Cure palliative e terapia del dolore: lo stato dell arte

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2 Cure palliative e terapia del dolore: lo stato dell arte La terapia del dolore e le cure palliative : aspetti etico-deontologici Dott.ssa Gemma Migliaro

3 Compianto sul Cristo morto (part.) Niccolò dell Arca, S.Maria della Vita Bologna ( ) Divinum opus est sedare dolorem

4 Divinum opus est sedare dolorem Sin dai tempi remoti, come ricorda il riportato frammento da taluni attributo ad Ippocrate, da talaltri a Galeno, la scienza medica ha individuato uno dei suoi più alti fini nella sedazione del dolore. Lo stesso termine palliativo, per designare l insieme di interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, ha origini antiche.

5 Il pallium

6 Come è noto il termine palliazione deriva dal latino pallium, un tipo di mantello in uso tra i greci e i romani. Dall iniziale accezione negativa in cui palliare in qualche modo è stato visto come sinonimo di nascondere e coprire - in quanto non si rimuovono le cause della malattia-, poco a poco negli ultimi decenni ha assunto una valenza positiva. Il riferimento al termine latino può essere letto a due livelli. Il primo, più tradizionale, fa riferimento al mantello che copre tutta la persona per indicare un azione multidisciplinare che, oltre al trattamento del dolore, si fa carico anche della dimensione sociale, psicologica e spirituale. Il secondo livello considera il rapporto continuato, la relazione persona-le richiesta dalle cure palliative. Il pallio, infatti, era il mantello feriale della persona del popolo, ossia di colui che sperimentava quotidianamente il bisogno della vicinanza e del sostegno di chi gli stava accanto: in questo senso pallium sottolinea la particolarità puntuale, quotidiana, personalizzata della cura stessa E. Colombetti 5/7

7 Legge 15 marzo 2010, n. 38 Nell ottica di offrire una soluzione alle problematiche umane prima ancora che giuridiche che nascono quando la malattia non risponde più alle terapie aventi come scopo la guarigione., la legge 15 marzo 2010, n. 38 ( Disposizioni per garantire l accesso alle cure palliative ed alle terapie del dolore ), in vigore dal 4 aprile 2010, si prefigge, nei dodici articoli dei quali si compone, di introdurre significative modifiche nella prescrizione dei farmaci per il trattamento del dolore, e di apprestare un modello assistenziale che, articolato su vari livelli di intervento, possa assicurare sostegno fisico e psichico alle persone coinvolte ed al paziente in primis.

8 C è un noto detto francese che recita: Curare spesso, guarire qualche volta, consolare sempre. Oggi esso sembra contraddetto dall indispensabile quanto attuale distinzione tra to cure e to care: la cultura e la pratica delle cure palliative rappresenta un esempio del modo in cui questa dicotomia può venire ricomposta.

9 Il nuovo codice deontologico Il 18 maggio 2014 è stato approvata a maggioranza la nuova versione del Codice di Deontologia Medica In esso sono presenti alcuni articoli che indicano il dovere del medico di trattare il dolore e stabiliscono modalità operative in alcune situazioni inerenti le cure palliative e la terapia del dolore

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11 Doveri del medico sono la tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona, senza discriminazione alcuna, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera.

12 Il medico, tenendo conto delle volontà espresse dal paziente o dal suo rappresentante legale e dei principi di efficacia e di appropriatezza delle cure, non intraprende né insiste in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, dai quali non ci si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita

13 Il controllo efficace del dolore si configura, in ogni condizione clinica, come trattamento appropriato e proporzionato.

14 Il medico che si astiene da trattamenti non proporzionati non pone in essere in alcun caso un comportamento finalizzato a provocare la morte.

15 I trattamenti che incidono sull integrità psico-fisica sono attuati al fine esclusivo di procurare un concreto beneficio alla persona.

16 Il medico non abbandona il paziente con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di coscienza, ma continua ad assisterlo e se in condizioni terminali impronta la propria opera alla sedazione del dolore e al sollievo dalle sofferenze tutelando la volontà, la dignità e la qualità della vita. Il medico, in caso di definitiva compromissione dello stato di coscienza del paziente, prosegue nella terapia del dolore e nelle cure palliative, attuando trattamenti di sostegno delle funzioni vitali finché ritenuti proporzionati, tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento

17 Alcune considerazioni Il laborioso lavoro sul Codice ha avuto lo scopo (dichiarato dalla FNOMCeO) di aggiornare le regole del precedente codice deontologico (2006). L obbiettivo del lavoro, protrattosi per due anni, quindi non è stato riformare ma migliorare, cioè rieditare in forma aggiornata il codice precedente, come si fa con i trattati che si aggiornano ma senza mutarne mai il modello

18 Alcune considerazioni Per armonizzare le regole tra loro ci vuole una idea/ideale di medico che coordini anche in modo evolutivo, l elaborazione deontologica. A partire da questa idea/ideale di professione si tratta di convocare e tentare di armonizzare tutte le concezioni che ci servono per scopi deontologici. Nel codice questa nuova idea/ideale non sembra esserci. La stesura del nuovo codice assume implicitamente la concezione di medico preesistente, aggiornandola, non quella del medico di domani, cioè riformandola.

19 Alcune considerazioni Da alcuni anni diritti e doveri del medico vengono spesso stabiliti dalla Magistratura attraverso sentenze. Si rivolgono alla Magistratura le persone assistite a vario titolo scontente dell operato del medico, spesso con uno scopo meramente risarcitorio ma anche coloro che pretendono prestazioni che la buona pratica clinica, supportata da corpose dimostrazioni scientifiche, ha loro negato. In conseguenza di ciò la pratica della medicina difensiva avanza anche in Italia a grandi passi. Inoltre la progressiva aziendalizzazione della sanità, finalizzata ad un doveroso risparmio di risorse, ha caricato i medici di incombenze gestionali e amministrative, compiti cui nessuna università li aveva preparati. Ebbene, la nuova stesura del Codice sembra voler fornire un riparo a tutto questo. Dettagliando e normando molte pratiche e procedure mediche ma anche organizzativo-gestionali sembra offrire una maggior tutela al medico e quindi al paziente. Ma nessun codice potrà mai normare totalmente la responsabilità professionale che si esplica nella relazione medico-paziente.

20 Caro Amedeo.... Lettera aperta al presidente della Fnomceo da un libero pensatore - non si scrive o si riscrive un codice deontologico senza un progetto di medico la cui definizione non spetta alla commissione ma agli organismi dirigenti della Fnomceo; e, aggiungo, io se e in quanto realmente rappresentativi dell «animus» dei medici di oggi - in questi anni abbiamo assistito su molte questioni primariamente deontologiche quasi ad un disimpegno dell ordinistica, e al crescere di fatto di una sorta di sindacalizzazione della deontologia. Ma la questione medica nonostante l indubbio contributo dei sindacati, resta primariamente questione deontologica; - l atteggiamento da parte di molti medici nei confronti del codice deontologico, è spesso nichilista, nel senso che lo percepiscono per lo più come uno strumento senza nessun valore pratico, e poi troppi sono i medici che non conoscono il significato non banale di deontologia. Ivan Cavicchi 03 giugno 2014

21 Alcuni spunti per una riflessione etica : cosa dicono la bioetica ed i bioeticisti Secondo A. Pessina il termine dolore indica la componente fisica dell uomo, mentre la sofferenza ha una «sua specificità, che può esistere anche indipendentemente dal dolore; si può soffrire per la paura del dolore, per il timore della morte, per l incomprensione altrui, per il dolore altrui e per la sofferenza altrui. [ ] la sofferenza si ripresenta anche laddove il dolore non c è». L attenzione alle componenti fisiologiche e biologiche del dolore ha infatti offuscato l aspetto del vissuto del dolore, la sua valenza antropologica: l epoca contemporanea nel suo sviluppo tecnologico coltiva la speranza di poter identificare salute con salvezza e di poter redimere l uomo dalla sofferenza preservandolo dal dolore A. Pessina, Bioetica. L uomo sperimentale, p. 157.

22 Il malato terminale ha, per definizione, poco tempo per vedere sviluppare il proprio universo di sentimenti, progetti, relazioni. Appare evidente che tutto ciò sarà impedito se il paziente dovrà impegnare le sue energie per combattere un dolore pervasivo, per lottare contro un dolore che con un corretto uso della medicina palliativa potrebbe, solo se si volesse, eliminare o attenuare. Vincenzo Montrone "Giornale italiano di terapia del dolore e cure palliative" n

23 LA TERAPIA DEL DOLORE: ORIENTAMENTI BIOETICI Documento approvato dal Comitato Nazionale per la Bioetica nella seduta Plenaria del 30 marzo 2001,[ ]il diritto ad avere una terapia antalgica efficace è solo un elemento di una strategia più ampia, che è necessario promuovere. Dare voce al dolore, facendone oggetto di comunicazione nel contesto del rapporto clinico, è una fondamentale strategia antalgica. Anche le spiegazioni religiose e mitiche del dolore, che tutte le culture hanno elaborato, e gli esempi su cui modellare il proprio comportamento col dolore possono completare l azione dei farmaci. La risposta medica al dolore si integra con quella culturale, di cui costituisce una parte.

24 Questioni bioetiche relative alla fine della vita umana CNB 1995 Il tema della morte, e, più in generale, quello della fine della vita umana, possiede una rilevanza assolutamente primaria per l'autocomprensione dell'uomo. La morte non può essere considerata alla stregua di un mero evento biologico o medico: essa appartiene ad un ordine completamente diverso, rispetto a quello cui appartiene l'evento morboso. La morte infatti propone all'uomo un compito propriamente morale: quello di trovare un senso che guidi e sostenga la sua libertà, che come libertà umana trova la sua radice nella consapevolezza da parte del soggetto della propria invincibile caducità. La rimozione culturale della morte, che è tipica del nostro tempo, così come la sua esclusiva medicalizzazione, costituiscono pertanto problemi tra i più rilevanti per la riflessione bioetica.

25 Questioni bioetiche relative alla fine della vita umana CNB 1995 La medesima assoluta diversità di ordine che intercorre tra malattia e morte, a cui sopra si è accennato, rende invece ragione dell' alto valore bioetico che a giudizio del CNB possiedono le cure palliative. Queste infatti trovano la loro sostanza non nella pretesa illusoria di poter strappare un paziente alla morte, ma nella ferma intenzione di non lasciarlo solo, di aiutarlo quindi a vivere questa sua ultima radicale esperienza nel modo più umano possibile, sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista spirituale.

26 Luci ed ombre sulla legge 38/2010 È chiaro che il codice deontologico si rifà al dovere che il medico ha nei confronti del malato, ma il dovere è una legge morale, non necessariamente scritta, comunque riconosciuta dalla coscienza, che impone di osservare gli impegni che ognuno contrae con gli altri per il fatto stesso di vivere in società. Esso non è una norma giuridica e pertanto non risponde al codice civile e penale. Il corpo deontologico è semplicemente un corpo di regole che i professionisti si autoimpongono rispetto ai doveri professionali ma non può sostituire la legge che regola i comportamenti di ogni cittadino o l etica che regola i comportamenti dell uomo. L introduzione di una norma che riconosce il diritto a non soffrire cambia lo scenario ed espone il medico ad eventuali provvedimenti non solo di natura ordinistica ma anche a procedimenti civili e penali. Il riconoscimento dell ordinamento giuridico del pieno diritto a non soffrire inutilmente espone l inadempiente ad un triplice illecito: deontologico, civile e penale. Vincenzo Montrone "Giornale italiano di terapia del dolore e cure palliative" n

27 «Ciò che in riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giusta e possa diventare diritto vigente, oggi non è affatto evidente di per sé. Alla questione come si possa riconoscere ciò che veramente è giusto e servire così la giustizia nella legislazione, non è mai stato facile trovare la risposta e oggi, nell abbondanza delle nostre conoscenze e delle nostre capacità, tale questione è diventata ancora molto più difficile» (Benedetto XVI, Discorso al Bundestag di Berlino, 22 settembre 2011).

28 La questione della dignità La dignità umana, infatti, non risiede semplicemente nell esercizio di questa autonomia (che è sempre relativa e variabile), ma nell essere uomini, malgrado si sia malati, morenti, oppure si sia incapaci di intendere e volere. Questo malgrado indica il limite oggettivo della condizione storica dell uomo, l ambito in cui può essere offuscata, ma mai eliminata la sua intrinseca dignità. Possono essere differenti i percorsi in base ai quali si può giustificare questa dignità intrinseca: possono essere di stampo filosofico o di natura religiosa. Ma in una società civile e pluralistica l affermazione dell intrinseca dignità di ogni uomo deve diventare, al di là delle discussioni su come fondarla adeguatamente, un postulato: soltanto in questo modo non si vanifica il principio di uguaglianza tra gli uomini, che non è un asserto descrittivo, ma valutativo, capace di guidare la prassi medica. Adriano Pessina

29 Non è facile comunicare serenità a chi deve fare i conti con la propria condizione di mortale. Non è nemmeno facile esercitare la professione di medico in queste situazioni, perché occorre ripensare a fondo gli scopi della medicina fissati e propagandati da un certo ottimismo scientista. Quando non si può fare nulla per guarire la malattia emerge con prepotenza la centralità dell uomo e la necessità di una relazione interpersonale adeguata. «Confortare vuol dire non fuggire, restare con qualcuno, a dispetto del disagio profondo che il dolore e la sofferenza dell altro provocano in noi. Come terapeuta, riconosco una cosa fondamentale: il momento più vero non è quello in cui io mi presto all interpretazione, ma quello in cui sono testimone della sofferenza più profonda». Pierre Mertens

30 Grazie dell attenzione Cicely Saunders ( )

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