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1 I REPERTI FAUNISTICI DA MONTARRENTI: RISULTATI PRELIMINARI, TECNICHE DI RICERCA E APPROCCI METODOLOGICI Gli scavi condotti a Montarrenti hanno restituito un campione di circa frammenti di ossa animali. La maggior parte del materiale proviene dall'area 1.000, sebbene altri campioni siano stati ottenuti dalle aree 2.000, ed Benché lo studio dei reperti sia ancora in corso, questo contributo presenta alcuni risultati preliminari ed esamina la struttura all'interno della quale il materiale verrà elaborato e le tecniche di analisi che saranno sviluppate. In generale è stato possibile ascrivere il 61,3% dei frammenti rinvenuti a Montarrenti ad una specie, il 74,4% al tipo di osso. Queste percentuali appaiono particolarmente alte se confrontate con altri campioni provenienti da contesti medievali in Italia, ad esempio Torcello (RIEDEL, 1979), Tuscania (BARKER, 1973) e Roma S. Caterina della Rosa [Esedra della Crypta Balbi] (BEDINI e TOZZI, 1985): ciò è dovuto, almeno in parte, all'immissione nel campione di Montarrenti di un certo numero di scheletri completi o completi solamente in alcune parti. Le ossa hanno permesso di identificare l'attestazione di suini, ovini, bovini, equidi, canidi; inoltre di gatto, di cervo e di capriolo, di lepre e di coniglio, di tartaruga, di uccelli, di roditori e di pesce. È chiaro come la maggior parte di queste specie sia stata di poca, se non nessuna, importanza da un punto di vista economico. Le ossa di canidi sono frequenti nell'area 1.000, ma questo è il risultato della presenza di parte di due scheletri. Il genere esatto fra gli equidi, se per esempio si tratti di un cavallo o di un asino, non è al momento precisabile. Una parte di uno scheletro di adolto è stata rinvenuta nell'area e frammenti isolati sono comunque di comune attestazione. Il campione di Montarrenti è dominato dalle ossa di bovini, di suini e di ovini (sia pure in misura molto minore rispetto alla maggior parte degli altri casi nel periodo medievale). Se da una parte risulta attestato un maggior numero di frammenti di bovini (fra i quali va incluso una parte di scheletro proveniente dall'area 1.000), dall'altra sono presenti un maggior numero di individui di maiali e di pecore/capre. Se comunque deve essere considerata la resa in termini di carne, i bovini possono assumere in questo quadro

2 un'importanza fondamentale. La parte di scheletro di una vacca o di un bue sopra menzionata presenta un animale morto all'età di circa 3 anni. Ora, mentre un terzo dei bovini viene ucciso proprio all'età di circa tre anni, la maggior parte di essi sopravvive fino a ben oltre 3,5/4 anni. Ciò potrebbe significare che, mentre alcuni animali venivano allevati come razza da carne o per soddisfare le necessità casearie, la maggior parte di essi era cresciuta come razza da lavoro che veniva poi eliminata nel momento in cui la loro capacità lavorativa risultava in diminuzione. Quasi tutti i suini presenti in questo campione sono stati uccisi a circa 23 mesi di età, indicando un sistema intensivo specializzato. L'età della morte degli ovini è differenziata sebbene possano essere identificate due punte di concentrazione: la prima fra uno e due anni, la seconda fra i tre ed i quattro. Esse potrebbero coincidere con un allevamento finalizzato in un caso alla macellazione, nell'altro alla produzione di lana e latte, con quest'ultimo leggermente più importante del primo. Le attestazioni di pecore sono comunque molto maggiori rispetto a quelle di capre. Appare evidente da questo primo esame del materiale come il nostro campione sia abbastanza particolare, dato, per esempio, il numero di scheletri parzialmente completi e l'alta frequenza di ossa di equidi. Tali argomenti naturalmente richiedono un'indagine più approfondita: in un lavoro in corso di preparazione verrà descritto più dettagliatamente il sistema di allevamento e verranno considerate forme di cambiamento e di continuità nel corso della storia di questo insediamento. Montarrenti potrà così essere inserito nella struttura degli studi e delle conoscenze sull'economia nell'italia medievale (CLARK, 1987a). Inoltre, con l'analisi di questo campione si tenterà di superare la semplice ricostruzione di un modello di sussistenza, al fine di riflettere soprattutto sulle evidenze economiche e sociali di questo insediamento. L'esame critico dei dati ricavati da un insieme di ossa animali può gettare una luce su argomenti come la distribuzione spaziale delle aree di attività, l'abbondanza in un insediamento o in una parte di esso, il sistema di scambio e di mercato in uso. L'attenzione in questi studi è posta sull'attenta analisi delle parti di scheletro presenti o assenti e sull'età degli animali al momento della loro morte. Da uno studio dettagliato delle parti dello scheletro presenti in particolari depositi, si possono definire le aree di attività, come quelle per la macellazione, di cottura dei cibi, o infine di discarica

3 delle due precedenti. La presenza o l'assenza in un sito di ossa che sono tipiche di singole attività può riflettersi sulle sue funzioni. Dall'età della morte dell'animale è possibile evincere se lo stesso fosse allevato solamente per la sua macellazione o invece per prodotti secondari, sebbene in ultima istanza potesse comunque rappresentare una risorsa in termini di carne. Inoltre può essere stimato il grado di specializzazione di un insieme, un aspetto, questo, critico di molti sistemi economici complessi. Comunque in futuro maggiori informazioni potranno essere ricavate da questi dati. Per esempio, la presenza di ossa di animali uccisi in giovane età, quando essi cioè abbiano raggiunto un peso ottimale, può indicare l'abbondanza nel gruppo antropico al quale questi scarti sono associati. La presenza di un gran numero di ossa associate a carni di buona o mediocre qualità può essere anche indicativa della condizione dell'insediamento o della unità familiare. L'importazione o l'esportazione di carni macellate paò essere ipotizzata dalle stesse ossa animali (per maggiori dettagli: CLARK, 1987). Ai fini della produzione di un sistema di scambio nel mercato, per esempio, alcuni segni possono essere visti: a) nell'eccedenza di elementi macellati (se gli animali vengono condotti in forma di carcasse più che da vivi), specialmente nel caso di animali di giovane età; b) nella struttura non realistica della composizione del gruppo (attestazioni di femmine fattrici ed assenza di giovani maschi); c) con l'evidenza per animali di giovane età nei dati provenienti dai denti, ma non fra i dati di fusione delle ossa lunghe (se animali morti venissero condotti come carcasse parzialmente preparate). Nello stesso modo, al fine del consumo gli indicatori potrebbero includere una preponderanza di ossa di animali giovani; una non realistica struttura del gruppo (assenza di fattrici); una mancanza di resti macellati (se gli animali non erano trasportati da vivi). In passato ho adottato queste tecniche d'analisi per ricerche sul materiale della tarda preistoria nell'italia settentrionale e su quello medievale nell'italia centrale. Presenterò ora in maniera sintetica alcuni esempi per dimostrare le potenzialità di un tale sistema. Durante i restauri del Palazzo Vitelleschi, a Tarquinia (Viterbo), sono stati scavati alcuni pozzi, il cui riempimento era avvenuto verso la fine del XIV secolo, più esattamente attorno al Esso probabilmente rappresenta i resti gettati da un singolo nucleo familiare. In questo campione appare particolarmente interessante

4 il fatto che le ossa di suini, ovini e bovini siano riferibili ad animali non ancora adulti, nel momento in cui essi avrebbero potuto fornire una carne di migliore qualità (CLARK, 1989b). D'altra parte risultano assenti adulti. Ciò non implica necessariamente che prodotti come latte, formaggi e lana non avessero la loro importanza, ma piuttosto che gli animali allevati per questi prodotti non fossero selezionati all'interno di questo nucleo familiare. Infatti un considerevole numero fra le ossa animali rinvenute va associato a carni scelte. Mentre gli avanzi di macellazione furono ritrovati, le ossa da associare a carni di qualità inferiore erano assenti. Dal momento che tutte le operazioni di lavorazione del cibo erano condotte all'interno della casa, si potrebbe ipotizzare per esempio che ci si sbarazzasse dei rifiuti accumulati nella cucina prima e durante la cottura, o che i tagli minori venissero portati via e consumati dai servi della casa o da persone in generale meno privilegiate. Dunque le ossa animali in questo caso mostrano un nucleo familiare ogulento, che si nutriva con le pietanze migliori e che faceva giungere il cibo da insediamenti rurali (sebbene dall'evidenza archeozoologica non si possa stabilire se arrivasse attraverso un mercato, da obbligazioni o da tenute agricole a carattere familiare). Una tale interpretazione comunque fornisce un supporto ed al tempo stesso è comprovata da altre evidenze di tipo archeologico. Gli scavi all'interno dell'abbazia di Farfa hanno restituito un campione di circa frammenti di ossa di mammiferi, in un arco di tempo compreso fra il periodo romano ed il recente passato. I suini erano gli animali maggiormente rappresentati prima e durante la fase tardo-medievale; gli ovini invece divengono dominanti nel periodo post-medievale. Mentre nel corso dei periodi più antichi i maiali venivano portati vivi all'interno dell'abbazia, in quello tardo medievale (sebbene ci siano alcune attestazioni anche per le fasi precedenti) molta della carne di prima scelta era portata a tagli. In eguale maniera, per le capre e pecore, appare chiaro come alcune pezzature di prima qualità fossero importate, mentre un numero limitato di animali fosse tenuto nelle vicinanze dell'abbazia per provvedere alla fornitura dei prodotti caseari e, in ultima istanza, di parte dell'approvvigionamento delle carni. La gran parte dei resti di bovini deriva probabilmente dall'immissione nel sito di carcasse già parzialmente lavorate (CLARK, 1988).

5 Mentre una parte di questa carne poteva essere acquistata al mercato, le fonti ci testimoniano che un'altra poteva giungere nella abbazia sotto forma di donativi o di pagamenti. In aggiunta a ciò, l'abbazia possedeva ampi pascoli sugli Appennini e avrebbe potuto mantenere un proprio gregge transumante. I testi documentari riferiscono, infine, della ottima qualità di maiale che si poteva mangiare nell'abbazia, testimonianza questa suffragata dalle presenze archeozoologiche, consistenti in molti frammenti di scapole e omeri di tali animali. Come è stato rivelato dallo scavo di una piccola parte dell'insediamento del IX/X secolo a Colle Castellano, le risorse economiche erano basate soprattutto sullo sfruttamento di bovini, suini e ovini (CLARK, 1989C). Sebbene suini ed ovini fossero più numerosi dei bovini, una larga parte dell'approvvigionamento di carne era fornito da questa ultima specie. Per le capre e pecore era implicita una generalizzata strategia di allevamento del gregge: alcuni animali venivano uccisi appena potevano produrre carne di prima qualità, mentre gli altri erano allevati per la produzione casearia e nel caso delle pecore, per la lana. Tali animali venivano eliminati nel momento in cui il prodotto iniziava a declinare. È possibile individuare una forma intensiva di allevamento dei maiali: infatti data la mancanza nel campione di fattrici ed il predominio di animali maschi, sembra probabile che le prime fossero mantenute nelle vicinanze piuttosto che nell'insediamento stesso, a differenza degli animali che non servivano alla procreazione e che venivano portati all'interno del sito nell'età ottimale per fornire la carne. Sebbene anche i bovini venissero allevati per i loro prodotti primari e secondari, possono essere notati alcuni indizi di un sistema più complesso. È naturale che alcuni animali fossero allevati nelle vicinanze del centro e macellati al suo interno; parallelamente però vi sono altri indizi che fanno pensare ad un arrivo dall'esterno di una parte del prodotto sotto forma di pezzature. Queste tecniche di ricerca e questi approcci metodologici verranno elaborati per esaminare i numerosi aspetti rivelati dai campioni di Montarrenti. In primo luogo, il materiale proveniente da ciascun settore dello scavo verrà esaminato separatamente al fine di osservare se le differenze possano essere attribuite a fattori sociali o funzionali. In secondo luogo, saranno esaminati i campioni dai singoli contesti e dai gruppi di contesti per stabilire, ad esempio, se essi possano essere messi in relazione a attività particolari o essere ascritti a determinati gruppi sociali. In questo senso una particolare

6 attenzione verrà posta nello studio dell'area che ha restituito la maggior parte dei reperti faunistici. Essa comprende sia la parte della zona alta che di quella bassa all'interno dell'insediamento. In un certo momento l'area alta divenne, come testimoniano i resti architettonici, la zona residenziale di una élite. Sarà perciò di grande interesse poter esaminare se possano essere percepite alcune differenze e se esse possano essere messe in relazione a cambiamenti nello status sociale. Se tale ipotesi coglie nel vero, sarà ugualmente di grande interesse analizzare in quale periodo questo cambiamento possa essere avvenuto. Deve essere comunque sottolineato che le potenzialità dei dati archeozoologici possono essere evidenziate solamente nel momento in cui esse trovino una stretta correlazione con i dati archeologici, ambientali e storici. Nella prospettiva della mia ricerca sulle evidenze storiche ed archeologiche dei sistemi economici nella Toscana e nel Lazio settentrionale durante il tardo medioevo, è apparso chiaramente che, se diverse fonti di conoscenza possono portare un valido contributo ad un quadro dell'economia, in alcune occasioni sono sorti alcuni conflitti di concetto (CLARK, 1989b). Allo stesso tempo, appare chiaro come ogni fonte abbia i suoi punti di forza, le sue debolezze e le sue lacune. L'evidenza archeologica, ad esempio, presenta potenzialità enormi per comprendere il fine produttivo di un sistema quale quello delle comunità rurali, campi in cui appare insufficiente l'evidenza documentaria. Le fonti storiche, però, possono essere considerate come il mezzo più penetrante per evincere la complessità di un sistema di mercato urbano inteso nella sua completezza. Dunque i reperti faunistici rinvenuti durante lo scavo condotto a Montarrenti dalle Università di Siena e di Sheffield dovranno essere esaminati assieme alle evidenze archeologiche e documentarie, note per questo sito e per questa regione durante il periodo medievale, con la finalità di comprendere non solamente le strategie di allevamento, ma i sistemi agricoli e, più in generale, quelli economici. GILLIAN CLARK BIBLIOGRAFIA

7 BARKER, G., 1973, The economy of medieval Tuscania: the archaeological evidence, «Papers of the British School at Rome», 41, pp BEDINI, E., TOZZI, C., 1985, I reperti faunistici, in Il Giardino del Conservatorio di S. Caterina della Rosa, (Archeologia Urbana a Roma: Il Progetto della Crypta Balbi 3), Firenze, pp CLARK, G., 1987a, Stock economies in medieval Italy: a critical review of the archacozoological evidence, «Archeologia Medievale», XIV, PP CLARK, G., 1987b, Faunal remains and economic complexity, «Archaeozoologia. Revue Internationale d'archéozoologie», 1 (1), pp CLARK, G., 1988, Dati paleoeconomici, pp in G. BARKER, J. MORELAND, T. LEGGIO, G. CLARK e J. GIORGI, Insediamento altomedievale ed uso della terra nei dintorni di Farfa: approccio storico archeologico, «Archeologia Laziale», IX, PP CLARK, G., 1989a (in stampa), Faunal remains: faunal remains and historical archaeology; large mammals; discussion; conclusions, in G. CLARK, L. COSTANTINI A. FINETTI, J. GIORGI, A. JONES, D REESE, S. SUTHERLAND, D. WHITEHOUSE, The food refuse of an afiluent urban household in the late fourteenth century: faunal and botanical remains from the Palazzo Vitelleschi, Tarquinia (Viterbo), «Papers Of the British Schocl at Rome», 57. CLARK, G., 1989b (in stampa), Animals and animal products in medieval Italy: a discussion of archaeological and historical mettodology, «Papers Of the British School at Rome», 57. CLARK, G., 1989c, The faunal remains from Colle Castellano, in S. COCCIA (ed ), Excavations at Colle Castellano. Supplemento a «Papers Of the British School at Rome». RIEDEL, A., 1979, La fauna degli scavi di Torcello ( ), «Atti del Museo Civico di Storia Naturale Trieste», 31 (2, 5), pp

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