ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE TIROIDEA INDOTTE DALL AMIODARONE

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1 ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE TIROIDEA INDOTTE DALL AMIODARONE Saverio Pignata; Ester Pignata Settembre

2 INTRODUZIONE L'amiodarone è un farmaco antiaritmico ed antianginoso comunemente prescritto per il trattamento di vari tipi di aritmie cardiache comprese le aritmie ventricolari, tachicardia parossistica sopraventricolare, fibrillazione e flutter atriale, mantenimento del ritmo sinusale dopo conversione di fibrillazione atriale (1). L amiodarone è un derivato benzofuranico che presenta alcune analogie strutturali con la tiroxina. Il 37% del suo peso è costituito da iodio. In una capsula di amiodarone da 200 mg sono contenuti circa 75 mg di iodio. Il 10% di questo (7,5 mg) viene reso disponibile ogni giorno dal metabolismo della molecola, fornendo, in questo modo, un eccesso di 50 volte dell assunzione giornaliera di iodio. Tale alto contenuto di iodio e gli effetti intrinseci dell amiodarone e del suo metabolita attivo desetilamiodarone sono causa di disfunzione tiroidea nel 14-18% dei pazienti dopo 2-3 anni di trattamento (2). Le frequenze relative di tireotossicosi indotta da amiodarone (AIT) e ipotiroidismo indotto da amiodarone (AIH) sono influenzati soprattutto dall apporto di iodio e dalla patologia tiroidea sottostante. L AIH è più comune di AIT in regioni con sufficiente apporto di iodio, mentre AIT è più comune dell AIH se l'assunzione di iodio è insufficiente (2). Nel presente lavoro di tesi verrà trattata l'epidemiologia e la patogenesi delle disfunzioni tiroidee indotte dall'amiodarone, insieme alle diverse manifestazioni cliniche ed alle possibili strategie terapeutiche da adottare. 2

3 1. CENNI STORICI In seguito alla scoperta nel 1961 da parte di Tondeur e Binon, due chimici belgi, l'amiodarone venne usato soprattutto in Europa come anti-anginoso (3, 4) In seguito all'esperienza e alle ricerche del Dr. Bramah Singh, università di Oxford, venne riconsiderato il ruolo dell'amiodarone che, unitamente al sotalolo, venne classificato come farmaco anti-aritmico di classe III (5), gruppo caratterizzato dalla capacità di allungare il periodo refrattario mediante il blocco dei canali del potassio. Il Dr. Mauricio Rosenbaum, medico argentino, basandosi sui lavori del Dr. Singh, usò l'amiodarone per il trattamento dei pazienti che soffrivano di aritmia sopraventricolare e aritmia ventricolare, con risultati eccellenti. In accordo con i risultati di Singh e Rosenbaum, i medici americani cominciarono ad usare l'amiodarone come terapia cronica nei pazienti aritmici a partire dal 1970 (5, 6). Dal 1980 l'amiodarone cominciò ad essere prescritto anche negli stati europei. In seguito ai gravi effetti collaterali polmonari, cardiaci e tiroidei associati all'uso cronico, venne riconsiderato l'impiego clinico dell'amiodarone nelle tachiaritmie (7). Nel dicembre 1985 l'amiodarone venne approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento della fibrillazione atriale e nella profilassi della tachicardia ventricolare ricorrente. Secondo una recente analisi basata sulle evidenze, l amiodarone dovrebbe essere utilizzato secondo le seguenti indicazioni: l utilizzo dell amiodarone in profilassi deve essere limitato al periodo peri-operatorio cardiochirurgico; il farmaco può essere utilizzato con sicurezza nella disfunzione ventricolare sinistra e nella insufficienza cardiaca congestizia; è utile in acuto sia in caso di arresto cardiaco che in caso di tachicardia ventricolare stabile; è un sicuro e valido farmaco aggiuntivo nella cardiopatia ischemica; è efficace in associazione ai beta-bloccanti in electrical storm (tempesta elettrica); è appropriato come farmaco di prima linea solo nei pazienti sintomatici con disfunzione ventricolare sinistra ed insufficienza cardiaca congestizia, dove però il rapporto rischio/ beneficio del suo impiego debba essere confrontato con le altre strategie alternative disponibili per trattare la fibrillazione atriale (controllo della frequenza associata ad anticoagulanti, ablazione); 3

4 nel flutter atriale e nella tachicardia sopraventricolare parossistica è preferibile l ablazione con catetere e l amiodarone ha scarsa o nulla efficacia (1). 4

5 2. FARMACOLOGIA 2.1. Introduzione L amiodarone (nome chimico: 2-butilbenzofuran-3-il-4-(2-dietilaminoetossi)-3,5-di-iodofenil chetone; INN: amiodarone) è un farmaco ad azione antiaritmica e antianginosa. Chimicamente è un derivato benzofuranico, poco solubile in acqua, solubile in alcol, molto solubile in cloroformio. L amiodarone è un analogo strutturale degli ormoni tiroidei (fig. 1) e alcuni dei suoi effetti cardiovascolari ed elettrofisiologici presentano caratteristiche simili all ipotiroidismo; questi effetti potrebbero essere attribuibili all interazione con il recettore per gli ormoni tiroidei (8). Il 37% del suo peso è costituito da iodio (2). In una capsula di amiodarone da 200 mg sono contenuti circa 75 mg di iodio. Il 10% di questo viene reso disponibile ogni giorno dal metabolismo della molecola, fornendo, in questo modo, un eccesso di 50 volte dell assunzione giornaliera di iodio (2). 5

6 Figura 1. Formula chimica dell amiodarone, desetilamiodarone, ormoni tiroidei (2) L amiodarone è considerato come il prototipo della III classe dei farmaci antiaritmici secondo la classificazione di Vaughan Williams. Rispetto agli altri farmaci della cosiddetta III classe, ha però un profilo farmacologico estremamente complesso essendo in grado di interagire con molteplici bersagli molecolari (canali ionici, pompe, recettori). Queste sue proprietà rendono l amiodarone un farmaco del tutto peculiare nel panorama dei farmaci antiaritmici; inoltre le sue azioni 6

7 elettrofisiologiche ed i suoi effetti farmacodinamici sono diversi in acuto o dopo trattamento cronico. Ancora oggi, non è possibile definire con certezza quale o quali delle sue proprietà farmacologiche siano responsabili della sua elevata efficacia antiaritmica. La complessità farmacodinamica dell amiodarone è associata ad un altrettanto complesso profilo farmacocinetico e farmacotossicologico Effetti farmacologici Le azioni elettrofisiologiche e gli effetti farmacodinamici dell amiodarone sono diversi in acuto o dopo trattamento cronico Effetti farmacodinamici in trattamento acuto L amiodarone è un farmaco altamente lipofilo, quasi insolubile in acqua o in soluzioni acquose. Negli esperimenti tesi a valutare le azioni acute del farmaco, il composto viene normalmente sciolto in soluzioni idrosaline usando vari veicoli (etanolo, albumina, polisorbato 80, tween 80) che a determinate concentrazioni possono modificare le proprietà che si intendono studiare. A causa poi dell elevata liposolubilità, l amiodarone penetra profondamente nella matrice lipidica delle membrane da cui è rilasciato molto lentamente quando il farmaco viene sospeso a. Effetti elettrofisiologici Il più consistente effetto dell amiodarone, in tessuti o cellule cardiache che dipendono per il processo di attivazione dai canali rapidi del sodio, è una riduzione della massima velocità di depolarizzazione. Questo effetto risulta più marcato all aumentare della frequenza cardiaca, analogamente a quanto succede con gli altri farmaci che interagiscono con i canali del sodio. La cinetica con cui si instaura il blocco e quella di recupero dal blocco sono relativamente rapide, confrontabili con quelle della lidocaina e della mexiletina. L inibizione della massima velocità di depolarizzazione appare più marcata a potenziali di membrana più positivi. I dati sulla corrente di 7

8 sodio sono in accordo con quelli prima descritti e consentono di concludere che l amiodarone blocca i canali del sodio preferenzialmente quando si trovano nello stato inattivato. Meno univoci sono i risultati relativi agli effetti acuti dell amiodarone sulla durata del potenziale d azione: infatti, sono stati descritti allungamento, accorciamento o nessun effetto sulla durata del potenziale d azione registrato da preparazioni atriali o ventricolari di varie specie animali. Questa variabilità dell effetto dell amiodarone può in parte essere determinata dalle diverse correnti ioniche che controllano la ripolarizzazione nell atrio e nel ventricolo e dal diverso contributo che queste correnti hanno nelle varie specie animali. Una delle principali correnti di potassio che controlla la fase di ripolarizzazione è la corrente IK ( delayed rectifier ) con le sue due componenti a rapida attivazione e a lenta attivazione. Acutamente l amiodarone sembra preferenzialmente inibire la componente a rapida attivazione, mentre un trattamento prolungato riduce la componente a lenta attivazione (9). In acuto, l amiodarone non sembra avere un effetto sulla transient outward current, anch essa importante per la ripolarizzazione, mentre sono necessarie alte concentrazioni per modificare la inward rectifier che ha un ruolo importante per mantenere il potenziale di membrana. L amiodarone inibisce alcuni canali del potassio attivati da ligandi, come il canale del potassio attivato dal sodio, il canale del potassio sensibile all acetilcolina, il canale del potassio attivato dall adenosina trifosfato. L azione dell amiodarone sui canali del potassio sensibili all acetilcolina potrebbe contribuire all effetto del farmaco nel terminare e nel prevenire la fibrillazione atriale. La recente dimostrazione che concentrazioni di amiodarone, confrontabili a quelle che si raggiungono clinicamente, sono in grado di inibire l attività dei canali del potassio attivati dall adenosina trifosfato ha fatto ipotizzare che anche questa azione possa essere importante nell effetto antiaritmico del farmaco (10). È stato anche ipotizzato che l effetto inibitorio che l amiodarone ha sullo scambiatore Na+/Ca2+ possa favorire un attività di cardioprotezione (11). A questo riguardo occorre segnalare anche che l amiodarone ha un azione scavenger diretta e risulta in grado di proteggere i cardiomiociti dal danno causato da radicali liberi dell ossigeno (12). Nonostante gli studi sperimentali non siano numerosi, gli effetti dell amiodarone su quelle strutture cardiache che dipendono per la loro attivazione dai canali lenti del calcio o direttamente sulla corrente di calcio, dimostrano un effetto di blocco dell amiodarone sui canali del calcio di tipo L. I risultati suggeriscono che anche il blocco dei canali del calcio da parte di concentrazioni terapeutiche di amiodarone avvenga in modo preferenziale quando questi si trovano nello stato inattivato. Queste proprietà dell amiodarone rendono conto degli effetti elettrofisiologici osservati in seguito alla somministrazione endovenosa nell uomo: con dose tra 2.5 e 10 mg/kg si osservano 8

9 effetti scarsi o nulli sulla frequenza sinusale, sulla refrattarietà atriale e ventricolare, si ha un prolungamento dell intervallo PR e un rallentamento della conduzione atrioventricolare; si osserva un piccolo ma significativo aumento della conduzione intraventricolare con aumento della durata del QRS (13, 14). Il desetilamiodarone (DEA), principale metabolita dell amiodarone, ha un effetto più marcato sui canali del sodio dell amiodarone. Si ritiene che gli effetti del metabolita possano avere un ruolo importante nell azione antiaritmica dell amiodarone in corso di terapia cronica, ma non per gli effetti acuti (13, 14) b. Effetti emodinamici L amiodarone provoca vasodilatazione coronarica e periferica; gli effetti emodinamici dopo somministrazione acuta dipendono dalla velocità di somministrazione. La somministrazione endovenosa di dosi di mg/kg può causare ipotensione e ridurre la contrattilità cardiaca. A causa del possibile effetto inotropo negativo, la somministrazione endovenosa deve essere eseguita con molta attenzione in pazienti con funzione contrattile compromessa Effetti farmacodinamici in trattamento cronico Durante il trattamento cronico, sia l amiodarone che il suo metabolita DEA si accumulano a livello di molti organi e tessuti tra cui tessuto adiposo, fegato, polmoni, reni, cuore, muscolo scheletrico, tiroide e cervello, dai quali è rilasciato lentamente. Gli effetti farmacodinamici del trattamento prolungato per via orale con l amiodarone sono la risultante degli effetti dell amiodarone e del DEA sulle proprietà elettrofisiologiche cardiache; a questi effetti si aggiungono quelli sulla funzione tiroidea e quelli antiadrenergici. 9

10 2.2.2.a. Effetti elettrofisiologici Il principale effetto elettrofisiologico che si ha con il trattamento cronico con amiodarone è il prolungamento della durata del potenziale d azione cardiaco, che è stato dimostrato sia a livello del miocardio di lavoro (atriale e ventricolare) come pure a livello del tessuto di conduzione (nodo senoatriale, nodo atrioventricolare, fibre di Purkinje) di numerose specie animali. Il prolungamento della durata del potenziale d azione si associa ad un aumento del periodo refrattario effettivo. L effetto dell amiodarone sulla durata del potenziale d azione non sembra influenzato dalla frequenza, nel senso che la durata è aumentata a tutte le frequenze di stimolazione e l effetto non è più marcato alle frequenze più basse. L amiodarone non mostra cioè quel fenomeno che va sotto il nome di reverse uso o frequenza-dipendenza e che è invece presente in altri farmaci che prolungano la durata del potenziale d azione. Questa proprietà può in parte spiegare la modesta incidenza di torsioni di punta che si osservano con l uso clinico dell amiodarone. Le conoscenze sulle basi ioniche responsabili di questo comportamento dell amiodarone sono ancora limitate e in qualche modo discordanti. Un recente studio su miociti ventricolari isolati da cuori di coniglio trattati per 4 settimane con amiodarone per via orale suggerisce che la riduzione della corrente IK tipicamente causata dall amiodarone sia riconducibile ad una riduzione della componente a lenta attivazione, rimanendo la componente a rapida attivazione praticamente immodificata (15). Il trattamento acuto sembra invece inibire soprattutto la componente a rapida attivazione (9). Altri autori hanno invece riportato riduzioni comparabili delle due componenti dopo somministrazione per 7 giorni per via intraperitoneale nella cavia (16) b. Effetti sulla funzione tiroidea Gli effetti dell amiodarone sulla funzione tiroidea possono essere suddivisi in effetti intrinseci derivanti da proprietà intrinseche del composto ed effetti iodio indotti. L amiodarone e il DEA inibiscono la conversione periferica della tiroxina a triiodotironina da parte della 5 -deiodinasi. Questo processo può avvenire in quasi tutti i tessuti, ma principalmente nel rene e nel fegato ed è responsabile della produzione nel sangue di ormone tiroideo attivo. Amiodarone e DEA causano anche un inibizione del legame della triiodotironina ai recettori nucleari e inibiscono il trasporto della tiroxina e dalla triiodotironina attraverso le membrane cellulari. 10

11 L'alto contenuto di iodio dell amiodarone influenza la normale funzione della tiroide, in cui lo iodio è attivamente concentrato. Normalmente, quando la concentrazione di iodio nella tiroide supera un livello critico, ulteriori aumenti di concentrazione inibiscono la sintesi degli ormoni tiroidei fino a quando la concentrazione di iodio intratiroideo si è normalizzata (effetto Wolff-Chaikoff). Nei pazienti con una malattia autoimmune della tiroide (malattia di Hashimoto), questa autoregolazione potrebbe non funzionare correttamente e la tiroide potrebbe non essere capace di sfuggire all'effetto Wolff-Chaikoff dopo un carico di iodio. L'assunzione di grandi quantità di iodio in questi pazienti può quindi provocare ipotiroidismo o attenuare un ipertiroidismo pre-esistente. Nel caso di un nodulo autonomo, non c'è autoregolazione e l'assunzione di una grande quantità di iodio può indurre tireotossicosi. Nei pazienti con normale funzione tiroidea trattati con amiodarone, i livelli di triiodotironina diminuiscono del 20-25% e rimangono bassi. È stato ipotizzato che uno dei meccanismi attraverso cui l amiodarone esercita i suoi effetti sia l induzione di uno stato di ipotiroidismo cardiaco. È infatti ben documentato che gli ormoni tiroidei hanno importanti effetti sul sistema cardiovascolare e sulla funzionalità ed espressione di canali ionici, pompe e recettori a livello cardiaco (16). Questa ipotesi è però rigettata da diversi autori sulla base del fatto che l ipotiroidismo non mima tutti gli effetti del trattamento cronico con amiodarone sul cuore, ed in particolare non ha gli stessi effetti elettrofisiologici (15) c. Effetti antiadrenergici L amiodarone presenta un effetto antiadrenergico che si manifesta nei confronti delle azioni sia alfa che beta mediate delle catecolamine (17). L antagonismo è di tipo non competitivo; numerosi studi in vivo e in vitro indicano che l amiodarone è capace di ridurre la densità dei recettori betaadrenergici ( down-regulation ), attraverso un azione diretta o più probabilmente indiretta, che coinvolge l antagonismo nei confronti della triiodotironina, prima descritto (18). L importanza di questi effetti antiadrenergici nell efficacia clinica dell amiodarone non è nota. 11

12 2.3. Farmacocinetica L amiodarone è sostanza altamente lipofila con un ampio volume di distribuzione (40-84 L / kg) a causa di assorbimento tissutale esteso (19); presenta un tempo di eliminazione con un ampia variabilità tra paziente e paziente (tra 20 e 110 giorni, con una clearance corporea di ml/h/ kg). Possono essere necessari mesi perché le concentrazioni plasmatiche raggiungano lo stato stazionario; occorre ricordare che le concentrazioni plasmatiche non sono correlate con l effetto clinico. In uno studio su otto pazienti trattati con amiodarone, l emivita di eliminazione dopo l interruzione del farmaco da una terapia a lungo termine era di 52,6 +/- 23,7 giorni per l amiodarone e 61,2 +/- 31,2 giorni per il DEA (20). L assorbimento per somministrazione orale è lento, variabile ed incompleto. La biodisponibilità orale varia tra il 30 e il 50%. Il cibo aumenta in modo significativo sia la velocità che l entità dell assorbimento, per cui se ne raccomanda l assunzione a stomaco pieno. Il 66-75% del farmaco viene eliminato con bile e feci. L escrezione renale è minima e pertanto non è necessario aggiustare la dose nei pazienti con patologie renali. Amiodarone e DEA non sono dializzabili. Il farmaco viene metabolizzato a livello epatico, essendo il principale metabolita il DEA, che è farmacologicamente attivo ed ha un emivita più lunga dell amiodarone. A causa della loro lipofilia, sono entrambi accumulati nel fegato, polmone, grasso, cute ed altri tessuti. Nel cuore si possono avere concentrazioni da 10 a 50 volte più alte di quelle plasmatiche. La formazione di DEA è mediata dal citocromo P4503A (CYP3A4) e la marcata variabilità tra soggetti nell eliminazione dell amiodarone può essere in parte spiegata da differenze interindividuali nel citocromo CYP3A4. Il CYP3A4 è inibito dal succo di pompelmo, che altera in modo rilevante il metabolismo dell amiodarone (21). Il volume di distribuzione è variabile, ma molto grande con valore medio di 60 l/kg. È ampiamente legato alle proteine plasmatiche (96%), attraversa la placenta (10-50%) e si ritrova nel latte materno. L effetto, dopo somministrazione endovenosa, comincia a manifestarsi entro 1-2 ore; per avere un effetto dopo somministrazione orale sono necessari 2-3 giorni, spesso 1-3 settimane e talvolta anche di più. Una dose di carico riduce questo intervallo. Esiste una ragionevole linearità tra le concentrazioni plasmatiche e la dose di amiodarone; i livelli plasmatici nei pazienti trattati con successo variano tra 1.5 e 2.5 microg/ml. Anche i livelli di DEA aumentano in funzione del tempo e 12

13 raggiungono valori anche superiori a quelli dell amiodarone. In un analisi postmortem, le concentrazioni dell amiodarone e del suo metabolita erano rispettivamente di 14 mg/kg e 64 mg/kg nel tessuto tiroideo, 316 mg/kg e 76 mg/kg nel tessuto adiposo, 391 mg/kg e 2354 mg/kg nel fegato (22). Come già affermato, non vi è correlazione tra le concentrazioni plasmatiche e gli effetti clinici o tossici dell amiodarone. Il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche è di scarsa utilità; ovviamente, concentrazioni plasmatiche > 3-4 microg/ml per periodi di tempo lunghi sono associate ad un aumento dell incidenza di reazioni avverse. È possibile che l amiodarone influenzi in qualche modo la sua stessa eliminazione durante la terapia cronica, contribuendo alle differenze tra l emivita che si riscontra in una fase precoce della terapia rispetto a quella che si ha dopo una terapia prolungata (23). 13

14 3. AMIODARONE E TIROIDE Cenni di fisiologia tiroidea Sintesi degli ormoni tiroidei e tireoglobulina Per la sintesi dei due principali ormoni tiroidei, la triiodotironina (T3) e la tiroxina (T4), è indispensabile lo iodio. Lo iodio alimentare viene assorbito a livello dell intestino tenue previa riduzione a ione ioduro. Dopo che è entrato in circolo, a livello del lato extracellulare della membrana apicale delle cellule follicolari tiroidee viene ossidato a I2 e quindi si lega ai residui tirosinici delle macromolecole di tireoglobulina, già secrete nel lume follicolare sotto forma di colloide. Si formano in tal modo mono e diiodotirosina; queste ultime, unendosi insieme in modo variabile, danno origine alle iodotironine (T2, T3, T4), ancora parte integrante della molecola di tireoglobulina. La tireoglobulina, oltre a rappresentare un prodotto di deposito e di riserva di ormoni tiroidei, è presente, anche se in concentrazione minima, nel sangue periferico Ormone tireostimolante e secrezione degli ormoni tiroidei Le cellule follicolari della ghiandola tiroidea, sotto stimolazione del TSH, sintetizzano la tireoglobulina, il precursore degli ormoni tiroidei. Le tireoglobulina è poi rilasciata all'interno del follicolo, che è pieno di colloide. Le cellule follicolari della tiroide intrappolano lo ioduro, che viene ossidato dalla perossidasi tiroidea in iodio e rilasciato nella colloide. Lo iodio è quindi incorporato nei residui di tirosina all'interno della tireoglobulina, formando le molecole di diiodotirosina e monoiodotirosina. Dalla reazione di accoppiamento di due molecole di diiodotirosina si forma la T4, mentre dall'associazione di monoiodotirosina con di-iodotirosina si forma la T3. In seguito alla stimolazione da parte del TSH la tireoglobulina viene riassorbita nelle cellule follicolari e le molecole di T4 e T3 sono staccate e immesse nella circolazione (20, 24). Nella figura 2 è rappresentata la sintesi degli ormoni tiroidei nelle cellule follicolari della tiroide (25) 14

15 Figura 2. Sintesi degli ormoni tiroidei (25) La T3 può formarsi anche dalla monodeiodazione di T4. Questa reazione, che è catalizzata da iodotironina deiodinasi tipo I (D1), è la fonte principale di T3 circolante (24). La D1 si trova in gran parte nel fegato, reni e tiroide, mentre il tipo II iodotironina deiodinasi (D2) è presente principalmente nel muscolo scheletrico, nel sistema nervoso centrale e nell'ipofisi. La iodotironina deiodinasi tipo III (D3), che si trova nella pelle, cervello e placenta, converte T4 e T3 e porta alla formazione di reverse T3 e T2, rispettivamente (26) Trasporto ematico e metabolismo intracellulare degli ormoni tiroidei. A causa della loro scarsa idrosolubilità gli ormoni tiroidei sono trasportati in circolo da tre proteine vettrici; la più importante di queste è un alfa-globulina detta TBG (thyroxine binding globulin) che veicola circa il 70% della T4 e l 80% della T3. Solo una piccola quota dei due ormoni circola libera, ma è solo tale componente che può penetrare nei tessuti periferici e svolgere l azione biologica degli ormoni tiroidei. Per tale motivo e per il fatto che la concentrazione plasmatica delle proteine vettrici è influenzata da numerose condizioni fisiologiche e patologiche oltre che da farmaci, è 15

16 preferibile dosare le frazioni libere (FT3, FT4) piuttosto che la quantità totale. La concentrazione plasmatica della T4 sia totale che libera è maggiore della T3, ma l attività biologica della T4 intrinseca è minima, mentre l ormone fisiologicamente attivo è la T3. La T4 può essere considerata in larga misura un pro-ormone: infatti a livello intracellulare viene trasformata in T3 in seguito al distacco ad opera dell enzima 5 - monodeiodasi di tipo I di un atomo di iodio posto in posizione 5 nell anello fenolico esterno. La deiodazione può però interessare anche l atomo di iodio posto in posizione 5 dell anello tirosinico interno della T4 e della T3 con formazione, rispettivamente, di reverse T3 (isomero biologicamente inattivo della T3) e di T2 (25) Effetti dell amiodarone sulla tiroide L amiodarone esplica i suoi effetti sulla tiroide attraverso molteplici meccanismi patogenetici. Ad oggi sono stati individuati almeno quattro meccanismi patogenetici dell amiodarone sulla tiroide: enzimatico, citotossico, autoimmunitario e recettoriale (2), come illustrato nella tabella 1 (27). Tabella 1. Effetti dell amiodarone sulla tiroide (27) Mecanismo Azione Effetto Enzimatico Citotossico Autoimmunitario Recettoriale Inibizione 5 -deiodasi Inibizione captazione tissutale degli ormoni tiroidei Diretto di amiodarone e desetilamiodarone Da eccesso di iodio Riduzione recettori per le catecolamine Riduzione effetto T3 sui recettori beta Aumentata concentrazione sierica T4 Ridotta concentrazione sierica T3 Aumentata concentrazione sierica rt3 Citonecrosi Aumento sottopopolazioni linfocitarie Precipitazione pregressa autoimmunità Condizione tissutale similipotiroidea 16

17 Nell uomo, la conversione di T4 in T3 e di T2 in rt3 è catalizzata dall enzima 5 -desiodasi. Esistono due tipi di questo enzima, il tipo I nei tessuti periferici ed il tipo II a livello ipofisario. Per il suo effetto enzimatico, l amiodarone inibisce l attività della 5 -desiodasi, soprattutto a livello epatico (28, 29). Questa inibizione persiste per diversi mesi dalla sospensione del farmaco (30-31). Vi è anche inibizione dell ingresso degli ormoni tiroidei nei tessuti periferici (2). Entrambi questi meccanismi contribuiscono all aumentata concentrazione sierica di T4 (spesso ai limiti alti della normalità o leggermente superiori) ed alla ridotta concentrazione sierica di T3 (spesso ai limiti bassi della normalità) che si osserva nei soggetti eutiroidei in terapia cronica con amiodarone (30, 2). In genere è molto più evidente l aumento della concentrazione sierica di rt3 (33, 34). Sono anche descritte modificazioni dose e tempo dipendenti nella concentrazione sierica di TSH (2, 29, 35). In genere il TSH è nei limiti della norma per somministrazione di mg/die di farmaco, anche se spesso vi è un aumentata risposta allo stimolo con ormone ipotalamico (36). Con dosaggi più elevati, invece, si assiste ad un aumento del TSH, probabilmente dovuto alle variazioni delle concentrazioni degli ormoni tiroidei (37). È stato anche postulato che l effetto sul TSH sia di tipo diretto, attraverso lo stimolo della secrezione e della sintesi a livello ipofisario, grazie all inibizione della 5 - desiodasi tipo II, deputata alla conversione di T4 in T3 nell ipofisi (2). Per tale motivo, i valori di riferimento nei pazienti eutiroidei in terapia con amiodarone sono diversi rispetto ai pazienti non trattati (38). L amiodarone possiede anche un effetto citotossico diretto sulla tiroide, potenziato dall eccesso di iodio rilasciato dal farmaco (2). Il desetilamiodarone, metabolita attivo dell amiodarone, è anche più citotossico per le cellule tiroidee e la sua concentrazione intraghiandolare è più elevata di quella dell amiodarone (39). Lo iodio può indurre autoimmunità tiroidea nell uomo e negli animali, ma non è stato confermato un aumento dell autoimmunità in corso di terapia con amiodarone. La maggior parte degli studi, infatti, ha indicato che è improbabile che autoanticorpi antitiroidei compaiano in soggetti con test negativi prima dell inizio del trattamento (2). L amiodarone, però, aumenta alcune sottopopolazioni linfocitarie, così in individui suscettibili, il farmaco potrebbe precipitare od esacerbare una preesistente autoimmunità organospecifica (39). Questo dato sembra, comunque, più importante nella patogenesi dell ipotiroidismo indotto da amiodarone. Per il suo effetto sui vari tipi di recettore, la terapia cronica con amiodarone causa, a livello tissutale, una condizione simil-ipotiroidea. Ciò è dovuto ad una riduzione nel numero dei recettori per le catecolamine e ad una riduzione dell effetto della T3 sui recettori beta. Sono descritti anche effetti di ridotta trascrizione dei geni dipendenti dalla T3 (40). Inoltre sembra 17

18 esserci una down-regulation di alcuni sottotipi di recettore per gli ormoni tiroidei nei tessuti periferici (2, 41) Effetti dell'amiodarone sui test di funzione tiroidea Usualmente all inizio del trattamento con amiodarone e durante le prime due settimane si realizza il fenomeno di Wolff-Chaikoff (42), ovvero l aumento delle concentrazioni di ioduro, che induce un inibizione temporanea della produzione e del rilascio di T3-T4 da parte della tiroide (fig. 3). Ne consegue una possibile riduzione del livello degli ormoni circolanti nei primi giorni di terapia. Figura 3. Fenomeno di Wolff-Chaikoff (43) Assunzione di amiodarone aumento della concentrazione di iodio liberata durante il metabolismo del farmaco diminuzione della captazione tiroidea di ioduro diminuzione transitoria nella produzione e rilascio degli ormoni tiroidei aumento temporaneo del livello di ormone stimolante la tiroide L amiodarone, come già riportato, inoltre riduce la conversione periferica di T4 a T3 (34, 44). I livelli ematici di TSH, invece, tendono ad aumentare durante i primi mesi del trattamento per poi ritornare a livelli normali nei soggetti eutiroidei; la concentrazione plasmatica del T3 reverse è stata usata come indice di efficacia del medicamento (35). In sintesi negli esami di routine si osserva un aumento delle concentrazioni plasmatiche di tiroxina (T4), di T3 reverse (rt3) e dell ormone tireostimolante (TSH) e una riduzione del livello di T3. Gli effetti dell amiodarone comunque sono lievemente diversi se osservati nei primi tre mesi di terapia o nei mesi successivi, come si rileva nella tabella 2 (45) 18

19 Tabella 2. Effetti dell amiodarone sui test di funzionalità tiroidea in soggetti eutiroidei (fino a 3 mesi) Test subacuto ( 3 mesi) Cronico T4 modesto aumento (Possibile transitorio nei primi giorni di terapia, per effetto inibitorio da carico di iodio (effetto di Wolff-Chaikoff) T3 diminuito (di solito ai limiti inferiori della norma) rimane aumentato fino al 40% (può essere ai limiti superiori della norma o di poco aumentato) rimane ai limiti inferiori della norma TSH aumento transitorio (fino a 20 mu/l) tendenzialmente normale rt3 aumentato aumentato Ipertiroxinemia eutiroidea Le modificazioni delle concentrazioni degli ormoni tiroidei indotte dall amiodarone e soprattutto un aumento della T4 totale e della sua frazione libera possono in alcuni pazienti essere consistenti al punto di superare il limite superiore dell intervallo di riferimento considerato normale. Tale condizione non associata a TSH soppresso, né a segni di ipertiroidismo, è definita ipertiroxinemia eutiroidea o isolata e la terapia cronica con amiodarone è solo una delle possibili cause che possono determinarla (46). La prevalenza di tale condizione nei pazienti in terapia con amiodarone varia tra il 16 e il 32.8% (47, 48). Poiché tale condizione rappresenta una conseguenza fisiologica della terapia cronica con amiodarone, non necessita di alcun trattamento e va semplicemente differenziata dall ipertiroidismo. La tabella 3 riassume i dati clinico-ormonali dell ipertiroxinemia eutiroidea. Tabella 3. Ipertiroxinemia eutiroidea FT4 TSH Segni clinici di ipertiroidismo aumentato normale assenti 19

20 4. DISFUNZIONE TIROIDEA DA AMIODARONE Sebbene la maggior parte dei pazienti che assumono amiodarone rimangano eutiroidei, alcuni possono sviluppare disfunzione tiroidea, sia in senso iperfunzionante che ipofunzionante (2). I diversi studi pubblicati riportano un incidenza di ipertiroidismo da amiodarone (AIT) dall 1 al 23% e di ipotiroidismo indotto da amiodarone (AIH) dall 1 al 32%, per cui l incidenza complessiva di disfunzione tiroidea da amiodarone sembra essere nel range di 14-18% (2, 32). Altri studi riportano incidenze di disfunzioni tiroidee intorno al 50% dei pazienti trattati (49). Inoltre, la valutazione di un gruppo di pazienti adulti con cardiopatia congenita ha rilevato una prevalenza di disfunzione tiroidea nel 36% tra quelli trattati con amiodarone. In questi i fattori di rischio per lo sviluppo di disfunzione tiroidea erano: sesso femminile, cardiopatia cianogena complessa, pregresso intervento tipo Fontan e posologia di amiodarone > 200 mg/die (48). L AIT sembra più frequente nelle aree a bassa assunzione di iodio, come l Italia, mentre l ipotiroidismo in quelle ad apporto sufficiente (USA, UK) (Fig. 4) (2, 47, 50, 51, 52). Nel complesso, i fattori predisponenti per l AIT sono il sesso maschile ed il carente apporto alimentare di iodio. I fattori predisponenti per l AIH sono l età avanzata, il sesso femminile, l apporto alimentare di iodio adeguato, la presenza di autoanticorpi antitiroide (26). 20

21 Figura 4. Prevalenza delle alterazioni tiroidee indotte da amiodarone in un area della Toscana con apporto insufficiente di iodio ed un area iodosufficiente degli USA (53) 4.1. Ipertiroidismo indotto da amiodarone (AIT) Epidemiologia L ipertiroidismo indotto dall amiodarone (AIT) è prevalente nelle aree iodocarenti e nel sesso maschile, con un rapporto M/F di 3/1 (2, 52). L AIT può svilupparsi all inizio del trattamento o dopo molti anni (2, 54). In uno studio del 1991, la durata media di trattamento prima dello sviluppo di AIT è stata di circa 3 anni (54). In uno studio recente condotto in Hong Kong, su 390 pazienti che assumevano Amiodarone, 24 (6%) hanno sviluppato AIT, e la durata media del trattamento prima dello sviluppo di AIT è stata di 37 settimane (da 24 a 50) (55). A causa del deposito tissutale dell amiodarone e dei suoi metaboliti, AIT può svilupparsi anche molti mesi dopo la sospensione 21

22 del trattamento (2). Lo sviluppo di AIT non sembra correlato alla dose giornaliera né a quella cumulativa di farmaco (2-50) e non ci sono criteri di prevedibilità (54), anche se è stato suggerito che la mancata risposta del TSH all infusione di ormone ipotalamico possa rappresentare un fattore di rischio (51) Patogenesi Ai fini prognostici e terapeutici, sono stati distinti due sottotipi di AIT (56, 57). Questi riflettono anche un differente meccanismo patogenetico, per quanto non ancora del tutto spiegato. L AIT di tipo 1 si sviluppa in tiroidi con precedenti patologie, mentre l AIT di tipo 2 su tiroidi apparentemente normali. L'alterata funzionalità può quindi svilupparsi sia in una ghiandola normale che in una ghiandola con pregresse disfunzioni, indipendentemente dall apporto di iodio della zona in cui si vive (2, 34, 38, 58). L autoimmunità umorale sembra giocare un ruolo minimo, o nullo, sullo sviluppo di AIT in pazienti senza disordini tiroidei sottostanti (2). Anticorpi antitireoglobulina, antitireoperossidasi e antirecettore del TSH sono stati riscontrati solo in pazienti con AIT e precedenti anomalie tiroidee, ma non in soggetti con tiroide normale (59). Nella figura 5 si evidenzia come i valori di attività dell adenilato-ciclasi (correlati all aumento degli anticorpi antirecettore del TSH) siano elevati solo in pazienti con AIT instauratosi su gozzo diffuso e non in soggetti normali o con AIT su adenoma tossico o gozzo multi nodulare. 22

23 Figura 5. Anticorpi anti TSH (dosati mediante l aumento dell attività adenilato-ciclasi) in 46 pazienti con AIT e 35 controlli (59) Nell AIT tipo I, che si sviluppa in pazienti con patologie tiroidee sottostanti (morbo di Basedow latente, gozzo diffuso, gozzo nodulare), il meccanismo patogenetico postulato è quello di un eccessiva ormono-sintesi indotta dal carico di iodio (2). Questo dato è confortato dal riscontro di un marcato aumento, in questi pazienti, del contenuto di iodio intratiroideo, che si normalizza al raggiungimento dell eutiroidismo (58). Tale riscontro è più frequente nei pazienti con disordine tiroideo sottostante, che risiedono in un area a moderata deficienza iodica, nei quali la tiroide sembra non adattarsi all eccessivo carico di iodio fornito dall amiodarone (2). In questo sottogruppo di pazienti il valore di interleuchina-6 (che aumenta nei processi distruttivi della tiroide) (60) è normale o solo lievemente aumentato, escludendo un coinvolgimento del meccanismo tossico nella patogenesi del disordine (2). Nell AIT tipo II, invece, si suppone che abbia maggiore importanza l effetto citotossico del farmaco sulla tiroide con associata dismissione di ormoni preformati dalle 23

24 cellule danneggiate (2). In studi in vitro è stato dimostrato che l amiodarone ed il desetilamiodarone hanno effetti citotossici sulle cellule tiroidee, causando distruzione ghiandolare e conseguente rilascio di ormoni tiroidei preformati nella circolazione sistemica ( ). L esame istologico eseguito in questi pazienti ha mostrato danno follicolare severo (63), i pazienti in genere non hanno disfunzioni tiroidee ed i test di autoimmunità tiroidea sono negativi (2). Inoltre, si riscontrano bassi valori di captazione tiroidea di iodio, la concentrazione sierica di interleuchina-6 è spesso molto elevata (64). In questi pazienti, la fase tireotossica è talvolta seguita da un modesto ipotiroidismo (fino al 10% dei pazienti) (65) Istologia Le caratteristiche istologiche più comunemente osservate nell AIT sono la trasformazione colloidale del parenchima, aree di interruzione follicolare con numerosi macrofagi schiumosi nella colloide e nell interstizio, degenerazione dell epitelio dei follicoli con presenza di cellule follicolari con citoplasma vacuolizzato e nuclei picnotici, presenza di aree rigenerative e una moderata infiltrazione di linfociti T. Queste lesioni possono essere specifiche di una tossicità da iodio. La patogenesi è ancora discussa e complessa. Probabilmente sono coinvolti meccanismi tossici, immunologici o allergici (56, 66). 24

25 Figura 6. Visualizzazione ad alto ingrandimento di un campione di tessuto tiroideo prelevato ad un paziente affetto da AIT tipo 2. L'epitelio follicolare è degenerato. La presenza di istiociti schiumosi nei follicoli rappresenta la caratteristica istologica della tireotossicosi indotta da amiodarone (56) Manifestazioni cliniche Il quadro clinico dell ipertiroidismo da amiodarone è caratterizzato dal mancato controllo o addirittura dall aggravamento dei disturbi cardiaci che avevano richiesto la sua somministrazione (recidiva di tachiaritmie, ecc.). La restante tipica sintomatologia dell ipertiroidismo (palpitazioni, perdita di peso, iperidrosi, cute calda, intolleranza al caldo, febbricola, dolori muscolari, affaticamento, difficoltà ad addormentarsi, tremori) può essere sfumata e assente a causa dell azione antiadrenergica dell amiodarone e dell inibizione della conversione di T4 in T3. La ricomparsa o l esacerbazione della patologia cardiaca in un paziente in terapia con amiodarone, dovrebbe indurre un'indagine sulla funzione tiroidea (2). Molti pazienti con fibrillazione atriale sono trattati con warfarin per ridurre il rischio clinico di tromboembolia. Il warfarin esercita il suo effetto anticoagulante inibendo i fattori II, VII, IX e X vitamina K-dipendenti della coagulazione (67). Sebbene la farmacocinetica del warfarin è immutata nella tireotossicosi, mentre la velocità di 25

26 degradazione dei fattori della coagulazione vitamina K dipendenti è aumentata, si ha un potenziamento degli effetti del warfarin (68). Pertanto, un cambiamento nella sensibilità al warfarin che richiede una riduzione della dose dovrebbe portare il medico a sospettare ipertiroidismo. Altre condizioni cliniche associate con entrambi i tipi di AIT sono gozzo e orbitopatia, anche se queste condizioni non sono sempre presenti, a meno che il paziente non abbia come malattia di base il morbo di Graves (2) Diagnosi La diagnosi di AIT viene formulata quando, in pazienti che assumono amiodarone, i livelli di TSH sono risultati essere ridotti ed i livelli di FT3 sierico aumentati. Le concentrazioni sieriche di FT4 sono un indicatore meno utile di ipertiroidismo da quelli della FT3, perché durante la terapia con amiodarone è diminuita la conversione di T4 a T3 e spesso si riscontrano elevati livelli di T4 senza che vi siano segni di ipertiroidismo (69). L'esistenza di alterazioni della tiroide, come il gozzo multinodulare o diffuso e la malattia di Graves, che possono dar luogo ad autonomia funzionale nel contesto di un eccesso di iodio, può essere un'indicazione di AIT di tipo 1. Aumentate concentrazioni di autoanticorpi anti-tiroide, come anticorpi antitireoglobulina, anticorpi antiperossidasi, anticorpi antirecettori del TSH, così come popolazioni di cellule T specifiche per la malattia di Graves, sono state dimostrate in pazienti con AIT tipo 1 (51, 54, 70). L AIT di tipo 2 è principalmente un processo infiammatorio della tiroide e si verifica in pazienti con tiroide clinicamente normale. I livelli di interleuchina 6 (IL-6), una citochina che è un indicatore generale di processi infiammatori della tiroide, sono leggermente più elevati della norma nell AIT di tipo 1, ma marcatamente elevati nell AIT di tipo 2 come evidenziato nella figura 7 (60). 26

27 Figura 7. Interleuchina-6 sierica in pazienti trattati con amiodarone ed in un gruppo di controllo. (60) AmEu, pazienti eutiroidei trattati con amiodarone; AIH, ipotiroidismo indotto da amiodarone; AIT-, AIT in assenza di preesistenti anomalie tiroidee; AIT+, AIT con preesistenti anomalie tiroidee; GD, malattia di Graves; TA, adenoma tossico; NTG, gozzo non tossico. L esame ecografico nell AIT tipo 1 mostra sostanzialmente i segni ecografici della tireopatia di base: il volume tiroideo può essere normale o aumentato; l ecostruttura disomogenea ed ipoecogena nel caso l AIT si manifesti in pazienti con Basedow latente; con presenza di uno o più noduli nel caso l AIT si manifesti in pazienti con gozzo nodulare pretossico. Nell AIT di tipo 2 la tiroide si presenta con volume normale, ad ecostruttura finemente disomogenea e debolmente ipoecogena (71). L ecografia color e Power Doppler è una un esame strumentale che mostra il flusso di sangue intratiroideo. Nell AIT sono stati descritti 4 pattern color Doppler: nel tipo 0 si ha una vascolarizzazione parenchimale quasi assente; nel tipo 1 si rileva un flusso parenchimale irregolare; 27

28 nel tipo 2 un flusso omogeneamente aumentato simile a quello riscontrato nel Basedow,; nel tipo 3 un marcato aumento del segnale a distribuzione diffusa ed omogenea (tabella 4). Pazienti con AIT di tipo 1 mostrano di solito un aumento della vascolarizzazione simile all ipertiroidismo spontaneo (pattern 1-3), mentre quelli con AIT tipo 2 mostrano vascolarizzazione assente (pattern 0) (47, 72, 73), come mostrato nelle figure 8-11 (71). Tabella 4. Ecocolor Doppler in AIT (52) Pattern 0: Vascolarizzazione assente, distruzione della ghiandola Pattern 1: Flusso parenchimale irregolare Pattern 2: Diffuso, distribuzione omogenea del flusso aumentato, simile al morbo di Graves Pattern 3: Marcato aumento del segnale e diffusa omogenea distribuzione Il pattern 0 è associato con AIT tipo 2. Il pattern 1 e 3 con AIT tipo I 28

29 Figura 8. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 0. Vascolarizzazione assente (71) Figura 9. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 1. Flusso parenchimale irregolare (71) 29

30 Figura 10. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 2. Flusso parenchimale omogeneamente aumentato simile al Basedow (71) Figura 11. Ecocolordoppler in paziente con AIT Pattern 3. Marcato aumento del segnale a distribuzione diffusa ed omogenea (71) 30

31 Altro esame utile per distinguere i due tipi di AIT è rappresentato dalla captazione tiroidea di iodio131 (RAIU), che è molto bassa (<3%) nell AIT di tipo 2 e bassa, normale o aumentata nell AIT tipo 1 (74, 75). Comunque un lavoro ha dimostrato che la RAIU non è in grado di distinguere le due forme di AIT (76). La spiegazione è che la presenza di gozzo diffuso o nodulare associato con bassa captazione tiroidea non esclude una forma distruttiva o mista di AIT. Recentemente, la scintigrafia tiroidea con 99mTc-2-metossietile isobutil-isonitrile (MIBI) è stata suggerita come un utile strumento diagnostico in uno studio su 20 pazienti consecutivi con AIT. In questo studio, la ritenzione diffusa del MIBI, che è indicativa di un tessuto iperfunzionante, era presente in tutti i pazienti con AIT di tipo 1, mentre nessun assorbimento significativo, suggestivo di un processo distruttivo, è stato trovato nell AIT di tipo 2. I quattro pazienti con AIT misto avevano una debole captazione persistente del MIBI o una eliminazione rapida del tracciante (77). Una immagine rappresentativa è riportata nella figura 12. La reale utilità di questa costosa procedura per l'identificazione di forme di AIT complesse e difficili da trattare deve essere confermata da studi più ampi. 31

32 Figura 12. Immagine rappresentativa di scintigrafia con 99mTc-MIBI di ghiandola tiroidea affetta da: (A) AIT I, (B) AIT misto, (C) AIT II. (77) Terapia Il trattamento dell AIT, pur essendo disponibili diverse opzioni terapeutiche, è particolarmente difficoltoso, sia per la talora scarsa efficacia dei trattamenti, sia per le condizioni cliniche del paziente, che sono spesso critiche. L efficacia della terapia con tionamidi (metimazolo, propiltiouracile, carbimazolo) è limitata dagli elevati valori di iodio intratiroideo. La terapia radiometabolica è poco efficace dati i valori bassi o soppressi di captazione tiroidea di iodio, ma può essere considerata in quei pazienti in cui la captazione di radioiodio risulta elevata (2, 38, 78). La tiroidectomia può essere risolutiva nei pazienti resistenti alla terapia medica o in caso di recidiva, tenendo però in considerazione l alto rischio operatorio di pazienti cardiopatici ed ipertiroidei. Nonostante questo, non si è riscontrata in letteratura una maggiore incidenza di 32

33 complicanze peri e postoperatorie, e da alcuni la chirurgia è considerata la terapia di scelta, soprattutto in caso sia necessario mantenere la terapia con amiodarone (56, 79, 80). La plasmaferesi si è dimostrata efficace nel rimuovere l eccesso di ormoni tiroidei, anche se l effetto è transitorio e spesso è seguita da una riesacerbazione dell AIT (81). L identificazione dei sottotipi di AIT può garantire una base razionale per la scelta della terapia patogenetica adeguata. Nell AIT tipo I, l obiettivo del trattamento dovrebbe, da una parte, bloccare un ulteriore organificazione dello iodio e la sintesi degli ormoni tiroidei, dall altra ridurre l ingresso di iodio nella tiroide e svuotare i depositi intratiroidei, per potere così aumentare l efficacia delle tionamidi e permettere una terapia con radioiodio, da eseguire in tempi successivi. Per raggiungere tali scopi, si utilizzano le tionamidi, a dosi più elevate del solito, stante la resistenza a questi farmaci di una tiroide ricca di iodio. In genere si usano mg/die di metimazolo o mg/die di propiltiouracile (47, 82). Per inibire il reuptake tiroideo di iodio, si può associare il perclorato di potassio (1000 mg/die). Il limite di questo farmaco è la sua tossicità, in particolare l induzione di agranulocitosi e di anemia aplastica, che è descritta, solo a dosi elevate, fino al 16-18% dei pazienti trattati (83, 84). Sia per gli effetti tossici del perclorato che per quelli delle tionamidi associate, è importante eseguire frequenti controlli dell emocromo, e limitare la terapia con perclorato a 4-6 settimane (83). In alcuni casi, al posto del perclorato, è stato associato litio carbonato ( mg/die per 4-6 settimane) al propiltiouracile, con riduzione netta del periodo necessario per il raggiungimento dell eutiroidismo (85). Nell AIT tipo II, essendoci alla base un meccanismo distruttivo, le tionamidi sono inefficaci (2). In tali casi sono efficaci i corticosteroidi, sia per l effetto antinfiammatorio e quello stabilizzante di membrana (72, 86), sia perchè inibiscono l attività della 5 -desiodasi, limitando i sintomi clinici dell ipertiroidismo (86). Martino et al. suggeriscono un trattamento di 2-3 mesi con dosi iniziali di 40 mg/die di prednisone, seguiti da una lenta, graduale riduzione del dosaggio, per minimizzare i rischi di recidiva (2). In caso di recidiva la terapia va ripresa alle dosi minime efficaci. Nella terapia dell AIT di tipo II è stato usato anche il litio per il suo effetto inibitorio sulla secrezione degli ormoni tiroidei (85). Nella tabella 5 sono illustrati gli schemi terapeutici dell AIT (2) 33

34 Tabella 5. Strategie terapeutiche nell AIT (2) AIT di tipo I Tionamidi (metimazolo, 30/40 mg/die) in associazione con perclorato di potassio (1g/die per gg). Se possibile, interrompere l amiodarone. Se l amiodarone non può essere sospeso e la terapia medica non ha avuto successo, valutare la possibilità di effettuare la terapia Radiometabolica o la tiroidectomia totale. AIT di tipo II Glucocorticoidi per 2-3 mesi (dose iniziale, prednisone 40 mg/die o equivalente). Interrompere l amiodarone se possibile. Nelle forme miste aggiungere tionamidi e perclorato di potassio. Dopo il raggiungimento dello stato di eutiroidismo, follow-up del paziente per possibile progressione spontanea verso l ipotiroidismo. Se l amiodarone non può essere sospeso e la terapia medica non ha avuto successo, valutare la possibilità di effettuare la tiroidectomia. Nelle forme di AIT di tipo misto, in cui la patogenesi coinvolge entrambi i meccanismi, è consigliabile associare i corticosteroidi alla terapia con tionamidi e perclorato (2, 38). Un altro punto controverso è quello del mantenimento della terapia antiaritmica. Alcuni studi riportano efficacia terapeutica anche non sospendendo l amiodarone (87, 88), ma la maggior parte dei dati a disposizione conferma che la sospensione del farmaco è parte integrante della terapia (2, 38, 60). Nei casi in cui non è possibile interrompere l amiodarone e la terapia medica fallisce, la tiroidectomia rappresenta un alternativa valida (79, 80, 89). Per i pazienti con una storia di AIT nei quali l amiodarone diventa necessario, dopo che era stato sospeso, bisogna considerare la possibilità di ablazione tiroidea con radioiodio o con tiroidectomia prima di riprendere l assunzione del farmaco (2, 87). Alcuni autori giapponesi suggeriscono di non sospendere la terapia con amiodarone nei casi di recidiva di AIT tipo II, perché l ipertiroidismo spesso si risolve spontaneamente o si manifesta in forma lieve (90). I pazienti con AIT, particolarmente quelli con AIT tipo 2, possono talora andare incontro ad ipotiroidismo, per cui è necessario programmare il follow-up (65). Nella tabella 6 sono illustrati i meccanismi patogenetici, le manifestazioni cliniche, gli iter diagnostici e la terapia consigliata nelle due forme di AIT. 34

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