelta sarebbe avvenuta unicamente in base al contesto particolare, secondo un bilanciamento dei valori. Questi furono ritenuti doveri prima facie 13, ossia principi generali vincolanti ma non assoluti e sempre rivedibili e contestualizzabili, che devono poi confrontarsi con i doveri effettivi, che massimizzano le conseguenze, per poter poi formulare i giudizi morali particolari. L obiettivo di Beauchamp e Childress era quello di far convergere teorie filosofiche opposte su principi e regole comuni, per ottenere un overlapping consensus (consenso comune). In realtà, la conseguenza del principialismo è un relativismo etico, in cui i principi non sono inseriti in una teoria che li armonizzi quando entrino in conflitto, ma fungono da substrato di riferimento comune, e lasciano il soggetto senza una guida che possa orientarne l azione. Modello personalista Pone come centro dei valori e come fine ultimo la persona, pur mantenendo intatti i principi del principialismo. Da questa premessa sembrerebbe che il concetto di persona possa costituire il minimo morale, il substrato di consenso comune da cui partire per una discussione bioetica, soprattutto in riferimento alla dignità della persona e ai suoi diritti. Eppure, ci si accorgerà che nessun altro termine vanta tante e tali ambiguità da renderlo applicabile ai diversi e contrapposti orientamenti dell attuale panorama filosofico. Se comune è la domanda chi è persona? e condivisa è l esigenza di rispettarla e tutelarla, contrastanti e persino antitetiche sono le risposte. nel Personalismo Relazionale di Habermas 14, la persona esiste solo se può relazionarsi con qualcun altro; nel Personalismo Ermeneutico di Gadamer, è persona chi è in grado di interpretare soggettivamente la realtà; nel Personalismo Ontologico di tradizione tomista 15, la persona, nella sua unitotalità di corpo e spirito, ha un valore ontologico, essenziale, insito nella sua natura sempre, dal concepimento alla morte, in ogni circostanza ed in ogni tempo, ed è l unica misura tra il lecito ed il non lecito. 10 F. D Agostino, Parole di Bioetica, Giappichelli Editore, Torino Il rapporto Belmont fu redatto nel 1978 dalla Commissione Nazionale costituitasi nel 1974 per ordine del Congresso Americano, con il compito di elaborare una cornice normativa per regolare la ricerca clinica, in seguito allo scandalo suscitato da alcune sperimentazioni condotte negli USA nel disprezzo della dignità dei soggetti. 12 T.L. Beauchamp J.F.Childress, Principles of biomedical ethics, Oxford University Press, New York D. Ross, The foundation of ethics, Oxford, J. Habermas, Teoria e prassi nella società tecnologica, Laterza, Bari Il personalismo ontologico riprende il concetto aristotelico-tomista di persona come sinolo o composto di corpo e anima intellettiva. L anima è la forma sostanziale del corpo, ossia il corpo è umano in tutte le sue parti in quanto informato dall anima, pertanto l uomo può essere definito indistintamente corpo animato o spirito incarnato. Basi e modelli della Bioetica e Biogiuridica 11

5 La persona è il suo corpo, non ha un corpo. Il corpo umano possiede onticamente dignità di persona poiché costituisce un processo evolutivo continuo in cui sono identificabili solo due salti qualitativi : l inizio e la fine 16. La sacralità della vita di ciascuno è tale da porre la persona sempre come fine e mai come mezzo, anche per la società. Alla luce di questa concezione, il personalismo ontologico riprende i principi fondanti del principialismo di Beauchamp e Childress, li reinterpreta e li ridefinisce come: Principio terapeutico o di totalità: ogni intervento su una parte del corpo è lecito solo se è destinato a salvare la totalità del corpo, se non ci sono alternative, se c è speranza di un risultato positivo, se c è il consenso dell interessato o di chi ne fa le veci, se si interviene non solo sulla malattia ma anche sulla causa e alla luce della complessità psichica del paziente. Va considerata inoltre la necessità di una proporzionalità delle terapie, che esige un attento calcolo rischio/beneficio, onde scongiurare il pericolo dell accanimento terapeutico. Questo principio è posto a tutela del valore corporeità, che va sempre rispettato a mai arbitrariamente leso 17. Principio di libertà-responsabilità sia del medico (nel rispetto della sua libertà di coscienza) sia del paziente (nel rispetto della sua adesione consapevole alle terapie), ponendo sempre come fine il diritto alla difesa della vita. Da questo principio deriva la necessità del consenso informato. Principio di socialità e sussidiarietà: la vita e la salute sono considerati anche beni sociali, perciò va ricercato il bene comune che non deve essere erroneamente identificato nel bene della maggioranza, bensì nel bene di tutti attraverso il bene dei singoli 18. La società ha il dovere di assistere il malato dando maggiore aiuto a chi ha più bisogno, permettendo ed incentivando anche le iniziative private e di volontariato. Da questa breve rassegna del percorso storico compiuto per giungere alla nascita della Bioetica e da uno sguardo sul panorama attuale dei numerosi modelli teorici, si può notare come possa essere tutt altro che scontato il trovare un adeguata ed unanime definizione della Bioetica stessa. Nella sua breve storia, infatti, la Bioetica è stata intesa come metodo di confronto tra le discipline biomediche e quelle umanistiche, come una branca della filosofia morale, come un appendice dell etica medica, e finalmente come una disciplina autonoma. Si è passati così da una prima definizione del 1978 che indicava nella Bioetica uno Studio sistematico della condotta umana nell ambito delle scienze della vita e della salute, esaminata alla luce di valori e di principi morali 19, alla più recente formulazione di Daniel Callahan dell Hasting Center di New York, che definisce la Bioetica come Studio sistematico delle dimensioni morali inclusa la visione morale, le decisioni, la condotta e le politiche delle scienze, della vita e della salute, utilizzando varie metodologie etiche con una impostazione interdisciplinare 20. Secondo questa caratterizzazione, la Bioetica assume la dignità di disciplina accademica, una forza politica nella medicina, nella biologia e nell ecologia, trasformando radicalmente il tradizionale dominio dell etica medica, incuneandosi nel diritto e nella politica, nella letteratura e nei mezzi di comunicazione. Nel suo significato più ampio, la Bioetica spazia dagli specifici problemi etici delle scienze della vita ai dilemmi etici individuali degli operatori sanitari, fino alle scelte cruciali della società, dei cittadini e dei legislatori quando devono individuare eque politiche della salute e dell ambiente Con questo ampliamento dell area degli interessi della Bioetica, Callahan sottolinea come le domande sugli aspetti morali e sul fine ultimo della scienza non possano essere più disgiunte dai valori morali, secondo il noto principio da lui formulato e accettato dal Kennedy Institute (Georgetown University) e dall Hasting Center (New York): non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente lecito F. D Agostino, Bioetica nella prospettiva della filosofia del diritto, Giappichelli Editore, Torino V. Mele, Organismi geneticamente modificati e Bioetica, Cantagalli, Siena, J. Maritain, I diritti dell uomo e la legge naturale, Vita e Pensiero, Milano W.T. Reich (ed.), Encyclopedia of Bioethics, Free Press, N.Y. 1978,I, p.xix. 20 Encyclopedia of Bioethics, Mac Millan, New York A. Fiori, P. Binetti, Bioetica ed Educazione Sanitaria, in E. Sgreccia, M.L. Di Pietro (a cura di), Bioetica e Formazione), Vita e Pensiero, Milano Bioetica generale e clinica

6 La Bioetica spesso è stata confusa o associata alla deontologia medica ed alla medicina legale: fu solo nel Convegno Internazionale svoltosi ad Erice nel che si distinse la Bioetica dalle altre due discipline, individuando per ognuna di esse le finalità e gli strumenti. Ne emerse il cosiddetto Documento di Erice, nel quale si individua chiaramente: l oggetto e l ambito di competenza della Bioetica: problemi etici delle professioni sanitarie e delle ricerche sull uomo; problemi sociali connessi alle politiche sanitarie, alla medicina occupazionale, alla pianificazione ed al controllo demografico; problemi relativi all intervento sugli altri esseri viventi ed all intero ecosistema. A questi ambiti si sono aggiunti in seguito il biodiritto e l educazione alla bioetica; le finalità della Bioetica: l analisi razionale dei problemi morali della biomedicina e la loro connessione con il diritto e le scienze umane; la formulazione di indicazioni etiche fondate sui valori della persona e sui diritti dell uomo, nel rispetto di ogni visione religiosa, con applicazioni alla condotta personale, al diritto condendo ed ai codici deontologici professionali; gli strumenti della Bioetica: metodo interdisciplinare che riguarda l aspetto epistemologico, antropologico ed applicativo. A questo primo documento, chiaro ma poco noto, si richiama anche il più recente Documento di Pontignano per riaffermarne la validità 23. Questa nuova Carta 24 ha lo scopo di individuare le competenze didattiche indispensabili per introdurre l insegnamento della Bioetica nei corsi di laurea in medicina. Attualmente la trattazione della Bioetica si configura in tre momenti distinti ma fortemente correlati: 1) La Bioetica generale come parte della filosofia morale, che studia i valori ed i principi fondanti l etica medica, attraverso lo studio della legislazione nazionale ed internazionale. 2) La Bioetica speciale che affronta i grandi problemi della biomedicina (sperimentazione, eutanasia, ), da risolvere alla luce dei modelli etici e dei principi assunti come fondanti. 3) La Bioetica clinica o decisionale che riguarda i singoli casi della prassi medica i quali, pur nella loro variabilità e molteplicità di situazioni contestuali, sono affrontati con una linea di condotta che varia in base ai valori assunti come fondanti. Da quanto esposto sin qui, si potrebbe ritenere che la Bioetica sia per natura e tradizione votata alle problematiche dell etica medica, con particolare riferimento alla relazione medico-paziente, e si rivolga agli addetti ai lavori come interlocutori privilegiati. In realtà, in seguito ad una accelerazione impetuosa del progresso scientifico-tecnologico (tanto che si parla già di una nuova categoria, la tecno-scienza 25 in cui è indisgiungibile il legame tra sapere teorico e applicazione pratica), la discussione bioetica si sta spostando prepotentemente dalla bioetica quotidiana a quella che Giovanni Berlinguer definisce la bioetica di frontiera 26, che affronta i nuovi problemi emergenti dal progresso della scienza e della tecnologia. Nuove vicende che implicano problemi inediti balzano impetuosamente sulla cronaca quotidiana, spostando il dibattito dalla cerchia ristretta degli esperti al grande pubblico, evocando scenari e risonanze a fronte dei quali la maggior parte dell opinione pubblica risulta priva di elementi per codificare e valutare criticamente le notizie. Gli stessi mezzi di comunicazione forniscono spesso un informazione finalizzata a suscitare forti emozioni, più che a creare una conoscenza corretta e obiettiva. Né si può immaginare di invertire questa tendenza alla democratizzazione della Bioetica, dal momento che gli interventi tecnico-scientifici pervadono tutti i campi della vita umana e della biosfera in generale: dall ingerenza nelle fasi più delicate della vita umana (inizio vita: fecondazione artificiale, sperimentazione sugli embrioni, ingegneria genetica, clonazione; fine vita: prolungamento artificiale delle funzioni vitali, tra- 22 Il titolo del convegno era New trends in forensis haematology and genetics. Bioethical problems. (Erice, febbraio 1991). Il Documento di Erice fu approvato da un gruppo interdisciplinare costituito da M. Barni, P. Benciolini, G. Canepa, P. Cattorini, L. De Carli, A. Fiori, L. Roche, C. Romano, E. Sgreccia, E. Villanueva). Il testo del documento è reperibile in Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni, 53rd Corse, New trends in forensis haematology and genetics. Bioethical problems, pubblicato su Medicina e Morale, 1991/4, pp A. Fiori, P. Binetti, Bioetica, op. cit. 24 Il Documento di Pontignano è stato elaborato da un gruppo interdisciplinare di bioeticisti, giuristi e medici legali al termine di un dibattito sul tema: Bioetica, Deontologia e Diritto per un nuovo codice professionale del medico. 25 E. Agazzi, Il bene, il male e la scienza. Le dimensioni etiche dell impresa scientifico-tecnologica. Rusconi, Milano G. Berlinguer, Bioetica quotidiana, Giunti, Firenze Basi e modelli della Bioetica e Biogiuridica 13

7 pianti, accanimento terapeutico, richieste eutanasiche) agli interventi sul mondo animale e vegetale (biotecnologie). Questi nuovi e indefiniti orizzonti dell azione umana implicano l ampliamento dei principi cui far riferimento, dal momento che i classici principi di beneficenza-non maleficenza, autonomia e giustizia non sono più sufficienti a garantire una cornice etica. Almeno quattro nuovi principi emergono nella riflessione bioetica europea, tutti collegati allo sviluppo impetuoso della genetica e all utilizzo dei test genetici: dignità; uguaglianza; riservatezza privacy; non commerciabilità dei dati e del patrimonio genetico. Si pensi, solo per esemplificare, al pericolo eugenetico insito in quei test predittivi per patologie prive di qualsiasi terapia, al fallimento della solidarietà sociale per i soggetti positivi ai test e perciò privati di coperture assicurative, alla privazione della libertà personale nei casi di obbligatorietà dei test, alla violazione del diritto di autonomia nei casi di comunicazione dei risultati quando questa non sia stata richiesta o sia stata esplicitamente rifiutata. Non solo, queste nuove problematiche implicano la nascita di nuovi soggetti giuridici e di nuove categorie di reati, a fronte dei quali diventa improcrastinabile il rinnovamento del corpus giuridico. L ultima tappa di questo processo evolutivo della Bioetica coincide con l emanazione della Dichiarazione Universale di Bioetica e dei Diritti Umani da parte dell UNESCO il 19 ottobre Si tratta di un documento di estrema importanza, in quanto è la prima Dichiarazione Universale avente come oggetto la Bioetica, considerata come disciplina indisgiungibile dai diritti umani, come ben evidenzia il titolo. Nella Dichiarazione vengono riaffermati i principi della Bioetica come la dignità e i diritti umani, la prevalenza dei benefici sui rischi per i pazienti coinvolti nella ricerca, l autonomia decisionale e il consenso, con particolare attenzione alle persone vulnerabili e incapaci, l uguaglianza, la giustizia e l equità. Accanto a questi principi classici, pari dignità universale viene attribuita a: privacy e confidenzialità; non stigmatizzazione di individui o gruppi; rispetto della diversità culturale e pluralismo; solidarietà e cooperazione; responsabilità della promozione della salute come obiettivo fondamentale dei governi; accesso all assistenza sanitaria e ai farmaci essenziali soprattutto per donne e bambini; condivisione dei benefici derivanti dalla ricerca specie con i paesi in via di sviluppo e con le persone e i gruppi che hanno preso parte alla ricerca; protezione dell ambiente e della biosfera. Questa Dichiarazione introduce molti elementi di novità nell ambito della Bioetica, ma l indicazione più incisiva, per la quale si richiedono interventi immediati da parte degli Stati, è quello della promozione dell istruzione e della formazione in materia di bioetica a tutti i livelli UNESCO, Universal Declaration on Bioethics snd Human Rights. 28 Idem, art. 23 Istruzione, formazione e informazione in materia di bioetica. 14 Bioetica generale e clinica

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