Collana Cartolarios. Domus de Janas. Cinquant anni di premi letterari in lingua sarda Salvatore Tola ISBN Prima edizione novembre 2006

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3 Collana Cartolarios Domus de Janas Cinquant anni di premi letterari in lingua sarda Salvatore Tola ISBN Prima edizione novembre 2006 Realizzazione editoriale: Domus de Janas Via Monte Bianco Su Planu Selargius Tel Fax info@domusdejanaseditore.com Realizzazione grafica: Supporti Visivi Stampa e allestimento: Grafiche Ghiani Monastir (CA)

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6 ALLA SCUOLA DI TONINO LEDDA Nel 1970 era stata istituita, nell ambito del premio Ozieri, una sezione riservata ai poeti emigrati; si stabilirono contatti con Il Messaggero sardo, la pubblicazione mensile destinata ai sardi residenti fuori dell isola, venne a far parte della giuria in rappresentanza del giornale di cui era direttore Lucio Artizzu. In seguito sarebbe stata istituita una coppa messa in palio dal Messaggero per il migliore tra i poeti emigrati. Qualche anno più tardi quel posto di rappresentante si rese libero, ed io fui inviato ad occuparlo: conosciuto soltanto per alcune modeste collaborazioni al quotidiano di Sassari e alla rivista La Grotta della vipera, ero stato segnalato dal professor Manlio Brigaglia, che aveva evidentemente intuito un mio interesse per la poesia. Al momento del mio arrivo, anni prima, dalla penisola dove ero nato e cresciuto ero stato come folgorato dalla presenza del verso e della rima in ogni momento e occasione della vita dei sardi. Ancora studente mi ero appassionato alle gare degli improvvisatori, avevo raccolto dalla memoria dei vecchi ottave e brani sparsi, mi ero dato alla lettura della rivista S Ischiglia. In seguito gli studi e il lavoro di maestro, tutti ispirati alla cultura nazionale, espressa in lingua italiana, avevano ridotto questo mio interesse; erano d altra parte anni in cui tra la popolazione isolana prevaleva l inclinazione a trovare modelli e punti di riferimento più all esterno che nell universo locale. Ora la chiamata all Ozieri mi induceva a riscoprire l antico interesse, mentre l esperienza di vita lontano dalla Sardegna, compiuta da bambino e da adolescente, mi faceva sentire vicino alla scrittura dei poeti emigrati. Mi dedicai così, con entusiasmo, allo studio delle poesie pervenute da Ozieri; e pieno di entusiasmo mi presentai, il 29

7 6 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA luglio 1977, alla mia prima riunione della giuria: ne facevano parte Antonio Sanna, docente di Linguistica sarda, presidente, quindi Giovanni Campus, noto come critico cinematografico; Giulio Cossu, poeta; Lorenzo Del Piano, storico; Nicola Tanda, docente di Italiano; Antonella Salvietti, animatrice della cultura algherese; Leonardo Sole, linguista; oltre che, naturalmente, il segretario e fondatore Tonino Ledda, poeta, già allora colpito dalla malattia. Avevo esaminato le poesie con molto scrupolo, fino a radicarmi nella convinzione che i miei giudizi avrebbero collimato con quelli degli altri. Così ovviamente non era, ed io proposi di andare a una votazione: ero pronto a restare in minoranza, se i numeri lo avessero dimostrato. Tonino Ledda e gli altri mi spiegarono allora che il loro metodo di lavoro non prevedeva la contrapposizione: di fronte a una disparità di vedute si preferiva procedere nella discussione, leggendo e rileggendo le opere, sino a quando una parte non si fosse decisa a riconoscere le ragioni dell altra. Dopo questa prima lezione, che non ho mai dimenticato, mi inserii gradatamente nel lavoro comune. Tonino Ledda mi teneva d occhio. Ebbe anche occasione di farmi notare, con una delle sue battute fulminanti, che io ero arrivato alla sua giuria senza il suo benestare. Col passare del tempo iniziai a godere della sua simpatia, pesava positivamente la scoperta degli elementi che ci univano: eravamo entrambi maestri elementari; e avevamo trascorso lontano dalla Sardegna, come figli di sardi, gli anni dell infanzia e dell adolescenza. Fu così che prese la decisione di fare di me, da un rappresentante degli emigrati che si esprimeva solo su una sezione, un giurato a pieno titolo chiamato a giudicare tutte le opere. Divenni gradatamente un giurato di carriera : impegnato dapprima e soltanto nel concorso di Ozieri, poi via via in tanti di quelli che iniziarono ad affacciarsi tra la metà e la fine degli anni Settanta nella parte centro-settentrionale dell isola: il Paolo Mossa di Bonorva; il Meilogu di Pozzomaggiore; il Romangia di Sennori; il Rettore Mele di Olzai; il Giuseppe Calvia di Mores. Arrivai nel giro di poco tempo a condividere il lavoro di una decina di giurie. Ero sostenuto da una certa sicurezza che mi veniva

8 ALLA SCUOLA DI TONINO LEDDA 7 dalle esperienze già fatte e ben disposto a compierne delle nuove: frequentare nuovi paesi, veder applicate nuove idee da parte degli organizzatori, conoscere altri giurati e, insieme a loro, scoprire gli autori che mano mano si venivano distinguendo. In poche parole, ero testimone partecipe del diffondersi nel territorio di quell evoluzione della letteratura, della poesia e della lingua che Ledda e il suo gruppo avevano avviato a Ozieri. Vedevo il premio di poesia diventare un istituzione stabile del panorama culturale sardo, e per questo capace di estendersi alle altre aree dell isola: il Nuorese, la Marmilla, il Campidano. L esperienza pluriennale di giurato, in altre parole, mi ha collocato sul versante opposto rispetto a quanti snobbano questo genere di manifestazioni e ne vedono solo gli aspetti negativi e i limiti (che pure esistono). Al contrario, ho potuto maturare la convinzione che si tratta di un fenomeno di rilievo nella storia della cultura isolana e spesso come è stato per il premio Ozieri un occasione di crescita e di nuove conquiste sul piano della poesia e della letteratura. Nel periodo in cui mi sono dedicato alla ricostruzione di questa storia il pensiero è andato spesso ad alcuni dei concorsi che si sono interrotti dopo alcuni anni di attività: il Giuseppe Calvia di Mores, ad esempio, il Rettore Diego Mele di Olzai, il Marmilla di Mogoro. Ho ricordato di ognuno le figure umane, i progetti e le aspettative, gli entusiasmi e le nuove scoperte. Rimane il rimpianto per il loro abbandono, per quanto avrebbero ancora potuto durare ed operare; ma resta anche la certezza che il lavoro svolto da ognuno non è caduto nel vuoto ma ha lasciato una sua eredità: ha contribuito alla diffusione delle idee, all avanzamento della cultura; ma soprattutto ha contribuito alla formazione di quella comunità di poeti, organizzatori, esperti e appassionati che ancora oggi scambiandosi in più di un caso i ruoli, ma mossi da un identico fine si ritrovano di tanto in tanto nelle località dove i concorsi hanno ancora vita. A tutti loro è dedicato questo libro. Il volume è articolato in tre parti: la prima ripercorre la vicenda di questi cinquant anni, dalla nascita dell Ozieri al successivo e perdurante moltiplicarsi delle sigle e delle formule; la sezione antologica raccoglie le opere dei poeti che si sono formati e affermati par-

9 8 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA tecipando ai concorsi; infine un inventario riporta i dati essenziali sui concorsi in attività oggi. La prima idea di questo libro risale ad alcuni anni fa, sono state molte le persone alle quali mi sono rivolto nel corso del tempo per avere notizie e suggerimenti: Giovanni Maria Cherchi, Efisio Collu, Giulio Cossu, Enzo Espa, Clara Farina, Giovanni Fiori, Nino Fois, Franco Fresi, Vittorio Ledda, Francesco Masala, Massimo Pittau, Tonino Rubattu, Mondina Sechi. Numerosissime le persone impiegati comunali, organizzatori, giurati, poeti cui mi sono rivolto per avere le notizie sui concorsi: in particolare Anna Cristina Serra, che ha fatto da consulente per l area campidanese. Manlio Brigaglia, infine, ha letto con la consueta disponibilità l opera e dato suggerimenti per una sua migliore sistemazione. A tutti un pensiero e un ringraziamento. Salvatore Tola N. B. Questo libro è privo di note al piede della pagina. I dati sulle opere utilizzate sono riportati nella bibliografia finale e sono richiamati nel testo con un minimo di dati tra parentesi: nome dell autore o titolo, anno di edizione, pagina. Soltanto nella parte antologica gli estremi delle opere dei poeti vengono dati già per esteso nelle note introduttive.

10 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO Il 26 ottobre 2003 si è svolta a Dorgali la cerimonia di consegna dei riconoscimenti per la prima edizione del premio di poesia sarda Bardia. Nel salutare il pubblico l assessore alla Cultura Fabio Errina spiegava che l Amministrazione municipale era stata spinta all iniziativa dalle insistenti richieste dei cittadini: appassionati e poeti scontenti perché il paese, dopo la cessazione di un precedente premio (il Tiscali ), era rimasto privo di una manifestazione così importante avevano premuto perché se ne varasse uno nuovo. Il Bardia era stato così messo in piedi, da un pugno di volenterosi. E, dopo quella prima edizione, ha avuto regolare seguito negli anni successivi, a dimostrazione che una buona parte dei paesi dell isola vuole celebrare ogni anno il suo concorso letterario, così come invita i cantanti a chitarra o organizza la gara poetica, o chiama i gruppi in costume a sfilare e ballare in occasione della festa patronale. 1. Il lungo processo che ha condotto ad una così convinta adozione di questa nuova espressione della cultura locale ha una data precisa di inizio: è il 1956, quando Tonino Ledda, maestro elementare e poeta di Ozieri, diede timidamente vita, in occasione della festa settembrina della Madonna del Rimedio, ad un concorso per una poesia in lingua sarda sul tema Ozieri e la sua festa. Scorrendo le cronache culturali dell isola si scopre che manifestazioni del genere si erano tenute anche in precedenza. Le iniziative, per quanto a carattere sporadico, indicavano che stava maturando il tempo per una rassegna di poesia diversa e nuova rispetto alla gara tra improvvisatori in auge nell isola da tempo immemorabile: l isola

11 10 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA aveva finalmente conquistato la scrittura ed era tempo di chiedere ai poeti di servirsene. È rimasta memoria ad esempio di un concorso promosso nel 1929, per un sonetto, dalla rivista Sardegna poetica. Uno altro ve ne fu, nel 1951, per una poesia ispirata alla tradizione popolare, indetto dalla rivista di Angelo Dettori S Ischiglia (nn. 4 e 7); e quello stesso anno Dettori ne organizzò uno intitolato a Grazia Deledda e collegato alla Fiera Campionaria della Sardegna. Qualche tempo dopo fu lo scrittore Bastià Pirisi a farsi promotore di una nuova iniziativa nel suo paese, Villanova Monteleone. Ma si era trattato in ogni caso di tentativi isolati, che si erano conclusi invariabilmente alla prima prova: secondo Dettori «appartengono ad un altro ciclo più remoto», «un tempo di pionierato» (Tola 1978, pp ). Ben diverso il caso dell iniziativa ozierese, che non solo ha avuto continuità nel tempo, ma ha saputo farsi strumento adeguato per una generale chiamata a raccolta degli autori in lingua sarda, e quindi di un progressivo rinnovamento dei loro moduli espressivi. L intento, come hanno ricordato in seguito Ledda e Antonio Sanna (che sarebbe stato a lungo presidente della giuria), nasceva dalla convinzione che la poesia in lingua sarda stesse attraversando un periodo di stagnazione e di crisi: secondo Sanna «sopravviveva, di vita stenta e grama, tollerata per un certo interesse folkloristico come forma di «sottocultura», perché si limitava a «riflettere, con ritardo di secoli, i temi della poesia nazionale, in un linguaggio ancora fermo a formule spagnole, con una metrica chiusa ad ogni innovazione, contenutisticamente indifferente alla realtà», e quindi «incapace di diventare fatto culturale», priva di «consapevolezza storica» (1969, pp. VI-VII). Tonino Ledda collegava la sua iniziativa a quella che era stata presa sessant anni prima, sempre nell ambito della sagra per la Madonna del Rimedio, dal poeta estemporaneo ozierese Antonio Cubeddu: chiamando a raccolta alcuni colleghi e portandoli ad esibirsi nella pubblica piazza, al cospetto del pubblico in festa, sulla base di un minimo di regole, aveva dato veste ufficiale alla gara, ossia al rito e all incontro/scontro tra poeti improvvisatori che si teneva, da tempo immemorabile e in forma spontanea, in tutte le parti dell isola. Ledda era convinto che dopo oltre mezzo secolo la formula

12 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO 11 messa a punto dal suo conterraneo, che pure aveva a suo tempo segnato una svolta, avesse fatto il suo tempo: le gare poetiche, che avevano annoverato grandi nomi e avevano avuto una «funzione di informazione, se non addirittura di formazione di massa», si trascinavano stancamente nelle feste paesane, superate per il sopravvenire di nuovi mezzi di comunicazione e per il progresso, «che indirizza in tutt altro modo l impiego del tempo libero e i gusti della gente». Per questo si era proposto, pur agendo sempre nell ambito della festa grande cittadina, di mettere a punto una formula nuova, in grado di «svecchiare una consuetudine ormai pesante e monotona» e di conferire alle prove «un carattere più meditato e decisamente competitivo» (1969, p. 14). 2. Il clima politico e culturale. La portata dell operazione intrapresa da Tonino Ledda si coglie nel suo significato più ampio se si ripercorrono, anche celermente, le alterne vicende che toccano la lingua sarda e, più in generale, la cultura della Sardegna, a partire dalla metà del secolo passato. Alla fine della guerra si era estesa anche all isola la spinta verso la ripresa che animava il resto dell Italia; per un verso la Sardegna era avvantaggiata per non aver avuto nel suo territorio scontri armati di grandi proporzioni: la popolazione aveva sofferto più che altro per la carenza dei generi alimentari (soprattutto nei centri maggiori), per i bombardamenti, molto intensi a Cagliari, e per l interruzione delle comunicazioni con la penisola. In mancanza di una reazione contro il nemico e di una guerra partigiana, il ritorno alla vita democratica era stato contrassegnato da alcuni segnali di vita civile quali la precoce entrata in funzione, nell autunno del 1943, di Radio Sardegna, una delle prime radio libere nella storia dell Italia postfascista; la nomina, agli inizi del 44, di un Alto Commissario incaricato di ridare vita a tutte le amministrazioni, statali, civili e militari; l uscita a Sassari, nel luglio di quell anno, della rivista Riscossa, concepita per favorire la ripresa del dibattito democratico. La discussione si incentrò ben presto sulle possibili forme di autonomia per la Sardegna, e l isola venne inclusa tra le regioni alle

13 12 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA quali dovevano essere concesse forme particolari di autogoverno: ne conseguì lo statuto speciale approvato nel gennaio del Si trattava di misure piuttosto blande, a causa sia dell atteggiamento del governo sia delle titubanze della classe politica locale, che era arrivata a rifiutare quelle adottate per la Sicilia, molto più radicali e avanzate; tanto che quelle sarde si sarebbero rivelate in seguito poco più forti di quelle poi estese alle regioni a statuto ordinario. Era tuttavia una conquista molto importante dal punto di vista per così dire psicologico, perché sembrava aprire prospettive per la realizzazione di antiche aspirazioni. Nel maggio del 1949 si tennero le prime elezioni regionali e il mese successivo entrò in funzione la prima giunta. 3. Il nuovo ordinamento iniziò ad incidere tiepidamente nel processo di rivalutazione della cultura e delle tradizioni locali, ma non tanto da capovolgere l inclinazione, diffusa ormai in tutti i livelli della società civile, a vedere quanto aveva sapore sardo come un impedimento al cammino in avanti dell isola e al suo inserimento nel circuito italiano ed europeo della modernità. Erano ormai lontani, nel tempo come nella sensibilità dei più, gli entusiasmi che si erano destati nel corso dell Ottocento e avevano condotto un pugno di studiosi a un intenso lavoro di ricerca incentrato, pur tra errori ed approssimazioni, sul concetto di nazione sarda: Giovanni Spano, Pietro Martini, Pasquale Tola, Giovanni Siotto Pintor. Già alla fine di quel secolo il clima si era capovolto, avevano preso il sopravvento le idealità e le preoccupazioni legate al processo risorgimentale, e perciò orientate a favore di una nazione più ampia, quella italiana. Un atteggiamento interpretato alla perfezione da Grazia Deledda, sin da giovanissima appassionata lettrice, tra le altre cose, delle cosiddette riviste di consumo, sorta di rotocalchi del tempo che trovavano diffusione tra la nascente borghesia italiana e contribuivano a determinarne scelte e orientamenti. In questo quadro aveva perduto spazio la variegata e abbondante produzione poetica in sardo, e la stessa lingua sarda era stata esclusa dall impiego pubblico e letterario per essere relegata al ruolo di dialetto ad uso delle masse popolari. La Deledda come d altra parte il poeta Sebastiano Satta aveva optato ovviamente per l italiano, strumento

14 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO 13 indispensabile per attuare il proposito di far conoscere ai lettori d oltre Tirreno le sfaccettature della diversità isolana; tanto che il tormento di molti suoi personaggi era costruito sul conflitto che si trovavano a vivere tra una adesione a questo nucleo forte della tradizione locale e l apertura agli ideali diffusi tra le classi emergenti della nuova Italia. Questo atteggiamento era rimasto dominante nella società sarda nei primi decenni del Novecento, aveva trovato un alternativa soltanto con l affermarsi, dopo la Grande Guerra, del Partito sardo d Azione, che non si limitava a rivendicare interventi a carattere economico a favore dell isola ma stimolava anche la valorizzazione della cultura e lo studio della storia locale. Il regime fascista, mettendo ben presto da parte una iniziale inclinazione alla rivalutazione delle culture locali (diffusa anche nella scuola primaria), aveva fatto prevalere le esigenze dell unità e si può ben dire dell uniformità nazionali. In Sardegna si era arrivati a mettere il silenzio, con la proibizione delle loro gare, ai poeti improvvisatori, che oltre naturalmente ad esprimersi in sardo avevano conservato una sempre meno tollerata libertà d espressione nei confronti del regime e della Chiesa cattolica. 4. Nel secondo dopoguerra continuava a dominare il desiderio di omologazione, anzi andava sempre più accentuandosi mano mano che si faceva luce, anche per il contributo di viaggiatori e studiosi forestieri, il grado di arretratezza della Sardegna: l isola denunciava anacronisticamente consuetudini e metodi di lavoro di impronta medioevale. Un nuovo stimolo alla crescente ansia di modernizzazione veniva dalle notizie che giungevano intorno all elaborazione di un progetto che, in attuazione dell articolo 13 del nuovo Statuto, avrebbe dovuto condurre all attuazione di un Piano di rinascita dell isola. Nel momento in cui aveva vita il premio Ozieri era al lavoro, a Roma, una Commissione di studio a carattere consultivo nominata cinque anni prima dal Comitato dei ministri del Mezzogiorno. Si andava diffondendo anche a livello popolare l insofferenza per tutto quanto assumeva il sapore dell antichità e della chiusura nei confronti del mondo circostante; un atteggiamento che finì per appuntarsi sulla lingua materna, vista come ostacolo all avanzamento delle nuove

15 14 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA generazioni: erano gli anni nei quali i genitori si affiancavano ai maestri nell imporre ai figli l uso esclusivo dell italiano. Queste posizioni erano d altra parte giustificate dal veloce arretramento delle varianti del sardo, a causa sia del crescente uso dei mezzi di comunicazione di massa la televisione in primo luogo, che si andava rapidamente diffondendo, sia anche del fenomeno migratorio e dei movimenti della popolazione all interno dell isola, specie dai centri minori a quelli maggiori, che favorivano l impiego della lingua nazionale nella stessa comunicazione tra sardi in Sardegna (Dettori 1998, p. 1193). Di questo modo di sentire si fece interprete Michelangelo Pira: in un articolo pubblicato sulla rivista Ichnusa definiva il sardo che chiamava regolarmente, e certo di proposito, dialetto il maggiore ostacolo al processo di unificazione nazionale e quindi all accesso dei sardi alla civilizzazione ed al progresso. Attraverso di esso si aveva «la misura in cui la struttura economico-sociale arcaica della nostra isola è rimasta estranea al processo storico contemporaneo»; una condanna radicale: «Fino a quando avremo popolazioni di intere zone e classi sociali ancorate al dialetto noi sapremo che qui non esistono ancora la civiltà moderna e l uomo moderno, ma che addirittura non si sono ancora fatti l Italia e gli italiani, non si è cioè realizzato il programma del Risorgimento» (1960, pp. 22 e 21). Un giudizio che si estendeva alla poesia del tempo: «Non riesce ad esprimere compiutamente la condizione perenne dell uomo sardo, non riesce a proporsi come fatto culturale, capace di produrre storia o di interpretarla». La vena degli autori si era fatta «reazionaria e qualunquistica», esprimeva «i rimpianti per la struttura arcaica e quindi una difesa della struttura arcaica»; il processo di sviluppo della poesia si era fermato a Montanaru, fiorito durante il ventennio fascista: con lui sembrava essersi arrestato «il cammino della lingua sarda come strumento di comunicazione organica», in grado di esprimere i «bisogni dell uomo sardo» (ivi, p. 23). A conclusione di una ricerca sul campo relativa agli anni Paolo Pulina scriveva che la poesia dialettale isolana attraversava una «violenta crisi» (1982, p. 43).

16 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO S Ischiglia, la rivista diretta da Angelo Dettori, era in quegli anni l unico punto di riferimento per chi ancora credeva nella validità della lingua sarda e della poesia in sardo. Fondata a Cagliari nel 1949, era mossa dall intento scriveva l allora direttore Michele Contu di fare spazio ai tanti sardi inclinati alla poesia. Sin dall inizio si era distinta, rispetto alle altre che il mondo poetico isolano aveva già conosciuto, per la maggiore cura editoriale e tipografica; l inserimento di note di presentazione dei testi e degli autori; la presenza di alcune rubriche, tra le quali una riservata agli scambi con i lettori; l attenzione verso i maggiori avvenimenti della cultura e dell arte. Grazie anche a questi pregi l appello alla collaborazione era stato accolto dai maggiori esponenti della poesia sarda: il poeta di Desulo Montanaru, l improvvisatore Cubeddu, il poeta e scrittore di Berchidda Pietro Casu; e numerosi altri, più o meno noti, compresi molti residenti fuori dell isola. Sin dall inizio era stata assidua la collaborazione del futuro direttore, Angelo Dettori, che teneva tra l altro una rubrica (Note linguistiche) nella quale si occupava del logudorese (la variante del sardo utilizzata dalla maggior parte dei collaboratori) con l intento di migliorarne e uniformarne l uso. A partire dal 1952 Dettori aveva assunto la direzione della rivista, ed era riuscito a diffonderla e consolidarla fino a farne l immancabile punto di riferimento per quanti facevano uso letterario della lingua sarda: comparivano le firme della poetessa cagliaritana Teresa Mundula Crespellani e dell improvvisatore Raimondo Piras; dell algherese Rafael Sari e di Giovann Antonio Cossu di Thiesi, di Salvatore Corveddu Grolle e Forico Sechi di Nughedu San Nicolò, di Antonio Palitta di Pattada, di Lorenzo Ilieschi di Ploaghe. Lo spazio riservato ai temi della storia e dell attualità culturale apriva allo stesso tempo la collaborazione ad alcuni tra i maggiori studiosi del tempo, da linguisti come Antonio Sanna, Max Leopold Wagner e Massimo Pittau a storici come Alberto Boscolo e Francesco Loddo Canepa, all archeologo Giovanni Lilliu, allo scrittore e poeta Francesco Masala. Ma, per quanto seguita con passione dai lettori e sostenuta da una buona fama, nell estate del 1957 S Ischiglia avrebbe dovuto interrompere le pubblicazioni.

17 16 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA 6. Il ruolo di Tonino Ledda è stato a maggior ragione, in un clima così generalmente difficile e povero di iniziative, quello di un coraggioso pioniere. Nato a Ozieri nel 1928, aveva trascorso l infanzia e la prima giovinezza in Sicilia e in alcune località della penisola, al seguito del padre che era maresciallo dell Esercito. A questo periodo si può far risalire l inclinazione che non avrebbe abbandonato per il resto della vita alla poesia e in seguito alla narrativa in italiano; e da qui gli derivava una buona apertura alle correnti letterarie d oltre Tirreno. E poi, come spesso càpita ai sardi emigrati, vi era in lui un attenzione particolare per la gente della sua terra, i suoi drammi, le sue vicende, le sue tradizioni. Secondo Manlio Brigaglia fu «così appassionato alla Sardegna da commettere per lei anche il reato di una totale apologia» (1980, p. 7). Conseguito il diploma di maestro, egli aveva iniziato subito a insegnare, prima nel vicino villaggio di Nughedu San Nicolò e poi a Ozieri; della sua città seguiva le iniziative culturali e politiche. Attivo e brillante, teneva conferenze, presentava libri, si occupava di spettacoli. Proprio nell anno in cui dava vita al premio c era stata nella DC sassarese la rivoluzione bianca che aveva portato ad un rinnovamento radicale del partito con vaste conseguenze anche a livello regionale e all ascesa di un gruppo di giovani dirigenti i Giovani turchi capitanati da Francesco Cossiga. Ledda, che condivideva l esigenza di apertura e anticonformismo che li muoveva, si propose per l amministrazione cittadina e assunse l incarico di assessore alla Cultura che svolse per alcuni anni con grande energia. Avrebbe poi lasciato per dedicarsi meglio al suo premio, che veniva crescendo di anno in anno. L esperienza fatta tra i meandri della burocrazia locale e qualche conoscenza gli sarebbero serviti tutt al più per farlo camminare meglio; e per trovare le vie di quell accattonaggio culturale come amava dire indispensabile per reperire di volta in volta gli indispensabili finanziamenti. Nel frattempo coltivava la poesia in italiano; e, approfittando del fatto che S Ischiglia aveva inaugurato (nel maggio del 1950) una pagina riservata a questo genere, aveva avuto in quegli anni la possibilità di far conoscere le sue liriche. Per prima era comparsa, nel gennaio del 1951, Resterò, «un canto d amore per la sua terra alla quale si sente legato in maniera totale, irreversibile» (Rubattu 1997, p. 54); ed altre

18 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO 17 erano seguite, attraverso una collaborazione costante che si protrasse sino alla prima cessazione della rivista, nel 1957, e sarebbe poi ripresa con la nuova serie, nel Alla metà degli anni Cinquanta Ledda aveva preso a partecipare ai premi letterari della penisola, conseguendo riconoscimenti via via più importanti. La frequentazione di questi concorsi gli avrebbe consentito anche di vederne da vicino meccanismi e dettagli organizzativi, tutte esperienze che avrebbe saputo mettere a frutto al momento di definire la propria creatura. La sua prima raccolta poetica sarebbe venuta nel 1957, col titolo Tra la mia terra e il cielo. Nella prefazione Francesco Masala ne coglieva il senso della concretezza e la sensibilità sociale, che erano d altra parte in linea con le sue proprie inclinazioni: «È da cogliere il grido spontaneo, l accusa sincera, la preghiera sofferta di un giovane che ha preferito la concretezza realistica alla torre d avorio del formalismo estetico e non ha voluto rischiare la chiarezza per una improbabile ed aleatoria liricità» (Ledda 1957, p. 8). Di «referente sociale» ha parlato anche, di recente, Nicola Tanda che, riprendendo il raffronto già affiorato in passato con l opera di Rocco Scotellaro, lo ritiene interprete delle «trepidazioni e dei sentimenti familiari, le inquietudini e il dolore di una condizione umiliata, più che sarda, meridionale e contadina»; ma animato anche da un «profondo sentimento religioso, evangelico» (2003, p. 171). Nel 1965 seguì la silloge Canti e lamenti. Qui la prefazione era di Antonio Sanna che, riprendendo il binomio terra-cielo, osservava che per il poeta la terra «è l isola e il mondo», mentre il cielo è «come l orizzonte di tutto l umano sentire». Lo sguardo rivolto verso l alto si lega al «senso cristiano della poesia di Ledda», che si traduce nel suo «essere dalla parte delle vittime». Il tutto espresso attraverso «una poesia sanguigna e corposa» che non si alimenta da una «romantica evasione», ma da una «realtà accettata con animo semplice e cuore puro, come dono; vissuta con ferma volontà, come sacrificio»; tanto che il pregio maggiore del poeta sta «nell aderenza puntuale a questa realtà, nell impegno di non staccarsene, nell attenzione umile posta nell ascoltare ogni canto e ogni lamento che salga, alle sue orecchie di uomo, dalle labbra di un fratello uomo» (Ledda 1965, pp. 6-12).

19 18 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA Manlio Brigaglia delinea, nella prefazione alla sua terza e ultima raccolta di versi, L ora delle fate, i princìpi di fondo che presiedevano alla personale attività poetica di Ledda, che sono poi gli stessi della sua azione di svecchiamento della tradizione poetica in limba : «sostituire l armonia del ritmo, più segreta ma più suadente, al facile riscontro della rima»; «rinunciare non soltanto ad ogni Arcadia, ma addirittura ad ogni tradizione per mettere un grumo di realtà al centro di quel foglio di carta»; e giungere a «una espressione spogliata di ogni retorica», attraverso «un progressivo processo di diminuzione del peso specifico della parola» e la «parallela scelta consapevole e non oleografica di argomenti quotidiani» (Ledda 1980, p. 6). 7. La prima edizione del premio venne annunciata da S Ischiglia come un iniziativa «intonata ad un concetto più moderno dell agone poetico, adeguata ad un bisogno più attuale dei valori spirituali, senza peraltro voler costituire una preconcetta funzione di anti gara estemporanea». Veniva spontaneo infatti il raffronto con l attività dei poeti improvvisatori, che aveva avuto consacrazione ufficiale sessant anni prima, proprio a Ozieri, per iniziativa di Antonio Cubeddu. L articolo si soffermava brevemente sulle «belle competizioni in cui dei valorosi poeti estemporanei, tra il coscriversi di nuove leve, si distinguono e si attestano degni continuatori della popolare e tanto rinomata schiera ottocentesca dei Cubeddu, dei Moretti, dei Testoni, dei Contini, dei Cucca, dei Pirastru ecc.»; ma era già più volte affiorata tra le pagine del periodico la convinzione che la formula della gara di palco fosse da riconsiderare (1956, n. 4-5, p. 17). Sin dal secondo numero una nota firmata Ciesse, pur riconoscendo i meriti di alcuni tra i «rapsodi di Sardegna», aveva sostenuto che il loro ruolo appariva «inferiore al compito che veramente compete[va] alla poesia» in tempi di «tanto progresso culturale, scientifico e artistico»; le gare avevano «poco contribuito al miglioramento sostanziale della nostra poesia», erano rimaste «del tutto estranee alla cultura letteraria del paese»; e la «dotazione naturale per la poesia, esasperata da un virtuosismo fanatico», aveva finito per determinare «forme venali del professionismo poetico» (1949, n. 2, p. 4).

20 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO 19 Qualche tempo dopo Angelo Dettori aveva individuato nell abitudine ormai consolidata tra i poeti di concordare in anticipo il compenso per la loro esibizione la causa per la quale la «Musa estemporanea, perso ogni motivo di ispirazione ed ogni pregio di spontaneità», era divenuta «mercenaria», mettendosi «al soldo del miglior offerente». Praticata così, come «attività girovaga di cartello per tutte le festività e le sagre dell Isola», la loro arte si era ormai ridotta «ad un semplice esercizio di palestra e ad una mera funzione meccanica» (1949, n. 5, p. 4). La condanna non voleva essere tuttavia radicale, tanto che ad una lettera del noto avvocato nuorese Gonario Pinna, che lamentava l eccessivo «disdegno di taluno per le gare poetiche» e citava un tentativo compiuto a Nuoro per dare nuova linfa alle gare, una nota redazionale aveva risposto consenziente, annunciando che la rivista contava di organizzare un incontro tra improvvisatori in occasione di un progettato «congresso regionale di poesia sarda» (1949, n. 9, pp. 3-4). In seguito l attenzione per la gara era rimasta viva nella rivista, e riaffiorava di tanto in tanto in articoli che, originati da serio interesse per una manifestazione obiettivamente importante della cultura popolare locale, oscillavano tra il riconoscimento dei suoi pregi e l individuazione dei limiti (l improvvisazione, appunto, la mancanza di una fase di rifinitura e l eccessiva fiducia nelle doti naturali dell autore) che finivano per ripercuotersi negativamente sulla poesia scritta. Erano convinzioni diffuse, condivise da Tonino Ledda che, pur rendendo omaggio ai vari Cubeddu, Contini, Pirastru e Moretti, e riconoscendo la «funzione altamente sociale» che al loro tempo avevano svolto, era convinto che si fosse ormai «al tramonto dell uso delle Gare poetiche» che si trascinavano «stancamente nelle feste paesane» (1969, pp ). In sintonia con lui Antonio Sanna, che considerava di primaria importanza, tra le spinte all innovazione insite nel premio Ozieri, l invito rivolto ai poeti «a liberarsi dalla tentazione di identificare la poesia con la facile versificazione propria delle gare poetiche di più facile gusto popolaresco, e a cercare una maggiore verità e personalità di stile e di linguaggio» (1969, p. VII). In quella fase la poesia sarda scritta, che pure andava estendendosi e rafforzandosi, non riusciva ancora a trovare una sua autonomia

21 20 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA rispetto a quella orale da un lato, né, dall altro, a trovare gli opportuni collegamenti con l esterno che le consentissero di emanciparsi dalla ripetizione di moduli e motivi desunti dagli autori del passato. Nonostante l avanzare dei tempi e l incombere dei problemi continuava a cullarsi tra le rime e le assonanze, ripetendo formule e riproponendo immagini e situazioni ormai abusate. Mentre la poesia improvvisata, animata da personalità di spicco, riusciva a tener dietro a modo suo ai tempi, gli autori che sceglievano la scrittura non trovavano di meglio che attenersi a modelli consumati e dagli estemporanei, dai quali pure si sentivano distanti, riprendevano elementi che finivano per avere valenza negativa e per tenerli lontani da modi e contenuti della poesia moderna: la scarsità delle letture e l ignoranza dei filoni letterari esterni, la fiducia nella forza dell ispirazione e il rifiuto del lavoro di lima. Al confronto con le gare la formula proposta dal nuovo concorso appariva molto più adeguata ai tempi: segnava il passaggio dall oralità alla scrittura, favorito dall ormai diffusa alfabetizzazione, e consentiva sia una più approfondita meditazione sugli argomenti trattati, sia quel lavoro di rifinitura necessario per ottenere una più raffinata veste espressiva. Come ha riferito Francesco Cossu, nel 1956 Mimmia Aini e Luciano Meledina, che facevano parte del Comitato organizzatore della festa della Madonna del Rimedio, proposero a Tonino Ledda di organizzare il concorso. Il loro intento era rinnovare il ruolo di Ozieri, consolidato in quanto «patria de grandes cantadores e pro aer organizadu in palcu, in su 1896, sa prima gara poetica» (terra di grandi poeti e per aver organizzato sul palco, nel 1896, la prima gara poetica; 1989, p. 8). Il bando del premio, emanato nella primavera di quell anno, invitava i poeti a presentare composizioni di non più di 30 versi sul tema Ozieri e la sua festa; le opere dovevano portare in calce nome e indirizzo dell autore, ed essere accompagnate da una tassa di lettura di 200 lire. Si parlava genericamente di una «poesia in lingua sarda» ma, a giudicare dal nutrito gruppo delle premiate, menzionate e segnalate, le 50 opere pervenute erano tutte o quasi in logudorese, che era d altra parte la variante largamente predominante anche nelle pagine di S Ischiglia (Poesia 1969, pp ).

22 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO 21 Il vincitore del primo premio, Nanni Marchetti, era di Bonorva, mentre il secondo premio era andato a Giovann Antonio Cossu di Thiesi, il terzo a Giuseppe Raga di Bonnanaro; gli altri riconoscimenti ad autori di Ozieri, Siligo, Berchidda, Usini, Mores, Nughedu San Nicolò, Giave, Pattada. La giuria, composta di esperti ed appassionati tutti di Ozieri, aveva concluso i suoi lavori con un verbale, opera certamente di Ledda, nel quale esprimeva compiacimento per il «distacco» che si notava in molti casi «dalla tradizionale Arcadia di ispirazione ed espressione artificiose, ed un deciso convergere dei poeti verso un sano realismo ed una espressione fresca e densa di naturalezza» (ivi, p. 115). Dal punto di vista della forma il gruppo delle poesie premiate appare largamente dominato dalla rima e dalla metrica tradizionale, con la predilezione degli autori per terzine e quartine, ottave e sonetti. 8. La spinta innovativa di Tonino Ledda nei confronti della poesia sarda non si era per fortuna esaurita con quella prima edizione. Già alla seconda, che si concluse nuovamente con una cerimonia inserita nei festeggiamenti di settembre (del 1957) per la Madonna, egli introdusse due importanti innovazioni. La prima era il passaggio al tema libero : la decisione di imporre ai concorrenti un argomento, adottata l anno precedente, aveva favorito l inclinazione già troppo diffusa tra i poeti sardi alla poesia d occasione. L altra innovazione consisteva in una prima parziale ma importante azione di rinnovamento della giuria, con l attribuzione della carica di presidente a Francesco Masala. Nato nel vicino paese di Nughedu San Nicolò nel 1916, Masala era insegnante di Lettere (prima a Sassari poi a Cagliari). Poeta in lingua italiana, stava ottenendo consensi di pubblico e di critica per una raccolta di versi appena uscita, Pane nero, nella quale, scegliendo il genere poco praticato in Sardegna della poesia civile, aveva messo a fuoco con crudo realismo la condizione degli abitanti meno fortunati dell isola: i pastori, i pescatori, i contadini, i banditi e le loro donne, tutti chiamati a perpetuare una condizione di oppressione e di disuguaglianza che si protraeva da tempo immemorabile. Toccato profondamente dall esperienza della guerra, che lo aveva portato sul fronte iugoslavo e poi nella campagna di Russia dove era

23 22 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA stato ferito e decorato, avrebbe pubblicato qualche anno più tardi a Milano, con Feltrinelli il romanzo Quelli dalle labbra bianche (1962). È la storia di un gruppo di soldati destinati ad una fine tragica, nel corso appunto della campagna di Russia, ma sono continui i ritorni narrativi al villaggio dal quale sono partiti, Arasolè, che è per un verso il paese natale dell autore, per un altro un qualunque villaggio dell isola o del Meridione d Italia. L intento è di dimostrare che, come e più che in altre occasioni, la guerra finisce per pesare sui più poveri, i vinti, quelli che, esangui e denutriti, si riconoscono dalle labbra bianche. Erano anni nei quali egli stava maturando la riflessione sul ruolo e l uso della lingua sarda al confronto con quella italiana; e, quanto alla produzione poetica, era ovviamente su posizioni di innovazione e svecchiamento che lo ponevano in sintonia con Tonino Ledda. Al giudizio morbido sui partecipanti alla prima edizione seguì l individuazione dei gravi difetti che emergevano dalle opere pervenute alla seconda: si riscontravano «manierismi secenteschi e leziosità arcadiche» che si concretizzavano in «paesaggi oleografici, stati d animo triti e scontati, esercitazioni encomiastiche»; era evidente che molti autori subivano ancora il deprecato «influsso dei rimatori ed improvvisatori delle cosiddette gare poetiche isolane» i quali, se avevano avuto «una storica importanza nella formazione della cultura popolare», avevano tuttavia determinato «un gusto corrotto della poesia», identificata «con la superficiale versificazione». Così influenzati, troppi autori trascuravano le «ricerche personali di stile e di linguaggio». La tirata si chiudeva con l invito ad «abbandonare definitivamente le esercitazioni versaiole, ed a considerare la poesia come un fatto lirico con le componenti insostituibili di sentimento e fantasia» (Poesia 1969, pp ). Il numero dei partecipanti era aumentato nettamente, rispetto all anno precedente (da 50 a 70, con 97 componimenti). Ancora generalmente utilizzati il metro e la rima, mentre tra le varianti del sardo continuava a dominare il logudorese: tra gli undici poeti che ottennero un premio o una menzione soltanto uno aveva scritto in nuorese e uno in campidanese. Il primo premio venne attribuito a una serie di quartine, Su cantu de su suore, del pattadese Antonio Palitta, contadino autodidatta che avrebbe tenuto a lungo i contatti con la manifestazione ozierese.

24 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO La terza edizione, che si concluse regolarmente nel settembre del 1958, fu segnata da ulteriori innovazioni. Ebbe nuova struttura la giuria, caratterizzata ormai dal netto predominio di personalità della cultura regionale, non più ozierese: a Francesco Masala vennero affiancati Gavino Pau, preside e intellettuale nuorese; Mario Mossa Pirisino, giornalista di origini galluresi, firma di punta del quotidiano cagliaritano L Unione Sarda ; e lo storico Carlino Sole, nativo di Padria, docente prima a Sassari e poi a Cagliari. Per quanto riguardava il regolamento, Ledda volle introdurre l anonimato degli autori partecipanti: essi non dovevano, come in precedenza, indicare le proprie generalità, ma riportarle in una busta a parte che sarebbe stata aperta soltanto una volta formulati i giudizi. In questo modo si garantiva «alla giuria una piena libertà di giudizio sulle opere da valutare, senza l ipoteca di nomi più o meno illustri da soppesare»; e si lasciava allo stesso tempo cadere «un velo di discreto silenzio» su tutti coloro cui non veniva attribuito alcun riconoscimento (I poeti 1981, I, pp ). Continuava a manifestarsi una forte spinta allo svecchiamento della consuetudine poetica, attraverso una rigorosa selezione delle opere, cui seguivano severi e spesso duri giudizi espressi nel verbale: «Salvo alcune lodevoli eccezioni diceva tra l altro la produzione poetica dialettale non ha subìto, da decenni, la auspicata, vigorosa spinta innovatrice»; e additava poi i difetti specifici: «Il manierismo; l abilità tecnica di intrecciare assurdamente rime insulse; la ostentata ricchezza di elementi (spesso fuori luogo) della mitologia e della tradizione classica; il ricorrere agli stereotipati motivi della più trita e pedestre Arcadia»; né mancava il consueto richiamo all eredità raccolta in negativo dalle gare estemporanee, la convinzione che «la poesia è rima e soprattutto rima»: un pregiudizio che induceva gli autori a mirare «alla forma, alla veste pomposa, all effetto, allo sbalordimento, trascurando del tutto il contenuto, o, al massimo, impostandone l elaborazione su argomenti abusati, futili o di cronaca, con sfoggio di una pseudo cultura storico-scientifica, di scarsissima efficacia didascalica e di nessun valore artistico» (Poesia 1969, pp ). In questo modo la manifestazione ozierese confermava una comunanza di lavoro con la rivista S Ischiglia (che nel frattempo, come si è

25 24 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA visto, aveva sospeso le pubblicazioni), il cui merito indiscusso è di aver chiamato per prima a raccolta un popolo di poeti disperso nei villaggi, nei quartieri nuovi delle città in crescita, nel mondo dell emigrazione; di averli guidati verso l unificazione della scrittura; e soprattutto nell essersi fatta banditrice di una più decisa fiducia nel ruolo e nelle possibilità della lingua sarda. Come ha scritto Leonardo Sole, aveva svolto «l oneroso compito di raccogliere le testimonianze sparse di un immensa produzione poetica fluida e dispersiva, e di ricondurla da un lato nell alveo della grande poesia sarda tradizionale e dall altro entro gli schemi (ritenuti gli unici validi) della letteratura scritta» ( , p. 57). Sotto questo profilo c è una precisa linea di continuità tra la pubblicazione e l iniziativa di Tonino Ledda. Ma mentre in S Ischiglia prevaleva l intento di fare spazio alle espressioni poetiche così come si configuravano in quegli anni, senza mettere in discussione le scelte che gli autori facevano in fatto di soggetti, di stile, di metrica, la giuria dell Ozieri procedeva implacabile alla condanna di tutte le inclinazioni negative e deteriori degli autori che si sottoponevano al suo giudizio. E seppe mettersi sempre più decisamente sulla strada dell innovazione, accentuando la spinta verso la rottura di schemi vecchi e cristallizzati. «Era un vivere e sperimentare insieme le ragioni della poesia», ha scritto Leonardo Sole, «e un rimettere costantemente in causa queste ragioni anche a costo dell incomprensione e della ottusa indifferenza dei pigri» (1987b). In questo modo la manifestazione, lungi dal perdere consensi, accresceva la propria autorevolezza, il proprio ruolo di punto di riferimento non più strettamente locale; come ha scritto Antonio Sanna, da «manifestazione di contorno in margine alla Sagra della Madonna del Rimedio» si andava trasformando in «un importante appuntamento della vita culturale isolana» (Poesia 1969, p. VI). Ricordando quegli anni Manlio Brigaglia ha scritto che il premio era divenuto «un punto di aggregazione di quanti avevano minimamente a cuore la lingua regionale»; aggregazione che si svolgeva «a tre livelli»: una prima «di intellettuali, cioè di esperti a vario titolo delle cose di Sardegna, con particolare riguardo alla linguistica e alla letteratura»; una seconda di «poeti e di quanti frequentavano a qualche titolo il lavoro letterario nella lingua regionale»; e una terza, «fra gli studiosi e i poeti sardi», che si snodava cronologicamente lungo le fasi

26 IL PREMIO OZIERI E LA GARA POETICA DEL NOVECENTO 25 della riunione della giuria, della proclamazione dei vincitori e infine della pausa di riflessione e di dibattito che si allungava «nell intervallo annuale fra un edizione e l altra del Premio» (1997, pp ). La terza edizione vedeva un ulteriore aumento del pluralismo linguistico dei concorrenti: tra i 18 selezionati dalla giuria due avevano scritto in nuorese, uno in gallurese e tre in campidanese. Tra di loro comparivano Pietro Mura (terzo premio), destinato a un ruolo di protagonista; e Ubaldo Piga e Salvatore Corveddu Grolle (segnalazione), che si sarebbero distinti in seguito nel campo rispettivamente della poesia sassarese e di quella logudorese. Il primo premio andava ex aequo a Forico Sechi, altra personalità che avrebbe lasciato larga traccia nel premio e nella poesia logudorese, e a Giovann Antonio Cossu che, già anziano ( ) e residente presso una figlia a Firenze, non avrebbe potuto seguire con la necessaria partecipazione il movimento originato dall iniziativa ozierese. 10. Le edizioni successive furono segnate da ulteriori innovazioni e trasformazioni, da un impegno al miglioramento e al potenziamento che mirava a farne in assenza, tra le altre cose, di iniziative parallele uno strumento sempre più efficace per la crescita della letteratura in lingua sarda, e della stessa lingua sarda. Ancora numerosi furono i movimenti all interno della giuria, con la chiamata di personaggi autorevoli, disposti ovviamente a dedicarsi all impegnativo lavoro di analisi e promozione che il continuo aumento dei partecipanti richiedeva. Entrò a farne parte ad esempio Manlio Brigaglia, docente e giornalista gallurese, residente a Sassari; nel 1960 fece il suo ingresso Antonio Sanna, bonorvese, incaricato del primo insegnamento di Linguistica sarda istituito presso l Università di Cagliari: partecipò ai lavori della quinta edizione, nel 1960, e già in quella successiva assumeva il ruolo di presidente, lasciato libero da Francesco Masala. A partire dal 1966 gli si affiancò Nicola Tanda, docente nei licei e in seguito nell università, che nel 1981, dopo la sua scomparsa, ne avrebbe preso il posto per tenerlo poi per lunghi anni, sino a oggi. Sotto la presidenza di Sanna si fece più deciso l impegno a superare la convinzione, allora ancora molto diffusa, che chi vuole fare un uso letterario del sardo deve adottare il logudorese, e i concorrenti

27 26 CINQUANT ANNI DI PREMI LETTERARI IN LINGUA SARDA furono esplicitamente invitati a utilizzare il loro dialetto. Il bando della VII edizione, emanato nel 1962, prevedeva l impiego, oltre che del logudorese, del nuorese e del campidanese, come pure dei dialetti sassarese e gallurese e del catalano di Alghero (e la giuria veniva ulteriormente ristrutturata, in modo da comprendere un rappresentante per ogni variante del sardo); ed ebbe inizio la scoperta di poeti di altre aree: i sassaresi Rosilde Bertolotti e Ubaldo Piga, il nuorese Pietro Mura, la tempiese Ilia Pisano Cossu, il sarcidanese Benvenuto Lobina. Il premio Ozieri si presentava, ha scritto Tonino Ledda, «con buone carte in regola per divenire, gradatamente, una manifestazione di tutti i sardi» (Poesia 1969, pp. 33, 15). Ebbe così inizio quella che Michele Pinna ha definito epoca eroica : «La stagione in cui il premio raccoglie i primi frutti della sua azione pedagogica tesa a rinnovare la cultura letteraria sarda con i suoi continui richiami all impegno, alla ricerca, alla lettura e al confronto con la produzione letteraria d Oltre Tirreno. Richiami e ispirazioni che esercitano, nel tempo, un azione efficace ed incisiva» (1997, p. 106). Le continue innovazioni, la crescita in autorevolezza della manifestazione e vedremo l istituzione di tutta una serie di nuove sezioni determinavano un aumento continuo dei partecipanti: se già alla VI edizione, nel 1961, erano andati oltre i 100, quattro anni dopo toccavano i 175; e alla XV, nel 1970, superarono i 200. Né veniva trascurata da parte di Tonino Ledda la necessità di introdurre tutte quelle modifiche di dettaglio che potevano contribuire a lubrificare la macchina del premio e farlo procedere più spedito. Sin dalla terza edizione era stato introdotto l anonimato da parte degli autori, come si è visto. Dopo qualche anno si era presentato il problema della eccessiva presenza, di edizione in edizione, degli autori migliori, ai quali andavano ripetutamente i primi premi. Per ovviare a questo inconveniente, e fare così spazio alle nuove leve, nel 1960, V edizione, venne introdotta nel bando una nuova clausola: «Un autore vincitore del 1 premio non può essere premiato se non dopo trascorsi tre anni»; nel caso che in questi tre anni lo avesse meritato nuovamente, questo sarebbe stato trasformato in un semplice «attestato di merito» (Poesia 1969, p. 29). Fu poi ben presto abolita la richiesta, che era stata inserita nei

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