ALLEGATO A27. Tutela delle acque e bonifica sostenibile dei siti contaminati. Alcuni spunti di riflessione

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1 Analisi e promozione di nuove tecnologie di bonifica e di caratterizzazione dei siti contaminati ALLEGATO A27. Tutela delle acque e bonifica sostenibile dei siti contaminati. Alcuni spunti di riflessione La bonifica dei siti contaminati in Italia è stata regolamentata dal D.Lgs. n 152/2006 che ha unificato e sostituito tutta la precedente normativa in campo ambientale (inclusi il DM 471/99 nell ambito del quale si sono avviate le bonifiche in Italia a la normativa generale sulla tutela delle acque, essenzialmente il D.Lgs 152/99). Sul piano tecnico si è finora registrata una prevalenza di interventi basati su scavo e smaltimento per i suoli e su pompaggio, trattamento e scarico per le acque (Pump and Treat, P&T). Tali approcci sono talvolta inevitabili ma non particolarmente efficaci sotto il profilo della sostenibilità ambientale ed economica dell intervento, in quanto comportano la trasformazione delle matrici ambientali da risorsa da recuperare a rifiuto da smaltire. Si è inoltre assistito a frequentissimi contenziosi amministrativi, il che non ha contribuito ad una rapida attuazione delle bonifiche, con conseguente restituzione delle aree bonificate a nuovi usi produttivi. D altra parte, appaiono semplici e chiare le linee programmatiche su cui basare un approccio sostenibile alla bonifica: Inserire la bonifica nel quadro generale della tutela delle risorse ambientali (suoli e acque sotterranee), ai fini del loro recupero agli usi, attuali o programmati. Garantire il recupero delle aree bonificate all uso produttivo, al contempo diminuendo la richiesta di aree di maggior pregio da destinare ex novo a fini industriali (o anche commerciali e residenziali) Garantire la sostenibilità economica e temporale degli interventi assicurando piena compatibilità con le attività in essere sulle aree e con i programmi di sviluppo. Valutare e minimizzare degli impatti secondari, ad es. minimizzazione della produzione di rifiuti e dell uso di energia, secondo il tipico approccio delle Best Available Technologies (BAT). Ai fini del conseguimento di tali obiettivi, segue una brevissima analisi di alcuni principi generale e di alcuni strumenti da sfruttare, con specifico riferimento alla problematica della bonifica delle acque sotterranee. Data la formazione e le esperienze maturate dall autore, tale esame si concentra prevalentemente sugli aspetti tecnici e tecnologici mentre l interconnessione con gli aspetti normativi è trattata solo in termini generali, come direttamente leggibili da parte da un operatore con formazione tecnica e non giuridica. In ogni caso, si sottolinea che quanto segue rappresenta unicamente l opinione personale dello scrivente autore, senza alcuna pretesa di entrare nel merito dell interpretazione autentica della norma o della giurisprudenza. Tale elaborato viene 797

2 TER 13010/001 presentato unicamente come spunto di riflessione preliminare nell ambito del Gruppo di Lavoro e ai fini delle attività coordinate da Éupolis, cui deve essere circoscritta la diffusione. A27.1 Principi e obiettivi La materia delle BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI (titolo V, parte IV) include la matrice acque sotterranee la cui tutela è trattata in via generale nella parte III (tutela delle acque) nonché nella parte VI (Danno ambientale). Esiste quindi una comune finalità ma anche l esigenza di un miglior inquadramento delle azioni di bonifica (ovvero interventi puntuali di risanamento ambientale in presenza di specifiche sorgenti di contaminazione, di solito pregresse e di lunga data) nell ambito più ampio della tutela dei corpi idrici sotterranei e delle risorse idriche da essi derivanti. Tale inquadramento generale è il presupposto affinché le azioni di bonifica di suoli o acque sotterranee risultino pienamente funzionali alla tutela delle acque e quindi concorrano al raggiungimento dello stato di qualità buono sia dei corpi idrici direttamente interessati dalla contaminazione (corpi idrici sotterranei) che di quelli superficiali con essi eventualmente interagenti. Da un altro punto di vista, l obiettivo finale della tutela delle acque fornisce uno scenario generale all interno del quale è presumibilmente possibile arrivare ad una miglior articolazione delle singole azioni di bonifica per suoli e acque sotterranee di un sito contaminato, in particolare contribuendo a fissare l orizzonte spaziale e temporale in cui deve avvenire la bonifica. Occorre ad esempio tener pienamente conto dello stato originario e dell eventuale presenza di inquinamento diffuso, fatto salvo l onere per il soggetto responsabile o comunque interessato di eliminare ogni contributo addizionale derivante dalla contaminazione del sito di cui è resonsabile. Operando in questo quadro generale di tutela, è possibile meglio calibrare gli interventi rispetto alle effettive esigenze di tutela ambientale, cercando di evitare interventi eccessivi e spropositati che possono risultare inutili e anche dannosi dal punto di vista ambientale. In altre parole, una chiara individuazione di obiettivi e tempi di realizzazione delle bonifiche nel territorio, va nella direzione di un approccio di piena sostenibilità degli interventi stessi, non solo sul piano ambientale ma anche economico, nell ottica che un miglior rapporto tra costi e benefici ambientali degli interventi possa anche favorire una più rapida ed efficace riqualificazione delle aree bonificate ai fini produttivi o economici. Va fatta salva in ogni caso la necessaria protezione dai rischi igienico-sanitari che possono derivare dalla contaminazione dei suoli e delle acque. 798

3 Analisi e promozione di nuove tecnologie di bonifica e di caratterizzazione dei siti contaminati A27.2 Strumenti L inquadramento dell azione di bonifica nell ambito della tutela del corpo idrico interessato può consentire di articolare gli interventi secondo le specifiche caratteristiche dei corpi idrici interessati, creando i presupposti per una miglior efficacia delle azioni e un miglior rapporto costi/benefici. In particolare, occorre concentrare l attenzione verso la tutela dei corpi idrici significativi e articolare l azione nell arco temporale previsto per il raggiungimento dei relativi obiettivi di qualità. Ove sia necessario e utile, è possibile fare uso degli strumenti di deroga e di proroga previsti dalla normativa vigente, per evitare che interventi sproporzionati per estensione o rapidità comportino costi eccessivi, o anche insostenibili, a fronte di limitati vantaggi ambientali. Occorre anzi considerare che ogni intervento eccessivo comporta un impatto ambientale secondario (ad es. eccessivi consumi di energia e materiali) che rischia di vanificare l efficacia dell intervento stesso, se visto in un ottica di protezione ambientale più globale. Occorre anche sottolineare l esigenza di tutela della risorsa idrica non solo dal punto di vista qualitativo ma anche quantitativo, evitando quindi per quanto possibile gli interventi di semplice emungimento, depurazione e smaltimento di acque sotterranee, se non strettamente necessari alla protezione di altri corpi idrici o di risorse idriche di maggior pregio. Pertanto, come previsto nella recente modifica dell art.243 l emungimento delle acque sotterranee nell ambito degli interventi di bonifica deve conformarsi alle finalità generali di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche (come ad esempio individuati all articolo 73). In quest ambito, il ricorso ad interventi di messa in sicurezza d emergenza dovrebbe essere limitato ai casi effettivamente previsti dalla normativa (come da definizioni di cui all art. 240). Ulteriore strumento che potrebbe essere meglio implementato è quello del ricorso a misure sostitutive o compensative che la normativa vigente (sia in mabito tutela che danno ambientale ) prende in considerazione ove l intervento diretto sia tecnicamente impossibile o comporti costi spropositati. Tale miglior articolazione degli interventi potrà comportare una miglior efficacia ambientale degli interventi, consentendo ove possibile una riduzione dei costi per l Amm.ne Pubblica e per i privati. Rimane in ogni caso impregiudicato il dovere per chi ne sia stato responsabile di bonificare il sito contaminato e di riparare il danno ambientale, ma ciò deve avvenire nel contesto che viene definito dall Amm.ne Pubblica ai fini della tutela suddetta, tenendo conto delle peculiari e differenti caratteristiche dei corpi idrici tutelati. Come già riportato, va fatta salva in ogni caso la necessaria protezione dai rischi igienico-sanitari che possono derivare dalla contaminazione dei suoli e delle acque. 799

4 TER 13010/001 A27.3 Approccio sul piano tecnico Articolando i succitati principi sul piano tecnico, occorre privilegiare gli interventi diretti di bonifica o messa in sicurezza delle sorgenti di contaminazione primarie (ad esempio perdite da serbatoi, scarichi o rifiuti incontrollati) o secondarie (suoli contaminati), interrompendo quindi i percorsi di contaminazione e facilitando il recupero per via naturale della qualità del corpo idrico sotterraneo. La bonifica dei suoli contaminati deve quindi prendere in considerazione la protezione delle risorse idriche come finalità specifica dell intervento di risanamento. Ove necessario per accelerare il recupero della qualità ambientale nell arco temporale previsto, gli interventi diretti sul corpo idrico andranno comunque concentrati sull uso di tecnologie in situ che non comportino l impoverimento quantitativo del corpo idrico stesso. A titolo di esempio non esclusivo, è possibile citare l approccio delle barriere permeabili reattive, ovvero sistemi sotterranei, drenanti e reattivi, capaci di intercettare e degradare o trattenere il contaminante disciolto, senza modificare in modo sostanziale il deflusso naturale della falda. Viceversa va limitato ai casi di effettiva necessità il ricorso ad emungimento e smaltimento di acque sotterranee (a meno che non ne siano previsti la reimmissione o il riutilizzo in cicli produttivi in sostituzione di risorse più pregiate). In linea più generale, il ricorso ad interventi alla messa in sicurezza di emergenza (MISE) va limitato ai casi di effettiva necessità come previsti dalla normativa e nel caso va condotto, per quanto tecnicamente possibile, con interventi di rapida attuazione, flessibili e reversibili, onde non pregiudicare le modalità della successiva bonifica, preservando il corpo idrico dal punto di vista quantitativo. Ove il pennacchio di contaminazione riguardi acque sotterranee che non presentano rilevanza ambientale di per sé (ad es. corpo idrico non significativo o fortemente modificato o che non abbia usi in corso) ma che tuttavia interagisce con un altro corpo idrico superficiale, occorre verificare se la protezione di quest ultimo possa essere più efficacemente ottenuta attraverso misure sostitutive o compensative. Ad esempio, in caso di insediamento produttivo in esercizio, l adozione di limiti più restrittivi sugli scarichi industriali potrebbe consentire di abbattere una quantità almeno equivalente di contaminanti rispetto a quelli che sarebbero intercettati con un intervento diretto sull acqua sotterranea. In linea di principio, ciò può avvenire anche in un quadro di messa in sicurezza di emergenza, in quanto un intervento di miglioramento sull impianto di depurazione esistente può essere avviato con costi minori e in tempi più rapidi che un intervento ex novo sull acqua sotterranea. Al fine di valutare se occorra comunque ricorrere in via cautelativa alla MISE per evitare l allargamento della contaminazione, appare utile metter a punto degli specifici criteri di comparazione dell efficienza di una barriera idraulica rispetto alle tecniche in situ che non prevedono sbarramenti. Ad esempio, si potrebbe utilizzare un criterio di equivalenza basato sulla massa di contaminate rimovibile per unità di tempo dai due sistemi. SI osserva anche che il 800

5 Analisi e promozione di nuove tecnologie di bonifica e di caratterizzazione dei siti contaminati criterio di fare riferimento alla massa esite da tempo nel settore della regolamentazione degli scarichi (parte III) ed è stato di recente introdotto anche nel settore delle bonifiche con la modifica dell art. 243). A questi criteri di valutazione, è certamente necessario affiancare criteri di controllo basati su adeguati piani di monitoraggio, da condursi anche e soprattutto in aree esterne al sito. Ciò ovviamente nelle more che un parallelo intervento di bonifica sulle sorgenti primarie e secondarie (suoli contaminati) ripristini le condizioni per il risanamento naturale anche del corpo idrico sotterraneo. A27.4 Aspetti specifici A Obiettivi di bonifica e standard di qualità delle acque sotterranee Nella normativa vigente, l obiettivo di bonifica per suoli ed acque sotterranee è definito dalla CSR (concentrazioni soglia di rischio), al cui calcolo si procede mediante analisi di rischio, procedura alla cui attivazione a sua volta si procede ove che sia stato accertato il superamento della CSC (concentrazione soglia di contaminazione). Le modalità di esecuzione dell AdR sono fissate nell Allegato 1 (parte IV, titolo V), che in particolare per quanto riguarda le acque sotterranee recita: Il punto di conformità per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte terza (in particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in particolare articolo 300). Pertanto in attuazione del principio generale di precauzione, il punto di conformità deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all'allegato 5 della parte quarta del presente decreto. Valori superiori possono essere ammissibili solo in caso di fondo naturale più elevato o di modifiche allo stato originario dovute all'inquinamento diffuso, ove accertati o validati dalla Autorità pubblica competente, o in caso di specifici minori obiettivi di qualità per il corpo idrico sotterraneo o per altri corpi idrici recettori, ove stabiliti e indicati dall'autorità pubblica competente, comunque compatibilmente con l'assenza di rischio igienico-sanitario per eventuali altri recettori a valle. A monte idrogeologico del punto di conformità così determinato e comunque limitatamente alle aree interne del sito in considerazione, la concentrazione dei contaminanti può risultare maggiore della CSR così determinata, purché compatibile con il rispetto della CSC al punto di conformità nonché compatibile con l'analisi del rischio igienico sanitario per ogni altro possibile recettore nell'area stessa). 801

6 TER 13010/001 È pertanto evidente come la norma da una parte stabilisca un criterio di cautela fissando la CSC come limite di sicurezza comunque valido in assenza di altre determinazioni, ma anche faccia esplicito riferimento alla necessità di inquadrare gli obiettivi della bonifica nell ambito più generale della tutela delle acque (art. 76) e della riparazione del danno ambientale (art. 300). Ciò apre la possibilità di articolare caso per caso gli obiettivi di bonifica per le acque sotterranee sulla base delle caratteristiche del corpo idrico sotterraneo cui appartengono o di altro corpo idrico con cui lo stesso venga ad interagire (sulla base degli obiettivi di qualità di cui art. 76) anche tenendo conto di condizioni originarie che risultassero modificate (come dalle definizioni di danno di cui all art. 300). È quindi compito peculiare della Pubblica Amm.ne competente verificare che l azione di bonifica che viene proposta dal soggetto interessato o responsabile risponda alla più generale esigenza di tutela del corpo idrico o dei corpi idrici interessati, tenendo conto della: Natura, estensione e persistenza del pennacchio di contaminazione, in funzione delle sue caratteristiche idrogeologiche e idrochimiche nonché della natura dei contaminanti. Dell impatto esistente o potenziale sul corpo idrico sotterraneo e quindi sulla possibilità di raggiungere i previsti standard di qualità nei tempi dovuti, anche in ragione del rapporto di diluzione e dell esistenza di fenomeni di attenuazione naturale e tenendo conto dello stato originario, del fondo naturale e della possibile presenza di inquinamento diffuso. Dell impatto che la contaminazione esistente o la sua eventuale estensione possono avere sull uso, esistente o potenziale, con particolare attenzione ad eventuali usi idropotabili. del potenziale impatto che interventi di sbarramento e/o prelievo delle acque sotterranee possono avere sulla tutela quantitativa della risorsa idrica. Dell eventuale necessità, ai fini del raggiungimento degli standard di qualità, di ricorrere a motivate deroghe e proroghe o all adozione di misure sostitutive o compensative. Tale articolazione di obiettivi si rifletterà a sua volta sugli obiettivi di bonifica dei suoli contaminati che devono essere valutati in modo che, tenendo conto del percorso di lisciviazione dei contaminanti, il suolo non costituisca più una sorgente di contaminazione per l acqua sotterranea sottostante. Resta comunque valida e indipendente la valutazione dei rischi igienico sanitari legati a tutti gli altri percorsi di esposizione diretta e indiretta e il relativo calcolo delle CSR, sia per la matrice suolo che acque sotterranee. In base alla normativa vigente (art. 242 del citato D.Lgs 152/06), tali aspetti vanno esaminati e stabiliti da parte delle Autorità competenti in sede di Conferenza dei Servizi, ovvero al momento dell approvazione del documento di analisi di rischio che fissa gli obiettivi di conseguire e che saranno poi oggetto del progetto operativo di bonifica o messa in sicurezza. 802

7 Analisi e promozione di nuove tecnologie di bonifica e di caratterizzazione dei siti contaminati A Acque emunte Pur rimanendo validi i principi generali di cui al punto precedente volti a minimizzare il ricorso ad interventi diretti sul corpo idrico sotterraneo, la normativa vigente prevede comunque la possibilità di sbarramento e emungimento delle acque sotterranee nell ambito di interventi di bonifica e messa in sicurezza e ne regolamenta in modo specifico la gestione mediante scarico o reimmissione. Nella sua recente revisione l art. 243 meglio definisce le condizioni per cui le acque emunte possono essere assimilate a reflui industriali e quindi ad essi si applica specificamente la normativa sulla tutela delle acque: 4 Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza. Anche se non vi è più uno specifico riferimento ai limiti previsti per gli scarichi industriali in acque superficiali, ne deriva anche un implicito riferimento ai limiti ammissibili di cui alla Tabella 3 dell Allegato V alla Parte III del citato D.Lgs 152/06. Tuttavia, tenendo conto della succitata necessità di inquadrare gli interventi di bonifica nell ambito più generale della tutela delle acque, il riferimento alla parte III va visto in senso più generale, ovvero con riferimento al procedimento complessivo di autorizzazione degli scarichi. La disciplina generale sugli scarichi (Capo III, Titolo III, Parte III) prevede infatti all art. 101 che gli scarichi siano regolamentati in funzione dell obiettivo di qualità del corpo idrico recettore: 1 Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. 2 Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Inoltre l articolo 108 prevede che, in caso di presenza di sostanze pericolose (di cui alla Tabella 5 del citato Allegato 5, Parte III, D.Lgs 152/06), i limiti possano essere articolati e differenti tra uno scarico e un altro, anche se insistono sullo stesso corpo idrico. Infatti, citando per estratto: 803

8 TER 13010/001 1 Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attivita' che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantita' o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilita' consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilita' consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto. 2 Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell ambiente in cui è effettuato lo scarico, l autorità competente in sede di rilascio dell autorizzazione può fissare, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell articolo 101, commi 1 e 2. 3 Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. 4 5 Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto,..l'autorita' competente puo' richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora, come nel caso dell'articolo 124, comma 2, secondo periodo, l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo allegato 5, riceva, tramite condotta, acque reflue provenienti da altri stabilimenti industriali o acque reflue urbane, contenenti sostanze diverse non utili ad un modifica o ad una riduzione delle sostanze pericolose, in sede di autorizzazione l'autorita' competente ridurra' opportunamente i valori limite di e missione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue. 804

9 Analisi e promozione di nuove tecnologie di bonifica e di caratterizzazione dei siti contaminati Nel fissare i limiti allo scarico di acque emunte nell ambito di interventi di bonifica o messa in sicurezza occorre quindi tener conto della finalità specifica dell intervento e in particolare del fatto che ad una messa in sicurezza o bonifica di acque sotterranee non può mai corrispondere un peggioramento significativo della qualità di un altro corpo recettore. Nel caso di bonifica, si dovrebbe anzi conseguire un significativo abbattimento della massa complessiva di contaminante in circolazione, tenendo anche conto che quello derivante dalla messa in sicurezza o bonifica è comunque un carico addizionale di contaminanti su un corpo idrico superficiale che è già presumibilmente interessato da altri scarichi. Nel caso di sostanze pericolose, ciò può essere realizzato prescrivendo l adozione delle migliori tecniche disponibili di depurazione o ciascuna delle altre misure previste all art. 108, in omaggio al principio di precauzione che è alla base di tutta la normativa ambientale comunitaria. Tale approccio va adottato in particolare nei casi in cui il semplice riferimento ai limiti previsti alla Tabella 3 appaia poco cautelativo. Infatti, vista la notevole differenza dei valori limite di concentrazione tra acque sotterranee contaminate e scarichi industriali (All. 5, parte III, D.Lgs 152/2006), almeno per alcuni parametri, il trattamento ai soli limiti di Tabella 3 di acqua emunta da una falda contaminata potrebbe tradursi nel semplice trasferimento della contaminazione da una matrice ambientale ad un altra. Per contaminanti persistenti o bioaccumulabili, la mancata riduzione della massa di contaminante potrebbe anzi tradursi in un accumulo in altra matrice sensibile (es. sedimenti). A titolo di esempio, si consideri una falda contenente contaminanti persistenti e/o bioaccumulabili che viene sbarrata perché possibile fonte di contaminazione di un corpo idrico superficiale (il quale potrebbe essere molto sensibile, come una laguna). Tipicamente, un tale approccio prevede di intercettare un fronte di contaminazione molto ampio (anche fino a migliaia di metri) ma allo stesso tempo uno scarico finale puntiforme, spesso nello stesso corpo idrico superficiale che si intende proteggere. Se l intervento non prevede un sostanziale abbattimento della massa dei contaminanti, si potrebbe incorrere nel paradosso di concentrare in un area molto più circoscritta una grande massa di contaminanti che hanno forte tendenza ad essere adsorbiti o accumulati. Analogo discorso può svilupparsi nel caso di trattamento di acque emunte in impianti esistenti e non dedicati (ad esempio consorzi industriali che trattano acque di processo ed eventualmente civili), dove il rispetto della Tabella 3 potrebbe ottenersi per semplice diluizione reciproca. Nella revisione dell art. 243 si tiene conto di tali aspetti con due commi che in qualche modo si controbilanciano, dove il comma 3 impone il trattamento depurativo ma facilità l uso di impianti già esistenti (con maggior rapidità di attivazione e minor costo degli interventi) mentre il comma 6 garantisce che ciò non comporti semplice diluizione reciproca ma sia invece garantito un effettivo abbattimento della massa dei contaminanti. 805

10 TER 13010/ Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l'immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei. 6. Il trattamento delle acque emunte deve garantire un'effettiva riduzione della massa delle sostanze inquinanti scaricate in corpo ricettore, al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione presente nelle acque sotterranee ai corpi idrici superficiali». D altra parte, in base agli stessi principi generali, la normativa prevede che per alcuni parametri i limiti allo scarico possano essere fissati anche a valori superiori di quelli stabiliti in Tabella 3. Ciò riguarda i contaminati che non rientrano nella categorie delle sostanze pericolose, in particolare ove per gli stessi non sia fissato un obiettivo di qualità del corpo idrico recettore o sia fissato solo in funzione di specifiche destinazioni d uso, la cui sussistenza va verificata di volta in volta. In base alla normativa vigente (art. 242 del citato D.Lgs 152/06), tali aspetti vanno esaminati e stabiliti da parte delle Autorità competenti in sede di Conferenza dei Servizi, ovvero al momento dell approvazione del progetto operativo di bonifica o messa in sicurezza. A Messa in sicurezza di emergenza (MISE) Nella normativa vigente (art. 240, comma 1, lettera m), la MISE è definita come: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini diqualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente La necessità di MISE è quindi agganciata al verificarsi di condizioni d emergenza che sono elencate, peraltro a titolo di esempio, alla lettera t del citato comma 1, ovvero: concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute; presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; pericolo di incendi ed esplosioni. 806

11 Analisi e promozione di nuove tecnologie di bonifica e di caratterizzazione dei siti contaminati In ragione del carattere d urgenza, la normativa non prevede una specifica procedura di valutazione e approvazione preventiva della MISE da parte dell Autorità Pubblica, che viene tuttavia informata dal soggetto interessato. In base ad un analisi sulle esperienze sin qui condotte nell applicazione della norma, risulta evidente l importanza che la MISE ha assunto come primo e preliminare intervento nella maggioranza dei casi in cui si è riscontrata la potenziale contaminazione di acque sotterranee, risultando poi di conseguenza un importante elemento di definizione della strategia di approccio alla bonifica del sito contaminato. Ciò è avvenuto in base ad una applicazione estesa del principio di precauzione, nell assunzione che una falda inquinata in movimento possa portare di per sé all allargamento della contaminazione raggiungendo altri bersagli (come corpi idrici superficiali o pozzi agricoli o idropotabili) nonché comportare rischi igienico-sanitari. Tutto ciò, anche in ragione dell intenso utilizzo e della diffusa presenza abitativa che caratterizzano il nostro territorio. Nella maggior parte dei casi di MISE, è stato adottato l approccio di intercettare il flusso dell acqua sotterranea contaminata mediante barriere idrauliche o barriere fisiche, in entrambi i casi risultando necessario il trattamento delle acque emunte o drenate. La MISE mediante sbarramento della falda è spesso risultata una scelta appropriata, in particolare quando le condizioni al contorno ne hanno consentito una rapida realizzazione e messa in esercizio. Ciò è avvenuto quando la situazione idrogeologica era semplice e nota, la portata della falda e le dimensioni del pennacchio erano contenute e/o esistevano in loco impianti di trattamento adeguati. In situazioni meno favorevoli, la realizzazione della MISE ha invece richiesto un grande impegno tecnico, economico e temporale, in particolare nel caso di sbarramenti fisici, a dispetto della natura di emergenza dell opera (ovvero realizzabilità ed operatività a breve termine). Quest ultimi sono tuttavia da considerarsi una opzione estrema, da attivarsi sono in casi particolari (revisione dell art. 243, comma 2). Inoltre, poiché la normativa non prevede una specifica procedura di valutazione e approvazione della MISE da parte dell Autorità Pubblica, ciò ha richiesto di seguire per ogni MISE le ordinarie procedure di gestione degli scarichi idrici e dei rifiuti. Ciò ha talvolta impedito o ritardato la possibilità di utilizzare impianti di depurazione di scarichi di stabilimento, già esistenti e pienamente compatibili sul piano tecnico. L esperienza acquisita consente oggi una miglior valutazione circa il peso da attribuire alla MISE limitandola effettivamente ai casi di urgenza di cui al citato art. 240 e alle contaminazioni repentine, di ridotte dimensioni e che possano soprattutto essere contenute o risolte con interventi rapidi e flessibili e che non necessitano di particolari autorizzazioni, quali quelli esplicitamente citato nell Allegato 3 alla citata Parte IV del D.Lgs 152/06: rimozione dei rifiuti ammassati in superficie, 807

12 TER 13010/001 svuotamento di vasche, raccolta sostanze pericolose sversate; pompaggio liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati in acquiferi superficiali o sotterranei; installazione di recinzioni, segnali di pericolo e altre misure di sicurezza e sorveglianza; - installazione di trincee drenanti di recupero e controllo; costruzione o stabilizzazione di argini; copertura o impermeabilizzazione temporanea di suoli e fanghi contaminati; - rimozione o svuotamento di bidoni o container abbandonati, contenenti materiali o sostanze potenzialmente pericolosi. In quest ambito il ricorso a MISE mediante sbarramento, emungimento e scarico andrebbe limitato ai casi di effettiva necessità tenendo conto dei principi generali di cui ai paragrafi precedenti, sia per quanto riguarda la salvaguardia delle acque sotterranee dal punto di vista quantitativo che la tutela dei corpi idrici superficiali recettori degli scarichi. Ove necessario e utile, la messa in sicurezza di emergenza può avvenire mediante misure sostitutive o compensative. Si prenda ad esempio il caso già trattato di acque sotterranee che non presentino rilevanza ambientale di per sé (ad es. copro idrico non significativo o fortemente modificato o che non abbia usi in corso) ma che tuttavia interagiscano con un altro corpo idrico superficiale. Se su quest ultimo sono già esistenti scarichi industriali contenenti le stesse sostanze, è probabilmente possibile ottenere una eliminazione equivalente dell apporto di contaminanti provenienti dalla falda attraverso un più semplice, diretto e rapido miglioramento gestionale o strutturale dell impianto di depurazione esistente. Adeguando di conseguenza i limiti allo scarico dell impianto esistente è possibile compensare o più che compensare l apporto proveniente dalla falda sotterranea verso il corpo idrico che deve essere protetto, senza tuttavia essere costretti ad un molto più oneroso intervento di sbarramento ed emungimento dell acqua di falda né alla realizzazione di un impianto ex-novo di trattamento. Ove la MISE fosse così realizzata, il contestuale o successivo intervento di bonifica sulla sorgente di contaminazione nel suolo consentirebbe di ottenere comunque il recupero della qualità della falda, mediante la progressiva attenuazione naturale e probabilmente in tempi più lunghi, ma senza inficiare la qualità del corpo idrico superficiale che si deve proteggere (fatta salva ovviamente la protezione dai rischi igienico-sanitari). 808

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