LEZIONE 5. Typeset by AMS-TEX
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- Michele Manzi
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1 LEZINE Vettori geometrici. In questo lezione inizieremo a studiare enti geometrici ben noti quali punti, segmenti (orientati), rette, piani nel piano A 2 e nello spazio A 3 affini (cioè in cui valgono gli assiomi della geometria euclidea). A tale scopo il nostro primo passo è quello di algebrizzare la descrizione di tali enti, associando ad essi particolari matrici. Per fare questo inizieremo in questo paragrafo ad introdurre la nozione di vettore applicato nel piano affine A 2 e nello spazio affine A 3. Innanzi tutto ricordiamo cosa si intende per segmento. Siano A e B due punti di A n (se n = 2 sono punti del piano A 2, se n = 3 dello spazio A 3 ). Se A B esiste un unica retta r passante per A e B e tali punti dividono r in tre parti: una semiretta di origine A, una semiretta di origine B, ed una parte limitata di retta individuata dai due punti A e B che verrà detto segmento di estremi A e B. Se, invece, A = B la retta r non è più univocamente individuata e, quindi, non abbiamo più due semirette di origine A e B univocamente determinate, mentre potremo continuare a parlare del segmento di estremi A e B intendendo con ciò l unico punto A = B che, invece, continua ad essere univocamente determinato: in questo caso parleremo spesso di segmento degenere, o nullo, di estremi A e B. In entrambi i casi indicheremo il segmento di estremi A e B con il simbolo AB. Passiamo ora a definire la nozione di vettore. Definizione Sia un punto in A n. Un vettore v applicato in è un segmento, eventualmente degenere, avente un estremo in, detto estremo vincolato. Se P è l altro estremo, detto estremo libero, spesso indicheremo v con il simbolo P. Se = P scriveremo 0 invece di. L insieme di tutti i vettori di A n applicati in verrà indicato con il simbolo V n (). Le scritture v o P ricordano che il segmento è orientato, ovvero va percorso in un ben preciso verso ed ha un punto di applicazione,, ed un estremo libero, P. In questo senso le due scritture P e P, pur rappresentando lo stesso segmento, rappresentano vettori applicati diversi. 1 Tpeset b AMS-TEX
2 VETTRI GEMETRICI Figura 5.1 Ad ogni vettore geometrico rimangono associate alcuni dati importanti. Definizione Sia P V n (), P 0. Definiamo direzione di v la retta passante per i punti e P. Definiamo verso di v la semiretta di origine e contenente il punto P. Spesso è comodo estendere la nozione di direzione e verso anche al vettore nullo, dicendo che il vettore nullo ha direzione e verso indeterminati. Definizione Siano P, Q Vn (). Diciamo che P e Q sono paralleli o linearmente dipendenti se i punti, P e Q sono allineati. In caso contrario diremo che i vettori dati non sono paralleli o che sono linearmente indipendenti. Se P e Q sono paralleli si scrive P Q. Se P Q sono non nulli, diciamo che i due vettori sono concordi se hanno lo stesso verso, discordi se hanno versi distinti. Siano P, Q, R Vn (). Diciamo che i tre vettori P, Q e R sono complanari o linearmente dipendenti se i punti, P, Q e R sono complanari. In caso contrario diremo che i vettori dati non sono complanari o che sono linearmente indipendenti. Si noti che la proprietà che tre punti A, B, C non sono allineati o che quattro punti A, B, C, D non sono complanari spesso si riassume dicendo che i punti dati sono in posizione generale. Si noti che se P, Q Vn () sono non nulli essi sono paralleli se e solo se hanno la stessa direzione. La nostra definizione si estende anche al caso in cui uno dei due sia nullo. Per fissare le idee sia P = 0: ciò significa che P =, dunque i tre punti, P e Q risultano ovviamente essere allineati. In particolare, in base alla definizione sopra, 0 è parallelo ad ogni vettore in V n (). Un discorso analogo può essere fatto per la nozione di complanarità. È chiaro che di vettori aventi la stessa direzione e verso ne esistono infiniti. Se, però, introduciamo la nozione di modulo o lunghezza del vettore questa, unitamente a direzione e verso, individua completamente il vettore.
3 LEZINE 5 3 Definizione Sia u un unità di misura fissata in A n. Se P Vn (), indicheremo con P (o P ) la lunghezza di P (o di P ) rispetto all unità di misura u. Tale numero verrà anche detto modulo di P (o di P ). I vettori di V n () di lunghezza 1 vengono detti versori. Si ha che v 0 e risulta v = 0 se e solo se v = 0. Con la convenzione su direzione e verso del vettore nullo, è chiaro che ogni vettore applicato rimane completamente individuato da direzione, verso e modulo: in particolare due vettori coincidono se e solo se hanno stessa direzione, stesso verso e stessa lunghezza. Si noti che ogni vettore non nullo v V n () ha esattamente due versori ad esso paralleli, uno concorde ed uno discorde. Infatti si considerino sulla retta per e P i due unici punti U 1 e U 2 tali che U 1 = U 2 = 1: allora U 1 e U 2 sono i versori cercati Sistemi di coordinate. Passiamo ora ad introdurre la nozione di sistema di riferimento cartesiano ortogonale nel piano affine A 2 e nello spazio affine A 3. A tale scopo fissiamo una volta per tutte un unità di misura u in A n Definizione Un sistema di riferimento (cartesiano ortogonale) ı j in A 2 è definito dai seguenti enti. (SRP1) Un punto A 2 detta origine del sistema di riferimento. (SRP2) Un versore ı applicato in. (SRP3) Un versore j applicato in tale che il versore ı si sovrappone al versore j con una rotazione di π/2 radianti intorno ad in senso antiorario. In figura 5.2 è riportato un esempio di sistema di riferimento nel senso della definizione sopra. j i Figura 5.2 Le direzioni di ı e di j vengono dette rispettivamente asse delle ascisse (o delle ) e delle ordinate (o delle ). I versi di ı e di j vengono detti rispettivamente semiasse positivo delle ascisse (o delle ) e delle ordinate (o delle ). I versi opposti a quelli di ı e di j vengono detti rispettivamente semiasse negativo delle ascisse (o delle ) e delle ordinate (o delle ).
4 SISTEMI DI CRDINATE Si noti che un sistema di riferimento può anche essere descritto partendo dagli assi e fissando poi i versori: per questo motivo spesso parleremo di sistema di riferimento anche se, in questo caso, la notazione è ambigua in quanto non fa riferimento all unità di misura u. Sui due semiassi positivi delle ascisse e delle ordinate abbiamo due punti, rispettivamente U ed U, a distanza 1 dall origine, gli estremi liberi di ı e di j rispettivamente. In questo modo abbiamo una biiezione fra i punti dei due assi ed i numeri reali, come spiegato nel corso di Analisi I: per esempio i punti a distanza d > 0 sull asse delle ascisse (ne esistono due) corrisponderanno ai numeri reali +d (quello che si trova nel semiasse positivo delle ascisse) e d (quello che si trova nel semiasse negativo delle ascisse), mentre l origine corrisponde allo 0. Se ora P A 2 è un qualsiasi punto del piano (eventualmente appartenenete agli assi), ad esso si può associare una coppia ordinata di numeri reali come segue. Si considerino le rette r ed r passanti per P e parallele rispettivamente all asse delle ascisse ed all asse delle ordinate: allora la retta r intersecherà l asse delle ordinate in un punto corrispondente al numero reale P (detto ordinata di P ), mentre la retta r intersecherà l asse delle ascisse in un punto corrispondente al numero P (detto ascissa di P ). Assoceremo al punto P la coppia ordinata ( P, P ). Tale corrispondenza fra i punti del piano e le coppie ordinate di numeri reali è biunivoca. Per questo motivo, da adesso in poi, identificheremo A 2 con l insieme R 2 e utilizzeremo quest ultimo simbolo per indicare il piano con un fissato sistema di riferimento cartesiano ortogonale ı j. Si noti che tale l identificazione fra A 2 e R 2 da noi fatta dipende dalla scelta del sistema di riferimento ı j e dalla scelta dell unità di misura u: lo stesso punto P può corrispondere a coppie numeriche molto diverse in sistemi di riferimento diversi. Perciò la scrittura P = ( P, P ) significa: il punto P A 2 che rispetto al sistema di riferimento fissato ı j ha ascissa P ed ordinata P. Riportiamo sotto gli assi delle ascisse, delle ordinate ed i punti U ed U associati al sistema di riferimento introdotto nella Figura 5.2 e le coordinate di un punto P P P j U P i U Figura 5.3
5 LEZINE 5 5 Avere un sistema di coordinate nel piano permette di fare alcuni conti velocemente. Per esempio è possibile calcolare la lunghezza AB del segmento AB di estremi A e B in termini di tali coordinate. Infatti siano A = ( A, A ) e B = ( B, B ). B B A C A A B Figura 5.4 Applicando il Teorema di Pitagora al triangolo ABC, che è rettangolo in C, si deduce che (5.2.1) AB = ( A B ) 2 + ( A B ) 2. Passiamo ora a descrivere il caso dello spazio affine A 3. Definizione Un sistema di riferimento (cartesiano ortogonale) ı j k in A 3 è definito dai seguenti enti. (SRS1) Un punto A 3 detta origine del sistema di riferimento. (SRS2) Due versori ı e j applicati in e fra loro perpendicolari. (SRS3) Un versore k applicato in, perpendicolare al piano contenente ı e j e tale che la terna ı, j, k sia orientata come l indice, il medio e il pollice della mano destra (regola della mano destra). La regola di orientazione della terna ı, j, k viene detta regola della mano destra. Ci sono molte altre regole equivalenti (per esempio i fisici spesso parlano della regola della vite). Le direzioni di ı, j e k vengono dette rispettivamente asse delle ascisse (o delle ), delle ordinate (o delle ) e delle quote (o delle z). I versi di ı, j e k vengono detti rispettivamente semiasse positivo delle ascisse (o delle ), delle ordinate (o delle ) e delle quote (o delle z). I versi opposti a quelli di ı, j e k vengono detti rispettivamente semiasse negativo delle ascisse (o delle ), delle ordinate (o delle ) e delle quote (o delle z).
6 PRIME PERAZINI SUI VETTRI Anche in questo caso un sistema di riferimento può anche essere descritto partendo dagli assi e fissando poi i versori e, quindi, spesso parleremo di sistema di riferimento z. Possiamo scegliere sui tre semiassi positivi delle ascisse, ordinate e quote tre punti, rispettivamente U, U e U z a distanza 1 dall origine, gli estremi liberi dei versori ı, j e k. In questo modo è possibile mettere in biiezione i punti dei tre assi con i numeri reali. Se ora P A 3 è un qualsiasi punto del piano (eventualmente appartenenete agli assi), ad esso si può associare una terna ordinata di numeri reali come segue. Si considerino i piani π, π e π z passanti per P e paralleli rispettivamente al piano z (contenente gli assi delle ordinate e delle quote), z (contenennte gli assi delle ascisse e delle quote) e (contenennte gli assi delle ascisse e delle ordinate): allora i piani π, π e π z intersecheranno gli assi in punti corrispondenti a numeri reali P, P e z P (detti ascissa, ordinata e quota di P ). Assoceremo al punto P la terna ordinata ( P, P, z P ). Tale corrispondenza fra i punti dello spazio e le terne ordinate di numeri reali è biunivoca. Per questo motivo d ora innanzi identificheremo il piano A 3 con il prodotto cartesiano R 3 e utilizzeremo quest ultimo simbolo per indicare il piano con un fissato sistema di riferimento cartesiano ortogonale ı j k. z Uz k P j U U i Figura 5.5 Come visto per segmenti nel piano, dato un segmento AB A 3, se A = ( A, A, z A ), B = ( B, B, z B ), la sua lunghezza è (5.2.3) AB = ( A B ) 2 + ( A B ) 2 + (z A z B ) Prime operazioni sui vettori. D ora innanzi ci limiteremo a considerare lo spazio R 3 (cioè lo spazio affine A 3 con fissato sistema di riferimento cartesiano ortogonale ı j k ) e vettori applicati in esso. I risultati e le definizioni per vettori in R 2 sono analoghi. Per questioni di semplicità i disegni saranno quasi sempre fatti in R 2.
7 LEZINE 5 7 gni vettore P rimane individuato dal suo estremo libero: viceversa ogni punto P è individuato dal suo vettore posizione P. Pertanto se P = ( P, P, z P ) spesso identificheremo P con tale terna (che, ricordiamo, per noi non è altro che una matrice colonna!), cioè scriveremo P = ( P, P, z P ) sottintendendo che tale identificazione dipende dal sistema di riferimento fissato, come nel caso dei punti.si ha (5.3.1) P = P = 2 P + 2 P + z2 P. Introduciamo in V n () le due operazioni di prodotto di vettori applicati per uno scalare e di somma di vettori applicati. Iniziamo a definire la nozione di prodotto di un vettore applicato per uno scalare, cioè per un numero reale. Siano α R e v = (v, v, v z ). Definiamo prodotto di α per v il vettore u = α v = α(v, v, v z ) = (αv, αv, αv z ). Questa definizione non dipende dalla scelta di ı j k. Se α 0, per esempio α > 1, e v 0 dalla Figura 5.6, si deduce facilmente che la seguente interpretazione geometrica se v 0 ed α 0 la direzione di α v coincide con la direzione di v, α v è concorde con v se α > 0 e discorde se α < 0 e α v = α v. αv αv B v v A v αv Figura 5.6 Passiamo ora a definire la nozione di somma di vettori applicati. Siano v = t ( v v v z ) e w = t ( w w w z ). Definiamo somma di v e w il vettore u = v + w = (v, v, v z, ) + (w, w, w z ) = (v + w, v + w, v z + w z ).
8 PRIME PERAZINI SUI VETTRI Notiamo che questa definizione non dipende dalla scelta ı j k. Se v e w sono due vettori generali, per esempio non paralleli, dalla Figura 5.7, si deduce facilmente che la seguente interpretazione geometrica detta regola del parallelogramma: se si considera il parallelogramma avente i due lati con vertice coincidenti con i vettori applicati v e w, il vettore v + w viene a coincidere con la diagonale uscente da. Si verifica facilmente che tale osservazione può essere estesa anche al caso di coppie di vettori non generali (per esempio, vettori paralleli o tali che uno dei due sia nullo), quindi la nostra definizione di somma non dipende, in realtà, dal sistema di riferimento scelto ma solo dai vettori. v +w v E A C v v+w w B F w v w v +w Figura 5.7 Da quanto visto sopra e dalle Proposizioni ed segue Proposizione Valgono le seguenti proprietà: (S1) per ogni v, w V n () si ha v + w = w + v (la somma è commutativa); (S2) per ogni u, v, w V n () si ha u + ( v + w) = ( u + v) + w (la somma è associativa); (S3) il vettore nullo è l unico elemento neutro per la somma, cioè è l unico vettore tale che 0 + v = v, per ogni v V n (); (S4) per ogni v V n (), v è l unico elemento opposto di v, cioè è l unico vettore tale che v + ( v) = 0; (P1) per ogni v V n () si ha 1 v = v; (P2) per ogni α 1, α 2 R e v V n () si ha α 1 (α 2 v) = (α 1 α 2 ) v; (SP1) per ogni α 1, α 2 R e v V n () si ha (α 1 + α 2 ) v = α 1 v + α 2 v; (SP2) per ogni α R e v, w V n () si ha α( v + w) = α v + α w. Poiché si ha (si veda la Figura 5.8) ı = (1, 0, 0), j = (0, 1, 0) k = (0, 0, 1)
9 LEZINE 5 9 Proposizione Per ogni v V 3 () esistono unici v, v, v z R tali che v = v ı + v j + v z k. j i v v i v v j v Figura 5.8 Nella scrittura sopra, si seguono le usuali convenzioni algebriche. In base alle definizioni di prodotto di uno scalare per un vettore applicato e di somma di vettori applicati, si ha α(v ı + v j + v z k ) = (αv ) ı + (αv ) j + (αv z ) k, (v ı + v j + v z k ) + (w ı + w j + w z k ) = (v + w ) ı + + (v + w ) j + (v z + w z ) k. La decomposizione di un vettore geometrico secondo i tre versori è ci permette di lavorare con i vettori trattandoli come dei polinomi lineari in ı, j, k. Per esempio se v = ı + 3 j k e w = 2 ı j + k in R 3 allora v + w = ( ı + 3 j k ) + ( 2 ı j + k ) = = (1 2) ı + (3 1) j + ( 1 + 1) k = ı + 2 j, v 2 w = ( ı + 3 j k ) 2( 2 ı j + k ) = = (1 + 4) ı + (3 + 2) j + ( 1 2) k = 5 ı + 5 j 3 k. Ricordando quanto detto per le matrici risulta v = ( 1) v. È utile avere anche una nozione di differenza di vettori applicati ed una sua interpretazione geometrica. Come d uso corrente, se v e w V 3 (), scriveremo v w in luogo di v + ( w). Si ricordi che v + w è la diagonale uscente da del parallelogramma avente lati v e w. Anche per la differenza v w c è un interpretazione geometrica: ovviamente
10 PRIME PERAZINI SUI VETTRI è la diagonale uscente da del parallelogramma avente lati v e w (si veda la Figura 5.9) Poiché i parallelogrammi ACB e BED sono congruenti, segue che v w = B A e, come segmento, è parallelo e congruente alla diagonale AB orientata da A a B. B C E v v-w v+w D -w w A Figura 5.9 Nel seguito scriveremo B A in luogo di B A: si noti che non stiamo facendo una differenza di punti (che non ha senso), ma stiamo semplicemente definendo un nuovo simbolo per indicare un particolare vettore di V 3 (). Il simbolo B A è utile per ricordare che se A = ( A, A, z A ) e B = ( B, B, z B ) allora B A = B A = ( B A ) ı + ( B A ) j + (z B z A ) k. Concludiamo questa lezione chiarendo il rapporto fra le operazioni sopra definite e le nozioni di parallelismo e complanarità di vettori. L interpretazione algebrica della nozione geometrica di parallelismo è data dalla Proposizione Siano v, w V 3 () con v 0. Allora v e w sono linearmente dipendenti (cioè v w) se e solo se esiste α R tale che w = α v. Dimostrazione. Supponiamo sia w = α v: se w = 0 per definizione w v. Se w 0, dall interpretazione geometrica del prodotto per scalari, segue w v. Viceversa supponiamo che w v. Se w = 0 allora w = 0 v. Sia w 0. Se v, w sono concordi definiamo α = w / v, se sono discordi α = w / v. Allora α v è un vettore avente stessa direzione di v (e di w), verso coincidente con quello di v se v, w sono concordi, opposto se v, w sono discordi (quindi ha verso coincidente con quello di w) e modulo pari a α v = ( w / v ) v = w. Quindi w = α v. Sia v V 3 () e sia vers v il versore ad esso parallelo e concorde: allora si deve avere vers v = α v con α > 0: calcolando i moduli si ottiene 1 = vers v = α v da
11 LEZINE 5 11 cui si deduce che vers v = v/ v. vviamente v = ( 1) vers v è il versore ad esso parallelo e discorde. Proposizione Siano u, v, w V 3 () con v w. Allora u, v, w sono linearmente dipendenti (cioè sono complanari) se e solo se esistono α, β R tali che u = α v + β w. Dimostrazione. Supponiamo sia u = α v + β w: in base all interpretazione geometrica della somma abbiamo che u, v, w giacciono in uno stesso piano. r R P αv+βw v w S s Figura 5.10 Viceversa supponiamo che u, v, w giacciano in uno stesso piano: supponiamo che P sia l estremo libero di u. Le rette per P parallele alle direzioni r ed s di v e w rispettivamente, intersecano s ed r rispettivamente in due punti S e R tali che il quadrilatero SP R è un parallelogramma. Per costruzione S w e R v, quindi esistono α, β R tali che S = β w e R = α v: allora il significato geometrico di somma di vettori applicati ci permette di scrivere P = α v + β w. Dalle Proposizioni e segue Proposizione Siano dati i punti A = ( A, A, z A ), B = ( B, B, z B ), C = ( C, C, z C ), D = ( D, D, z D ) di R 3. i) A, B, C non sono in posizione generale (cioè sono allineati) se e solo se ( ) B rk A B A z B z A 1. C A C A z C z A ii) A, B, C, D non sono in posizione generale (cioè sono complanari) se e solo se rk B A B A z B z A C A C A z C z A 2. D A D A z D z A
12 PRIME PERAZINI SUI VETTRI Proof. Se A = B = C non c è nulla da verificare: supponiamo perciò B A 0. I punti A, B, C sono allineati se e solo se esiste t R tale che ( C A ) ı + ( C A ) j + (z C z A ) k = t(( B A ) ı + ( B A ) j + (z B z A )) k (Proposizione 5.3.9), cioè se e solo se con l operazione elementare R 2 R 2 tr 1 la matrice sopra indicata si trasforma in ( B A B A z B z A cioè se e solo se ha rango al più 1. Se i punti A, B, C, D sono allineati non c è nulla da verificare: supponiamo perciò B A C A. I punti A, B, C, D sono complanari se e solo se esistono t, u R tale che ( D A ) ı + ( D A ) j + (z D z A ) k = t(( B A ) ı + ( B A ) j + (z B z A )) k + u(( C A ) ı + ( C A ) j + (z C z A )) k (Proposizione ), cioè se e solo se con l operazione elementare R 3 R 3 tr 1 ur 2 la matrice sopra indicata si trasforma in B A B A z B z A C A C A z C z A ),, cioè se e solo se ha rango al più 2.
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