Le ragioni che invitano a firmare la petizione "Uno di noi" Prove biologiche dell'esistenza dell'uomo fin dal concepimento

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1 Le ragioni che invitano a firmare la petizione "Uno di noi" Prove biologiche dell'esistenza dell'uomo fin dal concepimento Una evidenza che non ha bisogno di dimostrazioni né di particolari conoscenze scientifiche è il fatto che nessuno di noi io che leggo, voi che leggete ci sarebbe se nostro padre e nostra madre non si fossero incontrati sessualmente. Dunque è altrettanto evidente che quell'incontro ha determinato la serie di eventi per cui oggi noi siamo ad interrogarci sul nostro inizio. I meccanismi biologici mediante i quali è potuto accadere lo stupefacente, incredibile miracolo del nostro esistere sono rimasti quasi sconosciuti fino a poco tempo fa. Ho parlato di "miracolo", perché nonostante l'abitudine al succedersi delle nascite, ogni padre e ogni madre si chiedono come sia possibile che da un abbraccio intimo, dal fondersi di due minuscole cellule quasi invisibili possa derivare l'enorme complessità del nostro corpo: mediamente, nell'adulto, 100 mila miliardi di cellule tutte ben ordinate, tutte collaboranti ad unico scopo. Eppoi la tenerezza di un volto bambino, il suo lento apprendere il linguaggio, fino all'esplodere dell'intelligenza, della coscienza morale, della capacità di amore. Com'è possibile? Un tempo chi si poneva questa domanda rispondeva con l'intuizione o con la fantasia. Roberto Colombo, professore di genetica all'università Cattolica di Milano, ha curato una mostra dal titolo "Il volto umano dell'embrione", che ha girato l'italia e che è stata mostrata anche nel Parlamento europeo in occasione del 40 anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Si tratta di una doppia serie di pannelli. La più originale è quella che non descrive lo sviluppo dell'embrione, ma che ripercorre la storia della riflessione umana sull'embrione, riassume cioè le risposte che nel succedersi dei secoli sono state date a quella domanda: "com'è possibile?" Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche viene da sorridere sfogliando il fascicolo che accompagna la mostra. Per Aristotele lo sperma del maschio sarebbe stato l'unico principio attivo: la donna avrebbe fornito il sangue, cioè la materia, modellata dal principio attivo dello sperma. Questa interpretazione, secondo cui il seme maschile coagulerebbe, mescolerebbe e plasmerebbe il sangue femminile, è restata fino al Ma ancora non sono mancate le fantasie, come quelle di chi ipotizzava che un piccolissimo uomo fosse già presente nel gamete (qualcuno diceva nel seme maschile, qualcuno nell'uovo della donna) e che la gravidanza non fosse altro che un graduale accrescimento in volume del corpo preformato. Bisogna arrivare alla metà dell'800 per affermare che la fertilizzazione consiste nell'incontro dello spermatozoo con l'ovocita e solo nel 1953 Watson e Crick descrivono la struttura molecolare a doppia elica del DNA e ipotizzano un meccanismo per la sua duplicazione. Ancora più recenti sono le tecniche ecografiche che consentono di vedere e fotografare l'embrione e addirittura di renderlo vero e proprio attore in filmati realizzati mediante fibre ottiche. Possiamo ormai sapere quando comincia a battere il primo abbozzo del piccolo cuore (23 giorno), quando compare un primitivo sistema nervoso (26-27 giorno), quando cominciano le prime reazioni muscolari (8a settimana), etc. Le ricerche scientifiche si sono indirizzate anche a capire quando i sensi - udito, vista, gusto, tatto - ed anche le facoltà psichiche primitive capacità di riconoscere rumori e voci, memoria hanno cominciato a funzionare nel feto. Ha avuto un grande successo in Francia un libro a cura di Herbinet E., Busnel M.C., tradotto in italiano con il titolo "L'alba dei sensi". Questi brevissimi cenni mostrano che oggi sappiamo molto, molto di più di quanto appena trenta o quaranta anni fa potevamo conoscere. La scienza ci ha aiutato enormemente. La stessa 1

2 fecondazione in vitro ha fatto scoprire aspetti prima ignoti. Certamente restano ancora non pochi misteri, ma possiamo, con assoluta sicurezza, affermare che per accertare il momento di inizio della vita umana è irragionevole appellarsi alle superatissime fantasie, ipotesi e teorie di epoche in cui il progresso scientifico non aveva ancora scoperto i meccanismi della generazione. E' davvero stupefacente sia il processo attraverso cui si formano i gameti, sia il meccanismo della loro fusione, sia tutta la successiva fase dello sviluppo intrauterino del nuovo essere umano. "La vita umana prima meraviglia" è il titolo di una fortunata pubblicazione del "Centro di Documentazione" del Movimento per la vita italiano che traduce in termini di commozione contemplativa il rigore delle moderne acquisizioni scientifiche. Ma anche le fredde rilevazioni scientifiche suscitano emozione. Certo, la lettura dei moderni manuali di biologia, embriologia o di genetica non è facile per chi non è addetto ai lavori e non ha compiuto specifici studi di livello universitario. La stessa terminologia costituisce una difficoltà. Che significano per l'uomo della strada parole come, tanto per fare qualche esempio, "spermatide", "zona acrosomiale", "zigote", "cromosomi", "DNA", "blastocisti", "ootide", "mesoderma", "ectoderma" e simili? Eppure qualsiasi "uomo della strada" è chiamato a interrogarsi sull'inizio della vita umana o meglio, più precisamente, a "provare" l'esistenza dell'uomo". Se da un lato gli scienziati hanno scoperto le meraviglie della generazione, dall'altro anche le donne e gli uomini comuni, che non sono scienziati, quando devono decidere personalmente se sia giusto chiedere o attuare un intervento abortivo, oppure se sia eticamente corretto ricorrere alla procreazione artificiale o alla "pillola del giorno dopo" devono porsi la domanda: la mia azione incide su un essere umano oppure no? La domanda sull'inizio della vita umana è dunque estremamente pratica. Se poi il popolo è chiamato a confermare o annullare leggi che riguardano, per l'appunto, la fase iniziale della generazione, allora, per quanto complessa e difficile sia la comprensione dei meccanismi biologici, l'uomo della strada, in quanto cittadino su cui grava una porzione della sovranità popolare, deve avvertire la responsabilità di capire prima di decidere. Egli non ha il tempo di frequentare prima un corso universitario. Eppure deve farsi una idea. Ecco perché, abbandonando il linguaggio tecnico dei biologi, degli embriologi e dei genetisti, e tuttavia credendo a quello che essi unanimemente attestano di avere scoperto e visto, cercando noi di usare un linguaggio comprensibile a tutti, ma rigorosamente adeguato alla realtà palesata dalle parole più difficili degli studiosi, intendiamo dimostrare l'evidenza di un essere umano fin dal momento della fecondazione. Che da quel momento lo sviluppo sia continuo, autonomo (autodiretto), finalisticamente orientato è una constatazione concorde di tutti gli scienziati. Sviluppo continuo significa che non si può individuare un salto di qualità, nel senso che la realtà d improvviso è diversa da quella di un istante prima. Lo spermatozoo e l'ovocita, un istante prima che il primo penetri nel secondo, sono una realtà diversa dalla entità che si forma dopo il loro incontro, ma l'embrione formatosi è sempre quello lì, indipendentemente dal numero delle cellule. Cambia la quantità e la complessità della organizzazione, ma non l'identità biologica. Allo stesso modo non ci sono salti di qualità tra lo stesso bambino che prima ha due anni e poi ne ha tre. Non ci sono tagli profondi che permettono una netta separazione tra le varie fasi dello sviluppo. Del resto anche dopo la nascita continua una evoluzione, sia sotto l'aspetto fisico sia con ancora maggiore evidenza sotto l'aspetto psicologico. Il continuo cambiamento è connesso al fatto stesso della vita. Anche l'adulto cambia e diviene vecchio, ma vecchio, anziano, adulto, 2

3 giovane, adolescente, ragazzo, bambino, neonato, feto, embrione, zigote sono i diversi nomi con i quali si indica una identica entità umana. Che tale sviluppo sia autonomo, provocato e guidato cioè da una forza interiore (autodiretto), è altrettanto evidente. La fecondazione in vitro lo conferma con la forza dei fatti. Per un certo tempo l'embrione si sviluppa anche fuori del corpo materno. Poi ha bisogno di essere trasferito in utero, ma la madre gli fornisce soltanto il calore e, attraverso il sangue, il materiale necessario per autocostruirsi. E' il figlio stesso che guida il suo sviluppo, con la madre. E' ben diversa la costruzione di un edificio o di un qualsiasi altro oggetto inanimato. Ci vuole qualcuno che dall'esterno aggiunge pietra su pietra, pezzo a pezzo. Lo scultore modella la statua con una intelligenza ed una azione che sono esterne alla statua. Invece il vivente, prende e organizza da sé il materiale che lo costruisce. Sarebbe come se un pezzo di marmo di Carrara potesse trasformarsi in un David o in un Mosè senza l'opera dello scultore. Certamente la vita ha bisogno di un ambiente adatto. Cibo, ossigeno, calore sono condizioni di vita anche per i già nati. Ma non per questo manca l'autonomia. Anche un adulto vigoroso lasciato nudo e senza cibo al polo nord muore rapidamente e più velocemente ancora viene meno se privato di ossigeno. Il concepito è fragilissimo e perciò ha bisogno di un ambiente che lo protegga con particolare intensità. Ma il fatto che per nove mesi egli sia nascosto nel seno materno non gli toglie l'autonomia nel senso biologico ora indicato. Può darsi che egli sia partorito prematuramente e che per farlo vivere lo si debba proteggere in una culla termica ed usando mille accorgimenti, così come, del resto, nei reparti di rianimazione, sotto le tende a ossigeno e con altri presidi anche l'adulto, deve talora essere particolarmente protetto. Ma nessuno dice che un prematuro accolto in una culla termica non è un bambino. Insomma l'autonomia non è esclusa dalla abitazione del figlio nell'utero della madre. La vita dell astronauta chiuso in una capsula spaziale è condizionata dall'efficienza della capsula molto più di quanto lo sia l'embrione dal corpo della madre. Alla continuità e alla autonomia dello sviluppo si aggiunge la meraviglia di un finalismo perfetto. Fin dall'inizio tutto è orientato alla nascita, così come dopo la nascita tutto è orientato alla crescita di un corpo e di una mente capaci di agire, dialogare, costruire, pensare, amare etc.fin dall'inizio il processo è perfetto e inarrestabile. Esso può essere fermato solo da una azione esterna o da una patologia. Il nostro corpo è di una incredibile complessità in cui le singole parti sono coordinate funzionalmente tra di loro. Ogni cellula dei miliardi e miliardi che lo compongono ha una sua specifica funzione e ciascuna serve alle altre. Si può dunque parlare di un organismo umano per indicare che ogni parte serve al tutto. Alcune funzioni si attivano o si perdono nel tempo. Persino alcuni organi compaiono al momento opportuno e poi vengono abbandonati. Si pensi alla dentizione e alla funzione riproduttiva. Così anche la placenta e il cordone ombelicale non servono più dopo il parto. Ma l'organismo vivente è caratterizzato da uno sviluppo continuo, autonomo, finalisticamente e unitariamente orientato. La biologia moderna dà una risposta scientifica a quella domanda: "come è possibile?" cui in passato si è data una risposta di fantasia o di intuizione. In ogni cellula del corpo umano vi è il timbro biologico della umanità: i 46 cromosomi che sono caratteristici della nostra specie, 23 derivano dalla madre e 23 dal padre. A sua volta ogni cromosoma è costituito da un numero enorme di geni, che contengono dicono i genetisti tutta l'informazione necessaria per sostenere il continuo sviluppo dell'organismo umano. Ma, a seconda del tessuto di cui la cellula fa parte, solo alcuni geni sono attivi, mentre tutti gli altri si possono considerare come dormienti. Il complesso di cromosomi costituisce il genoma. Per generare un nuovo essere umano le cellule 3

4 germinali (spermatozoo e ovocita) riducono a 23 il numero dei cromosomi in modo che il nuovo vivente abbia anche egli 46 cromosomi (23+23) che comandano e guidano lo sviluppo. In ogni ciclo mensile la donna, durante l'età fertile, porta a maturazione un ovocita (normalmente uno solo). Una delle due ovaie fa sviluppare pienamente un ovocita e lo espelle facendolo finire in quella che si chiama la "zona ampollare" di una delle due tube, i condotti, lunghi pochi centimetri, che dalle ovaie conducono all'utero. Se vi è stato un rapporto sessuale e se un certo numero di spermatozoi è riuscito a raggiungere quel punto al momento giusto, lì avviene la fecondazione. Non appena uno spermatozoo, superando una serie di ostacoli, riesce a toccare e superare la membrana che racchiude l'ovocita avviene una serie di fenomeni. In primo luogo la membrana esterna diviene impenetrabile per qualsiasi altro spermatozoo. In secondo luogo dal nucleo originario dell'oocita, da cui in precedenza era stata già espulsa una parte dei cromosomi, viene estromessa anche un'altra parte in modo che anche i cromosomi femminili restano 23. In terzo luogo i cromosomi provenienti dallo spermatozoo e quelli di origine femminile cominciano ad attrarsi reciprocamente fino ad ordinarsi e allinearsi. Contemporaneamente comincia la moltiplicazione delle cellule: da una a due, da due a quattro, a otto e così via fino a divenire le centinaia di migliaia di miliardi di cellule che compongono il corpo adulto di un uomo e di una donna. Questa descrizione della fecondazione è estremamente semplificata ed è espressa il più possibile con parole comuni. Tuttavia corrisponde alla realtà e consente di trarre tre inoppugnabili conseguenze. In primo luogo, non appena lo spermatozoo è entrato nell'ovocita si forma una entità biologica diversa, un tutt'uno che risulta dall'apporto del materiale spermatico e del materiale ovocitario. Coloro che non vogliono riconoscere un essere umano in questa iniziale fase dello sviluppo preferiscono parlare di "ovocita fecondato" quasiché il nuovo complesso fosse soltanto una evoluzione dell'originario gamete femminile, passato da una prima fase di crescita a una seconda fase soltanto stimolata dallo spermatozoo: il contatto con esso equivarrebbe alla scintilla che, scoccando nel motore di una macchina, ne avvia il movimento. Ma non è così. Nel nuovo unitario complesso vi è anche il materiale, in particolare il DNA, portato dallo spermatozoo, del quale del resto, sparisce la forma originaria. Insomma fin dall'inizio compare una entità nuova. La seconda conseguenza è che il nuovo complesso è da subito un organismo, cioè un tutt'uno in cui le singole parti si influenzano e si servono reciprocamente. Coloro che non vogliono riconoscere l'essere umano in queste primissime fasi sostengono che soltanto l'allineamento definitivo dei cromosomi di provenienza maschile e di quelli di provenienza femminile determinerebbe l'inizio della vita e, sempre per evocare la continuità del solo gemete femminile, chiamano il nuovo complesso, prima del definitivo allineamento dei cromosomi, "ootide". Lo scopo pratico di questa operazione semantica è evidente: se siamo in presenza di un gamete e non di un embrione vengono eliminati tutti i problemi etici che comportano le azioni distruttive di congelamento, selezione, sperimentazione. Questo dibattito è recentissimo almeno in Italia. E' addirittura successivo alla entrata in vigore della legge 40 del 10 febbraio 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. In tutta la discussione parlamentare e nelle varie commissioni di studio nominate dai vari governi che si sono succedute (Santosuosso nel 1984, Guzzanti nel 1994, Busnelli nel 1995) mai era stata pronunciata la parola "ootide", ancora oggi sconosciuta persino a gran parte dei medici. Per giustificare la pretesa di manipolare e distruggere i nuovissimi concepiti si era coniato il termine di pre-embrione e si era cercato di sostenere che la vita umana comincia solo dopo 14 giorni+ dall'incontro dello spermatozoo con l'ovocita. Questa teoria del pre-embrione, formulata 4

5 per la prima volta in Inghilterra (Rapporto Warnock 1984) ed accolta oltre che nella legislazione britannica anche in quella spagnola, ha perso oggi credito e non è stata accettata né dal Consiglio d'europa nelle sue raccomandazioni relative agli interventi sull'embrionedel 1989 (n 1100), del 1986 (n. 1046), del 1982 (n. 934) e nella convenzione di bioetica del 1998, né dal Parlamento Europeo nelle sue diverse raccomandazioni in questa materia. La legge 40/2004 ha stabilito una tutela del concepito nel momento stesso in cui ha regolato le nuove tecniche di procreazione medicalmente assistita. Ha, cioè, cercato di garantire ad ogni concepito, pur se formato in una provetta, una possibilità di vita impedendone la distruzione premeditata come avviene anche quando nel caso della fecondazione in vitro si procede alla selezione prima del trasferimento in utero dell'embrione, al congelamento, alla produzione soprannumeraria, alla sperimentazione distruttiva. Per aggirare questi divieti si è tentata l'ultima "ritirata strategica". Rinunciamo si è detto all'idea del pre-embrione, ma chiariamo che la "fusione" dei cromosomi può avvenire anche ore dopo l incontro dei gameti e in questo breve periodo temporale consentiteci di fare tutto ciò che vogliamo perché l'essere umano non c è ancora. Per rafforzare la loro tesi aggiungono che anche chi sostiene l'esistenza dell'uomo fin dal concepimento ha sempre fatto riferimento al formarsi del nuovo patrimonio genetico e questo avverrebbe nel momento, successivo all'incontro delle spermatozoo con l'ovocita, in cui i due patrimoni genetici, prima distinti all'interno dell'unica cellula in due pronuclei, si allineano. In realtà poiché nessuno faceva distinzioni di momenti nella fase della fecondazione e tutta la discussione era piuttosto concentrata sulla questione del pre-embrione, è ovvio che non sussisteva una particolare esigenza di investigare più finemente sui meccanismi legati all'ingresso dello spermatozoo nella membrana dell'ovocita; la "fusione dei patrimoni genetici" era espressione sintetica e semplificatoria per indicare l'inizio della nuova vita. Ma, ora che occorre vedere più in dettaglio il fenomeno della fecondazione, va detto che l'uomo non è il suo patrimonio genetico, anche se questo lo caratterizza e lo distingue; che la maggiore o minore vicinanza (sempre nelle dimensioni piccolissime che esistono all interno di una cellula) dei cromosomi maschili e femminili non è il dato decisivo per individuare l'inizio del nuovo essere umano; che, invece, appare rilevante l'immediato interagire dei cromosomi, che si richiamano per avvicinarsi, cominciano a duplicarsi, attivano quella serie di relazioni continue, autonome, finalisticamente orientate che sono caratteristiche del vivente. In sostanza l'organismo si forma fin dal primo incontro dello spermatozoo con l'ovocita. La prima cellula è già l'inizio. Non c'è bisogno di attendere, come qualcuno sostiene, che vi sia la prima divisione cellulare, cioè che vi siano due cellule. Infine la terza evidenza è che il patrimonio genetico del nuovo essere umano è già tutto presente fin dal primo contatto dello spermatozoo con l'ovocita e non può più essere sostanzialmente cambiato. Nulla si aggiungerà più in seguito perché, come già detto, immediatamente la membrana che è stata perforata dallo spermatozoo diviene inaccessibile per gli altri spermatozoi e il nucleo dell'originario ovocita espelle l'ultima parte del materiale anche cromosomico divenuto inutile. Ormai la costruzione avviene soltanto ad opera di quei determinati 23 cromosomi paterni e di quei determinati 23 cromosomi materni. In questo vi è qualcosa di meraviglioso su cui vale la pena di riflettere ancora un momento. Ciascuno di noi ci dicono i biologi e ci conferma l'esperienza personale è unico e irripetibile. 5

6 Nessun altro essere umano vivente o che è vissuto in passato o che nascerà in futuro è identico a ciascuno di noi. Principalmente ciò dipende dall'eredità cromosomica. Il dimezzamento dei cromosomi (da 46 a 23) fa sì che nessuno sia geneticamente identico né alla madre né al padre. D'altronde la praticamente infinita possibilità di combinazione dei miliardi di geni e il fatto che il dimezzamento dei cromosomi avviene ad ogni trapasso generazionale rendono praticamente inimmaginabile una ricombinazione identica del materiale genetico. Nei cromosomi della madre e del padre si trova riassunta a livello biologico tutta la storia della umanità, perché a loro volta i cromosomi del padre e della madre recavano traccia di ciò che erano stati i loro padri e le loro madri e così via, di generazione in generazione fino al primo uomo e alla prima donna. Nel nuovo concepito tutta questa storia si concentra e identifica un nuovo individuo. Dunque l'identità biologica diversa che si forma fin dall'incontro dello spermatozoo con l'ovocita non è soltanto un organismo, che è umano perché non è, certo, quello di un pesce o di un gatto, ma è anche un organismo individuale. Si può dunque concludere che stiamo parlando di un individuo vivente appartenente alla specie umana. Il giudizio di valore su di lui non può essere dato dalla biologia, ma la biologia moderna descrive esattamente questo evento: il concepimento dà inizio a un nuovo individuo vivente appartenente alla specie umana che resterà sempre il medesimo indipendentemente dalle sue dimensioni. Tutti i tentativi di contrastare questo risultato sono irragionevoli. Dell'ootide si è già detto. Si è accennato anche alle teorie del pre-embrione. La tesi biologica dell'individuo appartenente alla specie umana fin dal concepimento si fonda ripetiamolo sulla continuità dello sviluppo. Quale sarebbe, l'elemento di discontinuità riscontrabile al 14 giorno? Anche a questo proposito sforziamoci di capire la meraviglia della vita nascente usando parole comprensibili, tuttavia coerenti con la realtà. Una volta formatosi l'embrione in una delle due tube, comincia per lui il cammino verso la "terra promessa". Lui è piccolissimo: misura poco più di un decimo di millimetro. Ma è fornito di energia e "alimenti" sufficienti per qualche giorno. In più trova qualche risorsa ulteriore nei liquidi presenti nella tuba. Ma deve assolutamente raggiungere un punto preciso dell'endometrio (la mucosa interna dell'utero) entro 6-7 giorni, altrimenti muore. Ecco il primo viaggio. Il moto dei fluidi presenti nella tuba, "l'effetto remo", determinato dalle ciglia vibratili presenti in quel medesimo condotto, i movimenti stessi della tuba, sospingono l'embrione verso l'utero. Durante il viaggio egli attua delle trasformazioni spettacolari. In pratica ogni ore raddoppia il numero delle sue cellule. Contemporaneamente invia i primi segnali chimici della sua presenza al cervello della sua mamma. Ella ancora non sa della sua esistenza, ma il figlio, con il solo linguaggio che gli è consentito (ma non è forse vero che anche il neonato sa farsi capire a suo modo?), mentre viaggia, dice al cervello di sua madre: "mamma, sto arrivando, preparati". Così l'embrione può atterrare nel punto giusto e penetrare a sua iniziativa all'interno della parete uterina. Questo è l'inizio dell'impianto, o annidamento, che si completa in 6-7 giorni. Nello stesso punto si formerà la placenta, un disco formato per metà dalla madre e per metà dal figlio, che attraverso il cordone ombelicale consentirà il rifornimento di sangue, in sostanza di cibo e di ossigeno, consentendo all'embrione di realizzare, a suo modo, la nutrizione e la respirazione. Che cosa succede, dunque di così importante al 14 giorno? Questo limite temporale fu indicato nel rapporto del 1984 di un gruppo di studiosi, nominato dal ministro della Sanità inglese, che, dal nome della sua presidente, Mary Warnock, è passato alla storia come "rapporto Warnock". I 6

7 quasi coevi rapporti di gruppi scientifici nominati dai governi italiano (rapporto "Santosuosso" del 1984) e tedesco (rapporto "Benda" del 1985) non accettano la distinzione tra embrione e preembrione. Ad ogni modo la scarsa validità della distinzione appare dallo stesso rapporto Warnock. In esso, nel capitolo relativo alla sperimentazione sull'embrione, al n. 11, si legge testualmente: "Una volta che il processo è incominciato non c'è una particolare parte dello sviluppo che sia più importante di un'altra; tutte sono parte di un processo continuo e, se ogni stadio non si svolge normalmente, al momento giusto, nella giusta sequenza, ogni ulteriore sviluppo cessa. Per questo, biologicamente, nello sviluppo dell'embrione non si può identificare un singolo stadio al di là del quale l'embrione in vitro non dovrebbe essere tenuto vivo. Abbiamo tuttavia concordato nel ritenere questo un settore nel quale devono essere assunte alcune precise decisioni per calmare l'ansietà diffusa nella pubblica opinione". Successivamente il rapporto Warnock richiama l'opinione che la sperimentazione potrebbe essere consentita "finché l'embrione è incapace di sentire dolore", cioè prima che cominci a svilupparsi il sistema nervoso centrale. Ciò significa secondo il rapporto considerare "un periodo di giorni dopo la fecondazione, quando il tubo neurale comincia a chiudersi". Il rapporto considera anche il parere del reale collegio degli ostetrici e ginecologi che aveva suggerito di non oltrepassare i 17 giorni "perché questo è il momento nel quale inizia lo sviluppo di un primitivo sistema nervoso". Alla fine il rapporto raccomanda di tenere come punto di riferimento la formazione della "stria primitiva", momento situabile attorno al 15 giorno, grosso modo coincidente con il termine dell annidamento. Come si vede il criterio non appare ragionevole. Da un lato si afferma la continuità dello sviluppo; dall'altro lato, pur di permettere la sperimentazione distruttiva, si annaspa per trovare un criterio "che tranquillizzi l opinione pubblica", cioè, che detta in parole un po' brutali inganni l'opinione pubblica circa la reale natura dell'embrione, o, quanto meno, le impedisca di fare troppe domande. In effetti il criterio dell'annidamento o quello della funzione della "stria primitiva" come criteri di umanità sono inaccettabili. La scienza moderna ha dimostrato che l'embrione, formatosi in una delle tube e compiuto il viaggio verso "la terra promessa", (la mucosa uterina), vi si installa perché ivi trova calore, cibo, ossigeno. Ma come è possibile sostenere che l'embrione "in viaggio" non sarebbe lo stesso che ha "trovato casa"? Forse la "residenza" è un criterio di umanità? I nomadi non sono esseri umani a differenza dei cittadini stabilmente residenti in una città? Nelle argomentazioni di alcuni la fine dell'impianto costituirebbe quel salto di qualità che consentirebbe di non considerare un individuo umano ciò che in precedenza si era sviluppato. Infatti dicono i gemelli monozigoti, quelli, cioè, che derivano dalla divisione di un embrione originato da un solo ovocita fecondato, non si possono più formare dopo l'impianto. La divisione può avvenire soltanto prima. Dunque, durante il viaggio non vi sarebbe un individuo, ma soltanto una materia indistinta che potrebbe trasformarsi in uno o più individui. A parte una notevole zona d'ombra che ancora rende un po' ignota la causa della gemellarità monozigotica; a parte la considerazione che una scissione dell'embrione non è più possibile dopo l'inizio dell'impianto (6-7 giorno), cosicché il termine da prendere in considerazione non sarebbe di 14 giorni, ma, semmai, di 7; a parte l'eccezionalità della formazione dei gemelli monozigoti (0.4% dei parti, più 7

8 frequente è il caso dei gemelli eterozigoti, 1.1% dei parti nel caso che la donna in un ciclo abbia portato a maturazione più ovociti e tutti siano stati fecondati da distinti spermatozoi); è stato replicato che in biologia si conosce bene il caso della generazione per gemmazione, ma ciò non significa che l'essere che genera la gemma non sia una entità biologica ben determinata. Il Comitato nazionale di bioetica nel parere espresso il 22 giugno 1996 ha scritto che "a ciascuno dei due gemelli deve essere riconosciuta una piena individualità fin dal loro costituirsi: il primo di essi acquisendo la sua definitiva identità nel momento stesso della fecondazione e l'altro o gli altri, nel momento invece della scissione gemellare". Talora si nega l'identità umana del concepito fino a che non si forma un primo abbozzo di cervello o, almeno, di tessuto nervoso. Il formarsi della prima stria primitiva, cui fa riferimento il rapporto Warnock, sembra alludere a questo argomento. Nei dibattiti sulla fecondazione artificiale qualcuno trova contraddittorio che per favorire il trapianto di organi si consideri morta una persona per il solo fatto che il suo cervello ha cessato totalmente di funzionare (la morte cerebrale equivale alla morte di tutto l uomo) e invece l embrione sia considerato un individuo vivente anche quando non si è formato il cervello. Ma l'argomento è inconsistente, anzi a ben guardare rafforza la tesi che il concepito è pienamente un essere umano vivente fin dal momento dell'incontro dello spermatozoo con l'ovocita. Infatti la morte (totale e reale, non parziale e apparente) del cervello è considerata morte dell'uomo anche quando artificialmente si riesce a far circolare il sangue nel suo corpo e a riempire ritmicamente di aria i suoi polmoni, perché il cervello è la parte che rende un organismo unitario il corpo umano. Esso unifica e finalizza le varie funzioni. Tant'è vero che la morte è chiamata anche "decomposizione". Le singole parti possono continuare per qualche tempo a vivere (è noto il fenomeno della crescita della barba e delle unghie anche nei cadaveri), ma l'uomo, in quanto unità organica, non c'è più. Se così è, se cioè il dato decisivo per ritenere l'esistenza di una vita umana individuale è l'unità organica determinata da un principio unificatore e finalizzatore, allora è evidente che nell'embrione un tale principio unificatore e organizzatore che lo rende un organismo non solo è presente, ma svolge una funzione possente e mirabile tutta proiettata verso il futuro. L'uomo non è il suo cervello anche se il cervello ne coordina le funzioni vitali. L'adulto che non ha più cervello non ha più futuro nel mondo visibile: è morto. Ma l' embrione che non ha cervello non è equiparabile ad un cadavere perché ha in sé una forza coordinatrice che gli garantisce non solo uno sviluppo vitale straordinario, ma anche un futuro, tutto il suo futuro. Egli non è affatto morto. Anzi è particolarmente vivo. Un ultimo argomento viene talora usato contro l'umanità del concepito. Come potete parlare di un essere umano, "uno di noi" dicono quando in natura una gran parte di concepiti si perde perché, a causa di loro anomalie o di anomalie della madre, non riescono ad impiantarsi in utero? La percentuale reale di concepiti perduti a causa di una difficoltà dell'impianto è inevitabilmente ignota ed è ragionevole il sospetto che essa venga strumentalmente indicata come molto elevata per tentare una giustificazione etica della elevatissima perdita di embrioni che, nella fecondazione in vitro trasferiti in utero non riescono ad impiantarsi. Tuttavia non c è bisogno di aggrapparsi alle percentuali per replicare. La morte è l'esito inevitabile di ogni vita umana. Il 100% degli uomini muore e la loro mortalità non elimina la loro umanità, né la precocità della 8

9 morte può avere un significato ontologico. Un tempo (ed anche ora in certe aree povere del mondo) la mortalità neonatale e infantile era altissima, ma non per questo i bambini appena nati non dovevano essere considerati bambini, né la frequenza dell'aborto spontaneo è un argomento contro la individualità umana dei feti. In conclusione la moderna biologia prova il dato di fatto che oltre trecento studiosi italiani hanno dichiarato in un documento pubblicato il 22 aprile 2002 dal Corriere della sera: "L'embrione, sin dallo stadio unicellulare embrione a una cellula cioè dal concepimento, è un individuo umano. Il nuovo genoma determina l'identità biologica specifica ed individuale del nuovo soggetto e l'eventuale selezione naturale non ne cambia la realtà ontologica. Il processo vitale del nuovo soggetto umano è unico e continuo dallo stadio unicellulare alla morte individuale". Sintesi curata da Carlo Casini * Per sottoscrivere l iniziativa Uno di Noi cliccare sul link: Per approfondimento Le cinque prove dell esistenza dell uomo (Edizioni San Paolo) 9

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