Rivista della Diocesi di Treviso ATTI UFFICIALI E VITA PASTORALE

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1 Rivista della Diocesi di Treviso ATTI UFFICIALI E VITA PASTORALE Anno XCVIII Aprile - Maggio - Giugno 2009 NN Edito dalla Curia Vescovile della Diocesi di Treviso - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, DCB Treviso. - Grafiche Dipro - Roncade/TV ATTI SOMMO PONTEFICE MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XXIV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ - Domenica, 5 aprile OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DURANTE LA SAN- TA MESSA DEL CRISMA - Giovedì Santo, 9 aprile OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI NELLA VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA - Sabato Santo, 11 aprile MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XLVI GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI - IV Domenica di Pasqua, 3 maggio DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER L INCONTRO CON I CAPI RELIGIOSI MUSULMANI, CON IL COR- PO DIPLOMATICO E CON I RETTORI DELLE UNIVERSITÀ GIOR- DANE - Moschea al-hussein bin-talal - Amman, sabato 9 maggio OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DURANTE LA SANTA MESSA PRESSO L INTERNATIONAL STADIUM DI AMMAN (GIORDANIA) - Domenica 10 maggio DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN OCCASUIO- NE DELLA VISITA AL MAUSOLEO DI YAD VASHEM - Gerusalemme, lunedì 11 maggio OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DURANTE LA SANTA MESSA A GERUSALEMME Josafat Valley - Gerusalemme, martedì 12 maggio OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DURANTE LA SAN- TA MESSA A BETLEMME Piazza della Mangiatoia - Betlemme, mercoledì 13 maggio pag. 101» 106» 110» 114» 118» 122» 125» 127» 130

2 OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI DURANTE LA SANTA MESSA A NAZARETH Monte del Precipizio - Nazareth, giovedì 14 maggio MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XLIII GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI - 24 maggio DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALL ASSEM- BLEA GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Aula del Sinodo Giovedì, 28 maggio LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER L INDIZIONE DELL ANNO SACERDOTALE IN OCCASIONE DEL 150 ANNIVER- SARIO DEL DIES NATALIS DI GIOVANNI MARIA VIANNEY.... OMELIA DI BENEDETTO XVI NELLA CELEBRAZIONE DEI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ. APER- TURA DELL ANNO SACERDOTALE NEL 150 ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY - Basilica Vaticana, venerdì 19 giugno OMELIA DI BENEDETTO XVI NEI PRIMI VESPRI DELLA SOLEN- NITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO CHIUSURA DEL- L ANNO PAOLINO - Basilica di San Paolo Fuori le Mura, domenica 28 giugno pag. 133» 136» 140» 144» 152» 156 ATTI DEL VESCOVO OMELIE IL SACERDOZIO MINISTERIALE E LA MISSIONE DELLA CHIESA - Omelia di S. Ecc. Mons. Vescovo nella Messa crismale del giovedì santo, Cattedrale, 9 aprile PREGHIERA di S. Ecc. Mons. Vescovo davanti al Crocifisso - Venerdì Santo SIAMO FATTI PER LA RISURREZIONE - Omelia di S. Ecc. Mons. Mazzocato, Vescovo - tenuta in Cattedrale il giorno di Pasqua, il 12 aprile 2009 LA BELLEZZA DELLA VOCAZIONE - Omelia di Mons. Vescovo durante la Veglia Vocazionale in Cattedrale il 24 aprile » 161» 165» 166» 168

3 CONSACRATI A GESÙ PER SERVIRE LA CHIESA - Omelia di S. Ecc. Mons. Vescovo in occasione dell Ordinazione Diaconale di 3 giovani del Seminario a Biadene, il 25 aprile SACERDOTI PER CONDURRE GLI UOMINI A GESÙ - Omelia di S.Ecc. Mons. Vescovo in occasione dell Ordinazione Sacerdotale, in Cattedrale, il 23 maggio DALLA PENTECOSTE IL MIRACOLO DELLA CHIESA - Omelia di Mons. Vescovo nella veglia di Pentecoste, in Cattedrale il 30 maggio..... LA VIA DELLA FAMIGLIA, SEGNO DI UNITÀ - Omelia di S. Ecc. mons. Vescovo in occasione del matrimonio di due coppie di sposi cinesi in Cattedrale, il 2 giugno CONVOCAZIONE DIOCESANA - Omelia di S. Ecc. mons. Vescovo allo Stadio del Rugby di Treviso, 6 giugno CONSEGNA DELL ESORTAZIONE PASTORALE: Camminate nella carità come Cristo ci ha amato OMELIA DI S. ECC. MONS. ANDREA BRUNO MAZZOCATO, VE- SCOVO, PER L INIZIO DELL ANNO SACERDOTALE PASSIONE SPIRITUALE PER LA SANTITÀ - Omelia di S.Ecc. mons. Vescovo nella memoria del Beato Andrea Giacinto Longhin, in Cattedrale, il 26 giugno BEATI COLORO CHE MUOINO NEL SIGNORE - Omelia di S. Ecc. Mons. Vescovo alla S.Messa di esequie di Silvia Gazzola, Cooperatrice Pastorale Diocesana, Musano, 23 aprile CUORE BUONO DI PASTORE - Omelia di Mons. Vescovo, in occasione delle esequie di don Rito Vedovato, a Montebelluna, il 22 maggio VIDI UN NUOVO CIELO E UNA NUOVA TERRA - Omelia di Mons. Vescovo, in occasione delle esequie di mons. Giuseppe Conte, a Castelfranco Duomo, 1 giugno pag. 170» 172» 174» 176» 178» 180» 183» 186» 188» 190» 192 INTERVENTI Messaggio di S. Ecc. Mons. Vescovo in occasione della S. Pasqua, pubblicato su La Vita del popolo CON LA CARITA DEL BUON PASTORE NEL CUORE - Messaggio di S. Ecc. mons. Vescovo in occasione delle Ordinazioni presbiterali Intervento di S. Ecc. Mons Vescovo in vista della Convocazione diocesana del 6 giugno, Vita del Popolo, 31 maggio » 194» 196» 198

4 I SEGNI DI DIO - Intervento di S. Ecc. mons. Vescovo a seguito della Convocazione Diocesana INVITO PER L INIZIO DELL ANNO SACERDOTALE pag. 199» 201 IMPEGNI APRILE- MAGGIO- GIUGNO » 202 ATTI DELLA CURIA VESCOVILE CANCELLERIA NOMINE DEL CLERO SACRE ORDINAZIONI ORDINAZIONE DIACONALE ORDINAZIONE PRESBITERALE DIOCESANA ORDINAZIONE PRESBITERALE SALESIANA » 211» 211» 211» 211» 212 NOMINA DEI VICARI FORANEI - Decreto » 213 SACERDOTI DEFUNTI - 6. BASSO don Silvio - 7. VEDOVATO don Rito Giuseppe - 8. CONTE mons. Giuseppe - 9. MUSARAGNO mons. Remigio » 214 UFFICIO ECONOMATO EROGAZIONE DELLE SOMME DERIVANTI DALL OTTO PER MIL- LE DELL IRPEF PER L ESERCIZIO » 216 DOCUMENTAZIONE INDULGENZA PLENARIA PER I PARTECIPANTI AL CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO a Treviso 6 giugno INDICAZIONI DIOCESANE PER LA REGOLAZIONE DI CONTRIBU- TI E COMPENSI PER OSPITALITÀ E I SERVIZI PASTORALI NELLE PARROCCHIE » 219» 221

5 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE ABBIAMO POSTO LA NOSTRA SPERANZA NEL DIO VIVENTE (1 Tm 4,10) Messaggio di Benedetto XVI per la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù Cari amici, la prossima Domenica delle Palme celebreremo, a livello diocesano, la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù. Mentre ci prepariamo a questa annuale ricorrenza, ripenso con viva gratitudine al Signore all incontro che si è tenuto a Sydney, nel luglio dello scorso anno: incontro indimenticabile, durante il quale lo Spirito Santo ha rinnovato la vita di numerosissimi giovani convenuti dal mondo intero. La gioia della festa e l entusiasmo spirituale, sperimentati durante quei giorni, sono stati un segno eloquente della presenza dello Spirito di Cristo. Ed ora siamo incamminati verso il raduno internazionale in programma a Madrid nel 2011, che avrà come tema le parole dell apostolo Paolo: Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede (cfr Col 2,7). In vista di tale appuntamento mondiale dei giovani, vogliamo compiere insieme un percorso formativo, riflettendo nel 2009 sull affermazione di san Paolo: Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente (1 Tm 4,10), e nel 2010 sulla domanda del giovane ricco a Gesù: Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? (Mc 10,17). La giovinezza, tempo della speranza A Sydney, la nostra attenzione si è concentrata su ciò che lo Spirito Santo dice oggi ai credenti, ed in particolare a voi, cari giovani. Durante la Santa Messa conclusiva, vi ho esortato a lasciarvi plasmare da Lui per essere messaggeri dell amore divino, capaci di costruire un futuro di speranza per tutta l umanità. La questione della speranza è, in verità, al centro della nostra vita di esseri umani e della nostra missione di cristiani, soprattutto nell epoca contemporanea. Avvertiamo tutti il bisogno di speranza, ma non di una speranza qualsiasi, bensì di una speranza salda ed affidabile, come ho voluto sottolineare nell Enciclica Spe salvi. La giovinezza in particolare è tempo di speranze, perché guarda al futuro con varie aspettative. Quando si è giovani si nutrono ideali, sogni e progetti; la giovinezza è il tempo in cui maturano scelte decisive per il resto della vita. E forse anche per questo è la stagione dell esistenza in cui affiorano con forza le domande di fondo: perché sono sulla terra? che senso ha vivere? che sarà della mia vita? E inoltre: come raggiungere la felicità? perché la sofferenza, la malattia e la morte? che cosa c è oltre la morte? Interrogativi che diventano pressanti quando ci si deve misurare con ostacoli che a volte sembrano insormontabili: difficoltà negli studi, mancanza di lavoro, incomprensioni in famiglia, crisi nelle relazioni di amicizia o nella costruzione di un intesa di coppia, malattie o disabilità, carenza di adeguate risorse come conseguenza dell attuale e diffusa crisi economica e sociale. Ci si domanda allora: dove attingere e come tener viva nel cuore la fiamma della speranza? 101

6 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE Alla ricerca della grande speranza L esperienza dimostra che le qualità personali e i beni materiali non bastano ad assicurare quella speranza di cui l animo umano è in costante ricerca. Come ho scritto nella citata Enciclica Spe salvi, la politica, la scienza, la tecnica, l economia e ogni altra risorsa materiale da sole non sono sufficienti per offrire la grande speranza a cui tutti aspiriamo. Questa speranza può essere solo Dio, che abbraccia l universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere (n. 31). Ecco perché una delle conseguenze principali dell oblio di Dio è l evidente smarrimento che segna le nostre società, con risvolti di solitudine e violenza, di insoddisfazione e perdita di fiducia che non raramente sfociano nella disperazione. Chiaro e forte è il richiamo che ci viene dalla Parola di Dio: Maledetto l uomo che confida nell uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene (Ger 17,5-6). La crisi di speranza colpisce più facilmente le nuove generazioni che, in contesti socio-culturali privi di certezze, di valori e di solidi punti di riferimento, si trovano ad affrontare difficoltà che appaiono superiori alle loro forze. Penso, cari giovani amici, a tanti vostri coetanei feriti dalla vita, condizionati da una immaturità personale che è spesso conseguenza di un vuoto familiare, di scelte educative permissive e libertarie e di esperienze negative e traumatiche. Per alcuni - e purtroppo non sono pochi - lo sbocco quasi obbligato è una fuga alienante verso comportamenti a rischio e violenti, verso la dipendenza da droghe e alcool, e verso tante altre forme di disagio giovanile. Eppure, anche in chi viene a trovarsi in condizioni penose per aver seguito i consigli di cattivi maestri, non si spegne il desiderio di amore vero e di autentica felicità. Ma come annunciare la speranza a questi giovani? Noi sappiamo che solo in Dio l essere umano trova la sua vera realizzazione. L impegno primario che tutti ci coinvolge è pertanto quello di una nuova evangelizzazione, che aiuti le nuove generazioni a riscoprire il volto autentico di Dio, che è Amore. A voi, cari giovani, che siete in cerca di una salda speranza, rivolgo le stesse parole che san Paolo indirizzava ai cristiani perseguitati nella Roma di allora: Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo (Rm 15,13). Durante questo anno giubilare dedicato all Apostolo delle genti, in occasione del bimillenario della sua nascita, impariamo da lui a diventare testimoni credibili della speranza cristiana. San Paolo, testimone della speranza Trovandosi immerso in difficoltà e prove di vario genere, Paolo scriveva al suo fedele discepolo Timoteo: Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente (1 Tm 4,10). Come era nata in lui questa speranza? Per rispondere a tale domanda dobbiamo partire dal suo incontro con Gesù risorto sulla via di Damasco. All epoca Saulo era un giovane come voi, di circa venti o venticinque anni, seguace della Legge di Mosè e deciso a combattere con ogni mezzo quelli che egli riteneva nemici di Dio (cfr At 9,1). Mentre stava andando a Damasco per arrestare i seguaci di Cristo, fu abbagliato da una luce misteriosa e si sentì chiamare per nome: 102

7 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?. Caduto a terra, domandò: Chi sei, o Signore?. E quella voce rispose: Io sono Gesù, che tu perseguiti! (cfr At 9,3-5). Dopo quell incontro, la vita di Paolo mutò radicalmente: ricevette il Battesimo e divenne apostolo del Vangelo. Sulla via di Damasco, egli fu interiormente trasformato dall Amore divino incontrato nella persona di Gesù Cristo. Un giorno scriverà: Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,20). Da persecutore diventò dunque testimone e missionario; fondò comunità cristiane in Asia Minore e in Grecia, percorrendo migliaia di chilometri e affrontando ogni sorta di peripezie, fino al martirio a Roma. Tutto per amore di Cristo. La grande speranza è in Cristo Per Paolo la speranza non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Pervaso intimamente da questa certezza, potrà scrivere a Timoteo: Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente (1 Tm 4,10). Il Dio vivente è Cristo risorto e presente nel mondo. E Lui la vera speranza: il Cristo che vive con noi e in noi e che ci chiama a partecipare alla sua stessa vita eterna. Se non siamo soli, se Egli è con noi, anzi, se è Lui il nostro presente ed il nostro futuro, perché temere? La speranza del cristiano è dunque desiderare il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull aiuto della grazia dello Spirito Santo (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1817). Il cammino verso la grande speranza Come un giorno incontrò il giovane Paolo, Gesù vuole incontrare anche ciascuno di voi, cari giovani. Sì, prima di essere un nostro desiderio, questo incontro è un vivo desiderio di Cristo. Ma qualcuno di voi mi potrebbe domandare: Come posso incontrarlo io, oggi? O piuttosto, in che modo Egli si avvicina a me? La Chiesa ci insegna che il desiderio di incontrare il Signore è già frutto della sua grazia. Quando nella preghiera esprimiamo la nostra fede, anche nell oscurità già Lo incontriamo perché Egli si offre a noi. La preghiera perseverante apre il cuore ad accoglierlo, come spiega sant Agostino: Il Signore Dio nostro vuole che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, così che diventiamo capaci di ricevere ciò che Lui intende darci (Lettere 130,8,17). La preghiera è dono dello Spirito, che ci rende uomini e donne di speranza, e pregare tiene il mondo aperto a Dio (cfr Enc. Spe salvi, 34). Fate spazio alla preghiera nella vostra vita! Pregare da soli è bene, ancor più bello e proficuo è pregare insieme, poiché il Signore ha assicurato di essere presente dove due o tre sono radunati nel suo nome (cfr Mt 18,20). Ci sono molti modi per familiarizzare con Lui; esistono esperienze, gruppi e movimenti, incontri e itinerari per imparare a pregare e crescere così nell esperienza della fede. Prendete parte alla liturgia nelle vostre parrocchie e nutritevi abbondantemente della Parola di Dio e dell attiva partecipazione ai Sacramenti. Come sapete, culmine e centro dell esistenza e della missione di ogni credente e di ogni comunità cristiana è l Eucaristia, sacramento di salvezza in cui Cristo si fa presente e dona come cibo spirituale il suo stesso Corpo e Sangue 103

8 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE per la vita eterna. Mistero davvero ineffabile! Attorno all Eucaristia nasce e cresce la Chiesa, la grande famiglia dei cristiani, nella quale si entra con il Battesimo e ci si rinnova costantemente grazie al sacramento della Riconciliazione. I battezzati poi, mediante la Cresima, vengono confermati dallo Spirito Santo per vivere da autentici amici e testimoni di Cristo, mentre i sacramenti dell Ordine e del Matrimonio li rendono atti a realizzare i loro compiti apostolici nella Chiesa e nel mondo. L Unzione dei malati, infine, ci fa sperimentare il conforto divino nella malattia e nella sofferenza. Agire secondo la speranza cristiana Se vi nutrite di Cristo, cari giovani, e vivete immersi in Lui come l apostolo Paolo, non potrete non parlare di Lui e non farlo conoscere ed amare da tanti altri vostri amici e coetanei. Diventati suoi fedeli discepoli, sarete così in grado di contribuire a formare comunità cristiane impregnate di amore come quelle di cui parla il libro degli Atti degli Apostoli. La Chiesa conta su di voi per questa impegnativa missione: non vi scoraggino le difficoltà e le prove che incontrate. Siate pazienti e perseveranti, vincendo la naturale tendenza dei giovani alla fretta, a volere tutto e subito. Cari amici, come Paolo, testimoniate il Risorto! Fatelo conoscere a quanti, vostri coetanei e adulti, sono in cerca della grande speranza che dia senso alla loro esistenza. Se Gesù è diventato la vostra speranza, ditelo anche agli altri con la vostra gioia e il vostro impegno spirituale, apostolico e sociale. Abitati da Cristo, dopo aver riposto in Lui la vostra fede e avergli dato tutta la vostra fiducia, diffondete questa speranza intorno a voi. Fate scelte che manifestino la vostra fede; mostrate di aver compreso le insidie dell idolatria del denaro, dei beni materiali, della carriera e del successo, e non lasciatevi attrarre da queste false chimere. Non cedete alla logica dell interesse egoistico, ma coltivate l amore per il prossimo e sforzatevi di porre voi stessi e le vostre capacità umane e professionali al servizio del bene comune e della verità, sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi (1 Pt 3,15). Il cristiano autentico non è mai triste, anche se si trova a dover affrontare prove di vario genere, perché la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace. Maria, Madre della speranza Modello di questo itinerario di vita apostolica sia per voi san Paolo, che ha alimentato la sua vita di costante fede e speranza seguendo l esempio di Abramo, del quale scrive nella Lettera ai Romani: Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli (Rm 4,18). Su queste stesse orme del popolo della speranza - formato dai profeti e dai santi di tutti i tempi - noi continuiamo ad avanzare verso la realizzazione del Regno, e nel nostro cammino spirituale ci accompagna la Vergine Maria, Madre della Speranza. Colei che ha incarnato la speranza di Israele, che ha donato al mondo il Salvatore ed è rimasta, salda nella speranza, ai piedi della Croce, è per noi modello e sostegno. Soprattutto, Maria intercede per noi e ci guida nel buio delle nostre difficoltà all alba radiosa dell incontro con il Risorto. Vorrei concludere questo messaggio, cari giovani amici, facendo mia una bella e nota esortazione di san Bernardo ispirata al titolo di Maria Stella maris, Stella del ma- 104

9 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE re: Tu che nell instabilità continua della vita presente, ti accorgi di essere sballottato tra le tempeste più che camminare sulla terra, tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella, se non vuoi essere spazzato via dagli uragani. Se insorgono i venti delle tentazioni e ti incagli tra gli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria... Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria... Seguendo i suoi esempi non ti smarrirai; invocandola non perderai la speranza; pensando a lei non cadrai nell errore. Appoggiato a lei non scivolerai; sotto la sua protezione non avrai paura di niente; con la sua guida non ti stancherai; con la sua protezione giungerai a destinazione (Omelie in lode della Vergine Madre, 2,17). Maria, Stella del mare, sii tu a guidare i giovani del mondo intero all incontro con il tuo Figlio divino Gesù, e sii ancora tu la celeste custode della loro fedeltà al Vangelo e della loro speranza. Mentre assicuro il mio quotidiano ricordo nella preghiera per ognuno di voi, cari giovani, di cuore tutti vi benedico insieme alle persone che vi sono care. Dal Vaticano, 22 febbraio 2009 BENEDICTUS PP. XVI Copyright Libreria Editrice Vaticana 105

10 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE SANTA MESSA DEL CRISMA OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI Basilica Vaticana Giovedì Santo, 9 aprile 2009 Cari fratelli e sorelle, Nel Cenacolo, la sera prima della sua passione, il Signore ha pregato per i suoi discepoli riuniti intorno a Lui, guardando al contempo in avanti alla comunità dei discepoli di tutti i secoli, a quelli che crederanno in me mediante la loro parola (Gv 17, 20). Nella preghiera per i discepoli di tutti i tempi Egli ha visto anche noi e ha pregato per noi. Ascoltiamo, che cosa chiede per i Dodici e per noi qui riuniti: Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch essi consacrati nella verità (17, 17ss). Il Signore chiede la nostra santificazione, la nostra consacrazione nella verità. E ci manda per continuare la sua stessa missione. Ma c è in questa preghiera una parola che attira la nostra attenzione, ci sembra poco comprensibile. Gesù dice: Per loro io consacro me stesso. Che cosa significa? Gesù non è forse di per sé il Santo di Dio, come Pietro ha confessato nell ora decisiva a Cafarnao (cfr Gv 6, 69)? Come può ora consacrare, santificare se stesso? Per comprendere questo dobbiamo soprattutto chiarire che cosa vogliono dire nella Bibbia le parole santo e santificare/consacrare. Santo - con questa parola si descrive innanzitutto la natura di Dio stesso, il suo modo d essere tutto particolare, divino, che a Lui solo è proprio. Egli solo è il vero e autentico Santo nel senso originario. Ogni altra santità deriva da Lui, è partecipazione al suo modo d essere. Egli è la Luce purissima, la Verità e il Bene senza macchia. Consacrare qualcosa o qualcuno significa quindi dare la cosa o la persona in proprietà a Dio, toglierla dall ambito di ciò che è nostro e immetterla nell atmosfera sua, così che non appartenga più alle cose nostre, ma sia totalmente di Dio. Consacrazione è dunque un togliere dal mondo e un consegnare al Dio vivente. La cosa o la persona non appartiene più a noi, e neppure più a se stessa, ma viene immersa in Dio. Un tale privarsi di una cosa per consegnarla a Dio, lo chiamiamo poi anche sacrificio: questo non sarà più proprietà mia, ma proprietà di Lui. Nell Antico Testamento, la consegna di una persona a Dio, cioè la sua santificazione si identifica con l Ordinazione sacerdotale, e in questo modo si definisce anche in che cosa consista il sacerdozio: è un passaggio di proprietà, un essere tolto dal mondo e donato a Dio. Con ciò si evidenziano ora le due direzioni che fanno parte del processo della santificazione/consacrazione. È un uscire dai contesti della vita del mondo - un essere messi da parte per Dio. Ma proprio per questo non è una segregazione. Essere consegnati a Dio significa piuttosto essere posti a rappresentare gli altri. Il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a 106

11 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE Dio, e proprio così, a partire da Dio, deve essere disponibile per gli altri, per tutti. Quando Gesù dice: Io mi consacro, Egli si fa insieme sacerdote e vittima. Pertanto Bultmann ha ragione traducendo l affermazione: Io mi consacro con Io mi sacrifico. Comprendiamo ora che cosa avviene, quando Gesù dice: Io mi consacro per loro? È questo l atto sacerdotale in cui Gesù - l Uomo Gesù, che è una cosa sola col Figlio di Dio - si consegna al Padre per noi. È l espressione del fatto che Egli è insieme sacerdote e vittima. Mi consacro - mi sacrifico: questa parola abissale, che ci lascia gettare uno sguardo nell intimo del cuore di Gesù Cristo, dovrebbe sempre di nuovo essere oggetto della nostra riflessione. In essa è racchiuso tutto il mistero della nostra redenzione. E vi è contenuta anche l origine del sacerdozio della Chiesa, del nostro sacerdozio. Solo adesso possiamo comprendere fino in fondo la preghiera, che il Signore ha presentato al Padre per i discepoli - per noi. Consacrali nella verità : è questo l inserimento degli apostoli nel sacerdozio di Gesù Cristo, l istituzione del suo sacerdozio nuovo per la comunità dei fedeli di tutti i tempi. Consacrali nella verità : è questa la vera preghiera di consacrazione per gli apostoli. Il Signore chiede che Dio stesso li attragga verso di sé, dentro la sua santità. Chiede che Egli li sottragga a se stessi e li prenda come sua proprietà, affinché, a partire da Lui, essi possano svolgere il servizio sacerdotale per il mondo. Questa preghiera di Gesù appare due volte in forma leggermente modificata. Dobbiamo ambedue le volte ascoltare con molta attenzione, per cominciare a capire almeno vagamente la cosa sublime che qui sta verificandosi. Consacrali nella verità. Gesù aggiunge: La tua parola è verità. I discepoli vengono quindi tirati nell intimo di Dio mediante l essere immersi nella parola di Dio. La parola di Dio è, per così dire, il lavacro che li purifica, il potere creatore che li trasforma nell essere di Dio. E allora, come stanno le cose nella nostra vita? Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo? Non rimaniamo forse, in fin dei conti, nella superficialità di tutto ciò che, di solito, s impone all uomo di oggi? Ci lasciamo veramente purificare nel nostro intimo dalla parola di Dio? Nietzsche ha dileggiato l umiltà e l obbedienza come virtù servili, mediante le quali gli uomini sarebbero stati repressi. Ha messo al loro posto la fierezza e la libertà assoluta dell uomo. Orbene, esistono caricature di un umiltà sbagliata e di una sottomissione sbagliata, che non vogliamo imitare. Ma esiste anche la superbia distruttiva e la presunzione, che disgrègano ogni comunità e finiscono nella violenza. Sappiamo noi imparare da Cristo la retta umiltà, che corrisponde alla verità del nostro essere, e quell obbedienza, che si sottomette alla verità, alla volontà di Dio? Consacrali nella verità; la tua parola è 107

12 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE verità : questa parola dell inserimento nel sacerdozio illumina la nostra vita e ci chiama a diventare sempre di nuovo discepoli di quella verità, che si dischiude nella parola di Dio. Nell interpretazione di questa frase possiamo fare ancora un passo ulteriore. Non ha forse Cristo detto di se stesso: Io sono la verità (cfr Gv 14, 6)? E non è forse Egli stesso la Parola vivente di Dio, alla quale si riferiscono tutte le altre singole parole? Consacrali nella verità - ciò vuol dire, dunque, nel più profondo: rendili una cosa sola con me, Cristo. Lègali a me. Tìrali dentro di me. E di fatto: esiste in ultima analisi solo un unico sacerdote della Nuova Alleanza, lo stesso Gesù Cristo. E il sacerdozio dei discepoli, pertanto, può essere solo partecipazione al sacerdozio di Gesù. Il nostro essere sacerdoti non è quindi altro che un nuovo e radicale modo di unificazione con Cristo. Sostanzialmente essa ci è stata donata per sempre nel Sacramento. Ma questo nuovo sigillo dell essere può diventare per noi un giudizio di condanna, se la nostra vita non si sviluppa entrando nella verità del Sacramento. Le promesse che oggi rinnoviamo dicono a questo proposito che la nostra volontà deve essere così orientata: Domino Iesu arctius coniungi et conformari, vobismetipsis abrenuntiantes. L unirsi a Cristo suppone la rinuncia. Comporta che non vogliamo imporre la nostra strada e la nostra volontà; che non desideriamo diventare questo o quest altro, ma ci abbandoniamo a Lui, ovunque e in qualunque modo Egli voglia servirsi di noi. Vivo, tuttavia non vivo più io, ma Cristo vive in me, ha detto san Paolo a questo proposito (cfr Gal 2, 20). Nel sì dell Ordinazione sacerdotale abbiamo fatto questa rinuncia fondamentale al voler essere autonomi, alla autorealizzazione. Ma bisogna giorno per giorno adempiere questo grande sì nei molti piccoli sì e nelle piccole rinunce. Questo sì dei piccoli passi, che insieme costituiscono il grande sì, potrà realizzarsi senza amarezza e senza autocommiserazione soltanto se Cristo è veramente il centro della nostra vita. Se entriamo in una vera familiarità con Lui. Allora, infatti, sperimentiamo in mezzo alle rinunce, che in un primo tempo possono causare dolore, la gioia crescente dell amicizia con Lui, tutti i piccoli e a volte anche grandi segni del suo amore, che ci dona continuamente. Chi perde se stesso, si trova. Se osiamo perdere noi stessi per il Signore, sperimentiamo quanto sia vera la sua parola. Essere immersi nella Verità, in Cristo - di questo processo fa parte la preghiera, in cui ci esercitiamo nell amicizia con Lui e anche impariamo a conoscerlo: il suo modo di essere, di pensare, di agire. Pregare è un camminare in comunione personale con Cristo, esponendo davanti a Lui la nostra vita quotidiana, le nostre riuscite e i nostri fallimenti, le nostre fatiche e le nostre gioie - è un semplice presentare noi stessi davanti a Lui. Ma affinché questo non diventi uno autocontemplarsi, è importante che impariamo continuamente a pregare pregando con la Chiesa. Celebrare l Eucaristia vuol dire pregare. Celebriamo l Eucaristia in modo giusto, se col nostro pensiero e col nostro essere entriamo nelle parole, che la Chiesa ci propone. In esse è presente la preghiera di tutte le generazioni, le quali ci prendono con sé sulla via verso il Signore. E come sacerdoti siamo nella Celebra- 108

13 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE zione eucaristica coloro che, con la loro preghiera, fanno strada alla preghiera dei fedeli di oggi. Se noi siamo interiormente uniti alle parole della preghiera, se da esse ci lasciamo guidare e trasformare, allora anche i fedeli trovano l accesso a quelle parole. Allora tutti diventiamo veramente un corpo solo e un anima sola con Cristo. Essere immersi nella verità e così nella santità di Dio - ciò significa per noi anche accettare il carattere esigente della verità; contrapporsi nelle cose grandi come in quelle piccole alla menzogna, che in modo così svariato è presente nel mondo; accettare la fatica della verità, perché la sua gioia più profonda sia presente in noi. Quando parliamo dell essere consacrati nella verità, non dobbiamo neppure dimenticare che in Gesù Cristo verità e amore sono una cosa sola. Essere immersi in Lui significa essere immersi nella sua bontà, nell amore vero. L amore vero non è a buon mercato, può essere anche molto esigente. Oppone resistenza al male, per portare all uomo il vero bene. Se diventiamo una cosa sola con Cristo, impariamo a riconoscerlo proprio nei sofferenti, nei poveri, nei piccoli di questo mondo; allora diventiamo persone che servono, che riconoscono i fratelli e le sorelle di Lui e in essi incontrano Lui stesso. Consacrali nella verità - è questa la prima parte di quella parola di Gesù. Ma poi Egli aggiunge: Io consacro me stesso, perché siano anch essi consacrati in verità - cioè veramente (Gv 17, 19). Io penso che questa seconda parte abbia un suo specifico significato. Esistono nelle religioni del mondo molteplici modi rituali di santificazione, di consacrazione di una persona umana. Ma tutti questi riti possono rimanere semplicemente una cosa formale. Cristo chiede per i discepoli la vera santificazione, che trasforma il loro essere, loro stessi; che non rimanga una forma rituale, ma sia un vero divenire proprietà di Dio stesso. Potremmo anche dire: Cristo ha chiesto per noi il Sacramento che ci tocca nella profondità del nostro essere. Ma ha anche pregato, affinché questa trasformazione giorno per giorno in noi si traduca in vita; affinché nel nostro quotidiano e nella nostra vita concreta di ogni giorno siamo veramente pervasi dalla luce di Dio. Alla vigilia della mia Ordinazione sacerdotale, 58 anni fa, ho aperto la Sacra Scrittura, perché volevo ricevere ancora una parola del Signore per quel giorno e per il mio futuro cammino da sacerdote. Il mio sguardo cadde su questo brano: Consacrali nella verità; la tua parola è verità. Allora seppi: il Signore sta parlando di me, e sta parlando a me. Precisamente la stessa cosa avverrà domani in me. In ultima analisi non veniamo consacrati mediante riti, anche se c è bisogno di riti. Il lavacro, in cui il Signore ci immerge, è Lui stesso - la Verità in persona. Ordinazione sacerdotale significa: essere immersi in Lui, nella Verità. Appartengo in un modo nuovo a Lui e così agli altri, affinché venga il suo Regno. Cari amici, in questa ora del rinnovo delle promesse vogliamo pregare il Signore di farci diventare uomini di verità, uomini di amore, uomini di Dio. Preghiamolo di attirarci sempre più dentro di sé, affinché diventiamo veramente sacerdoti della Nuova Alleanza. Amen BENEDICTUS PP. XVI Copyright Libreria Editrice Vaticana 109

14 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI Basilica Vaticana Sabato Santo, 11 aprile 2009 Cari fratelli e sorelle! San Marco ci racconta nel suo Vangelo che i discepoli, scendendo dal monte della Trasfigurazione, discutevano tra di loro su che cosa volesse dire risorgere dai morti (cfr Mc 9, 10). Prima il Signore aveva annunciato loro la sua passione e la risurrezione dopo tre giorni. Pietro aveva protestato contro l annuncio della morte. Ma ora si domandavano che cosa potesse essere inteso con il termine risurrezione. Non succede forse la stessa cosa anche a noi? Il Natale, la nascita del Bambino divino ci è in qualche modo immediatamente comprensibile. Possiamo amare il Bambino, possiamo immaginare la notte di Betlemme, la gioia di Maria, la gioia di san Giuseppe e dei pastori e il giubilo degli angeli. Ma risurrezione - che cosa è? Non entra nell ambito delle nostre esperienze, e così il messaggio spesso rimane in qualche misura incompreso, una cosa del passato. La Chiesa cerca di condurci alla sua comprensione, traducendo questo avvenimento misterioso nel linguaggio dei simboli nei quali possiamo in qualche modo contemplare questo evento sconvolgente. Nella Veglia Pasquale ci indica il significato di questo giorno soprattutto mediante tre simboli: la luce, l acqua e il canto nuovo - l alleluia. C è innanzitutto la luce. La creazione di Dio - ne abbiamo appena ascoltato il racconto biblico - comincia con la parola: Sia la luce! (Gen 1, 3). Dove c è la luce, nasce la vita, il caos può trasformarsi in cosmo. Nel messaggio biblico, la luce è l immagine più immediata di Dio: Egli è interamente Luminosità, Vita, Verità, Luce. Nella Veglia Pasquale, la Chiesa legge il racconto della creazione come profezia. Nella risurrezione si verifica in modo più sublime ciò che questo testo descrive come l inizio di tutte le cose. Dio dice nuovamente: Sia la luce!. La risurrezione di Gesù è un eruzione di luce. La morte è superata, il sepolcro spalancato. Il Risorto stesso è Luce, la Luce del mondo. Con la risurrezione, il giorno di Dio entra nelle notti della storia. A partire dalla risurrezione, la luce di Dio si diffonde nel mondo e nella storia. Si fa giorno. Solo questa Luce - Gesù Cristo - è la Luce vera, più del fenomeno fisico di luce. Egli è la Luce pura: Dio stesso, che fa nascere una nuova creazione in mezzo a quella antica, trasforma il caos in cosmo. Cerchiamo di comprendere questo ancora un po meglio. Perché Cristo è Luce? Nell Antico Testamento, la Torah era considerata come la luce proveniente da Dio per il mondo e per gli uomini. Essa separa nella creazione la luce dalle tenebre, cioè il bene dal male. Indica all uomo la via giusta per vivere veramente. Gli indica il bene, gli mostra la verità e lo conduce verso l amore, che è il suo contenuto più profondo. Essa è lampada per i passi e luce sul cammino (cfr Sal 119, 105). I cristiani, poi, sapevano: in Cristo è 110

15 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE presente la Torah, la Parola di Dio è presente in Lui come Persona. La Parola di Dio è la vera Luce di cui l uomo ha bisogno. Questa Parola è presente in Lui, nel Figlio. Il Salmo 19 aveva paragonato la Torah al sole che, sorgendo, manifesta la gloria di Dio visibilmente in tutto il mondo. I cristiani capiscono: sì, nella risurrezione il Figlio di Dio è sorto come Luce sul mondo. Cristo è la grande Luce dalla quale proviene ogni vita. Egli ci fa riconoscere la gloria di Dio da un confine all altro della terra. Egli ci indica la strada. Egli è il giorno di Dio che ora, crescendo, si diffonde per tutta la terra. Adesso, vivendo con Lui e per Lui, possiamo vivere nella luce. Nella Veglia Pasquale, la Chiesa rappresenta il mistero di luce del Cristo nel segno del cero pasquale, la cui fiamma è insieme luce e calore. Il simbolismo della luce è connesso con quello del fuoco: luminosità e calore, luminosità ed energia di trasformazione contenuta nel fuoco - verità e amore vanno insieme. Il cero pasquale arde e con ciò si consuma: croce e risurrezione sono inseparabili. Dalla croce, dall autodonazione del Figlio nasce la luce, viene la vera luminosità nel mondo. Al cero pasquale noi tutti accendiamo le nostre candele, soprattutto quelle dei neobattezzati, ai quali in questo Sacramento la luce di Cristo viene calata nel profondo del cuore. La Chiesa antica ha qualificato il Battesimo come fotismos, come Sacramento dell illuminazione, come una comunicazione di luce e l ha collegato inscindibilmente con la risurrezione di Cristo. Nel Battesimo Dio dice al battezzando: Sia la luce!. Il battezzando viene introdotto entro la luce di Cristo. Cristo divide ora la luce dalle tenebre. In Lui riconosciamo che cosa è vero e che cosa è falso, che cosa è la luminosità e che cosa il buio. Con Lui sorge in noi la luce della verità e cominciamo a capire. Quando una volta Cristo vide la gente che era convenuta per ascoltarlo e aspettava da Lui un orientamento, ne sentì compassione, perché erano come pecore senza pastore (cfr Mc 6, 34). In mezzo alle correnti contrastanti del loro tempo non sapevano dove rivolgersi. Quanta compassione Egli deve sentire anche del nostro tempo - a causa di tutti i grandi discorsi dietro i quali si nasconde in realtà un grande disorientamento. Dove dobbiamo andare? Quali sono i valori, secondo cui possiamo regolarci? I valori secondo cui possiamo educare i giovani, senza dare loro delle norme che forse non resisteranno o esigere delle cose che forse non devono essere loro imposte? Egli è la Luce. La candela battesimale è il simbolo dell illuminazione che nel Battesimo ci vien donata. Così in quest ora anche san Paolo ci parla in modo molto immediato. Nella Lettera ai Filippesi dice che, in mezzo a una generazione tortuosa e stravolta, i cristiani dovrebbero risplendere come astri nel mondo (cfr Fil 2, 15). Preghiamo il Signore che il piccolo lume della candela, che Egli ha acceso in noi, la luce delicata della sua parola e del suo amore in mezzo alle confusioni di questo tempo non si spenga in noi, ma diventi sempre più grande e più luminosa. Affinché siamo con Lui persone del giorno, astri per il nostro tempo. Il secondo simbolo della Veglia Pasquale - la notte del Battesimo - è l acqua. Essa appare nella Sacra Scrittura, e quindi anche nella struttura interiore del Sacramento del Battesimo, in due significati opposti. C è da una parte il mare che appare come il potere antagonista della vita sulla terra, come 111

16 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE la sua continua minaccia, alla quale Dio, però, ha posto un limite. Per questo l Apocalisse dice del mondo nuovo di Dio che lì il mare non ci sarà più (cfr 21, 1). È l elemento della morte. E così diventa la rappresentazione simbolica della morte in croce di Gesù: Cristo è disceso nel mare, nelle acque della morte come Israele nel Mar Rosso. Risorto dalla morte, Egli ci dona la vita. Ciò significa che il Battesimo non è solo un lavacro, ma una nuova nascita: con Cristo quasi discendiamo nel mare della morte, per risalire come creature nuove. L altro modo in cui incontriamo l acqua è come sorgente fresca, che dona la vita, o anche come il grande fiume da cui proviene la vita. Secondo l ordinamento primitivo della Chiesa, il Battesimo doveva essere amministrato con acqua sorgiva fresca. Senza acqua non c è vita. Colpisce quale importanza abbiano nella Sacra Scrittura i pozzi. Essi sono luoghi dove scaturisce la vita. Presso il pozzo di Giacobbe, Cristo annuncia alla Samaritana il pozzo nuovo, l acqua della vita vera. Egli si manifesta a lei come il nuovo Giacobbe, quello definitivo, che apre all umanità il pozzo che essa attende: quell acqua che dona la vita che non s esaurisce mai (cfr Gv 4, 5-15). San Giovanni ci racconta che un soldato con una lancia colpì il fianco di Gesù e che dal fianco aperto - dal suo cuore trafitto - uscì sangue e acqua (cfr Gv 19, 34). La Chiesa antica ne ha visto un simbolo per il Battesimo e l Eucaristia che derivano dal cuore trafitto di Gesù. Nella morte Gesù è divenuto Egli stesso la sorgente. Il profeta Ezechiele in una visione aveva visto il Tempio nuovo dal quale scaturisce una sorgente che diventa un grande fiume che dona la vita (cfr Ez 47, 1-12) - in una Terra che sempre soffriva la siccità e la mancanza d acqua, questa era una grande visione di speranza. La cristianità degli inizi capì: in Cristo questa visione si è realizzata. Egli è il vero, il vivente Tempio di Dio. E Lui è la sorgente di acqua viva. Da Lui sgorga il grande fiume che nel Battesimo fruttifica e rinnova il mondo; il grande fiume di acqua viva, il suo Vangelo che rende feconda la terra. Gesù ha però profetizzato una cosa ancora più grande. Dice: Chi crede in me dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva (Gv 7, 38). Nel Battesimo il Signore fa di noi non solo persone di luce, ma anche sorgenti dalle quali scaturisce acqua viva. Noi tutti conosciamo persone simili che ci lasciano in qualche modo rinfrescati e rinnovati; persone che sono come una fonte di fresca acqua sorgiva. Non dobbiamo necessariamente pensare ai grandi come Agostino, Francesco d Assisi, Teresa d Avila, Madre Teresa di Calcutta e così via, persone attraverso le quali veramente fiumi di acqua viva sono entrati nella storia. Grazie a Dio, le troviamo continuamente anche nel nostro quotidiano: persone che sono una sorgente. Certo, conosciamo anche il contrario: persone dalle quali promana un atmosfera come da uno stagno con acqua stantia o addirittura avvelenata. Chiediamo al Signore, che ci ha donato la grazia del Battesimo, di poter essere sempre sorgenti di acqua pura, fresca, zampillante dalla fonte della sua verità e del suo amore! Il terzo grande simbolo della Veglia Pasquale è di natura tutta particolare; esso coinvolge l uomo stesso. È il cantare il canto nuovo - l alleluia. Quando un uomo sperimenta una grande gioia, non può tenerla per sé. Deve esprimerla, trasmetterla. Ma che cosa succede quando l uomo viene 112

17 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE toccato dalla luce della risurrezione e in questo modo viene a contatto con la Vita stessa, con la Verità e con l Amore? Di ciò egli non può semplicemente parlare soltanto. Il parlare non basta più. Egli deve cantare. La prima menzione del cantare nella Bibbia, la troviamo dopo la traversata del Mar Rosso. Israele si è sollevato dalla schiavitù. È salito dalle profondità minacciose del mare. È come rinato. Vive ed è libero. La Bibbia descrive la reazione del popolo a questo grande evento del salvamento con la frase: Il popolo credette nel Signore e in Mosè suo servo (cfr Ex 14, 31). Ne segue poi la seconda reazione che, con una specie di necessità interiore, emerge dalla prima: Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore. Nella Veglia Pasquale, anno per anno, noi cristiani intoniamo dopo la terza lettura questo canto, lo cantiamo come il nostro canto, perché anche noi mediante la potenza di Dio siamo stati tirati fuori dall acqua e liberati alla vita vera. Per la storia del canto di Mosè dopo la liberazione di Israele dall Egitto e dopo la risalita dal Mar Rosso, c è un parallelismo sorprendente nell Apocalisse di san Giovanni. Prima dell inizio degli ultimi sette flagelli imposti alla terra, appare al veggente qualcosa come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell Agnello (Ap 15, 2s). Con questa immagine è descritta la situazione dei discepoli di Gesù Cristo in tutti i tempi, la situazione della Chiesa nella storia di questo mondo. Considerata umanamente, essa è in se stessa contraddittoria. Da una parte, la comunità si trova nell Esodo, in mezzo al Mar Rosso. In un mare che, paradossalmente, è insieme ghiaccio e fuoco. E non deve forse la Chiesa, per così dire, camminare sempre sul mare, attraverso il fuoco e il freddo? Umanamente parlando, essa dovrebbe affondare. Ma, mentre cammina ancora in mezzo a questo Mar Rosso, essa canta - intona il canto di lode dei giusti: il canto di Mosè e dell Agnello, in cui s accordano l Antica e la Nuova Alleanza. Mentre, tutto sommato, dovrebbe affondare, la Chiesa canta il canto di ringraziamento dei salvati. Essa sta sulle acque di morte della storia e tuttavia è già risorta. Cantando essa si aggrappa alla mano del Signore, che la tiene al di sopra delle acque. Ed essa sa che con ciò è sollevata fuori dalla forza di gravità della morte e del male - una forza dalla quale altrimenti non ci sarebbe via di scampo - sollevata e attirata dentro la nuova forza di gravità di Dio, della verità e dell amore. Al momento, la Chiesa e noi tutti ci troviamo ancora tra i due campi gravitazionali. Ma da quando Cristo è risorto, la gravitazione dell amore è più forte di quella dell odio; la forza di gravità della vita è più forte di quella della morte. Non è forse questa veramente la situazione della Chiesa di tutti i tempi, la situazione nostra? Sempre c è l impressione che essa debba affondare, e sempre è già salvata. San Paolo ha illustrato questa situazione con le parole: Siamo come moribondi, e invece viviamo, (2 Cor 6, 9). La mano salvifica del Signore ci sorregge, e così possiamo cantare già ora il canto dei salvati, il canto nuovo dei risorti: alleluia! Amen. BENEDICTUS PP. XVI Copyright Libreria Editrice Vaticana 113

18 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE LA FIDUCIA NELL INIZIATIVA DI DIO E LA RISPOSTA UMANA Messaggio di Benedetto XVI per la XLVI Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni. 3 maggio IV Domenica di Pasqua Venerati Fratelli nell Episcopato e nel Sacerdozio, cari fratelli e sorelle! In occasione della prossima Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata, che sarà celebrata il 3 maggio 2009, Quarta Domenica di Pasqua, mi è gradito invitare l intero Popolo di Dio a riflettere sul tema: La fiducia nell iniziativa di Dio e la risposta umana. Risuona perenne nella Chiesa l esortazione di Gesù ai suoi discepoli: Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! (Mt 9,38). Pregate! Il pressante appello del Signore sottolinea come la preghiera per le vocazioni debba essere ininterrotta e fiduciosa. Solamente se animata dalla preghiera infatti, la comunità cristiana può effettivamente avere maggiore fede e speranza nella iniziativa divina (Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis, 26). La vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata costituisce uno speciale dono divino, che si inserisce nel vasto progetto d amore e di salvezza che Iddio ha su ogni uomo e per 1 intera umanità. L apostolo Paolo, che ricordiamo in modo speciale durante quest Anno Paolino nel bimillenario della sua nascita, scrivendo agli Efesini afferma: Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo, in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità (Ef 1,3-4). Nell universale chiamata alla santità risalta la peculiare iniziativa di Dio, con cui sceglie alcuni perché seguano più da vicino il suo Figlio Gesù Cristo, e di lui siano ministri e testimoni privilegiati. Il divino Maestro chiamò personalmente gli Apostoli perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni (Mc 3,14-15); essi, a loro volta, si sono associati altri discepoli, fedeli collaboratori nel ministero missionario. E così, rispondendo alla chiamata del Signore e docili all azione dello Spirito Santo, schiere innumerevoli di presbiteri e di persone consacrate, nel corso dei secoli, si sono poste nella Chiesa a totale servizio del Vangelo. Rendiamo grazie al Signore che anche oggi continua a convocare operai per la sua vigna. Se è pur vero che in talune regioni della terra si registra una preoccupante carenza di presbiteri, e che difficoltà e ostacoli accompagnano il cammino della Chiesa, ci sorregge l incrollabile certezza che a guidarla saldamente nei sentieri del tempo verso il compimento definitivo del Regno è Lui, il Signore, che liberamente sceglie e invita alla sua sequela persone di ogni cultura e di ogni 114

19 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE età, secondo gli imperscrutabili disegni del suo amore misericordioso. Nostro primo dovere è pertanto di mantenere viva, con preghiera incessante, questa invocazione dell iniziativa divina nelle famiglie e nelle parrocchie, nei movimenti e nelle associazioni impegnati nell apostolato, nelle comunità religiose e in tutte le articolazioni della vita diocesana. Dobbiamo pregare perché 1 intero popolo cristiano cresca nella fiducia in Dio, persuaso che il padrone della messe non cessa di chiedere ad alcuni di impegnare liberamente la loro esistenza per collaborare con lui più strettamente nell opera della salvezza. E da parte di quanti sono chiamati si esige attento ascolto e prudente discernimento, generosa e pronta adesione al progetto divino, serio approfondimento di ciò che è proprio della vocazione sacerdotale e religiosa per corrispondervi in modo responsabile e convinto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda opportunamente che la libera iniziativa di Dio richiede la libera risposta dell uomo. Una risposta positiva che presuppone sempre 1 accettazione e la condivisione del progetto che Dio ha su ciascuno; una risposta che accolga 1 iniziativa d amore del Signore e diventi per chi è chiamato un esigenza morale vincolante, un riconoscente omaggio a Dio e una totale cooperazione al piano che Egli persegue nella storia (cfr n. 2062). Contemplando il mistero eucaristico, che esprime in modo sommo il libero dono fatto dal Padre nella Persona del Figlio Unigenito per la salvezza degli uomini, e la piena e docile disponibilità di Cristo nel bere fino in fondo il calice della volontà di Dio (cfr Mt 26,39), comprendiamo meglio come la fiducia nell iniziativa di Dio modelli e dia valore alla risposta umana. Nell Eucaristia, il dono perfetto che realizza il progetto d amore per la redenzione del mondo, Gesù si immola liberamente per la salvezza dell umanità. La Chiesa - ha scritto il mio amato predecessore Giovanni Paolo II - ha ricevuto l Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 11). A perpetuare questo mistero salvifico nei secoli, sino al ritorno glorioso del Signore, sono destinati i presbiteri, che proprio in Cristo eucaristico possono contemplare il modello esimio di un dialogo vocazionale tra la libera iniziativa del Padre e la fiduciosa risposta del Cristo. Nella celebrazione eucaristica è Cristo stesso che agisce in coloro che Egli sceglie come suoi ministri; li sostiene perché la loro risposta si sviluppi in una dimensione di fiducia e di gratitudine che dirada ogni paura, anche quando si fa più forte 1 esperienza della propria debolezza (cfr Rm 8,26-30), o si fa più aspro il contesto di incomprensione o addirittura di persecuzione (cfr Rm 8,35-39). La consapevolezza di essere salvati dall amore di Cristo, che ogni Santa Messa alimenta nei credenti e specialmente nei sacerdoti, non può non suscitare in essi un fiducioso abbandono in Cristo che ha dato la vita per noi. Credere nel Signore ed accettare il suo dono, porta dunque ad affidarsi a Lui con animo grato aderendo al suo progetto salvifico. Se questo avviene, il chiamato abbandona volentieri tutto e si pone alla scuola del divino Mae- 115

20 ATTI DEL SOMMO PONTEFICE stro; ha inizio allora un fecondo dialogo tra Dio e l uomo, un misterioso incontro tra l amore del Signore che chiama e la libertà dell uomo che nell amore gli risponde, sentendo risuonare nel suo animo le parole di Gesù: Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (Gv 15,16). Questo intreccio d amore tra l iniziativa divina e la risposta umana è presente pure, in maniera mirabile, nella vocazione alla vita consacrata. Ricorda il Concilio Vaticano II: I consigli evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell obbedienza, essendo fondati sulle parole e sugli esempi del Signore, e raccomandati dagli Apostoli, dai Padri, dai dottori e dai pastori della Chiesa, sono un dono divino, che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva (Cost. Lumen gentium, 43). Ancora una volta, è Gesù il modello esemplare di totale e fiduciosa adesione alla volontà del Padre, a cui ogni persona consacrata deve guardare. Attratti da lui, fin dai primi secoli del cristianesimo, molti uomini e donne hanno abbandonato famiglia, possedimenti, ricchezze materiali e tutto quello che umanamente è desiderabile, per seguire generosamente il Cristo e vivere senza compromessi il suo Vangelo, diventato per essi scuola di radicale santità. Anche oggi molti percorrono questo stesso esigente itinerario di perfezione evangelica, e realizzano la loro vocazione con la professione dei consigli evangelici. La testimonianza di questi nostri fratelli e sorelle, nei monasteri di vita contemplativa come negli istituti e nelle congregazioni di vita apostolica, ricorda al popolo di Dio quel mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli (Esort. ap. postsinodale Vita consecrata, 1). Chi può ritenersi degno di accedere al ministero sacerdotale? Chi può abbracciare la vita consacrata contando solo sulle sue umane risorse? Ancora una volta, è utile ribadire che la risposta dell uomo alla chiamata divina, quando si è consapevoli che è Dio a prendere l iniziativa ed è ancora lui a portare a termine il suo progetto salvifico, non si riveste mai del calcolo timoroso del servo pigro che per paura nascose sotto terra il talento affidatogli (cfr Mt 25,14-30), ma si esprime in una pronta adesione all invito del Signore, come fece Pietro quando non esitò a gettare nuovamente le reti pur avendo faticato tutta la notte senza prendere nulla, fidandosi della sua parola (cfr Lc 5,5). Senza abdicare affatto alla responsabilità personale, la libera risposta dell uomo a Dio diviene così corresponsabilità, responsabilità in e con Cristo, in forza dell azione del suo Santo Spirito; diventa comunione con Colui che ci rende capaci di portare molto frutto (cfr Gv 15,5). Emblematica risposta umana, colma di fiducia nell iniziativa di Dio, è l Amen generoso e pieno della Vergine di Nazaret, pronunciato con umile e decisa adesione ai disegni dell Altissimo, a Lei comunicati dal messo celeste (cfr Lc 1,38). Il suo pronto si permise a Lei di diventare la Madre di Dio, la Madre del nostro Salvatore. Maria, dopo questo primo fiat, tante altre volte dovette ripeterlo, sino al momento culminante della crocifissione di Gesù, quando stava presso la croce, come annota l evangelista Giovanni, compartecipe dell atroce dolore del suo Figlio innocente. E proprio dalla 116

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I Quaresima B. Padre, tu che ci doni il tuo Figlio come Vangelo vivente, fa che torniamo a te attraverso un ascolto rinnovato della tua Parola, pr. I Quaresima B Padre buono, ti ringraziamo per aver nuovamente condotto la tua Chiesa nel deserto di questa Quaresima: donale di poterla vivere come un tempo privilegiato di conversione e di incontro con

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