UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI M.FANNO CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA E FINANZA TESI DI LAUREA Il Rischio di Liquidità nelle Banche: Costruzione e Applicazione di uno Stress Test RELATORE: CH.MA PROF.SSA Cinzia Baldan LAUREANDA: Francesca Fiorin MATRICOLA N ANNO ACCADEMICO

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3 Chi, riandando al vecchio, impara il nuovo, quello può considerarsi maestro (Confucio, Dialoghi)

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5 Indice Introduzione... 1 Capitolo 1 Il rischio di liquidità nelle banche Scenario economico di riferimento Introduzione ai concetti di liquidità e rischio di liquidità Origini del rischio di liquidità Il rischio di liquidità e le sue molteplici dimensioni Corporate liquidity risk e Systemic liquidity risk Funding liquidity risk e Market liquidity risk Short term liquidity risk e Structural liquidity risk Going Concern liquidity risk e Contingency liquidity risk Interazione tra Rischio di liquidità ed Altri Rischi Capitolo 2 La regolamentazione del rischio di liquidità nelle banche Premessa Regolamentazione internazionale Normativa prudenziale italiana Basilea 3 e i nuovi requisiti sulla liquidità Punti deboli del sistema di Basilea Basilea 3: verso un nuovo framework regolamentare Indicatore di breve termine (Liquidity Coverage Ratio) i

6 Indicatore strutturale (Net Stable Funding Ratio) Gli strumenti di monitoraggio Basilea 3: una valutazione critica Capitolo 3 Il processo di gestione del rischio di liquidità nelle banche Premessa Identificazione e misurazione del rischio di liquidità Misurazione del funding liquidity risk Misurazione del market liquidity risk Stress test per il rischio di liquidità Strumenti di attenuazione del rischio Contingency Funding Plan Capitolo 4 Costruzione e applicazione di uno stress test per il rischio di liquidità Premessa Framework del modello Posizione iniziale di liquidità Effetti di uno shock sulla liquidità bancaria Azioni mitigatrici delle banche Conseguenze della risposta bancaria allo shock Definizione degli scenari di stress Risultati Analisi di sensibilità Osservazioni finali ii

7 Conclusioni Riferimenti Bibliografici Webgrafia Allegati Allegato 1: Prospetto illustrativo per il Liquidity Coverage Ratio Allegato 2: Il Net Stable Funding Ratio in sintesi iii

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11 Introduzione Il tema del rischio di liquidità all interno delle banche è stato riportato all attenzione generale di mercati, regolatori ed intermediari soltanto in tempi recenti, a seguito della crisi finanziaria che si è sviluppata su scala internazionale a partire dal Nel periodo antecedente la crisi, il sistema finanziario era caratterizzato da livelli elevati di liquidità, motivo per cui il rischio ad essa associato non ha goduto delle adeguate attenzioni (in termini di gestione, monitoraggio e controllo) riservate invece ad altre tipologie di rischio. Tale atteggiamento, pur dettato da un eccessiva fiducia nella liquidità disponibile, va attribuito soprattutto ad una scarsa consapevolezza dell importanza e della trasversalità del rischio di liquidità, il quale è strettamente legato a tutti i processi messi in atto dalla banca. Peraltro, la recente crisi ha messo in luce con quanta rapidità e intensità tale rischio possa manifestarsi anche in contesti apparentemente liquidi, nonché le disastrose conseguenze che ne possono derivare. L inadeguatezza dimostrata dagli intermediari nel gestire lo scenario di emergenza ha sostanzialmente stimolato due fronti di intervento: quello interno alla stessa industria bancaria, con l affinamento delle tecniche di liquidity risk management, e quello regolamentare, con la riforma imposta dall Accordo di Basilea 3. Entrambe le linee di azione sono state percorse nell intento di rafforzare i presidi degli intermediari a fronte del rischio di liquidità, riducendo in tal modo anche le possibilità di contagio dell intero sistema bancario. Il presente elaborato propone un analisi della letteratura e della normativa sul tema della gestione e della misurazione del rischio di liquidità negli intermediari finanziari, giungendo infine ad applicare alcuni spunti teorici alla realtà operativa di una banca nazionale di piccole dimensioni. Nello specifico, il Primo Capitolo si apre con l analisi del contesto economico che ha preceduto lo scoppio della crisi, puntando a individuare i principali fattori che hanno condotto a una tensione di liquidità di tali dimensioni. Esso prosegue con una breve descrizione del concetto di liquidità e della sua importanza all interno dell attività di intermediazione, per focalizzarsi infine sul rischio collegato: in particolare, vengono studiate più attentamente le diverse forme in cui questo si può manifestare, nonché le relazioni che lo legano alle altre tipologie di rischio dell attività bancaria. 1

12 Dopo aver delineato i concetti principali, nel Secondo Capitolo si intende fornire una panoramica della regolamentazione attualmente vigente in materia. Partendo dalla normativa prudenziale italiana e da alcuni cenni sui punti deboli di Basilea 2, l attenzione si concentra sulle novità introdotte dalla riforma di Basilea 3 e sull obiettivo principale della nuova disciplina, ovvero la definizione di standard comuni per il presidio della liquidità negli intermediari finanziari. Nel concreto, si mettono in evidenza i due indicatori fondamentali, definiti dal Comitato di Basilea per una valutazione quantitativa del rischio di liquidità, basata su diversi orizzonti temporali: il Liquidity Coverage Ratio e il Net Stable Funding Ratio. Il Terzo Capitolo descrive le fasi più importanti di cui si compone un efficiente processo di liquidity risk management. In particolare, vengono presentati i principali modelli di misurazione del rischio (diviso nelle sue forme di funding e market liquidity risk) e alcuni strumenti utilizzati per attenuarlo (riserve di liquidità, sistema di limiti operativi, contingency funding plan). Infine, un attenta gestione della liquidità impone la misurazione del rischio sia in condizioni normali che in condizioni di stress. A questo riguardo, il Quarto Capitolo prevede la costruzione di un modello di stress test e la sua successiva applicazione ad una banca di piccole dimensioni operante nel territorio nazionale. Il modello proposto incorpora le innovazioni regolamentari introdotte da Basilea 3 e si pone l obiettivo di valutare la solidità dell intermediario al manifestarsi di scenari di stress progressivamente più severi (moderato, medio, severo), costruiti come combinazione di market e funding liquidity risk. Inoltre, lo stress test sviluppato include tutti i più importanti drivers di uno shock sulla liquidità, compresi gli effetti causati da eventuali reazioni del sistema (c.d. second round effects) o quelli legati alla possibile perdita reputazionale della banca. 2

13 Capitolo 1 Il rischio di liquidità nelle banche 1.1 Scenario economico di riferimento Il periodo storico che stiamo affrontando è teatro della più grande crisi economico-finanziaria mai registrata dai tempi della Grande Depressione. Il dissesto finanziario che a partire dalla metà del 2007 ha investito l intero sistema bancario internazionale, negli anni successivi si è tradotto in una grave crisi economica il cui esito rimane ancora incerto. La ripresa, già avviata nei paesi emergenti e in via di sviluppo, procede più lentamente nelle economie avanzate, per le quali ci si aspetta crescita ridotta e alti tassi di disoccupazione per tempi ancora lunghi. La situazione risulta particolarmente preoccupante per il Nostro Paese: è previsto, infatti, che l'economia italiana subisca un ulteriore contrazione nel Dopo il -2,4% del 2012, il prodotto interno lordo dovrebbe scendere quest'anno dell'1,5% (Fig. 1.1). Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (d ora in poi IMF, International Monetary Fund) nell'ultimo World economic outlook, il report che delinea la situazione economica a livello mondiale. Sul fronte del mercato del lavoro, secondo le stime dell IMF la disoccupazione in Italia nel 2013 si assesterà al 12%, in netta crescita rispetto al 10,6% del Nel 2014 si dovrebbe toccare addirittura la soglia del 12,4% (Fig. 1.2). Anche a livello europeo, lo scenario non sembra essere più incoraggiante: l IMF ha stimato per l anno in corso una contrazione del Pil dell Eurozona pari allo 0,3%, dopo il -0,6% registrato nel 2012 (Fig. 1.1). Quanto alla disoccupazione, dai dati emerge un ulteriore crescita del tasso di senza lavoro che ha coinvolto la maggior parte dei paesi europei; in media, il tasso di disoccupazione nell area euro, dovrebbe attestarsi intorno al 12,3% sia nell anno 2013 che nel 2014 (Fig. 1.2). Com è noto, la recente crisi finanziaria è stata oggetto di studio da parte di un grandissimo numero di accademici, economisti e dalle autorità di vigilanza. Un analisi accurata delle cause principali è stata presentata anche da A. M. Tarantola 1, già Vice Direttore Generale della Banca d Italia e di seguito cercheremo di sintetizzarne i passaggi più significativi. 1 Vedi A. M. Tarantola (2009). 3

14 Tasso di disoccupazione (%) GDP: tasso di crescita (%) Eurozona Italia Anno Fig.1.1. Tasso di crescita GDP Fonte: Elaborazione dati Eurostat e stime IMF Eurozona Italia Anno Fig.1.2. Tasso di disoccupazione Fonte: Elaborazione dati Eurostat e stime IMF La crisi ha avuto origine negli Stati Uniti nell estate del 2007 e si è manifestata inizialmente nel mercato dei mutui subprime: gli intermediari che avevano investito massicciamente in prodotti finanziari strutturati 2, legati all andamento di quei mutui (concessi a prenditori con basso merito di credito), hanno registrato ingentissime perdite. Il crollo dei titoli subprime, tuttavia, ha rappresentato soltanto la punta di un iceberg : la crisi è esplosa con tanta intensità a causa del contesto macroeconomico già consolidato nel periodo immediatamente precedente. 2 I prodotti strutturati costituiscono una combinazione, in un unico titolo, di strumenti di investimento tradizionali (azioni, divise, tassi di interesse, materie prime) con uno o più strumenti derivati. 4

15 Negli ultimi due decenni l economia mondiale è cresciuta a ritmi piuttosto elevati, seppur in presenza di ampi squilibri che ne hanno gradualmente minato la stabilità: le politiche monetarie fortemente accomodanti, attraverso tassi d interesse estremamente ridotti, hanno consentito una crescita eccessiva del credito e il conseguente grado di indebitamento delle famiglie e di alcune categorie di intermediari non bancari; l ingente afflusso di risparmio proveniente dai paesi emergenti ha ampliato il già consistente disavanzo nella bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti, contribuendo all instabilità complessiva del sistema finanziario; l accresciuta disponibilità di strumenti finanziari nuovi e complessi ha moltiplicato le occasioni di profitto, ma la loro valutazione poco trasparente ha finito per determinare un eccessiva assunzione di rischi da parte degli intermediari. La crescente espansione e la globalizzazione della finanza hanno sopperito, almeno inizialmente, alla minaccia di questi squilibri. Tuttavia, con il passare del tempo, le debolezze strutturali della nuova architettura finanziaria si sono accentuate. Il proliferare di strumenti innovativi sempre più sofisticati e opachi ha contribuito ad incentivare la massimizzazione del profitto a scapito di una prudente gestione dei rischi; lo stesso top management (condizionato da politiche di remunerazione, collegate a risultati di breve periodo) ha spinto ad un uso indiscriminato di questi strumenti. D altra parte, anche l industria finanziaria e i Supervisori non hanno saputo sviluppare tecniche di misurazione e controllo del rischio adeguate alla complessità della nuova realtà economica. E in questo contesto di diffusa fragilità che una crisi locale come quella dei mutui subprime, di per sé circoscritta ad un segmento limitato del mercato finanziario statunitense, ha trovato terreno fertile per avviarsi e in seguito propagarsi ai mercati dei capitali del mondo intero. Negli Stati Uniti, i bassi tassi d interesse (Fig. 1.3) e la bolla immobiliare 3 dei primi anni 2000 (Fig. 1.4) avevano spinto gli individui ad accrescere fortemente il proprio grado di 3 In economia si definisce bolla speculativa una particolare fase di un qualsiasi mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni, dovuto ad una crescita della domanda repentina e limitata nel tempo. Generalmente si parla di bolla speculativa con riferimento a mercati finanziari, nei quali vengono trattate azioni, obbligazioni e titoli derivati. Ma la storia delle bolle insegna che sono stati frequenti i casi di bolle speculative che hanno riguardato beni materiali, come gli immobili. Alla fase di nascita e di crescita della bolla segue poi la fase di "scoppio" che tende a ripristinare i valori originari del bene in questione. 5

16 Indice Case-Schiller: prezzi case USA Tasso di interesse (%) indebitamento, di fronte alla facilità di ottenere finanziamenti ad un costo relativamente contenuto Anno Fig Tasso di interesse USA Fonte: Elaborazione dati Federal Reserve Anno Fig Indice Case-Shiller: prezzi degli immobili Usa Nota: l'indice Case-Shiller è un indicatore a carattere nazionale che misura i prezzi delle case unifamiliari nelle venti principali aree urbane del paese e fornisce una fotografia dell andamento dei prezzi del mercato immobiliare. E' un indicatore che viene fornito mensilmente da Standard & Poor's e che ha come base un valore di 100 riferito al gennaio del 2000: così se l'indice misura 150 sta a significare che si è registrato un apprezzamento delle abitazioni del 50% da tale data. Fonte: Elaborazione dati Standard & Poor's D altra parte, il continuo aumento dei prezzi delle case (+15% in media l anno, a partire dal 2000) ha favorito anche le istituzioni che concedevano i mutui, rendendo l attività conveniente e poco rischiosa. Infatti, in caso di insolvenza, gli intermediari potevano riservarsi di pignorare gli immobili e rivenderli sul mercato che, essendo in crescita, pagava prezzi superiori rispetto all ammontare dei mutui concessi. 6

17 Volume (miliardi di dollari) Il risultato è stato un aumento significativo del volume di credito erogato, ed in particolar modo del credito erogato ai cosiddetti clienti subprime (Fig. 1.5) Fig Volume dei mutui subprime Fonte: Inside Mortgage Finance Pubblications (2006) Anno L offerta di credito verso debitori di minore qualità è stata altresì incentivata nei paesi anglosassoni dall adozione su larga scala, negli anni precedenti l avvio della crisi, di modelli di business cosiddetti originate to distribuite (OTD): le banche originavano attivi che venivano poi cartolarizzati e trasferiti ad apposite società veicolo, le quali, a loro volta, creavano nuovi titoli che venivano immessi nel mercato. Attraverso il processo di cartolarizzazione 4 gli intermediari pensavano di poter diversificare i rischi di credito e di liquidità legati ai mutui, perdendo così ogni incentivo a controllare la qualità dei propri clienti. In realtà i prestiti ceduti dalle banche venivano posti a garanzia di emissioni di titoli che divenivano poi oggetto di investimento da parte di altre istituzioni finanziarie o della stessa banca cedente, desiderosa di rassicurare il mercato in merito alla qualità degli attivi ceduti; ecco che questo fenomeno potenzialmente virtuoso che consentiva di rendere liquide e negoziabili attività che in precedenza non lo erano, molto spesso, si rivelava una fragile illusione. 4 La cartolarizzazione è un operazione finanziaria che consiste nella cessione a titolo oneroso di un portafoglio di crediti pecuniari o di altre attività finanziarie non negoziabili, individuabili anche in blocco, capaci di generare flussi di cassa pluriennali. I crediti vengono ceduti da una o più aziende (Originator) ad una società-veicolo (SPV) che, a fronte delle attività cedute, emette titoli negoziabili da collocarsi sui mercati nazionali o internazionali. La cartolarizzazione è una cessione di credito pro soluto. L'azienda cedente non deve pertanto fornire garanzie alla società veicolo in caso di mancato pagamento da parte dei debitori. Con il ricorso a processi di cartolarizzazione l'azienda può rendere mobili quei capitali altrimenti vincolati nella forma di finanziamento a terzi, ottenendo un immediato aumento della liquidità. 7

18 Indice Case-Schiller: prezzi case USA Tasso di interesse (%) Nel clima di ottimismo che si era venuto a creare, tutto sembrava funzionare perfettamente: chi non aveva mai avuto la possibilità di comprare una casa ora poteva farlo ( the American dream ), le banche e gli investitori facevano enormi profitti e il rischio sembrava distribuito talmente bene da sembrare quasi annullato 5. Tuttavia, a partire dal 2004, in risposta agli elevati tassi di crescita del sistema economico, la Fed ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse americani (Fig. 1.6) con una conseguente flessione nel prezzo degli immobili (Fig. 1.7) Anno Fig Tasso di interesse USA Fonte: Elaborazione dati Federal Reserve Anno Fig Indice Case-Shiller: prezzi degli immobili Usa Fonte: Elaborazione dati Standard & Poor's Numerose famiglie hanno incontrato le prime difficoltà nel rimborsare i mutui contratti: questi prestiti sono diventati inesigibili e il valore di mercato dei titoli ad essi collegati è sceso drasticamente. Le banche che avevano nei propri portafogli quote elevate di mutui 5 Cfr. C. Bianchi, La crisi globale del : cause e conseguenze. Università di Pavia. 8

19 immobiliari, nonché quelle che avevano investito pesantemente in titoli strutturati, hanno registrato ingenti perdite nei propri bilanci. Queste stesse banche, negli ultimi anni, avevano finanziato le proprie attività in misura sempre maggiore attraverso il wholesale funding, una nuova forma di debito a breve termine che richiedeva continui rinnovi ma dava loro più flessibilità nell ammontare dei fondi rispetto ai tradizionali depositi bancari. La spirale di perdite causata dal possesso di titoli divenuti illiquidi, unita all urgenza di far fronte agli impegni a breve termine ha indotto gli intermediari a svendere parte delle proprie attività e a ridurre pesantemente l'importo dei prestiti erogati. In questo contesto di incertezza, le banche sono diventate riluttanti a farsi credito a vicenda e hanno preferito auto-assicurarsi accumulando liquidità. La crisi di fiducia nell intero sistema finanziario ha di fatto bloccato il mercato interbancario e anche istituzioni finanziarie con rating elevato riuscivano a trovare credito solo su scadenze brevissime, oppure pagando spread consistenti (Fig. 1.8). Fig Ted spread e LIBOR-OIS spread Nota: La figura mostra il Ted Spread (differenza tra il T Bills, il tasso a breve termine sui Titoli di Stato americani, e il tasso interbancario di pari scadenza) e il LIBOR-OIS Spread (differenza tra il tasso interbancario a tre mesi e il tasso dell Overnight Interest Swap). Entrambi gli spread misurano il grado di tensione all interno del mercato interbancario poiché riflettono la percezione delle banche sulla solvibilità delle altre istituzioni finanziarie e sulla generale disponibilità di fondi nel mercato dei prestiti. Alti spread, quindi, sono tipicamente interpretati come segnali di una ridotta disponibilità delle banche a prestarsi fondi e di una scarsa liquidità nel mercato monetario. Fonte: Elaborazione da Raddatz (2010) Le banche d investimento sono state tra le prime a fare esperienza di questa carenza di liquidità, a causa del loro significativo finanziamento nel wholesale market e della loro pesante esposizione ai prodotti strutturati. 9

20 Nel settembre del 2008, Lehman Brothers, una banca con attività per oltre 600 miliardi di dollari, dichiara bancarotta facendo sospettare i maggiori investitori che si potesse generare un effetto domino con il default di altre importanti istituzioni finanziarie. In effetti, numerose altre banche in seria difficoltà hanno spinto le autorità di vigilanza, le banche centrali e i governi dei principali Paesi ad adottare misure straordinarie, intervenendo massicciamente attraverso iniezioni di capitale, linee di credito e programmi di sostegno. Il conseguente drenaggio di risorse pubbliche ha fatto sì che i costi della crisi venissero sopportati non solo da banche e azionisti ma in ultima analisi anche dai contribuenti. A metà settembre 2008 il sistema finanziario era paralizzato. Le banche avevano sostanzialmente interrotto il credito ad altre banche e a chiunque altro. Il mercato azionario era crollato. In breve tempo, la crisi finanziaria si era trasformata in una profonda crisi macroeconomica. Al momento in cui si scrive, la crisi è ancora lontana dall essere archiviata. Se tra il 2009 e gli inizi del 2010 le principali economie mondiali sembravano essersi indirizzate verso una fase di normalizzazione, a partire dalla primavera del 2010 si è innescata un altra fase fortemente critica dovuta alle incertezze sulla solvibilità di diversi emittenti sovrani europei. Questa seconda fase ha messo nuovamente in luce l estrema rilevanza di un soddisfacente finanziamento del sistema bancario, sia per sostenere la fiducia dei mercati sia per contrastare l andamento recessivo delle economie. Le condizioni per il buon funzionamento del sistema finanziario non possono prescindere da un mercato monetario e interbancario liquidi: ecco perché nei prossimi paragrafi si cercherà di approfondire proprio il concetto di liquidità ed il rischio ad esso connesso. 1.2 Introduzione ai concetti di liquidità e rischio di liquidità La recente crisi finanziaria e i mutamenti intervenuti nel contesto competitivo in questi ultimi anni hanno risvegliato un forte interesse da parte di mercati, autorità di vigilanza e aziende di credito per il tema della liquidità all interno delle banche. Esso non è certamente un tema di ricerca nuovo; in realtà rappresenta una delle tematiche classiche della teoria economica, poiché fa riferimento a due importanti concetti di equilibrio: l equilibrio monetario, indicante la capacità di conseguire puntualmente un ordinato bilanciamento dei flussi monetari in entrata e in uscita; 10

21 l equilibrio finanziario, indicante la capacità di mantenere con sufficiente continuità, in un orizzonte temporale più esteso, un armonica corrispondenza tra poste patrimoniali attive e passive. Una delle prime definizioni che ben sintetizza il concetto di liquidità risale al 1951 ed è quella proposta da Giordano Dell Amore che la descrive come l attitudine a mantenere costantemente in equilibrio le entrate e le uscite monetarie in soddisfacenti condizioni di redditività. Una solida posizione di liquidità rappresenta, quindi, un vincolo fisiologico e ineliminabile per l equilibrio di qualsiasi impresa; questo vincolo, tuttavia, assume carattere ancora più stringente per un intermediario finanziario, proprio in virtù del ruolo assunto nel garantire le condizioni di liquidità dell intero sistema economico e per la peculiarità delle funzioni svolte e delle operazioni poste in essere. L attività bancaria si concretizza principalmente nell espletamento di due funzioni: la funzione monetaria e quella creditizia. La funzione monetaria viene esercitata attraverso la trasformazione delle proprie passività in moneta bancaria che viene poi messa a disposizione del pubblico per effettuare le transazioni; la banca deve essere in grado di far fronte agli impegni di pagamento assunti nei confronti dei propri creditori garantendone, in ogni momento, la pronta conversione in moneta legale. La funzione creditizia, invece, consiste nel trasferimento di risorse dalle unità che si trovano in situazione di surplus finanziario a quelle che si trovano in deficit, favorendo così il processo di allocazione del risparmio e lo sviluppo economico. L attività di intermediazione creditizia avviene attraverso la cosiddetta trasformazione delle scadenze : la banca raccoglie risorse in forma di depositi presso il pubblico, tipicamente rimborsabili a vista, e le impiega per il finanziamento di fabbisogni finanziari a medio-lungo termine. Dal mismatch temporale tra le passività, prevalentemente a breve termine, e le attività, maggiormente orientate a lungo termine si viene a creare un naturale squilibrio tra i flussi finanziari in entrata e quelli in uscita; la banca può trovarsi nella condizione di non riuscire a far fronte in maniera efficiente ai propri obblighi di pagamento ovvero non garantire stabilità e continuità al circuito del credito, a causa dell incapacità di reperire fondi (funding liquidity risk) o per la presenza di limiti allo smobilizzo delle attività (market liquidity risk). Da questa prospettiva nasce l esigenza per l azienda di credito di gestire il rischio di liquidità: esso può essere definito proprio come l incapacità della banca di far fronte tempestivamente e in modo economico agli obblighi di pagamento nei tempi contrattualmente previsti (Ferrari e Ruozi 2009, p.1). Questa definizione mette in luce due aspetti importanti del concetto di 11

22 liquidità, un aspetto finanziario e un aspetto economico: il primo consiste nella capacità finanziaria di soddisfare le obbligazioni con la massima prontezza; il secondo richiede che tale assolvimento di impegni avvenga senza pregiudicare la normale attività dell azienda o la situazione finanziaria della stessa. A questi due aspetti è legata l importante relazione di trade-off esistente tra le nozioni di liquidità e redditività. Va precisato, infatti, che mantenere disponibilità finanziarie superiori a quelle necessarie per garantire l equilibrio corrente tra i flussi, costringe ad impiegare i surplus della propria gestione finanziaria a tassi di remunerazione meno adeguati 6. Di norma, quanto più liquide sono le attività della banca, tanto minore è il loro rendimento. Dunque, detenere eccessiva liquidità al fine di conseguire un margine di sicurezza può rivelarsi molto costoso, sia in termini di mancate opportunità di guadagno per la banca, sia in termini sociali, per la riduzione di credito erogato a famiglie e imprese (credit crunch 7 ). In proposito, Matz e Neu (2007), scrivevano: Too little liquidity may kill a bank suddenly, but too much might kill it slowly. In stretta connessione con la situazione di liquidità dell azienda c è anche lo stato di solvibilità, misurato dall idoneità del valore atteso dell attivo a coprire quello del passivo. L analisi di solvibilità non considera la dimensione temporale degli elementi attivi e passivi del patrimonio, perciò una banca può trovarsi ad essere contemporaneamente solvibile ma non liquida e viceversa. Questa possibilità, tuttavia, non esclude la forte correlazione tra la condizione di liquidità e quella di solvibilità, che tendono a influenzarsi reciprocamente. Infatti, è evidente che una banca non liquida è esposta a un rischio crescente di insolvenza, poiché può trovarsi costretta a liquidare sul mercato attività a prezzi di realizzo inferiori rispetto a quelli attesi; d altra parte una banca non solvibile è esposta ad un elevato rischio di liquidità poiché una valutazione di scarsa affidabilità potrebbe indurre i suoi creditori ad una crescente e diffusa corsa agli sportelli per il ritiro dei rispettivi crediti. Infine, non va trascurato il fatto che la relazione di interdipendenza tra liquidità e solvibilità può essere condizionata anche dal grado di patrimonializzazione della struttura finanziaria della banca. La situazione di equilibrio patrimoniale può migliorare la gestione della liquidità aumentando la scadenza media del passivo, riducendo eventuali situazioni di disallineamento fra flussi di cassa in entrata e in uscita e facilitando l accesso al credito interbancario. 6 Cfr. Tutino (2012) 7 Con il termine stretta del credito (in inglese Credit crunch) si indica un calo significativo (o inasprimento improvviso delle condizioni) dell'offerta di credito al termine di un prolungato periodo espansivo, in grado di accentuare la fase recessiva. Sostanzialmente il fenomeno del credit crunch può essere riferito a due ordini di fattori: il primo è il rischio inflazione che porta le banche centrali ad alzare i tassi di interesse per contenere l'espansione; il secondo, invece, avviene sull'onda di una crisi di liquidità che coinvolge le banche stesse che si vedono costrette a una chiusura del credito per evitare il fallimento. 12

23 Il rischio di liquidità, tuttavia, dipende da così tanti fattori - composizione e struttura per scadenza dell attivo e del passivo, dinamica delle poste fuori bilancio, andamento dei costi e dei ricavi monetari, evoluzione dei mercati - che un presidio patrimoniale risulta poco adatto o comunque non sufficiente alla risoluzione dei problemi di liquidità, se non per brevi periodi di tempo. La predisposizione di efficaci sistemi di monitoraggio e l adozione di oculate scelte gestionali possono attenuare questo rischio, preservando la stabilità di singole banche e la solidità dell intero sistema in caso di improvvise crisi di natura sistemica. 1.3 Origini del rischio di liquidità Il rischio di liquidità è un rischio tipico dell attività bancaria perché trae origine dal naturale processo di trasformazione delle scadenze attuato dalla banca in relazione alle fonti disponibili e agli impieghi realizzati. L equilibrio di tali elementi per intervallo temporale determina la capacità della banca di far fronte regolarmente ai propri impegni di pagamento. Le origini del rischio rinviano quindi alla struttura finanziaria aziendale e ai suoi flussi finanziari. L ammontare e la composizione dell attivo, del passivo e del patrimonio della banca definiscono la sua struttura finanziaria, che è il risultato dell incontro tra le strategie e le politiche perseguite dall azienda creditizia e le scelte finanziarie effettuate dalle controparti. La posizione aziendale di rischio è determinata dalle operazioni in essere e in scadenza, e tende ad essere influenzata dal modello di gestione e dalle caratteristiche specifiche dell intermediario. Rispetto al modello di banca tradizionale, noto come originate to hold (OTH) e caratterizzato tipicamente da radicamento territoriale, funding prevalentemente da clientela, prestiti a clientela tenuti in portafoglio fino alla scadenza, il nuovo modello originate to distribuite (OTD) ha innovato profondamente il sistema bancario internazionale; i crediti erogati alla clientela non sono più tenuti fino alla scadenza, ma vengono sistematicamente cartolarizzati e ceduti ad altri intermediari o investitori. Il ricorso a questo modello di business, se da un lato ha consentito di trasformare in risorse liquide attivi difficilmente negoziabili sul mercato secondario, dall altro lato ha comportato spesso per le banche l impegno a fornire linee di liquidità a quelle stesse società cui avevano ceduto i crediti. 13

24 Esistono poi altri fattori idiosincratici che possono rendere particolarmente acuto il rischio di liquidità. Si pensi alla presenza in portafoglio di prodotti che rendono più aleatorio e imprevedibile il profilo temporale dei flussi di cassa aziendali, ad esempio: - assets che lasciano alle controparti ampia discrezionalità nel determinare i flussi di cassa futuri (passività a vista che spesso rimangono in essere per anni e che possono essere ritirate senza preavviso, garanzie personali prestate dalla banca che possono essere escusse a semplice richiesta del creditore, linee di credito irrevocabili concesse a favore di imprese o di veicoli societari creati ad hoc per gestire programmi di cartolarizzazione); - derivati OTC, negoziati su mercati non regolamentati, che possono richiedere esborsi finanziari inattesi per la ricostituzione dei margini di garanzia; - finanziamenti, ricevuti da controparti istituzionali, con clausole triggers che prevedono la restituzione dei crediti ottenuti (o il versamento di consistenti garanzie) come conseguenza immediata di un peggioramento del rating dell intermediario. Inoltre, qualsiasi evento che danneggi la reputazione della singola banca e indebolisca la fiducia del pubblico, può indurre i creditori ad accelerare il recupero dei prestiti concessi, contribuendo ad innescare potenziali tensioni di liquidità. Il rischio di liquidità che grava sulla banca è, quindi, l effetto combinato della posizione aziendale di rischio, delle caratteristiche specifiche dell intermediario e di alcuni fattori di ordine sistemico. Tra questi ultimi fattori, si possono ricordare: - le crisi generalizzate di fiducia che inducono i depositanti di un certo Paese o di una certa regione, a richiedere il rimborso di un elevato ammontare di depositi. Le asimmetrie informative in queste situazioni impediscono di distinguere tra banche sane e banche insolventi, determinando una paralisi del mercato creditizio e favorendo irrazionali corse agli sportelli (bank runs). - la diffusione di investitori, come gli hedge fund, che sfruttano la leva finanziaria e spostano rapidamente consistenti volumi di fondi da un mercato all altro al fine di perseguire strategie di arbitraggio: la loro attività rende più probabile il verificarsi di 14

25 improvvisi cali di liquidità su alcuni mercati finanziari, in particolare quelli più giovani e periferici; - la temporanea inattività o il malfunzionamento dei mercati che impedisce la pronta liquidazione delle attività finanziarie quotate o la rende particolarmente onerosa allargando a dismisura il divario tra prezzi in acquisto (bid) e prezzi in vendita (ask). È opinione diffusa che, negli ultimi anni, il rischio di liquidità sia cresciuto fortemente anche per l inasprirsi del contesto competitivo all interno del sistema bancario e per il concatenarsi di una pluralità di fattori, quali: la globalizzazione dei grandi gruppi finanziari, lo sviluppo della tecnologia e la concentrazione tra grandi gruppi finanziari. La maggiore concorrenza tra banche ha inciso sugli andamenti della raccolta da clientela e sulle previsioni relative al loro grado di stabilità. Depositanti attratti da condizioni e tassi più convenienti possono essere spinti a trasferire le proprie disponibilità presso altre banche. In questo modo, una parte sempre meno elevata della raccolta risulta stabile e le previsioni sui flussi di cassa diventano sempre più incerte. Anche il fenomeno della globalizzazione, moltiplicando le interrelazioni operative tra le banche e portando i grandi gruppi finanziari ad avere una sempre più vasta pluralità di controparti, ha reso molto più complesso il monitoraggio di tutti i possibili flussi di cassa futuri. La diffusione di sistemi informatici e tecnologie sempre più avanzate (si pensi all internet banking, per esempio) ha permesso, non solo alle controparti professionali, ma anche alla clientela al dettaglio, di trasferire con estrema facilità e rapidità i fondi detenuti presso le banche. Ed infine, la concentrazione tra grandi gruppi finanziari. La nascita di un numero ristretto di istituzioni che si dividono buona parte del mercato, rende preoccupante, anche in caso di dissesto di uno solo di questi operatori, la situazione per l intero sistema finanziario. 15

26 1.4 Il rischio di liquidità e le sue molteplici dimensioni In letteratura, come nel campo della regolamentazione, manca una definizione univoca e largamente condivisa di rischio di liquidità; ciò è dovuto alla natura multiforme del rischio, che può assumere dimensioni differenti a seconda della prospettiva di analisi adottata. Di seguito è proposto il tentativo di presentare le diverse accezioni che connotano il rischio di liquidità, classificandole secondo quattro differenti aspetti: - l origine del rischio (Corporate liquidity risk e Systemic liquidity risk); - le modalità della banca di reperire liquidità (Funding liquidity risk e Market liquidity risk); - l orizzonte temporale analizzato (Short term liquidity risk e Structural Liquidity risk); - lo scenario economico in cui si manifesta il rischio (Going Concern liquidity risk e Contingency liquidity risk) (Fig. 1.9). I primi tre profili attengono al processo di formazione, di analisi e controllo del rischio; il quarto profilo sottolinea che il grado di complessità della gestione del rischio è correlato alle situazioni aziendali e alle condizioni di mercato in cui la banca si trova a dover operare. Fig Il rischio di liquidità: un rischio, tante dimensioni. Fonte: Tutino (2012) Difficilmente le prassi gestionali e i regolatori riescono a tener conto di tutte le dimensioni del rischio di liquidità, essi tendono a concentrarsi di volta in volta su alcune di esse, smarrendo però la necessaria visione d insieme. E proprio il carattere multidimensionale del fenomeno che ne ha reso molto più complesso il lavoro di identificazione, misurazione e gestione all interno dell organizzazione aziendale. 16

27 1.4.1 Corporate liquidity risk e Systemic liquidity risk La riconducibilità delle origini del rischio all attività e alla gestione della banca o al sistema economico-finanziario in cui essa opera determina la contrapposizione tra Corporate liquidity risk (rischio di liquidità dovuto a fattori idiosincratici) e Systemic liquidity risk (rischio di liquidità derivante da fattori di mercato, ovvero esterni). E noto che lo squilibrio finanziario di una banca trae origine, ad una certa data, dalla sua struttura finanziaria. Certamente, le scelte effettuate dalle controparti che possono esercitare opzioni operative nei confronti della banca, possono incidere in maniera significativa sui flussi finanziari dell intermediario. Tuttavia queste opzioni, esercitate dalle controparti, sono conseguenza di scelte gestionali compiute in passato dalla banca quanto a composizione di passività e di attività e a strutture tecnico-operative di raccolta e di impiego. Il rischio di liquidità, quindi, trae origine da specifiche scelte aziendali, perciò deve essere qualificato come Corporate liquidity risk. Tuttavia, fattori che determinano tensioni di liquidità possono anche non essere interni alla banca, ma scaturire da fattori sistemici. Ad esempio, in casi estremi, una crisi di fiducia verso una o più banche considerate non più pienamente solvibili, potrebbe causare problemi generalizzati di funding, diffondendo fenomeni di panico anche tra la clientela di banche solide. Oppure potrebbero verificarsi situazioni di mercato tali da rendere difficile lo smobilizzo di attività finanziarie, riflettendosi così negativamente sulla complessiva posizione di liquidità dell intermediario. In questi casi, il rischio di liquidità trae origine da fattori di sistema o congiunturali fuori dal controllo della banca, per questo motivo si parla di Systemic liquidity risk Funding liquidity risk e Market liquidity risk In funzione della modalità utilizzata dalla banca per reperire liquidità e riequilibrare la struttura finanziaria si può distinguere tra Funding liquidity risk e Market liquidity risk. Per Funding liquidity risk si intende il rischio che la banca non sia in grado di far fronte in modo efficiente, senza mettere a repentaglio la propria ordinaria operatività e il proprio equilibrio finanziario, a deflussi di cassa attesi e inattesi (Resti e Sironi 2008, p.115). Questi deflussi possono scaturire dalle passività tipiche della banca (rimborsi chiesti su debiti a scadenza indeterminata, mancati rinnovi di fondi raccolti), dalle attività (ad esempio, utilizzo di linee di credito accordate in precedenza a clientela), ovvero da costi operativi da liquidare. 17

28 Di seguito, una breve descrizione delle forme che il rischio di funding può assumere: -liquidity mismatch risk, ossia il rischio che il profilo dei flussi di cassa in uscita non risulti perfettamente compensato dal profilo dei flussi di cassa in entrata, con riferimento alle scadenze sia contrattuali che comportamentali (Fig. 1.10); Fig Liquidity mismatch risk Fonte: Elaborazione personale -liquidity contingency risk, ossia il rischio che eventi futuri inattesi possano richiedere un ammontare di liquidità molto superiore rispetto a quanto precedentemente previsto dalla banca (Fig. 1.11). Tale rischio può essere generato da eventi quali: il mancato rimborso di finanziamenti, il rispetto di impegni a erogare fondi, la richiesta di accrescere le garanzie fornite, etc..; Fig Liquidity Contingency risk Fonte: Elaborazione da Matz e Neu (2007) 18

29 -operational liquidity risk, ossia il rischio che la banca non sia in grado di far fronte alle proprie obbligazioni di pagamento per errori, interruzioni o danni causati da processi interni, persone, sistemi o fattori esterni; -margin call liquidity risk, ossia il rischio che la banca sia obbligata a ripristinare mediante garanzie (collateral o per cassa) i margini contrattualmente richiesti a fronte di determinati strumenti finanziari; -intraday liquidity risk, rischio che può interessare le banche che partecipano ai sistemi di pagamento, regolamento e compensazione; consiste nell incapacità dell intermediario di far fronte alle obbligazioni correnti pur rimanendo in condizioni di solvibilità finanziaria. Il Funding liquidity risk nel suo complesso è anzitutto un rischio di struttura finanziaria: la struttura finanziaria in essere non è adeguata agli impegni finanziari attesi e inattesi. Esso ha carattere idiosincratico e può innescare reazioni da parte delle controparti di mercato, che possono rendersi indisponibili per le usuali transazioni oppure chiedere in contropartita remunerazioni molto alte. Per Market liquidity risk si intende invece il rischio che una banca si trovi nell impossibilità di convertire in denaro una posizione su una data attività finanziaria o riesca a liquidarla subendo una decurtazione del prezzo, a causa dell insufficiente liquidità del mercato su cui tale attività è negoziata o a causa di un temporaneo malfunzionamento del mercato stesso (Ferrari e Ruozi 2009, p.5). La facilità con cui la banca riesce a generare mezzi liquidi attraverso il pronto realizzo di attività in portafoglio dipende fortemente dalla liquidabilità di quest ultime. Questa specifica caratteristica di uno strumento finanziario è definita sulla base della tempestività con la quale può essere rimborsato (cd. Self-liquidation), ceduto su un mercato secondario o prestato a garanzia di operazioni di finanziamento (cd. Shiftability), anche in quantità consistenti senza che lo scambio ne influenzi significativamente il prezzo. Quando la liquidabilità dipende dalle caratteristiche intrinseche del titolo si parla di liquidità naturale, al contrario, quando essa viene influenzata dall efficienza e dallo spessore del mercato è qualificata come liquidità artificiale. 19

30 Anche se distinte sul piano logico, le due nozioni di rischio appena descritte sono intrinsecamente collegate fra loro e tendono a rafforzarsi vicendevolmente. Per far fronte a improvvisi deflussi di cassa (funding liquidity risk), infatti, la banca potrebbe decidere di vendere rapidamente sul mercato una parte più o meno consistente delle sue attività finanziarie, accettando anche un prezzo inferiore al loro valore corrente di mercato e subendo, così, una perdita in conto capitale (market liquidity risk) Short term liquidity risk e Structural liquidity risk I processi di gestione e i metodi di misurazione del rischio di liquidità variano in funzione delle caratteristiche specifiche di ciascun intermediario. In ogni caso, però, è necessario che questi processi prevedano di misurare e controllare in maniera disgiunta: - la gestione della liquidità di breve termine (o gestione della tesoreria), il cui obiettivo è quello di garantire la capacità di far fronte nell immediato a qualsiasi impegno di pagamento, previsto e imprevisto. La disponibilità di adeguate riserve di liquidità, di attività facilmente liquidabili o dei cosiddetti unencumbered assets (titoli che possono essere stanziati per il rifinanziamento) sono solo alcuni degli strumenti utilizzati per ristabilire temporanei squilibri tra flussi finanziari. - la gestione della liquidità strutturale, che privilegia invece il mantenimento di un adeguata corrispondenza fra entrate e uscite monetarie in un orizzonte temporale medio-lungo. L obiettivo ultimo è l equilibrio della struttura finanziaria e a questo fine è necessario mantenere rapporti adeguati tra fonti e impieghi in termini di ammontare, composizione e scadenze. La gestione della liquidità diventa tanto più problematica quanto maggiore è la trasformazione delle scadenze attuata dalla banca; mantenere costante la capacità di credito sul mercato o la capacità di rinnovare le passività scadute risulta, perciò, essenziale per raccordare in maniera continuativa la scadenza del passivo con quella dell attivo. Mentre i problemi di gestione della liquidità a breve termine (short term liquidity risk) nascono dall esigenza di sistemare prontamente ed economicamente gli squilibri fra entrate e uscite, quelli relativi alla liquidità strutturale (structural liquidity risk) sono legati alla composizione quali-quantitativa di attivo, passivo e poste fuori bilancio. Nel primo caso si 20

31 riequilibra la dinamica monetaria nell immediato, nel secondo, si agisce sulla dinamica prospettica dei flussi finanziari (Ferrari e Ruozi 2009, p.7). Anche se i due aspetti della gestione della liquidità hanno obiettivi diversi e lavorano con strumenti operativi differenti, sono caratterizzati da profonde interrelazioni e tendono a condizionarsi reciprocamente. La gestione della tesoreria si presenta come un supporto operativo alla gestione strategica della liquidità; quest ultima, d altra parte, adotta linee di indirizzo e di azione che influiscono anche sulla gestione della tesoreria. Le scelte operative di breve e brevissimo termine, qualora non siano guidate da corretti principi di sana e prudente gestione, possono favorire squilibri anche a livello strutturale. Il perseguimento dell equilibrio finanziario, quindi, deve prevedere una visione integrata della liquidità bancaria e deve passare attraverso un attenta gestione delle interdipendenze tra liquidità a breve termine e liquidità a medio-lungo Going Concern liquidity risk e Contingency liquidity risk A seconda dello scenario economico in cui si trova ad essere gestito, il rischio di liquidità può assumere dimensioni, intensità e problematicità diverse. Sotto questo profilo, si può distinguere tra il rischio di liquidità affrontato in condizioni di normale operatività (going concern liquidity risk) e il rischio affrontato in situazioni di stress (contingency liquidity risk). Nel primo caso la banca riesce a far fronte al proprio fabbisogno di liquidità utilizzando esclusivamente la propria capacità di funding sul mercato. In questo contesto di normale attività, la gestione e la misurazione del rischio di liquidità prevedono di simulare l evoluzione delle entrate e delle uscite monetarie adottando ipotesi neutrali sull andamento delle grandezze aziendali. Nel secondo caso, invece, il rischio viene affrontato in condizioni di stress che possono derivare da fattori individuali o sistemici; in questa circostanza, per un efficace misurazione e gestione del rischio di liquidità, si è soliti affidarsi a periodici stress test 8 e alla predisposizione di un piano di emergenza, il cosiddetto Contingency Funding Plan, nel quale vengono formalizzate le misure straordinarie e le strategie di intervento che si intendono adottare in caso di tensioni di liquidità. 8 Gli stress test sono prove di carico, condotte periodicamente dal servizio di Risk Management a livello sia individuale sia di gruppo, con lo scopo di simulare l impatto potenziale di condizioni finanziarie avverse sull evoluzione dei flussi di cassa. 21

32 1.5 Interazione tra Rischio di Liquidità ed Altri Rischi Il rischio di liquidità viene anche definito rischio consequenziale (Matz e Neu, 2007), per la caratteristica di essere spesso innescato da situazioni avverse imputabili ad altri rischi finanziari. Esamineremo di seguito le relazioni che legano il rischio di liquidità ai cosiddetti rischi di Primo Pilastro, ossia a quei rischi per i quali il Comitato di Basilea ha previsto specifici requisiti patrimoniali. Il rischio di credito, per esempio, può influenzare in maniera significativa il rischio di liquidità; il mancato rientro, a causa di insolvenze, di flussi finanziari positivi attesi o il peggioramento della redditività aziendale e delle sue prospettive, espresso da una riduzione del rating, possono gravare sulla capacità di raccolta dell intermediario. Anche il rischio di mercato, producendo variazioni nel valore di titoli collateralizzabili e nel valore di smobilizzo degli assets in portafoglio, può aumentare l incertezza in ottica di gestione della liquidità. Inoltre, la presenza in portafoglio di titoli derivati potrebbe comportare improvvise uscite di cassa, qualora l andamento sfavorevole del sottostante, richiedesse un aumento dei margini di garanzia versati (margin call liquidity risk). Improvvisi outflows possono anche essere conseguenza diretta dell inadeguatezza dei processi interni di misurazione e gestione della liquidità, dovuti all incapacità delle risorse umane o a sistemi tecnologici inefficaci (rischio operativo). Il rischio di liquidità è intrinsecamente correlato anche a molte altre tipologie di rischio che vengono comunemente inserite dal Comitato di Basilea tra i rischi di Secondo Pilastro. Si pensi, per esempio, al rischio tasso d interesse del banking book con il quale il rischio di liquidità condivide lo stesso event risk, ossia il mismatching delle scadenze tra attivo e passivo. Le variazioni del tasso d interesse influiscono direttamente sul valore della maggior parte delle poste attive e passive di una banca e, quindi, sulle connesse entrate e uscite monetarie, incidendo sulla posizione di liquidità dell istituto di credito. Anche il rischio di controparte, connesso agli strumenti finanziari OTC, e il rischio di cartolarizzazione, possono produrre un improvviso fabbisogno di liquidità, come ha dimostrato la recente crisi sistemica. Il rischio di reputazione, associato al downgrade dell intermediario bancario o ad una percezione negativa della sua immagine sul mercato, può tradursi in condizioni più onerose di accesso al credito o addirittura indurre una sfiducia tale nei depositanti da scatenare fenomeni di bank run. 22

33 Il rischio di liquidità è fortemente influenzato anche dal rischio strategico e da quello di concentrazione. La concentrazione delle esposizioni verso un numero ridotto di controparti (ovvero gruppi di controparti connesse tra di loro) potrebbe condurre a un rapido e corposo ritiro di fondi o a serie difficoltà nella capacità di raccolta. Sin qui abbiamo analizzato gli impatti che molti rischi finanziari possono avere sul rischio di liquidità, ma anche quest ultimo, a sua volta, può influenzare in maniera significativa alcuni di essi. Si consideri, a titolo di esempio, la recente crisi finanziaria: la carenza di liquidità che ha colpito l intero sistema si è riflessa negativamente sia sul rischio di mercato che sul rischio di credito dei maggiori intermediari finanziari. Questi ultimi hanno cercato di riorganizzare i propri attivi accrescendone le componenti liquide e riducendo drasticamente i volumi di credito erogati all economia. Le conseguenze sono state un peggioramento dei tassi e dei prezzi delle attività finanziarie che, tipicamente, sono alla base dei rischi di mercato e un pesante aumento dell incidenza dei rischi di credito sulla redditività bancaria. Persistenti difficoltà nella gestione del rischio di liquidità possono ripercuotersi in maniera negativa anche sulla reputazione dell istituto di credito e sul rischio ad essa connesso. Si è potuto verificare, quindi, che il rischio di liquidità ha relazioni con la maggior parte degli altri rischi tipici bancari, relazioni che si esplicano in un complesso rapporto di causa-effetto. In questa prospettiva, il rischio di liquidità sembra una sorta di fil rouge tra i rischi di primo e secondo pilastro, tra la rischiosità interna e quella sistematica; forse risiede proprio in questa sua circolarità la dirompente pericolosità che da questo rischio promana. (Tutino 2012, p. 94) (Fig. 1.12). Fig Le interdipendenze del rischio di liquidità. Fonte: Rielaborazione da Kronseder (2003) 23

34 Capitolo 2 La regolamentazione del rischio di liquidità nelle banche Premessa La recente crisi economico-finanziaria ha risvegliato il dibattito sull adeguatezza delle strutture operative delle banche e dei relativi modelli di business. Sono stati posti sul banco degli imputati, tra gli altri, anche i regolatori e le autorità di vigilanza. Una prima questione scaturisce dalla mancata adozione di un approccio di vigilanza di tipo sistemico: non si è prestata la giusta attenzione alle interconnessioni tra le diverse tipologie di rischio e tra i maggiori intermediari finanziari. D altra parte, anche il controllo sulle singole istituzioni finanziarie si è dimostrato carente, soprattutto per quanto riguarda l assunzione dei rischi, l adeguatezza patrimoniale e le dotazioni in termini di liquidità. Queste riflessioni hanno stimolato una produzione normativa volta a ridisegnare le tradizionali prassi di misurazione e gestione del rischio di liquidità. L obiettivo del presente capitolo è quello di illustrare l evoluzione normativa in materia, concentrandosi principalmente sulle più importanti novità regolamentari in corso di implementazione sia a livello nazionale che internazionale. 2.1 Regolamentazione internazionale La regolamentazione del rischio di liquidità si è evoluta nel tempo, presentando soluzioni e aspetti differenti al mutare del contesto economico-finanziario di riferimento. Gli approcci regolamentari seguiti a livello internazionale si possono distinguere in approcci quantitativi, qualitativi e misti. Gli approcci quantitativi richiedono di quantificare e mantenere (generalmente su specifiche scadenze) il rispetto di indicatori di liquidità entro limiti minimi; essi sono di tipo prescrittivo e del tipo one size fits to all e tendono a influire più o meno indirettamente sulla struttura e sulla qualità di fonti e impieghi di un intermediario. I metodi qualitativi, invece, focalizzano l attenzione sui sistemi interni di gestione e di controllo del rischio, fornendo semplici linee guida per le singole aziende di credito; essi sono approcci più flessibili perché si basano su principi generali e sul ruolo attivo 24

35 degli intermediari nel definire i propri modelli di risk management. Gli approcci misti, infine, tendono a combinare le caratteristiche dei due metodi precedenti. Negli ultimi anni, la maggior parte dei sistemi regolamentari mondiali aveva preferito indirizzare gli intermediari verso il rafforzamento dei propri sistemi di controllo della liquidità piuttosto che imporre requisiti eccessivamente prescrittivi. Tutto questo nella convinzione che lo sviluppo interno di sistemi di misurazione e gestione del rischio potesse consentire una risposta più tempestiva all evoluzione dei mercati finanziari. Tuttavia, l ampia discrezionalità concessa ai singoli istituti e alle autorità di vigilanza nazionali ha ritardato lo sviluppo di una disciplina comune. Si pensi che nel 2007, un indagine effettuata dal CEBS (Committee of European Banking Supervisors) ha rilevato come nei principali paesi europei non esistesse ancora, al momento del manifestarsi della crisi, un approccio uniforme sul rischio di liquidità. Il percorso di riforma della normativa, che analizziamo qui di seguito, è stato lungo e articolato. Il primo accordo sul capitale delle banche (1988) non menzionava il rischio di liquidità. Il Comitato di Basilea inizia ad occuparsene soltanto a partire dai primi anni Novanta, con la raccolta in un unico documento delle best practices internazionali (BCBS, 1992). Il documento subisce una prima revisione nel 2000 (BCBS, 2000) che lo porta ad un maggiore allineamento rispetto ai mutamenti intervenuti nel sistema bancario; esso individua i 14 principi fondamentali per una corretta gestione del rischio ma non contiene norme prescrittive. Puramente divulgativo è anche il rapporto pubblicato nel 2006 da un gruppo di studio congiunto formato da Comitato di Basilea, IAIS (International Association of Insurance Supervisors) e IOSCO (International Organisation of Securities Commissions): esso tratta la gestione del rischio di liquidità all interno dei gruppi finanziari, ma ancora una volta si limita a condividere le prassi più diffuse a livello internazionale. La mancanza di norme imperative permette lo sviluppo di modelli di supervisione e strumenti di monitoraggio molto diversi tra loro; l unico punto sul quale la maggior parte delle autorità di vigilanza nazionali sembra concordare è l inadeguatezza dei requisiti di capitale a coprire il rischio di liquidità, poiché quest ultimo non attiene direttamente alla sfera dell'equilibrio economico-patrimoniale (Ruozi e Ferrari 2009, p.17). Coerentemente con questa convinzione il Nuovo Accordo di vigilanza prudenziale, c.d. Basilea 2 9, non stabilisce requisiti minimi di capitale a presidio del rischio di liquidità. 9 Basilea 2 è l accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche, emanato dal Comitato di Basilea nel giugno del In Europa esso viene recepito attraverso le direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE, le quali a loro volta vengono recepite nell'ordinamento italiano dalla Circolare della Banca d Italia n.263 del 27 dicembre 2006 e successivi aggiornamenti. 25

36 Adottando un approccio regolamentare di tipo qualitativo si limita a prevedere, all interno del secondo pilastro, nell ambito del processo di controllo prudenziale, che ogni banca adotti adeguati sistemi di misurazione, monitoraggio e gestione del rischio. Sostanzialmente, Basilea 2 chiede alle banche di: - predisporre sistemi idonei all analisi, al monitoraggio e alla gestione, su base continuativa e prospettica, della posizione finanziaria netta; - stabilire strategie e politiche di gestione della liquidità in condizioni di normale operatività; - definire piani di emergenza per affrontare situazioni di tensione o eventuali crisi di liquidità. Il terzo pilastro della riforma si fonda, invece, sull importanza della trasparenza informativa e impone alle banche di indicare chiaramente strategie, processi, sistemi di misurazione e politiche di copertura per ciascuna tipologia di rischio (BCBS, 2005). Non sono richieste specifiche informazioni sul rischio di liquidità ma viene lasciato ampio spazio alle autorità di vigilanza nazionali sull opportunità di obbligare le banche a divulgare informazioni a riguardo. 2.2 Normativa prudenziale italiana In Italia, nell ultimo decennio, le autorità di vigilanza avevano concentrato l attenzione principalmente sui rischi del primo pilastro (credito, mercato, operativo), trascurando la gestione del rischio di liquidità, per il quale era previsto il mero rispetto della regola 2 di trasformazione delle scadenze (Fig. 2.1). Regola 2: ATTL + 0,5 ATTM AV1 + FP +PASSL + 0,5 PASSM + 0,25 (PACBR + INTB) dove ATTL = attività con durata residua superiore a 5 anni; ATTM = attività con durata residua superiore a 18 mesi e pari o inferiore a 5 anni; AV1 = avanzo (positivo o negativo) riveniente dall applicazione della regola 1 (immobili + partecipazioni patrimonio); FP = fondi permanenti; PASSL = passività con durata residua superiore a 5 anni; PASSM = passività con durata residua superiore a 18 mesi e pari o inferiore a 5 anni; PACBR = passività da clientela con durata residua pari o inferiore a 18 mesi; INTB = passività interbancarie con durata residua superiore a 3 mesi e pari o inferiore a 18 mesi. Fig Regola di trasformazione delle scadenze Fonte: Banca d Italia (1999) 26

37 La Regola 2, attraverso una riclassificazione delle poste di bilancio e la conseguente applicazione di un obbligo di bilanciamento tra attivi e fonti a lungo termine, evitava semplicemente che le banche fossero troppo squilibrate verso alcune forme di finanziamento, ma non rappresentava certamente uno strumento per la gestione della liquidità (Tutino 2012, p.127). Nel 2006, il CICR (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio) prende coscienza dell incapacità di questa regola a cogliere i molteplici aspetti del rischio di liquidità e ne decide l abrogazione. Lascia così al risk management del singolo intermediario l onere di dotarsi di un assetto organizzativo e di controlli interni idoneo a controllare e gestire tutti i rischi connessi all attività svolta, ivi compresi i rischi di liquidità e di trasformazione delle scadenze 10. Le linee guida, tuttavia, vengono fornite dall ordinamento comunitario che, con l emanazione delle Direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, fa propri gli indirizzi espressi dal Comitato di Basilea all interno del Nuovo Accordo sul Capitale (Basilea 2). Banca d Italia adegua la normativa interna a quella comunitaria attraverso la promulgazione delle Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche 11, le quali diventeranno la disciplina di riferimento a livello nazionale per il presidio della liquidità. In accordo con quanto previsto da Basilea 2, la nuova regolamentazione si basa su tre pilastri. Il primo pilastro introduce un requisito patrimoniale, per fronteggiare i rischi tipici dell'attività bancaria e finanziaria (di credito, di controparte, di mercato e operativi) ed il terzo prevede obblighi di informativa al pubblico riguardanti l adeguatezza patrimoniale e l esposizione ai rischi. Il rischio di liquidità viene disciplinato all interno del secondo pilastro: le banche devono dotarsi di processi e strumenti (Internal Capital Adequacy Assessment Process, ICAAP) per determinare il livello di capitale interno adeguato a fronteggiare ogni tipologia di rischio, anche diversi da quelli presidiati dal requisito patrimoniale complessivo ( primo pilastro ). A seguito del verificarsi della crisi, la normativa prudenziale viene progressivamente rivista e aggiornata: a partire dal 2008 vengono introdotte importanti novità sul rischio di liquidità, anche in vista dell adozione di Basilea 3. Di seguito è proposta una breve sintesi della riforma, con particolare attenzione agli elementi più innovativi. In applicazione del principio di proporzionalità, le banche sono suddivise in tre classi che identificano, in linea generale, intermediari di diversa dimensione e complessità operativa. Per quanto riguarda il rischio di liquidità, a ciascuna classe Banca d Italia fornisce linee guida che 10 Cfr. Delibera del 22 febbraio 2006 del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr) che ha parzialmente abrogato il decreto del Ministro del Tesoro 22/06/1993, n Banca d Italia: Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circ. n. 263 del 27 dicembre

38 devono essere prese in considerazione nel momento in cui le banche definiscono i propri sistemi e le proprie procedure di misurazione e controllo 12. Il grado di sviluppo di questi sistemi e procedure, la tipologia e le caratteristiche degli stress test utilizzati, la rendicontazione richiesta, varieranno in funzione delle specifiche caratteristiche dei singoli intermediari: a banche di maggiori dimensioni e più complesse a livello organizzativo corrisponderà una regolamentazione più stringente e severa. Le indicazioni derivanti da queste linee guida costringono le banche ad un monitoraggio costante della propria posizione finanziaria netta. A tale scopo risulta importante la costruzione di una matrice per scadenze, nota come maturity ladder, che consenta di valutare l equilibrio dei flussi di cassa attesi all interno di diverse fasce temporali. Anche il ricorso ad analisi di scenario può risultare molto utile. L ipotizzare la variazione di alcune poste nelle diverse fasce temporali di cui si compone la maturity ladder, consente agli intermediari, in caso di sbilancio di liquidità, di definire in maniera preventiva gli strumenti di attenuazione del rischio da adottare. Tra le innovazioni regolamentari, è richiesto alle banche di dotarsi di un sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi 13 che tenga conto della componente connessa con il rischio di liquidità; tutto ciò allo scopo di valutare, in maniera più precisa e alla luce dei rischi assunti, l effettivo contributo offerto da ogni singola unità di business alla redditività complessiva della banca. La Banca d Italia introduce anche una soglia di tolleranza al rischio di liquidità che obbliga gli intermediari a detenere costantemente disponibilità liquide adeguate. Questa soglia, intesa come la massima esposizione al rischio ritenuta sostenibile in un contesto di on going concern, integrato da situazioni di stress, si pone come principale parametro di riferimento per l attuazione delle strategie e per la gestione del rischio di liquidità. Fra gli strumenti di monitoraggio e gestione del rischio, le Nuove Disposizioni di Vigilanza richiamano anche lo stress test e il Contingency funding plan (CFP). Quest ultimo in particolare è un piano d emergenza con lo scopo di proteggere il patrimonio della banca in situazioni di crisi di liquidità: esso definisce le strategie di intervento e le procedure per il reperimento di fonti di finanziamento in caso di emergenza. 12 Banca d Italia: Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, 2 aggiornamento del 17 marzo Banca d Italia: Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006, 4 aggiornamento del 13 dicembre

39 In tema di governo del rischio di liquidità, Banca d Italia specifica le responsabilità e il ruolo dei diversi organi aziendali. L organo con funzione di supervisione strategica ha il compito di stabilire la soglia di tolleranza al rischio e di mantenere un livello di liquidità coerente con questa soglia. Inoltre, al fine di definire le politiche e le strategie di gestione del rischio, esso è tenuto ad approvare le metodologie utilizzate per la quantificazione del liquidity risk, le principali ipotesi che sottostanno alle prove di stress, gli early warning e il piano di emergenza (CFP). Le linee guida del processo di gestione del rischio sono invece fissate dall organo con funzione di gestione. Esso si occupa anche della distribuzione dei compiti tra i diversi componenti della struttura organizzativa ed ha un ruolo centrale nella definizione dei flussi informativi interni. Infine, l organo con funzione di controllo è tenuto a verificare l adeguatezza dei sistemi di gestione e la loro conformità alla normativa vigente. La normativa italiana estende la disciplina di mercato del terzo pilastro e i relativi obblighi di disclosure anche al rischio di liquidità, al fine di consentire agli operatori di mercato di avere un quadro completo sulla solidità patrimoniale e sull esposizione ai rischi delle banche. La nuova disciplina di Banca d Italia 14, prevede all interno della nota integrativa dei bilanci bancari, nella parte E dedicata alle informazioni sui rischi e sulle relative politiche di copertura, un apposita sezione dedicata al rischio di liquidità (sezione 3). In questa sezione, le banche sono tenute a fornire, su base annuale, numerose informazioni di carattere quali-quantitativo sulla posizione di liquidità e sui presidi di governo e gestione del rischio. Nello specifico, le informazioni di tipo qualitativo devono illustrare le principali fonti di manifestazione del rischio di liquidità, le politiche di gestione, la struttura organizzativa preposta al controllo di tale rischio e i sistemi interni di misurazione e di controllo (Ferrari e Ruozi, 2009). Le informazioni di tipo quantitativo, invece, devono delineare: - la distribuzione temporale 15 delle attività e passività finanziarie, sulla base della durata residua contrattuale; - la distribuzione settoriale 16 delle passività finanziarie, con l individuazione del settore economico di provenienza dei creditori della banca; 14 Banca d Italia: Il bilancio bancario. Schemi e regole di composizione, Circolare n. 262 del 22 dicembre 2005 e successivi aggiornamenti. 15 Le fasce temporali previste dalla Circolare della Banca d Italia sono: a vista; da oltre 1 giorno a 7 giorni; da oltre 7 giorni a 15 giorni; da oltre 15 giorni a un mese; da oltre un mese a tre mesi; da oltre tre mesi a 6 mesi; da oltre 6 mesi a 1 anno; da oltre 1 anno a 5 anni; da oltre 5 anni. 16 Le passività finanziarie sono distinte sulla base dei seguenti settori: governi e banche centrali; altri enti pubblici; società finanziarie; imprese di assicurazione; imprese non finanziarie; altri soggetti. 29

40 - la distribuzione territoriale delle passività finanziarie, con l indicazione della provenienza geografica delle fonti di finanziamento. Per concludere, esiste un Sistema dei Controlli Interni, costituito da un insieme di regole, procedure e strutture organizzative che verifica il rispetto da parte della banca delle disposizioni in materia di rischio di liquidità. Esso accerta l attendibilità dei dati utilizzati per la misurazione del rischio e valuta, con cadenza almeno mensile, la conformità delle riserve di liquidità, verificando il grado di liquidabilità delle attività che le compongono e l adeguatezza degli scarti di garanzia (haircut) applicati. Il Sistema dei Controlli assicura la totale separatezza ed indipendenza tra la funzione di risk management (che si occupa, tra l altro, di controllare l esposizione al rischio di liquidità) e le funzioni che gestiscono operativamente il rischio. La funzionalità e l affidabilità del complessivo Sistema dei Controlli sono, a loro volta, valutate dalla funzione di revisione interna che, con cadenza annuale, sottopone agli organi aziendali l esito dei controlli svolti. 2.3 Basilea 3 e i nuovi requisiti sulla liquidità Punti deboli del sistema di Basilea 2 La crisi del 2007 ha messo in luce alcuni punti deboli dell accordo di Basilea 2 che è stato messo in discussione da autorità di vigilanza e autorità politiche poiché ritenuto uno tra i principali responsabili dei recenti dissesti bancari. Queste critiche non sembrano del tutto condivisibili se si pensa che tale sistema di adeguatezza patrimoniale, delineato nel 1999, è entrato in vigore solo a partire dal gennaio 2008 nella maggioranza dei paesi economicamente sviluppati (Resti e Sironi, 2011). Tuttavia, è lo stesso Comitato di Basilea a riconoscere la presenza di alcuni limiti all interno della propria proposta e li esprime chiaramente nel documento del 2009, Strengthening the resilience of the banking sector One of the main reasons the economic and financial crisis became so severe was that the banking sectors of many countries had built up excessive on- and off-balance sheet leverage. This was accompanied by a gradual erosion of the level and quality of the capital base. At the same time, many banks were holding insufficient liquidity buffers. The banking system therefore was not able to absorb the resulting system trading and credit losses nor could it cope with the reintermediation of large off-balance sheet exposures that had built up in the shadow banking system. The crisis was further amplified by a procyclical deleveraging process and by the interconnectedness of systemic institutions through an array of complex transactions (BCBS, 2009a). 30

41 In sintesi, i principali problemi evidenziati, sono i seguenti: - crescita incontrollata della leva finanziaria: numerose banche europee, incoraggiate dalle politiche monetarie accomodanti dell ultimo periodo, hanno spinto la leva finanziaria ben al di sopra della media di settore. Strutture del passivo così fortemente squilibrate non hanno saputo reggere la difficile situazione di crisi. - Inadeguatezza del livello e della qualità del capitale di vigilanza: il requisito patrimoniale minimo fissato dal Comitato di Basilea si è dimostrato sensibilmente inferiore rispetto a quello effettivamente necessario per prevenire le insolvenze bancarie. Si pensi, infatti, a quante banche hanno subito forti perdite nel periodo di crisi, nonostante nei tempi immediatamente precedenti presentassero coefficienti patrimoniali ben al di sopra dei minimi. D altra parte, anche la qualità del patrimonio si era ridotta, principalmente a causa del crescente ricorso a strumenti di capitale ibridi o innovativi ; quest ultimi sono sempre stati percepiti dagli investitori più come strumenti di debito piuttosto che di rischio e questa convinzione è stata alimentata dalle stesse banche emittenti che non volevano compromettere la propria reputazione (Coletti, 2009). Di conseguenza, questi titoli non hanno dimostrato la stessa efficacia del più tradizionale common equity nell assorbire le perdite. - Rischi di mercato sul trading book: il minore requisito patrimoniale a fronte delle attività detenute per la negoziazione (trading book) rispetto allo stesso richiesto per l inserimento nel portafoglio commerciale (banking book) è risultato inadeguato ad assorbire perdite rilevanti su attività finanziarie che hanno risentito appieno del crollo dei mercati. - Prociclicità: i requisiti patrimoniali basati sui rating creditizi tendono a diminuire nelle fasi di crescita economica e ad aumentare in congiunture difficili. Nei periodi recessivi le banche, sottoposte a requisiti patrimoniali più stringenti, sono costrette a contrarre l offerta di credito o addirittura ridurre i propri attivi, accentuando ulteriormente la fase negativa del ciclo. - Eccessiva presenza di rischio sistemico: i Governi Centrali hanno dovuto salvare alcune istituzioni finanziarie c.d. too big to fail e too interconnected to fail 18 al fine di evitare la trasmissione di shock idiosincratici all intero sistema finanziario. - Trasformazione delle scadenze troppo aggressiva e margini di liquidità insufficienti: molte banche si sono trovate impreparate di fronte ad un inattesa caduta della liquidità 18 Le istituzioni finanziarie too big to fail e too interconnected to fail sono quelle banche che a causa delle grandi dimensioni o della forte interconnessione con le altre istituzioni finanziarie tramite il mercato interbancario o il mercato dei derivati Otc, vengono considerate a rischio sistemico. 31

42 dei mercati e sono riuscite a superare la crisi solo grazie all ampia liquidità a basso costo offerta dalle banche centrali. In riferimento a quest ultimo punto, approfondiamo brevemente i limiti della regolamentazione in materia di liquidità. Come già anticipato in precedenza, Basilea 2 non ha dimenticato di trattare il rischio di liquidità ma si è limitato ad inserirlo all interno del secondo pilastro. Di fatto, la normativa prudenziale ha ritenuto che l accresciuta complessità del sistema finanziario potesse essere gestita e controllata grazie all autoregolamentazione, confidando nel risk management delle banche. Tuttavia, la mancanza di un requisito patrimoniale esplicito, ha disincentivato un adeguato investimento in risorse umane e tecnologiche. Gli istituti di credito, abituati a contare sull elevata liquidità del mercato interbancario per qualsiasi esigenza di funding, hanno continuato a detenere buffer di liquidità insufficienti. Inoltre, sottovalutando la possibilità che un mercato come quello interbancario potesse divenire illiquido, le tecniche di Liquidity Risk Management non sono state sviluppate compiutamente e soprattutto non sono state calibrate sufficientemente su eventi estremi. Gli stress test condotti prima del 2007 hanno preso in esame prevalentemente scenari di crisi idiosincratiche e hanno sottostimato le interdipendenze tra il rischio di liquidità e gli altri rischi dell attività bancaria. Questi test si sono perciò rivelati inefficaci nell identificare i veri punti deboli delle banche e di conseguenza hanno portato all elaborazione di contingency funding plans (CFP) inadeguati. Infine, la gestione del rischio troppo focalizzata sulla redditività di breve periodo si è tradotta in una scarsa attenzione al costo interno della liquidità: le unità di business più rischiose e a più alto assorbimento di liquidità risultavano spesso avvantaggiate nell allocazione del capitale per l elevato rendimento atteso. Tutto questo era favorito dalla comunicazione carente tra risk management, unità di tesoreria e business units. Le problematiche descritte hanno evidenziato la necessità di rafforzare, rispetto al passato, il carattere prescrittivo dell approccio di vigilanza; l introduzione di regole quantitative rigorose dovrebbe incentivare le banche a prestare maggiore attenzione in materia. Inoltre, è emersa l urgenza di una regolamentazione più uniforme a livello internazionale che si basi sull individuazione di approcci operativi condivisi. 32

43 2.3.2 Basilea 3: verso un nuovo framework regolamentare Le criticità rilevate hanno portato a una riflessione sull assetto regolamentare e sulla supervisione del settore finanziario. A partire dal 2008, i diversi Organi di Vigilanza hanno dedicato una sempre maggior attenzione al rischio di liquidità: ne è conseguita la pubblicazione di una lunga serie di documenti (Fig. 2.2) e la formulazione di un articolato pacchetto di proposte, destinato ad innovare gli aspetti rilevanti della disciplina prudenziale di Basilea 2. Autore Data di pubblicazione Documento Comitato di Basilea Settembre 1992 A framework for measuring and managing liquidity Comitato di Basilea Febbraio 2000 Sound practices for managing liquidity risk in banking organizations Institute of International Finance Comitato di Basilea Marzo 2007 Febbraio 2008 Settembre 2008 Principles of liquidity risk management Liquidity risk: Management and Supervisory Challenges Principles for sound liquidity risk management and supervision CEBS Luglio 2009 Consultation on liquidity risk and survival periods Comitato di Basilea Dicembre 2009 Strengthening the Resilience of the Banking Sector. Comitato di Basilea Dicembre 2009 Banca d'italia Giugno 2010 Comitato di Basilea Dicembre 2010 Banca d'italia Gennaio 2011 Comitato di Basilea Gennaio 2013 International framework on Liquidity Risk Measurement, Standard and Monitoring Disposizioni in materia di governo e gestione del rischio di liquidità delle banche e dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale (documento di consultazione) Basel III: International framework for liquidity risk measurement, standard and monitoring Circolare 263/06 (Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche), 7 aggiornamento, Titolo V Basel III: The Liquidity Coverage Ratio and liquidity risk monitoring tools Fig I documenti in materia di rischio di liquidità in ordine cronologico Fonte: Schwizer (2013) 33

44 Proprio nel 2008 il Comitato di Basilea pubblica due diversi documenti con l obiettivo di fornire le prime linee guida per il presidio e la supervisione del rischio di liquidità. I 17 principi pubblicati nel settembre del 2008 costituiscono una vera e propria guida alla corretta gestione della liquidità e trattano i seguenti aspetti: l importanza di stabilire un livello di tolleranza rispetto al rischio di liquidità; il mantenimento di un adeguato livello di liquidità, attraverso la creazione di un cuscinetto di attività liquide (buffer di liquidità); la necessità di allocare tutti i costi, i benefici e i rischi connessi con la gestione della liquidità alle diverse unità di business; l identificazione dell intera gamma dei diversi rischi di liquidità; la progettazione e l utilizzo degli stress test; l esigenza di un adeguato Contingency Funding Plan (CFP); la gestione infragiornaliera del rischio di liquidità; la disclosure sul rischio di liquidità al fine di promuovere la disciplina di mercato. Non prevedendo alcun obbligo o regola specifica, il documento continua a rappresentare soltanto uno strumento-guida per gli intermediari finanziari, i quali possono definire a propria discrezione l assetto migliore per un efficiente liquidity risk management. Persistono perciò evidenti disomogeneità a livello internazionale, che dipendono dalle modalità con cui i vari Stati introducono le best practices proposte dal Comitato. Nel 2009, in un documento consultivo chiamato Strengthening the resilience of the banking sector, il Comitato di Basilea presenta alcune indicazioni finalizzate a rafforzare la stabilità del settore finanziario e a favorire la cooperazione tra le maggiori economie del pianeta. Esso anticipa alcune proposte che verranno poi riprese e approfondite nel documento che rappresenta la vera chiave di svolta dell intero sistema normativo: il Nuovo Accordo sul Capitale, c.d. Basilea 3 (dicembre 2010). 34

45 Le maggiori novità introdotte da Basilea 3 (sintetizzate nella Tab. 2.1) cercano di superare i punti deboli individuati nella precedente normativa prudenziale. Capitale Liquidità Composizione del capitale Primo pilastro Copertura dei rischi Riduzione del leverage Secondo pilastro Risk Management and Supervision Terzo pilastro Disclosure al mercato Global liquidity standard and supervisory monitoring Tutte le banche Maggiore qualità del capitale Enfasi sulla common equity per l assorbimento delle perdite attraverso l aumento del requisito minimo di core tier 1 al 4,5% al netto delle deduzioni. Assorbimento delle perdite in momenti di crisi ( point of non-viability ) Previsione di clausole per gli strumenti di capitale che permette - a discrezione delle autorità competenti - il write-off o la conversione in azioni ordinarie se la banca è giudicata in pericolo. Capital conservation buffer Composto da common equity pari al 2,5% delle RWA, portando lo standard totale common equity al 7%. Vincolo sulle distribuzioni discrezionali da parte delle banche che rientrano nella gamma di buffer. Buffer di capitale anticiclico Costituzione di un buffer di capitale in un range (0-2,5%) costituito da common equity, quando a giudizio delle authorities la crescita del credito si traduce in un eccessivo accumulo di rischio sistemico. Cartolarizzazioni Rafforzamento dei requisiti patrimoniali per le cartolarizzazioni complesse. Imposizione alle banche di condurre analisi di credito più rigorose delle esposizioni di cartolarizzazione retate. Trading book Capitale significativamente superiore per attività di trading e derivati, così come cartolarizzazioni complesse in portafoglio di negoziazione. Introduzione di VaR stressed per mitigare la prociclità. Capitale addizionale per il rischio incrementale legato ai rischi di default e di migrazione dei prodotti di credito unsecuritised e per la liquidità. Rischio di controparte Rafforzamento del presidio sul rischio di controparte, includendo: requisiti più stringenti per la misurazione; incentivi al ricorso delle banche a controparti centrali per i derivati; maggiori requisiti. Esposizione delle banche nei confronti delle controparti centrali (CCP). Il comitato ha proposto che le esposizioni nei confronti delle CCP per l attività di trading ricevano una ponderazione del 2%. Leverage ratio Introduzione di un tetto massimo di leva finanziaria fissato provvisoriamente al 3% (a partire dal 2018) che tiene conto delle esposizioni fuori bilancio, volto a limitare l impatto del capitale riskbased. Aiuta anche a contenere accumulo di leva a livello di sistema. Integrazioni del secondo pilastro Indicazioni sulla governance dell impresa bancaria e per la gestione del rischio; indicazioni sui rischi off balance per cassa e cartolarizzazioni; gestione del rischio di concentrazione; incentivi per le banche al fine di prediligere orizzonti di medio lungo periodo; politiche di remunerazione; indicazioni sulle prove di stress e sui principi contabili per gli strumenti finanziari; corporate governance e collegi dei supervisors. Revisione di alcuni requisiti di trasparenza Le prescrizioni introdotte si riferiscono a esposizioni derivanti da cartolarizzazione e sponsorizzazione di veicoli fuori bilancio. Aumento della trasparenza sulla composizione del patrimonio di vigilanza e spiegazione delle modalità di calcolo dei coefficienti patrimoniali obbligatori. SIFI Le istituzioni bancarie di rilevanza sistemica (SIFI) devono avere una maggiore capacità di assorbimento delle perdite in relazione ai maggiori rischi che il loro operare può determinare sull'intero sistema finanziario. Il Comitato ha identificato dei drivers qualitativi e quantitativi per identificare le cd.sib (banche a rilevanza sistemica). I requisiti addizionali per l'assorbimento delle perdite devono essere soddisfatti con common equity inclusa nel tier 1 (cd. CET1) stabilendo un requisito che può variare tra l'1% e il 2,5% a seconda della rilevanza del singolo intermediario. Liquidity coverage ratio (LCR) Quantità di assets disponibili, liquidi e di alta qualità detenuti da una banca per compensare le necessità di funding in uno scenario di stress (fissato dall autorità di vigilanza) su un orizzonte di breve termine (30 giorni). Net stable funding ratio (NSFR) Indicatore strutturale disegnato per valutare la relazione tra fondi durevoli (ASF) e fabbisogni derivanti dall impossibilità totale o parziale di monetizzare gli impieghi su un orizzonte temporale di 1 anno. Principi di gestione e controllo del rischio di liquidità Principles for Sound Liquidity Risk Management and Supervision Supervisory monitoring Definizione di un set di parametri per la supervisione del rischio di liquidità da parte delle authorities al fine di identificare e analizzare le tendenze del rischio di liquidità del singolo intermediario e a livello di sistema. Tab Sintesi del framework di Basilea 3 Fonte: Tutino (2012) Con specifico riferimento al rischio di liquidità, vi è un netto cambiamento di approccio da parte del Comitato: dopo anni di produzione di documenti che si limitavano a stabilire best practices per la gestione del rischio di liquidità, il nuovo sistema di regolamentazione introduce requisiti quantitativi da affiancare a quanto già previsto all interno del secondo 35

46 pilastro 19. In particolare, vengono introdotti due nuovi indicatori per tenere sotto controllo il rischio, il Liquidity Coverage Ratio (LCR) e il Net Stable Funding Ratio (NSFR) e una serie di strumenti di monitoraggio che favoriranno le autorità di vigilanza nella valutazione del rischio di liquidità delle singole banche o a livello di sistema. E stato previsto un ampio periodo di transizione per l adeguamento ai nuovi standard; LCR e NSFR entreranno definitivamente in vigore rispettivamente nel 2015 e nel Durante questo periodo verranno condotti degli studi di impatto per valutare i costi e i benefici per il sistema finanziario derivanti dalla riforma. Il Comitato di Basilea, qualora lo ritenga opportuno, potrà apportarvi delle modifiche, al fine di evitare un eccessivo rallentamento dell attività bancaria o della crescita economica. La nuova disciplina si applica a tutte le banche attive a livello internazionale su base consolidata. Il 20 luglio 2011 la Commissione europea ha adottato la proposta legislativa per recepire nell Unione europea questo nuovo framework regolamentare. Questa proposta, volta a sostituire le vigenti direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, impone una legislazione uniforme che limita la possibilità per gli Stati membri di adottare normative diverse a livello nazionale Indicatore di breve termine (Liquidity Coverage Ratio) Il Liquidity Coverage Ratio (LCR) è un indicatore di breve termine volto ad assicurare che una banca disponga di attività liquide e di elevata qualità (ALAQ) sufficienti per sopravvivere 30 giorni in uno scenario di forte stress. La ratio sottostante prevede che gli organi aziendali e/o le autorità di vigilanza approfittino di questo periodo per intraprendere le misure correttive utili a risolvere la situazione di difficoltà. Il vincolo richiede che il rapporto fra le ALAQ e i deflussi di cassa netti attesi relativi ai successivi 30 giorni (DC 30 ), risulti sempre almeno pari a uno. Analiticamente: ALAQ LCR 1 (2.1) DC Cfr. Tutino (2012). 20 In risposta alle molteplici richieste del settore bancario, il 6 gennaio 2013 il Gruppo dei Governatori delle banche centrali e delle Autorità di vigilanza - organo di governo del Comitato di Basilea ha stabilito che le nuove norme in materia di requisiti patrimoniali entreranno in vigore, come previsto, il 1 gennaio 2015, ma con applicazione progressiva (Fig. 2.3), che si completerà il 1 gennaio LCR minimo richiesto 60% 70% 80% 90% 100% Fig LCR minimo richiesto Fonte: BCBS (2013) 36

47 Le banche devono soddisfare questo requisito nel continuo al fine di mantenere attività prontamente liquidabili almeno pari al totale dei deflussi di cassa netti. Le attività sono considerate liquide e di elevata qualità quando possono essere facilmente convertite in contanti con una perdita di valore minima o nulla. Tra le ALAQ rientrano tutte quelle attività che rispettano contemporaneamente queste sei caratteristiche: - basso rischio di credito e di mercato: le attività meno rischiose tendono a essere più liquide. L elevato merito creditizio dell emittente, una duration breve e una bassa volatilità migliorano la liquidità di un asset; - facilità e certezza di valutazione: la determinazione del prezzo di un attività dev essere semplice e deve basarsi su input pubblicamente disponibili; - bassa correlazione con attività rischiose: le ALAQ non devono mostrare tendenza a perdere valore nelle fasi di stress dei mercati (wrong way risk); - quotazione in un mercato sviluppato e ufficiale: la quotazione di un attività ne aumenta la trasparenza e la presenza di un mercato ampio e attivo ne favorisce la cessione rapida in caso di necessità; - mancanza di vincoli: le ALAQ devono essere prontamente convertibili in liquidità, perciò non possono essere in alcun modo già impegnate a garanzia di passività della banca; - ammissibilità allo sconto presso la banca centrale: le attività giudicate idonee ad essere utilizzate in operazioni di sconto con la banca centrale (attività c.d. eligible) possono fornire liquidità all intermediario senza costringerlo ad una vera e propria vendita. Lo stock di attività liquide così individuato, viene distinto in: - attività di primo livello, ossia le attività di più alta qualità che possono essere detenute su base illimitata. Tra queste rientrano il contante, le riserve presso la banca centrale (se utilizzabili in periodi di stress), titoli negoziabili emessi o garantiti da soggetti sovrani, banche centrali e enti sovranazionali; - attività di secondo livello, che non possono superare il 40% dello stock complessivo. Questa categoria comprende altre attività, quali corporate bonds o covered bonds, ammessi ad alcune condizioni, e comunque soggetti ad uno scarto di garanzia minimo del 15% sul valore corrente di mercato. 37

48 Il denominatore del rapporto, il c.d. totale dei deflussi di cassa netti viene definito dal Comitato di Basilea come la differenza tra il totale dei deflussi di cassa attesi ed il minimo tra il totale degli afflussi di cassa attesi nell arco dei 30 giorni di calendario successivi, nello scenario di stress specificato, ed il 75% dei deflussi lordi. In formula (2.2): DC 30 = deflussi min. (afflussi; 75% deflussi) (2.2) Il totale dei deflussi di cassa attesi è calcolato moltiplicando le differenti categorie di passività per percentuali predeterminate che riflettono le previsioni di richiesta di rimborso (o di mancato rinnovo) in una situazione di stress e moltiplicando gli impegni fuori bilancio per determinati coefficienti di tiraggio (draw-down). Analogamente, il totale degli afflussi di cassa è ottenuto moltiplicando i crediti in essere per delle percentuali che riflettono i flussi attesi nello scenario in esame (Allegato 1). Lo scenario di stress delineato dal Comitato al fine di ottenere un grado di severità uniforme a livello internazionale, rappresenta una situazione di crisi sistemica a cui si sommano problemi di tipo idiosincratico. In particolare, viene previsto: - un parziale deflusso dei depositi e della raccolta wholesale; - un significativo downgrading del rating della banca (tre notches); - l adeguamento degli haircuts dei titoli stanziabili come garanzia, dovuto all accresciuta volatilità sui mercati; - un aumento dei margini sulle transazioni in derivati e sulle altre operazioni fuori bilancio; - l utilizzo delle linee di credito e di liquidità da parte dei clienti; - il potenziale riacquisto di proprie passività finanziarie. Il LCR dev essere segnalato con cadenza almeno mensile e la banca deve disporre di una capacità operativa tale da poter aumentare la frequenza a settimanale o addirittura giornaliera in situazioni di stress a discrezione dell autorità di vigilanza. Le informazioni richieste non dovrebbero essere pubblicate con un ritardo superiore alle due settimane (BCBS, 2013) Indicatore strutturale (Net Stable Funding Ratio) Il Net Stable Funding Ratio (NSFR) è strutturato in modo da garantire un rapporto equilibrato tra attività e passività di bilancio con scadenza superiore all anno. L obiettivo del requisito è assicurare una provvista stabile su base continuativa che consenta la sopravvivenza dell impresa per oltre un anno in uno scenario prolungato di stress specifico. A tal fine, esso 38

49 richiede che il rapporto tra le risorse finanziarie stabili (available stable funding, o ASF) e il fabbisogno di risorse stabili dettato dalla struttura dell attivo (required stable funding, RSF) sia sempre superiore a uno. In sintesi: ASF NSFR 1 (2.3) RSF Il numeratore del rapporto, che fa riferimento alle risorse finanziarie stabili disponibili, corrisponde all ammontare complessivo delle seguenti voci di bilancio: - patrimonio netto; - azioni privilegiate e altri strumenti di capitale eccedenti l importo computabile nel Tier 2, con scadenza pari o superiore a un anno; - passività con scadenza effettiva pari o superiore a un anno; - depositi liberi e/o a termine e provvista all ingrosso con scadenza inferiore a un anno (limitatamente alla quota parte che si ritiene rimarrebbe a disposizione dell istituzione per un periodo superiore all anno anche in caso di stress idiosincratico). Ad ogni voce è attribuito un coefficiente di stabilità (ASF factor) differente che va dal 50% per le fonti meno stabili al 100% per quelle più stabili (e implicitamente vale 0% per le passività non computabili). In questo modo, le ASF risentono in maniera più rilevante delle fonti finanziarie più stabili. Il denominatore del rapporto (required stable funding, RSF), invece, è calcolato come somma di diverse componenti dell attivo patrimoniale che vengono ponderate (RSF factor) in relazione inversa rispetto al grado di liquidità. Le attività maggiormente liquide e più prontamente disponibili ricevono fattori RSF più bassi e richiedono un minore approvvigionamento di risorse stabili (Allegato 2). Il NSFR deve essere calcolato e segnalato con cadenza almeno trimestrale. Lo sfasamento temporale delle segnalazioni, così come per il LCR, non dovrebbe superare le due settimane Gli strumenti di monitoraggio Oltre ai requisiti minimi appena descritti, il nuovo quadro regolamentare introduce una serie di strumenti di monitoraggio volti a favorire il lavoro delle autorità di vigilanza nel valutare il rischio di liquidità all interno delle singole banche. Questi strumenti sono veri e propri indicatori che forniscono informazioni sui flussi di cassa, sulla struttura di bilancio, sulle garanzie non vincolate disponibili. 39

50 In particolare, gli indicatori presi in considerazione sono i seguenti: disallineamento delle scadenze contrattuali; concentrazione della raccolta; disponibilità di attività liquide non vincolate; LCR in valute estere; strumenti di monitoraggio tramite il mercato. Il primo indicatore individua gli scompensi tra afflussi e deflussi contrattuali di liquidità per ciascuna fascia temporale definita dal supervisore. Gli strumenti che non hanno una scadenza determinata vanno segnalati a parte, senza alcuna specifica assunzione. Per quanto riguarda i flussi di cassa, si ipotizza che non avvenga alcun rinnovo delle passività esistenti e, dal lato dell attivo, si suppone che la banca non sottoscriva alcun nuovo contratto. L analisi si basa esclusivamente sulle scadenze contrattuali senza prevedere alcuna ipotesi comportamentale. Le autorità di vigilanza preferiscono richiedere dati grezzi (non corredati da ipotesi) per valutare più chiaramente quanto le banche dipendano dalla trasformazione delle scadenze nell ambito dei contratti in essere. In ogni caso, secondo i Sound Principles del Comitato, gli intermediari dovrebbero provvedere per proprio conto a condurre ulteriori analisi sui disallineamenti di scadenza; queste analisi dovrebbero contenere ipotesi comportamentali che tengano conto delle strategie e dei programmi aziendali per il futuro. L attenzione sul grado di concentrazione della raccolta ha lo scopo di identificare le principali fonti di funding wholesale che potrebbero causare problemi di liquidità in caso di improvviso ritiro. L analisi va svolta per controparte, prodotto e divisa, qualora risultino significativi : una controparte e un prodotto sono ritenuti significativi se incidono per oltre l 1% del bilancio complessivo della banca; una valuta è ritenuta significativa quando l esposizione della banca rispetto al totale passivo è pari o superiore al 5%. Le banche devono fornire alle autorità di vigilanza informazioni sull ammontare, la tipologia e la collocazione delle attività non vincolate di cui dispongono. Tali attività, una volta applicati gli scarti (haircut) adeguati, possono rappresentare fonti aggiuntive di liquidità, qualora vengano usate come collateral per operazioni di rifinanziamento nel mercato secondario e/o presso le autorità centrali. Altro strumento proposto è il calcolo del LCR per valuta significativa. Esso non costituisce un requisito, perciò non prevede una soglia minima da rispettare, tuttavia il suo monitoraggio 40

51 permette di tenere sotto controllo potenziali problematiche di disallineamento valutario che possono insorgere in condizioni di stress. Infine, i dati di mercato possono essere utilizzati come indicatori di early-warning per individuare potenziali difficoltà di liquidità presso le banche. Al fine di ottenere un quadro generale della situazione, oltre alle informazioni specifiche sulla banca, vengono richieste indicazioni a livello di mercato e sul settore finanziario Basilea 3: una valutazione critica Nel complesso, la valutazione del nuovo sistema di adeguatezza patrimoniale risulta positiva: Basilea 3 rappresenta il primo vero passo avanti nel tentativo di rafforzare e mettere a punto la regolamentazione bancaria in modo coordinato a livello internazionale. Il Comitato ha cercato di accrescere la stabilità degli intermediari creditizi, aumentando il livello e la qualità della loro patrimonializzazione, rafforzando le indicazioni per la gestione dei rischi, aumentando la trasparenza. Nonostante ciò, il nuovo quadro regolamentare è stato accolto con perplessità e non poche critiche dagli addetti ai lavori, preoccupati per gli effetti che le misure proposte potrebbero avere sulla redditività dell attività di intermediazione ed in particolare sul modello di business della banca commerciale. La criticità riguarda il fatto che le regole di Basilea siano le stesse sia per le banche di investimento (più speculative) che per quelle commerciali (maggiormente orientate al sostegno delle imprese e dell'economia reale in generale). Si teme che una severa applicazione di questi standard possa tradursi in una riduzione del credito erogato e in un minor sostegno all economia reale, in particolare per quelle aziende che hanno minori possibilità di accesso a forme di finanziamento alternative a quelle bancarie. E logico attendersi che il mantenimento di buffer di liquidità più elevati comporterà un incremento del costo opportunità, con conseguenze inevitabili per gli utili bancari. Tuttavia, i livelli di redditività registrati in passato non sono più ripetibili; in effetti, essi sono stati il risultato dell esposizione a rischi troppo elevati, non adeguatamente coperti da risorse patrimoniali e di liquidità. Inoltre, le analisi d impatto condotte dalle autorità internazionali (tra le quali il Quantitative Impact Study, QIS BCBS, 2010d) hanno mostrato come gli effetti, in termini di fabbisogno di capitale e di liquidità, pur non essendo trascurabili, possano essere superati in misura rilevante dai benefici attesi derivanti da una maggiore stabilità del sistema. I nuovi requisiti patrimoniali, di liquidità e di leva finanziaria, rendono meno probabile il verificarsi di situazioni di crisi ma non escludono completamente che episodi simili possano riproporsi in futuro. Basilea 3, troppo concentrato sulla prevenzione, si è invece dimostrato 41

52 carente nell individuare modalità e strumenti per gestire ex post il manifestarsi di eventuali nuove tensioni. Tra le soluzioni possibili si ricorda il ricorso ai resolution plans o a strumenti di contingent capital. Un resolution plan è un piano che stabilisce le azioni da intraprendere nel caso in cui una banca si trovi in una seria crisi di liquidità e solvibilità. Questo piano dev essere predisposto prima dell effettivo concretizzarsi della crisi e deve contenere tutte le misure necessarie per preservare le funzioni essenziali della banca e dunque il suo valore (BCBS, 2010c). Gli strumenti di contingent capital invece sono strumenti obbligazionari subordinati che vengono automaticamente convertiti in azioni nel momento in cui una certa variabile detta trigger scende al di sotto di una soglia prestabilita. L idea è quella di imporre alle banche più rilevanti a livello sistemico l emissione di una quota di tali strumenti che, in caso di crisi, possono trasformarsi in capitale di rischio e assorbire le perdite senza provocare l insolvenza. Tuttavia, il disegno ottimale di uno strumento di contingent capital si basa su scelte talmente complesse (definizione della variabile trigger migliore, collegamento a valori contabili o di mercato, modalità di controllo del trigger,...) che il Comitato di Basilea non ha ancora espresso indicazioni chiare e dettagliate in materia. Con specifico riferimento al rischio di liquidità, all interno della nuova riforma, rimangono ancora questioni aperte. Prima fra tutte, la composizione del buffer di liquidità che alimenta il Liquidity Coverage Ratio. Mentre il Comitato di Basilea definisce puntualmente le caratteristiche quali-quantitative degli asset che appartengono alle attività di Livello 1 e 2, la Commissione europea (che ha adottato la proposta legislativa per recepire nell Unione europea il nuovo framework regolamentare) individua solo due categorie, distinguendo tra «extremely high liquidity and credit quality» e «high liquidity and credit quality», senza fornire alcun criterio per stabilire quali asset siano da considerare a liquidità «estremamente elevata» o «elevata». La Commissione, tenuto conto del rapporto dell Eba, avrà tempo fino al 31 dicembre 2015 per fornire una normativa di maggior dettaglio sull'indicatore di breve periodo. Intanto saranno gli stessi intermediari a dover identificare le attività che possono essere incluse nel buffer basandosi sulle linee guida fornite dalle autorità competenti o sull utilizzo di propri modelli interni. La nuova disciplina proposta dal Comitato di Basilea stabilisce che questi buffer di liquidità vengano rispettati nel continuo. Le banche sono costrette a detenere riserve che non possono utilizzare per la copertura di eventuali deflussi di liquidità perché impegnate a consentire il rispetto di questi requisiti prudenziali. Un vincolo di questo tipo sembra contrario alla stessa logica per cui è stato introdotto: è quindi auspicabile che il buffer richiesto dalla nuova regolamentazione sia considerato uno strumento sufficientemente flessibile da ammettere la 42

53 smobilizzazione delle risorse liquide cumulate qualora si verifichino condizioni di mercato sfavorevoli. Sempre a proposito del Liquidity Coverage Ratio, ci si chiede se lo stress test regolamentare possa essere sufficiente per assicurare una prudente gestione del rischio di liquidità 21. Esso presenta alcune criticità evidenti: - adotta un approccio normativo di tipo one-size-fits-all e non effettua alcuna esplicita differenziazione tra banche con modelli di business diversi, ipotizzando che un unica situazione di tensione venga percepita indistintamente da tutti gli intermediari; - non prende in considerazione orizzonti temporali diversi, in particolare non tratta il rischio di liquidità intraday; - prevede l applicazione soltanto a livello consolidato, anche se consente alle autorità nazionali la possibilità di essere esteso anche alle singole componenti del gruppo; - si focalizza esclusivamente sul denominatore della regola; per quanto riguarda il numeratore, invece, non effettua alcuna ipotesi sulla possibile variazione del valore di mercato delle voci che lo compongono. Lo stress test normativo è solo un primo punto di partenza per lo sviluppo di ulteriori scenari che dovranno essere integrati dalle banche per tenere conto delle proprie specificità operative. E lo stesso Comitato di Basilea ad auspicarlo, quando afferma: this stress test should be viewed as a minimum supervisory requirement for banks. Banks are still expected to conduct their own stress tests to assess the level of liquidity they should hold beyond this minimum, and construct scenarios that could cause difficulties for their specific business activities (BCBS, 2010b). Alla luce di queste considerazioni, diversi aspetti, anche non marginali, del nuovo pacchetto di Basilea potranno essere rivisti, modificati e perfezionati. Tuttavia, ciò non mette in discussione la bontà del nuovo sistema regolamentare, così come confermato dall ex vicedirettore generale della Banca d Italia, Giovanni Carosio, in un suo intervento all Abi (2010): Le proposte del Comitato di Basilea, sebbene richiedano ulteriori riflessioni e affinamenti, muovono nella direzione indicata dalle massime autorità politiche a livello globale. Esse pongono basi solide per rimediare alle criticità emerse durante la crisi e costituiscono il contributo della comunità dei supervisori per uno sviluppo equilibrato del sistema finanziario. 21 Spunti tratti da un analisi di Gianluca Trevisan (Tutino, 2012) 43

54 Capitolo 3 Il processo di gestione del rischio di liquidità nelle banche Premessa Il nuovo contesto regolamentare e di mercato richiede agli intermediari bancari di approntare un adeguato processo di individuazione, misurazione e gestione del rischio di liquidità. La complessità di questa tipologia di rischio esige un solido sistema di Liquidity Risk Management (LRM), gestito da personale specializzato e proporzionato alla complessità operativa dell intermediario stesso. Come indicato nelle Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale (Banca d Italia, 2010), un efficiente processo di gestione del rischio di liquidità deve includere i seguenti elementi: - procedure per l identificazione dei fattori di rischio e misurazione dell esposizione al rischio; - l effettuazione di prove di stress; - l individuazione di appropriate iniziative di attenuazione del rischio; - la predisposizione di piani d emergenza; - la verifica del rispetto dei limiti attraverso un sistema di controlli interni; - il reporting agli organi aziendali. Nei paragrafi che seguono vengono approfondite le fasi principali di questo processo, il cui obiettivo ultimo è assicurare nel tempo il mantenimento di un ammontare di liquidità sufficiente a garantire la solvibilità dell intermediario, anche in caso di crisi. 44

55 3.1 Identificazione e misurazione del rischio di liquidità L identificazione e la misurazione del rischio di liquidità rappresentano una componente particolarmente rilevante del processo di Liquidity Risk Management. Nello specifico, dopo aver deciso strategia e livello di tolleranza al rischio, la misurazione del rischio di liquidità dev essere definita temporalmente, in termini di orizzonte di sopravvivenza della banca e va condotta sia in condizioni normali che in condizioni di stress (attraverso stress test). Di norma, all interno delle banche, essa coinvolge due diverse dimensioni del rischio di liquidità, quella del funding liquidity risk e quella del market liquidity risk, entrambe già descritte nel primo capitolo e qui analizzate separatamente Misurazione del funding liquidity risk Per funding liquidity risk si intende il rischio che la banca non sia in grado di far fronte puntualmente e in modo economico ai propri deflussi di cassa attesi e inattesi. Esso è comunemente misurato sia in ottica di breve periodo (operativa) che in ottica di mediolungo termine (strutturale). Le due dimensioni, operativa e strutturale, spesso caratterizzate da assunzioni differenti, non sono tra loro alternative ma devono integrarsi reciprocamente. Gli approcci più consolidati per calcolare il funding liquidity risk sono di tre tipi: - approccio degli stock; - approccio dei flussi di cassa; - approccio ibrido. A causa della multiforme natura del rischio di liquidità, nessuno dei tre metodi ha convinto pienamente gli esperti, anche se nella prassi operativa, sembra esserci una chiara preferenza per l approccio dei flussi di cassa. Nell applicare queste metodologie, non devono essere presi in considerazione i flussi di cassa contrattuali, bensì quelli effettivi, ossia i flussi attesi dopo aver tenuto conto del probabile comportamento delle controparti. In questa prospettiva, una parte dei depositi a vista, quella ritenuta più stabile, può essere facilmente associata a fasce di scadenza superiori; allo stesso modo, a meno di non compromettere i rapporti coi propri clienti-debitori, non tutti gli impieghi a vista possono essere considerati immediatamente monetizzabili. Le previsioni sui flussi di cassa effettivi saranno molto diverse, a seconda che si prenda a riferimento uno scenario di operatività normale oppure uno scenario di stress. 45

56 Approccio degli Stock L approccio degli stock utilizza semplici indicatori per misurare la quantità di attività finanziarie prontamente monetizzabili di cui una banca dispone, nel caso essa si trovi ad affrontare un improvvisa crisi di liquidità. La costruzione di tali indicatori richiede una riclassificazione del bilancio in funzione del grado di liquidità e/o esigibilità delle voci patrimoniali, in modo da far emergere il diverso contributo di quest ultime alla creazione/copertura del funding risk (Resti e Sironi, 2008). Le attività vengono così suddivise tra monetizzabili e non monetizzabili, mentre le passività tra volatili e stabili (Tab. 3.1). Attività Contante e simili Impieghi - a vista e simili, prontamente liquidabili Titoli (unencumbered) - non impegnati - meno scarti di sicurezza (haircut) Totale attività monetizzabili (AM) Impieghi (altri) - a vista e simili, non prontamente liquidabili - a scadenza Titoli (altri) - già impegnati - non liquidabili o non accettati in garanzia - scarti di sicurezza (haircut) Immobilizzazioni finanziarie Immobilizzazioni materiali Immobilizzazioni immateriali Totale per cassa Impegni a erogare (I) Passività Raccolta a breve termine Depositi di clientela - quota ritenuta volatile Totale passività volatili (PV) Depositi di clientela - quota ritenuta stabile Raccolta a medio lungo termine Altri fondi a lunga scadenza Capitale Totale per cassa Linee di credito stabilmente disponibili (L) Tab Esempio di Stato Patrimoniale riclassificato per la liquidità Fonte: Elaborazione da Resti e Sironi (2008) Per attività monetizzabili (AM) si intendono tutte le attività rapidamente convertibili in contante. Perciò, oltre al contante in senso stretto e alle poste ad esso assimilabili, sono 46

57 compresi gli impieghi effettivamente liquidabili e i titoli non impegnati al netto dei relativi scarti di sicurezza (haircut 22 ). Le passività volatili (PV) sono invece i finanziamenti a vista, o a brevissimo termine, il cui rinnovo non può essere considerato ragionevolmente certo. In questa categoria sono incluse la raccolta interbancaria overnight e la quota parte di depositi a vista della clientela non ritenuta stabile. La misura centrale nell approccio degli Stock è rappresentata dalla cash capital position (CCP), definita come la quantità di attività monetizzabili non assorbita da passività volatili. In formula (3.1): CCP = AM PV (3.1) Questa misura indica l abilità della banca a finanziare le proprie attività nell ipotesi in cui non sia possibile accedere a fonti di finanziamento non garantite. Perciò, una CCP elevata riflette una buona capacità di resistenza, anche in caso di tensioni nella liquidità. Talvolta, per ragioni prudenziali, nel calcolo della CCP vengono inseriti anche gli impegni irrevocabili della banca ad erogare fondi (I): queste poste possono provocare improvvisi outflows che vanno ad aggiungersi al rimborso delle passività volatili. D altra parte, non vengono invece prese in considerazione le linee di credito irrevocabili concesse alla banca (L), perché in condizioni di crisi potrebbero non essere onorate. Dalle suddette considerazioni, deriva un espressione più completa per il calcolo della CCP, data da (3.2): CCP = AM PV I (3.2) Poiché l effetto di questi fattori dipende in modo proporzionale dalle dimensioni dell intermediario, la CCP viene frequentemente espressa in percentuale, rispetto al totale dell attivo. Una misura di cash capital può dare informazioni sulla capacità di sopravvivenza di un intermediario anche su orizzonti temporali più estesi; in questo caso la formula corretta diventa (3.3): CCP = LTFNFG ILIIQA ILLIQLIQ (3.3) 22 Questo scarto ha una duplice funzione: da un lato, può indicare la verosimile minusvalenza, rispetto al valore reale dei titoli, che la banca potrebbe dover accettare per poterli rivendere rapidamente sul mercato secondario; più spesso, va inteso come lo scarto tra il valore dei titoli e il valore (inferiore) del prestito a breve termine che la banca potrebbe ottenere costituendoli in garanzia. (Resti e Sironi, 2008). 47

58 dove: - LTFNDG rappresenta il long term funding, ossia il totale dei finanziamenti a mediolungo termine della banca; - ILLIQA sono le attività illiquide della banca; - ILLIQLIQ è la somma degli haircuts applicati al portafoglio titoli della banca, ipotizzando che vi sia uno smobilizzo immediato degli stessi per far fronte ad eventuali esigenze di liquidità. Oltre alla cash capital position, esistono anche altri tipi di indicatori stock-based che valutano l esposizione al rischio di liquidità nel lungo periodo. Uno tra questi è lo structural liquidity ratio o long term funding ratio (SLR), che indica la quota di attività con scadenza superiore a n anni finanziata con passività con scadenza ugualmente elevata. Tradotto in formula (3.4), l indicatore è definito come: SLR = (3.4) Il livello ottimale di questo rapporto è pari al 100%, benché la trasformazione delle scadenze attuata dalle banche lo renda difficilmente raggiungibile; tuttavia, valori particolarmente modesti di questo indice possono essere sintomatici di gravi squilibri nella struttura di attività e passività. In generale, gli strumenti stock-based sono facilmente calcolabili e interpretabili, ma l eccessiva semplificazione della riclassificazione delle poste di bilancio tende a indebolirne l efficacia. Nella realtà infatti, sia le attività che le passività presentano numerose scadenze, talmente diverse da non poter essere ricondotte alla semplice differenza tra ciò che è monetizzabile/esigibile e ciò che non lo è. Approccio dei flussi di cassa L approccio dei flussi di cassa cerca di superare l eccessiva semplificazione del criterio precedente, proponendo una riclassificazione di bilancio non più binaria ma basata su un intera scala di scadenze (maturity ladder). Questo metodo confronta le entrate e le uscite attese della banca, raggruppandole in fasce di scadenza omogenee, e verifica che le prime siano in grado di coprire le seconde. 48

59 Fascia (limite superiore) Flussi attesi in entrata Impieghi Titoli Contanti e altro Flussi attesi in uscita Depositi da clientela Altra raccolta Obbligazioni Impegni a erogare Flussi netti Overnight settimana settimane mese mesi mesi anno anni anni anni Oltre Totale Tab Esempio di approccio dei flussi di cassa: maturity ladder. Fonte: Elaborazione da Resti e Sironi (2008) Flussi netti cumulati La ripartizione dei flussi di cassa sulle diverse fasce della maturity ladder non avviene in base alle scadenze contrattuali ma rispecchia le aspettative della banca, che si basano sull esperienza passata e su ipotesi relative ad uno scenario di mercato normale o relativamente teso. Conseguentemente, le poste a vista vengono collocate in base alla scadenza effettiva, mentre per le poste con scadenza lontana nel tempo, si tiene conto anche dei flussi che possono generare in tempi più brevi (legati all incasso o al pagamento di interessi) (Tab.3.2). Per ciascuna fascia temporale si determina il relativo saldo tra entrate e uscite monetarie (flusso netto o liquidity gap marginale, LGM); la somma di ciascun contributo con tutti i precedenti, conduce alla determinazione del liquidity gap cumulato (LGC) e quindi del fabbisogno (o del surplus) finanziario nell intero arco temporale considerato, secondo l espressione (3.5): LGCt = (3.5) Liquidity gap negativi rappresentano un segnale di pericolo per la banca, la quale in assenza di interventi correttivi, potrebbe essere soggetta a carenza di risorse liquide. In realtà, questo approccio trascura un importante fonte di liquidità: gli unencumbered assets. I titoli non impegnati, infatti, vengono classificati in base alla loro scadenza contrattuale e non si tiene conto del loro possibile utilizzo come garanzia per ottenere nuovi finanziamenti nel breve termine. Questa limitazione può essere superata attraverso l utilizzo dell approccio ibrido. 49

60 Approccio ibrido Gli unencumbered assets, teoricamente identificabili come grandezze stock, possono essere utilizzati per operazioni di rifinanziamento a breve termine e possono così generare flussi di cassa prima della loro reale scadenza contrattuale. Perciò, una quota significativa di questi titoli può essere iscritta nelle fasce temporali a brevissimo termine, mentre l haircut e le quote interessi devono rimanere nelle fasce di scadenza originarie (Fig. 3.1). Attività eleggibili Scarti e titoli non liquidi Fig Un ipotesi di trattamento delle attività eleggibili. Fonte: Elaborazione da Vento e La Ganga (2009) L approccio ibrido elimina i limiti dei metodi precedenti, riportando all interno di un unico prospetto sia grandezze di flusso che stock. Ai flussi di cassa effettivi vengono sommati i flussi che si possono ottenere attraverso la vendita (o l utilizzo come garanzia a fronte di nuove linee di credito) di titoli prontamente monetizzabili: l effetto prevedibile è che i liquidity gap nei buckets più vicini risultino positivi (Tab. 3.3). Fascia (limite superiore) Flussi attesi in entrata Flussi attesi in uscita Flussi netti Tab Approccio ibrido: un esempio di maturity ladder corretta per gli unencumbered assets. Fonte: Elaborazione da Resti e Sironi (2008) 50 Flussi netti cumulati Impieghi Titoli Contanti Depositi da Altra Impegni a Obbligazioni e altro clientela raccolta erogare Overnight settimana settimane mese mesi mesi anno anni anni anni Oltre Totale

61 La variazione dei risultati rispetto all approccio dei flussi di cassa dipenderà fortemente dalle ipotesi adottate per assegnare i flussi stessi alle diverse fasce della maturity ladder. L incertezza può riguardare la loro entità (ad es. titoli a tasso variabile, interest rate swap, opzioni europee) ovvero il loro profilo temporale (possibile rimborso anticipato di titoli callable o mutui). Le ipotesi utilizzate per prevedere il comportamento di questi flussi aleatori sono decise arbitrariamente dall intermediario, in base alle aspettative, e variano a seconda delle diverse finalità dell analisi. Normalmente, poste aventi flussi di cassa incerti possono essere trattate in due modi distinti: attraverso la modellizzazione dell incertezza oppure con le prove di stress. Il primo metodo propone modelli basati sui portafogli di replica o sulla teoria delle opzioni, che hanno l obiettivo di stimare i cash flow generati da poste a scadenza indeterminata. In particolare, nell approccio del portafoglio di replica, un prodotto a scadenza indeterminata viene replicato mediante un portafoglio equivalente, in termini di flussi di cassa generati, ma privo di opzioni e costituito in prevalenza da strumenti semplici (plain vanilla) negoziati su mercati liquidi. Con la stessa logica, la teoria delle opzioni cerca di rintracciare il valore della componente opzionale contenuta nei prodotti a scadenza incerta, calcolando il differenziale tra il rendimento di quei prodotti e titoli analoghi ma privi di opzione. Per quanto riguarda le prove di stress, invece, verranno diffusamente approfondite in seguito Misurazione del market liquidity risk Per market liquidity risk si intende il rischio che una banca si trovi nell impossibilità di convertire in denaro una posizione su una data attività finanziaria o riesca a liquidarla soltanto subendo una decurtazione del prezzo; questo, a causa dell insufficiente liquidità del mercato su cui tale attività è negoziata o a causa di un temporaneo malfunzionamento del mercato stesso (Ferrari e Ruozi, 2009). Questa tipologia di rischio è riconducibile a due ordini di fattori: - fattori esogeni, specificamente connessi alle caratteristiche del mercato; - fattori endogeni, che dipendono dalla dimensione del portafoglio di attività di ciascuna banca rispetto al mercato di riferimento. 51

62 Un mercato può essere definito più o meno liquido, in base alle seguenti caratteristiche (Kyle, 1985): - l ampiezza (o market breath), spesso misurata attraverso il calcolo del bid-ask spread 23 degli strumenti negoziati e interpretata come una misura diretta dei costi di transazione; - la profondità (o market depth), che si riscontra qualora sia possibile eseguire immediatamente delle transazioni per un volume dato senza registrare minusvalenze o perdite in conto capitale; - l elasticità (o market resilience), che indica la velocità con la quale i prezzi convergono al livello di equilibrio, da cui si erano allontanati a seguito di uno shock nell esecuzione di una transazione. In generale, mercati più profondi ed elastici sono in grado di resistere più efficacemente ad ordini di vendita ingenti, senza influenzarne in maniera eccessivamente significativa e sfavorevole il prezzo (Fig. 3.2). PREZZO (Ask price) Ap Profondità del mercato Profondità del mercato Ampiezza del mercato Bp (Bid price) Elasticità Elasticità QUANTITA QUANTITA A 0 A Vendita Acquisto Fig I criteri per la definizione della liquidità di mercato definiti da Kyle. Fonte: Elaborazione da Bervas (2006) 23 Il prezzo denaro/lettera (o bid/ask price) è la cifra più elevata/bassa che il market maker è disposto a pagare in un certo tempo per acquistare/vendere un determinato ammontare di attività. Il differenziale (bid-ask spread) rappresenta il costo di un operazione di acquisto e successiva vendita (o viceversa) che remunera il market maker per l esecuzione immediata che offre alle sue controparti (Tutino, 2012). 52

63 L ampiezza del bid-ask spread, invece, ritenuta da sempre una buona misura del market liquidity risk, rimane costante e relativamente modesta quando i volumi scambiati sono limitati; tuttavia, quando i quantitativi da movimentare sono più consistenti, essa tende ad allargarsi, costringendo le controparti a offrire prezzi d acquisto più alti o ad accontentarsi di prezzi di vendita più contenuti (Fig. 3.3). prezzi di vendita (ask) s s + k(p +, M - ) prezzo medio (bid/ask) prezzi di acquisto (bid) Profondità delle quotazioni ammontare della posizione (P) Fig Bid/ask spread in funzione delle quantità da trattare Fonte: Elaborazione da Bangia et al. (1998) Gli intermediari sono soliti valutare i propri titoli al prezzo medio tra bid e ask. Pertanto, qualora si proceda alla vendita di una posizione, occorre tenere in considerazione il costo (o più correttamente il minor ricavo) che deriva dalla differenza tra prezzo medio e prezzo bid, secondo l espressione (3.6): (3.6) dove P è il valore della posizione venduta e s il bid-ask spread in percentuale. Questa formula è stata successivamente corretta (3.7) per tenere conto dell ampliamento dello spread in occasione di vendite di grandi dimensioni: (3.7) In questo caso, infatti, il bid-ask spread tende ad allontanarsi sensibilmente dal proprio valore medio ( ), secondo uno scarto direttamente proporzionale alla quantità di assets che la banca 53

64 intende dismettere (P) e inversamente proporzionale rispetto alla dimensione complessiva del mercato (M). Questo tipo di algoritmo, tuttavia, presenta alcuni limiti pratici evidenti. Per prima cosa, la funzione che lega il bid-ask spread ai valori di P e M non è affatto semplice da individuare, soprattutto a causa dei continui mutamenti che intervengono sui mercati e sulle tipologie di scambi in essi sviluppati. Inoltre, non è stata presa in considerazione la gradualità con cui possono avvenire le transazioni in presenza di iceberg orders 24 : una vendita per piccoli blocchi può consentire al mercato di acquistare volumi consistenti, pur senza innescare ampliamenti del bid-ask spread. Ritenendo plausibile che i costi di transazione siano maggiori quanto più breve risulti l orizzonte temporale per la liquidazione, Dowd (2002) propone una nuova formula, volta a considerare quest ulteriore variabile. Il costo di transazione legato al market liquidity risk diventa quindi: (3.8) dove T rappresenta l arco di tempo a disposizione per liquidare la posizione, mentre 1 e 2 sono due parametri positivi, stimati empiricamente sulla base di dati storici, che dipendono rispettivamente da: - l'elasticità di C alla dimensione relativa (P/M) della posizione da liquidare; - il tempo T impiegato per liquidarla. 3.2 Stress test per il rischio di liquidità Il processo di Liquidity Risk Management prevede che la misurazione del rischio di liquidità venga condotta anche in condizioni di stress. A tal fine si propone l utilizzo dello stress testing, un insieme di tecniche ed esercizi di simulazione, che può essere impiegato dalle banche per valutare preventivamente l impatto potenziale di scenari avversi sulla propria esposizione al rischio e sull adeguatezza delle riserve di liquidità. Esso non rappresenta soltanto un obbligo regolamentare imposto dalle Autorità di Vigilanza per verificare la stabilità del sistema finanziario; è prima di tutto un importante strumento di 24 Gli iceberg orders sono ordini di grandi dimensioni che vengono suddivisi in piccoli blocchi al fine di nasconderne ai mercati la reale entità. 54

65 risk management che aiuta gli intermediari nel difficile compito di prevenire, identificare e mitigare i rischi. Secondo l impostazione della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) esistono sostanzialmente due tipologie di stress test: - stress test univariato (cd. analisi di sensibilità), il cui scopo è valutare l impatto che può avere il movimento di una singola variabile sull esposizione al rischio delle banche; - stress test multivariato (cd. analisi di scenario), in cui si costruisce uno scenario di stress che prevede il movimento simultaneo di più fattori di rischio. La Fig. 3.4 illustra le fasi attraverso le quali può essere condotto un comune stress test sul rischio di liquidità. Identificare i risk driver Definire gli scenari di stress Modellizzare lo stress test Erosione del valore degli asset liquidi Richiesta di aumento delle garanzie Evaporazione del funding Ritiro inaspettato dei depositi Scenario esterno: crisi di mercato, shock sistemici nelle principali aree di business, rischio di mercato, Crisi interna: rischio operativo, rischio reputazionale, downgrade del rating, Crisi ad hoc: specifica dell impresa o del paese 1. Quantificare i liquidity outflow per ogni driver indicato 2. Individuare tutte le possibili entrate di liquidità 3. Determinare posizione di liquidità per ciascuno scenario Fig Esempio di un approccio di liquidity stress test Fonte: Elaborazione da Schwizer (2013) Come si può notare, il primo passo consiste nell identificare le cause che possono portare ad un aumento del liquidity risk. Questo step rappresenta un aspetto critico nella costruzione di un adeguato processo di stress testing: le assunzioni sulle probabili fonti di rischio devono tenere conto delle specifiche vulnerabilità della banca e possono essere definite a livello di prodotto, divisa e controparte. Il Comitato di Basilea (2008b), in una lista non esaustiva, illustra alcuni tra i principali fattori di rischio: illiquidità dei mercati ed erosione del valore degli asset liquidi; 55

66 ritiro inaspettato di depositi al dettaglio; indisponibilità di finanziamenti wholesale garantiti e non garantiti; richiesta di un aumento dei margini su derivati e collateral; utilizzo delle linee di credito concesse a terzi; liquidità assorbita da veicoli e attività fuori bilancio; impatto di una riduzione del rating. Successivamente devono essere delineati gli scenari di stress e le relative probabilità di manifestarsi nel concreto: innanzitutto, gli scenari ipotizzati devono essere avversi ma pur sempre plausibili e devono tenere in considerazione la diversa durata di uno shock (di breve termine o prolungato) e l eterogeneità dei fattori che lo possono generare. Nel caso in cui la carenza di liquidità sia legata a caratteristiche specifiche della banca (ridotto accesso ai canali di wholesale funding, riduzione delle linee di credito disponibili, aumento degli haircuts e dei collateral calls) si parla di scenario idiosincratico. Invece, qualora le difficoltà siano derivanti da problemi insiti nei mercati (illiquidità di alcuni asset, impossibilità a cartolarizzare crediti, chiusura del mercato interbancario), si fa riferimento ad uno scenario market-wide. Chiaramente, è anche possibile definire uno scenario ibrido che risulti dalla combinazione dei due precedenti. Infine, si devono valutare le conseguenze dello stress sulla posizione di liquidità della banca. A tale scopo è necessario formulare delle previsioni sui flussi di cassa attesi per ciascuno scenario sfavorevole considerato. Queste previsioni possono essere fatte ricorrendo a tre distinti approcci: - l approccio storico, che utilizza come base di riferimento eventi accaduti nel passato e che hanno coinvolto la specifica banca in questione, intermediari con caratteristiche simili o i mercati in generale; - l approccio statistico, che ricorre a informazioni storiche per ricavare ipotesi sulla distribuzione dei fattori di rischio e poi produce delle stime sui possibili shock che possono colpire l intermediario; - l approccio judgement-based, procedura più soggettiva, che si fonda su ipotesi e congetture formulate dal top management, eventualmente coadiuvato dal risk management della banca, dalle autorità di vigilanza o da consulenti esterni. I risultati ottenuti dagli stress test permettono di valutare la robustezza dell intermediario, oltre a quantificare il liquidity buffer da mantenere in funzione della tolleranza al rischio. Essi 56

67 possono essere utilizzati anche per indirizzare le strategie e le politiche di gestione dei rischi ed in particolare, per consentire lo sviluppo di efficaci contingency funding plan. Gli stress test devono essere applicati a livello consolidato. Tuttavia, qualora esistano dei limiti al trasferimento della liquidità all interno di un gruppo bancario, è auspicabile che le singole entità costruiscano anche stress test a livello individuale. Il grado di analisi e la frequenza dei test devono essere commisurati alle dimensioni e all esposizione al rischio specifici della banca, oltre che all importanza relativa ricoperta da quest ultima all interno del sistema finanziario: le analisi possono essere condotte mensilmente, settimanalmente e, in caso di necessità, addirittura giornalmente. Nonostante la crescente importanza della gestione del rischio di liquidità, ad oggi non esiste ancora un modello di stress test ottimale ed universalmente condiviso, che sia in grado di cogliere le diverse dimensioni del rischio e le loro correlazioni con gli altri rischi dell attività bancaria. 3.3 Strumenti di attenuazione del rischio Dopo aver identificato e misurato il rischio di liquidità cui è esposto (anche in condizioni di stress), un intermediario deve predisporre gli strumenti necessari per gestire tale rischio in maniera efficace. Le azioni mitigatrici più comuni fanno riferimento al controllo del mismatching delle scadenze, al mantenimento dell accesso ai sistemi di pagamento, alla diversificazione del profilo di funding, all attento monitoraggio degli impegni fuori bilancio e delle contingent liabilities. Alcuni strumenti di attenuazione del rischio sono esplicitamente descritti anche da Banca d Italia (2010) e verranno ora analizzati in dettaglio. Riserve di liquidità Le banche dovrebbero detenere costantemente un cuscino (c.d. buffer) di attività non impegnate e altamente liquide, come garanzia contro possibili scenari di crisi di liquidità. Queste attività, potendo essere vendute o utilizzate come collaterale per reperire fondi, rappresentano un importante strumento di attenuazione del rischio. L ammontare delle riserve di liquidità dev essere adeguato alla soglia di tolleranza al rischio prescelta e la loro composizione può includere: - cassa e depositi liberi detenuti presso la Banca centrale; 57

68 - attività prontamente liquidabili (cd. riserve di prima linea ) idonee a fronteggiare stress di brevissimo periodo (di norma, fino a sette giorni): tra queste, si possono annoverare gli strumenti finanziari utilizzabili per il rifinanziamento presso le banche centrali; - altre attività finanziarie (cd. riserve di seconda linea ) che possono essere liquidate senza incorrere in perdite significative (fire sales), nel caso in cui si verifichino situazioni di stress fino ad un mese. La disponibilità di titoli utilizzabili come garanzie finanziarie sia nei confronti di banche centrali sia di altre banche, può costituire un importantissima fonte di finanziamento. A tal fine però, è necessario che le banche verifichino regolarmente l adeguatezza di tali attività e quindi, esse sono tenute a: - valutare periodicamente l eleggibilità dei titoli, come garanzia per il rifinanziamento presso le banche centrali o i principali fornitori di fondi; - diversificare prudentemente il portafoglio dei collaterals, valutando attentamente il rischio di concentrazione single-name, la sensibilità del valore dell asset a variazioni di mercato, gli haircuts da applicare in condizioni normali o di stress, nonchè il tempo di liquidabilità. Queste procedure permettono di accertare in ogni momento l ammontare e la qualità delle riserve di liquidità effettivamente disponibili in situazioni di stress. Sistema di limiti operativi Il sistema di limiti operativi fissa precise regole gestionali, volte ad evitare che l assunzione di rischi ecceda i livelli prefissati: esso rappresenta uno strumento di importanza fondamentale per contenere l impatto del rischio di liquidità, sia nel breve termine (di norma, fino ad un anno) che in periodi di tempo più lunghi (oltre un anno). Questo sistema può comprendere alcuni target ratios previsti dalle disposizioni di vigilanza, ovvero limiti operativi fissati internamente, in coerenza con la soglia di tolleranza al rischio e la complessità operativa dell intermediario. Di solito, i limiti operativi sono definiti in termini di gap cumulato di tesoreria al netto della counterbalancing capacity 25, mentre per i limiti strutturali viene valutato il gap ratio tra attività e passività a medio-lungo termine (Panetta e Porretta, 2009). 25 La counterbalancing capacity si riferisce allo stock di attività liquide di alta qualità disponibili per controbilanciare squilibri nei flussi di cassa su un orizzonte temporale di breve, medio, lungo periodo, in risposta ad una situazione di stress pianificato o prolungato (CEBS, 2009). 58

69 Nella prassi operativa, molti intermediari fissano dei limiti che costituiscono veri e propri indicatori di early warning, ossia segnali che consentono di percepire in anticipo eventuali tensioni di liquidità. Sono esempi di early warning: la riduzione della qualità degli asset, richieste di rimborso anticipato, un aumento del costo complessivo del funding, il peggioramento di alcuni indicatori chiave (impieghi su depositi, passività a breve su attività totali, liquidità disponibile). Spesso sono previsti anche limiti di concentrazione per tipologia di controparte o di esposizione massima su uno specifico mercato. Il processo di determinazione dei limiti è strettamente legato ai risultati delle prove di stress; pertanto, per tenere conto delle variazioni periodiche dei suddetti risultati, esso va costantemente sottoposto a procedure di revisione e aggiornamento. Un efficiente sistema di limiti operativi permette alla banca di mantenere una buona e durevole posizione di liquidità netta; ovviamente, per garantire la stabilità di questa situazione, è necessario prevedere un frequente monitoraggio del rispetto dei limiti (giornaliero per i limiti operativi e mensile/trimestrale per la liquidità strutturale) e in caso di superamento degli stessi, un tempestivo sistema di comunicazione agli organi competenti. Diversificazione delle fonti di finanziamento e delle scadenze di rinnovo Il ritiro di un ammontare consistente di fondi da parte delle controparti o l improvviso venir meno di un importante canale di raccolta, possono comportare gravi problemi di liquidità per un intermediario. Per questo motivo, è richiesto alle banche di limitare l eccessiva concentrazione delle fonti e dei canali di finanziamento, privilegiando strategie di diversificazione delle passività. L analisi sul grado di concentrazione della raccolta dev essere svolta tenendo in considerazione: - il grado di dipendenza da un numero ristretto di mercati o controparti (ad es. interbancario, depositi di investitori istituzionali o aziende di grandi dimensioni); - la concentrazione su particolari forme tecniche; - l operatività prevalente in valute diverse dall euro. Una delle più importanti strategie di liquidity risk management prevede un allungamento delle scadenze delle passività, attraverso il ricorso a fonti di finanziamento maggiormente stabili. Anche in questo caso sembra opportuno evitare che quantità consistenti di prestiti vadano in scadenza in momenti ravvicinati: qualora il momento del rinnovo o del rifinanziamento 59

70 dovesse coincidere con cattive condizioni del mercato, la nuova raccolta potrebbe rivelarsi molto onerosa per l intermediario. Qualsiasi politica o procedura per la gestione del rischio di concentrazione dev essere rivista periodicamente, per assicurare una costante coerenza con la struttura finanziaria e l operatività della banca. Sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi Il sistema di prezzi di trasferimento dei fondi prevede l applicazione di un prezzo o costo fittizio interno, da accreditare alle fonti di liquidità reperite attraverso diversi canali di finanziamento e viceversa, da addebitare agli impieghi di fondi. In generale, nella formulazione dei prezzi interni di trasferimento, le banche devono sempre tenere conto della componente connessa con il rischio di liquidità, al fine di rendere coerenti gli incentivi all assunzione dei rischi con l esposizione al rischio di liquidità (Banca d Italia, 2010). Quando le variazioni nel prezzo di trasferimento vengono incorporate nei prezzi dei prodotti o considerate nella valutazione della profittabilità dei prodotti o delle linee di business, esse possono essere utilizzate per promuovere una maggior raccolta di fonti stabili di liquidità o parimenti, disincentivare il collocamento di prodotti che riducono le disponibilità liquide. Un altro importante strumento di gestione del rischio di liquidità è rappresentato dal Contingency Funding Plan, al quale dedichiamo maggiore spazio nel paragrafo seguente. 3.4 Contingency Funding Plan Il Contingency Funding Plan (CFP) rappresenta uno strumento essenziale per la gestione della liquidità in situazioni di emergenza: esso individua preventivamente le procedure e le azioni da intraprendere, in caso di eventi avversi o improvvisi drenaggi di liquidità. I suoi obiettivi principali consistono nell identificare eventuali segnali di crisi, definire strategie e politiche di intervento, proteggere il patrimonio della banca. Un buon CFP deve tenere in considerazione le caratteristiche specifiche del singolo intermediario: il grado di complessità operativa, il profilo di rischio assunto e il ruolo svolto all interno del sistema finanziario. 60

71 Nella predisposizione del piano di emergenza l attenzione deve concentrarsi su tre elementi fondamentali (Trevisan, 2010): - la mappatura delle diverse tipologie di tensione di liquidità: il CFP deve essere in grado di indirizzare i comportamenti della banca al manifestarsi di situazioni critiche differenti e che si estendono su orizzonti temporali diversi. A tal fine, risulta indispensabile l utilizzo dei risultati ottenuti con gli stress test: essi forniscono stime adeguate dei flussi di cassa e delle fonti di finanziamento della banca a determinate scadenze future e in corrispondenza di scenari di stress alternativi; - l individuazione degli indicatori di attenzione (early warning): questi devono essere scelti in modo tale che il superamento delle soglie predefinite per ciascuno di essi, consenta alla banca di identificare in maniera automatica l inizio di una crisi di liquidità; - gli interventi da adottare al verificarsi della crisi; da un punto di vista operativo, il CFP stabilisce l ordine e la priorità con cui le diverse fonti di finanziamento supplementare devono essere rese disponibili in caso di tensioni di liquidità (mobilizzazione temporanea delle riserve obbligatorie, operazioni di pronti contro termine con la Banca centrale, prestiti da controparti bancarie, ecc.). Quest ordine viene determinato in base alla flessibilità e al costo delle diverse fonti disponibili, ma anche tenendo conto del tipo di crisi che si deve affrontare; in caso di shock idiosincratico, per esempio, la banca può contare su un certo volume di prestiti da parte di altre istituzioni finanziarie, mentre se i problemi di liquidità hanno già coinvolto l intero mercato interbancario, è preferibile attivarsi rapidamente presso la Banca centrale. Il CFP deve peraltro prevedere una serie di interventi, che permettano di gestire anche i pagamenti infragiornalieri in caso di stress. Nella scelta delle iniziative da attivare, è utile prendere in considerazione anche gli eventuali effetti reputazionali che da tali decisioni possono derivare. Nel corso della crisi alcuni intermediari hanno ritardato l attivazione delle misure previste dal piano (operazioni di rifinanziamento presso la Banca centrale, utilizzo di linee di liquidità disponibili presso altre banche, ecc.) al fine di non segnalare all esterno la propria situazione di difficoltà. Il Contingency Funding Plan non offre soltanto la risposta ad una crisi di liquidità ma, nella misura in cui ne influenza l ampiezza e l esito finale, può essere considerato a tutti gli effetti un vero e proprio strumento di mitigazione del rischio. 61

72 Dal punto di vista organizzativo, il CFP deve individuare in maniera precisa ruoli, responsabilità e relativi compiti degli organi coinvolti nella strategia di emergenza; soltanto una struttura organizzativa efficiente può garantire una risposta efficace e tempestiva ad eventuali situazioni di tensione. Generalmente, la definizione delle politiche di funding straordinarie spetta alla funzione ALM (Asset & Liability Management), dopo un costruttivo confronto con la pianificazione finanziaria, il controllo di gestione e la tesoreria. In una situazione di crisi appare altresì fondamentale rassicurare tutti gli stakeholder della banca, garantendo loro un flusso di comunicazione tempestivo e chiaro. A questo scopo, all interno del piano di emergenza, vanno programmate le modalità e la frequenza con cui fornire informazioni sia alle controparti esterne che alle funzioni interne alla banca. La conoscenza da parte di Supervisori e Banche centrali degli interventi adottati da un intermediario in una situazione di stress consente di stimarne l impatto sistemico. Invece, un adeguato livello di comunicazione interna tra le varie business units, permette la gestione condivisa di un rischio trasversale qual è il rischio di liquidità. I Contingency Funding Plans devono essere rivisti e testati periodicamente al fine di assicurarne la continua efficacia e fattibilità operativa. La frequenza dell aggiornamento dev essere almeno annuale o anche più frequente in caso di modifica delle condizioni esterne di mercato o in seguito a variazioni della composizione di gruppo (BCBS, 2008b). 62

73 Capitolo 4 Costruzione e applicazione di uno stress test per il rischio di liquidità Premessa La recente crisi finanziaria ha evidenziato con chiarezza la necessità di integrare con stress test le valutazioni relative a ogni profilo di rischio, specie quello di liquidità. L introduzione di prove di carico rappresenta infatti un importante strumento di liquidity risk management, per la corretta determinazione dei buffer di liquidità, per la definizione dei limiti di rischio e per la pianificazione delle azioni mitigatrici. Il seguente capitolo si pone l obiettivo di presentare un modello di stress test per il rischio di liquidità che consenta di testare in maniera efficace la robustezza e la stabilità di un istituto finanziario, nel caso in cui si verifichino condizioni avverse. L intermediario preso in analisi, che chiameremo Banca X, è un istituto di piccole dimensioni 26, opera esclusivamente a livello nazionale ed è contraddistinto da forte radicamento territoriale e prevalente operatività con i soci. Esso presenta una struttura di bilancio caratterizzata tipicamente da: - ampiezza limitata del trading book; - raccolta prevalente da clientela ordinaria stabile; - assenza di posizioni su derivati a fini speculativi. La sua specifica operatività e struttura finanziaria hanno contribuito a mantenere una buona posizione di liquidità, valutata attraverso il calcolo di LCR e NSFR sui dati al 31 dicembre Entrambi gli indicatori, che sono alla base del nostro modello, si attestano infatti su valori superiori al 100% (LCR=127%, NSFR=107%). La metodologia utilizzata per la costruzione del suddetto stress test per il rischio di liquidità si basa sul modello proposto da J.W. van den End (2010), presso la De Nederlandsche Bank (Banca Centrale Olandese). Lo stress test di riferimento, sviluppato a livello macroeconomico 26 Si fa riferimento alla classificazione dimensionale di Banca d Italia contenuta nell Appendice alla Relazione annuale sul 2010 (Banca d Italia, 2011b). 63

74 per analizzare la stabilità di un intero sistema finanziario, viene qui in parte riadattato, allo scopo di valutare la solidità di un singolo istituto finanziario. In sostanza, lo stress test in esame è strutturato per misurare l impatto di potenziali shock sulla liquidità dei mercati e sulla capacità di finanziamento di una banca. 4.1 Framework del modello Lo stress test proposto consiste in un algoritmo sviluppato su tre fasi (o stadi) (Fig. 4.1). La prima fase è rappresentata da uno shock di tipo sistemico, che colpisce l intermediario attraverso una riduzione di liquidità nei mercati e una maggiore difficoltà nei finanziamenti (c.d. first round effects). La reazione della banca che cerca di compensare l effetto di questo shock attraverso specifiche azioni mitigatrici, costituisce la seconda fase del modello. Tuttavia, anche altre banche, dopo lo stress iniziale, potrebbero adottare opportune contromisure per ripristinare la propria posizione di liquidità. Questi interventi, specialmente se generalizzati e simili tra loro, possono provocare effetti negativi sui mercati finanziari che tornano a ripercuotersi sulle banche stesse, nella forma di una caduta dei prezzi delle attività o di un maggior costo dei finanziamenti. Le nuove condizioni di mercato, insieme alle perdite addizionali causate da un incremento del rischio di reputazione (c.d. second round effects), costituiscono la terza fase del modello. Lo schema di riferimento utilizzato prevedeva anche un quarto stadio: l intervento della Banca Centrale. L estensione delle operazioni di rifinanziamento alle banche e l introduzione di programmi di acquisto degli asset illiquidi consentivano di mitigare gli effetti negativi riconducibili al terzo stadio. Tuttavia, nel presente modello di stress test sviluppato a livello di singola banca, non sembra opportuno inserire la funzione di reazione della banca centrale: si ritiene infatti che il singolo istituto finanziario dovrebbe valutare la propria stabilità in caso di condizioni avverse, concentrandosi sulla propria capacità di risanamento della situazione, senza presupporre l eventuale sostegno da parte dell autorità internazionale. Per ciascuna fase il modello stima il profilo di liquidità della banca generando distribuzioni del Liquidity Coverage Ratio (LCR). In questa analisi, l orizzonte temporale dello scenario di stress è posto uguale ad un mese, equivalente a quello assunto per il calcolo del LCR; questo è anche l intervallo di tempo più comunemente utilizzato negli attuali stress test. 64

75 LCR t0, NSFR t0 Scenario di stress Effetti 1 ordine LCR t1 I stadio se LCR t1 < 100% II stadio LCR t2, NSFR t2 Azioni mitigatrici Reazione della banca Perdita reputazionale LCR t3 Reazione altre banche? III stadio LCR t3 Effetti 2 ordine Fig Framework del modello Fonte: Elaborazione da J.W. van den End (2010) Allo stadio iniziale, LCR t0 e NSFR t0 vengono calcolati applicando i fattori di ponderazione previsti dal Comitato di Basilea alle voci di bilancio e ai flussi di cassa disponibili. Al tempo t 1 vengono simulati gli eventi che in maniera combinata possono incrementare sia il market che il funding liquidity risk e i conseguenti effetti sulla posizione di liquidità della banca. Le simulazioni sono condotte attraverso la metodologia Monte Carlo. Uno scenario è disegnato come un insieme di shock che incide direttamente sulle voci di attivo e passivo. A causa della multiformità del rischio di liquidità, esistono varie combinazioni di shock consistenti e applicabili al modello. Tra i diversi scenari possibili, qui ne citiamo soltanto alcuni: - credit crisis scenario: uno scenario che influenza principalmente l aggregato attivo del bilancio. Esso assume perdite di valore nel portafoglio crediti o nel collaterale, tensioni nei mercati dei pronti contro termine, la richiesta di margini più elevati per le posizioni sui derivati. Inoltre può ipotizzare difficoltà nel roll-over degli asset backed commercial paper (ABCP) o un maggiore utilizzo delle linee di credito concesse alla clientela. - wholesale e retail bank scenarios: scenari di bank run che simulano difficoltà nella capacità di finanziamento e incidono sulle voci di bilancio che costituiscono il passivo. Nel primo caso si assume che le banche e altre controparti istituzionali ritirino 65

76 i depositi non garantiti presso le altre banche e non rinnovino i loro depositi a termine; nel secondo caso è la clientela al dettaglio ad attuare le medesime azioni. - hybrid scenario: uno scenario che riproduce in parte la crisi finanziaria verificatasi negli ultimi anni e che influisce negativamente sulle voci di bilancio, attive e passive, indistintamente. Esso combina gli eventi descritti negli scenari precedenti simulando uno stress che trae origine dall integrazione di fattori idiosincratici con fattori sistemici. Potendo contare su una flessibilità maggiore, l esercizio di stress testing proposto si concentra essenzialmente su quest ultimo tipo di scenario. Come vedremo più avanti, esso può essere ulteriormente suddiviso in diversi sotto-scenari, che dipendono dal livello di stress applicato. Gli shock che danno vita ai diversi scenari vengono quindi tradotti in un aumento dei pesi (w i ), da applicare all ammontare (I) delle voci di bilancio e dei flussi di cassa (i). I w i rappresentano haircuts nel caso si parli di attività (riflettendo perdite di valore degli asset) e tassi di run-off qualora si faccia riferimento alle passività (riflettendo il ritiro o il mancato rinnovo dei finanziamenti). La dimensione dei pesi w i cambia per ciascuna posta di bilancio in maniera coerente con la diversa sensibilità di attività e passività, a fronte di stress di liquidità. L incremento dei pesi è calcolato a partire dai fattori di ponderazione proposti dal Comitato di Basilea per determinare il LCR. L indicatore di liquidità a breve termine diminuisce (LCR t1 < LCR t0 ) qualora la variazione dei pesi rifletta un aumento dei deflussi di cassa netti attesi o una riduzione di valore delle attività liquide disponibili. In questa fase, si assume invece che lo scenario di stress di un mese non influenzi i fattori di ponderazione del Net Stable Funding Ratio (NSFR), essendo quest ultimo una misura di liquidità strutturale, che si basa su pesi fissi per le fonti di finanziamento stabili disponibili e per quelle richieste (ASF e RSF). Nella seconda fase (tempo t 2 ) la banca cerca di rispondere allo scenario negativo attraverso l adozione di misure mitigatrici del rischio. Essa reagisce soltanto nel caso in cui il suo LCR t1 scenda al di sotto della soglia regolamentare del 100% e cerca di ricondurre l indicatore allo stadio iniziale, assunto quale livello di liquidità minimo desiderato 27. La banca può reagire utilizzando gli strumenti che in maniera prevalente caratterizzano la sua struttura di bilancio (cd. aggiustamenti within exposure ) e lo può fare accorciando la scadenza delle attività e allungando quella delle passività. Un altra strategia, invece, prevede la sostituzione di asset 27 Qualora la banca al tempo t 0 presenti un Liquidity Coverage Ratio già inferiore alla soglia regolamentare, l obiettivo minimo delle azioni mitigatrici prevede di riportare l indicatore almeno al 100%. 66

77 illiquidi e passività volatili con attività liquide e risorse finanziarie stabili (cd. aggiustamenti across exposure ). Questo tipo di azioni influisce in maniera positiva su entrambi gli indicatori di liquidità (LCR t2 e NSFR t2 ). Tali misure correttive, tuttavia, possono essere percepite come un segnale di scarsa stabilità della banca, che può trovarsi così ad affrontare un più elevato rischio di tipo reputazionale. D altra parte, va considerato anche il fatto che la banca X può non essere la sola a reagire, in caso di condizioni avverse. Se le banche che decidono di intervenire con azioni mitigatrici sono numerose, i mercati vengono influenzati in maniera negativa. In particolare ne possono risentire i mercati illiquidi (dove un aumento delle fire sales provocherà una riduzione di valore negli asset) e i mercati delle risorse stabili di finanziamento (dove si verificherà un inatteso incremento della domanda e il conseguente innalzamento dei prezzi). Le conseguenze della risposta collettiva delle banche (effetto sistemico) e la possibile perdita di reputazione (effetto idiosincratico) vengono simulate entrambe allo stadio t 3 : attraverso un ulteriore aumento degli haircuts sulle attività liquide e dei tassi di run-off sulle passività esse avranno un impatto negativo sul LCR (LCR t3 <LCR t3 < LCR t2 ) 28. Il NSFR t3 rimane invece invariato, dato che le voci di bilancio non cambiano in questa fase e che i pesi stressati non incidono su una misura di rischio di tipo strutturale Posizione iniziale di liquidità Al tempo t 0, la posizione di liquidità della banca viene valutata attraverso il calcolo degli indicatori LCR e NSFR. Il LCR t0 è determinato come: LCR dove t0 Liquid Assets t0 (4.1) ( Cash outflows Cash in flows ) 0 t0 t Liquid Assets t0 I j, t0 (1 w j LCR) (4.2) j Cash in flows t0 I j LCR, t0 w j LCR (4.3) j Cash outflows t0 I j LCR, t0 w j LCR (4.4) j 28 LCR t3 rappresenta il Liquidity Coverage Ratio allo stadio 3 in assenza di rischio reputazionale. LCR t3, invece, include anche tale componente. 67

78 Le attività liquide nell equazione (4.2) rappresentano la somma pesata degli asset definiti dal Comitato di Basilea come ALAQ (Asset Liquidi di Alta Qualità) e delle attività liquide di secondo livello (computate fino al 40% del buffer totale). Nelle equazioni (4.3) e (4.4) troviamo rispettivamente gli afflussi e i deflussi di cassa attesi nell arco temporale di un mese. Al periodo iniziale t 0 le poste di bilancio e i flussi di cassa (j) che compongono l indicatore, vengono pesati attraverso haircuts, tassi di afflusso e tassi di run-off proposti dal Comitato di Basilea (w j LCR). Questi pesi fissi riflettono uno scenario che combina un rischio di tipo specifico ad uno di tipo sistemico. Il NSFR t0 è determinato come: Available stable funding t0 NSFR t0 (4.5) Required stable funding t0 dove Available stable funding I 0 w t0 j NSFR, t j NSFR (4.6) j Required stable funding I 0 w t0 j NSFR, t j NSFR (4.7) j Le equazioni (4.6) e (4.7) contengono rispettivamente le risorse finanziarie stabili disponibili (ASF) e quelle richieste per coprire l attivo (RSF). Anche in questo caso i fattori di ponderazione sono quelli previsti da Basilea Effetti di uno shock sulla liquidità bancaria I due indicatori di Basilea 3 (LCR e NSFR) forniscono parametri di benchmark per gli haircuts delle attività e per i tassi di run-off delle risorse finanziarie (BCBS 2010b), che possono rappresentare una valida base di partenza per il nostro modello. Tuttavia, come già sottolineato nel cap. 2, è lo stesso Comitato di Basilea ad auspicare che gli intermediari costruiscano propri stress test, che tengano conto delle più rilevanti specificità operative e garantiscano un livello di liquidità superiore al minimo richiesto. Per questo motivo, lo shock che influisce sulla liquidità della banca X al tempo t 1 viene determinato attraverso haircuts e tassi di run-off (riflessi in w i sim1 ) addizionali rispetto ai minimi regolamentari (w i LCR ). 68

79 La parametrizzazione di questi fattori (w i sim1 ), anche se basata su best practices o dati storici, risulta alquanto debole nella maggior parte dei modelli che trattano il rischio di liquidità. I dati a disposizione sulle situazioni di stress sono molto scarsi perché le crisi di liquidità sono eventi a carattere low frequency-high impact e, a causa dei molteplici fattori che possono originarle, sono tutte molto diverse tra loro. Come conseguenza, la banca potrebbe facilmente sottostimare o sovrastimare la propria posizione di liquidità. E per questi motivi che il nostro modello si basa su un approccio di tipo stocastico, utilizzando simulazioni Monte Carlo dei fattori w i sim, per disegnare e calibrare gli scenari. Questo stress test ha il pregio di tenere in considerazione l incertezza legata ai parametri del modello; tuttavia, è richiesta l individuazione (non sempre agevole) della distribuzione di probabilità che sia in grado di approssimare al meglio l andamento dei fattori di rischio. In prima analisi, serve ricordare che gli eventi di stress estremo presentano caratteristiche tipicamente non lineari 29 ; per aumentare l aderenza del modello a questo aspetto, le simulazioni Monte Carlo sono state sviluppate a partire da una distribuzione log-normale, del tipo w sim1 ~ Log-N(, 2 ) Questa distribuzione 30, che presenta una coda maggiormente pronunciata a destra, cattura facilmente la non linearità di questi eventi. D altra parte, la forma asimmetrica ben si adatta a descrivere l andamento dei dati nei mercati finanziari, soprattutto in condizioni di alta volatilità. Inoltre la distribuzione log-normale è limitata inferiormente dallo 0, caratteristica coerente con la necessità che i pesi simulati nel nostro modello risultino sempre positivi. Quale limite superiore invece, i pesi sono vincolati alla condizione (w i LCR + w i sim1 ) 100%, dato che gli haircuts e i tassi di run-off non possono superare questa soglia. Come anticipato, la prima fase dello shock (first round effects) produce un impatto sulla posizione di liquidità della banca X che è modellato attraverso haircuts sulle attività e tassi di run-off sulle passività (tradotti in w isim1 ), i quali vengono sommati a quelli già previsti a livello regolamentare (w ilcr ). Il LCR t1, influenzato dalle condizioni avverse, viene così ricalcolato: LCR t1 Liquid Assets t1 (4.8) ( Cash outflows Cash in flows ) 1 t1 t 29 La non linearità è il cuore degli episodi di stress. Cfr. Borio et al. (2011). 30 Si tratta della distribuzione statistica più utilizzata nei modelli di asset pricing e di risk management. Cfr. Hull (2003) 69

80 dove Liquid Assets t1 I j, t0 ( 1 w j LCR w j sim1 ) (4.9) j I Cash in flows t1 Cash in flows t0 j LCR, t0 w j sim1 (4.10) j I Cash outflows t1 Cash outflows t0 j LCR, t0 w j sim1 (4.11) j Lo scenario negativo non influisce invece sui fattori di ponderazione relativi alle poste di bilancio che sono incluse nel calcolo del NSFR. Questi pesi riflettono il mismatch strutturale del bilancio, perciò si assume che non vengano influenzati da uno scenario di stress della durata di un mese. Quindi, NSFR t1 = NSFR t Azioni mitigatrici della banca La banca X reagisce se il proprio LCR t1 scende al di sotto della soglia regolamentare del 100%. Finché l indicatore di liquidità rimane al di sopra di tale soglia si presume che la banca sia in grado di assorbire lo shock senza intervenire sulla propria struttura di bilancio. Una banca che reagisce cerca di risanare la propria posizione di liquidità, ripristinando il LCR al valore precedente alla crisi (LCR t0 ). Ma che cosa si intende per reazione di una banca? La risposta più ovvia di una banca ad uno shock di liquidità consiste nell accumulo di asset liquidi e nell aumento delle risorse di finanziamento stabili (ECB, 2009). Questo tipo di reazione è coerente con il comportamento mantenuto dagli intermediari durante la recente crisi e richiede una modifica della composizione del bilancio bancario. Alcuni tra gli aggiustamenti di bilancio più frequenti vengono sintetizzati nella Tab. 4.1 e prevedono principalmente: - una riduzione dell offerta di credito; - un aumento dell accumulo di risorse liquide (liquidity hoarding); - la vendita di asset nel portafoglio; - un incremento della stabilità del passivo. 70

81 Riserve presso la Banca Centrale Depositi retail Credito retail Raccolta wholesale Credito wholesale Passività a medio-lungo termine Titoli Capitale - dei quali: Attività liquide ad alta qualità Nota: a freccia verso l alto/basso corrisponde un incremento/decremento della voce di bilancio Tab Possibili reazioni a crisi di liquidità Fonte: elaborazione da W.A. van den End (2011) Se una banca si trova in una situazione di carente liquidità, per prima cosa deve ridurre l erogazione di credito e, soltanto in caso di estrema necessità, vendere le attività presenti nel proprio portafoglio (fire sales 31 ). La banca deve cercare di aumentare le risorse liquide disponibili (liquidity hoarding) e per farlo può agire su due fronti: investire su una maggiore quantità di titoli facilmente liquidabili oppure prendere a prestito dalla Banca Centrale. Quest ultima, in cambio di collaterale, permette agli intermediari di ottenere finanziamenti anche qualora vi sia una paralisi o un malfunzionamento dei mercati. E preferibile che gli investimenti siano coperti da capitale o fonti finanziarie stabili: il declino del wholesale funding può essere compensato da un aumento dei depositi retail, che rappresentano una risorsa di liquidità meno volatile. La scelta degli strumenti da utilizzare e la priorità con cui servirsene può essere determinata da decisioni interne del risk management o stabilita all interno dei contingency funding plans, che talvolta prevedono misure differenti a fronte di scenari diversi. Nel nostro modello si assume che la banca reagisca con tutti gli strumenti a disposizione (asset liquidi, crediti, finanziamenti a termine, depositi e capitale): questo significa che le azioni mitigatrici coinvolgono una parte consistente delle voci di bilancio 32. Le azioni intraprese dalla banca X modificano il valore iniziale delle poste di bilancio (I i,t0 ) che vengono aggiustate nel modo seguente 33 : I w S i, t2 Ii, t0 Et1 1 i sim1 t2 1 Rt 2 (4.12) 31 Le fire sales sono vendite forzate di asset che si verificano qualora l intermediario necessiti con urgenza di liquidità: esse avvengono ad un prezzo molto inferiore rispetto all effettivo fair value delle attività scambiate. 32 Il modello non specifica il costo che ciascun intervento può comportare e il conseguente impatto sulla redditività dell azienda (vedi trade-off liquidità- redditività al cap.1, par.1.2.). In questo modo è possibile che si determini una sovrastima del numero di azioni realmente concretizzabili e dei loro reali benefici. 33 L assunzione che i cambiamenti di I i riflettano esclusivamente gli aggiustamenti di bilancio è abbastanza forte se si pensa che le variazioni potrebbero essere causate anche da un movimento esogeno dei prezzi. Tuttavia, la parte rilevante del cambiamento è più facilmente riconducibile ad aggiustamenti di portafoglio, dato che movimenti estremi dei prezzi sono considerati abbastanza rari nell arco temporale di un mese. 71

82 dove E Liquid Assets Liquid Assets Net cash outflows Net cash outflows (4.13) t1 t0 t1 t1 t0 I i St 2, se i = attività a breve termine, i = passività a lungo termine (4.14) I i i I i St 2, se i = passività a breve termine, i = attività a lungo termine (4.15) I R i i 50 / 100, se i = attività (4.16) t2 w i RSF / 100 R t2 w i ASF 50, se i = passività (4.17) E t1 nell equazione (4.13) rappresenta l ammontare di liquidità perso a causa dello shock, verificatosi nella prima fase dello scenario. Esso rappresenta la liquidità necessaria per ripristinare il LCR t0, assunto come livello ottimale, e quindi determina l ammontare stesso delle azioni mitigatrici. 34 In questa fase, il modello impone la restrizione che una banca non possa espandere il proprio bilancio totale attraverso le azioni mitigatrici: la somma degli elementi I i,t2 deve essere minore o al massimo uguale alla somma degli elementi I i,t0. Questo vincolo è rispettato riducendo le attività e le passività proporzionalmente se il bilancio totale al tempo t 2 dovesse eccedere il bilancio al tempo t 0. Gli effetti positivi delle misure attuate vengono ridotti dalle interferenze create sui mercati dallo shock iniziale (riflesse in w isim1 nell Equazione (4.12)). In una situazione di stress estremo con forti tensioni sui mercati finanziari, un w isim1 =100% esprime l impossibilità dell intermediario di entrare in un determinato segmento di mercato i per accrescere la propria liquidità. Infine, l ultima parte dell equazione (4.12) descrive la regola che determina la reazione vera e propria della banca, ossia il tipo di strumenti (voci i, ammontare I) utilizzati per risanare la propria liquidità. Questa regola si basa sulla specializzazione della banca (S) e su una componente regolamentare (R). 34 Nel modello, la liquidità persa nel lato dell attivo determina le azioni mitigatrici che devono coinvolgere le attività e la liquidità persa nel lato del passivo determina le misure da intraprendere sulle passività. 72

83 La variabile S oscilla da [-1,1] e determina la cosiddetta reazione within exposure ; questo tipo di risposta prevede una riduzione della scadenza media delle attività e un allungamento della scadenza media delle passività, in base alla quota rappresentata da ciascuna voce all interno del bilancio ( I i / i I ). Questa componente statica della reazione assume che la i composizione del bilancio determini gli strumenti disponibili per ottenere liquidità, riflettendo la specializzazione della banca e la sua presenza in certi segmenti di mercato. L idea che sta alla base di questa assunzione (confermata anche da ricerche di tipo empirico 35 ) è che nelle crisi di liquidità il tempo per agire sia di solito poco: le banche si trovano costrette a operare sugli strumenti di bilancio prontamente utilizzabili, avendo pochissime opportunità di cambiare le loro strategie (per esempio, diversificando le risorse di finanziamento o entrando in nuovi mercati 36 ). Nell equazione (4.14) la struttura delle scadenze è accorciata aumentando l ammontare di attività che scadono entro l anno e nell equazione (4.15) riducendo le attività con una scadenza superiore all anno (viceversa per le passività). La variabile R presenta invece valori nell insieme [-0.5, 0.5] e riflette le reazioni across exposure. Essa presume che le banche sostituiscano le differenti poste di bilancio, attraverso un aumento delle attività liquide e delle risorse finanziarie stabili e una riduzione degli asset illiquidi e dei finanziamenti a breve termine. Si assume che le banche intervengano sui loro bilanci in accordo con i fattori di ponderazione relativi alle risorse finanziarie stabili disponibili (ASF) e a quelle necessarie (RSF) (equazioni (4.16)-(4.17)). Tali fattori di ponderazione variano da [0,100] e 50 rappresenta il valore di mezzo. Esso agisce come un fattore pivot che determina l entità degli aggiustamenti della banca sulle poste di bilancio, implicando una sostituzione degli asset illiquidi (w RSF > 50) con attività liquide (w RSF < 50) e delle passività volatili (w ASF < 50) con risorse di finanziamento stabili (w ASF > 50). I fattori di ponderazione stabiliscono quindi l ordine gerarchico con cui le 35 Tabbae e Van den End (2009) testano l ipotesi che, in tempo di crisi, le banche reagiscano con strumenti proporzionali alla composizione del proprio bilancio ( I i / i I ). L ipotesi della reazione statica viene i formulata come segue,, e afferma che le banche reagiscono attraverso un determinato strumento (reazione tradotta nel cambiamento relativo del valore (I) di quella posta di bilancio (i) in termini assoluti, ovvero il termine a sinistra dell equazione) in accordo con la composizione del bilancio (la parte a destra dell equivalenza). Viene testata la seguente ipotesi nulla:. Il test dimostra che in condizioni normali l equivalenza è rifiutata in molti casi del campione, anche se l ipotesi tiene nel 50% dei casi per le banche di piccola dimensione. Questo suggerisce che esse hanno una limitata flessibilità nella gestione del rischio di liquidità e ricorrono per lo più agli strumenti che compongono i loro bilanci. In un severo periodo di crisi, tuttavia, l ipotesi nulla è accettata nella maggioranza dei casi, per diverse tipologie di banche. Questo sta ad indicare che in condizioni di mercato turbolente in generale le banche hanno meno flessibilità di azione perciò utilizzano gli strumenti immediatamente a loro disposizione. 36 Una restrizione del modello è che una banca che non ha esposizioni in un certo segmento di mercato, non può entrare neanche successivamente in questo mercato. 73

84 azioni mitigatrici devono coinvolgere le varie poste di bilancio, nel caso si cerchi di rafforzare la propria posizione di liquidità. Infine, il parametro è un parametro comportamentale che applica dei pesi a entrambe le componenti della reazione, S ed R. Se l orizzonte dello scenario di stress è breve, è più probabile che le reazioni siano di tipo statico ( e S preponderante), mentre un periodo di tempo più lungo fornisce alle banche maggiori opportunità per ridisegnare i propri bilanci ( con R dominante). Dato che le azioni mitigatrici della banca cambiano la composizione del suo bilancio nella direzione di un più basso mismatch tra le scadenze (tradotte nei nuovi elementi I LCRt2 e I NSFRt2 ), entrambi gli indicatori di liquidità subiranno un incremento rispetto ai valori al tempo t 1 (con LCR t2 > LCR t1 e NSFR t2 > NSFR t1 ) Conseguenze della risposta bancaria allo shock La reazione della singola banca X non può influenzare in maniera significativa i mercati, mentre la risposta collettiva di più intermediari può avere un impatto anche notevole, in particolare su prezzi e volumi. Ad esempio, se molte banche cercano di risanare la propria posizione di liquidità aumentando la stabilità del passivo, il finanziamento a termine diverrà scarso e molto costoso. D altra parte, qualora numerosi intermediari reagiscano attraverso fire sales, vendendo grandi quantità di titoli dai loro portafogli, ne conseguirà una forte riduzione del valore di quei titoli. Gli effetti distorsivi creati sui mercati dalle reazioni degli intermediari si ripercuotono sull intero sistema bancario, attraverso un aumento del rischio sistemico e favorendo il proliferare di fenomeni di contagio. Questi effetti, all interno del nostro stress test, vengono tradotti in haircuts addizionali per le attività negoziate nei mercati dove le banche reagiscono e in tassi di run-off più severi per le passività meno stabili (w i sim2 ). Essi vengono calcolati, secondo la seguente espressione: react react n w i sim2 wi sim1 n St3 1 Rt 3 syst (4.18) n dove b S t3 I i / R b b t3 w i ASF, RSF i I /100 b i (4.19) (4.20) 74

85 Il modello tiene conto dei principali fattori che possono incrementare il rischio sistemico: - un numero elevato di banche che reagiscono, poiché una risposta collettiva maggiore ha un impatto più consistente sui mercati. - reazioni molto simili tra loro, perché se la maggioranza dei comportamenti delle banche va in un unica direzione, questo può causare pro-ciclicità nei mercati finanziari; - la dimensione delle banche che reagiscono, poiché le azioni condotte dagli intermediari più grandi comportano una maggiore instabilità nei mercati 37. Nell equazione (4.18), il fattore che si applica allo shock iniziale (w i sim1 ) per determinare gli effetti di 2 ordine (w i sim2 ) dipende dal numero di banche che reagiscono (n react ) e aumenta sensibilmente se n react eccede un determinato livello n syst, che può variare da [0, n]. n syst rappresenta proprio il numero di banche, la cui risposta collettiva 38 potrebbe influenzare in maniera significativa il sistema finanziario, incorporando un canale di contagio tra gli istituti. Nel nostro modello n syst è posto uguale a I nuovi pesi w isim2 dipendono anche dalla taglia e dalla somiglianza degli interventi (S t3 nell equazione (4.19)). S t3 è specificata come la somma delle reazioni che coinvolgono un certo strumento i rispetto all ammontare totale delle reazioni, calcolate a livello di sistema bancario; in altre parole, S t3 rappresenta la proporzione di aggiustamenti del bilancio concentrata su un determinato segmento di mercato. Per il calcolo di S t3, non avendo a disposizione i bilanci dettagliati dell intero sistema bancario nazionale, abbiamo utilizzato i dati forniti da Banca d Italia sulla composizione di attività e passività a livello aggregato per l anno 2010 (Fig.4.2a e Fig.4.2b). 37 Ricerche empiriche confermano che l entità delle reazioni, il numero di banche che reagiscono e la concentrazione di interventi su segmenti di mercato specifici influenzano lo stress nel mercato (Tabbae e Van den End, 2009). 38 Il modello è sviluppato all interno del sistema bancario italiano, perciò le reazioni delle banche al di fuori del contesto nazionale non sono prese in considerazione. 39 Nella scelta di n syst, si è assunto di descrivere il sistema bancario nazionale con un campione costituito dalle 100 maggiori banche italiane (dato che quest ultime coprono circa il 90% dell attivo totale), gruppo di cui la nostra banca X fa parte (Fonte: In linea con le ipotesi di van den End, una ragionevole soglia critica per il rischio sistemico si attesta intorno al 15% dell intero sistema bancario; da ciò deriva la scelta di n syst =15. 75

86 Composizione delle Attività nel Sistema bancario Italiano <1% 6% 2% 8% 6% 7% 23% 16% 11% 20% Cassa e disponibilità liquide Titoli di stato Altri titoli Crediti vs banche Crediti vs clienti Crediti vs società non finanziarie Crediti vs amministrazioni pubbliche Azioni e partecipazioni Immobilizzazioni Altre attività Fig. 4.2a. Composizione Attività nel Sistema bancario italiano Fonte: Elaborazione dati Banca d Italia (2010) Composizione delle Passività nel Sistema bancario Italiano 9% 9% Depositi clienti Depositi banche 21% 38% Depositi amministrazioni pubbliche Obbligazioni 2% 21% Capitale e riserve Altre passività Fig. 4.2b. Composizione Passività nel Sistema bancario italiano Fonte: Elaborazione dati Banca d Italia (2010) Per le voci che richiedevano un dettaglio maggiore rispetto a quello in nostro possesso, il modello ricorre ad alcune ipotesi e proporzioni, direttamente legate alla struttura di bilancio della nostra banca X. Da un lato, si potrebbe pensare che questa scelta porti a risultati poco realistici, esistendo in Italia banche molto eterogenee tra loro. D altra parte, in assenza di dati precisi, questa rappresenta la scelta più prudente possibile. Infatti, avvicinare la struttura di bilancio delle altre banche a quella del nostro istituto, significa ipotizzare un grado di somiglianza maggiore tra gli intermediari e di conseguenza azioni mitigatrici più simili 40. Come noto, la comunanza 40 L ipotesi che banche simili reagiscano in maniera simile si ricava dalla componente S della regola di reazione. Essa afferma infatti che le banche attueranno misure mitigatrici che dipendono dalla loro specializzazione e dalla composizione dei loro bilanci. 76

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