LA TUTELA NELLA CIRCOLAZIONE DELL'ASSEGNO BANCARIO

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1 STUDIO LEGALE ASSOCIATO AVVOCATI SGUERSO Avv. Mario Sguerso Avv. Chiara Sguerso Avv. Filippo Sguerso Avv. Elisabetta Menegazzi Avv. Cristina Mori Avv. Luca Maria Paganucci Avv. Manuela Roggero Avv. Claudio Scarlassa Avv. Eugenio Di Martino Dott.ssa Simona Demurtas Dott.ssa Sara Milia Dott. Fabio Odetti GENOVA Via Roma 3/ Tel Fax MILANO Via Boccaccio Tel Fax Importante: indirizzare corrispondenza a: Casella Postale GENOVA Web: Partita IVA e codice fiscale LA TUTELA NELLA CIRCOLAZIONE DELL'ASSEGNO BANCARIO Come è noto il protesto è un atto pubblico con il quale viene accertato in modo formale da parte di un notaio o di un ufficiale giudiziario il mancato pagamento di un assegno. La funzione del protesto è quella di consentire di estendere l'azione giudiziaria oltre che all'emittente, anche a coloro che abbiano fatto circolare l'assegno mediante girata, (cosiddetta azione di regresso), nonché a coloro che hanno garantito il pagamento dell'assegno (cosiddetti avallanti). Le ipotesi che ci riguardano si riferiscono a due diverse fattispecie: l'emissione di assegno senza autorizzazione e l'emissione di assegno senza provvista. L'assegno si considera emesso senza autorizzazione quando, in via generale, non c'è o non c'è più il rapporto o la convenzione che autorizzano il Cliente ad emettere assegni, per esempio perchè il conto è stato chiuso prima dell'emissione dell'assegno, o è stato revocato prima dell'emissione, o ancora l'istituto bancario ha revocato l'autorizzazione all'emissione o l'assegno è stato emesso su un conto intestato ad altra persona. Più frequente è l'emissione di un assegno senza provvista, che si verifica quando, una volta presentato per il pagamento, sul conto corrente di chi lo ha emesso manchino le somme necessarie perchè la banca possa dar seguito all'ordine di pagamento. E' opportuno precisare che l'emissione di un assegno privo di provvista costituisce un

2 illecito amministrativo punito dalla legge con sanzioni amministrative e con la revoca di sistema, normata dalla legge 386/90 modificata dal D. Lgs 507/99) che esamineremo fra breve. Le sanzioni pecuniarie variano da un minimo ad un massimo e possono essere ulteriormente aumentate in caso di reitera dell'illecito. In aggiunta alle sanzioni pecuniarie, tenuto conto della gravità dell'illecito o dell'importo cartolare dell'assegno, il Prefetto può infliggere altre sanzioni che comportano il divieto di emettere assegni per un periodo non inferiore a due anni e nei casi più gravi l'illecito può comportare anche l'applicazione per almeno due mesi dell'interdizione dall'esercizio di attività professionale o imprenditoriale; interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; incapacità di contrattare con la P.A. Per inciso si precisa che le sanzioni possono essere evitate attraverso la procedura di pagamento tardivo, che esamineremo più sotto. In ogni caso ciò che la normativa richiede perchè sia elevato il protesto è che l'assegno sia stato presentato per l'incasso entro il termine utile, 8 giorni per l'assegno su piazza, 15 giorni per l'assegno fuori piazza. Oltre a quanto sopra indicato, gli effetti del protesto prevedono la pubblicazione nel Registro informatico dei protesti, tenuto dalle Camere di Commercio e la comunicazione al Prefetto competente per territorio. Dobbiamo quindi esaminare la tutela messa in atto nella circolazione degli assegni, definita revoca di sistema, nonché l'ipotesi di pagamento tardivo dell'assegno impagato per mancanza di provvista. La revoca di sistema, come già abbiamo anticipato, determina il venir meno di ogni autorizzazione all'emissione di assegni bancari e comporta l'obbligo di restituzione di quelli non ancora utilizzati. L'emissione di assegni senza autorizzazione o senza provvista consente agli istituti bancari di non effettuare alcun pagamento a fronte degli assegni eventualmente presentati per l'incasso e le obbliga a procedere ad un'ulteriore segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria (CAI).

3 L'obbligo di iscrizione alla CAI è soggetto a differente disciplina a seconda che il mancato pagamento dipenda da mancanza di autorizzazione o di provvista. Nel primo caso, non essendo contemplata alcuna regolarizzazione tardiva dell'assegno, l'iscrizione del nominativo del traente deve essere effettuata dall'istituto trattario senza ulteriori formalità, entro venti giorni dalla presentazione del titolo. Nel caso di mancanza di provvista, come vedremo successivamente, il traente può evitare la segnalazione alla CAI attraverso il pagamento tardivo. La revoca è conseguenza automatica dell'iscrizione nella CAI, archivio gestito dalla Banca d'italia, nel quale vengono raccolti e documentati gli utilizzi anomali di assegni, su segnalazione delle Banche, Uffici Postali, intermediari finanziari, Prefetti e Autorità Giudiziaria. E' evidente che la funzione di tale archivio è quella di rendere più sicura la circolazione degli assegni attraverso la sua consultazione, che è consentita agli enti segnalanti, nonché ai diretti interessati o a soggetti dagli stessi delegati, o a filiali della Banca D'Italia. Come abbiamo indicato, nel caso di emissione di assegno senza provvista è possibile evitare l'applicazione delle sanzioni e la revoca con il pagamento tardivo, che consiste nel pagamento entro 60 giorni dalla scadenza del termine utile per la presentazione dell'assegno all'incasso. La normativa, che è perentoria, prevede il pagamento, oltre all'importo dovuto, di una penale pari al 10% della somma, degli interessi legali maturati fino al momento del pagamento tardivo e le spese relative al protesto. E' obbligo dell'istituto bancario informare il proprio Cliente, entro dieci giorni dalla presentazione dell'assegno, della mancanza di provvista e della possibilità di procedere al pagamento tardivo, che può essere effettuato in vari modi fra cui la costituzione di un deposito vincolato presso la stessa banca a favore del creditore. E' opportuno precisare che l'iscrizione nella CAI è evitata solo con il pagamento comprensivo anche degli oneri accessori. Esaurite le procedure, la prova dell'avvenuto pagamento dovrà essere fornita dal traente alla banca trattaria entro il 60 giorno dalla scadenza del termine di

4 presentazione del titolo. Naturalmente in caso di protesto tale prova dovrà essere fornita anche al soggetto che ha redatto l'atto di protesto, notaio o ufficiale giudiziario, al fine di evitare l'applicazione delle sanzioni amministrative. Concludiamo con una novità normativa che potrebbe avere effetti dirompenti. In base alla legge 235/2000 comma due si prevede che la notizia di ciascun protesto levato sia conservata nel Registro informatico dei protesti per un massimo di 5 anni dalla data di registrazione. Alla regola della durata quinquennale si accompagna, poi, il riconoscimento, a favore dell'interessato, del diritto all'oblio, tanto per i casi di cancellazione automatica dopo i cinque anni, quanto per quelli di cancellazione avvenuta prima del trascorrere del predetto termine per avvenuto pagamento o per erroneità o illegittimità. Il problema del limite di durata della conservazione dei dati e del conseguente diritto all'oblio è emerso, soprattutto, in passato, quando le banche-dati private non erano collegate on line con il registro dei protesti e quindi non venivano automaticamente aggiornate o, comunque, conservavano dati dei protesti non più presenti nel registro. La questione ha costituito oggetto di interessamento da parte del Garante per la protezione dei dati personali. Con varie pronunce l'autorità Garante, nel ribadire che i soggetti protestati che hanno sanato la loro posizione devono essere cancellati dal Registro informatico dei protesti e considerati a tutti gli effetti come non iscritti ha, altresì, sottolineato che i dati relativi al protesto devono essere cancellati da tutte le banche private o archivi paralleli, anche privati. In questo contesto si è inserita la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 13 maggio scorso che ha introdotto il Diritto all'oblio aprendo un acceso dibattito internazionale in quanto prevede il diritto, nel caso specifico, per qualsiasi membro della comunità di rivolgersi ai motori di ricerca per impedire l'indicizzazione delle informazioni riguardanti la sua persona pubblicata su pagine web di terzi, facendo valere la propria volontà che tali informazioni non siano conosciute dagli utenti di internet, ove egli reputi che la loro divulgazione possa arrecargli pregiudizio o desideri che tali informazioni siano dimenticate anche quando si tratti di

5 informazioni pubblicate da terzi lecitamente. E' chiaro che tutto ciò determina una contrapposizione fortissima di interessi opposti e quindi sarà importante seguire attentamente il dibattito in corso e soprattutto come il nostro ordinamento si adeguerà alla sentenza.

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